XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione

Resoconto stenografico



Seduta n. 20 di Giovedì 10 settembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Migliore Gennaro , Presidente ... 3 

Audizione della dottoressa Daniela Stradiotto, direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato:
Migliore Gennaro , Presidente ... 3 
Stradiotto Daniela , Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato ... 3 
Migliore Gennaro , Presidente ... 7 
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 7 
Fontana Gregorio (FI-PdL)  ... 7 
Stradiotto Daniela , Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato ... 7 
Fontana Gregorio (FI-PdL)  ... 7 
Rondini Marco (LNA)  ... 8 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 8 
Dambruoso Stefano (SCpI)  ... 9 
Migliore Gennaro , Presidente ... 9 
Brescia Giuseppe (M5S)  ... 9 
Migliore Gennaro , Presidente ... 9 
Stradiotto Daniela , Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato ... 10 
Migliore Gennaro , Presidente ... 14 
Guerini Giuseppe (PD)  ... 14 
Stradiotto Daniela , Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato ... 14 
Guerini Giuseppe (PD)  ... 14 
Stradiotto Daniela , Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato ... 14 
Guerini Giuseppe (PD)  ... 14 
Stradiotto Daniela , Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato ... 14 
Guerini Giuseppe (PD)  ... 14 
Stradiotto Daniela , Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato ... 14 
Migliore Gennaro , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GENNARO MIGLIORE

  La seduta comincia alle 9.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, ove necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire anche in seduta segreta. Lo potranno chiedere o i commissari, o l'audita. Al riguardo, per assicurare la massima fluidità al dibattito pubblico, prego i commissari di riservare eventuali quesiti da sviluppare in sede riservata alla parte finale della seduta.

Audizione della dottoressa Daniela Stradiotto, direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della dottoressa Daniela Stradiotto, direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato.
  Ricordo che la presente audizione rientra nel ciclo di audizioni deliberate dall'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi dedicate ad approfondire le tematiche dell'identificazione e del fotosegnalamento dei migranti.
  Nel dare il benvenuto alla dottoressa Stradiotto, le cedo la parola. Grazie.

  DANIELA STRADIOTTO, Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato. Grazie, signor presidente. Buongiorno a tutti. Mi è stato chiesto di fare un'introduzione e una rapida quanto succinta esposizione della problematica su identificazione e fotosegnalamento in relazione al fenomeno dell'immigrazione clandestina.
  Ritengo importante, prima di tutto, sgomberare il campo da un equivoco: il fotosegnalamento non si identifica con il concetto di identificazione. Il fotosegnalamento è soltanto uno dei segmenti della procedura volta all'identificazione delle persone.
  Ci sono due tipi di identificazione, tra cui l'identificazione dattiloscopica, che consiste nell'attribuire le impronte digitali ad un determinato soggetto, che va distinta dall'identificazione anagrafica, la quale consiste nell'attribuire le esatte generalità a una persona.
  Il fotosegnalamento è una procedura volta a raccogliere gli elementi descrittivi, fotografici, antropometrici e dattiloscopici di una determinata persona. Quando questa persona, soprattutto nel caso di uno straniero – facciamo l'esempio del Nord Africa –, è priva di qualsiasi documento e declina delle generalità (per noi il cosiddetto «sedicente»), non siamo in grado di definire se sia un marocchino, un egiziano o un tunisino. L'esatta generalità e, quindi, l'identità anagrafica è una più ampia procedura, che il più delle volte avviene con l'intervento di mediatori culturali delle ambasciate e dei consolati.
  Il rilevamento dell'impronta digitale viene inserito nel cosiddetto Casellario centrale d'identità, volgarmente detto AFIS (Automated Fingerprint Identification System). L'AFIS, in realtà, è il motore di ricerca. Inserendo un'impronta digitale nel nostro Casellario centrale d'identità, esso Pag. 4compie in automatico un confronto con circa 8,5 milioni di individui che in quel momento sono stati censiti e fotosegnalati in Italia.
  Ovviamente, in costanza dei fotosegnalamenti, vengono attribuite le impronte digitali laddove poi si abbia la certezza anche delle generalità della persona. Vengono inserite, quindi, nel cartellino le esatte generalità e tutti gli alias che una data persona ha eventualmente fornito nel corso del tempo.
  Per quanto riguarda il fenomeno dell'immigrazione clandestina – in realtà il problema delle frontiere non esiste più per l'Italia – nell'Unione europea esiste la cosiddetta banca dati Eurodac. La banca dati Eurodac difende le frontiere Schengen, ossia le frontiere dell'Unione europea. Vi si inseriscono tutti i fotosegnalamenti e le impronte digitali delle persone fotosegnalate per ingresso illegale – Eurodac fornisce una definizione precisa di che cos’è l'ingresso illegale, in relazione alla persona colta al momento di oltrepassare una frontiera, terrestre, marittima o aerea –, nonché le cosiddette richieste di protezione internazionale e asilo politico. In Eurodac vengono inserite esclusivamente queste due categorie di persone.
  In Italia non fotosegnaliamo la persona che ci è scappata dallo sbarco a Pozzallo e che poi viene rintracciata a Piacenza. A Piacenza verrà fotosegnalata per soggiorno illegale, per l'articolo 4 del TULPS, per l'identificazione, ma i dati entrano solo in AFIS, non in Eurodac, perché a Piacenza noi non troviamo questa persona nel momento in cui ha oltrepassato una frontiera o un confine Schengen. Austria-Italia non è un confine in cui si fa ingresso illegale, perché non è una frontiera europea.
  Il richiedente asilo politico entra, invece, in qualsiasi momento in Eurodac. Quando noi fotosegnaliamo qualcuno per richiesta di asilo politico, il dato va in Eurodac. Dal 20 luglio è entrato in vigore il nuovo Regolamento europeo n. 603/2013, che prevede che entro 72 ore dallo sbarco la persona venga fotosegnalata e le sue impronte siano inserite in Eurodac.
  Il Regolamento n. 603/2013 prevede anche che, entro 72 ore dalla richiesta di asilo politico – quindi non dal momento del rintraccio, ma dalla richiesta di asilo politico – la persona venga fotosegnalata e inserita in Eurodac. Il passaggio dell'inserimento è un passaggio assolutamente tecnico, trasparente per l'operatore, che inserisce i dati in AFIS e anche in Eurodac.
  Il servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato è il punto di accesso nazionale. In Eurodac può inserire dati solo la Polizia scientifica della Polizia di Stato, non i Carabinieri o la Guardia di finanza, che hanno, ovviamente, anche il loro corrispondente settore tecnico-scientifico.
  Per quanto riguarda l'eventuale rintraccio dello straniero che abbiamo rintracciato prima a Piacenza, in Eurodac noi possiamo fare solo l'interrogazione per soggiorno illegale. Il soggetto viene fotosegnalato ai fini identificativi ed entra in AFIS. In AFIS rimane il cartellino fotosegnaletico.
  In Eurodac, invece, viene fatta la cosiddetta transazione. Si interroga se quel cittadino sia mai stato rintracciato, fotosegnalato, abbia richiesto asilo politico o per altri motivi o abbia fatto ingressi illegali nell'Unione europea. L'impronta digitale gira in Eurodac, ma non rimane. Viene interrogato il cosiddetto IT3. Se «matcha», fa il segno. Altrimenti, l'impronta non viene registrata in Eurodac.
  In questo momento, secondo gli ultimi report, noi siamo oltre il 66 per cento. Non ho le statistiche di stamattina, che vengono aggiornate tutte le mattine alle 8. Siamo, però, verso il 66,8 per cento della percentuale di fotosegnalamenti dei soggetti sbarcati.
  Non so se avete presente la notizia di una lettera, abbastanza pesante, in cui l'Italia veniva accusata di essersi persa circa 60.000 stranieri per strada. No, non sono persi. Il servizio di Polizia scientifica e la Direzione centrale dell'immigrazione comunque disaggregano dei dati, perché abbiamo la necessità di un monitoraggio costante anche per adeguare la forza operativa che mettiamo in campo, ossia strutture, Pag. 5mezzi e uomini, in base all'attività. Per questo motivo, abbiamo la necessità di disaggregare.
  Pertanto, noi abbiamo come dati puri quanti fotosegnalamenti facciamo per ingressi illegali e quanti fotosegnalamenti facciamo per asilo politico. Sono dati puri, ossia dati tecnici. Quei dati indicano che una determinata persona è stata fotosegnalata solo per asilo politico o solo per ingresso illegale.
  In Eurodac, che non ha questo tipo di esigenza che è un'esigenza operativa nostra, ma ha l'esigenza soltanto di difendere le frontiere, se il cittadino straniero oggi viene fotosegnalato a Pozzallo per ingresso illegale e domani viene portato a Milano e viene fotosegnalato per asilo politico, in Eurodac lo troveremo sia nel contenitore IT1 (asilo politico), sia nel contenitore IT2 (ingresso illegale). Quindi, viene contato due volte. In realtà, questa è una fictio, perché è una persona sola. Non possiamo dire che abbiamo fotosegnalato due persone mentre ne abbiamo una sola.
  Il dato che noi abbiamo fornito in risposta a quella lettera del direttore della Commissione europea è il dato puro, che loro non avevano. Loro non possono estrapolare quel dato sugli asili politici, perché è un dato falsato. Tecnicamente è un termine molto brutto, perché si dice «epurato». Non vorrei usare questo termine.
  In questo momento l'Italia, in base alle ultime statistiche, è sicuramente, dopo la Germania, il Paese che più fotosegnala e interroga la banca dati, anche nella sua seconda e ultima versione aggiornata – quella che ho detto prima, dal 20 luglio – e che cerca di conferire maggior spessore operativo a questa banca dati.
  Mi spiego. Prima del 20 luglio, Eurodac conteneva un insieme di impronte digitali anonime. Solo nel momento in cui «matchavano» le impronte si apriva una procedura. Nella banca dati Eurodac non c’è un cartellino, come il nostro, con tanto di fotografie e di nome, c'era solo un codice. Un po’ come funzionerà la banca dati del DNA, quando entrerà in funzione: è una banca dati anonima, in cui c’è un codice. Solo nell'ipotesi in cui ci sia un match, viene poi avviata una procedura per decodificare quel codice. Così avviene in Eurodac.
  Dal 20 luglio in poi, invece, Eurodac ha uno spessore e una portata più ampi dal punto di vista operativo, perché della persona, per quanto anonima e per quanto identificata tramite un codice, vuole fornire la storia geosociale: quante volte e come si è mossa e quante volte è stata rintracciata in ambito europeo.
  Anche ai fini investigativi questo sarà importante per il settore del contrasto, anche se per l'Italia questa sarà l'ultima delle banche dati che potrà essere interrogata ai fini investigativi. Per una scelta politica. Dicono: «Hai tanti altri strumenti; quando tu, Italia, metterai in funzione il Trattato di Prüm...»
  Noi speriamo di farlo partire al più presto. Con il Trattato di Prüm i Paesi europei devono adeguarsi, tecnologicamente parlando, allo scambio di dati per targhe rubate, DNA e impronte. La Commissione europea dice: «Hai questo strumento investigativo molto importante, cerca di dargli attuazione. Poi, quando avrai interrogato le tue banche dati e avrai interrogato Prüm, andrai su Eurodac». Eurodac, infatti, ha sempre una valenza più spostata sulla protezione delle frontiere che sull'attività di contrasto. Non so se sono stata chiara.
  Dal punto di vista tecnico e procedurale delle singole operazioni, la Polizia scientifica non ha alcun limite, nel senso che opera ovunque. Certo, non può mettersi a fotosegnalare su uno scoglio, ma lavora sulle banchine dei porti, negli aeroporti, presso i centri di accoglienza, nelle palestre, nelle parrocchie e, ovviamente, negli uffici di polizia, ma si adegua con strutture mobili. Sicuramente è più veloce la procedura con strutture fisse, vale a dire con uno strumento cosiddetto identisystem, in cui ci si siede e si fa la foto e contemporaneamente invia le generalità su un massimo di quattro postazioni.
  Una foto si fa velocemente, la si mette su quattro postazioni e sulle quattro postazioni vengono poi assunte le impronte digitali ed effettuati i rilievi descrittivi, Pag. 6esclusivamente all'apparenza. Non spogliamo le persone e non facciamo loro l'ispezione corporale.
  La postazione mobile, invece, è una postazione che fa la foto. A ogni foto corrisponde poi un computer, ma non è un live-scan e non fa la catena di montaggio, come avviene con l'altra postazione. In linea di massima vi posso dire che quattro operatori in una giornata, se le condizioni logistiche lo consentono e c’è la collaborazione dello straniero, possono fotosegnalare circa 100 persone al giorno, o meglio tra le 60 e le 100. Con lo straordinario e con la permanenza prolungata si arriva a 100.
  Su Mare Nostrum e su talune altre situazioni, in realtà, si va a oltranza, cioè non ci si ferma mai. Fino a che non finisce lo sbarco o permangono gli stranieri in località di arrivo, si procede a oltranza.
  La procedura che adesso si segue con il Dipartimento per le libertà civili e la Direzione centrale dell'immigrazione è quella per cui i migranti che arrivano nei porti partono il prima possibile per le località di destinazione e accoglienza. Giuridicamente è un po’ come la quasi flagranza del reato oppure l'arresto differito. Anche qui si prolunga e si registra come ingresso illegale, anche se poi io la notte fotosegnalo il soggetto a Roma, a Taranto o in un'altra località. Si dà la continuità dello sbarco.
  Nella prima fase c’è poi lo screening sanitario, che è doppio, sia in nave, sia a terra, con la preidentificazione. La Polizia scientifica assegna un numero, un nome raccolto e una fotografia e poi si passa a quello che dovrebbe essere il fotosegnalamento vero e proprio.
  Nella fase in cui la persona si rifiuta, ne viene dato atto e ci sono le riprese. Sostanzialmente, rimane soprattutto al settore investigativo – per ogni sbarco viene aperto un fascicolo in procura, perché comunque si tratta di un'ipotesi di reato – il cosiddetto book, in cui ci sono gli stranieri scesi e quelli che non si vogliono far fotosegnalare.
  Se la persona non si vuole far fotosegnalare, non si riesce a fotosegnalare. Per quanto mi riguarda, è una fictio parlare di fotosegnalamento forzoso. Vi assicuro che non si può fotosegnalare. Anche ammesso e non concesso che si riesca a prenderle la falange e a metteglierla sul live-scan – si devono prendere le dieci dita piane e ruotate, nonché l'impronta palmare – deve essere presa in modo che sia leggibile.
  In Eurodac, quando poi si invia – in AFIS ci sono i nostri dattiloscopisti che danno l'okay – in automatico, l'immagine viene rimandata indietro perché non leggibile. Quindi, un'impronta mossa, un'impronta in cui non si possono leggere correttamente le linee, non viene presa.
  Questo non riguarda soltanto l'immagine della mano, per quanto si possa mettergliela di forza, ma anche la stessa fotografia. Se uno chiude gli occhi, è praticamente impossibile riuscire ad aprirglieli e a tenerli aperti, se non falsando una fotografia. Se continua a girare la testa, io non posso tenergliela bloccata. Adesso si fotografa la parte frontale, il di fronte, e il profilo destro. Non si può farlo, perché la polizia non può fotografare il fronte se c’è resistenza.
  Pertanto, il fotosegnalamento forzoso non è possibile. Noi siamo stati sulla brace. Sentivo anche stamattina i problemi gravi che non ha più soltanto la Germania ormai da qualche mese, ma che ha anche la Danimarca, perché si rifiutano tutti di farsi fotosegnalare.
  Non è necessario essere sempre un nigeriano grande. Noi abbiamo le riprese – queste circostanze le riprendiamo tutte – di una donna, che io chiamo la «Mami somala», che in un angolo del gabinetto, con i pugni chiusi, continuava piangere e a dire: «Please, please». Non c'era verso. Per quanto le dicessimo: «Stai tranquilla, non ti succederà niente», non si riusciva neanche a spostarla.
  Anche quella sentenza della Corte costituzionale del 1962 che viene estesa nel senso che è possibile farlo e che la Polizia è autorizzata a fare il fotosegnalamento forzoso, in realtà dice che si può insistere, che si può costringere un soggetto un po’ sulla sedia, ma poi ci sono dei passaggi Pag. 7tecnici che sono assolutamente impossibili per noi e facilissimi per loro da superare.
  Noi abbiamo anche già dimensionato e pianificato l'avvio degli hotspot, dei 3, 4 o 6 hotspot, poi hub, anche perché, ripeto, siamo mobili, pur certamente con le difficoltà logistiche e anche di connettività. Su Mare Nostrum avevamo molti problemi di connettività e, quindi, di scambio con AFIS, ma sono problemi che in qualche modo si superano.
  Questo vale per i vivi. Non credo che possa interessare il fotosegnalamento DVI (Disaster Victim Identification) che riguarda i cadaveri.

  PRESIDENTE. Se non ci sono domande specifiche su questo aspetto, no. La nostra Commissione si occupa del sistema di accoglienza, non particolarmente delle operazioni di emergenza, di salvataggio o di recupero delle persone decedute.
  In questo momento posso ringraziare innanzitutto la dottoressa Stradiotto. Al fine di dare ordine al dibattito, darò prima la parola a un commissario per Gruppo e successivamente agli altri componenti della Commissione che chiederanno di intervenire. Io stesso mi riserverò di farlo.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIUSEPPE BRESCIA. Grazie, presidente. Grazie, dottoressa. Vorrei fare due domande ben precise, ragion per cui sarò molto conciso. Che a lei risulti, qual è la percentuale di persone che si rifiutano di farsi fotosegnalare ?
  Visto che ha fatto questo accenno, in ultimo, agli hotspot e agli hub e ha detto che voi siete pronti a metterli in campo, ci può fornire qualche informazione in più su come dovrebbero essere messi in campo ? Noi non ne abbiamo contezza.

  GREGORIO FONTANA. Grazie, dottoressa. Innanzitutto mi permetta di rivolgere brevissimamente un ringraziamento, suo tramite, a tutto il personale della sua Direzione, che è decisamente in prima linea in questa fase così difficile per la gestione del fenomeno dei migranti.
  Sicuramente un dato importante è quello del grosso lavoro cui la sua Direzione e il suo personale sono sottoposti. Un dato interessante sarebbe anche quello di capire se negli ultimi due anni ci sia stato un potenziamento dell'organico, visto il grosso lavoro a cui voi siete chiamati, e quali sono anche le difficoltà, nel caso in cui quest'organico non fosse adeguato, che voi affrontate.
  Un altro punto è quello, legato al discorso dell'organico, della collaborazione con le altre forze di polizia. Lei ha accennato brevemente nel suo intervento al fatto che Carabinieri e Guardia di finanza hanno un sistema di identificazione, che mi pare, però, non sia immediatamente collegato o che comunque non si occupi della gestione del fenomeno dell'immigrazione. Volevo capire meglio quali sono i punti di contatto con queste altre strutture e se sarebbe opportuno potenziare, anche mettendo in campo le strutture e le risorse di queste altre forze di polizia, un'emergenza tanto evidente.
  Un altro punto fondamentale è quello dei numeri. Lei ha detto che il 66 per cento è fotosegnalato. È un numero rapportato, ovviamente, agli sbarchi, se non sbaglio.

  DANIELA STRADIOTTO, Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato. Sì.

  GREGORIO FONTANA. Lo chiedo per avere un chiarimento, perché questo è un punto importante.
  Poi c’è un altro punto, che in parte lei ha già chiarito. Mi riferisco al fatto che nella gestione, specialmente in questi ultimi mesi, ci si è spostati. Diciamo che la prima linea, che una volta veniva gestita nella zona dello sbarco, si è spostata addirittura nelle questure d'Italia, sostanzialmente. Vorrei sapere se il personale impiegato nelle questure è stato rafforzato, oppure se si tratta di personale che è già presente e che era dimensionato rispetto ai problemi della singola questura.
  Per ora basta così. Grazie.

Pag. 8

  MARCO RONDINI. Mi unisco anch'io ai ringraziamenti per lo sforzo che stanno facendo oggi le forze dell'ordine per affrontare questa situazione, la cui responsabilità, per quanto ci riguarda, non è sicuramente da attribuire alle forze dell'ordine, ma eventualmente a chi ha deciso politicamente di spalancare le porte a un'immigrazione non controllata.
  Volevo riprendere quello che ha sottolineato il collega di Forza Italia. Lei ci dice che il 66 per cento degli immigrati è stato fotosegnalato. Fa riferimento agli immigrati che sono sbarcati in Italia fra il 2014 e il 2015 ? Noi sappiamo che nel 2014 sono sbarcate in Italia 170.000 persone. Nel 2015 siamo già a 120.000, più o meno. Di queste 290.000 persone sappiamo che solamente più o meno 100.000 sono sistemate presso i centri del sistema d'accoglienza. Quindi, ci chiediamo, da una parte, quelle non fotosegnalati dove vanno. In seconda battuta, se solo 100.000 sono sistemate all'interno dei centri del sistema d'accoglienza, che fine hanno fatto le altre 200.000 persone ?

  MARIA CHIARA GADDA. Buongiorno. Ringrazio la dottoressa Stradiotto per il suo intervento molto preciso, che ha chiarito anche molti aspetti che abbiamo potuto visionare anche in occasione delle nostre visite in loco, sia a Pozzallo, sia a Lampedusa. Ha chiarito anche molti aspetti che non erano chiari in questo senso.
  Mi aggiungo, inoltre, ai ringraziamenti che hanno fatto i colleghi per il lavoro che viene svolto quotidianamente dalle forze dell'ordine e dalle forze di polizia, peraltro in condizioni molto difficili. Assistere allo sbarco e alle fasi successive dà l'evidenza fisica e tangibile di che cosa vuol dire lavorare in condizioni di emergenza e quantitativamente numerose. Uno sbarco, infatti, non è prevedibile né nelle modalità, né nelle presenze, né nei numeri. Il ringraziamento, quindi, è doveroso.
  Volevo fare brevemente alcune domande. Con riferimento a queste banche dati molto diverse, non sarebbe opportuno, a suo parere, magari tentare di giungere ad un'unica banca dati, ossia a un'unica modalità di identificazione e di caratteristiche tecniche di inserimento ? Volevo capire se, essendoci banche dati diverse nel nostro Paese, ovvero banche dati della Polizia di Stato, dei Carabinieri – non so se ne esistano altre, legate magari ad altre tematiche – a suo parere, non sarebbe opportuno uniformare, magari con degli accessi e delle modalità diverse, ma avendo un'unica tracciabilità e un unico sistema.
  Un'altra domanda è relativa ai luoghi di fotosegnalamento e identificazione. Da quanto ho capito e da quanto abbiamo visto, il fotosegnalamento e l'identificazione vengono fatti nei diversi step, se possibile all'approdo, ma anche nelle fasi successive. A suo parere, quale può essere, in un'ottica di diversa strutturazione del sistema di accoglienza, il luogo migliore e quali sono le modalità migliori per poter svolgere queste attività, negli hotspot o nei luoghi di primo approdo ? Questa è una domanda.
  Nelle fasi di identificazione, invece, è possibile già in questa fase individuare alcune situazioni particolari, per esempio le donne vittime di tratta ? Quali procedure vengono attivate quando vengono identificati gli scafisti o i trafficanti di uomini ? Questo vale per il mare.
  Non trattandosi poi di arrivi legati soltanto agli approdi marittimi, vorrei capire quali differenze, invece, ci sono con gli arrivi, che sono altrettanto consistenti, dalle frontiere dell'Est Europa e dell'Est del nostro Paese. Vorrei capire quali differenze e quali problematiche diverse sono legate alla procedura di identificazione.
  Chiaramente l'arrivo con un barcone è più gestibile, o comunque lo immagino, perché le persone vengono salvate dalla Guardia costiera e dai natanti che vengono inviati per fare salvataggio. Questo non può, chiaramente, avvenire quando l'arrivo viene fatto a piedi o con mezzi di altro tipo. Volevo capire le differenze anche in termini gestionali e, in particolare, che cosa viene attivato, come vengono identificati gli scafisti e che tipo di connessioni ci sono con tutti gli altri soggetti. Mi Pag. 9riferisco alla Guardia costiera e ai mezzi privati, per esempio, che vengono talvolta utilizzati per soccorrere le persone in mare.
  Grazie.

  STEFANO DAMBRUOSO. Anch'io mi associo al ringraziamento, in generale, alle forze dell'ordine e, in particolare, alla dottoressa Stradiotto per la relazione e per le informazioni che sino ad ora è stata in grado di fornirci, che chiaramente confermano l'impegno e la professionalità che l'ufficio che oggi sta rappresentando è in grado di esprimere.
  Ci sono alcuni punti che noi stiamo cercando di sviluppare, come Commissione d'inchiesta. Uno di quelli che sto seguendo con particolare attenzione riguarda la possibilità concreta di velocizzare le procedure di riconoscimento del diritto di asilo in sede territoriale.
  Noi abbiamo individuato delle lacune, dei gap procedimentali che sono riferibili senz'altro alla procedura in sé, ma anche probabilmente a qualcosa che si potrebbe cambiare, sia in sede di composizione o procedura della Commissione, sia in sede di magistratura che viene poi chiamata a valutare i ricorsi contro le decisioni della Commissione.
  La mia prima domanda è: che cosa emerge nelle vostre consapevoli «chiacchiere da ufficio», in termini di una modalità per migliorare questa procedura ? Che cosa si potrebbe eliminare di inutile, la cui eliminazione non andrebbe ad incidere sulle garanzie che devono essere comunque assicurate ? Un suggerimento in questo senso sarebbe utile coglierlo.
  Passo alla seconda domanda. Evidentemente nei rapporti con i vostri omologhi europei in senso lato, per esempio a Bruxelles, ogni tanto noi leggiamo che arrivano dei rimproveri per inadempienze verosimili e individuabili nella mancata identificazione. Sono le cose di cui abbiamo parlato sino adesso.
  Concretamente, poiché personalmente ho delle perplessità a fronte di rimproveri sempre riferibili a discorsi un po’ macro su grandi numeri (le 60.000 persone), io so che – e il capo della polizia l'ha anche dichiarato – è stato preparato un report in cui si assicura esattamente il numero delle pratiche seguite, il numero di quelle evase e il numero di quelle che non siamo stati in grado di evadere. Qual è la nostra vera posizione nei confronti di questi rimproveri ? In che cosa chi ci rimprovera è generico e quanto sono infondati i rimproveri di cui si legge sui giornali, per quello che lei è in grado di dire ?
  Come ultima domanda, qual è il numero massimo verosimile di accoglienza che è possibile calcolare oggi, a fronte di arrivi oggi non prevedibili ?

  PRESIDENTE. C'era la richiesta di una precisazione da parte dell'onorevole Brescia.

  GIUSEPPE BRESCIA. Rispetto a quel dato – il 66,8 per cento – ho sentito due colleghi intervenire dicendo che si tratta della percentuale del numero degli arrivati in Italia che sono stati segnalati. A me, invece, era parso di capire che fosse la percentuale dei dati all'interno di Eurodac che fanno riferimento all'Italia.
  Vorrei capire chi aveva capito bene, se lo può precisare, e poi vorrei sapere il numero assoluto, se si potesse avere, dei fotosegnalati arrivati in Italia tra quest'anno e l'anno scorso.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola per un giro di risposte a queste numerose domande che sono state fatte dai rappresentanti dei Gruppi, anch'io ovviamente vorrei dare conto e ringraziare per la loro professionalità le forze di polizia e, in particolare, l'ufficio che lei dirige. Gli elementi che stanno emergendo vanno tutti nella direzione, a mio giudizio, dell'affermazione di un'altissima professionalità della nostra Polizia.
  Non è certamente la ricostruzione macro dei dati del fotosegnalamento, come diceva adesso il collega Dambruoso, che può dare conto di quali siano le attività, non solo perché esiste una capacità di integrazione delle informazioni molto alta, Pag. 10ma anche perché, come lei ha ribadito, il rifiuto a farsi fotosegnalare non è comprimibile, se non violando altri diritti fondamentali. Questo, per quanto mi riguarda, è un aspetto fondamentale da interpretare alla luce della gerarchia dei diritti delle persone, commisurati alle esigenze necessarie di sicurezza del nostro Stato, del nostro Paese.
  A questo proposito io ho due brevissime richieste da farle. La prima è se gli operatori impegnati nel fotosegnalamento, vista la modificazione strutturale che hanno avuto nel loro compito nel corso di questi ultimi due anni, o comunque nel corso degli ultimi anni, hanno ricevuto una formazione specifica di mediazione culturale, ossia se sono accompagnati da mediatori culturali.
  Inoltre, vorrei sapere se loro stessi hanno ricevuto una formazione relativa alla mediazione culturale, anche per favorire la capacità di comprensione da parte della persona che arriva sul nostro territorio, che evidentemente saprà tante cose perché ha reti di collegamento anche informali, ma che magari potrebbe non essere informata rispetto a tutta una serie di diritti e di garanzie, ma anche di obblighi derivanti dalla sua precipua condizione. Vorrei sapere se questo è un tipo di attività che è stata fatta.
  La seconda domanda riguarda specificamente non una notizia, ma una constatazione che noi abbiamo fatto in relazione alla collaborazione con Frontex. Operativamente i nuclei di controllo Frontex che sono sul nostro territorio lavorano insieme a voi, nella stessa stanza – diciamo così – o sono separati, per cui la Polizia italiana lavora con il suo personale e poi eventualmente sono presenti anche altre polizie ?
  La sensazione, a mio giudizio sgradevole, che si è avuta, del tipo: «Vi mandiamo personale a vedere come lavorate», io l'ho trovata molto irrispettosa del lavoro fatto dal nostro Paese. Questa è una mia opinione personale, che non c'entra con gli elementi d'inchiesta. La espongo, però, a supporto di un ragionamento: alla fine, operativamente, come si collabora con Frontex ? Sulla stessa postazione o su postazioni differenziate ? Questa era la mia richiesta.
  Grazie.
  Do la parola alla dottoressa Stradiotto per la replica.

  DANIELA STRADIOTTO, Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato. Cercherò di rispondere. Mi sono segnata un po’ tutte le domande.
  Come premessa, intanto vi ringrazio dell'apprezzamento che avete per l'attività che mettiamo in campo tutti i giorni. Vi assicuro, sarebbe facile per me sostenerlo – vai a chiedere all'oste se ha buon vino – ma la professionalità che viene espressa quotidianamente è di altissimo livello perché si coniuga (parto dall'ultima domanda del presidente) l'operatività tecnica in senso stretto con il forte impatto umano che quest'attività ha.
  Chi di voi ha assistito a degli sbarchi lo sa. A parte il fatto di vedere bambini di due anni e otto mesi, io ho assistito a uno sbarco di persone del Ghana, tutti ragazzi del Ghana. È anche difficile dare loro un'età. Io avrei dato loro 20-25 anni. Avevano uno sguardo spento, smarrito. Tu pensi poi ai tuoi ventidue anni e alle opportunità che hai avuto allora. Queste sono persone che, quando si imbarcano, affrontano una roulette russa. Sanno che hanno X possibilità su tot di morire in mare o di arrivare e, quando arrivano, arrivano ustionate e stremate.
  Vengono sempre separate, per venire alle cosiddette categorie protette, donne incinte e bambini piccoli, anche per le condizioni fisiche. Quando sono molto ustionati, ovviamente, non vengono messi tutti insieme. Hanno canali diversi, settori diversi.
  Tutto questo avviene compatibilmente con la logistica, che non è la logistica di un villaggio Mediterranée, quando si arriva a Pozzallo o quando si arriva a Lampedusa, ma che comunque è sempre estremamente dignitosa. C’è questa capacità da parte del nostro operatore, che è specializzato, con un corso di formazione che dura sei mesi, come videofotodattiloscopista, Pag. 11di rispetto della dignità umana. Mette prima di tutto l'assistenza, poi procede all'aspetto tecnico.
  Veniamo ai numeri. Avete ragione tutti e due, sostanzialmente. Noi parliamo sempre di sbarchi, perché in realtà il mare è l'unica frontiera europea che abbiamo. È l'unica frontiera perché l'Austria, Tarvisio, non è una frontiera europea e l'Est non è una frontiera europea. L'unica frontiera europea è quella marittima. Quei dati sono gli unici che vanno in Eurodac e che vanno anche nella nostra banca dati nazionale. A ieri era il 66,64 per cento la percentuale dei fotosegnalati, pari a 81.282 su 121.974 dal 1o gennaio 2015.
  Questi sono dati puri. Mi mancano, purtroppo, i dati del 2014, ma, signor presidente, se vuole, glieli posso far avere. Adesso non li ho portati. Nel 2014 c’è stata, da luglio in poi, un'impennata sul tentativo di forzare il fotosegnalamento, anche con un impegno della magistratura a trovare forme di sostegno della serie: «Va bene, allora ti tengo...»
  Mi sono dimenticata di dire che noi speriamo che arrivino velocemente gli strumenti normativi, perché lo strumento normativo per trattenere una persona 72 ore non ce l'abbiamo. Oggi il codice prevede che la persona può essere trattenuta 12 ore. Poi si deve rilasciare. Dopodiché, siamo noi, la Polizia, che commettiamo un reato, non loro. Ci deve essere l'adeguamento normativo.
  In molte realtà con le procure si cerca di... ma speriamo che, come è stato scritto anche nell'ultima nota del capo della Polizia, oltre allo strumento normativo per poter trattenere la persona 72 ore, ci siano anche altri strumenti per cercare di forzare, dal punto di vista però psicologico, il fotosegnalamento. Dal punto di vista fisico non c’è assolutamente, come ho detto prima, la possibilità di fotosegnalare la persona, se questa si rifiuta.
  Non è che io non voglia rispondere, ma, per quanto riguarda la struttura, l'organizzazione e la pianificazione di tutto ciò che va sotto l'aspetto dell'accoglienza, questo non mi compete. Perciò troverei molto scorretto parlarne. È un altro Dipartimento addirittura, non è neanche il mio Dipartimento, che ha la competenza sull'accoglienza e sulla pianificazione dell'accoglienza.
  Lo stesso vale per quanto riguarda la definizione di quali sono gli hotspot o gli hub che dovranno essere aperti. Da parte della Polizia di Stato ci si sta organizzando perché, che ne partano uno, due, tre, cinque o sei, si continui comunque a lavorare in modo adeguato, perché ci si adegui e si mettano le strutture necessarie per avviare le attività tecnico-scientifiche negli n. spot. Oggi si parla di Pozzallo, Milo, Mineo, Catania, Ragusa e Trapani. Non so se poi si apre Taranto. Questo non dipende da noi. Dipende, ripeto, addirittura da un altro Dipartimento, quello per le libertà civili.
  Quanto alla collaborazione con le altre forze di polizia e l'adeguamento degli organici, il settore non è facilmente fungibile. Chi fotosegnala non è un poliziotto o un agente di polizia che esce dal corso di formazione. È un agente di polizia uscito dal corso di formazione e che poi farà il corso di specializzazione per la Polizia scientifica. Adesso ne partirà un altro straordinario.
  Anche con le previsioni che si possono fare di una media di ingressi quotidiani noi siamo con gli organici adeguati. Ce la possiamo fare. Avremmo potuto fotosegnalare anche i 122.000, se si fossero sottoposti alla procedura, se avessero acconsentito.
  Convengo col presidente sull'irrispettosità e un po’ sulla saccenza di qualcuno che ha detto: «Veniamo e vi insegniamo». Questa è stata forse una sensazione che ho avuto per i primi dieci minuti. Dopodiché, ho detto: «Che venissero, i tedeschi». Peraltro adesso non ne parlano più, perché hanno loro lo stesso problema, così come i danesi.
  C’è comunque quest'apertura di collaborazione. So che EASO ha fatto un bando di concorso per arruolare persone che possano venire a collaborare con noi. Questo, però, esclusivamente per attività meramente tecniche, perché la compilazione dei cartellini e la redazione non è Pag. 12uguale per tutte le nazioni. Noi richiediamo determinati elementi o abbiamo una scala di valore particolare. Loro usano un'altra scala di valore. Questi, però, sono momenti procedurali superabilissimi, che non creeranno alcun tipo di problema.
  I diversi passaggi procedurali risentono moltissimo della logistica. A Catania i migranti non possono stare sul porto. Tuttavia, Catania ha Mineo e si possono portare tutti su Mineo. Pozzallo ha il centro attaccato alla banchina, come avete visto. I migranti scendono e vanno direttamente lì. Trapani ha una situazione diversa. A seconda della logistica, ci si adegua.
  L'attività di collaborazione con Frontex è un'attività in cui sono tutti – scusate l'espressione poco tecnica – con le maniche rimboccate. Peraltro, Frontex, per esempio, a Pozzallo ha lo stesso ispettore dell'Ufficio immigrazione della questura di Trapani. Ha la doppia veste. Sono due stanzette separate, ma attaccate. Diversa, invece, è la situazione a Lampedusa. C’è comunque una collaborazione che va oltre qualsiasi rigida definizione di procedure.
  Anche dal punto di vista delle strumentazioni siamo assolutamente adeguati. Le dotazioni sono assolutamente adeguate.
  Non c’è un motivo per cui la Guardia di Finanza o i Carabinieri non vengono a fotosegnalare. La Guardia di Finanza recupera in mare e i Carabinieri si occupano molto dell'ordine pubblico, di vigilanza. C’è un modo di spartirsi i compiti, chi fa una cosa, chi un'altra, in un'ottica di assoluta collaborazione.
  Passando alle banche dati, le banche dati sono uguali. Il Casellario centrale d'identità, anche se è gestito dal servizio di Polizia scientifica, l'AFIS, è una banca dati sostanzialmente interforze. Carabinieri e Guardia di Finanza inseriscono dati e interrogano. Non ci sono banche dati diverse. Assolutamente, c’è un'unica banca dati, il Casellario centrale d'identità per l'Italia.
  Eurodac ha finalità diverse. Come ho detto prima, è una banca dati europea interrogata dai Paesi, ma non abbiamo banche dati diverse. La tracciabilità è quella. L'inserimento è quello. Carabinieri e Polizia usano la stessa banca dati, un po’ come il nostro CED, i famosi precedenti. È la stessa cosa. È una banca dati interforze.
  Non parlo dell'accoglienza, al di là del fatto che mancano gli strumenti normativi in adeguamento al Regolamento Eurodac in vigore dal 20 luglio. Che cosa fanno, che fine fanno ? La Polizia scientifica, in realtà, non decide neanche il motivo del fotosegnalamento. La persona da fotosegnalare viene portata dall'Ufficio investigativo con una richiesta di fotosegnalamento in cui c’è scritto «ingresso illegale», «arresto», «identificazione». Sfugge la storia dello straniero. È una persona da fotosegnalare e da trattare, ovviamente, secondo princìpi di attenzione e rispetto dei diritti. Vengono portati lo scafista come la vittima, l'arrestato come la persona esclusivamente da fotosegnalare.
  L'attività, quando arriva lo sbarco, si avvia in contemporanea con il settore dell'immigrazione per tutto ciò che riguarda la presa in carico dello straniero, la pratica. Se lo straniero arriva e chiede subito l'asilo politico, l'Ufficio dell'immigrazione deve avviare quella pratica.
  Io sto parlando per gli uffici del Dipartimento della pubblica sicurezza, non per gli uffici del Dipartimento per le libertà civili e dell'immigrazione. L'Ufficio stranieri della Polizia, l'Ufficio investigativo e la Polizia scientifica, sia nella fase della preidentificazione, sia nella fase del fotosegnalamento, sono tutti insieme. Siamo tutti lì.
  Vi posso dire che a Pozzallo prima si fa la scheda e poi si fotosegnala. Penso all'ultimo sbarco di 800 persone a Cagliari. Considerate che la nave arriva, siamo sotto il sole, a luglio è stata una cosa disumana. Queste persone arrivavano completamente disidratate, a più di 40 gradi al sole. Ci sono dei tempi tecnici. Per quanto si possano mettere gazebi e tendoni, quello è.
  A Cagliari, l'altra settimana, cercavano di fare, anche prima della famosa compilazione del C3, ossia dell'intervista per l'asilo politico, il fotosegnalamento per sfoltire la coda e far salire le persone nei diversi pullman con cui dovevano essere Pag. 13trasferite in accoglienza. Per quanto ci riguarda, quando riusciamo a sapere dove andranno, noi allertiamo il nostro Gabinetto provinciale o regionale della località di destinazione.
  Non c’è stata una difficoltà o una grande sofferenza da parte delle questure. Ovviamente, la cornice è una cornice di emergenza, ma è un'emergenza che viene gestita. Un conto è avere 800 persone su Cagliari o alla banchina di Pozzallo, un conto è averle frazionate, per cui anche a L'Aquila ne arrivano 15 e a Mantova ne arrivano 10. Tutto si affronta secondo tempi di attività decisamente sostenibili, e sostenibili nel tempo. La risposta forte che si può dare un giorno va bene, ma è la sostenibilità nel tempo che conta. Quando gli sbarchi sono continui, quello è. La sostenibilità nel tempo conta. Noi siamo adeguatamente rinforzati.
  Passo alla procedura per quanto riguarda l'asilo politico e alla possibilità di velocizzare, perché noi abbiamo dei tempi tecnici. C’è stata una riunione in cui io ho osservato che, se oggi uno chiede asilo politico, ha un permesso di soggiorno di circa due anni, considerando il tempo in cui viene trattata la pratica, il ricorso e così via. Di fatto, però, in due anni e mezzo possono succedere tante cose: uno si sposa, fa figli e rimane in Italia. Ripeto, poiché anche questa è una cosa che dipende da un altro Dipartimento, io non mi sento di esprimermi.
  C’è un'altra questione sulla quale io, invece, sto cercando di «far pace», anche perché EASO e Frontex non sono d'accordo. Frontex ha l'esigenza della protezione delle frontiere, EASO quella della protezione dell'asilante. Frontex vuole che vengano tutti fotosegnalati per ingresso illegale, EASO dice che non possiamo metterli tutti insieme.
  Quello che succede nella pratica è che magari una persona viene fotosegnalata due o tre volte. Io sto cercando di eliminare questo. Si tratta di 8 minuti di attività. Un fotosegnalamento medio, con una persona collaborativa, pur diversificando tra una postazione fissa o una postazione media, richiede dai 6 agli 8 minuti. Certo, noi abbiamo fatto i conti che, se anche risparmiamo 7 secondi a fotosegnalamento su uno sbarco di 800 persone, otteniamo numeri importanti. Sono turni di servizio interi evitati.
  Tuttavia, quello che vorrei cercare di conciliare delle diverse posizioni è che, se io oggi sbarco e vengo fotosegnalata per ingresso illegale perché in quel luogo l'autorità provinciale di PS – si tratta sempre di un questore del posto – decide di fotosegnalare tutti, poi vado a Milano e, se chiedo asilo politico, vengo fotosegnalata a Milano. Poi nella mia località di permanenza, che non sarà più Milano, ma Caltanissetta, al CARA di Caltanissetta verrò fotosegnalata un'altra volta.
  Nell'economia di tutta l'attività non andiamo a risparmiare tantissimo. Certo, se tutto questo dovesse avvenire in località di sbarco, allora sì, ma nel tempo. In ogni caso, io trovo che non sia politicamente corretto essere fotosegnalati tre volte per lo stesso motivo. Questa è l'unica questione sulla quale io sto cercando di agire. Il problema del C3 e dei tempi tecnici, invece, non dipende neanche dal Dipartimento della pubblica sicurezza.
  Noi parliamo di sbarco, anche se non ci limitiamo a questo, in realtà. La frontiera terrestre, però, non può rientrare nel discorso perché lo straniero che viene intercettato o che viene fermato alla frontiera dell'Austria o a Tarvisio, sulla frontiera friulana, sì, lo fotosegnaliamo, ma ha un altro tipo di trattamento.
  In primo luogo, non va in Eurodac perché non è una frontiera terrestre, ragion per cui non lo troviamo in questi numeri, nei 122.000. In secondo luogo, si apre tutta la procedura amministrativa del respingimento, perché teoricamente dovrebbe essere rimandato in Austria.
  Tutto il problema con Ventimiglia e con la Francia da una parte e con l'Austria dall'altra è speculare. Si tratta dello stesso problema. Ci sono i respingimenti e poi c’è tutto il problema dei rimpatri, ma anche su questo non vorrei parlare, poiché dipende dalla Direzione centrale dell'immigrazione, dalla Polizia di Stato, Dipartimento PS.Pag. 14
  Sicuramente sono molto più numerosi i fotosegnalamenti per asilo politico che per ingresso illegale. Questo, in base a quanto vi ho detto prima, è intuibile e ovvio. Il soggetto che si rifiuta non vuole lasciare traccia in Italia perché vuole chiedere asilo politico in Nord Europa. L'asilante, invece, vuole stare qui e dice: «Sono salvo». Non lo forzi, perché questa gente ha visto di tutto. Magari è partita da casa un anno prima. Si è fatta il deserto, si è fatta le carceri della Libia, poi si è fatta il barcone e, quando arriva da noi, trova un «hotel a cinque stelle». Umanamente la situazione è di un impatto fortissimo. Al di là del fatto che, purtroppo, possono esserci quelli che si infiltrano, i 122.000 che sono arrivati fino a ieri scappano.
  Mi sembra di avere risposto a tutto.

  PRESIDENTE. Penso di sì. Abbiamo dei tempi limitatissimi, ragion per cui c’è spazio solo per un chiarimento, perché poi inizia l'Aula.

  GIUSEPPE GUERINI. Mi scusi, dottoressa. Grazie ancora per le precisazioni. Vorrei solo un chiarimento in merito all'ultima cosa che stava dicendo sui plurifotosegnalamenti. Lei faceva riferimento anche a soggetti sedicenti che dichiarano sempre le stesse generalità ?
  Faccio un esempio. Se un soggetto arriva a Pozzallo, viene fotosegnalato, e poi fa richiesta di protezione internazionale a Milano, fornendo le stesse generalità, questo consente alla questura di Milano di recuperare i suoi dati, evitando il fotosegnalamento o è comunque tecnicamente impossibile ?

  DANIELA STRADIOTTO, Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato. Noi vogliamo fare questo. Ripeto, noi vogliamo fare questo, assolutamente, però...

  GIUSEPPE GUERINI. Volendo, se io dichiaro le stesse generalità che ho fornito là, ci si può inserire nel sistema e richiamare la scheda ? Non sarebbe fattibile in questo momento ?

  DANIELA STRADIOTTO, Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato. C’è un sistema per cui il Casellario centrale non lo consente dal punto di vista tecnologico. Ripropone il cartellino perché ci possono essere delle variazioni. Se alla fine ti sei tagliato e hai una cicatrice, la cicatrice deve essere inserita. In questo momento tecnicamente non si può, ma, le ripeto, si tratta di sette minuti in più.

  GIUSEPPE GUERINI. Tuttavia, mi scusi, se l'operatore dell'Ufficio stranieri della questura di Milano, quando il richiedente che in quel momento gli sta facendo la richiesta dice che è già stato fotosegnalato a Pozzallo, tecnicamente può evitare di fotosegnalarlo andando a recuperare la scheda, o è comunque impossibile ?

  DANIELA STRADIOTTO, Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato. Andrà a vedere e, se l'impronta è effettivamente quella, viene richiamata. A quel punto si potrebbe fare.

  GIUSEPPE GUERINI. A quel punto, si può anche evitare.

  DANIELA STRADIOTTO, Direttrice del servizio di Polizia scientifica della Polizia di Stato. Non lo evitano. C’è un motivo per cui il soggetto deve essere rifotosegnalato. Pensi all’escalation del nostro delinquente, che oggi è fotosegnalato per un motivo e domani per un altro, nella sua escalation.
  Mi ero dimenticata un punto, per quanto riguarda l'ultima domanda. Effettivamente sono arrivati molti rimproveri, due in particolare, di cui uno all'imminenza dell'avvio del 20 luglio del Regolamento. Si trattava di una lettera standard che il commissario inviava a tutti i ministri dell'interno.
  Peccato che gli sia sfuggita quella dell'Italia, che era la sede pilota. È stata la sede pilota per il 20 luglio. A me dispiace, perché un po’ siamo noi a parlar male di noi stessi e un po’ lo fanno gli altri, ma la realtà, fortunatamente, è molto diversa, tant’è che Pag. 15anche il capo della polizia, anzi il ministro in questo caso, non ha avuto difficoltà a rispondere. Eravamo addirittura l'ufficio pilota per l'avvio del 20 luglio.
  Il 20 luglio è stato un momento importante di passaggio di macchine, perché si sono chiusi tutti i sistemi di tutta Europa, che poi lentamente sono ripartiti. La prima che è partita è l'Italia e sull'Italia monitoravano.
  Anche l'ultima lettera, questa inviata al direttore Ruete, ha citato un dato, perché ci sono, noi li calcoliamo alla persona. Abbiamo finalità diverse rispetto a Eurodac. Gli forniscono un dato, ma glielo forniscono parziale. Gli hanno fornito solo il numero degli ingressi illegali, senza considerare i 41.000 e più dell'asilo politico, per cui sono molti di più, per il motivo che ho detto prima.
  Spero di non essermi dilungata troppo.

  PRESIDENTE. No, anzi. Grazie ancora per questa più che esauriente audizione. Ringrazio anche i colleghi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.30.