Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Prevenzione e contrasto di condotte di maltrattamento o di abuso su minori, anziani e persone con disabilità
Riferimenti: AC N.1066/XVIII AC N.480/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 30
Data: 21/09/2018
Organi della Camera: I Affari costituzionali, XI Lavoro


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Prevenzione e contrasto di condotte di maltrattamento o di abuso su minori, anziani e persone con disabilità

21 settembre 2018
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|


Contenuto

Le proposte di legge in esame (C. 480C. 1066) intendono introdurre alcune disposizioni finalizzate a prevenire e a contrastare, in ambito pubblico e privato, le condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno:

  • dei minori negli asili nido e nelle scuole d'infanzia; 
  • delle persone ospitate in strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e per persone con disabilità.

Per entrambe le proposte, le misure previste attengono ai seguenti profili: valutazione attitudinale e formazione del personale; installazione di sistemi di videosorveglianza. La pdl 1066 disciplina inoltre le modalità di visita nelle strutture strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali.

Il testo della proposta di legge C. 1066 si compone di sette articoli e riproduce integralmente il testo unificato approvato dalla Camera nella XVII legislatura. Il testo è stato poi trasmesso al Senato (S. 2574), che ne ha avviato l'esame in sede referente, svolgendo attività conoscitiva sul tema, senza giungere a conclusione prima della fine della legislatura.

Si ricorda che, ai sensi dell'art. 107 del Regolamento della Camera, qualora nei primi sei mesi dall'inizio della legislatura sia presentato un progetto di legge che riproduca l'identico testo di un progetto approvato dalla Camera nella precedente legislatura, l'Assemblea, previa dichiarazione d'urgenza, può fissare, su richiesta del Governo o di un presidente di un gruppo parlamentare, un termine di quindici giorni alla Commissione per riferire. Scaduto tale termine, il Presidente iscrive il progetto all'ordine del giorno dell'Assemblea o della Commissione in sede legislativa (c.d. repechage).

Tenuto conto delle previsioni dell'art. 107 del Regolamento della Camera, l'Assemblea, nella seduta del 19 settembre 2018, ha approvato la dichiarazione di urgenza della proposta di legge e fissato il termine di 15 giorni (4 ottobre 2018) per la relazione all'Assemblea.

La proposta di legge C. 480 si compone di sei articoli e si concentra principalmente sulla disciplina dell'utilizzo di sistemi di videosorveglianza che le strutture di cui sopra possono installare. Inoltre prevede la delega al Governo in materia di formazione del personale addetto alle strutture, recuperando in merito la proposta approvata dalla Camera nella scorsa legislatura.

Di seguito, le schede di lettura seguono l'articolato della proposta C. 1066, mettendo in rilievo le differenze con la proposta C. 480.


Articolo 1 - Finalità

La proposta di legge C. 1066 ha la finalità, enunciata all'articolo 1, di prevenire e contrastare, in ambito pubblico e privato, condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia e delle persone ospitate nei diversi tipi di strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e per persone con disabilità. A tal fine, la proposta disciplina anche la raccolta di dati utilizzabili a fini probatori in sede di accertamento di tali condotte.

Con riferimento all'ambito di applicazione della proposta di legge, si consideri che le scuole dell'infanzia sono sia statali che paritarie (private o degli enti locali). Dalla lettura del successivo articolo 6 si deduce che la proposta riguarda le scuole dell'infanzia statali e paritarie. In relazione alla formulazione del testo, andrebbe valutata l'opportunità di introdurre tale specificazione testuale già all'articolo 1 della proposta.

In relazione ai  diversi tipi di " strutture socio-sanitarie  e  socio-assistenziali" , si ricorda che il complesso integrato di interventi e servizi erogati a soggetti bisognosi di cura ed assistenza, che non possono essere assistiti a domicilio, può essere reso all'interno di  strutture pubbliche o private accreditate a carattere residenziale, semiresidenziale o diurno. Tali prestazioni non si configurano come un singolo atto assistenziale, ma come il complesso di prestazioni di carattere sanitario, tutelare, assistenziale e alberghiero erogate nell'arco delle 24 ore.

Il testo specifica che restano fermi il patto di corresponsabilità educativa e la presa in carico degli anziani e delle persone con disabilità.

Con riferimento al patto di corresponsabilità educativa, si ricorda che lo stesso attualmente è previsto, a livello normativo, solo con riferimento alla scuola secondaria e ne è stata prevista una prossima estensione alla scuola primaria. Infatti, l'art. 5- bis del DPR 249/1998, recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria, aggiunto dall'art. 3 del DPR 235/2007, prevede che, contestualmente all'iscrizione alla singola istituzione scolastica, è richiesta la sottoscrizione da parte dei genitori e degli studenti di un patto educativo di corresponsabilità, finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie.
Il 1° marzo 2018 il MIUR ha comunicato che la proposta di revisione del patto di corresponsabilità educativa sottoscritta all'unanimità dal FONAGS, il Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola – che sarebbe stata oggetto di confronto con tutti gli attori a vario titolo coinvolti e con il Forum delle studentesse e degli studenti - prevede, fra l'altro, l' estensione dello stesso anche alla scuola primaria.

Scopo del provvedimento è dunque quello di predisporre una particolare tutela dei soggetti particolarmente deboli e vulnerabili, quali i minori che frequentano asili nido o scuole dell'infanzia, le persone con disabilità e gli anziani ospitati in apposite strutture.

In merito a queste ultime categorie di soggetti, si ricorda che il Capo IV (articoli 21-35) del D.P.C.M. 12 gennaio 2017 che ha ridefinito e aggiornato i livelli essenziali di assistenza di cui al D.Lgs. n. 502/1992 (c.d. Nuovi Lea),   individua e descrive le tipologie di assistenza caratterizzate da diversi livelli di complessità ed impegno assistenziale, ai quali peraltro corrispondono diversi percorsi assistenziali, confermando quanto già previsto precedentemente dal D.P.C.M. sui LEA del 2001, se non per l'introduzione delle cure palliative domiciliari e del servizio di neuropsichiatria infantile e l'estensione dell'area delle dipendenze a tutte quelle di tipo patologico e ai comportamenti di abuso (fra le quali la dipendenza da gioco d'azzardo).
In rapporto agli obiettivi di cura sono state individuate cinque principali tipologie di utenti, che qualificano diverse tipologie prestazionali: anziani non autosufficienti; persone disabili giovani e adulte; persone con dipendenze patologiche; persone con patologie psichiatriche; persone con patologie terminali.
Le strutture che offrono prestazioni semiresidenziali si differenziano per le modalità funzionali ed organizzative prescelte dalle regioni, tuttavia possono essere ricondotte alle seguenti tipologie: servizi semiresidenziali per terapia riabilitativa delle dipendenze; centri diurni per anziani non autosufficienti; centri diurni per persone con disabilità; centri diurni per malati psichiatrici.Le singole Regioni, responsabili dell'organizzazione socio-sanitaria, hanno adottato diverse modalità di classificazione di queste strutture.
La denominazione corrente di RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) ha assunto nelle singole regioni significati diversi, ma nella pluralità dei casi indica strutture di ricovero temporaneo in regime di lungodegenza rivolte a persone non autosufficienti, affette da patologie cronico-degenerative o da patologie invalidanti, non assistibili a domicilio e bisognose di una riabilitazione di tipo globale. Le RSA forniscono ospitalità, prestazioni sanitarie, di recupero funzionale e di inserimento sociale. In ragione della duplice rilevanza, sanitaria prima che sociale, il legislatore ha previsto che il pagamento delle rette di permanenza nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) sia ripartito fra in quote, in parte a carico del SSN e per la parte restante a carico dell'utente (o dei Comuni in caso di indigenza). 
L' hospice garantisce invece l'assistenza a livello residenziale con équipe specialistiche multiprofessionali per i pazienti che richiedono cure specialistiche palliative continue per il trattamento di sintomi e fasi critiche della malattia non gestibili nella propria abitazione e con impossibilità dei familiari a rispondere alle necessità dell'assistenza.
A partire dal 2010, l'Istat cura l'indagine sui Presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari. La rilevazione censisce esclusivamente le strutture residenziali pubbliche o private che forniscono ospitalità assistita con pernottamento ed erogano servizi di tipo socioassistenziale e/o socio-sanitario a persone in stato di bisogno.
Secondo il rapporto pubblicato nel maggio 2018, i presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari attivi in Italia al 31 dicembre 2015 sono quasi 13 mila e dispongono complessivamente di 390.689 posti letto (6,4 ogni 1.000 persone residenti). L'offerta è costituita prevalentemente da unità di servizio che erogano prestazioni di tipo socio-sanitario. Rilevanti sono gli squilibri territoriali: i livelli più alti d'offerta sono raggiunti nelle regioni del Nord, dove si concentra il 64% dei posti letto, mentre i valori minimi si toccano nel Mezzogiorno, con il 10,4% del totale.
Nei presidi socio-assistenziali e socio-sanitari sono assistite 382.634 persone: quasi 288 mila (75,2%) hanno almeno 65 anni, oltre 73 mila (19,3%) un'età compresa tra i 18 e i 64 anni, e poco più di 21 mila (5,5%) sono giovani con meno di 18 anni. La gestione dei presidi residenziali è affidata prevalentemente a organismi di natura privata (70% dei casi), soprattutto di tipo non profit (48%); il 13% delle residenze è gestita da enti di natura religiosa; al settore pubblico spetta la gestione di circa il 16% dei presidi.
Il SSN garantisce la qualità delle residenze sanitarie, vincolandole alla concessione dell'autorizzazione all'esercizio ( art. 8-ter D.Lgs 502/1992) e in seguito, all'accreditamento ( art. 8-quater D.Lgs 502/1992). Infatti, le strutture sanitarie e private, per poter esercitare la propria attività, devono, in prima istanza, ottenere la  concessione dell'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio, atto con cui il Comune e la Regione verificano che la struttura risponda ai richiesti requisiti strutturali (metri quadrati, sale e spazi, assenza di barriere architettoniche depositi, magazzini e spogliatoi ecc) e organizzativi (figure professionali abilitate ed in numero idoneo all'attività sanitaria da svolgere in piena sicurezza per i pazienti). Solo dopo il conseguimento dell'autorizzazione, può essere richiesto l' accreditamento istituzionale, atto con cui si verifica che la struttura privata possieda gli stessi standard qualitativi delle strutture pubbliche e, pertanto, viene a queste ultime equiparata. Infatti, solo con l'accreditamento (che ha sostituito le precedenti convenzioni) possono essere erogate prestazioni sanitarie in favore del servizio sanitario pubblico. Il riconoscimento dell'accreditamento alle strutture sanitarie private è comunque subordinato all'esito di attività quali la ricognizione del fabbisogno assistenziale e la programmazione sanitaria regionale (Consiglio di Stato, III, n. 2117 del 15 aprile 2013). Infatti, ai sensi dell'art. 8- ter del D.Lgs. 502/1992, la realizzazione di strutture per l'esercizio di attività sanitarie e socio sanitarie è condizionata ad una verifica di compatibilità da parte della Regione che rilascia l'autorizzazione all'esercizio in "rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l'accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture". La misura quantitativa delle prestazioni sanitarie erogabili e la loro remunerazione è poi oggetto degli accordi contrattuali che le strutture private sottoscrivono con le Aziende sanitarie ai sensi dell'articolo 8- quinquies del D. Lgs. 502/1992.

Articolo 2 - Delega al Governo sulla formazione del personale

L'articolo 2 della pdl C. 1066 reca una delega in materia di formazione del personale degli asili nido, delle scuole dell'infanzia e delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e per persone con disabilità. Analoga disposizione è prevista dall'art. 6 della proposta di legge C. 480.

La delega mantiene in ogni caso ferma la disciplina del nuovo sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino al termine della scuola dell'infanzia, la cui istituzione, prevista originariamente dalle deleghe di cui all'art. 1, co. 180 e 181, lett. e), della L. 107/2015, è stata attuata dal D.Lgs. n. 65/2017.

Il D.Lgs. 65/2017 ha previsto la progressiva istituzione del Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita ai 6 anni, costituito dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia statali e paritarie, alla cui realizzazione compartecipano finanziariamente Stato, regioni, province autonome di Trento e di Bolzano ed enti locali (qui un approfondimento).
Tra i servizi educativi per l'infanzia sono compresi nidi e micronidi che accolgono bambini fra 3 e 36 mesi, nonché le sezioni primavera (introdotte dall'art. 1, co. 630 e 634, L. 296/2006 e destinate ai bambini fra 24 e 36 mesi). Per quanto concerne le scuole dell'infanzia, l'art. 2, co. 5, del d.lgs. 65/2017, richiama l'art. 1 del d.lgs. 59/2004 – in base alla quale la stessa, non obbligatoria e di durata triennale, è destinata ai bambini da 3 a 6 anni – e l'art. 2 del DPR 89/2009, secondo cui la stessa è destinata ai bambini fra i 3 e i 5 anni compiuti entro il 31 dicembre dell'anno scolastico di riferimento. Su richiesta delle famiglie sono iscritti alla scuola dell'infanzia i bambini che compiono 3 anni entro il 30 aprile dell'a.s. di riferimento (c.d. anticipo), a determinate condizioni.
Al riguardo, il D.Lgs. 65/2017 (art. 14, co. 1) prevede che, a seguito della progressiva estensione del Sistema integrato di educazione e di istruzione su tutto il territorio nazionale, a decorrere dall'a.s. 2018/2019 sono gradualmente superati gli anticipi di iscrizione alla scuola dell'infanzia di cui all'art. 2 del D.P.R. 89/2009. Al contempo, prevede (art. 8) il superamento della fase sperimentale delle sezioni primavera, mediante la loro graduale stabilizzazione e il loro progressivo potenziamento.

 

In particolare, il comma 1 delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo per la definizione delle modalità relative alla valutazione attitudinale nell'accesso alla professioni educative e di cura, nonché delle modalità della formazione obbligatoria iniziale e permanente del personale, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

  • previsione che gli operatori socio-sanitari, gli infermieri e gli altri soggetti che operino con mansioni di assistenza diretta presso strutture socio-sanitarie o socio-assistenziali, a carattere residenziale, semiresidenziale o diurno, nonché il personale, docente e non docente, degli asili nido e delle scuole dell'infanzia siano in possesso di adeguati requisiti, che integrino l'idoneità professionale con una valutazione attitudinale (lettera a));
  • previsione che la valutazione attitudinale di cui alla lettera a) sia effettuata al momento dell'assunzione e, successivamente, con cadenza periodica, anche in relazione al progressivo logoramento psico-fisico derivante dall'espletamento di mansioni che richiedono la prestazione di assistenza continuativa a soggetti in condizioni di vulnerabilità (lettera b));
  • previsione - nel rispetto delle competenze regionali - di percorsi di formazione professionale continua dei lavoratori di cui alla lettera a), che valorizzino le migliori pratiche sviluppate nelle diverse realtà operanti nel territorio nazionale, assicurando il coinvolgimento delle famiglie, degli operatori e degli enti territoriali (lettera c));
  • previsione di incontri periodici e regolari di équipe di operatori, al fine di verificare tempestivamente l'eventuale insorgenza di criticità e di individuare le possibili soluzioni, innanzitutto all'interno della medesima équipe, favorendo la condivisione e la crescita professionale del personale (lettera d));
  • previsione di colloqui individuali o incontri collettivi tra famiglie e operatori o educatori, intesi a potenziare il patto di corresponsabilità educativa e la presa in carico di anziani e persone con disabilità, quali principali strumenti per migliorare il benessere delle persone destinatarie di interventi educativi o di cura, oltre che a rafforzare il coinvolgimento e la fiducia dei familiari nelle relazioni con il personale educativo e di cura (lettera e));
  • previsione di adeguati percorsi di sostegno e ricollocamento del personale dichiarato non idoneo allo svolgimento delle mansioni (nelle strutture oggetto della delega), contemplando in particolare, con riferimento all'àmbito educativo, un'azione preventiva attuata da équipe psico-pedagogiche territoriali (lettera f)).

Il decreto è adottato, su proposta del Ministero dell'istruzione, di concerto con il Ministro della salute, il Ministro del lavoro, il Ministro per la pubblica amministrazione e il Ministro dell'economia, previo parere della Conferenza unificata (comma 2). Sullo schema di decreto è previsto il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.

All'attuazione della delega si provvede nell'àmbito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, in ogni caso, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 3); in caso contrario, i relativi decreti legislativi sono adottati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.


Articolo 3 - Linee guida sulle modalità di visita nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali

L'articolo 3 della pdl C. 1066 demanda al Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome e previa consultazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale e sentite le associazioni dei familiari degli utenti delle strutture, di definire, entro sei mesi dall'entrata in vigore della  legge, linee guida sulle modalità di accesso nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, al fine di garantire, ove possibile, le visite agli ospiti lungo l'intero arco della giornata.

La definizione delle linee guida è prevista anche con riferimento alla finalità di favorire la prevenzione delle condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica.

Le associazioni dei familiari, da consultare nel corso dell'elaborazione delle linee guida, sono individuate dal Ministero della salute e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.


Articolo 4 - Regolamentazione dell'utilizzo dei sistemi di videosorveglianza

Per rispondere alle finalità del testo, enunciate all'articolo 1, l'articolo 4 della pdl C. 1066 prevede la possibilità, negli asili nido, nelle scuole dell'infanzia e nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità, a carattere residenziale, semi-residenziale o diurno, di installare sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso, diversi da webcam, le cui immagini sono cifrate al momento dell'acquisizione all'interno delle telecamere, attraverso un sistema a doppia chiave asimmetrica.

 

La crittografia asimmetrica prevede due chiavi differenti: la chiave di cifratura, che può essere resa pubblica, quella di decifratura deve essere tenuta rigorosamente privata dal proprietario. Vi sono così due chiavi diverse che non possono venire desunte l'una dall'altra in mancanza di informazioni segrete; per poter tornare al messaggio originale, occorre adoperare entrambe.

L'accesso alle registrazioni dei sistemi è vietato, salvo quanto stabilito dal libro V, Titoli IV e V, del codice di procedura penale in caso di notizia di reato, al fine di consentire le attività di indagine della polizia giudiziaria e del pubblico ministero.

Per procedere all'installazione dei sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso è inoltre necessario il raggiungimento del previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali, ovvero, laddove non costituite, dalle rappresentanze sindacali territoriali.

In alternativa, nel caso di strutture con sedi ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, tali sistemi possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti sono definitivi.

 

L' articolo 4 della L. 300/1970 (cd. Statuto dei lavoratori), come modificato dall'articolo 23, comma 1, del D.Lgs. 151/2015, pone alcuni limiti all'utilizzo degli impianti audiovisivi e degli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Tali impianti e strumenti, in particolare, possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati  previo accordo collettivo stipulato dalla R.S.U. o dalle R.S.A. (nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale). In  mancanza di accordo, i richiamati impianti e strumenti possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa (nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali) della sede centrale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti presi in mancanza di accordo sindacale sono da considerarsi definitivi.

La presenza dei sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso deve essere adeguatamente segnalata a tutti i soggetti che accedono nella zona videosorvegliata.

Per quanto riguarda l'installazione dei sistemi di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia è demandata (entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge) al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previo parere della Conferenza unificata, la definizione, con proprio decreto, delle modalità per assicurare il necessario coinvolgimento delle famiglie interessate nella relativa disciplina.

Nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali è altresì richiamato il necessario rispetto della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con legge 24 febbraio 2009, n. 18, e previo consenso degli interessati o, se minorenni o incapaci, dei loro tutori.

 

Al Garante per la protezione dei dati personali, con proprio provvedimento, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, è affidata la definizione degli adempimenti e le prescrizioni da applicare in relazione all'installazione dei sistemi di videosorveglianza previsti dal testo e al trattamento dei dati personali effettuato mediante i medesimi sistemi. Si applicano le sanzioni di cui al titolo III della parte III del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 in caso di violazione delle disposizioni previste dall'articolo in questione e di quanto stabilito dal provvedimento del Garante.

In via analoga, la pdl C 480 stabilisce (articoli 1 e 2) che la possibilità di dotarsi di sistemi di videosorveglianza con la relativa disciplina riguarda:

  • gli asili nido comunali e privati e le scuole dell'infanzia statali, comunali e paritarie;
  • le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio, convenzionate o no con il Servizio sanitario nazionale, nonché le strutture di carattere residenziale o semiresidenziale gestite direttamente dalle aziende sanitarie locali.

Tali strutture possono dotarsi di un sistema di videosorveglianza costituito da telecamere a circuito chiuso con immagini criptate, a tutela dei minori o dei soggetti ivi ospitati. le registrazioni del sistema di videosorveglianza possono essere visionate esclusivamente dalle Forze di polizia soltanto a seguito di denuncia di reato presentata alla autorità competente.

A differenza della pdl C. 1066, la proposta C 480 disciplina le caratteristiche che deve possedere il sistema di videosorveglianza (articolo 3), prescrivendo un sistema di criptazione a doppia chiave asimmetrica con le relative specificazioni tecniche. Si rinvia inoltre ad un regolamento del Garante della privacy, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, per la definizione delle garanzie di riservatezza da osservare per l'installazione e il funzionamento delle videocamere (articolo 4).

Per quanto concerne il ruolo del Garante per la protezione dei dati personali ed i richiami al Codice della privacy, si valuti l'opportunità di modificare la formulazione dell'articolo 4 della pdl C1066 tenendo conto della recente entrata in vigore del decreto legislativo n. 101 del 2018, che ha dettato disposizioni di adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2016/679 (c.d. GRDP, regolamento generale sulla protezione dei dati), abrogando numerosi articoli del Codice e soprattutto, dei contenuti del Regolamento UE (entrato in vigore lo scorso 25 maggio 2018).

In particolare, l'art. 17 del d.lgs. n. 196 del 2003, richiamato dall'art. 4, comma 1, è stato abrogato; la disciplina del trattamento di dati che presenta rischi elevati per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico è ora contenuta nell'art. 2-quinquiesdecies del Codice della privacy, in base al quale «Con riguardo ai trattamenti svolti per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico che possono presentare rischi elevati ai sensi dell'articolo 35 del Regolamento, il Garante può, sulla base di quanto disposto dall'articolo 36, paragrafo 5, del medesimo Regolamento e con provvedimenti di carattere generale adottati d'ufficio, prescrivere misure e accorgimenti a garanzia dell'interessato, che il titolare del trattamento è tenuto ad adottare».

Per quanto riguarda le disposizioni sanzionatorie, si valuti la sostituzione del riferimento al titolo III della parte III del Codice, contenuto nel comma 10 dell'art. 4, con quello all'art. 166 del d.lgs n. 196 del 2003, che sanziona ora la violazione dell'art. 2-quinquiesdecies con l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10 milioni di euro o, per le imprese, fino al 2% del fatturato mondiale totale annuo.

Infine, si ricorda che l'art. 22, comma 3, del d.lgs. n. 101 del 2018, specifica che fino all'adozione dei provvedimenti generali del Garante, i trattamenti di dati che presentano elevati rischi per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico, già in corso alla data di entrata in vigore della riforma, possono proseguire qualora avvengano in base a espresse disposizioni di legge o regolamento o atti amministrativi generali, ovvero nel caso in cui siano stati sottoposti a verifica preliminare o autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali, che abbiano individuato misure e accorgimenti adeguati a garanzia dell'interessato.

Il parere del Garante per la protezione dei dati personali sull'AS 2574

Il Garante per la protezione dei dati personali ha avuto modo di esprimere diverse considerazioni in merito all'AS 2574, il cui testo, come sopra ricordato, corrisponde a quello in esame.

Nel corso dell'audizione presso l'XI Commissione del Senato, in data 22 novembre 2016, il Garante ha in primo luogo fatto riferimento al contesto normativo in cui si inserisce la videosorveglianza, la quale, realizzando un controllo a distanza dell'attività lavorativa, è soggetta alle particolari cautele a tutela dei lavoratori. Al riguardo il Garante ha ricordato come il Regolamento europeo in materia di protezione dati (Regolamento UE 2016/679) - il cui art. 88 legittima gli Stati membri all'adozione di norme specifiche rispetto al trattamento dei dati nell'ambito del rapporto di lavoro, a tutela della "dignità umana, degli interessi legittimi e dei diritti fondamentali degli interessati" – nell'enunciare le finalità di tali trattamenti, sembra caratterizzarle per l'inerenza a funzioni interne al rapporto di lavoro. Ne consegue, secondo il Garante, che tanto secondo la disciplina interna quanto secondo quella sovranazionale, "i controlli che esulino da finalità interne al rapporto di lavoro necessitano di una specifica previsione modulata su di un peculiare bilanciamento idoneo a coniugare il diritto alla riservatezza del lavoratore con la tutela che si intenda accordare a eventuali terzi coinvolti nell'attività lavorativa, per ragioni particolari (ad es. incapacità di intendere e volere e particolare fragilità dei soggetti affidati alle cure del personale di determinate strutture: nidi, asili; rems; case di cura per anziani)".

Più in generale poi il Garante compie alcune valutazioni in merito all'opportunità dell'intervento normativo in oggetto, sotto il profilo del rispetto dei principi in materia di trattamento dati, ossia in merito alla liceità della finalità perseguita e proporzionalità del trattamento, da osservarsi anche qualora si consideri la raccolta di tali dati come funzionale a fini probatori e dunque ad attività di accertamento e repressione dei reati. In tal senso il Garante ricorda la direttiva 2016/680, emanata contestualmente al Regolamento UE 2016/679, ma anche il requisito di proporzionalità tra protezione dati ed esigenze investigative sancito dalla sentenza della Corte di giustizia, dell'8 aprile 2014 (sulla data retention).

Al riguardo, pur considerando fondata l'esigenza di tutela dei bambini e di agevolazione di ricostruzione probatoria rispetto a reati commessi in danno di costoro e la corrispondente esigenza di tutela relativa agli ospiti delle strutture di cura (disabili, anziani), il Garante sostiene che "il carattere massivo di tali controlli, a prescindere da specifici indicatori di rischio e dal ricorso a mezzi meno invasivi, potrebbe risultare in contrasto con quel principio di proporzionalità centrale nel formante giurisprudenziale europeo in materia di protezione dati. Occorre in particolare sottolineare come l'invasività di tali forme di controllo – in un contesto, quale quello educativo, che più di ogni altro dovrebbe essere improntato a spontaneità e assenza di condizionamenti esterni – determini l'esigenza di uno scrutinio stringente sotto il profilo del rispetto dei principi di necessità e proporzionalità (si cfr. in tal senso anche il parere n. 160/2009 del Gruppo art. 29 sulla protezione dei dati personali dei minori, nonché il riscontro fornito dalla Commissione europea a un'interrogazione inerente proprio il tema delle videocamere negli asili nido -P 6536-2009-, che nel qualificare come legittimo l'interesse perseguito in tali casi ha tuttavia ribadito l'importanza del rispetto dei principi di necessità e proporzionalità del trattamento)".

Secondo il Garante un elemento di criticità del disegno di legge AS 2574 consisterebbe, dunque, nella legittimazione dell'impiego sistematico e generalizzato di misure che, pur astrattamente legittimabili in singoli casi concreti, a fronte di fattori di rischio specifici, possono tuttavia risultare non più proporzionate negli altri, ogniqualvolta le finalità perseguite possano essere tutelate efficacemente con mezzi meno invasivi. Il Garante specifica quindi che "l'ammissibilità dell'installazione delle telecamere soltanto in presenza di fattori di rischio specifici, previa individuazione dei soggetti deputati a valutarne la concreta sussistenza, potrebbe rendere la disciplina proposta più compatibile con il principio di proporzionalità e ragionevolezza cui deve attenersi ogni possibile bilanciamento tra diritti e libertà fondamentali".

 

I provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali in tema di videosorveglianza anteriori alla riforma del 2018

Prima della riforma del 2018, il Codice della privacy prevedeva - all'art. 134, ora abrogato - che il Garante dovesse farsi promotore di codici di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato con strumenti elettronici di rilevamento di immagini, prevedendo specifiche modalità di trattamento e forme semplificate di informativa all'interessato per garantire la liceità e la correttezza del trattamento. 

In assenza di previsioni legislative, il Garante ha dunque emanato una serie di provvedimenti generali, l'ultimo dei quali in data 8 aprile 2010, per delineare presupposti e modalità del trattamento di dati personali acquisiti tramite strumenti elettronici di rilevamento di immagini. In primo luogo, il Garante ha riconosciuto la liceità della videosorveglianza, purché ciò non determini un'ingerenza ingiustificata nei diritti e nelle libertà fondamentali degli interessati e purché:

a) il trattamento dei dati sia fondato su uno dei presupposti di liceità che il Codice prevede espressamente (per i soggetti pubblici, lo svolgimento di funzioni istituzionali; per i soggetti privati e gli enti pubblici economici ad esempio l'adempimento ad un obbligo di legge);

b) ciascun sistema informativo ed il relativo programma informatico vengano conformati già in origine in modo da non utilizzare dati relativi a persone identificabili quando le finalità del trattamento possono essere realizzate impiegando solo dati anonimi;

c) l'attività di videosorveglianza venga effettuata nel rispetto del c.d. principio di proporzionalità nella scelta delle modalità di ripresa e dislocazione, nonché nelle varie fasi del trattamento che deve comportare, comunque, un trattamento di dati pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite.

Il Garante detta quindi prescrizioni per quanto riguarda l'informativa (gli interessati devono essere sempre informati che stanno per accedere in una zona videosorvegliata), la verifica preliminare del Garante, la designazione degli incaricati del trattamento e la durata dell'eventuale conservazione delle immagini.

Principi specifici sono stati elaborati dal Garante in relazione agli istituti scolastici, gli asili nido e gli istituti di cura.

In particolare, sul tema della videosorveglianza negli asili nido, con il provvedimento dell'8 maggio 2013 il Garante ha affermato l'illiceità di un sistema di videosorveglianza tramite webcam in grado di consentire ai genitori il controllo a distanza dei propri figli minori durante il periodo di permanenza in asilo. Il Garante ha affermato la preminenza dell'interesse generale del minore quale criterio informatore delle scelte che lo riguardano anche sotto il profilo della tutela dei dati personali ed ha ammesso l'impiego di tali sistemi nei soli casi in cui l'installazione risulti effettivamente necessaria e proporzionata. Il Garante ha richiamato il parere espresso nel 2009 dal "Gruppo di lavoro art. 29" (organo consultivo indipendente dell'UE per la tutela dei dati personali e della vita privata, istituito in virtù dell'art. 29 della direttiva 95/46/CE), che ha ammesso la videosorveglianza nei soli casi in cui l'installazione risulti effettivamente necessaria e proporzionata, e la posizione della Commissione europea,espressa in occasione di un'interrogazione parlamentare formulata proprio in relazione alla tematica dell'installazione di sistemi di videosorveglianza presso gli asili nido (P-6536/2009).

In tale occasione, la Commissione europea ha precisato che "l'installazione di sistemi di videosorveglianza per la protezione e la sicurezza di bambini e studenti nei centri per l'infanzia, negli asili nido e nelle scuole può essere un interesse legittimo, purché siano rispettati i principi della protezione dei dati, come i principi di necessità e proporzionalità stabiliti a livello nazionale ed europeo e fermo restando il monitoraggio delle competenti autorità di controllo nazionali della protezione dei dati".

Il Garante ha quindi affermato che, in assenza di previsioni espresse, occorre dunque operare un bilanciamento tra valori fondamentali, quali la tutela della personalità dei minori (notoriamente "in fieri"), la libertà di scelta dei metodi educativi e d'insegnamento e la tutela della riservatezza dei soggetti ripresi dai sistemi di controllo. Ne consegue che la possibilità di installare sistemi di videosorveglianza presso gli asili nido deve essere valutata con estrema cautela, tenendo presenti i principi generali posti dal Codice, segnatamente, di necessità, proporzionalità, finalità e correttezza del trattamento (artt. 3 e 11 del codice).

Sulla base di questi presupposti il Garante ha ritenuto illegittimo il trattamento dati tramite videosorveglianza nell'asilo nido in quanto motivato con la tutela della sicurezza delle persone e del patrimonio aziendale, senza che oggettivi pericoli per tale sicurezza fossero stati esposti, nonché con la necessità di soddisfare le "esigenze rappresentate dai genitori". Il Garante ha quindi concluso che nel caso di specie l'installazione della webcam all'interno dell'area didattica riservata ai minori non solo non poteva considerarsi necessaria, ma neanche proporzionata.

In ogni caso, anche qualora l'installazione della webcam interna si fosse potuta ritenere effettivamente giustificata e proporzionata, il Garante ha escluso le forme di collegamento via web con il sistema, in quanto sprovviste di garanzie sufficienti per la tutela degli interessati.

Il provvedimento generale sulla videosorveglianza, emanato dal Garante della privacy l'8 aprile 2010, dedica agli ospedali e ai luoghi di cura uno specifico paragrafo. Il Garante afferma che l'eventuale controllo di ambienti sanitari e il monitoraggio di pazienti ricoverati in particolari reparti o ambienti (ad es. unità di rianimazione, reparti di isolamento), stante la natura sensibile di molti dati che possono essere in tal modo raccolti, devono essere limitati ai casi di comprovata indispensabilitàderivante da specifiche esigenze di cura e tutela della salute degli interessati. Inoltre, il titolare del trattamento deve garantire che possano accedere alle immagini rilevate per le predette finalità solo i soggetti specificamente autorizzati (es. personale medico ed infermieristico); particolare attenzione deve essere riservata alle modalità di accesso alle riprese video da parte di terzi legittimati (familiari, parenti, conoscenti) di ricoverati in reparti dove non sia consentito agli stessi di recarsi personalmente (es. rianimazione), ai quali può essere consentita, con gli adeguati accorgimenti tecnici, la visione dell'immagine solo del proprio congiunto o conoscente.

Il Garante ribadisce che le immagini idonee a rivelare lo stato di salute non devono essere comunque diffuse (art. 22, comma 8, d.lgs. n. 196 del 2003) e che va assolutamente evitato il rischio di diffusione delle immagini di persone malate su monitor collocati in locali liberamente accessibili al pubblico.

Alla videosorveglianza all'interno degli istituti scolastici il Garante per la protezione dai dati personali dedica un capitolo del provvedimento generale sulla videosorveglianza del 2010.

In particolare, dopo aver affermato come ogni trattamento dei dati personali debba avvenire nel rispetto dei principi di necessità, proporzionalità, finalità e correttezza, il Garante ha fatto presente che l'eventuale installazione di sistemi di videosorveglianza presso istituti scolastici deve garantire il diritto dello studente alla riservatezza, prevedendo opportune cautele al fine di assicurare l'armonico sviluppo della personalità dei minori. In tale quadro, ha ritenuto ammissibile l'utilizzo di tali sistemi in casi di stretta indispensabilità, al fine di tutelare l'edificio ed i beni scolastici da atti vandalici, circoscrivendo le riprese alle sole aree interessate ed attivando gli impianti negli orari di chiusura degli istituti. Conseguentemente, ha vietato l'attivazione delle telecamere in coincidenza con lo svolgimento di eventuali attività extrascolastiche all'interno della scuola.

Tale orientamento è stato ribadito, da ultimo, nel 2016, ne  "La scuola a prova di privacy". La nuova guida del Garante per la protezione dei dati personali, per "insegnare la privacy e rispettarla a scuola"). In particolare, nella stessa il Garante ha evidenziato che " È possibile installare un sistema di videosorveglianza negli istituti scolastici quando risulti indispensabile per tutelare l'edificio e i beni scolastici, circoscrivendo le riprese alle sole aree interessate, come ad esempio quelle soggette a furti e atti vandalici. Le telecamere che inquadrano l'interno  degli istituti possono essere attivate solo negli orari di chiusura, quindi non in coincidenza con lo svolgimento di  attività scolastiche ed extrascolastiche. Le aree perimetrali esterne, al pari di ogni altro edificio pubblico o privato, possono invece essere oggetto di ripresa, per finalità di sicurezza, anche durante l'orario di apertura dell'istituto scolastico. In questo caso, l'angolo visuale deve essere delimitato in modo da non inquadrare luoghi non strettamente pertinenti l'edificio. La presenza di telecamere deve sempre essere segnalata da appositi cartelli […], visibili anche di notte qualora il sistema di videosorveglianza sia attivo in tale orario".

Si segnala, da ultimo, che nell'ambito di recenti iniziative governative per la prevenzione ed il contrasto allo spaccio di sostanza stupefacenti nei pressi degli istituti scolastici, la direttiva del Ministro dell'interno 26 agosto 2018 (c.d. direttiva Scuole sicure) stanzia 2,5 milioni di euro per incrementare i controlli, assumere agenti della polizia locale a tempo determinato, coprire i costi degli straordinari, realizzare campagne informative o installare impianti di videosorveglianza.  L'operazione prevede che per accedere ai contributi, i Comuni (individuati fra quelli con una popolazione superiore a 200 mila abitanti) devono presentare le loro istanze alle Prefetture entro il 20 settembre 2018 e la quota dei contributi destinati al pagamento delle spese correnti non dovrà superare il 50% del totale. 


Articolo 5 - Relazione alle Camere

L'articolo 5 della pdl C. 1066 prevede che il Governo trasmetta alle Camere, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione sull'attuazione della legge, nella quale dia conto anche dei dati rilevati dal Ministero della giustizia e dal Ministero dell'interno, nell'àmbito delle rispettive competenze, in ordine all'andamento, nell'anno di riferimento, dei reati commessi in danno dei minori e delle persone ospitate nelle strutture in esame, nonché dei relativi procedimenti giudiziari.


Articolo 6 - Norme finanziarie

commi da 1 a 3 dell'articolo 6 della pdl C. 1066 pongono, da un lato, la clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica e, dall'altro, istituiscono, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, al fine di condurre una sperimentazione delle misure previste dalla legge, a partire dalla formazione del personale delle strutture, nelle more dell'attuazione della delega di cui all'articolo 2.

Il comma 4 provvede alla relativa copertura finanziaria, riducendo nelle medesime misure, per il 2017, l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze e, per il 2018 e 2019, l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali del fondo speciale di parte corrente (fondo destinato alla copertura degli oneri derivanti dai provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio di riferimento).

Sul punto è necessario procedere all'aggiornamento della copertura finanziaria, considerato che il testo fa riferimento al triennio 2017-2019.

Il comma 5 pone la consueta clausola finale di autorizzazione al Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Anche la pdl C. 480 (articolo 5) prevede l'istituzione in via sperimentale di un fondo con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni  2018, 2019 e 2020, ma specificamente destinato a finanziare l'acquisto, l'installazione, la gestione e la manutenzione dei sistemi di videosorveglianza nelle strutture individuate, rinviando ad un decreto del Ministro dell'economia la fissazione dei criteri per l'assegnazione delle risorse del fondo. 

In proposito, si segnala l'esigenza di prevedere la relativa copertura finanziaria ai sensi dell'art. 81 Cost.


Articolo 7 - Clausola di salvaguardia

L'articolo 7 della pdl C. 1066 specifica che le norme della presente legge si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

In relazione ai contenuti delle proposte di legge, si intrecciano diversi profili di competenza legislativa.

In generale, l'installazione di impianti di videosorveglianza per finalità di sicurezza appare riconducibile alle materia «ordine pubblico e sicurezza», rimessa alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, anche con riguardo alle possibili forme di coordinamento con le Regioni (artt. 117, secondo comma, lettera h), e 118, terzo comma, Cost.); si veda, in questo senso, la sentenza della Corte costituzionale n. 63 del 2016.

Viene altresì in rilievo la materia «ordinamento civile», attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera l)).

Le proposte di legge incidono altresì su profili attinenti alle materie «istruzione» e «tutela della salute», di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni e «politiche sociali», ascritta alla competenza residuale regionale.

In tale quadro, si ricorda che alcune regioni hanno adottato una propria disciplina relativamente ad alcuni profili che riguardano l'adozione di sistemi di videosorveglianza nelle strutture socio-sanitarie.

Tra queste,in Liguria la    l.r. 11 maggio 2017, n 9 Norme in materia di autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie, sociosanitarie e sociali pubbliche e private  disciplina le procedure e i requisiti per l'autorizzazione all'esercizio delle attività, per l'accreditamento istituzionale nonché le procedure per la vigilanza e il controllo sul possesso dei requisiti di autorizzazione e di accreditamento. Fra i requisiti necessari per l'autorizzazione, è compreso l'obbligo di installare un sistema di videosorveglianza a circuito chiuso nei presidi che ospitano soggetti con grave condizione di non autosufficienza (es. esiti traumi cranici, stato di minima responsività, ecc.). Successivamente, il  Consiglio regionale ligure, nella seduta del 10 luglio 2018, ha deliberato, a decorrere dal 31 gennaio 2019 (inizialmente il termine era stato posto a giugno 2018), l'entrata in vigore dell'obbligo di installare un sistema di videosorveglianza in tutte le strutture sociosanitarie della Liguria.
In Lombardia, la legge regionale 22 febbraio 2017, n. 2 ha inteso favorire, attraverso l'erogazione di contributi, l'installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA) e nelle strutture residenziali e semiresidenziali per disabili (RSD) pubbliche e private accreditate, operanti sul territorio regionale, al fine di migliorare i propri livelli di sicurezza nell'erogazione dei servizi offerti. Per assicurare il conseguimento di tali finalità, la Giunta regionale si è impegnata a promuovere appositi bandi per sostenere gli investimenti degli erogatori delle RSA e delle RSD, in cofinanziamento non inferiore al 50 per cento delle spese sostenute.
Il 25 ottobre 2017 è stato pubblicato sul Burl il " Bando per l'erogazione di contributi regionali per l'installazione di sistemi di videosorveglianza all'interno delle residenze per anziani e per disabili della Lombardia" che operano sul territorio regionale, per la realizzazione di nuovi impianti in strutture ubicate in Regione Lombardia.