XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 122 di Mercoledì 1 febbraio 2017

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Audizione del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma, Giovanni Salvi:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 4 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 10 ,
Fornaro Federico  ... 10 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 ,
Piepoli Gaetano (DeS-CD)  ... 10 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 10 ,
Piepoli Gaetano (DeS-CD)  ... 10 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 10 ,
Piepoli Gaetano (DeS-CD)  ... 10 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 10 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 11 ,
Piepoli Gaetano (DeS-CD)  ... 11 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 11 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 12 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 12 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 12 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 12 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Grassi Gero (PD)  ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Grassi Gero (PD)  ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Grassi Gero (PD)  ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 ,
Grassi Gero (PD)  ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 ,
Grassi Gero (PD)  ... 14 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 14 ,
Piepoli Gaetano (DeS-CD)  ... 14 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 ,
Grassi Gero (PD)  ... 15 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 15 ,
Grassi Gero (PD)  ... 16 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 16 ,
Grassi Gero (PD)  ... 16 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 16 ,
Grassi Gero (PD)  ... 16 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 16 ,
Piepoli Gaetano (DeS-CD)  ... 16 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 17 ,
Lavagno Fabio (PD)  ... 17 ,
Salvi Giovanni , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 17 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.10.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Nel corso della riunione odierna, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di incaricare:

   la dottoressa Picardi, il generale Scriccia e la dottoressa Tintisona di acquisire sommarie informazioni testimoniali da una persona al corrente dei fatti;

   la dottoressa Picardi, il generale Scriccia e il maresciallo Pinna di acquisire sommarie informazioni testimoniali da due persone al corrente dei fatti;

   il dottor Donadio, il dottor Salvini e il tenente colonnello Giraudo di acquisire sommarie informazioni testimoniali da una persona al corrente dei fatti;

   il maggiore Minervini di svolgere un approfondimento complessivo sulle segnalazioni relative alla dinamica della strage di via Fani giunte alla Commissione.

   Comunico inoltre che:

   il 30 gennaio 2017, il colonnello Pinnelli ha depositato una raccolta di documentazione, riservata, relativa a Paolo Virno;

   il 1° febbraio 2017 il generale Scriccia ha depositato un contributo, riservato, sulla base fiorentina delle Brigate rosse;

   nella stessa data il dottor Salvini e il tenente colonnello Giraudo hanno depositato il verbale, riservato, di sommarie informazioni rese da Carlo Brogi;

   nella stessa data la dottoressa Tintisona ha depositato una nota, riservata, relativa agli elenchi di terroristi e estremisti reperiti nel covo di viale Giulio Cesare 47.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma, Giovanni Salvi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Giovanni Salvi, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma, che ringraziamo per la cortese disponibilità con cui ha accolto l'invito a intervenire nuovamente in Commissione.
  Ricordo che il dottor Salvi è stato ascoltato dalla Commissione il 24 febbraio 2015 sulla tematica dei documenti del Ministero degli interni rinvenuti nel 1996 nel deposito della Circonvallazione Appia.
  Ricordo che l'audizione del dottor Salvi è stata proposta dal vicepresidente Piepoli, che aveva sollecitato un approfondimento sulla cosiddetta Operazione Condor e sugli omicidi politici avvenuti nei primi anni Settanta in funzione anticomunista.
  Il dottor Salvi si è occupato, in particolare, della vicenda dell'esponente democratico cristiano cileno Bernardo Leighton, che nel novembre del 1973 fu invitato in Italia insieme a sua moglie, Anita Fresno, dal deputato democristiano Gilberto Bonalumi, per portare la sua testimonianza riguardo agli eventi cileni e alla dittatura Pag. 4militare alla quale si era opposto. Essendogli impedito il rientro in patria, Leighton rimase nel nostro Paese. Duramente osteggiato dal regime, entrò nel mirino di neofascisti e Servizi esteri. Il 6 ottobre 1975 Leighton e la moglie furono oggetto di un attentato a Roma. Entrambi sopravvissero, ma riportarono lesioni irreparabili.
  Il dottor Salvi ha condotto sul tema estese indagini, che hanno dimostrato i legami tra neofascismo e Servizi cileni, e ha ottenuto la condanna di Manuel Contreras, capo dei servizi di Pinochet, per quei delitti, caso quasi unico di un funzionario di Servizi esteri condannato dalla giustizia italiana per reati compiuti in Italia.
  Lascio ora la parola al dottor Salvi, invitandolo a fornire alla Commissione, se lo ritiene, un quadro generale di come funzionava questo tipo di operazioni, con particolare riferimento al loro legame con le politiche di contenimento del comunismo previste dagli Stati Uniti e alla possibilità che dinamiche analoghe possano essere state attivate anche nelle vicende oggetto della nostra inchiesta parlamentare, direttamente connessa, dal punto di vista politico, al Governo di larghe intese.
  Se il dottor Salvi lo ritiene opportuno, si potrà soffermare sulle attività in corso anche sulla vicenda Moro, per la parte che segue la Procura generale, ove non sottoposta a segreto. Ove lo ritenga, possiamo passare in seduta segreta.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Grazie, presidente. Chiedo scusa per il problema tecnico che ho avuto. Ci tenevo, per la verità, a illustrare la mia relazione con una presentazione in PowerPoint, perché è una vicenda piuttosto complicata, che non è facile rappresentare.
  Sono anche preoccupato – ve lo dico con sincerità – di non creare confusione. Da un lato, ci sono alcuni profili di sicuro interesse, però sono questioni completamente separate e diverse. Se me lo chiedete, vi rappresento gli elementi che mi sono stati richiesti, ma vi posso dire che in questo procedimento o in altri non è emersa nessuna possibilità di ipotizzare un collegamento tra queste vicende e il sequestro e l'omicidio dell'onorevole Moro.
  Questo procedimento è un po’ particolare. Tra l'altro, avete qui tra i vostri consulenti il generale Scriccia, che è stato, insieme al funzionario della DIGOS Addonizio, componente del gruppo di lavoro che ha seguito una parte importante di questo procedimento.
  È un procedimento un po’ particolare rispetto agli altri processi che hanno riguardato fatti in danno di oppositori del regime cileno o argentino, compreso l'ultimo che si è svolto recentemente qui a Roma, perché non riguarda un fatto verificatosi all'estero, rispetto al quale noi rivendichiamo una competenza attraverso criteri come quelli della nazionalità del soggetto. È invece un fatto che si è svolto a Roma, quindi anche a livello internazionale vi era il pieno riconoscimento della legittimità del nostro lavoro. Questo è stato molto importante, perché, sia pure con difficoltà, a mano a mano superate, abbiamo ottenuto la collaborazione di una serie di autorità che hanno consentito di aprire uno squarcio importante su una vicenda che si è rivelata poi centrale.
  Questo procedimento è, in realtà, una serie di procedimenti che ha portato ad alcune sentenze, alcune di assoluzione e altre di condanna. La prima sentenza di assoluzione è quella che riguarda Delle Chiaie e Concutelli. Quest'assoluzione avviene prima che vengano raccolti con la collaborazione delle autorità straniere i contributi di cui vi parlerò adesso.
  Nelle sentenze, invece, di condanna che avvengono dopo si accerta – ma non certo nei confronti dei due imputati, che quindi sono stati assolti con sentenza definitiva, sia pure per insufficienza delle prove a loro carico – che l'esecutore materiale dell'omicidio fu Concutelli, con l'appoggio di Stefano Delle Chiaie e del gruppo di Avanguardia nazionale.
  Le sentenze di condanna avvengono nei confronti di Michael Townley, un agente della DINA, il servizio segreto cileno, e di due altissimi ufficiali, uno addirittura il più stretto collaboratore di Pinochet, il generale Manuel Contreras Sepulveda, che era Pag. 5il capo DINA, che prima si chiamava DINAR e poi cambiò il nome in DINA. Quindi, abbiamo Townley, che viene condannato a quattordici anni di reclusione con il riconoscimento dell'attenuante della collaborazione. Poi abbiamo, invece, Contreras, condannato a vent'anni di reclusione, e Iturriaga Neumann, che è condannato a diciotto anni di reclusione. Iturriaga Neumann era il direttore delle operazioni per l'estero del servizio segreto cileno.
  Queste sentenze – lo dico con una punta di orgoglio, però credo che sia effettivamente così – hanno segnato uno spartiacque non solo in Italia, ma anche in Argentina e in Cile, perché gli elementi che sono stati raccolti nel lavoro che abbiamo fatto sono stati utilizzati per altri procedimenti. Negli Stati Uniti era già iniziato il procedimento per l'omicidio dell'ambasciatore Orlando Letelier e della sua collaboratrice Ronni Moffitt e in Argentina quello per l'omicidio del generale Carlos Prats, che era il capo di stato maggiore di Allende, e della moglie, che furono uccisi a Buenos Aires. Vi sono stati, quindi, dei procedimenti in Cile e in Argentina che sono stati in larga parte basati sulle prove raccolte nel procedimento a carico di Leighton e che hanno portato a queste condanne.
  Mi è stato chiesto di riferirvi i possibili collegamenti con il caso Moro. Io ho identificato tre possibili riflessi. Il primo è il più evidente ed immediato e si chiude in poche battute. È quello che emerge nelle audizioni in Corte d'assise da parte di Michael Townley, l'agente operativo della DINA che, in realtà, era anche un agente, con ogni probabilità, del Servizio americano (questo non è mai stato provato, ma lo stesso Townley, in buona sostanza, l'ha riconosciuto e, in ogni caso, era ed è tuttora sottoposto a protezione negli Stati Uniti con nomi diversi).
  Townley, quando viene sentito in Corte d'assise, prima nell'interrogatorio da parte mia, del pubblico ministero, e poi nel controinterrogatorio da parte dell'avvocato Pisauro, dice con chiarezza che l'omicidio di Bernardo Leighton fu deciso al di fuori della lista di omicidi che erano stati preventivati dal Servizio cileno. Il Servizio cileno aveva una lista, se non ricordo male, di tredici obiettivi che dovevano essere colpiti all'estero. Uno era il generale Prats, un altro era l'ambasciatore Letelier. Poi vi erano Altamirano, se non ricordo male Corvalán, insomma, un certo numero di oppositori del regime. Era una lista che era stata consegnata perché si svolgessero le attività per l'individuazione dei soggetti all'estero e perché venissero colpiti.
  In questa lista non c'era Bernardo Leighton. Leighton viene inserito subito dopo le elezioni italiane del giugno del 1975. Leighton, che è il vicepresidente della Democrazia Cristiana cilena, ma è anche un soggetto di straordinaria levatura politica e morale – possiamo dire che è un'autorità morale straordinaria per il Cile – viene inserito perché all'estero opera per l'unificazione delle opposizioni al regime di Pinochet e ha avviato contatti con l'opposizione di sinistra per raggiungere un accordo tra gli esiliati per contrapporsi al regime di Pinochet in maniera unitaria.
  Quando vi sono le elezioni nelle quali il Partito comunista italiano guadagna il 4 o 5 per cento diventa concreta la possibilità che l'indicazione del compromesso storico, che era già avvenuta da parte di Berlinguer, diventasse attuale. Viene dato l'ordine a Michael Townley, con questa motivazione, di dare la priorità all'omicidio di Bernardo Leighton, perché viene visto come un grande pericolo il fatto che Leighton possa realizzare, utilizzando la situazione verificatasi in Italia, o che si sarebbe verificata in Italia in quel periodo, questo cambiamento nell'opposizione.
  Quindi, a Michael Townley viene dato l'ordine di effettuare questo omicidio. Viene prima mandato, a luglio del 1975, un gruppo di Carabineros, che non riescono a identificare il luogo dove abita Leighton. Ci riesce, invece, Michael Townley, utilizzando un fuoriuscito della Democrazia cristiana cilena, che fa il confidente e dice dove si trova Leighton.
  A questo punto, Townley si appoggia al gruppo di Avanguardia nazionale e di Ordine nuovo, che in quel periodo lavoravano per una possibile unificazione, e viene realizzato l'attentato nel quale Leighton non Pag. 6muore, né muore la moglie Ana Fresno, però entrambi vengono feriti in maniera gravissima. Bernardo Leighton viene colpito alla nuca e, quindi, cade riverso. La moglie, che crede che sia morto, si china su di lui per soccorrerlo e Concutelli spara alla nuca anche a lei. Bernardo Leighton è rimasto per sempre invalido, non ha mai più ripreso le sue capacità. Quindi, il risultato c'è stato: Bernardo Leighton è stato eliminato dalla vita politica del Cile. La moglie, invece, che inizialmente era tetraplegica, è riuscita in parte a recuperare le sue funzioni e la sua forza ed è stata un punto di riferimento straordinario dal punto di vista morale.
  Ricordo che, quando in Cile, nel corso di una rogatoria, sono andato a sentirla, lei, che aveva perdonato addirittura sul corpo del marito – una cosa straordinaria – mi ha detto: «Io ho perdonato perché questo è un rapporto tra me e il Signore, ma ritengo che la giustizia civile debba fare il suo corso. Quindi, se è utile, perché la giustizia, che è diversa dal mio perdono, sia fatta io mi costituirò parte civile nel processo», cosa che ha fatto. Io ho trovato straordinaria innanzitutto questa capacità di perdonare – che io non avrei mai avuto – sul corpo riverso del marito, dopo essere stata anche lei colpita alla nuca, ma anche la capacità di distinguere il profilo morale individuale da quello civile.
  Per chiudere questa finestra sulla prima parte, come primo profilo di rilievo, posso aggiungere che questi elementi sono stati sintetizzati anche nelle sentenze di condanna che hanno ricostruito tutto il percorso che vi ho esposto.
  Ho portato gli estratti delle dichiarazioni di Townley, che sono sostanzialmente quello che vi ho detto. Non c'è nulla di più di quello che vi ho detto, cioè la distinzione tra le due fasi.
  Tenete conto che il 30 settembre del 1974 viene ucciso Prats a Buenos Aires e a settembre, del 1976 viene ucciso l'ambasciatore Letelier a Washington. Questo omicidio determina il mutamento degli Stati Uniti nei rapporti con la DINA. Fino a quel momento, sostanzialmente, la DINA era stata appoggiata integralmente dagli Stati Uniti. Nel momento in cui mettono un'autobomba nell'Embassy Row, cioè nel luogo centrale di Washington dove ci sono tutte le ambasciate, e assassinano un ambasciatore, l'atteggiamento degli Stati Uniti cambia. Richiedono la punizione, che non avviene in quel periodo, dei responsabili, ma questo mette in fortissimo allarme, come poi vedremo, il Servizio occulto cileno.
  Entro rapidamente negli altri due profili di interesse che vi possono essere per voi. Un primo è di carattere generale. Noi abbiamo avuto uno spaccato unico nella vita e nell'operatività di un Servizio segreto che opera effettivamente. È unico perché abbiamo potuto, grazie a quel momento straordinario che si è verificato nei primi anni Novanta, avere accesso agli archivi – che poi si sono richiusi – delle polizie segrete di alcuni Paesi e abbiamo potuto avere la collaborazione di alcuni Stati, come dicevo prima, totalmente aperti nei nostri confronti, perché noi lavoravamo per un fatto verificatosi in Italia.
  Noi, quindi, grazie anche al generale Scriccia, col quale abbiamo fatto un lavoro in Argentina molto intenso – il generale ricorderà che la nostra missione fu la prima e l'ultima a entrare negli uffici del SIDE, il Servizio segreto argentino – riuscimmo a ottenere la consegna dei documenti del servizio segreto cileno occulto che operava in Argentina.
  Noi, quindi, abbiamo lavorato non solo sulla base delle dichiarazioni dei collaboratori, ma anche sulla base di documenti, in alcuni casi, assolutamente inoppugnabili. Per esempio, per raggiungere la prova della partecipazione, che a noi interessava molto – perché l'omicidio di Buenos Aires era stato compiuto con le stesse generalità utilizzate da Townley per compiere l'attentato a Roma, cioè Andrés Silva Wilson – di Andrés Silva, cioè in realtà Townley nell'attentato di Buenos Aires, abbiamo acquisito i passaporti con le false generalità, individuando le date di entrata e di uscita in contemporanea con l'attentato. Perché ci siamo potuti arrivare? Perché, sequestrando l'archivio occulto del servizio segreto cileno a Buenos Aires, siamo riusciti a ricostruire Pag. 7tutte le identità degli operativi a Buenos Aires e in Italia.
  Queste modalità di lavoro da parte di un servizio segreto sono molto significative e noi le abbiamo ritrovate in altre indagini italiane. Il concetto si può sintetizzare così: più i documenti sono segreti, meno sono trattati con le procedure del segreto. Quindi, un documento veramente segreto viola le regole della conservazione di un documento segreto. Per esempio, tra i documenti che abbiamo sequestrato, quello in cui si indica, con ogni probabilità, il sequestro di alcuni oppositori cileni non è in una corrispondenza formale con la stampigliatura «segretissimo», bensì in un pezzo di carta che si scambiano le centrali di Santiago e di Buenos Aires in maniera informale.
  Questo processo è molto solido per questa ragione, perché si basa su alcune identificazioni. Soprattutto abbiamo identificato due utilizzazioni di nomi di copertura. Abbiamo, da un lato, i nomi di struttura, perché all'interno del servizio segreto cileno, nella struttura operativa occulta, vi erano nomi di struttura. Quindi, chiunque svolgesse le funzioni di direttore per le operazioni per l'estero si chiamava, se non ricordo male, Muñoz. Chiunque svolgeva le funzioni di direttore per i rapporti con l'estero si chiamava Luis Gutiérrez. A fianco ai nomi di struttura, che venivano quindi seguiti sempre da chiunque avesse questo ruolo, vi erano i nomi dei singoli. Per cui, per esempio, Eduardo Iturriaga Neumann, che, come vi ho detto, è la persona condannata nel processo cileno, e che era il direttore delle operazioni per l'estero, si chiamava Don Elías.
  Mettemmo insieme i riferimenti tra Don Elías, Muñoz e quello che ci diceva Townley, e soprattutto i documenti ottenuti dagli Stati Uniti circa il documento con le generalità di copertura di Diego Castro Castañeda, ma con le vere generalità conosciute dagli Stati Uniti di Eduardo Iturriaga Neumann da lui utilizzate per dirigere la scorta di Pinochet quando si recò negli Stati Uniti. Utilizzando questo, noi abbiamo potuto provare con certezza che Diego Castro Castañeda, cioè Muñoz, era Eduardo Iturriaga Neumann. Mi rendo conto che è un po’ confuso e complicato.
  Ho ancora un po’ di cose da dire, perché vi voglio dare un quadro. Vi è un ulteriore elemento di passaggio, oltre a questa individuazione di modalità operative che può essere di interesse.
  Quando viene compiuto l'attentato a Bernardo Leighton – stiamo parlando dell'ottobre del 1975 – a nostro parere, si avviano alcune operazioni. Innanzitutto i colleghi che lavoravano all'epoca – io non ero ancora in magistratura – non hanno nessuna collaborazione, né da parte delle forze di polizia italiane né da parte delle comunità del law enforcement internazionale.
  In particolare, gli Stati Uniti, che già disponevano nel 1976 di una serie di informazioni a seguito dell'attentato dell'ambasciatore Letelier, non le comunicano agli italiani e anche alle richieste della commissione rogatoria italiana non rispondono per molti anni. In realtà, gli Stati Uniti sanno che l'attentato nei confronti di Letelier è stato compiuto dal gruppo CERO, lo stesso gruppo che ha rivendicato l'attentato a Leighton in Italia e i cui nominativi sono in un dattiloscritto che è all'interno della base di via Sartorio, dove si trovavano Concutelli e Delle Chiaie. Questo documento, devo dire, non viene esaminato nemmeno dall'autorità giudiziaria. Sono metodi di lavoro che noi forse abbiamo imparato nel tempo e allora vengono trascurati, ma la cosa singolare è che per i nomi contenuti in questo documento, cioè i nomi degli operativi del gruppo CERO, coloro che l'anno successivo commetteranno l'attentato a Washington, non vengono nemmeno fatti i cartellini. Voi sapete che il servizio di informazione, il servizio segreto, quando ha un nome, soprattutto un nome di uno straniero, fa il cartellino.

  GERO GRASSI. Anche per gli italiani.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Sì, però, a maggior ragione, con il nome di uno straniero trovato all'interno di una base. Lì avevamo dei nomi con dei numeri di telefono, ma non ci sono i cartellini, non furono fatti. Pag. 8
  Vi sono alcune cose molto singolari di questa documentazione che viene esaminata. Questo documento dattiloscritto ha vari nomi spagnoli e poi è diviso in varie parti. C'è una parte con dei nomi in italiano che comincia con «Andrea». Andrea è, in realtà, Andrés. Il nome di copertura è Andrés, ed è Michael Townley, ma questo noi lo scopriamo nei primi anni Novanta. La trascrizione che viene fatta di «Andrea» dal SID è «Andrés». È un elemento di sospetto, di intuizione; non è una prova, però è un elemento significativo. Sarebbe stato forse ragionevole il contrario, cioè se io avessi «Andrés» e venisse trascritto «Andrea», ma era scritto «Andrea» e viene trascritto «Andrés». Quindi, io deduco che questo nome fosse conosciuto da chi ha effettuato la trascrizione. Ma non sono questi gli elementi significativi delle possibili operazioni di copertura.
  Innanzitutto, quando vengono resi noti i nomi di copertura di Townley attraverso un articolo di stampa di un certo John Dinges, il giudice istruttore chiede all'Ufficio politico allora, attualmente DIGOS, di fare un accertamento sugli effettivi pernottamenti. La risposta è negativa.
  Quando vi saranno le dichiarazioni dei collaboratori che, invece, parleranno di questo e del cileno/americano che è arrivato e che si chiamava con quei nomi, il giudice istruttore acquisisce i cartellini e trova che effettivamente non solo aveva soggiornato con quei nominativi, ma addirittura aveva cambiato nome e albergo il giorno dell'omicidio, dell'attentato.
  L'elemento, a mio parere, più significativo di quest'attività di copertura è costituito da un documento. Nell'immediatezza, due o tre giorni dopo l'attentato, arriva una comunicazione al Servizio militare, una comunicazione che indica che otto Carabineros diretti dal capitano Rios nel luglio del 1975 erano venuti per fare una ricognizione ed erano i responsabili dell'attentato.
  L'informazione è vera, come ricorderete, perché effettivamente erano venuti i Carabineros, che non avevano ottenuto il risultato, però questa informazione viene trasmessa alla polizia giudiziaria e all'autorità giudiziaria con alcune modifiche, con un'annotazione manoscritta che indica che queste informazioni non devono essere date. Quindi, viene data una comunicazione, alla polizia prima e alle autorità giudiziarie poi, secondo cui otto cileni sarebbero venuti a commettere l'attentato e la fonte di questa informazione sarebbe il Movimento di sinistra rivoluzionaria, il MIR. In un'informativa di pochi giorni dopo viene indicato che probabilmente l'attentato è maturato nell'ambito della estrema sinistra cilena per eliminare una parte dell'opposizione politica all'estero.
  Potrei parlarvi ancora per ore. So che la vostra pazienza è già al limite.
  Questo è un processo nel quale, per esempio, è stata individuata, credo per la prima volta sul piano giudiziario, l'Operación Condor. Abbiamo trovato i documenti istitutivi della Operazione Condor, che io ho qui, cioè lo scambio di corrispondenza tra la centrale occulta della DINA e la centrale occulta del SIDE. C'è proprio scritto: «Guarda che Rowlson – l'ufficiale del SIDE – è SIDE, ma non il SIDE ufficiale, è il SIDE occulto». È proprio scritto nel documento. Poi c'è tutta la discussione su come fare l'Operación Condor. È anche proprio nominata l'Operación Condor, l'operazione per eliminare gli oppositori nel cono sud dell'America latina.
  Anche in Paraguay poi, approfittando della caduta di Stroessner, con il generale Scriccia siamo entrati, forse tra i primi, nell'archivio della polizia segreta di Stroessner e abbiamo trovato il documento a firma di Manuel Contreras Sepulveda, il capo del servizio cileno, che autorizzava la partecipazione degli ufficiali l'Operación Condor.
  È un processo veramente straordinario. Per me è stata un'esperienza unica e irripetibile. Ci tengo a sottolineare che è un processo, a mio parere, basato su elementi probatori estremamente forti, documentali, che ha retto al vaglio di una Corte d'assise non benevola, nel senso che certamente non era «addomesticata».
  Io ho premesso che ho avuto qualche timore a parlarvi di questo, perché non solo credo che non ci sia nessun collegamento Pag. 9 di tipo processuale, ma credo che vi sia stata a quell'epoca una cesura anche all'interno degli apparati di sicurezza. Penso che nel periodo dell'omicidio Moro sia un altro settore degli apparati di sicurezza che era rilevante, quello che poi vedremo consolidarsi in quel periodo e che potrebbe essere interessante per la gestione della fase del sequestro Moro, quello che poi fa riferimento a Santovito, a Musumeci e a tutto quel gruppo.
  Non vorrei introdurre degli elementi di confusione, però voi mi avete chiesto di darvi uno spaccato. Lo spaccato comunque può essere utile, perché credo che pochi procedimenti come questi abbiano consentito di entrare all'interno della vita di un servizio segreto, non solo perché allora ci fu il passaggio di potere nei vari Paesi dell'America Latina, ma perché vi era stata una premessa. Vi era stata nel 1978, se non ricordo male, quasi una guerra tra Argentina e Cile per il controllo del Canale di Beagle, per cui il SIDE, il servizio segreto argentino, su ordine del Governo e per prevenire le possibili attività di spionaggio, aveva utilizzato le conoscenze dell'Operación Condor per eliminare tutto il servizio segreto occulto cileno, la struttura occulta operativa, che era una struttura operativa seria. Il capo di questa struttura, Enrique Arancibia Clavel, assassinato poi nel 2011 in circostanze mai chiarite, era anche il responsabile di un'operazione «sporca» che era stata fatta in Cile nel 1970 con l'omicidio di un altissimo ufficiale contrapposto ad Allende, di cui si era tentato di far ricadere la colpa all'estrema sinistra; era uno dei meccanismi per innescare un'azione militare. Sfortunatamente per chi l'aveva organizzata, l'operazione non aveva raggiunto l'obiettivo previsto ed Enrique Arancibia Clavel, che era esponente di movimenti di estrema destra, era stato individuato.
  Quindi, si tratta di una struttura operativa molto seria. Viene smantellata e viene preso l'archivio di questa parte del servizio segreto. Quindi, quando noi abbiamo ottenuto che ci venisse consegnato questo materiale, abbiamo avuto il materiale originale integrale, non selezionato, operativo di un servizio segreto. Dal punto di vista storico, è un'opportunità straordinaria.

  PRESIDENTE. Prima di passare la parola per le domande ai colleghi, solo due cose. Sulle anomalie nelle relazioni dei nostri Servizi, che lei ha ricordato – la singolarità del nome Andrea tradotto in spagnolo, l'attribuzione al MIR di otto soggetti – è stata data una risposta? Perché questi errori?

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. No, però l'abbiamo individuata...

  PRESIDENTE. È stata data dopo una richiesta?

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. No, non l'abbiamo richiesta. Questi fatti sono del 1975. Noi li acquisiamo nel 1993, quindi a quasi vent'anni di distanza, probabilmente con una struttura completamente diversa. Li abbiamo rappresentati alla Corte come elementi di valutazione.

  PRESIDENTE. Quindi, non si è andati avanti su questo punto. Però, insomma, mi sembra abbastanza evidente che o hanno guardato male o hanno capito troppo.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Su questo noi dobbiamo entrare in un'ottica che è diversa da quella attuale. Nel 1975 questo lo dice il capo della struttura dell'FBI nel cono sud del continente americano. Sono dichiarazioni, anche processuali, che abbiamo acquisito. Questa, però, ce l'abbiamo attraverso Vinciguerra, non attraverso lui, ma attraverso Vinciguerra, che lo riferisce.
  Si riteneva di stare combattendo una guerra e che in questa guerra vi fossero varie componenti. La componente dell'estrema destra rivoluzionaria era una componente che veniva utilizzata, che faceva parte di questo movimento.

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  PRESIDENTE. Era tra le divisioni di guerra in gioco?

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Diciamo di sì. Questo lo dice Vinciguerra: «Allora eravamo dalla stessa parte della barricata».

  FEDERICO FORNARO. Chiedo scusa perché, purtroppo, poi devo assentarmi, perché sono relatore di un provvedimento e ci sono delle audizioni.
  Vorrei cogliere quest'occasione intanto per ringraziare il dottor Salvi per questo inquadramento storico oltre che giudiziario, a mio giudizio molto importante perché ci aiuta ad alzare un po’ gli occhi e capire all'interno di quale contesto sia il caso Moro. Ed è per questo che chiedo di passare in seduta segreta.

  PRESIDENTE. Proseguiamo in forma segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica)

  GAETANO PIEPOLI. Vorrei ringraziare il dottor Salvi per il suo contributo. Intanto ho fatto a suo tempo richiesta di questa audizione perché sono assolutamente convinto che senza una consapevolezza di scenario, e di scenario non precario, anche l'indagine che noi stiamo svolgendo con molta diligenza e anche, forse, con un eccesso di ambizione rischia di essere un po’ condannata alla casualità.
  Vorrei poi chiedere questo: tutta questa parabola ha poi un punto finale – ferma restando l'autonomia e anche la mancanza di elementi di verifica, se non quelli frutto magari di una fantasia piuttosto che di un dato probatorio – con l'omicidio Occorsio. L'omicidio Occorsio, del luglio 1976, è, da un lato, forse legato anche soggettivamente a quei protagonisti che lei ha evocato, perché là mi pare che c'entri Concutelli, se non sbaglio.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Sì.

  GAETANO PIEPOLI. Quindi, sembra segnare l'acme, però anche la fase di conclusione di una presenza di una matrice, di cui lei ha giustamente già parlato, che ha caratterizzato gli anni precedenti, per poi immediatamente rimanere assolutamente sommersa. Invece riparte con schemi che, più o meno, evocano quello a cui lei prima ha fatto riferimento e di cui anche il presidente Fioroni le chiedeva, cioè secondo lo schema dell'eversione, questa volta, di sinistra, non più nella forma della «soffiata» del MIR, ma piuttosto dei gruppi dell'eversione di sinistra e, in particolare, delle Brigate rosse.
  Io le chiedo se tutto questo scenario aiuta a fare una riflessione su un periodo per il quale le difficoltà che lei ha evocato fanno sì che ci sia ancora una difficoltà a creare una memoria condivisa di questa pagina della storia italiana.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Credo che la vicenda Occorsio abbia solo un collegamento soggettivo, quello che lei ha ricordato, e di contesto, perché, secondo la ricostruzione che è stata fatta, l'omicidio sarebbe maturato nell'ambito del percorso di tentativo di unificazione, che non sarebbe andato a buon fine, tra Avanguardia nazionale e Ordine nuovo, dopo lo scioglimento di Ordine Nuovo decretato a seguito del procedimento trattato dal dottor Occorsio.
  Però non è mai stata raggiunta la prova che l'omicidio Occorsio fosse stato commesso nell'ambito di quell'accordo con Avanguardia nazionale e, quindi, non credo che si possa fare un...

  GAETANO PIEPOLI. Una sovrapposizione.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. No. Pag. 11
  Credo che, mentre per l'omicidio di Leighton si parla proprio di questo ... Ricordo, però, che nella riunione di Albano, se non ricordo male, dopo l'attentato del 1975, vi sarebbe stata proprio una contestazione a Delle Chiaie e a Concutelli per il fatto che Concutelli aveva sparato a un vecchietto e a una vecchietta. Questo fu un elemento che introdusse un po’ una frizione, della sabbia in questo ingranaggio che era in corso.
  Fuoriesce dalle mie competenze dare una valutazione sulla memoria condivisa. Se me lo chiede, forse vorrei dire che credo che anche la memoria storico-politica si debba basare sul rigore della ricostruzione. Non può basarsi su una qualità della valutazione di ciò che viene raccolto diversa da quella giudiziaria. È diverso il tipo di connessione che si fa, ma la certezza sull'elemento su cui ci si basa non può essere diversa.
  Quindi, una delle ragioni per le quali io avevo una preoccupazione a esporre queste mie conoscenze è che la trasposizione di questo in un altro contesto e a tre anni di distanza può essere fuorviante.

  PRESIDENTE. Quindi, ci invita a non dedurre...

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Sì, per carità, voi siete la Commissione e siete molto più...

  PRESIDENTE. Però, ammetterà che è singolare ed è comunque rilevante che Leighton venga inserito in una lista, e non ho capito chi è che ce lo inserisce, se l'autorità cilena...

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Ce lo inserisce Manuel Contreras Sepulveda, che è il capo del servizio segreto, attraverso Eduardo Iturriaga Neumann.

  PRESIDENTE. Ma ce lo inserisce perché è preoccupato che la svolta italiana possa ricadere sulla svolta cilena, o lo fanno preoccupare altri che questa cosa potrebbe danneggiare...?

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. No, la loro preoccupazione è tutta interna; non riguarda però la situazione in Cile, ma la situazione cilena nella posizione all'estero. Temono – da quello che ho capito, perché poi non è che sia molto sviluppata questa parte – che, realizzandosi il compromesso storico in Italia...

  PRESIDENTE. Si realizzasse anche in Cile?

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. No, non è questo.
  Temono che questo favorisca l'unificazione delle opposizioni cilene per le quali sta lavorando Leighton.

  GAETANO PIEPOLI. Sul modello del compromesso storico.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Non so se mi sono spiegato.

  PRESIDENTE. Sì.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Il loro interesse è molto piccino, non è una grande missione.

  PRESIDENTE. Quindi, non c'è un'influenza generale.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Da quello che ho capito io no. È il fatto che loro vedono che l'opposizione è frammentata.

  PRESIDENTE. E questo è un bene per loro.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Per loro è un bene. A un certo Pag. 12punto, che cosa succede? L'Italia in quel periodo ha dato un apporto fortissimo alla resistenza cilena. Dovete considerare che in quel momento in ambasciata in Cile ci sono gli esuli cileni che sono stati accolti dall'ambasciatore. L'Italia ha ritirato l'ambasciatore, finanzia i movimenti di opposizione cileni, accoglie qui e tratta bene gli oppositori. Quindi, è un Paese importante per loro. Da quello che si legge la loro grande preoccupazione è che Leighton possa unificare le opposizioni cilene, utilizzando quello che si stava verificando. Almeno questo è quello che io ho capito.

  PRESIDENTE. Questo è suggestivo. La struttura del Servizio occulto, le coperture... La cosa che non torna in tutto questo discorso è che, se fosse stata una cosa del Cile – adesso facciamo un'analisi storica e non giudiziaria – contro le scelte di politica estera italiana, è singolare che i Servizi italiani, senza una relazione atlantica, coprano i Carabineros e conoscano quello che viene qua a uccidere un dirigente della DC cilena, che era uno di quelli più vicini a livello internazionale alla DC italiana.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Certo.

  PRESIDENTE. Quindi, quella svista dei Servizi è una cosa anomala, se non si ipotizza un'eterodirezione che non sia quella politico-istituzionale.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Questa è una chiave di lettura. Un'altra chiave di lettura è che non c'è bisogno di un'eterodirezione, perché c'è un tale processo di osmosi, in quel periodo, tra i Servizi dei vari Paesi e, in particolare, gli Stati Uniti e l'Italia.

  PRESIDENTE. In questa operazione – devo dire che su questo mi ha convinto – è il Cile che di suo decide «Eliminiamo questo, perché, se per caso fanno in Italia il compromesso storico, c'è una svolta all'unificazione anche per le opposizioni cilene e questo complica la vita del regime», e questo non fa una piega, è un ragionamento che funziona. È singolare, però, visti i nostri legami, che sotto il Governo legittimo della Repubblica i Servizi di quella Repubblica che ospita gli esuli e finanzia i contrari al regime coprano quelli che sono venuti qua ad ammazzare il dirigente del partito a livello internazionale maggiormente solidale con la Democrazia cristiana.
  Questo è un problema. O c'entravano i Servizi cileni, o c'era una parte dei nostri Servizi che già funzionava in altro modo.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Sì, però non è una novità, nel senso che nel 1977 vi è la legge di riforma dei Servizi proprio per questo.

  PRESIDENTE. No, non è una novità, è chiaro, ma noi abbiamo fatto sempre le riforme dei Servizi e ogni volta ci siamo sempre domandati se li riformavamo per renderli autonomi, o li riformavamo per cambiare padrone. Però, questo è un dibattito storico.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. In quel periodo il SID, dopo il passaggio dal SIFAR – avvenuto sempre per ragioni di infedeltà che vi erano state – viene, a sua volta, coinvolto nella sua dirigenza in una serie di fatti estremamente gravi, che sono molto più gravi anche di quelli di cui stiamo parlando adesso e che hanno costituito oggetto di indagini da parte delle autorità di Milano, di Roma, di Padova. È un clima. Per questo dico che bisogna contestualizzare.

  PRESIDENTE. Non voglio farle dire di più, è solo per arrivarci io; accertata la devianza, ci sono due grandi tipologie di devianza: la devianza per infedeltà e tornaconto di vario genere dei singoli e la devianza perché noi potremmo non avere avuto il Servizio occulto, ma potremmo aver avuto una filiera di comando dentro il Pag. 13Servizio occulto che rispondeva a una fedeltà diversa.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Questo è sicuro.

  PRESIDENTE. Questa metodologia credo che possa essere entrata dal 1975 in poi fino ad arrivare dentro la vicenda Moro.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Sì, fino a un certo punto, perché quella filiera viene cambiata. Ne arrivano altri, che hanno altre fedeltà e che avviano altri meccanismi. Corrisponde un po’ a quello che succede nel Paese, secondo me. La parte più compromessa con i settori stragisti e con una politica di questo genere anche degli Stati Uniti viene allontanata ed entra un settore più affaristico di una catena di fedeltà.
  È un po’ quello che succede se voi, visto che avete lavorato molto anche su Gladio, andate a vedere le nostre requisitorie, poi non seguite dalla Corte d'assise (ma io continuo a essere convinto che la ricostruzione che abbiamo fatto sia comunque inoppugnabile, al di là delle conseguenze penali di questo): noi abbiamo individuato con precisione addirittura il giorno in cui vi è stato il mutamento di approccio rispetto a questa struttura, perché ritenuta compromessa – a torto o a ragione non ha importanza – con un approccio del passato, che è nel 1973.
  Adesso la data precisa non me la ricordo, ma, attraverso una consulenza archivistica...
  La trasformazione dell'archivio è indicativa di questo mutamento. Secondo me, l'acquisizione più importante, ancora una volta, non è una consulenza storica, ma è una consulenza archivistica. È la prima consulenza di questo genere.
  La consulenza archivistica ti consente di approcciare il dato storico attraverso una conoscenza di carattere scientifico, perché ti dà quegli elementi indubitabili, per esempio la progressione della strutturazione dell'archivio, la sua modificazione e, quindi, come vengono archiviati i documenti. Come vengono archiviate le cose è un dato di fatto e può avere conseguenze enormi dal punto di vista dell'interpretazione dei fatti.
  Noi abbiamo ritenuto, attraverso questo, di situare in quella data la trasformazione della struttura, causata dal timore che fossero stati coinvolti in fatti di terrorismo. Non ha importanza, da questo punto di vista, che fosse giusta o sbagliata quella percezione, ma, preoccupati di questo, avviene questa modifica. È un po’ quello che, a partire da quel periodo, si verifica all'interno del Servizio fino al taglio che avviene nel 1977. Subentra poi la fase affaristica del Servizio, che è quella successiva.

  PRESIDENTE. Io mi ritengo più che soddisfatto.

  GERO GRASSI. Grazie, dottor Salvi, anche per la lezione di storia, perché noi siamo sempre gli eredi del Gronchi rosa. Lei si ricorda la storia del Gronchi rosa. Noi negli anni Sessanta sbagliammo i confini, riproducendo l'America latina sulla base dell'atlante geografico del 1939. Lei oggi ci ha fatto una lezione anche di storia.
  C'è un elemento di questa lezione che riconduce al caso Moro. Ne abbiamo parlato in una delle prime audizioni (o dico soltanto come fatto storico): Delle Chiaie sta da una parte e sta dall'altra, perché Delle Chiaie nel caso Moro si inserisce...

  PRESIDENTE. Si faccia capire, però.

  GERO GRASSI. Ne abbiamo parlato qui.

  PRESIDENTE. Sì, ma, siccome il dottor Salvi non c'era...

  GERO GRASSI. Quando è venuto l'onorevole Gerardo Bianco, ha rivelato, riprendendo una vecchia vicenda, che Delle Chiaie, che sta tutto nell'estremismo nero, aveva superato la linea di confine dell'estremismo nero e si era trovato, in un certo periodo della sua vita, a fare un percorso parallelo al brigatismo del caso Moro su una vicenda particolare. Questo lo dico soltanto come fatto storico, così come dico come fatto Pag. 14storico – questa è una domanda che io mi faccio, ma alla quale non sono in grado di dare una risposta – che storicamente la DC cilena è stata la migliore alleata della DC italiana, tant'è che la DC cilena ha avuto anche presidenti dell'Internazionale democratico cristiana. Quindi, quel comportamento che lei ha descritto assume, ai miei occhi, un maggiore grado di anomalia.
  Per la risposta alla domanda che le sto per fare valuti lei se dobbiamo andare in seduta segreta. Gradirei sapere se c'è un interesse della Procura generale sulla posizione del colonnello Camillo Guglielmi, che era il vicecomandante generale di Gladio, capo del settore K.

  PRESIDENTE. Questa è un'altra domanda. Chiudiamo prima la parte cilena.

  GERO GRASSI. Sto «approfittando» della presenza del dottor Salvi.

  PRESIDENTE. Lo facciamo prima rispondere sulla parte cilena.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Innanzitutto mi dispiace di avervi dato l'impressione di aver fatto una lezione, perché era lontanissimo dal mio desiderio.

  PRESIDENTE. Ci siamo anche interessati, quindi le siamo grati.

  GERO GRASSI. Non lo dicevo in senso ironico.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Lo capisco, ma io temo, perché capisco che possa avere dato questa impressione.
  Voi dovete capire, da un lato, che questi fatti mi hanno appassionato, perché queste indagini sono parte della mia vita, e poi che anche a me fa piacere parlarne per ricostruire e per comprendere dei fili che non sempre sono chiari.
  Anche la questione Delle Chiaie, per la verità, direi che appartiene a un periodo molto lontano. Questa, sì, si ricollega all'omicidio di Occorsio, ma solo nel senso che Vittorio Occorsio – che era odiatissimo anche a sinistra, perché era considerato il boia di Valpreda e, quindi, oggetto di attacchi molto duri da parte anche della sinistra – aveva individuato la presenza del Circolo 22 Marzo, se non ricordo male (però mi state facendo un esame, come si dice, «a saltare» nelle vicende della strage del 12 dicembre). Era stato individuato, insieme a Mario Merlino, come il componente di un gruppo di estrema destra improvvisamente convertitosi all'anarchismo insieme al gruppo di Valpreda.
  Quindi, da lì nasce l'inizio delle indagini sull'estrema destra coinvolta nelle stragi del 1969. Parte da due filoni. Uno è quello dei giudici veneti e milanesi, del Nord, che individuano una serie di elementi importantissimi su Freda, Ventura e poi su Rognoni, sul Circolo La Fenice e via elencando. Dall'altro lato, è proprio Occorsio a Roma, il vituperato Occorsio, che invece si accorge di questo e addirittura fa le misure cautelari per la strage nei confronti anche del gruppo dell'estrema destra.
  Anche qui siamo in una modalità operativa dei rapporti con l'estrema destra che è tipica di quegli anni. Voi avete tra i vostri consulenti Guido Salvini, che è il massimo esperto in materia e vi può parlare delle strategie che, in quel periodo, sono state attuate, a partire dalle esperienze francesi in Algeria, sostanzialmente, e soprattutto in Vietnam, di guerra non convenzionale. Salvini ha lavorato molto su tutto questo, ma siamo in un filone, a mio parere, molto diverso da quello in cui ci troviamo dopo.
  Questo per quanto riguarda la questione Delle Chiaie. Quindi, non direi che abbia nessuna possibilità di collegamento con vicende diverse, con brigatisti o altro. Gli anarchici di Pietro Valpreda sono gruppi veramente improbabili...

  GAETANO PIEPOLI. Pittoreschi.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Pittoreschi, violenti, che avevano esplosivo. Non è che fossero innocui. Le Pag. 15Brigate rosse sono strutture solide, con una forte ideologia e una buona strutturazione. Sono cose diverse. A mio parere, non c'è nessuna possibilità di collegamenti di questo genere.
  Per quanto riguarda l'altra domanda che lei mi ha fatto, dovremmo passare in seduta segreta.

  PRESIDENTE. Continuiamo in forma segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.

  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica)

  GERO GRASSI. Gli elenchi di Gladio confluiti nella famosa cartella con la dicitura «Via Monte Nevoso», quelli, per intenderci, Padulo-Mancuso, ritrovati nell'archivio DIGOS di Roma, contenevano i 622 nomi veri di Gladio, o c'erano altri elenchi?

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Anche su questo c'è il lavoro che abbiamo fatto e di cui ho parlato prima.
  Innanzitutto la struttura K, di cui parlava prima, non corrisponde a Gladio, ma è una struttura operativa costituita all'interno del Servizio per attività operative. Capo Marrargiu era un luogo dove si addestravano tutti coloro che svolgevano attività particolarmente segrete e operative. Quindi, il fatto di andare a Capo Marrargiu non vuol dire che si faccia parte di Gladio. Avevo dimenticato di rispondere a questa parte della sua domanda.
  Per quanto riguarda i 622, la lista corrisponde effettivamente a persone che hanno fatto parte della struttura così come riconosciuta negli elenchi ricostruiti dopo il 1973. Noi non possiamo dire se prima del 1973 vi fossero altre persone, diverse da quelle che sono indicate nell'elenco.
  Sappiamo per certo che vi erano elenchi di persone che avrebbero dovuto essere mobilitate in caso di invasione. Questa era la struttura di Gladio, con le deviazioni che noi riteniamo di avere accertato. Vi erano la Brigata Osoppo e altre strutture simili. La Osoppo conteneva, dice Gismondi, cioè il suo responsabile, circa 3.000 persone. Gli elenchi della Brigata Osoppo sono stati distrutti anche questi nel 1973. Quindi, sicuramente in epoca antecedente al 1973 vi era questa situazione.
  Quando poi il generale Serravalle sostituisce i precedenti dirigenti in questo clima di grande preoccupazione per il possibile coinvolgimento del Servizio in fatti gravissimi, si accorge che, in realtà, la struttura negli ultimi anni era cambiata radicalmente, e ci pensate, era normale e naturale che questo si verificasse. Da struttura anti-invasione aveva cominciato a funzionare in maniera diversa. Per esempio, non era previsto che i componenti di una cellula in cui si articolava questa struttura si frequentassero e facessero riunioni. Invece, facevano riunioni, nelle quali discutevano anche di politica.
  Quando Serravalle si accorse di questo, si accorse di un'estrema pericolosità di quello che si era costruito. Quando avviene la strage di Peteano, non si è mai provato che l'accenditore a strappo utilizzato nella 500 «trappolata»... L'accenditore a strappo innesca l'esplosivo. Funziona perché tirando si attiva un elemento che è all'interno dell'accenditore, che, di conseguenza, fa detonare l'esplosivo. Dal deposito NASCO di Aurisina mancano sia una parte di esplosivo significativa, sia alcuni accenditori a strappo e ci sono, in più, delle armi che non ci sarebbero dovute essere. Non si è mai provato che effettivamente accenditore ed esplosivo facessero parte di quel NASCO. Però io credo indubitabile e certo che, invece, nel Servizio si sia temuto seriamente che fosse così. Tant'è vero che in quel momento, quando viene scoperto il deposito di Aurisina, c'è una grande agitazione all'interno della struttura A quel punto, si tirano fuori tutti i NASCO e si avvia tutto quel processo che nel 1973 viene poi formalizzato.
  Questa grande preoccupazione porta poi all'intervento di un generale dell'Arma, che è stato condannato per questo fatto, che interviene per sviare le indagini su Peteano, che avevano preso la pista di Vinciguerra, Cicuttini e gli altri del gruppo degli ordinovisti Pag. 16 veneti. La ragione di questo è la preoccupazione che venisse rivelato.
  Ho dimenticato la domanda originaria.

  GERO GRASSI. La domanda era se i 622 erano...

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. La risposta è sì. Quando viene fatta la tumultuosa ricerca di questa lista... Se ne formano diverse, con 610, con 640 nomi, perché si fanno le scremature. Noi le abbiamo prese tutte quante e le abbiamo esaminate. Ci sono tante cose strane. Ci sono alcuni nomi che sembrano negativi, ma invece risultano avere delle indicazioni di positività negli archivi. Insomma, tante piccole cose, ma la sostanza è abbastanza corrispondente. Però ci dice che cosa è successo dal 1973 in poi. Noi non sappiamo cosa sia successo prima del 1973.

  GERO GRASSI. Nella sua esperienza professionale lei si è occupato di Gladio, delle Brigate Rosse, del caso Moro. In queste vicende ritiene di poterci dire se ha visto più di un elenco di Gladio? Quanti elenchi di Gladio ha visto, tra BR, caso Moro e lo stesso filone Gladio? È una domanda connessa a quella precedente. In parte ha già risposto.

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Gli elenchi io li ho visti nel processo Gladio. Sono quelli che le stesse forze di polizia, su richiesta del Presidente del Consiglio Andreotti, hanno cercato di fare nel 1990, in collaborazione coi Servizi, vedendoli e facendo poi i lavori. Quindi, se ne sono trovate più di una di queste liste, anche perché sono state in fieri. Prima ne è stata fatta – poniamo – una di 640, poi alcuni dicono: «No, questi erano negativi, non c'entravano. Per questi non è stata fatta la richiesta». Alla fine sono rimasti 622.
  Però, che io ricordi, non mi pare che in attività relative alle Brigate rosse in generale o al sequestro dell'onorevole Moro siano emerse, in circostanze diverse, delle liste di nominativi di Gladio. Questo non mi risulta.
  Direi di no, quindi. La mia risposta dovrebbe essere «no», a meno che non mi sbagli. Le liste diverse sono tutte relative al procedimento Gladio del 1990.

  GERO GRASSI. Procuratore, le risulta vero che il generale Gianadelio Maletti, prima di scappare a Johannesburg, all'inizio degli anni Novanta, abbia incendiato l'archivio, o parte dell'archivio di Gladio?

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. No, l'archivio di Gladio sicuramente no. Se abbia distrutto le sue carte, non glielo so dire. Questa è una risposta che non le so dare.
  Certamente non vi è stato nessun intervento sull'archivio di Gladio, anche perché le uniche carte che risultano bruciate nell'ambito dei processi sono quelle che vi ho detto della Brigata Osoppo e delle altre strutture analoghe e quelle che furono bruciate nel 1990 a Capo Marrargiu, che erano i quaderni dei gladiatori, che noi abbiamo ritenuto essere stati distrutti per evitare che si potesse vedere quale tipo di addestramento veniva dato.

  GAETANO PIEPOLI. La vostra attività giudiziaria, e quindi anche di interrogatorio di Michael Townley, arriva dopo che in Argentina e in Cile questa persona è già stata identificata nella sua presenza nell'Operazione Condor, o la vostra iniziativa è stata addirittura preliminare rispetto a questo?
  Seconda domanda: lei, giustamente, ci richiama a un dato inoppugnabile: innanzitutto la verità giudiziaria è quella acquisita, il resto è fondamentalmente un tentativo, o anche un bisogno di ricostruire linee di dinamiche storico-politiche che, in mancanza di una base probatoria, suggellata da sentenze, finisce comunque eventualmente con il dare indicazioni per il futuro, ma sostanzialmente non è legittimata per quanto attiene al già acquisito. Lei crede che fondamentalmente ci sia, però, la possibilità di scavare ancora in Pag. 17direzioni mai prese in considerazione su questi problemi di cui abbiamo parlato oggi?

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Che Michael Townley fosse coinvolto in queste vicende si sa da subito dopo l'attentato a Letelier a Washington, perché sostanzialmente Townley ha agito anche contro le indicazioni che gli venivano... Ha fatto un attentato sul suolo americano e, per di più, a Washington, nell'Embassy Row, che è proprio il luogo dove ci sono tutte le ambasciate. Quindi, è stato uno schiaffo per gli Stati Uniti notevolissimo. C'è un giornalista che pubblica subito delle cose che filtrano dal Cile. Due o tre di quei documenti poi ci mettono sulla traccia. Troveremo dopo, invece, l'intero archivio.
  Questo, quindi, si sa già allora, però gli Stati Uniti non collaborano e, come vi ho detto, la pista investigativa muore subito per le risposte negative che vengono in Italia circa la possibilità di trovare quei riscontri. Sembrano fonti giornalistiche non riscontrabili. In realtà, gli Stati Uniti hanno già, all'epoca, una dichiarazione manoscritta di Townley, che poi viene mandata anche in Cile.
  In Cile, però, la situazione è molto difficile perché c'è ancora Pinochet, e Contreras è ancora potentissimo. È un uomo potente quanto Pinochet, perché il capo di quella struttura controlla tante cose. Nel processo c'è un giudice istruttore molto bravo, che si chiama Bañados, che inizia a lavorare su questo, ma con estrema difficoltà. Sostanzialmente, diciamo che tutti sanno, ma nessuno può provare che Townley è coinvolto. Soprattutto non si sa bene in che cosa ed entro quali limiti.
  Quando, dopo il 1990, dopo le sentenze, noi troviamo una serie di elementi molto solidi a carico di Townley, gli Stati Uniti iniziano a collaborare e, quindi, ci consentono un interrogatorio, che è stato molto difficile, perché abbiamo dovuto garantire a Townley un impegno in un colloquio formale con i rappresentanti degli Stati Uniti (tutto verbalizzato e registrato). La Procura della Repubblica non avrebbe potuto garantire né l'immunità né lo sconto di pena, ma, se le dichiarazioni fossero state riscontrate veritiere, si sarebbe impegnata a richiedere e a battersi per ottenere la riduzione di pena.
  A questo punto, Townley ha collaborato e, quindi, noi, con questi elementi di forza, siamo potuti andare in Argentina e in Cile, dove già avevamo iniziato a collaborare, e poi, sulla base di questi nuovi elementi, che abbiamo dato, col consenso degli Stati Uniti, all'Argentina e al Cile, sono stati condannati in Argentina gli autori dell'attentato a Prats e in Cile gli autori dell'attentato a Letelier.

  FABIO LAVAGNO. Dottor Salvi, la ringraziamo per l'esposizione.
  Nel rispondere a una delle precedenti domande lei si è sentito in dovere di chiarire e di precisare che chi ha effettuato l'addestramento a Capo Marrargiu non per forza e non direttamente fosse coinvolto o parte di Gladio. Evidentemente si è sentito in dovere di fare questa precisazione perché la confusione tra chi ha subìto un addestramento volto, come lei ha detto, a operazioni particolarmente segrete è evidente e chiara. La prendo, ovviamente, per buona. Vuole esplicitarla maggiormente, visto che ci serve per fare maggiore chiarezza nei nostri lavori?

  GIOVANNI SALVI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Sì. Su questo c'è anche un processo in Corte d'assise, che vi può rendere chiara questa cosa, che è il processo alla sezione K, in cui c'è Stoppani, l'operativo che avrebbe dovuto sequestrare e, si dice, in caso non vi fosse riuscito, a uccidere – ma questo viene negato da coloro che hanno ammesso l'organizzazione di questa operazione – un terrorista altoatesino, Kienesberger, uno dei quattro della Valle Aurina che aveva assassinato alcuni carabinieri negli anni Sessanta e che l'Austria si rifiutava di estradare, nonostante una sentenza di condanna all'ergastolo.
  Il SISMI organizzò un'operazione per fare questo e se ne incaricò la sezione K. Si trova tutto nella sentenza della Corte d'assise, che ha dichiarato non punibili queste Pag. 18persone, perché avevano costituito una banda armata che si era volontariamente disciolta prima che il reato fine fosse commesso. Questo è importante, perché la Corte d'assise di Roma afferma che la struttura esisteva, che era una struttura illegale, che era armata e che era finalizzata a commettere un reato.
  In questo c'è la risposta, perché Stoppani era stato sottoposto all'addestramento di Gladio, ma non opera come struttura Gladio. Stoppani opera perché viene chiamato per fare quella specifica attività, che «salta» perché lui ha la bella idea di andare alla caserma dei Carabinieri dove erano custodite le armi e non si limita a farsi dare le armi, così come era previsto dal protocollo, ma racconta al capitano che comanda la caserma che le armi gli servono per andare a fare questa bella cosa in Austria. Naturalmente, i Carabinieri hanno subito mandato l'informazione per le vie gerarchiche, è arrivato al Comando generale e, quindi, l'operazione segreta è saltata.
  Questa è la situazione, per cui, se prendete questa sentenza, avete una chiara visione anche della differenza tra le strutture operative e la struttura Gladio.

  PRESIDENTE. Noi ringraziamo il dottor Salvi, che ci ha dato uno spaccato storico interessante, ma anche molto concreto, di un aspetto importante per la nostra inchiesta.
  Ci vediamo la settimana prossima, giovedì alle 14.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.

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