XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 132 di Giovedì 20 aprile 2017

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 

Audizione di Enzo Mosino:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2 ,
Mosino Enzo  ... 3 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Mosino Enzo  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Mosino Enzo  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Mosino Enzo  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Mosino Enzo  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Mosino Enzo  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Mosino Enzo  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Mosino Enzo  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Mosino Enzo  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Mosino Enzo  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Mosino Enzo  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Mosino Enzo  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Mosino Enzo  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Mosino Enzo  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Mosino Enzo  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Mosino Enzo  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Mosino Enzo  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Gotor Miguel  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Grassi Gero (PD)  ... 8 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Mosino Enzo  ... 8 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Mosino Enzo  ... 8 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Mosino Enzo  ... 8 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Mosino Enzo  ... 8 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Mosino Enzo  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Mosino Enzo  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Mosino Enzo  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Mosino Enzo  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Mosino Enzo  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Mosino Enzo  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Mosino Enzo  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 ,
Grassi Gero (PD)  ... 10 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 ,
Grassi Gero (PD)  ... 10 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 ,
Grassi Gero (PD)  ... 11 ,
Lavagno Fabio (PD)  ... 11 ,
Grassi Gero (PD)  ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Lavagno Fabio (PD)  ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Grassi Gero (PD)  ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Grassi Gero (PD)  ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Lavagno Fabio (PD)  ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Grassi Gero (PD)  ... 11 ,
Lavagno Fabio (PD)  ... 11 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Lavagno Fabio (PD)  ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 ,
Grassi Gero (PD)  ... 12 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.10.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che, nel corso della riunione odierna, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di:

   incaricare la dottoressa Tintisona e il colonnello Pinnelli di acquisire documentazione giudiziaria e di polizia relativa a quattro persone coinvolte nei fatti;

   incaricare il colonnello Pinnelli di acquisire notizie su tre persone al corrente dei fatti;

   incaricare la dottoressa Picardi, il generale Scriccia e la dottoressa Tintisona di acquisire sommarie informazioni testimoniali da una persona al corrente dei fatti;

   incaricare il colonnello Pinelli, il capitano Di Prete e il maresciallo Pasquale Cicalese di acquisire sommarie informazioni dai due ex sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri;

   incaricare il generale Scriccia e la dottoressa Tintisona di compiere ulteriori accertamenti presso gli archivi giudiziari di Roma, al fine di reperire i due frammenti di fotografie fatti ritrovare da Toni Chichiarelli in piazza Belli nel marzo 1984.

   Comunico inoltre che:

   il 12 aprile 2017 il Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma ha trasmesso l'originale del fascicolo 35/89 «Brigate Rosse. Elenchi componenti rinvenuti sul covo di v. Giulio Cesare». Il documento è stato acquisito in copia come documento riservato, mentre l'originale sarà restituito alla Procura generale;

   il 19 aprile 2017 il dottor Salvini ha trasmesso due note istruttorie, riservate, relative all'acquisizione di sommarie informazioni testimoniali da due persone al corrente dei fatti;

   il 19 aprile 2017 la dottoressa Tintisona ha depositato i fogli matricolari, riservati, di quattro membri degli equipaggi di automezzi di Polizia giunti in via Fani nell'imminenza del rapimento di Aldo Moro;

   nella stessa data la dottoressa Tintisona ha depositato una nota, riservata, relativa all'avvenuta notifica ad alcuni ex brigatisti dell'invito a essere auditi presso la Commissione.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione di Enzo Mosino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Prefetto Enzo Mosino, che ringraziamo per la sua presenza oggi. Ricordo che era stato convocato già il 16 marzo scorso, ma quel giorno non fu possibile procedere alla sua audizione perché l'Assemblea della Camera proseguì senza interruzione i suoi lavori.
  Il dottor Mosino ha avuto una lunga e importante carriera nelle istituzioni: è entrato nel 1958 nell'amministrazione civile del Ministero dell'interno, dal 1966 al 1979 ha prestato servizio presso la Direzione Pag. 3generale della pubblica sicurezza, dall'ottobre 1979 al giugno 1980 ha operato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e nel giugno del 1980 è stato nominato prefetto. Dopo aver operato nell'ambito della Protezione civile, è stato dal 1985 al 1992 consigliere per gli affari interni del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. In seguito è stato tra l'altro prefetto di Bologna fino al 1998, prefetto di Roma fino al 2000 e commissario straordinario del Comune di Roma nel 2001. Il prefetto Mosino ha collaborato strettamente con il Presidente Cossiga, al quale è rimasto vicino fino alla morte.
  La Commissione ha inteso procedere a questa audizione essenzialmente per due motivi: in primo luogo per avere dal prefetto Mosino alcune indicazioni sul funzionamento della «macchina» del Ministero dell'interno nel periodo del sequestro Moro, in secondo luogo per acquisire una sua testimonianza con riferimento al Presidente Cossiga.
  Porrò alcune domande che necessariamente saranno di tipo generale, chiedendo al prefetto Mosino di fornirci tutte le integrazioni che eventualmente riterrà utili.
  Per quanto attiene al periodo del sequestro Moro, che lei non seguì (lo dico subito per evitare domande dei commissari che non partano da questo presupposto) in una posizione di prima linea, le chiedo innanzitutto di precisare le funzioni che allora svolgeva nel Ministero dell'interno e di evidenziare eventuali criticità organizzative nella fase di riorganizzazione del Ministero stesso, che prese corpo a partire dal 1976-1977, e degli organismi di intelligence, che potrebbero aver pesato nella gestione delle vicende del sequestro Moro.
  Sempre con riferimento al sequestro Moro, le chiedo se già esistesse allora un rapporto di collaborazione stretta con Cossiga e le domando i nomi dei responsabili del Ministero dell'interno che insieme al Ministro gestirono quel momento di crisi insieme ai responsabili delle forze dell'ordine. In particolare, interessa alla Commissione capire con chi quotidianamente si confrontasse Cossiga e quali collaboratori, anche esterni al Ministero, vedesse con costanza.
  Lei acquisì qualche notizia sui comitati tecnici operativi coordinati dal Sottosegretario Lettieri?
  Sono volutamente domande generiche, per quello che lei può ricordare essendo coinvolto non nella gestione diretta, ma come funzionario che lavorava all'interno del Ministero.

  ENZO MOSINO. Come ha detto il presidente, sono il prefetto a riposo Enzo Mosino, che ha prestato servizio in molti luoghi e ha avuto molti incarichi nella sua lunga carriera. Con orgoglio ricordo il mio passato e tutte le responsabilità che ho avuto.
  Durante il sequestro Moro ero direttore della divisione relazioni pubbliche, documentazione e statistica della Direzione generale della pubblica sicurezza (si chiamava così l'attuale Dipartimento). Praticamente svolgevo le funzioni di addetto stampa del capo della Polizia, con rapporti con l'ufficio stampa del Ministro ovviamente, ed ero molto impegnato perché – come voi sapete – gli affari del Ministero dell'interno sono in gran parte collegati a problemi dell'ordine e della sicurezza pubblica, quindi molte richieste dei giornalisti, della stampa facevano capo al mio ufficio. Ero quindi direttore di quella divisione e non avevo una diretta dipendenza dal Ministro dell'interno.
  Al momento della strage di via Fani, del sequestro di Moro e poi della tragica conclusione ho prestato servizio nel mio ufficio nella Direzione generale della pubblica sicurezza, al secondo piano, e non ho avuto alcun rapporto con gli organismi che hanno diretto e organizzato le operazioni per la ricerca dei sequestratori per rintracciare il covo in cui era sequestrato Moro.
  Posso dire quindi che ho seguito, ovviamente, come tutta l'Italia, come cittadino e in particolare come appartenente alla Pubblica sicurezza i 55 giorni con grande partecipazione. Il clima era quello che potete immaginare, di grande tensione, di frenetiche ricerche, che purtroppo non hanno avuto esito durante quel periodo. Io, nella mia posizione, seguivo, fornivo informazioni, nel senso che fornivo comunicati stampa e fornivo al capo della Polizia la rassegna stampa Pag. 4e tutto quello che traspariva dagli organi di informazione, dalle agenzie, insomma da tutto quello che veniva pubblicato attraverso gli organi di informazione. Questo per quanto riguarda la mia posizione durante i 55 giorni del sequestro Moro.
  Lei poi mi ha chiesto delle persone che dirigevano, organizzavano, dei comitati. Io non avevo alcun rapporto con loro e non sapevo neppure chi fossero, perché lavoravano alle dirette dipendenze del Ministro e del Sottosegretario Lettieri. Seguivo tutto quello che si può sapere attraverso gli organi d'informazione, ma non in forma diretta, quindi non ho alcuna informazione sulle decisioni adottate, sulla strategia e su ogni altro comportamento, anche perché la mia non era una posizione di vertice; ero un funzionario, allora viceprefetto.
  Mi ha chiesto se avevo riscontrato difficoltà nell'organizzazione dei Servizi. Certo, quando giunse al Ministero dell'interno l'onorevole Cossiga ci fu una specie di rivoluzione; era molto attivo, rivoluzionò tutta l'organizzazione, istituì, come sapete, l'UCIGOS, che è l'ufficio centrale che ereditava l'attività dell'SDS di Santillo e degli Affari riservati di Federico D'Amato; venne istituita questa organizzazione, che tuttora esiste, che si articolava nelle DIGOS delle Questure, i cosiddetti «uffici politici» che poi divennero DIGOS. Iniziò la sindacalizzazione delle forze dell'ordine, istituì due commissioni, la Zamberletti 1 e la Zamberletti 2, che dovevano interessarsi del personale e della sindacalizzazione che avvenne in quel periodo. Il Ministro Cossiga istituì appunto l'UCIGOS, con Santillo i NOCS, il reparto di «teste di cuoio» italiane, il reparto speciale dei Carabinieri, quindi era un momento di grande fermento.
  Il Ministro Cossiga rivoluzionò – ripeto – l'organizzazione della Direzione con un grande fermento, perché era molto presente, chiedeva continuamente notizie, informazioni, e quindi il capo della Polizia, Parlato, era sotto pressione sotto le richieste del Ministro, che voleva giustamente innovare l'informazione. Questa era infatti ancora tradizionalmente legata a vecchi schemi, dai tempi di Vicari, quando ancora c'era il funzionario che la mattina riferiva al capo della Polizia con i fogliettini in mano, e allora fu istituita l'informazione attraverso forme sistematiche, e me ne interessai io direttamente per incarico del capo della Polizia.
  In tutto questo, ovviamente, il capo della Polizia, quando il Ministro chiedeva queste cose, mi mandava direttamente a parlare con il Ministro, che quindi mi conobbe e – bontà sua – apprezzò il mio lavoro. Iniziò lì il rapporto di fiducia nei miei confronti, che poi si è manifestato successivamente, quando passò a Palazzo Chigi come Presidente del Consiglio e mi volle con sé. Poi ci furono altre vicende, cadde il Governo Cossiga, si verificò il terremoto del 1980 e partii con Zamberletti di nuovo, come ero già partito per il terremoto del 1976 del Friuli, quando il Ministro dell'interno Cossiga mi aveva mandato in sostegno al capo ufficio stampa di allora, Giovanni Mannoni, che non era in salute, non stava bene. Cossiga quindi mi mandò lì e seguii con Zamberletti l'attività successiva al terremoto del Friuli del 6 maggio del 1976 e poi andai con Zamberletti anche a Napoli dopo il terremoto del 1980, sempre nel settore stampa perché io ero considerato uno specialista della stampa, ero apprezzato per la mia attività, per i rapporti che mantenevo con gli organi d'informazione.
  Questo è il clima in cui è scoppiata quella grande tragedia, che ha coinvolto tutti noi emotivamente e anche fattivamente, ma io non avevo una posizione di responsabilità diretta né nelle decisioni né nell'organizzazione. Questo è quanto posso dire, se può essere utile.

  PRESIDENTE. Passiamo alla vicenda della stampa, per sapere come funzionavano i rapporti di informazione, di reciproco scambio tra l'ufficio stampa del Ministero e i giornalisti, se c'erano rapporti più consolidati con taluni giornalisti, se e come si poneva attenzione alle notizie che potevano essere veicolate tramite la stampa e i giornalisti non solo dal Ministero, ma anche da parte delle Brigate rosse. Siamo inoltre interessati a una tipologia di rapporto, di cui non conosco l'origine, tra il Presidente Cossiga e un giornalista, ancora oggi stimatissimo professionista, Fabio Isman, che proveniva da Potere operaio.

Pag. 5

  ENZO MOSINO. Come ho accennato prima, avevo rapporti, per delega del Ministro e del capo dell'Ufficio stampa del Ministro, a trattare con i giornalisti, anche perché ero responsabile anche del settore della documentazione e statistica (da molti anni la seguivo, con il Ministro Taviani e gli altri ministri precedenti) e quindi tutto quello che riguardava la documentazione sull'attività, le statistiche sulla criminalità. Su tutto ciò che riguardava questo settore, l'ufficio stampa del Ministro mi incaricava di avere contatti diretti, ma ovviamente io non ho mai avuto contatti diretti se non per ordine e incarico dell'Ufficio stampa del Ministro.
  Ricevevo quindi per telefono e personalmente tutti i giornalisti, ne ho conosciuti tanti e ne vedo ancora tanti, e ho continuato poi questa attività in occasione dei vari terremoti, sia in Friuli sia in Campania, e con tanti giornalisti che adesso sono direttori oppure in pensione ho avuto rapporti, anche con Fabio Isman.

  PRESIDENTE. La domanda era su questo rapporto privilegiato di Isman con il Presidente Cossiga.

  ENZO MOSINO. No, era uno dei tanti. Io non stavo al gabinetto o alla segreteria del Ministro, quindi non so quante volte lo ricevesse. Veniva da me come gli altri giornalisti. Quando veniva mandato da me e chiedeva le notizie, gli davo le notizie che davo a tutti gli altri giornalisti. Quali fossero i rapporti particolari, intimi con il Ministro non lo so, perché non ero nel gabinetto del Ministro e lei sa come funziona la «macchina» del Ministero... So che era molto vicino, questo sì, mi risulta anche successivamente, questo lo ricordo benissimo.
  Conosco anch'io Fabio e ci diamo del tu come con tutti i giornalisti del tempo, a cominciare da Mentana in giù, quindi era uno dei tanti giornalisti che ho conosciuto in quel periodo.

  PRESIDENTE. Vorrei capire se lei abbia avuto incidentalmente... Abbiamo due elementi dei quali ci piacerebbe trovare qualche riscontro. Il primo: a noi risulta da alcuni documenti una visita di Nemer Hammad alla fine di aprile del 1978 al Ministro dell'interno Cossiga, però non ne abbiamo traccia nel gabinetto del Ministro. Ne abbiamo notizia in comunicazioni che partono dal Libano e comunicano che avverrà questo incontro. Lei ha mai sentito parlare di incontri di Nemer Hammad, non in genere, ma in quel periodo del mese di aprile?

  ENZO MOSINO. No, in quel periodo assolutamente nessun rapporto, nessuna notizia. Ovviamente ho letto la stampa successiva e so chi era Nemer Hammad, ma non ho avuto nessun rapporto né ho saputo mai se avesse avuto contatti con il Ministro o con l’entourage del Ministro.

  PRESIDENTE. L'altra invece è una vicenda di cui sicuramente avrà letto sui giornali molto dopo, non nel 1978. Mi riferisco alla circostanza raccontata da Claudio Signorile, che ha riferito di essersi recato dal Ministro Cossiga la mattina del 9 maggio 1978 e ha dichiarato che, mentre era lì al Ministero, tra le 10 e le 11, Cossiga ebbe la notizia della morte del Presidente Moro. Lei ha sentito mai parlare allora di questo incontro tra Cossiga e Signorile?

  ENZO MOSINO. Allora, mai. Dopo, ho letto i giornali e i resoconti che tutti i giornali hanno riportato, con tutte le precisazioni. Conosco la vicenda ex post, ma in quel periodo assolutamente no, anche perché io non ho motivo di sapere e non mi risulta se sia andato o meno dal Ministro quella mattina come si è detto. Non l'ho saputo, per quanto riguarda la mia persona assolutamente no, poi se altri lo sapessero...

  PRESIDENTE. Per ricostruire il clima di quei giorni, le chiedo, per quanto a lei noto, che impressioni circolavano al Ministero quando fu reso noto il comunicato (poi rivelatosi falso) del Lago della Duchessa e tra la fine di aprile e l'inizio di maggio, quando a fronte di una certa stagnazione delle indagini sembra che si avviasse una serie di tentativi di trattare con le Brigate rosse? Ci fu un commento, qualcosa che recepì?

Pag. 6

  ENZO MOSINO. C'è stato certamente sconcerto. Quando si scoprì che era un falso comunicato c'è stato questo momento di sconcerto per questa falsa pista, per questa segnalazione che non aveva alcun fondamento, ma – ripeto – i retroscena e i fatti non mi risultavano, non avevo l'occasione né il motivo di appurare qualcosa di intimo, di particolare.

  PRESIDENTE. Monsignor Mennini, audito da noi il 9 marzo 2015, ha rievocato una sua visita al Ministero dell'interno nel corso del rapimento Moro. Ha raccontato di essersi recato, nei primi giorni dopo il sequestro, al Viminale insieme al professor Tritto per comunicare l'indicazione fornita da un sacerdote presunto sensitivo sulla prigione di Moro, che aveva lui stesso contattato. Lì Mennini e Tritto furono tenuti, secondo il racconto dello stesso Mennini «“a bagnomaria” per tre o quattro ore». Ogni tanto Cossiga entrava e chiedeva a Tritto se era possibile avere qualche indumento di Moro, o qualche scritto, riferendo anche di aver chiamato un sensitivo già consultato nel caso dell'omicidio di Milena Sutter. Era un clima poco esaltante, secondo il ricordo di monsignor Mennini; ogni tanto veniva il capo di gabinetto e parlava di una fila di persone importanti che si occupavano di tutt'altro rispetto al sequestro di Moro. Tornato a casa, Mennini ricorda di aver detto: «Certo che, se le cose funzionano così, se Moro si salva, lo salva la Madonna, lo salva la Provvidenza». La descrizione che ci ha fatto Mennini si riferiva ai primissimi giorni, con una situazione di grande confusione, senza ancora un'organizzazione realizzata, e ne riportò l'impressione che ho riferito La domanda è: c'era un clima così, un misto tra agitazione, confusione...?

  ENZO MOSINO. Veramente no. C'era una grande attività, una grande e intensa mobilitazione di tutti. Sapevo, perché ero vicino al capo della Polizia, che c'erano funzionari, movimento... Ma più di tanto non so. Di questa visita di Mennini proprio non ho saputo nulla. Non sapevo cosa succedesse nell'ufficio del Ministro. C'era grande apprensione...

  PRESIDENTE, Quindi, più che confusione, era apprensione...

  ENZO MOSINO. Confusione no; attività frenetica, questo sì, spasmodica direi addirittura. Certo, c'era il Questore di Roma in contatto continuo, c'era un movimento di funzionari, un andirivieni dal capo della Polizia. Io stavo nel corridoio attiguo a quello del capo della Polizia quindi vedevo i funzionari che venivano, ma sempre nel settore del capo della Polizia, perché c'era il capo della segreteria da cui dipendevo direttamente. Non c'era confusione, c'era grande movimento, spasmodica attività e grande preoccupazione.

  PRESIDENTE. Il Presidente Cossiga, nel periodo in cui lei fu al Quirinale, sviluppò un rapporto con diversi brigatisti, in particolare con Valerio Morucci e Adriana Faranda. Risulta che già nel 1985 suor Teresilla Barillà, attraverso una fonte riservata, non nota a noi, trasmise a Cossiga un messaggio di Morucci e Faranda che affermavano di voler dire la verità sul rapimento a condizione che le notizie fornite non fossero rese pubbliche. In seguito, il cosiddetto «memoriale Morucci» fu trasmesso in una versione con allegati al Presidente Cossiga il 13 marzo 1990 dalla stessa suor Teresilla per il tramite di Remigio Cavedon. La Presidenza della Repubblica circa un mese dopo, il 26 aprile 1990, trasmise il testo al Ministro dell'interno. Peraltro, nella copia della trasmissione, una manoscrittura indica, se ben si comprende, che la relata di ricevuta fu consegnata a lei, prefetto, su sua esplicita richiesta.
  A lei non sfugge l'importanza del «memoriale Morucci», che ha fondato una parte significativa di quanto sinora è noto nella vicenda Moro. Vorremmo che ci desse eventuali, altri particolari di dettaglio sulla consegna e l'analisi del memoriale e sulla trasmissione al Ministero dell'interno. Le chiedo anche se ha memoria di valutazioni importanti del Presidente Cossiga o di altri su quel memoriale.
  Oltre alla vicenda della trasmissione del memoriale nella sua ultima redazione, inoltre, lei può darci qualche elemento sui dialoghi dal 1985 in poi, se ci sono stati, di Morucci e Faranda con il Presidente Cossiga?

Pag. 7

  ENZO MOSINO. Dunque, adesso, dopo tanti anni bisogna ricordare le cose. Sì, ricordo il caso di suor Teresilla, il caso di questo memoriale, però ricordo (vagamente, perché i particolari mi sfuggono e non li ricordo più) che il memoriale fu poi consegnato all'autorità giudiziaria, e che quindi fu coinvolta l'autorità giudiziaria oltre al Ministero dell'interno; lo ricordo con precisione. Evidentemente c'è la mia firma perché io ero addetto alla sicurezza...

  PRESIDENTE. Lei lo portò al Ministero dell'interno, poi dopo evidentemente fu trasmesso...

  ENZO MOSINO. Al Ministero dell'interno e poi all'autorità giudiziaria.

  GERO GRASSI. Chiedo scusa, presidente. Siccome ha parlato di autorità giudiziaria, le chiedo: lei ricevette materialmente il memoriale?

  ENZO MOSINO. Adesso non lo ricordo con precisione, ricordo vagamente di questo dossier e ricordo che ha avuto un seguito, uno sviluppo per cui ne fu informata l'autorità giudiziaria.

  GERO GRASSI. Quanto tempo dopo?

  ENZO MOSINO. Questo non lo ricordo sinceramente, dopo tanti anni lei capisce...

  GERO GRASSI. Lo capisco.

  ENZO MOSINO. Ne ho viste tante in quarant'anni di cose... Io ricordo perfettamente suor Teresilla, ricordo perfettamente questo episodio, questo capitolo della vicenda che è avvenuto dopo i fatti, quando Cossiga era Presidente della Repubblica; ricordo di questo dossier che fu dato al Ministero dell'interno e poi all'autorità giudiziaria. Questo posso dire.

  GERO GRASSI. Volevo sapere il tempo...

  ENZO MOSINO. No, il tempo, onorevole...

  PRESIDENTE. La relata di ricevuta, lo ricordo anche a lei, prefetto, è la seguente: «Ne è stata consegnata copia su esplicita richiesta al prefetto Mosino che ha consegnato gli atti al signor capo di gabinetto». La data è il 26 aprile 1990.

  ENZO MOSINO. Confermo senz'altro questa procedura, la ricordo perfettamente.

  PRESIDENTE. La consegna del memoriale a Gava è del 26 aprile 1990, da parte del prefetto Mosino, che l'ha ricevuta dal Presidente della Repubblica e l'ha portata al Ministro dell'interno.

  ENZO MOSINO. Esatto.

  PRESIDENTE. La domanda che pone l'onorevole Grassi è: quando l'ha consegnata suor Teresilla Barillà? Perché questo documento, che riguarda la consegna al Ministero dell'interno, ha una data certa, 26 aprile del 1990.

  GERO GRASSI. Il senso è: quanto tempo il memoriale è stato al Quirinale?

  PRESIDENTE. La domanda, quindi, non è su quando lei l'ha portato al Ministero, ma se lei rammenti, rispetto al 26 aprile del 1990, quanto tempo prima era pervenuto.

  ENZO MOSINO. No, questo non lo ricordo.

  GERO GRASSI. Questo potrebbe essere indifferente perché, se non vado errato (forse il senatore Gotor lo ricorderà) il memoriale ha una data.

  MIGUEL GOTOR. Sì, c'è la data, ma ora non la ricordo.

  PRESIDENTE. Fatemi leggere gli atti, sul memoriale può essere scritto anche il 5 maggio 1800!

  GERO GRASSI. Sul memoriale con la dedica di Morucci c'è la data.

Pag. 8

  PRESIDENTE. La lettera scritta dal segretario generale della Presidenza della Repubblica all'interno del plico che il prefetto Mosino ha portato al Ministero dell'interno dice: «Caro Ministro, il Presidente della Repubblica ha di recente, precisamente il 13 marzo scorso, ricevuto in via riservata alcuni documenti che riguardano fatti relativi al sequestro e all'omicidio dell'onorevole Aldo Moro». Quindi il periodo intercorso va dal 13 marzo al 24 aprile.

  GERO GRASSI. Già queste due date ci dicono qualcosa, grazie.

  PRESIDENTE. Lei di questi colloqui tra Cossiga e Morucci, Faranda...?

  ENZO MOSINO. No, assolutamente, il Presidente faceva direttamente questi incontri.

  PRESIDENTE. Non era presente?

  ENZO MOSINO. No, non ero presente. Morucci non l'ho mai visto. So che successivamente veniva la Faranda, che ha fatto delle interviste. Mi pare che fosse la Faranda, sì, che ha fatto delle interviste dopo alla televisione con il Presidente. In occasione di questi incontri ho visto la Faranda o comunque una delle ex terroriste che incontravo quando veniva a casa dal Presidente per fare queste interviste, ma Morucci non l'ho mai visto.

  PRESIDENTE. Pochi mesi dopo la vicenda del «memoriale Morucci», il 9 ottobre 1990, viene scoperta la seconda parte del «memoriale Moro» a via Monte Nevoso, dopo che nell'estate si era sviluppata una campagna di stampa sui rapporti tra P2 e CIA. Il 24 ottobre 1990 Andreotti rese poi nota l'esistenza della Gladio, e, come è noto, l'intreccio di questi eventi produsse un vasto dibattito politico e giornalistico, attorno all'ottobre 1990.
  In un suo libro di memorie sulla sua esperienza al Quirinale. La svolta di Francesco Cossiga. Diario del Settennato (1985-1992), edito nel 2016, l'ambasciatore Ludovico Ortona dedica diverse pagine a questa congiuntura. Ortona dice in sostanza che la concomitanza tra via Monte Nevoso e il cambio di nome del PCI gli suscita sospetti, e afferma che Cossiga non si preoccupò affatto – salvo poi essere oggetto di una violenta campagna di stampa – perché riteneva che il «memoriale Moro» non contenesse critiche verso di lui, ma semmai verso altri e verso il Partito comunista.
  Ortona raccolse poi alcune osservazioni di Cossiga, una su Berlinguer, che «aveva una posizione che lo stesso Cossiga preferisce non far sapere, da come ancora oggi gli fa accapponare la pelle (credo molto cinica)». Una seconda osservazione di Cossiga riguarda il fatto che Moro avrebbe avuto qualche risentimento verso di lui, per aver scelto Arnaldo Squillante come capo di gabinetto. Ortona racconta infine che lei, prefetto, lesse tutto il memoriale Moro nella notte tra il 10 e l'11 ottobre.
  Anche in questo caso, al di là di ciò che ricorda Ortona, che la cita a proposito della lettura delle carte dal 10 all'11 ottobre, può darci qualche elemento su quella difficile fase? Come la visse il Presidente Cossiga, come fu valutata la scoperta del «memoriale Moro»? Ci furono in quella fase contatti con la magistratura, le forze di polizia o con chiunque altro potesse essere utile?

  ENZO MOSINO. Ricordo queste fasi così, vagamente. Ricordo il caso Gladio, quando Andreotti...

  PRESIDENTE. Lo rese di dominio pubblico.

  ENZO MOSINO. Quindi quello fu un momento di tensione, anche il Presidente poi cominciò a dire tutto quello che sapeva del caso Gladio, ma è inutile parlarne perché non è il caso di affrontarlo in questa sede, e sappiamo tutti come è finita la cosa.
  Di questo memoriale io ricordo veramente poco. Ludovico Ortona, che conosco bene, è un mio carissimo amico, appuntava tutto, aveva un diario in cui ogni giorno segnava quello che accadeva.

  PRESIDENTE. Lei si ricorda se lesse queste carte, che ormai sono tutte pubbliche?

Pag. 9

  ENZO MOSINO. Sì, le ho lette, ma sono quelle carte che conosciamo tutti, le ho lette per mia curiosità.

  PRESIDENTE. Non ci fu un dibattito con il Presidente Cossiga, non disse: «Che ne pensate?»..

  ENZO MOSINO. Assolutamente no.

  PRESIDENTE. Cossiga, come dice Ortona, non era preoccupato minimamente.

  ENZO MOSINO. Il Presidente, poi, faceva tutto lui, si scriveva tutto lui, noi collaboravamo certamente, ma aveva un'attività personale, si alzava la mattina alle 5. Noi gli stavamo intorno (negli ultimi tempi lei ricorderà le «picconate») e abbiamo vissuto quel periodo con molta apprensione, con molta trepidazione, ma non è che ne parlavamo.

  PRESIDENTE. Ma quando arrivarono queste carte che lei ebbe occasione di vedere, che sono poi quelle note, non faceste una riunione, Cossiga non convocò un approfondimento?

  ENZO MOSINO. No, certamente no.

  PRESIDENTE. Se le lesse lei e...

  ENZO MOSINO. E basta, non abbiamo mai commentato. Io non ricordo mai di aver commentato con il Presidente Cossiga il caso Moro, o di queste carte in particolare, perché lui con noi di questo non parlava mai. In tutti gli anni che sono stato a suo contatto non accennò mai a queste cose.

  PRESIDENTE. Questo foglio che le mostro è sul frontespizio del «primo» memoriale (forse non identico a quello trasmesso nel 1990 di cui abbiamo parlato), quello che suor Teresilla o altri potrebbero aver mandato o tentato di mandare a Cossiga nel 1986, con la scritta «Riservato» e la data, «1986», scritta da chi ha compilato il memoriale: «Solo per lei, Signor Presidente, è tutto negli atti processuali, solo che qui ci sono i nomi».

  ENZO MOSINO. Non so cosa sia...

  PRESIDENTE. Mai visto?

  ENZO MOSINO. Non l'ho mai visto.

  GERO GRASSI. Non esiste una seconda versione. Suor Teresilla ha preso il memoriale e l'ha portato a Cossiga. Quella dedica è quella del memoriale, e non esiste una seconda versione del memoriale.

  PRESIDENTE. Nella sua tesi, onorevole Grassi, il memoriale è arrivato al Quirinale nel 1986?

  GERO GRASSI. No, io non ho detto questo. Io ho detto che non esiste una doppia versione del memoriale: il memoriale è uno, c'è una dedica che io ricordo a memoria...

  PRESIDENTE. È questa che ho letto.

  GERO GRASSI. Esatto. Forse voi non ce l'avete davanti la calligrafia di Morucci...

  PRESIDENTE. Questa è scritta a penna.

  GERO GRASSI. È la calligrafia di Morucci. E non esistono altri memoriali. Dopo la consegna, Cossiga trattiene per un tempo imprecisato – per me – il memoriale e c'è tutta una pubblicistica, perché in questo tempo Morucci viene attaccato dai brigatisti, i quali dicono che ha scritto delle falsità. Vengono fatte delle dichiarazioni pubbliche sulla stampa, delle quali noi siamo in possesso. Passa del tempo, che io non ho datato, e gli stessi che hanno attaccato Morucci per aver detto delle falsità vengono attaccati da Franceschini, perché hanno convalidato la tesi del memoriale.
  A noi interessa datare la consegna del memoriale a Cossiga e il passaggio del memoriale da Cossiga all'autorità giudiziaria. Qui sento citare Gava, ma non capisco cosa c'entri.

Pag. 10

  PRESIDENTE. Gava era il Ministro dell'interno.

  GERO GRASSI. Ho capito, però il Presidente della Repubblica, se ha il memoriale di Morucci e Faranda, non lo dà al Ministro dell'interno, lo dà all'autorità giudiziaria, secondo me, perché se lo dà al Ministro dell'interno praticamente lo dà a se stesso! Probabilmente non sarò ortodosso, però quel memoriale non è da Ministro dell'interno, è da autorità giudiziaria, perché contiene delle cose che peraltro sono già state...

  PRESIDENTE. Leggo in sequenza quello che c'è agli atti, eccetto quella dedica che ho già letto. C'è la consegna da parte del prefetto Mosino al capo di gabinetto del Ministro Gava il 26 aprile 1990. C'è la lettera (del segretario generale della Presidenza della Repubblica) di accompagnamento del plico, consegnato al Ministro dell'interno su incarico del Presidente della Repubblica. C'è la lettera che il 6 giugno 1990 viene scritta dal segretario generale, che dice: «Caro Ministro, con riferimento alla richiesta rivolta dalla Procura della Repubblica di Roma di conoscere ogni circostanza nota riguardo all'invio della documentazione relativa al sequestro e all'omicidio dell'onorevole Aldo Moro, di recente a lei trasmessa per la consegna all'autorità giudiziaria, il Presidente della Repubblica mi ha incaricato di riferirle che intende ribadire il principio, connesso alla sua posizione di Capo dello Stato e derivante dalle sue prerogative in termini di responsabilità, che i rapporti da lui intrattenuti con gli altri soggetti sono protetti dal carattere di assoluta riservatezza, cui ovviamente il Presidente può derogare, in forza della sua autonomia costituzionale. Attesa, dunque, la preannunciata disponibilità del Presidente a comunicare le circostanze della ricezione degli atti, anche a cagione dell'oggetto di essi, ella è la autorizzata a precisare che la documentazione è stata inviata dal dottor Remigio Cavedon, direttore de “Il Popolo”, accompagnata da una lettera diretta al Presidente, firmata “Suor Teresilla” e recante l'indirizzo della Clinica Assunzione, via Nomentana 311, Roma».
  Quindi, ricostruendo dagli atti, Mosino porta il memoriale al Ministero il 26 aprile, e c'è scritto (nella lettera di accompagnamento del segretario generale della Presidenza) che resta inteso che dev'essere data all'autorità giudiziaria e che vi è la disponibilità a rivelare all'autorità giudiziaria chi l'ha mandato; il 6 giugno, quando viene chiesto, Cossiga (sempre tramite una lettera del segretario generale del Quirinale) dice chi glielo ha mandato. Parliamo del 1990, e Cossiga dice che il 13 marzo gliel'ha mandato Remigio Cavedon trasmettendogli un plico che conteneva una lettera di accompagnamento di suor Teresilla.
  Il foglietto con la dedica che abbiamo letto poco fa reca la data «1986». La domanda da porre non è se Cossiga l'ha tenuto. Cossiga riceve il memoriale da Cavedon, che trasmette una lettera di suor Teresilla. Ora noi dovremmo andare a chiedere alla buonanima di suor Teresilla come mai dal 1986 l'abbia mandato nel 1990.

  GERO GRASSI. A parte il fatto che Morucci e Faranda chiedono nel 1985 o 1986 a Pecchioli e Cossiga di essere ricevuti, e non sono ricevuti per motivi di delicatezza e opportunità, qui il problema, presidente, è un altro: che cosa avviene tra il 1986 e il 1990? Non è un fatto che coinvolge il Presidente Cossiga...

  PRESIDENTE. Allo stato delle carte, perché di quelle ci occupiamo, premessa la indisponibilità di Morucci e Faranda a dire qualcosa che sia verosimile in merito a questo, risulta che alla Presidenza della Repubblica il memoriale è arrivato il 13 marzo 1990, più di un mese dopo è stato trasmesso al Ministro dell'interno perché lo trasmettesse all'autorità giudiziaria, e all'interno della lettera di trasmissione c'è anche scritto che, se l'autorità giudiziaria vuol sapere da chi l'ha avuto il Presidente della Repubblica, lui è disponibile a dirlo. Il 6 giugno, su richiesta dell'autorità giudiziaria, risponde dicendo, in sostanza: «Me l'ha mandato Cavedon e la mittente è suor Teresilla». All'interno c'è questa dedica con Pag. 11la data «1986». Evidentemente suor Teresilla, se è stata lei, ci ha riflettuto quattro anni prima di mandarglielo!
  Questo foglio con la dedica però vorrei vedere bene dove sta...

  GERO GRASSI. Non è un foglio, presidente: quella è la prima pagina del memoriale.

  FABIO LAVAGNO. È il frontespizio, ha ragione l'onorevole Grassi.

  GERO GRASSI. Quello è il frontespizio del memoriale.

  PRESIDENTE. Allora suor Teresilla ci ha studiato a lungo...

  FABIO LAVAGNO. Ha ragione l'onorevole Grassi, per una volta spezzo una lancia a suo favore: non esistono due memoriali. La dedica dice che qua ci stanno i nomi, gli altri stanno negli atti giudiziari.

  PRESIDENTE. La segreteria speciale del Ministero dell'interno il 26 aprile 1990 fa l'elenco di quello che il prefetto Mosino ha consegnato al Ministro Gava. Alla lettera del segretario generale della Presidenza sono allegati: «1) memoria difensiva di Morucci e Faranda; 2) corrispondenza riservata (Morucci Faranda – Ricci Leonardi – Azzolini – Franceschini – relazione convegno volontariato Lucca); 3) lettera Morucci al dottor Cavedon – riflessione di Morucci; 4) risposta interrogazione onorevole Flamigni – Morucci – commento del professor Fenzi al film Il caso Moro già pubblicato su “Il Popolo”; 5) onorevole Flaminio Piccoli – domande e risposte di Morucci e Faranda; 6) dichiarazioni di Morucci e Faranda».
  La mia conclusione è che questo è sicuramente il frontespizio del memoriale, insieme al quale però è stata trasmessa al Presidente della Repubblica una serie di altre cose. Qualcuno ha datato 1986, però hanno deciso di consegnarlo alla Presidenza il 13 marzo 1990 tramite Cavedon.

  GERO GRASSI. Quindi – affinché capiamo tutti la stessa cosa – alla luce della documentazione in nostro possesso, il memoriale dal 1986 al 1990 sarà stato trattenuto da qualcuno, da chi l'ha scritto o da chi lo ha portato; dal 13 marzo 1990 fino al 26 aprile 1990 è stato nella disponibilità del Presidente della Repubblica, dopodiché è stato dato all'autorità giudiziaria via Ministero dell'interno.

  PRESIDENTE. Sì, quindi la domanda che si pone è: quando ho detto «primo» e «secondo» è perché nel plico che viene consegnato a Gava il 26 aprile c'è elenco di tutte quelle cose che ho detto, quindi quando Cavedon ha trasmesso... Perché questo è tutto da chiarire perché il Presidente Cossiga dice (ve lo rileggo perché è di qualche interesse): «Ella è autorizzata a precisare che la documentazione è stata inviata dal dottor Remigio Cavedon, direttore de “Il Popolo”, accompagnata da una lettera diretta al Presidente, firmata “Suor Teresilla” e recante l'indirizzo della Clinica Assunzione, via Nomentana 311».

  GERO GRASSI. Presidente, è tutto chiaro: se io dovessi ragionare con il pensiero dominante dell'epoca...

  PRESIDENTE. Faccio un'aggiunta: ho detto che lo ha tenuto suor Teresilla, ma lo potrebbe aver tenuto anche Cavedon...

  FABIO LAVAGNO. Oppure Morucci...

  PRESIDENTE. Morucci, suor Teresilla o Cavedon.

  GERO GRASSI. Ce n'è anche un quarto, perché, se devo ragionare con il pensiero dominante dell'epoca che è l'andreottismo, quindi pensar male per trovarmi bene, potrei pensare che la consegna di Cavedon o di Teresilla a Cossiga sia avvenuta nel 1986, e il 13 marzo 1990 ci sia stata la registrazione, che è una cosa leggermente diversa. È un'ipotesi che vale esattamente quanto le tre che lei ha detto.

  FABIO LAVAGNO. Mi permetto di dire che implicherebbe una grave responsabilità della Presidenza della Repubblica.

Pag. 12

  GERO GRASSI. Ho capito, ma mica ci possiamo meravigliare!

  FABIO LAVAGNO. Io mi meraviglio ancora!

  GERO GRASSI. Io dico all'onorevole Lavagno che il Presidente della Repubblica in questione è lo stesso Ministro dell'interno del caso Moro, quindi non è che stiamo parlando di contesti diversi.

  PRESIDENTE. Però dopo aver letto questa deliziosa dedica e il memoriale Morucci-Faranda, delle due l'una: se quello che hanno consegnato è quello che è arrivato a noi, per me lo potevano aver consegnato anche la mattina dopo il 9 maggio 1978, perché contiene solo cenni di verità in un mare di cose verosimili... Se bisogna proprio pensar male, allora ti aiuto a pensare meglio: l'hanno scritto una prima volta nel 1986, poi se lo sono corretti tra Morucci e qualcun altro, non suor Teresilla, e poi – dopo averlo sistemato e infiocchettato – l'hanno dato al povero Presidente della Repubblica.
  Questa ipotesi mi sembra più plausibile che immaginare che suor Teresilla lo porti a Cossiga che se lo tiene quattro anni per tenere segrete poche cose vere e molte verosimili, del tutto ininfluenti rispetto allo scenario delle carte di via Monte Nevoso, che sono l'unica cosa che poteva aver gettato scompiglio.
  Nel «memoriale Morucci» non c'è nulla di così vero da poter rendere terribile il saperlo nel 1990 o nel 1993 invece che nel 1986.. La cosa più verosimile è che, se mai fosse stato un memoriale «contrattato» con qualcuno, si siano messi d'accordo e ci sia voluto un po’ di tempo; ma non si sono messi d'accordo con il Presidente della Repubblica, questo per precisione.

  GERO GRASSI. Questo non sta scritto da nessuna parte.

  PRESIDENTE. Siccome non possiamo ribaltare l'onere della prova, ragioniamo almeno su quello che statisticamente può essere più probabile.
  Se non ci sono altre domande, ringrazio il prefetto Mosino e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.05.