XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 145 di Mercoledì 19 luglio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione di Adriana Faranda:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 
Faranda Adriana  ... 3 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 
Faranda Adriana  ... 3 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 
Faranda Adriana  ... 3 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 
Faranda Adriana  ... 3 
Grassi Gero (PD)  ... 3 
Faranda Adriana  ... 3 
Grassi Gero (PD)  ... 3 
Faranda Adriana  ... 3 
Grassi Gero (PD)  ... 3 
Faranda Adriana  ... 3 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Faranda Adriana  ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Faranda Adriana  ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Faranda Adriana  ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Faranda Adriana  ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Faranda Adriana  ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Faranda Adriana  ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Faranda Adriana  ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Faranda Adriana  ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Faranda Adriana  ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Faranda Adriana  ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 
Faranda Adriana  ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 4 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 
Grassi Gero (PD)  ... 5 
Fornaro Federico  ... 5 
Grassi Gero (PD)  ... 5 
Fornaro Federico  ... 5 
Lavagno Fabio (PD)  ... 5 
Fornaro Federico  ... 5 
Grassi Gero (PD)  ... 5 
Fornaro Federico  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Faranda Adriana  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Faranda Adriana  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Faranda Adriana  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Faranda Adriana  ... 6 
Carra Marco (PD)  ... 6 
Faranda Adriana  ... 6 
Carra Marco (PD)  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Faranda Adriana  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Faranda Adriana  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Gotor Miguel  ... 7 
Faranda Adriana  ... 7 
Gotor Miguel  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Faranda Adriana  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Gotor Miguel  ... 7 
Faranda Adriana  ... 7 
Gotor Miguel  ... 7 
Faranda Adriana  ... 7 
Gotor Miguel  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Gotor Miguel  ... 7 
Faranda Adriana  ... 8 
Gotor Miguel  ... 8 
Faranda Adriana  ... 8 
Lavagno Fabio (PD)  ... 8 
Faranda Adriana  ... 8 
Gotor Miguel  ... 8 
Faranda Adriana  ... 8 
Gotor Miguel  ... 8 
Faranda Adriana  ... 8 
Gotor Miguel  ... 8 
Faranda Adriana  ... 8 
Gotor Miguel  ... 8 
Faranda Adriana  ... 8 
Gotor Miguel  ... 9 
Faranda Adriana  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Faranda Adriana  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Faranda Adriana  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Faranda Adriana  ... 9 
Grassi Gero (PD)  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Faranda Adriana  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Faranda Adriana  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Faranda Adriana  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Faranda Adriana  ... 10 
Lavagno Fabio (PD)  ... 10 
Faranda Adriana  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Faranda Adriana  ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Faranda Adriana  ... 10 
Fornaro Federico  ... 10 
Faranda Adriana  ... 10 
Fornaro Federico  ... 10 
Faranda Adriana  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Faranda Adriana  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Faranda Adriana  ... 10 
Fornaro Federico  ... 10 
Faranda Adriana  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Faranda Adriana  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Faranda Adriana  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Faranda Adriana  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Fornaro Federico  ... 11 
Faranda Adriana  ... 11 
Fornaro Federico  ... 11 
Faranda Adriana  ... 11 
Fornaro Federico  ... 11 
Faranda Adriana  ... 11 
Fornaro Federico  ... 11 
Faranda Adriana  ... 11 
Fornaro Federico  ... 11 
Faranda Adriana  ... 12 
Fornaro Federico  ... 12 
Faranda Adriana  ... 12 
Fornaro Federico  ... 12 
Faranda Adriana  ... 12 
Fornaro Federico  ... 12 
Faranda Adriana  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Faranda Adriana  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Faranda Adriana  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Faranda Adriana  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Faranda Adriana  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Fornaro Federico  ... 13 
Faranda Adriana  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Fornaro Federico  ... 13 
Faranda Adriana  ... 13 
Fornaro Federico  ... 13 
Faranda Adriana  ... 13 
Fornaro Federico  ... 13 
Faranda Adriana  ... 13 
Fornaro Federico  ... 13 
Faranda Adriana  ... 13 
Fornaro Federico  ... 13 
Faranda Adriana  ... 13 
Fornaro Federico  ... 13 
Faranda Adriana  ... 13 
Fornaro Federico  ... 13 
Faranda Adriana  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Faranda Adriana  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Faranda Adriana  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Faranda Adriana  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Faranda Adriana  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Fornaro Federico  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Faranda Adriana  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Fornaro Federico  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Grassi Gero (PD)  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Faranda Adriana  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Faranda Adriana  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Faranda Adriana  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Faranda Adriana  ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Faranda Adriana  ... 16 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Faranda Adriana  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Faranda Adriana  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Faranda Adriana  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Faranda Adriana  ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Faranda Adriana  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Faranda Adriana  ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Faranda Adriana  ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Faranda Adriana  ... 18 
Grassi Gero (PD)  ... 18 
Faranda Adriana  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Faranda Adriana  ... 18 
Grassi Gero (PD)  ... 18 
Faranda Adriana  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Faranda Adriana  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Faranda Adriana  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Faranda Adriana  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Faranda Adriana  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Faranda Adriana  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Faranda Adriana  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Faranda Adriana  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Faranda Adriana  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Faranda Adriana  ... 19 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 19 
Faranda Adriana  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Faranda Adriana  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Faranda Adriana  ... 20 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Faranda Adriana  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 13.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Seguito dell'audizione di Adriana
Faranda.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione di Adriana Faranda, che ringraziamo ancora per la disponibilità con cui ha accolto il nostro invito a ritornare in Commissione.
  Comunico che non sarà un'audizione lunga perché alle 15 riprenderanno i lavori del Senato, quindi entro subito nel merito. Proseguo con le mie domande, rimanendo d'intesa che chi vuole può intervenire, sullo stesso argomento della domanda.
  Una prima domanda riguarda gli eventi del 9 maggio 1978, sui quali lei ha reso più volte dichiarazioni. Mi limito a chiederle due precisazioni. In primo luogo, lei ha più volte affermato, sulla base di quanto riferitole da Valerio Morucci, che oltre a Mario Moretti anche Germano Maccari sparò all'onorevole Moro. Lei conferma questo suo ricordo?

  ADRIANA FARANDA. Io confermo di aver sentito questa cosa, comunque appunto non l'ho sentita direttamente dai nessuno dei protagonisti...

  PRESIDENTE. Ma da Morucci.

  ADRIANA FARANDA. Non ricordo neanche se da Morucci direttamente o da un'altra persona, comunque lo udii raccontare e lo dedussi da altre considerazioni.

  PRESIDENTE. Però è una notizia de relato.

  ADRIANA FARANDA. È una notizia de relato, assolutamente.

  PRESIDENTE. In secondo luogo risulta (dal libro di Silvana Mazzocchi Nell'anno della tigre) che, dopo l'abbandono dell'auto in via Caetani, Morucci la incontrò davanti alla stazione della metropolitana alla Piramide alle 11.

  ADRIANA FARANDA. Qui i ricordi inevitabilmente si fanno molto confusi. Non ricordo esattamente l'orario; ricordo che, sì, era da quelle parti, perché io ero in via Chiabrera, quindi era un posto dove io potevo arrivare facilmente con i mezzi. Sì, l'orario, orientativamente, fu quello.

  GERO GRASSI. Con quale arma fu ucciso Aldo Moro?

  ADRIANA FARANDA. C'erano la Skorpion e una 9 silenziata, ma io non so esattamente quali furono usate.

  GERO GRASSI. Ma lei la Skorpion l'ha mai vista?

  ADRIANA FARANDA. Certo che l'ho vista.

  GERO GRASSI. Dove?

  ADRIANA FARANDA. L'ho vista in molte azioni delle Brigate rosse a cui ho anche Pag. 4partecipato, come quelle di Rossi e Cacciafesta, e poi ce l'avevamo noi a casa, quando fummo arrestati.

  GERO GRASSI. Dove?

  ADRIANA FARANDA. In viale Giulio Cesare.

  GERO GRASSI. Sì, ma dov'era?

  ADRIANA FARANDA. Questo non lo ricordo esattamente. Credo che fosse in una borsa sul soppalco delle bambine, nella stanza...

  GERO GRASSI. Ma, secondo lei, perché la Skorpion era nel soppalco se tutte le armi erano nella sua stanza?

  ADRIANA FARANDA. No, non tutte le armi erano nella mia stanza. Erano sul soppalco tranne le nostre personali armi, che portavamo sempre addosso, o quasi sempre.

  GERO GRASSI. E quindi la Skorpion con la quale fu ucciso Moro ce l'avevate voi a viale Giulio Cesare?

  ADRIANA FARANDA. Sì, se non mi ricordo male, sì, ma questo era anche... Diciamo che faceva parte del materiale che atteneva al fronte logistico, quindi io so che c'era la Skorpion, ma lo so anche perché è stata ritrovata, mi è stata contestata...

  GERO GRASSI. Sì, appunto, a questo proposito lei sa meglio di me che quel 29 maggio tutto il materiale ricercato fu repertato.

  ADRIANA FARANDA. Suppongo di sì, non l'ho certo repertato io; suppongo che chi l'ha trovato l'abbia repertato.

  GERO GRASSI. Certo. E c'è un verbale nel quale risulta la Skorpion, ma ce ne è uno precedente nel quale la Skorpion non risulta.

  ADRIANA FARANDA. Ma non posso essere responsabile io di quello che hanno repertato.

  GERO GRASSI. Sì, certo, ma lei può essere responsabile del fatto che io le chiedo se c'era o meno.

  ADRIANA FARANDA. Ma certo che c'era!

  GERO GRASSI. Quindi lei mi ha detto di sì?

  ADRIANA FARANDA. Sì.

  GERO GRASSI. Quindi lei è sicura che quell'arma è quella...

  ADRIANA FARANDA. Quell'arma noi la portammo via, se non vado errata, dalla base in cui stavamo prima, che apparteneva alle Brigate rosse, e ce la portammo dietro. Quindi c'era, sì.
  Non so, mi sembra un'altra cosa molto particolare e molto strana.

  GERO GRASSI. Guardi, non è affatto strano. A me vengono addebitate sempre cose strane, ma se ci sono due verbali e in uno non c'è la Skorpion e nell'altro c'è la Skorpion, lo strano non sono io, ma, al limite, chi ha fatto i verbali.

  ADRIANA FARANDA. Appunto.

  GERO GRASSI. Quindi io sto cercando di chiedere...

  PRESIDENTE. La signora Faranda conferma che è giusto il verbale in cui c'era scritto che c'era la Skorpion.

  ADRIANA FARANDA. Certo.

  GERO GRASSI. Perché è giusto quello?

  PRESIDENTE. Perché lei sa che c'era la Skorpion! Io non c'ero, tu non c'eri, lei c'era, e c'era la Skorpion!

Pag. 5

  GERO GRASSI. Presidente, non funziona così, se fosse così sarebbe semplice...

  FEDERICO FORNARO. Il tema che ha sollevato il collega Grassi credo che debba trovare risposta in altra sede. In questa fase mi sembra che correttamente l'onorevole Grassi abbia fatto delle domande e l'audita ha dato le sue risposte. Non si può imputare all'audita la presenza di due verbali diversi. L'audita ha detto con grande chiarezza che, a ricordo suo, la Skorpion ritrovata in viale Giulio Cesare era quella che era in loro possesso in un'altra base e nel suo ricordo...

  GERO GRASSI. Non capisco perché questa excusatio non petita.

  FEDERICO FORNARO. Non è una excusatio.

  FABIO LAVAGNO. È perché magari così andiamo avanti.

  FEDERICO FORNARO. Così andiamo avanti.

  GERO GRASSI. Io stavo semplicemente facendo notare, non solo all'audita, che risultano due verbali...

  FEDERICO FORNARO. Sì, ma è stata depositata una nota in Commissione su questa roba che hai appena finito di dire, però l'audita mi sembra che abbia dato la risposta che giustamente tu le hai chiesto.

  PRESIDENTE. Eravamo rimasti alle 11 alla Piramide; poi alle 12.13 ci fu la famosa telefonata a Tritto, dopo che Morucci, a suo dire, aveva inutilmente cercato altri contatti. Ci può aiutare a capire cosa successe prima delle 11, visto che secondo le dichiarazioni dei brigatisti stessi l'auto con il corpo di Moro fu lasciata in via Caetani approssimativamente verso le 8?
  La domanda che noi ci poniamo da tempo è: perché la Renault viene lasciata in via Caetani alle 8 ma la telefonata a Tritto arriva alle 12.13? Lei vede Morucci alle 11, ma dalle 8 alle 11 e poi dalle 11 alle 12.13 fanno in totale oltre quattro ore; vorremmo cercare di capire perché avete scelto di telefonare 4 ore e 13 minuti dopo aver lasciato la Renault a via Caetani.

  ADRIANA FARANDA. Dunque, io non ricordo con esattezza a che ora era uscito Morucci la mattina di quel giorno, mi pare che fosse leggermente dopo. Io non so se la Renault è stata lasciata alle 8 o un po'più tardi, sinceramente non... Mi sembra che fosse leggermente più tardi quando Morucci quella mattina uscì per andare a fare la copertura alla macchina che trasportava il corpo del Presidente.
  Può darsi anche che l'appuntamento sia stato leggermente prima, alle 10.30. Consideri che Morucci credo che dovesse sbrigare delle cose del logistico: c'era un'altra macchina parcheggiata lì al posto in cui venne messa la Renault, non so se dovette spostarla e metterla da qualche altra parte. Non ricordo esattamente, può darsi che fossero anche le 10-10.30, i ricordi sono molto... Anche all'epoca in cui la Mazzocchi mi fece quell'intervista... Io di quella mattina ho dei ricordi nitidi per quanto riguarda le emozioni, ma molto confusi per quanto riguarda i fatti.

  PRESIDENTE. Converrà con noi che il lasso di tempo è molto lungo, quattro ore.

  ADRIANA FARANDA. Da quando noi ci incontrammo con Morucci a quando fu fatta la telefonata è inevitabile che passò il tempo, perché intanto eravamo sconvolti completamente da questa cosa e anche dal fatto che dovesse essere proprio Valerio, che era contrario all'uccisione di Moro, a dover fare la telefonata. Erano cose, cioè, che dal punto di vista emozionale erano pesantissime.
  Dovemmo arrivare alla stazione Termini, per questo io dico che forse ci siamo visti anche un po'prima, dovemmo arrivare alla stazione Termini, lì si cercava qualcuno, un nome di quelli che ci erano stati dati in passato, qualcuno che magari fosse meno esposto di Tritto che aveva già avuto diverse telefonate per la consegna delle Pag. 6lettere. Quindi dovemmo scegliere una cabina che fosse un po’ controllabile...
  Mi è particolarmente doloroso ricordare quei momenti, perché fu una telefonata straziante. E poi eravamo, sinceramente... Io ero preoccupatissima che potessero rintracciare la telefonata e che io fossi inchiodata a questo evento. Dover affrontare anche un eventuale scontro a fuoco o una fuga per questa cosa era abbastanza tremendo.

  PRESIDENTE. Infatti non a caso le avevo chiesto del tempo dalle 8 alle 11, perché dalle 11 alle 12.13 per spostarsi dalla Piramide, arrivare alla stazione Termini, fare dei tentativi, è un orario compatibile, ma quelle tre ore prima?
  Lei ha parlato di una macchina che avrebbe occupato il posto...

  ADRIANA FARANDA. Sì, mi pare che nell'organizzazione del tutto, per essere sicuri di poter trovare un parcheggio, fosse stata parcheggiata il giorno prima un'altra auto, che poi doveva essere portata via.

  PRESIDENTE. E quindi Morucci poteva essere stato incaricato di portarla via.

  ADRIANA FARANDA. E poi c'era l'auto in cui loro erano stati per scortare nell'ultimissimo tratto...

  MARCO CARRA. È del tutto evidente che – per carità, grande rispetto per i sentimenti – il 9 maggio però non sia stata una giornata come tutte le altre per la signora Faranda, e mi permetto di rilevare che questa confusione fa un po’ specie, perché io resto convinto che in determinate giornate della nostra vita noi ricordiamo i minimi particolari. Però questo fa parte, probabilmente, di una soggettività del tutto particolare.
  Lei ha detto una cosa, e io su questo insisto, perché anche qui mi sembra davvero una cosa inverosimile, sul parcheggio, il posteggio dove è stata posizionata la R4. Io non credo che Morucci sia stato impegnato perché forse c'era da spostare una macchina che ostruiva, perché questo conferma una «approssimazione» (me lo lasci dire così) alquanto discutibile, approssimazione che metto tra virgolette perché a me non sembra.
  Se c'è da individuare un luogo nel quale posizionare l'auto al cui interno c'è il corpo del presidente della Democrazia cristiana, mi pare che il livello di improvvisazione non possa essere questo, quindi io mi permetto di insistere: era stato bloccato un posto auto per consentire alla R4 di aver la matematica certezza di trovare quello spazio o è stata figlia dell'improvvisazione l'idea di posizionare l'auto in via Caetani e in quella posizione? Perché mi sembra davvero tutto molto strano.

  ADRIANA FARANDA. Ma io credo che... Mi perdoni: con tutto il rispetto, vorrei meno approssimazione nell'ascolto. Quando io dico che era stata parcheggiata un'auto la sera prima per poter garantire che ci fosse un posto che si liberava per parcheggiare la Renault 4, dico una cosa chiarissima, che significa che la cosa era stata preordinata nei minimi particolari. Per rispondere all'ultima sua domanda sull'improvvisazione, non c'era nessuna macchina che ostruiva: bisognava semplicemente portare via sia la macchina di copertura, sia la macchina che era parcheggiata, e uno di questi due compiti fu sicuramente affidato anche a Morucci.

  MARCO CARRA. Adesso è chiaro questo passaggio. Prima non lo è stato, e non è solo una responsabilità mia che non ho capito, secondo me era stato detto in modo un po’ confuso.

  PRESIDENTE. Comunque, abbiamo detto che dalle 11 alle 12.13 non ci desta preoccupazione, ma dalle 8 alle 11?

  ADRIANA FARANDA. Io non sono certa sull'orario delle 11.

  PRESIDENTE. Potrebbe essere prima delle 11. Lei spiega il lasso di tempo dicendoci che Morucci o ha riportato la macchina che era di copertura o ha portato via la macchina che c'era. Intanto c'è un dato Pag. 7importante, il posto era stato tenuto da una macchina messa lì, che quindi qualcuno ha preso. Non credo che lei ricordi qual era la macchina, ovviamente...

  ADRIANA FARANDA. No.

  PRESIDENTE. Però c'era.
  Sempre sul periodo del sequestro, in Corte d'assise, il 10 marzo 1987, Morucci rispose a una serie di domande sul falso comunicato del Lago della Duchessa, negando che fosse stato un depistaggio attribuibile alla colonna delle BR.

  MIGUEL GOTOR. Mi scusi, presidente, non ho capito una cosa, ma la chiedo a lei prima che alla signora Faranda. Secondo la signora Faranda, Morucci esce di casa, è protagonista della vicenda con questa funzione di dover spostare la macchina che era stata...

  ADRIANA FARANDA. No, di dover fare la copertura nell'ultimo tratto alla Renault.

  MIGUEL GOTOR. E questo avviene secondo lei verso le 10.30? Questo non ho capito.

  PRESIDENTE. No.

  ADRIANA FARANDA. No, io credo, se non ricordo male, che Valerio non uscì di casa alle 7; credo che uscì leggermente dopo, quindi forse il momento in cui fu lasciata la Renault in via Caetani non è esattamente le 8, forse un po'più tardi. Io adesso non sono in grado, perché non essendo lì... Però, dal momento in cui fu lasciata la macchina, probabilmente l'orario in cui io riuscii a vedere Morucci, a incontrare Morucci fu le 10.30.

  PRESIDENTE. Non alle 11, come ho detto io.

  MIGUEL GOTOR. Non avevo capito questo. Quindi, lei si ricorda che Morucci uscì la mattina presto?

  ADRIANA FARANDA. Sì, ma non prestissimo.

  MIGUEL GOTOR. Con il tempo siamo nell'aleatorietà: prestissimo può voler dire le 6, presto può vuol dire le 7, l'orario di lavoro può voler dire le 8. Da quanto ho capito, lei dice che Morucci è uscito la mattina presto, ma non prestissimo, quindi non alle 6, ma alle 7.20...

  ADRIANA FARANDA. Dalle 7.30 in poi, credo.

  MIGUEL GOTOR. Perfetto. Poi sono anche passati quarant'anni, però ha il ricordo che Morucci si sgancia da lei la mattina presto, ma non prestissimo. Poi lei lo recupera visivamente in un contatto tra le 10.30 e le 11?

  PRESIDENTE. Prima delle 11.

  MIGUEL GOTOR. A metà mattina. E i dati di fatto che noi abbiamo in questa vicenda, al di là dei ricordi che sono sempre fuggevoli, sono che la prima telefonata che avverte del ritrovamento del cadavere è alle 12.13. Quello che lei ci sta dicendo, cioè il suo ricordo in cui aggancia visivamente di nuovo Morucci, è congruo, nel senso che lei lo aggancia alle 10.30 o alle 11, deve attraversare la città, organizzare una telefonata e ci vuole un'ora o un'ora e un quarto nel farlo; quindi questo corrisponde.
  L'autopsia di Moro, che è un altro dato probabilisticamente verosimile, colloca la morte in una fascia oraria tra il notturno e la prima parte, prestissimo, della mattina, e quella macchina (consideri che c'è anche tutta una serie di testimoni oculari che sono stati ascoltati nel corso dei decenni) è lì tra le 7, 7.30, 8, 8.30. Quindi anche questo combacia con il suo racconto, cioè Morucci è uscito alle 7.30 per fare quell'operazione di scorta, va tutto bene.
  Ciò che lascia perplessa gran parte della Commissione e gran parte della letteratura sul caso Moro è che le Brigate rosse si siano assunte il rischio di lasciare un cadavere incustodito nel cuore di Roma dalle tre ore Pag. 8e mezza alle quattro ore e un quarto. Questa cosa lascia perplessi tutti e vorrei sapere se rende perplessa anche lei. Capisce cosa dico? Il problema non è il suo comportamento tra le 10.30 e le 12.15 o tra le 11 e le 12.15. Il problema è che Moro viene lasciato lì alle 8.30 a stare larghi; ma come mai ci si impiegano quasi quattro ore per denunciarlo? Tutto qua, vorrei sapere una sua opinione personale, ma è un'opinione, perché lei non ci stava, quindi ne sa più o meno... Non le sembra strano? È una delle stranezze di questa vicenda, tutto qui.
  Quattro ore sono tante, con il rischio che il corpo potesse essere scoperto da qualunque passante. Quella è una via di transito, non era una strada chiusa. Poi lasci stare che ci sono altre testimonianze emerse nel corso degli anni che dicono che il corpo di Moro è arrivato lì alle 11, che è stato scoperto in realtà prima; lasciamo stare questi aspetti, però il fatto che noi conosciamo è che le Brigate rosse lasciano per quattro ore Moro incustodito in attesa della rivendicazione. Cosa le sembra – diciamo così – da esperta del ramo?

  ADRIANA FARANDA. Non so bene cosa dire. Il corpo di Moro, per quello che ne seppi io, era coperto, quindi era difficile che qualche passante si accorgesse che c'era un corpo. I tempi furono quelli che furono, perché anche il fatto che Valerio dovesse fare la telefonata, fosse stato incaricato di questo, e che poi ritardammo fino a mezzogiorno era dovuto appunto al fatto che non sapevamo da dove farla e che eravamo veramente «fuori di testa».

  MIGUEL GOTOR. Quindi la decisione che dovesse essere Morucci a dover fare la telefonata avvenne quella stessa mattina? Fu incalzato da chi?

  ADRIANA FARANDA. Questo non me lo ricordo. Io mi ricordo che la sera prima ero stata incaricata io al posto di Valerio di fare la copertura, la scorta. A quel punto io ebbi una reazione che lasciava capire che probabilmente sarei stata inaffidabile l'indomani e quindi...

  FABIO LAVAGNO. Che intende con «inaffidabile»?

  ADRIANA FARANDA. Inaffidabile significa che non sapevano che reazioni avrei potuto avere.

  MIGUEL GOTOR. Ci racconti non solo le cose che ha saputo de relato, ma quelle che l'hanno vista protagonista. Con chi ebbe la reazione, dove la ebbe?

  ADRIANA FARANDA. In via Chiabrera, la sera prima.

  MIGUEL GOTOR. Chi venne in via Chiabrera, ad esempio, a dirle che doveva...?

  ADRIANA FARANDA. Quella che io, impropriamente, chiamo direzione di colonna. Questa mia osservazione andrebbe attribuita anche alle precedenti cose che ho detto qui l'altra settimana: «impropriamente» perché mancava Gallinari, quindi la direzione di colonna era incompleta, però c'erano i compagni che erano gli altri regolari della direzione di colonna.

  MIGUEL GOTOR. Si ricorda chi erano?

  ADRIANA FARANDA. Sì, è acclarato, nel senso che sta in tutti gli atti di tutti i processi, in tutte le deposizioni di tutti: c'eravamo io, Valerio, Mario Moretti, la Balzerani e Seghetti. Noi eravamo.

  MIGUEL GOTOR. E chi è che le disse: «Domani tu fai la scorta»?

  ADRIANA FARANDA. Non è che fu un ordine dato in questi termini. Fu: «Abbiamo pensato, pensiamo che forse questo incarico può essere dato a te, che non eri a via Fani». Io a quel punto ebbi una reazione molto dura, di cui non ricordo esattamente tutti i particolari. Risposi: «Ma come, lì c'erano delle persone armate, qui c'è una persona disarmata» o una cosa del genere, cioè una cosa del tipo «io non sono assolutamente d'accordo, dovete coinvolgermi?». Dissi: «Però, per disciplina, va bene, lo faccio». Ma lo dissi, evidentemente, Pag. 9 con un'espressione e con un coinvolgimento emotivo tali che non si fidò nessuno; andarono tutti via e mi lasciarono sola nella stanza. Dopodiché tornò Valerio e mi disse: «Non ti preoccupare, abbiamo valutato e abbiamo deciso che andrò io al tuo posto». Quindi, poveraccio, è stato pure coinvolto in un certo senso... Immagino che si offrì lui di prendere il mio posto, sapendo benissimo che io ero abbastanza sconvolta da questa cosa. Quindi non assistetti neppure all'ultima parte della discussione, in cui loro misero a punto i particolari.

  MIGUEL GOTOR. Chi fa la telefonata...

  ADRIANA FARANDA. Esatto, a quello non fui presente perché ero rimasta in un'altra stanza, da sola.

  PRESIDENTE. In quell'arco di tempo la cosa in più è che Morucci ha dovuto fare una delle due cose prima di andare alla Piramide: o portare via la macchina con cui avevano fatto la scorta o portare via la macchina che era ferma lì.

  ADRIANA FARANDA. Immagino, perché mi disse: «Abbiamo avuto un po'di problemi», e comunque arrivò leggermente in ritardo rispetto all'appuntamento che forse era attorno alle 10, non ricordo esattamente. Comunque mi ricordo che fece un po'di ritardo, tant'è che mi preoccupai un po’.

  PRESIDENTE. Ritorno alla domanda che stavo facendo. Il 10 marzo 1987, in Corte d'assise, Morucci rispose a una serie di domande sul falso comunicato del Lago della Duchessa, negando che fosse stato un depistaggio delle BR. In quell'occasione Morucci (ed è questa la cosa che non comprendiamo bene) disse: «Io se volevo depistare potevo fare miliardi di cose. Perché questa e perché in quel modo? Poi chi mi dava quella macchina da scrivere a me? Stavo a Firenze quando...». A questo punto la frase è interrotta dal pubblico ministero che si mette a parlare d'altro.

  ADRIANA FARANDA. Stava a Firenze la macchina da scrivere?

  PRESIDENTE. No, lui stava a Firenze.

  ADRIANA FARANDA. No, credo che sia stato trascritto male. Immagino che intendesse dire: «Come facevo a usare quella macchina se stava a Firenze, quella dove venivano battuti i comunicati?». Non lo so, io adesso non glielo so dire, penso che fosse così.

  GERO GRASSI. Negli atti processuali (do conferma di quello che dice la signora Faranda) alla domanda del magistrato su chi interrogasse Moro, Morucci risponde: «Moretti». Il magistrato incalza e a un certo punto Morucci dice, sostanzialmente: «Fatevi dire da Moretti chi era l'irregolare della casa di Firenze dove si componevano...».

  PRESIDENTE. Ma la nostra citazione non si riferisce a questa frase notoria, si riferisce a una frase ulteriore che adesso la Faranda ci ha spiegato brillantemente.

  ADRIANA FARANDA. Lo immagino perché non mi risulta che Valerio abbia vissuto a Firenze.

  PRESIDENTE. Mi faccia finire la domanda. Infatti la cosa che a noi sembrava strana è che, siccome non credo che né lei né Morucci avete mai lasciato Roma in quei cinquantacinque giorni...

  ADRIANA FARANDA. Infatti.

  PRESIDENTE. Quindi l'interpretazione corretta è che la frase è scritta male nell'atto giudiziario e che la macchina su cui si battevano i comunicati stava a Firenze?

  ADRIANA FARANDA. Penso proprio di sì, a Firenze o a Genova. Io adesso non lo so, ci sono varie versioni di dove si riuniva il comitato esecutivo.

  PRESIDENTE. Ci sono varie versioni, o Firenze o Genova.

Pag. 10

  ADRIANA FARANDA. Varie versioni, non date da me, perché io non ho mai saputo dove si riuniva.

  FABIO LAVAGNO. Genova o Rapallo?

  ADRIANA FARANDA. Appunto, come ho detto appena testé, io non ho mai saputo dove si riuniva. Io ho semplicemente letto deposizioni di altri, negli anni, che dicevano...

  PRESIDENTE. Il dato che per noi è significativo è che Morucci si riferiva alla macchina da scrivere che stava – dice lui – a Firenze. Adesso la Faranda aggiunge, in sostanza: «Per me Morucci voleva dire che la macchina da scrivere era a Firenze, perché, noi non ci siamo mai mossi, però c'era anche chi diceva che si riunivano a Genova o Rapallo che sia». Molto probabilmente si sono riuniti da tutte e due le parti.

  GERO GRASSI. Chi era l'irregolare di Firenze?

  ADRIANA FARANDA. Non posso saperlo. Non sapevo neanche dove si riunivano, come faccio a sapere chi era l'irregolare?

  GERO GRASSI. Lei non era residuale del vertice delle BR, quindi avrebbe potuto saperlo. Tutto qua.

  ADRIANA FARANDA. Certo, ma facevo parte della direzione di colonna di Roma, e una cosa che sempre viene dimenticata o sottovalutata è la compartimentazione che vigeva a quei tempi: io stessa non facevo domande, non ne feci neanche dopo, perché il principio era che meno sapevamo, meno avremmo detto in caso eventuale di torture o di arresti brutali o di altre cose. Io non chiedevo nulla per questa semplice ragione.
  Prova ne è che, quando mi arrestarono, una parte di quelli che litigarono in macchina avrebbe gradito portarmi in un posto per farmi parlare, un posto diverso dalla Questura. Quindi, la compartimentazione io l'ho sempre presa molto sul serio.

  FEDERICO FORNARO. Seguendo il suo ragionamento, quindi, l'unico anello di collegamento tra il comitato esecutivo e la direzione di colonna durante i 55 giorni è stato Moretti?

  ADRIANA FARANDA. Sì.

  FEDERICO FORNARO. Solo lui?

  ADRIANA FARANDA. Sì, per quanto riguarda noi sì. L'unico che aveva contatti con noi e aveva contatti anche con l'esecutivo era lui, sì.

  PRESIDENTE. La cosa che a me colpisce è che questo riferimento poteva essere Firenze o poteva essere Genova, ma i comunicati non li battevate voi della direzione romana ma li battevano quelli dell'esecutivo nazionale.

  ADRIANA FARANDA. Per la distribuzione successivamente venivano battuti in ogni colonna, perché non è che potevano viaggiare con i pacchi o con le valigie piene di comunicati.

  PRESIDENTE. Ma la titolarità di scrivere il comunicato?

  ADRIANA FARANDA. La titolarità di scrivere era dell'esecutivo.

  FEDERICO FORNARO. Quindi voi ricevevate un documento da Moretti?

  ADRIANA FARANDA. Ricevevamo il comunicato che andava consegnato. Poi questo comunicato veniva comunque ribattuto a partire da una copia che c'era. Ciascuna colonna lo ribatteva per poterlo distribuire, certo.

  PRESIDENTE. Torno ancora sulla vicenda del suo arresto il 29 maggio 1979. Come ricordavo l'altra volta, Cossiga disse alla Commissione Mitrokhin, il 1° marzo 2004, che fu Giorgio Conforto a rivelare il Pag. 11vostro rifugio al capo della Squadra mobile Masone, che peraltro a quella data era morto.
  A lei non sfugge che questa affermazione di Cossiga pone come elemento di riflessione a noi, ma forse anche a lei, che dopo quarant'anni almeno la domanda se la può porre se le viene la curiosità (se no può decidere di non porsela), non tanto in relazione alla sua posizione personale... Lei l'altra volta ci ha detto delle cose che, se ricorda, abbiamo discusso e ci hanno colpito molto; ci ha detto che Conforto padre veniva un paio di volte alla settimana.

  ADRIANA FARANDA. No, non ho detto così. Io ho detto che l'avrò visto una volta, forse due in tutto. Due volte in due mesi, non alla settimana.

  PRESIDENTE. Mentre c'era un giornalista che veniva spesso.

  ADRIANA FARANDA. Saverio Tutino veniva un paio di volte a settimana almeno, perché aveva una relazione sentimentale con Giuliana.

  PRESIDENTE. Se ricorda, le dissi: «Mi sembra strano che un soggetto che fa attività di intelligence ad altissimo livello su due o tre tavoli non la riconosca» e lei ha detto che forse aveva cambiato i capelli. L'altra cosa è che addirittura un noto giornalista che sta nella redazione di Repubblica, con le vostre foto che ormai erano di dominio pubblico, non la riconosca, tant'è vero che lei onestamente ha detto, in sostanza: «Io ogni tanto ho pensato che forse a lui qualche parola era uscita che potevamo essere noi».

  ADRIANA FARANDA. Sì.

  PRESIDENTE. Adesso voglio aggiungere alcuni particolari, perché forse sul vostro arresto si è mosso qualcosa che non è dipeso da voi. La Commissione ha condotto alcuni approfondimenti e ha verificato che l'individuazione del vostro rifugio in viale Giulio Cesare ha avuto due azioni diverse, una riguardante la DIGOS, che da tempo...

  FEDERICO FORNARO. Se posso interrompere per fare una proposta, io ho alcune domande propedeutiche a questo passaggio, cioè vorrei chiedere di richiamare alla memoria quelle giornate precedenti alla cattura, nella fase della latitanza. Lei ricorda se lei e Morucci prendevate cautele particolari quando vi spostavate fuori dalla casa di viale Giulio Cesare?

  ADRIANA FARANDA. Noi adottavamo le cautele che adottavamo sempre, normalmente, che erano però non eccessive; erano semplicemente fare molta attenzione, magari ricorrere ai soliti stratagemmi sui mezzi pubblici, salire su un autobus e riscendere subito dopo e risalire sulla stessa linea.

  FEDERICO FORNARO. Ma uscivate insieme o in momenti differenti?

  ADRIANA FARANDA. Dipendeva dagli impegni che avevamo, non uscivamo sempre insieme, assolutamente.

  FEDERICO FORNARO. Lei ricorda di essere andata a un appuntamento insieme a Morucci in piazza Risorgimento da un venditore di auto?

  ADRIANA FARANDA. È probabile, nel senso che immagino che lei si riferisca a Olindo (non ricordo il cognome), che era un amico di Valerio da quando erano ragazzi, che aveva venduto a me in realtà due macchine e che di tanto in tanto ci dava una mano per piccole cose.

  FEDERICO FORNARO. Piccole cose nel senso che erano documenti falsi per le auto?

  ADRIANA FARANDA. Io adesso... Ecco, guardi, siccome io mi sono sempre occupata del «fronte della contro» anche nelle Brigate rosse, non mi sono mai occupata di queste cose (documentazione falsa, targhe, auto).

  FEDERICO FORNARO. Chi se ne occupava?

Pag. 12

  ADRIANA FARANDA. Se ne occupava Valerio, più che altro. Ultimamente sapevo perché avevo magari fatto... Adesso non ricordo bene i giubbotti dove erano stati comprati, forse sempre nella stessa armeria vicino a piazza Bainsizza, non mi ricordo. Comunque, insomma erano state procurate delle cose e io magari dovevo fare la copertura; l'incontro con Olindo non presupponeva grandi attenzioni.

  FEDERICO FORNARO. Quando lei acquistò queste due auto in precedenza fu mandata da Morucci in questo...

  ADRIANA FARANDA. In questo autosalone? Sì, mi consigliò, mi disse: «Guarda, c'è un mio carissimo amico d'infanzia che adesso ha un autosalone, andiamo a vedere se ha qualche macchina d'occasione», quindi presi la Méhari, ma io ero ancora legale, non facevo parte di bande armate, e poi siccome questa Mehari era molto scomoda, molto imbarazzante, la cambiai con una A112 che era molto più anonima. Poi abbandonai anche quella, ovviamente, perché nel momento in cui...

  FEDERICO FORNARO. Quindi lei conferma che durante il periodo della latitanza lei e Morucci avete visto in più di un'occasione Olindo presso l'AutoCia?

  ADRIANA FARANDA. Dunque, quando io acquistai le auto no, perché non avevamo nessun mandato di cattura, quindi non eravamo latitanti.

  FEDERICO FORNARO. No, mi riferisco alla fase della latitanza, dopo il caso Moro.

  ADRIANA FARANDA. Successivamente, nella fase della latitanza, sì, probabilmente un paio di volte l'incontrammo.

  PRESIDENTE. Forse a piazza Risorgimento...

  ADRIANA FARANDA. Sicuramente anche a piazza Risorgimento, se... Non lo so, io adesso non ricordo esattamente i posti; può essere piazza Risorgimento, può essere Prati genericamente o piazza Cavour. Io non ricordo questo incontro, perché non è stato particolarmente significativo.

  GERO GRASSI. Il volume del materiale repertato in viale Giulio Cesare è enorme, io non saprei quantificarlo in termini di spazio volumetrico. All'interno di questo materiale che, se dovessi definirlo, dovrei chiamarlo «il bazar», perché c'è di tutto, c'è evidentemente del materiale rubato, ma c'è del materiale che non si poteva rubare, ad esempio documentazione del Ministero della difesa o materiale risalente ad alcuni commissariati di Polizia, Questure, Ministeri, addirittura il CONI, cioè c'era del materiale che non era falsificabile e nemmeno sottraibile, perché stava all'interno di strutture come il Ministero della difesa, dove non risulta che voi siate andati a fare una rapina. La domanda è: questo materiale chi ve lo ha dato?

  ADRIANA FARANDA. Non ne ho idea.

  GERO GRASSI. Voi avevate anche l'apparecchiatura per falsificare, cioè le lettere dell'alfabeto eccetera... Ma il materiale quello non falsificabile chi ve lo ha dato?

  ADRIANA FARANDA. Non lo so.

  PRESIDENTE. La prossima volta le facciamo vedere di cosa parliamo e può darsi che le venga in mente...

  GERO GRASSI. Presidente, stiamo parlando di materiale delicato di Questure, commissariati, Ministeri, che non è sottraibile.

  PRESIDENTE. Ci arriviamo tra un attimo, possiamo posporre? Tra poco parliamo pure dell'elenco di nomi, ma prima vorrei arrivare a raccontare questa cosa. Da quello che risulta a noi ormai in maniera sufficientemente provata, voi (lei e Morucci) siete stati oggetto di attenzioni di due parti della Polizia, una parte è la DIGOS che da tempo – non sappiamo perché – teneva d'occhio il palazzo di viale Giulio Cesare dove voi eravate, e una parte Pag. 13è l'atteggiamento, della squadra mobile. Ricordiamo cosa ha detto Cossiga nel 2004. Perché la squadra mobile? Perché un maresciallo in servizio nella zona dell'AutoCia ottiene da uno dei gestori dell'AutoCia (senza che entriamo nel dettaglio dei nomi, uno lei lo ha citato per nome proprio, senza ricordare il cognome, il maresciallo ha citato l'altro) un'indicazione di dove voi due eravate. Uno dei gestori vi ha portato a un incontro a piazza Risorgimento, dove quel maresciallo ha visto voi, vi ha seguito e capito dove stavate. Così di lì a poco sono venuti a impacchettarvi, per il combinato disposto dell'azione della squadra mobile e della DIGOS.
  Questo significa che c'è una parte di verità in quello che dice Cossiga, quando cita Masone (che non c'era più), riguardo alla soffiata. È una soffiata provvidenziale oppure che fa saltare disegni che potevano essere i vostri o di qualcuno in vece vostra, che aveva avviato un percorso più lento. Sono stato chiaro?

  ADRIANA FARANDA. Più o meno sì, ma prima o poi sarebbe dovuto succedere, quindi io non mi sono mai chiesta più di tanto chi potesse essere stato a farci individuare. Mi sono state date nel tempo diverse versioni, Cossiga mi aveva detto Conforto...

  PRESIDENTE. Qui non sono due versioni. Una è certa, provata: il maresciallo è venuto e vi ha pedinato, ma su mandato di uno due soggetti che ha avuto un riscontro, di cui abbiamo trovato traccia documentale.

  FEDERICO FORNARO. Signora Faranda, lei ha mai saputo che sulla sua testa c'era una taglia di 300 milioni di lire dell'epoca?

  ADRIANA FARANDA. Mi ricordo che a un certo punto è stata ventilata la possibilità di mettere le taglie, ma non so se poi l'avessero messa realmente.

  PRESIDENTE. Quando la proposta uscì dall'UCIGOS il nome di Moretti era sparito, ma poi lo recuperarono.

  FEDERICO FORNARO. Comunque 300 milioni su ognuno di voi.

  ADRIANA FARANDA. No, me lo sta dicendo lei, non me lo ricordavo assolutamente; pensavo che l'idea di mettere una taglia fosse naufragata.

  FEDERICO FORNARO. In questo elenco c'era anche Giustino De Vuono. Lei lo ha mai conosciuto?

  ADRIANA FARANDA. Mai. Mai nella mia vita, mai incontrato.

  FEDERICO FORNARO. E non si è mai chiesta perché nel primo elenco dei ricercati c'era anche questo nome?

  ADRIANA FARANDA. Ma c'erano molte persone che non c'entravano nulla.

  FEDERICO FORNARO. Alcune.

  ADRIANA FARANDA. C'era la Ronconi, c'era Alunni, che facevano parte di altre formazioni armate.

  FEDERICO FORNARO. Però erano brigatisti.

  ADRIANA FARANDA. No, non erano brigatisti!

  FEDERICO FORNARO. Chiedo scusa. Diciamo che erano nomi che voi conoscevate.

  ADRIANA FARANDA. Sì, su quelli che non conoscevamo... Ce ne erano altri che io non conoscevo, tra l'altro.

  FEDERICO FORNARO. Ma da parte vostra non avete mai fatto un'inchiesta interna per capire chi era questo Giustino De Vuono?

  ADRIANA FARANDA. No. Un'inchiesta? E perché mai avremmo dovuto fare un'inchiesta? I commenti furono: «Ma tu guarda, non ci hanno capito niente, hanno messo dei nomi a caso, i primi che gli sono Pag. 14capitati». Perché avremmo dovuto fare un'inchiesta?

  PRESIDENTE. Torniamo a questo fatto che per noi è di qualche importanza. Non le stiamo comunicando sensazioni e opinioni, le stiamo comunicando dei fatti. Volevano fare irruzione, hanno trovato «compagnia» e hanno detto: «Facciamola insieme». Questo si ricollega al fatto che, quando sono entrati, poi l'hanno portata su un'auto dove c'erano vari soggetti, uno che la voleva portare in questura e uno che la voleva portare da un'altra parte per usare un trattamento diverso, più o meno gentile che fosse.

  ADRIANA FARANDA. Io non potevo neanche sapere chi fosse della DIGOS e chi della Mobile, ovviamente.

  PRESIDENTE. Infatti, però erano due e con due indirizzi diversi. Il motivo è che c'erano queste due iniziative messe in piedi, una delle quali proveniva dalla DIGOS e, a nostro avviso, ha avuto una supervisione. Cossiga, secondo noi, somma le due cose nel raccontare, cita Masone, capo della Mobile, e la Mobile c'entra, ma c'entra per quei due gestori dell'autosalone, anzi per uno in particolare che fa l'operazione, e arriva lì.
  Poi c'è la DIGOS che ha avuto contatti significativi e che, a nostro avviso (per essere molto franchi), nonostante le sue spiegazioni dell'altra volta su quel dettagliato elenco di oltre 90 nomi, parte più o meno contigui al terrorismo e parte anarco-insurrezionalisti, elenco trovato tra le sue cose nella stanza e di cui lei ci ha detto che proveniva da un commissariato...

  ADRIANA FARANDA. Me le sono portate via dal «fronte della contro», che era un fronte anche nazionale, non era solo...

  PRESIDENTE. Tenga presente che noi abbiamo l'idea che molto probabilmente, più che il «fronte della contro», era altro, perché quella non era una roba da commissariato: nessun commissariato era in grado di avere un elenco così dettagliato o era in condizioni di conoscere in quella data, cioè maggio 1979, tutti i nomi dell'elenco.
  Per seguire la sua traccia noi ci siamo messi anche a studiare, interpretando il suo riferimento a un commissariato in senso lato, la questione della possibile «talpa» e abbiamo individuato una signora che era stata arrestata come fiancheggiatrice e che era una segretaria degli affari penali della Procura generale di Roma, però studiando tutto il procedimento abbiamo visto che si è occupata di tutt'altre cose e non era comunque in grado di fornire le informazioni che erano in quel foglio.

  ADRIANA FARANDA. Io non posso aggiungere nulla, perché quando è arrivato nelle mie mani in una riunione del fronte io, come dicevo anche prima, non è che abbia fatto un'indagine. Non si fanno troppe domande in un'organizzazione come quella.

  PRESIDENTE. Quello che ha detto il senatore Fornaro sulle cose che i due gestori dell'AutoCia potevano fare per la logistica, è perché i fogli di via e anche i tagliandini dell'assicurazione...

  ADRIANA FARANDA. Cosa sono i fogli di via?

  PRESIDENTE. Come si chiamano? I fogli di circolazione...

  FEDERICO FORNARO. I libretti di circolazione.

  PRESIDENTE. C'era in viale Giulio Cesare una serie di questi documenti analoghi a quelli che utilizzava l'AutoCia, quindi abbiamo pensato che ve li avessero forniti loro.

  ADRIANA FARANDA. Può darsi, questo non lo so. Può darsi che Valerio li avesse comprati da loro; io non credo che regalassero niente.

  PRESIDENTE. Anche noi, avendoli auditi, abbiamo avuto l'idea che non fossero...

Pag. 15

  FEDERICO FORNARO. E magari li hanno venduti non solo a loro.

  PRESIDENTE. No, hanno venduto a tutti.

  GERO GRASSI. E hanno venduto anche loro. E non gratis.

  PRESIDENTE. Credo che questo la signora Faranda lo abbia detto in maniera cortese, ma l'abbia capito bene.

  ADRIANA FARANDA. Spero che se li siano goduti.

  PRESIDENTE. Ha anche risposto: «Tanto in un modo o in un altro sarebbe successo».
  Se non ci sono interventi su questo punto, facciamo in tempo ancora a fare un'altra domanda.
  La costruzione della verità giudiziaria sulla vicenda Moro ha potuto molto giovarsi delle dichiarazioni sue e di Morucci. Entrambi avete seguito un percorso particolare, che non è assimilabile al pentitismo, ma che comunque ha comportato una forma di collaborazione con l'autorità giudiziaria e un'interlocuzione con le istituzioni. Per la Commissione è importante acquisire alcuni elementi sulle scansioni temporali della vostra collaborazione, in particolare in relazione al testo che va sotto il nome di «memoriale» Morucci o Morucci-Faranda, alla sua gestazione e alla sua evoluzione. Noi abbiamo individuato la genesi di questo testo nel 1984-1985. In particolare, nel settembre 1984 lei e Morucci indirizzaste al giudice Amato e al giudice Imposimato una lettera, in cui dichiaraste una disponibilità a rendere dichiarazioni spontanee sulla vicenda Moro con allegata una premessa politica. Circa un anno dopo, nel 1985, suor Teresilla Barillà fece sapere al Presidente Cossiga che lei e Morucci eravate disposti a rispondere alle sue domande sul rapimento Moro, a condizione che le informazioni fornite non fossero rese pubbliche. Secondo un appunto della Presidenza della Repubblica datato 10 luglio 1985, in passato analoga indicazione era stata fatta pervenire allo stesso Cossiga e anche a Pecchioli. In seguito il cosiddetto «memoriale» fu trasmesso (nella versione conosciuta) al Presidente Cossiga il 13 marzo 1990 dalla stessa suor Teresilla per il tramite di Remigio Cavedon. La Presidenza della Repubblica circa un mese dopo trasmise, il 26 aprile 1990, il testo al Ministero dell'interno. Il testo contiene però all'inizio una frase manoscritta con firma di Morucci (non abbiamo dubbi che sia di Morucci, ma non abbiamo fatto la perizia calligrafica): «Solo per lei, signor Presidente; è tutto negli atti processuali, solo che qui ci sono i nomi».
  La cosa che ci ha lasciato perplessi è che Morucci data questa premessa nella prima pagina al 1986. Capisce bene che dal 1986 arriviamo al 1990, quindi non riusciamo più a comprendere che giro abbia fatto questo vostro memoriale, tra suor Teresilla, la Procura...
  Lei ha risposto su questo tema alla Commissione stragi e in quella sede ha detto, a proposito delle vicende del memoriale: «Purtroppo mi devo assumere anche la paternità di fatti che non mi appartengono», e ha spiegato che era diverso fare alcuni nomi all'autorità giudiziaria oppure farli a un esponente politico. Questo peraltro si sarebbe assunto una grossa responsabilità a ricevere questo tipo di confidenze.
  Oltre a chiederle una ricostruzione del suo ruolo sulla stesura di questo testo (l'ha scritto da solo, come più volte ha detto Morucci, o lo avete scritto a più mani?), vorrei chiederle alcuni elementi specifici. Il primo è perché nel 1985 vi rivolgeste al Presidente della Repubblica Cossiga, subito dopo la sua elezione, piuttosto che ai magistrati, come avevate fatto nel 1984, cioè a Imposimato e ad Amato.
  Il secondo è: per quanto a lei noto, quando fu effettivamente recapitato a Cossiga il testo del memoriale? Come si spiega la differenza tra la data manoscritta («1986») e la consegna nel 1990, che fu a suo tempo attestata dal segretario generale della Presidenza della Repubblica?

  ADRIANA FARANDA. Io vorrei fare una brevissima premessa. Quando noi iniziammo a portare avanti la critica aperta a quella Pag. 16che era stata l'esperienza della lotta armata, iniziammo la prima volta al primo processo Moro con una lettera che parlava di necessità di superare la lotta armata. Questo perché noi, ragionando politicamente – perché fin quando non sono arrivata a fine pena purtroppo ho continuato a far parte di esperienze che collettivamente volevano affrontare dei problemi, quindi anche la dissociazione è stata un percorso collettivo – con estrema attenzione dovevamo portare avanti questo tipo di posizione senza essere assimilati né da una parte ai pentiti, né dall'altra anche alla dissociazione politica che veniva da altre esperienze che non avevano fatto parte di organizzazioni armate, come i compagni arrestati il 7 aprile, il gruppo di Toni Negri. Loro facevano dissociazione politica, proprio separando quella che era l'esperienza anche di violenza del movimento da quella che era invece l'esperienza di organizzazioni clandestine e armate.
  Noi avevamo bisogno di portare avanti invece una dissociazione che venisse dall'interno dell'esperienza delle organizzazioni armate clandestine; quindi il nostro discorso, che fu per tappe successive, camminava in equilibrio su un crinale scivolosissimo, in cui un passo falso, cioè dire qualcosa di troppo che avrebbe potuto far individuare delle persone, sarebbe sconfinato immediatamente nella delazione, e tutto il processo che si stava mettendo in moto di questo movimento della dissociazione che coinvolgeva da una parte Prima linea e poi altri gruppi armati del sud, che coinvolgeva alcuni delle stesse Brigate rosse si sarebbe bloccato.

  PRESIDENTE. Questo processo di dissociazione voi lo seguiste anche sul versante legislativo per la legge sui dissociati o no?

  ADRIANA FARANDA. Ci furono degli incontri, nelle carceri venivano spesso dei deputati, venivano dei politici a discutere, ma diciamo che il primo interlocutore fu Nicolò Amato, che ebbe una sensibilità particolare nel cogliere l'importanza di questo fenomeno e creò le «aree omogenee». Fu un interlocutore fondamentale per noi, perché ebbe proprio un'intelligenza e una lungimiranza non comuni nel cogliere quale sarebbe stata la portata dirompente di questa esperienza, di questo movimento politico. Tengo però a sottolineare che noi dovevamo sentire tutti gli umori dei compagni che stavano intraprendendo questo percorso e che erano in contatto con altri che si avvicinavano a posizioni di dissociazione.
  Tante volte siamo stati accusati di avere fatto delle rivelazioni a tappe successive, ed era dovuto principalmente a questo, cioè a non dare mai... Perché la verità completa in certe situazioni poteva compromettere altri, come per esempio il «quarto uomo», di cui all'inizio fu negata addirittura l'esistenza.

  PRESIDENTE. Ancora non ce l'abbiamo.

  ADRIANA FARANDA. No, adesso c'è eccome! C'è, anche per confessione sua. E poi, ad esempio, l'altra cosa fu quella della trattativa, che fu oggetto di una grande discussione tra me e Valerio, perché in quel momento... Quando noi facemmo le deposizioni al processo d'appello Moro, vi ricordate che Governo c'era? C'era il Governo Craxi. Se noi avessimo detto che avevamo incontrato Lanfranco tutta una serie di volte e che era stato portato avanti questo discorso, ci fu detto immediatamente e molto chiaramente che noi saremmo stati smentiti da tutti e saremmo stati accusati di essere ancora dei brigatisti, perché volevamo mettere in crisi il Governo. Ecco, voglio dire...

  FEDERICO FORNARO. Chi ve lo disse?

  PRESIDENTE. Il senatore Fornaro chiede chi vi fece questo ragionamento.

  ADRIANA FARANDA. Questo ragionamento ce lo facevano, in genere, tutti. Ci dicevano: «Guardate, state attenti, perché questo è un comportamento, alla fine, da brigatisti». Gli avvocati, dal primo all'ultimo, anche avvocati di altre persone...

Pag. 17

  GERO GRASSI. Avvocati vostri?

  ADRIANA FARANDA. Avvocati nostri, avvocati di altri detenuti, addirittura Guiso ci fece arrivare questo commento. Nessuno ci avrebbe creduto, perché ci avrebbero smentito tutti. Era opinione comune che sarebbe stato un comportamento irresponsabile se noi avessimo detto delle cose che potevano essere usate come arma politica contro un Governo in carica.

  PRESIDENTE. Quindi la motivazione delle dichiarazioni rese in maniera progressivamente più completa si spiega da una parte con la necessità di estendere per moral suasion la fase della dissociazione sul piano nazionale, senza incorrere in varie vicende, e dall'altra, sulla trattativa, la vicenda non viene tirata fuori...

  ADRIANA FARANDA. Per opportunità.

  PRESIDENTE. Per opportunità, visto il Governo che c'era in quel momento.

  ADRIANA FARANDA. Esatto.

  PRESIDENTE. Quindi credo di aver capito bene. Questa era la metodologia. Ora, prima che scattino le ore 15, ci può far capire? Voi scrivete una cosa nel 1986 (data scritta da Morucci). Nel 1984 avevate scritto ai giudici, nel 1985 al Presidente della Repubblica. Prima domanda: chi vi consiglia di scrivere al Presidente della Repubblica? Questo se lo ricorderà! Non è che uno si sveglia la mattina dicendo: «Oggi scrivo al Presidente della Repubblica».

  ADRIANA FARANDA. L'ipotesi di Cossiga... Come lei ha giustamente ricordato, si era chiesta un'interlocuzione sia con Pecchioli sia con Cossiga, con entrambi.

  GERO GRASSI. Per agevolare la risposta e per ricordare, c'era una persona che nel carcere di Paliano vi disse: «Non parlate con i magistrati e i giornalisti, riferite a me, che poi riferisco a Cossiga».

  ADRIANA FARANDA. No, non è proprio così, nel senso che la persona...

  PRESIDENTE. La persona sarebbe la suora?

  ADRIANA FARANDA. Suor Teresilla, però non è che lei ci disse: «Non parlate con i giornalisti, non parlate con i giudici». Queste sono ipotesi che non corrispondono a quella che fu la storia, assolutamente no. Siccome si portava avanti questo discorso, noi avevamo già fatto la ricostruzione delle nostre personali responsabilità al processo. Prima le avevamo fatte al giudice Imposimato nelle deposizioni preliminari al processo stesso, poi nel processo d'appello avevamo portato avanti la ricostruzione di tutte le nostre responsabilità, pur senza fare nomi. Allora, cosa succede? Succede che si mette in moto questo movimento di dissociazione. Eravamo in assenza di leggi sulla dissociazione, perché la legge sulla dissociazione arriverà nel 1987, quindi c'era un interesse politico sia da parte dei detenuti che portavano avanti questo discorso sia da parte delle forze politiche in generale, a cercare di capire se era possibile arrivare appunto a una soluzione politica, come la chiamavamo noi.
  Ci furono questi incontri di cui parlavamo prima, cioè molti politici venivano all'interno delle carceri a discutere con i detenuti, i detenuti stilavano tutta una serie di elucubrazioni in cui c'erano anche proposte di soluzione, e così andò avanti per parecchio tempo. All'interno di tutto questo discorso c'era una ricorrenza, una ripetizione ossessiva: «Nessuna soluzione politica sarà mai possibile se non si giunge alla verità sul caso Moro». A quel punto, su sollecitazione di questa suora che aveva rapporti...

  GERO GRASSI. Chi lo diceva che non ci poteva essere soluzione se non si arrivava alla verità??

  ADRIANA FARANDA. Tutti lo dicevano.

  GERO GRASSI. A voi chi lo diceva?

Pag. 18

  ADRIANA FARANDA. Era vox populi, cioè si leggeva pure sui giornali!

  GERO GRASSI. Ho capito, ma voi stavate in carcere, quindi il popolo era da un'altra parte...

  ADRIANA FARANDA. Sì, certo, però i giornali ci arrivavano, le trasmissioni televisive anche, i deputati venivano e ci dicevano...

  PRESIDENTE. Gli avvocati bene informati.

  ADRIANA FARANDA. Gli avvocati bene informati lo dicevano e poi ce lo disse anche suor Teresilla, certo. Ci disse: «Guardate che i politici della Democrazia cristiana con cui sono in rapporto mi hanno detto che loro sono disponibili a prendere in esame comunque un'ipotesi, una ricerca su quale possa essere una soluzione politica, però l'importante è che si svelino i misteri che ci sono». A quel punto io avevo delle perplessità, devo dire.

  GERO GRASSI. Quindi c'è stato un processo di induzione affinché si dicesse la verità.

  ADRIANA FARANDA. Affinché si facessero i nomi di quelli che comunque erano coinvolti. Perché noi chiedevamo che non...? Io veramente avevo qualche perplessità su questa cosa, poi appunto addivenimmo a questa sorta di accordo con Valerio sul fatto che valeva la pena comunque provarci. Perché non i giornali e non i magistrati? Perché i magistrati avrebbe significato immediatamente e comunque un provvedimento giudiziario, quindi saremmo passati nell'area della collaborazione esplicita, cioè non saremmo più stati dissociati, saremmo stati dei collaboratori di giustizia, e a noi questa cosa... Voglio dire, era un po'una furbata, se vogliamo, un tentativo di chiedere un'apertura politica senza compromettere la nostra posizione. Erano tutti nomi di persone che, tra l'altro, erano state praticamente condannate, soltanto che noi non volevamo che ufficialmente davanti a un magistrato ci fosse questa posizione esplicita da parte nostra di fare i nomi degli altri, se fino ad allora non li avevamo fatti.

  PRESIDENTE. Questo lo abbiamo capito. Quindi suor Teresilla vi dà questo consiglio e voi le date questo pezzo di carta nel 1986?

  ADRIANA FARANDA. Mi pare proprio di sì.

  PRESIDENTE. Ma non vi siete posti la domanda di cosa ne sia stato dal 1986 al 1990? Perché mi pare di capire, dal discorso e dalla spiegazione che lei ha dato, che vi danno consigli: «Dite la verità, ditela al sistema legislativo, prima ancora che al magistrato, perché altrimenti sembra una delazione». Diciamo che poi a un'ora x esce la legge sui dissociati, che fa cadere queste vostre preoccupazioni, perché la legge sui dissociati è...

  ADRIANA FARANDA. È del 1987, quindi, comunque, a quel punto quel testo era andato, ormai.

  PRESIDENTE. Appunto, la mia domanda era proprio questa. Quindi, dal 1986 alla legge ci poteva essere anche un vostro interesse a che non corresse speditamente, perché una volta fatta la legge la dissociazione era sancita per legge, non era più una...

  ADRIANA FARANDA. Era il nostro obiettivo.

  PRESIDENTE. Portato a casa. Ma dal 1987 al 1990 questo memoriale con chi lo correggete?

  ADRIANA FARANDA. Perché doveva essere corretto?

  PRESIDENTE. Che ne so, mi è venuta questa parola.

  ADRIANA FARANDA. Se era stato dato, era stato dato, basta. Io non ho mai più Pag. 19parlato di questo memoriale. Basta. Finito lì.

  PRESIDENTE. Quindi voi lo avete dato, non avete saputo niente?

  ADRIANA FARANDA. Basta, finito lì.

  PRESIDENTE. E nessuno ha parlato più di questo memoriale? Fino al 1990 non è stato fatto niente? Se lo sarà domandato pure lei, dal 1987 al 1990, che fine avesse fatto quel memoriale.

  ADRIANA FARANDA. Ma non è che io telefonavo a Cossiga per chiedere: «Scusa, Franceschie’, che hai fatto con il memoriale?».

  PRESIDENTE. No, a Cossiga mai, però magari a suor Teresilla sì, ad Amato sì...

  ADRIANA FARANDA. Sì, ma una volta che era stato affidato, che noi sapevamo che era stato consegnato...

  PRESIDENTE. A Cavedon...

  ADRIANA FARANDA. Sì, ma Cavedon l'avrò visto una volta in vita mia.
  Una volta che era stato consegnato probabilmente noi pensavamo che fosse stato letto e basta. Cioè, non è che ci doveva arrivare qualche conferma o qualche cosa... Non lo so, io non ho più saputo niente.

  PAOLO BOLOGNESI. La conferma è stata la legge.

  ADRIANA FARANDA. La conferma indiretta è stata la legge.

  PRESIDENTE. Questo l'abbiamo capito benissimo.

  ADRIANA FARANDA. Ma non era una cosa che riguardava noi. Diciamo che la legge era frutto di mille cose, non certo di un memoriale che avevamo dato noi. Anche perché questa mania della verità mi ha inseguita fino all'ultimo, fino a Maccari. Cioè, l'argomento forte con cui tutti mi venivano addosso, in continuazione, era: «Ma perché il quarto uomo, il quarto uomo, il quarto uomo...?». Quando hanno arrestato Maccari questo incubo della verità come «condizione per» tutti quelli che ancora sono in carcere, tutti quelli che qui, tutti quelli che lì, alla fine ha fatto sì che dicessi: «Sì, era lui, basta, finiamola».
  Però non so se vi rendete conto che comunque questa ossessione della verità che bisogna ancora raggiungere non finirà mai. Quindi, quello che noi abbiamo fatto a quei tempi era nulla, praticamente, perché non poteva essere risolutivo rispetto al discorso della legge. È chiaro che lì sono entrate in gioco valutazioni che non erano dipendenti dal nostro memoriale, per carità.

  PRESIDENTE. Le posso fare un'osservazione? Credo che il vostro memoriale abbia inciso, quando è arrivato, nel 1986, nel dare una svolta non indifferente all'approvazione di una legge che era partita con l'opposizione della maggioranza di Governo e che si consolidò dopo. A mio avviso ha inciso come segnale non perché era la condizione unica, ma perché era la condizione sine qua non per dimostrare che quella legge avrebbe favorito l'acquisizione di ulteriori percorsi di verità e, soprattutto, anche il blocco di facili ritorni a un'ipotesi terroristica.
  La cosa che complica l'acquisizione della completa verità l'ha detta anche lei prima, quando a una serie di domande lei giustamente ha risposto: «Ma io che ne so dove si riuniva l'esecutivo nazionale? Che ne so chi preparava le domande?», perché a causa della compartimentazione possono essere successe cose che riguardano anche quello che lei ha fatto e che lei in perfetta buona fede può non sapere e delle quali non può dire che non sono accadute, perché non lo sa.
  Il tassello che manca è quando l'onorevole Grassi le chiedeva prima chi fosse l'irregolare. Lei comprende che uno dei temi che noi ci siamo posti è che i brigatisti erano sicuramente preparati, sicuramente giovani, ma insomma non era semplicissimo per uno come Moretti, persona estremamente intelligente ma che faceva il metalmeccanico, Pag. 20 interrogare Moro e chiedergli che ne pensava del rapporto con i palestinesi, della politica estera, della politica economica, dei rapporti con l'America. Bisognava perlomeno prepararsi.
  Ora, che, in un quadro di compartimentazione, a noi venga il sospetto che Moretti parlava ma qualcuno scriveva è un dubbio che a noi resterà per la vita finché non lo dimostriamo. Lei mi dice: «Ma io non lo so».

  ADRIANA FARANDA. In che senso «parlava ma qualcun altro scriveva»?

  PAOLO BOLOGNESI. Qualcuno gli scriveva le domande.

  PRESIDENTE. Come per i comunicati, che venivano redatti da un'altra parte, è possibile che ci fosse un canovaccio delle domande da fare, ma ci troviamo nella singolare situazione che, a causa della compartimentazione, lei sa che era Moretti che interrogava, però non può neanche darci prove di come Moretti improvvisamente fosse diventato un esperto di politica estera, di politica economica, di politica di difesa. Può darsi, però... Ho fatto un esempio banale, ma ne potremmo fare a decine. Questa compartimentazione, cioè, che era il vostro sistema di sicurezza, fa sì che alla fine forse solo due persone in tutta Italia sapevano la verità di tutto quello che succedeva.

  ADRIANA FARANDA. Forse anche più di due, non lo so. Tutta la verità, interamente, forse sì, forse solo qualcuno. Gli altri posseggono solo il loro spicchio di verità, certo; ma è inevitabile.

  PRESIDENTE. Questo per capire, perché, siccome c'è un dibattito come se qualcuno volesse fare dietrologia nel dire che sono state le BR o non sono state le BR, il vostro arresto è un esempio eclatante di come solo chi ha ricostruito ex post si è potuto accorgere di certe cose.
  Se non fosse caduto il muro di Berlino e non fosse uscito fuori che esisteva Conforto, noi non avremmo mai capito l'affermazione di Cossiga. E se non avessimo trovato un signore che ci ha detto: «Ma perché non chiedete a questo maresciallo che ha fatto l'operazione?»... Lei, in perfetta buona fede, diceva: «Sono arrivati lì e ci hanno arrestato». In realtà sulla sua testa è stata fatta un'operazione di cui probabilmente lei non era a conoscenza.
  Il dibattito sui vaccini ci impone di fermarci. L'audizione proseguirà in un'altra seduta, a settembre.
  Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 15.05.