XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 94 di Mercoledì 6 luglio 2016

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione di Mario Fabbri:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Grassi Gero (PD)  ... 4 ,
Fabbri Mario  ... 4 ,
Grassi Gero (PD)  ... 4 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Fabbri Mario  ... 4 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Fabbri Mario  ... 4 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 ,
Fabbri Mario  ... 4 ,
Grassi Gero (PD)  ... 5 ,
Fabbri Mario  ... 5 ,
Grassi Gero (PD)  ... 5 ,
Fabbri Mario  ... 5 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 ,
Fabbri Mario  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Fabbri Mario  ... 6 ,
Grassi Gero (PD)  ... 6 ,
Fabbri Mario  ... 6 ,
Grassi Gero (PD)  ... 6 ,
Fabbri Mario  ... 6 ,
Grassi Gero (PD)  ... 6 ,
Fabbri Mario  ... 6 ,
Grassi Gero (PD)  ... 6 ,
Fabbri Mario  ... 6 ,
Grassi Gero (PD)  ... 6 ,
Fabbri Mario  ... 6 ,
Grassi Gero (PD)  ... 6 ,
Fabbri Mario  ... 6 ,
Grassi Gero (PD)  ... 6 ,
Fabbri Mario  ... 6 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 ,
Fabbri Mario  ... 6 ,
Grassi Gero (PD)  ... 6 ,
Fabbri Mario  ... 6 ,
Grassi Gero (PD)  ... 6 ,
Fabbri Mario  ... 6 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Fabbri Mario  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Fabbri Mario  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Fabbri Mario  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Fabbri Mario  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Fabbri Mario  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Fabbri Mario  ... 7 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 ,
Fabbri Mario  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Fabbri Mario  ... 7 ,
Fornaro Federico  ... 7 ,
Fabbri Mario  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 7 ,
Fabbri Mario  ... 7 ,
Grassi Gero (PD)  ... 8 ,
Fabbri Mario  ... 8 ,
Grassi Gero (PD)  ... 8 ,
Fabbri Mario  ... 8 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Fabbri Mario  ... 8 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Fabbri Mario  ... 8 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Fabbri Mario  ... 8 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Grassi Gero (PD)  ... 8 ,
Fabbri Mario  ... 8 ,
Grassi Gero (PD)  ... 8 ,
Fabbri Mario  ... 8 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 ,
Grassi Gero (PD)  ... 8 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Grassi Gero (PD)  ... 9 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Fornaro Federico  ... 9 ,
Fabbri Mario  ... 9 ,
Fornaro Federico  ... 10 ,
Fabbri Mario  ... 10 ,
Grassi Gero (PD)  ... 10 ,
Fornaro Federico  ... 10 ,
Fabbri Mario  ... 10 ,
Fornaro Federico  ... 10 ,
Fabbri Mario  ... 10 ,
Fornaro Federico  ... 10 ,
Fabbri Mario  ... 10 ,
Fornaro Federico  ... 10 ,
Fabbri Mario  ... 10 ,
Fornaro Federico  ... 10 ,
Fabbri Mario  ... 10 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 ,
Fabbri Mario  ... 10 ,
Fornaro Federico  ... 10 ,
Fabbri Mario  ... 10 ,
Fornaro Federico  ... 10 ,
Fabbri Mario  ... 11 ,
Fornaro Federico  ... 11 ,
Fabbri Mario  ... 11 ,
Fornaro Federico  ... 11 ,
Fabbri Mario  ... 11 ,
Fornaro Federico  ... 11 ,
Fabbri Mario  ... 11 ,
Fornaro Federico  ... 11 ,
Fabbri Mario  ... 11 ,
Fornaro Federico  ... 11 ,
Fabbri Mario  ... 11 ,
Fornaro Federico  ... 11 ,
Fabbri Mario  ... 11 ,
Fornaro Federico  ... 11 ,
Fabbri Mario  ... 11 ,
Fornaro Federico  ... 11 ,
Fabbri Mario  ... 11 ,
Fornaro Federico  ... 11 ,
Fabbri Mario  ... 11 ,
Fornaro Federico  ... 12 ,
Fabbri Mario  ... 12 ,
Fornaro Federico  ... 12 ,
Fabbri Mario  ... 12 ,
Fornaro Federico  ... 12 ,
Fabbri Mario  ... 12 ,
Fornaro Federico  ... 12 ,
Fabbri Mario  ... 12 ,
Bolognesi Paolo (PD)  ... 12 ,
Fabbri Mario  ... 12 ,
Bolognesi Paolo (PD)  ... 12 ,
Fabbri Mario  ... 12 ,
Bolognesi Paolo (PD)  ... 12 ,
Fabbri Mario  ... 12 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 ,
Bolognesi Paolo (PD)  ... 12 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Fabbri Mario  ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Bolognesi Paolo (PD)  ... 13 ,
Fabbri Mario  ... 13 ,
Fornaro Federico  ... 13 ,
Fabbri Mario  ... 13 ,
Grassi Gero (PD)  ... 13 ,
Fabbri Mario  ... 13 ,
Grassi Gero (PD)  ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Grassi Gero (PD)  ... 13 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 ,
Fornaro Federico  ... 13 ,
Fabbri Mario  ... 13 ,
Fornaro Federico  ... 13 ,
Fabbri Mario  ... 13 ,
Fornaro Federico  ... 13 ,
Fabbri Mario  ... 14 ,
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 14 

(La seduta termina alle 15.20) ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.25.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che, nel corso dell'odierna riunione, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di:

   incaricare il dottor Salvini e il dottor Donadio di approfondire i contenuti delle dichiarazioni rese nel 2009 da Francesco Fonti in relazione a forme di collaborazione tra i servizi segreti e la criminalità durante il sequestro Moro, nonché di formulare proposte operative in relazione agli esiti dell'escussione di una persona informata dei fatti;

   incaricare la dottoressa Tintisona di approfondire le proposte istruttorie inviate dall'onorevole Grassi in relazione alla scena del crimine di via Fani;

   richiedere al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di fornire eventuale documentazione di interesse con riferimento all'attività dell'ambasciata italiana a Beirut nel periodo febbraio – luglio 1978;

   incaricare il dottor Salvini, il dottor Siddi, il sostituto commissario Sensi e il maresciallo Mezzetti di acquisire sommarie informazioni testimoniali da due persone informate dei fatti;

   autorizzare il dottor Siddi a avviare una procedura di assistenza giudiziaria con la Corte federale di giustizia tedesca in relazione alla tematica dei rapporti tra BR e RAF.

   Comunico inoltre che:

   il 30 giugno 2016 il generale Scriccia ha depositato un contributo, riservato, sulle infiltrazioni realizzate dalle forze di polizia nelle Brigate Rosse, e una nota, segreta, relativa a documentazione riguardante Duccio Berio messa a disposizione dall'AISE;

   il 5 luglio 2016 l'Archivio storico del Senato ha trasmesso, come richiesto, due documenti, di libera consultazione, appartenenti all'archivio della Commissione Stragi, relativi a Volker Weingraber, agente dei servizi segreti tedeschi attivo in Italia nel 1978-1980;

   nella stessa data la dottoressa Picardi, la dottoressa Tintisona e il generale Scriccia hanno depositato il verbale, riservato, di sommarie informazioni testimoniali rese da Maria Vozzi;

   nella stessa data l'onorevole Grassi ha inviato una nota, riservata, relativa ad accertamenti sulla scena del crimine di via Fani;

   in data 6 luglio 2016 il colonnello Occhipinti ha depositato un rapporto, riservato, dello SCICO su una società;

   nella stessa data il dottor Donadio ha depositato una serie di quesiti, riservati, relativi all'audizione di Mario Fabbri;

   nella stessa data il dottor Siddi ha depositato due proposte istruttorie relative ai rapporti tra BR e RAF.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Seguito dell'audizione di Mario Fabbri.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del dottor Mario Fabbri, iniziata nella seduta del 29 giugno scorso.
  Iniziamo subito con le domande. Hanno chiesto di intervenire il senatore Fornaro, l'onorevole Grassi e l'onorevole Bolognesi. Poi alcune domande devo fargliele anch'io.

  GERO GRASSI. Si legge da qualche parte – se vuole posso essere anche più preciso – che Maccari parli di un esborso da parte del SISDE di un miliardo e mezzo di lire per la vicenda Nicaragua. Lei come se lo spiega?

  MARIO FABBRI. Io questa cosa l'ho letta già in Internet anni fa. Non mi posso spiegare nulla perché è una balla.
  Siccome io ho vissuto la questione, le posso dire che le missioni in Nicaragua sono state due: la prima era quella di Parolisi, che andò solo col suo agente Napolitano e spesero, se non ricordo male, sui 15 milioni di lire; la seconda è quella che ho fatto io e non mi pare che abbiamo superato i 23 o 25 milioni di lire. Questo è tutto, è tutto documentato al Servizio e c'è il rendiconto. Quindi, lo potete chiedere al Servizio e ve ne rendete conto.
  Che l'abbia detto Maccari... Io lo lessi, ma mi pare che venisse da un'altra persona. Ho letto questo che mi dice lei.

  GERO GRASSI. L'ha detto proprio Maccari.

  PRESIDENTE. Glielo cito, dall'audizione di Germano Maccari presso la Commissione stragi del 21 gennaio 2000.. Il presidente Pellegrino dice: «Ora che gliel'ho detto, la inviterei a riflettere su un fatto che lei stesso ci ha raccontato. Perché il SISDE si prende il fastidio di andare in Nicaragua per farsi dare da Casimirri quello che era un depistaggio rispetto alla sua identità? Può escludere che il SISDE avesse paura che lei in via Montalcini avesse saputo qualche cosa, che forse poi non ha saputo, che poteva in qualche modo rivelare?». Maccari risponde: «Facevano prima a eliminarmi fisicamente, anziché andare lì a spendere un miliardo e quattrocento milioni per parlare con Casimirri».

  MARIO FABBRI. E chi le ha dette queste cose?

  PRESIDENTE. Maccari.

  MARIO FABBRI. E le ha sentite da chi?

  PRESIDENTE. No, Maccari dice solo questo.

  MARIO FABBRI. Sinceramente non so che dirle. Per me la cosa è falsa, nel senso che le spese sono quelle che le ho detto io, ed è tutto verificabile. Io lessi questa cosa in Internet diversi anni fa, anche parecchi anni fa, e mi pare che a dire questa cosa, se non sbaglio, potesse essere Fausto Biloslavo. Però non sono sicuro, potrei dire una fesseria. Ma non era certo Maccari.
  Ora, Maccari dice una cosa che non risponde al vero. Ma da chi vuole che l'abbia saputo? Non lo so, non ho idea. Poi purtroppo è morto; ora chi glielo va a chiedere?
  Però questa cosa è completamente falsa. Io tutto quello che ho saputo l'ho scritto nel rapporto. Certamente aspiravo a sapere di più e speravo di acquisire di più. E quando stavo per ripartire... Tra l'altro, tra me e Casimirri si era stabilita anche una certa simpatia, perché era un cacciatore come me, e quando mi invitò a casa sua per conoscere la moglie e i figli in Nicaragua... Noi avevamo aderito a tutto quello che aveva chiesto. Andammo nell'albergo che aveva scelto lui; un albergo che era una «fetenzia», scusate, era una cosa veramente allucinante. Erano tutti piccoli bungalow. Pensi che il portiere di notte montava con un machete e una pistola con una canna da 6 pollici. Io non mi portai dietro neanche il registratore, perché tanto qualcuno poteva andare a controllare e avrebbe trovato solo che ero un funzionario di banca che stava cercando di fare una ricognizione per vedere se si poteva aprire una catena di pizzerie. Pensi lei! Però si stabilì questa cosa tra me e lui. «Quando torni – disse – andiamo a caccia assieme».
  Io penso che chi ha dato la notizia l'ha data sicuramente... Guardi, per essere proprio corretti, può essere uscita per errore; chi l'ha data può averla data per invidia operativa, oppure perché temeva che potessero uscire delle cose che non io, ma forse chi l'ha fatta uscire aveva capito che potevano uscire.
  Quindi, il racconto di Cipriani su l'Unità brucia l'operazione e la firma è quella, perché nell'articolo sono menzionati i «tre che volarono a Managua». Ora, che eravamo tre lo sapevano solo al Servizio, quindi è uno che era lì, secondo me.
  Poi, le notizie possono uscire in mille modi. Però tutto quello che io ho saputo da Casimirri lì l'ho scritto e l'ho detto. Tutto quello che poteva venir fuori... Io mi aspettavo che uscissero fuori delle cose che potevano provocare una crepa nel muro, perché secondo me Casimirri le sapeva. Purtroppo, questa cosa ha bruciato l'operazione. Il fratello Tommaso prima di partire mi disse: «Ti deve dire una cosa più importante di via Montalcini». Perché disse questo? Perché io su via Montalcini avevo battuto ferocemente, perché volevo sapere chi era il terzo personaggio maschile, che all'epoca non si sapeva chi fosse e che poi pare sia stato Germano Maccari. E lui mi raccontò di questo spezzone di situazione che si è verificato e della lite che ebbe questo personaggio con Gallinari, una volta arrivato nel covo, perché quest'uomo era talmente pignolo che riteneva che occorresse preparare una via di fuga eventuale dal covo scavando una sorta di cunicolo sotterraneo per poi uscire. Quindi proponeva cose che erano addirittura irrealizzabili, non sarebbe più finita. Disse Casimirri: «Siccome poi la Braghetti aveva rapporti con tutti e due ed era già molto difficoltoso mantenere la questione, dall'esterno decisero che questo terzo personaggio se ne dovesse andare di lì. E se ne andò». Poi sembra che sia stato Maccari. Ora, chi può dipanare questo dubbio che non sia una persona diversa dal Maccari... Siccome il profilo che dà Casimirri di questa persona è talmente preciso, di uno che addirittura stabiliva o diceva che bisognava mangiare in un certo modo prima di un'azione per rendere al massimo, e Savasta ne aveva una stima di primissimo ordine, basta chiederlo a lui; lui lo può dire chi è. Quindi, combacia – e ho sbagliato io a pensare che fosse Morbioli – e la sua identità coincide con quella di Maccari. Tra l'altro, c'è un altro elemento, perché Casimirri dice: «Il nome di battaglia era Germano». Maccari si chiama proprio Germano, ma che uno si mette come nome di battaglia il nome di battesimo... è poco fantasioso, insomma.
  Germano Maccari credo che abbia partecipato pure al primo attentato che venne fatto a via Giulia contro il petroliere Theodoli, che fu firmato «Formazioni comuniste armate e Brigata Viborg che erano poi Valerio Morucci, la Faranda e altra gente».
  Quindi, per chiudere questo discorso, le somme che abbiamo speso sono quelle che dico io. Lo dico e lo ribadisco.

  GERO GRASSI. Va bene. Continuo con la domanda. Lei ritiene che ci sia stata una sua sovraesposizione per la vicenda Nicaragua?

  MARIO FABBRI. Una sovraesposizione in che senso?

  GERO GRASSI. Le faccio questa domanda cioè volevo per capire analiticamente i fatti che condussero alla sua incriminazione.

  MARIO FABBRI. Guardi, io ci ho pensato spesso che potesse esserci un legame, però dire una cosa come questa senza avere delle prove o avere degli elementi di riscontro ben precisi significa che chiunque senta questo può pensare: «Lo dice per giustificarsi».

  PRESIDENTE. Essendo stato assolto, non si deve giustificare di niente.

  MARIO FABBRI. Lo so, però guardi, molti pensano più alla sentenza di condanna che a quella di assoluzione e ti porti addosso finché campi la «pecetta» che potresti essere una persona non affidabile. Questa è la cosa più grave che mi è stata causata, che mi ha delegittimato come funzionario dello Stato. Sono entrato nella Polizia per imitazione di mio padre, che era un questore. Ho fatto lo stesso mestiere. Mio padre era felicissimo; mi diceva all'inizio: «Ma no, fai un'altra cosa», poi... Adesso non voglio perdere tempo.
  Ho lavorato nel modo migliore che ho potuto.

  PRESIDENTE. Comunque, riscontri non li ha avuti.

  MARIO FABBRI. Ci ho pensato tante volte, perché la vicenda è successa subito dopo. Dopo sei mesi sono entrato nel mirino.
  Poi la cosa grave è che si sono anche accorti di chi cercavano... A me chiedevano come nomi di battaglia «Angelo» ed «Enzo» e io ho detto sempre che non ho mai usato e non ho fatto mai usare nomi di copertura, perché nessuno vuole capire (o sa) che l'agente segreto non sono io che faccio parte del SISDE, ma l'agente segreto è la fonte, perché i Servizi operano con strumenti totalmente diversi da quelli della polizia giudiziaria e operano solo con quattro strumenti, che sono: la fonte, il danaro, che inverte la forza di gravità, gli strumenti tecnici e il pedinamento. Non abbiamo altro. Ma se questi quattro mezzi vengono adoperati con criterio e senso della misura, si possono avere tutti i risultati.
  Praticamente noi operiamo con l'infiltrazione.

  GERO GRASSI. Sì, io cerco di portarla...

  MARIO FABBRI. Allora, dicevo: i nomi di copertura; che io mi presento e dico: «Mi chiamo Peppe Richetti» non vale, perché la fonte deve sapere come mi chiamo, come trovarmi.

  GERO GRASSI. Le posso chiedere una cortesia?

  MARIO FABBRI. Prego.

  GERO GRASSI. Risponda alle mie domande.

  MARIO FABBRI. Alle sue domande sto rispondendo.

  GERO GRASSI. No, io le ho fatto un'altra domanda.

  MARIO FABBRI. Allora non ho capito.

  GERO GRASSI. Lei è molto bravo, però io le ho fatto un'altra domanda.

  MARIO FABBRI. No, io non sono bravo.

  GERO GRASSI. Lei è bravo, nel senso che ci fa la discussione sull'universo mondo. Io le ho fatto una domanda. Risponda a quella domanda.

  MARIO FABBRI. Che mi sono sovraesposto?

  GERO GRASSI. Io le ho fatto la domanda sulla sovraesposizione e la domanda sui motivi della sua incriminazione.

  MARIO FABBRI. Mi chiamò il giudice Cardella e mi chiese...

  PRESIDENTE. Gliel'ha detto, onorevole! Chi erano Enzo e...

  MARIO FABBRI. Angelo ed Enzo, che poi erano due che stavano in ufficio...

  GERO GRASSI. Chiuso. Perfetto.

  MARIO FABBRI. ... e che io avevo pure mandato via.

  GERO GRASSI. Nel libro, che lei certamente avrà letto, di Giuseppe De Lutiis...

  MARIO FABBRI. Lo conosco pure...

  GERO GRASSI. Lo immagino che lei l'abbia letto. Nel libro si parla di lei in un connubio operativo decennale con tale Mutolo.

  MARIO FABBRI. No, quale decennale? Adesso glielo spiego.

  GERO GRASSI. Un attimo. Io ho detto che nel libro si parla di lei. Io le sto riferendo il contenuto del libro. Nel libro si afferma che lei per dieci anni ha avuto rapporto con questo mafioso, che non c'è stata nessuna rispondenza all'autorità giudiziaria, che questa cosa è venuta fuori nel rapporto Falcone-Ayala De Gennaro Cassarà.

  MARIO FABBRI. Adesso le spiego subito.

  GERO GRASSI. Io non entro in merito a questa vicenda. Le faccio la domanda.

  MARIO FABBRI. Sì, adesso le do una spiegazione completa.

  GERO GRASSI. La domanda è questa: Mutolo...

  PRESIDENTE. Ammesso che ci abbia parlato con Mutolo, gli ha detto niente di Moro?

  MARIO FABBRI. Ci ho parlato con Mutolo.

  GERO GRASSI. Mutolo a lei di Moro che cosa ha detto?

  MARIO FABBRI. Niente. Non ho neanche chiesto.

  PRESIDENTE. Quindi il resto può fare a meno anche di dircelo.

  MARIO FABBRI. Ma glielo posso dire; perché no?

  PRESIDENTE. Non è inerente a Moro.

  MARIO FABBRI. Sì, ma si tratta di una stupidaggine, glielo posso anche dire.

  GERO GRASSI. Dica, ci mancherebbe altro!

  MARIO FABBRI. Allora, l'incontro con Mutolo avvenne tramite un vice direttore di un carcere, ovviamente. Mutolo avrebbe avuto il soggiorno obbligato a Roma. Chiaramente la richiesta che feci io è questa: lei può organizzare, mettere in piedi un'attività che possa sembrare un'attività commerciale? Io gli chiesi di mettere in piedi una struttura che avrebbe dovuto fare, per esempio, arti marziali, queste attività che attiravano soprattutto la destra. L'idea era quella di creare un centro, che avesse attirato a Roma elementi di destra in modo poi da controllare, da sentire che cosa si dicevano all'interno.
  Tra l'altro, Mutolo mi fece anche un discorso sulle Brigate Rosse: «Se volete le Brigate Rosse, se volete che qualcuno lo faccio secco, ci penso io». Gli dissi: «No, guardi, io non ho mai chiesto una cosa del genere, non voglio sentire queste storie».

  FEDERICO FORNARO. Stiamo parlando di quali anni?

  MARIO FABBRI. Aspetti, glielo dico subito. Contrada non era ancora venuto da noi.

  GERO GRASSI. Non era morto Cassarà, quindi prima degli anni Ottanta.

  MARIO FABBRI. Penso 1980-81. Ho ancora le carte a casa di questa storia.
  Io Mutolo l'ho visto due volte, due volte sole.
  La prima volta che parlammo io gli chiesi questa cosa: che mettesse in piedi un centro di arti marziali, poi ci avrei pensato io a controllarlo. La risposta fu: «Sì, va bene, vediamo». Non arrivò mai a fare il soggiorno obbligato a Roma perché lo arrestarono dopo qualche mese in Sicilia durante un controllo; aveva, credo, anche delle armi in macchina.
  La seconda volta siamo stati a pranzo fuori... No, la prima volta siamo stati a pranzo fuori e la seconda ricordo che Mutolo portò due torte, una per me e un'altra per un mio collega. Poi lo arrestarono e io non l'ho più visto né sentito.

  GERO GRASSI. Ma Mutolo, quando lei lo vedeva, era latitante?

  MARIO FABBRI. No.

  GERO GRASSI. No?

  MARIO FABBRI. Aveva dei permessi perché stava per ottenere il soggiorno obbligato a Roma. La prima volta siamo stati a pranzo in un ristorante che era vicino a via Cecilia Metella. Mi chiese se poteva avere qualche favore. Guardi, io la mafia la conosco poco... Il suo punto di riferimento era Bontate, forse, o dico una fesseria? Sì, dico bene.

  PRESIDENTE. Non faccia un grosso sforzo, perché questo è un tema...

  MARIO FABBRI. Non ci interessa. Ho capito.

  PRESIDENTE. ...di interesse storico per l'onorevole Grassi, ma per noi...

  MARIO FABBRI. Era per dire che è stato solo questo.

  PRESIDENTE. Basta. Non andiamo oltre altrimenti non parliamo delle cose...

  MARIO FABBRI. A Mutolo, quando lo hanno arrestato, ed era pentito, chiesero di questo contatto con il SISDE che era venuto fuori, ma il contatto con il SISDE era venuto fuori perché un suo «sottopancia», arrestato all'estero in Francia, disse: «Ma io sono amico dei servizi, chiamate Roma, non vi preoccupate».
  Quando questo mi chiamò, dissi: «Sì l'ho visto, lo conosco, ma con questo non ho niente a che spartire». Perché, tra l'altro, questo signore, che era il «sottopancia» di Mutolo, un giorno mi venne a prendere in giro dicendomi che c'erano dei brigatisti rossi, secondo una fonte che aveva lui, che dovevano ammazzare nientepopodimeno che Domenico Sica. Allora io dissi: «Scusa, ma con questa fonte ci si può parlare?». «Sì». Allora, questo cominciò a fare un discorso che non collimava per niente con il modus operandi delle Brigate Rosse. Gli chiesi: «Come l'hai conosciuto? Come sai questa cosa?». Rispose: «Perché vado a letto con una brigatista».
  È possibile? Sì, può anche succedere, però normalmente nell'organizzazione clandestina si controllano anche quelle cose lì. E comunque io non è che potevo rischiare. Mi chiese 20 milioni. Intanto non voleva farsi identificare. Andammo a cena, feci in modo che venisse identificato. Andai da Parisi e gli dissi: «Vincenzo, mi devi dare 20 milioni di lire perché devo andare a parlare con questo. Non so se glieli do in faccia o in mano». Allora Parisi mi diede 20 milioni e mi disse: «Giocali bene, eh!». «Non ti preoccupare». E partii.
  I miei erano andati alla caserma dei Carabinieri di Monterotondo, perché abitava lì, e i carabinieri dissero: «Lasciatelo perdere! Questo è un truffatore, ci ha portato in giro». Lo seppi e quando l'ho incontrato chiaramente gli ho spiegato che non doveva permettersi mai più...

  PRESIDENTE. Basta. È bellissimo, ma non andiamo avanti...

  GERO GRASSI. E i 20 milioni?

  MARIO FABBRI. Li ho ridati a Parisi.

  GERO GRASSI. Era una battuta la mia...

  MARIO FABBRI. Ma sicuramente.

  PRESIDENTE. Onorevole Grassi, ha altre domande?

  GERO GRASSI. Sì, un'ultima: prima, durante e dopo il rapimento Moro, quali compiti venivano espletati nel servizio civile da Maurizio Navarra?

  MARIO FABBRI. Era il mio vice. Era un ufficiale della Guardia di finanza.

  GERO GRASSI. Di che cosa si occupava?

  MARIO FABBRI. Si occupava un po’ di tutto, come tutti quanti. Soprattutto si occupava di indagini di carattere finanziario, data la sua provenienza, perché era un ufficiale della Guardia di finanza. Poi, doveva riadattarsi culturalmente a un certo tipo di indagine completamente diversa, e quindi ogni tanto faceva qualcosa di sinistra e qualcosa di destra, ma il suo compito principale era soprattutto quello.

  GERO GRASSI. Va bene. L'ultima domanda è di tipo turistico. Lei è mai stato a Manziana?

  MARIO FABBRI. A Manziana sì.

  GERO GRASSI. E che ci è andato a fare?

  MARIO FABBRI. A pranzo, la domenica.

  GERO GRASSI. Sì, ho capito. Per che cosa? Per quale motivo? Motivo professionale o personale? Se è personale non mi interessa.

  MARIO FABBRI. No, guardi, per motivo professionale mi pare di no. Però potrei esserci anche andato. Sono andato da tante parti...

  GERO GRASSI. Lei ha cognizione di cosa si trovava a Manziana?

  MARIO FABBRI. No. Manziana non è quel luogo dove c'era quel contestato centro di trasmissione vaticano?

  GERO GRASSI. Questo è uno. C'era anche un'altra cosa.

  PRESIDENTE. Però quest'altra cosa aspetti che la dica l'onorevole Grassi, così non la dice lei, perché è meglio che la dica Grassi. Faccia la domanda, onorevole Grassi.

  GERO GRASSI. No, è semplice. Volevo sapere se lei avesse mai frequentato la villa del dottor Parisi a Manziana.

  MARIO FABBRI. No.

  GERO GRASSI. Ma sapeva che esisteva?

  MARIO FABBRI. Sinceramente no.

  GERO GRASSI. Lei non ha mai saputo...?

  MARIO FABBRI. Qualcosa aveva a Manziana, sì, ma non sapevo...

  GERO GRASSI. Qualcosa... Non è che poteva avere un trullo...

  MARIO FABBRI. No, ho capito.

  GERO GRASSI. ... sennò sarebbe stato Alberobello.

  MARIO FABBRI. Sinceramente, non sapevo. A Manziana, se ci penso, ogni tanto Parisi ci andava, sì. Questo sì, mi pare di sì, però che avesse una villa, sinceramente non lo sapevo.

  GERO GRASSI. Un appartamento, una villa.

  MARIO FABBRI. Qualcosa aveva sicuramente. Mi ci fa pensare...

  FEDERICO FORNARO. Dottor Fabbri, ho due domande veloci. Per una però mi ricollego alla domanda del collega Grassi e la inviterei a riandare a vedere nei cassetti della memoria.

  MARIO FABBRI. Comunque, chiedo scusa, per esaudire completamente la domanda precedente: non conoscevo la villa di Parisi ma con Parisi ho sempre avuto un rapporto di primissimo ordine e ho stimato quell'uomo come una persona di una struttura mentale e morale senz'altro superiore – di molto superiore – alla media. Le posso garantire, Parisi era una persona di un'onestà adamantina e che difendeva il proprio personale.

  FEDERICO FORNARO. Dottor Fabbri, nessuno ha messo in dubbio l'onorabilità della memoria del dottor Parisi.

  MARIO FABBRI. Ci tenevo a dirlo.

  GERO GRASSI. Io non ho minimamente dubitato. Io dico che, secondo me, la sua descrizione di Parisi è all'ennesima potenza la descrizione di tutti gli italiani. Purtroppo però stiamo qua.

  FEDERICO FORNARO. Io la invito a riflettere, dottor Fabbri, se lei non ha mai sentito parlare, nella sua attività di alto funzionario del SISDE, del Parco Praecilia.

  MARIO FABBRI. Parco?

  FEDERICO FORNARO. Praecilia.

  MARIO FABBRI. Se mi dice qualcosa in più, perché il nome non mi...

  FEDERICO FORNARO. Manziana.

  MARIO FABBRI. No.

  FEDERICO FORNARO. Il dottor Andreassi, il 21 gennaio del 2016 – cito una fonte aperta, perché è un libro appena uscito – ha confermato di aver sentito che in quel complesso – nato probabilmente da una cooperativa di poliziotti poi transitati in larga parte al servizio segreto civile – secondo alcuni c'era una struttura del SISDE.
  Lei non ne ha mai sentito parlare?

  MARIO FABBRI. Mai sentito parlare. Io ho avuto in gestione degli appartamenti riservati, che mi servivano per incontrare delle fonti.

  FEDERICO FORNARO. Benissimo, ma che al Parco Praecilia esistesse una struttura del SISDE a lei non risulta.

  MARIO FABBRI. No, io non ne so niente.

  PRESIDENTE. Ma sarebbe potuta esistere anche se lei non ne era a conoscenza?

  MARIO FABBRI. Poteva, certamente. Hanno detto che c'erano appartamenti del SISDE in tante altre parti che io non sapevo.

  FEDERICO FORNARO. Ovviamente anche in via Gradoli lei non era mai venuto a conoscenza, né prima né dopo, dell'esistenza di appartamenti di proprietà di società di copertura?

  MARIO FABBRI. Su via Gradoli ho fatto proprio un rapporto sulle società che c'erano. Alcune poi è risultato che erano legate al SISDE. Quando ho fatto questo accertamento mi pare che fossi alla DIGOS. L'ho fatto io, c'è un rapporto.
  Me lo raccontò Flamigni, che incontrai mentre entravo in un carcere per parlare con delle persone. Però io conoscevo solo gli appartamenti che mi venivano, come dire, dati in gestione per trattare le fonti, perché per parlare con una persona non è che si poteva andare dovunque, ma bisognava darsi un appuntamento.

  FEDERICO FORNARO. Ci mancherebbe ancora che il Servizio non avesse queste strutture! Semplicemente, come dire, lei capisce che, dal punto di vista di una persona non interna a quel mondo, con un occhio più distaccato, che a via Gradoli ci fosse, ed è documentato, tutta una serie di presenze dei Servizi...
  Era la stessa via in cui c'era poi un covo, se non il principale covo della colonna romana delle Brigate Rosse, oltre a esserci un'altra base per un altro gruppo di estrema destra. Diciamo, c'erano un po’ di coincidenze, almeno su questo siamo d'accordo.

  MARIO FABBRI. Che vuole che le dica? Io percepisco il suo senso di sfiducia, in questo momento, nei miei riguardi, ma io...

  FEDERICO FORNARO. No.

  MARIO FABBRI. Io non so che dirle.

  FEDERICO FORNARO. Sono sfiduciato per le tante coincidenze e per i tanti «non ricordo».

  MARIO FABBRI. Io tanti «non ricordo» mi pare di non averli detti.

  FEDERICO FORNARO. L'affermazione era in generale, non era rivolta nei suoi confronti.

  MARIO FABBRI. In generale va bene. Io mi ricordo quello che ho fatto. Ora, nel Servizio la prassi era questa. I capicentro avevano a disposizione uno, due o anche tre appartamenti, dipendeva dalla rete che ognuno si era costruito. Non potevamo sempre andare negli stessi posti.
  Quindi, io ne ho avuti due e anche tre insieme; tutti a Roma, però. Quello che avevano gli altri io non lo sapevo e non sapevo neanche dov'era e non lo dovevo neppure sapere.

  FEDERICO FORNARO. Chi gestiva queste cose all'interno del Servizio?

  MARIO FABBRI. Il direttore, il capo di gabinetto, l'ufficio dell'amministrazione che doveva pagare gli affitti.

  FEDERICO FORNARO. Le faccio un'ultima domanda, diretta, ed è una richiesta di una sua opinione. A suo giudizio, Moro poteva essere salvato?

  MARIO FABBRI. La risposta è dura. Non so dire, perché purtroppo noi non avevamo, come invece avevamo avuto per i NAP, punti di riferimento precisi dove andare a sbattere la testa.

  FEDERICO FORNARO. La sensazione che la colonna romana fosse già operativa da tempo voi non ce l'avevate?

  MARIO FABBRI. La sensazione c'era, eccome, però a Roma di fatto...
  Dunque, a Roma nel 1977 avemmo l'attentato a Traversi, l'attentato a Cacciafesta, l'attentato a Perlini, che poi sembrava una tale sciocchezza, alla Garbatella, e l'attentato a Publio Fiori. Publio Fiori è l'ultimo di quell'anno. Lei deve calcolare che quell'anno fu un anno terribile, in cui c'erano manifestazioni, revolverate...

  FEDERICO FORNARO. Lo ricordo, ho l'età per ricordare purtroppo.

  MARIO FABBRI. Noi facevamo quello che potevamo, ma sulle Brigate Rosse non avevamo ancora preso un capo del filo, mentre per i NAP eravamo riusciti a capire quali erano i loro...

  FEDERICO FORNARO. Ma in quei cinquantacinque giorni, la sua impressione è che Moro potesse essere salvato?

  MARIO FABBRI. Guardi, noi abbiamo fatto di tutto. Ci sono stati dei momenti in cui siamo partiti con la sicurezza che fosse... Una volta avvenne il giorno di Pasquetta. La sera prima Spinella disse (mi pare fosse la notte di Pasqua): «Aspettatemi che vado su dal capo della Polizia», tornò e disse: «Guardate, Moro è qui, a Fiumicino, dicono che è qui».

  FEDERICO FORNARO. Quindi l'operazione «Smeraldo»?

  MARIO FABBRI. L'operazione non so se si chiamasse così. Era una grossa officina dell'Alitalia. Quando ci sono arrivato davanti ho detto: «Qui non c'è niente».
  Tra l'altro, erano talmente sicuri che mi disse: «Ve la sentite? Te la senti? Altrimenti chiamiamo il Comsubin». «No, ce la sentiamo». Tanto è vero che la sera andai al Reparto celere e mi feci dare una cassa di bombe a mano, perché la mattina ci poteva essere un conflitto a fuoco. Quando siamo arrivati lì armati di tutto punto ci siamo trovati davanti alla «premiata carrozzeria Alitalia».

  FEDERICO FORNARO. Ma questa localizzazione era arrivata da una fonte?

  MARIO FABBRI. Era arrivata dal Ministero. Ma ne arrivavano tante.

  FEDERICO FORNARO. Non c'è dubbio. Ci sono state altre occasioni, nei cinquantacinque giorni, in cui lei ha avuto la sensazione che potesse essere scoperta la prigione del presidente Moro?

  MARIO FABBRI. In diverse circostanze, soprattutto quando trovavamo delle situazioni del tutto normali, quello era il punto in cui io avevo il massimo sospetto, facevo prendere il piccone e facevo dare le picconate pure sui muri perché non mi fidavo.
  Alle volte si trovava chiaramente l'appartamento che aveva sollecitato la telefonata perché c'erano, come ho detto l'ultima volta, o grandi stereo o due, tre cani, o due, tre prostitute, insomma...
  Potendo dire a ritroso, dare un giudizio, i telefoni «verdi», chiamiamoli così...

  FEDERICO FORNARO. L'ha già detto l'altra volta, sono stati più inutili che utili.

  MARIO FABBRI. Ci hanno dato più fastidio che altro.
  Per Moro a un certo punto sembrava che ci fosse...

  FEDERICO FORNARO. Ancora una sua opinione, poi taccio perché giustamente il presidente mi richiama e non voglio togliere spazio ai colleghi, ma la sua esperienza credo che possa esserci utile anche per capire.
  Le chiedo ancora una sua opinione. È credibile che Moro abbia avuto un solo luogo di prigionia, in particolare via Montalcini?

  MARIO FABBRI. No, per me no.

  PAOLO BOLOGNESI. Vorrei fare una domanda ripartendo dall'inizio, quando lei ha ricostruito il 16 marzo. Lei dice, sostanzialmente: «La mattina in ufficio io solitamente arrivavo anche prima delle otto e mezza e praticamente subito mi hanno avvisato che dovevamo partire».

  MARIO FABBRI. No, ho sentito via radio, mentre entravo in Questura, la notizia testuale: «Gli uomini di scorta sono tutti morti». Io scesi dall'auto e salii in Questura.

  PAOLO BOLOGNESI. Vorrei capire solo questo. Quando lei ha fatto questo racconto, nella seduta della settimana scorsa, ha menzionato la comunicazione radio che diceva «gli uomini sono tutti morti» alla fine di tutto questo racconto. È chiaro che nel momento in cui dice che alle otto e mezza arriva in ufficio, ascolta attraverso la radio una notizia di questo tipo («Andate in via Fani») e via di questo passo...

  MARIO FABBRI. Non disse la via.

  PAOLO BOLOGNESI. Comunque, voglio dire, nel momento in cui arriva un allarme, è chiaro che è stata una dichiarazione da parte sua che a noi ha subito interessato, perché alle otto e mezza voleva dire che mezz'ora prima del fatto si sapeva che...

  MARIO FABBRI. Però l'altra volta il presidente ha anche spiegato che mi sono sbagliato perché...

  PRESIDENTE. O era la scorta di qualcun altro, oppure alle otto e mezza non poteva essere.

  PAOLO BOLOGNESI. La cosa che mi ha stupito, l'altra volta, è che nel momento in cui si è accesa la discussione tra di noi è venuto fuori il ricordo della comunicazione via radio: «Tutti gli uomini di scorta sono morti».

  PRESIDENTE. No, l'aveva già detto, che aveva inteso via radio, mentre arrivava...

  MARIO FABBRI. Io ho inteso via radio...

  PRESIDENTE. Poi ha sbagliato l'ora, però.

  PAOLO BOLOGNESI. A me è sembrato che il discorso fosse arrivato dopo, però.

  MARIO FABBRI. Mi pare di aver detto che quando stavo entrando nel portone della Questura, a via Genova, per radio sentii... Prima avevamo sentito delle cose («Allarme, allarme») e poi...

  FEDERICO FORNARO. Non potevano essere le otto e mezza, almeno su questo siamo d'accordo.

  MARIO FABBRI. Che non erano le otto e mezza è sicuro perché l'ha detto il presidente che avete stabilito che la comunicazione radio della Polizia risale alle nove e cinque, quindi erano le nove e cinque sicuro.

  GERO GRASSI. Guardate, su questo fatto, prescindendo dalla dichiarazione del dottor Fabbri, che è ineccepibile, attenzione a dire «non poteva», perché noi abbiamo ascoltato qui un signore – e non c'entra niente con l'audizione sua, dottor Fabbri – che ha detto qui che ha ascoltato l'allarme a quell'ora e che alle nove meno venti si è mosso da via Genova. Quindi, io non darei per scontato che non può essere, perché qui noi abbiamo ascoltato l'agente Biancone, il quale ha detto che alle nove meno venti il dottor Spinella gli ha detto di andare prima in via Trionfale e poi in via Fani, e quando stavano nel traforo di via Milano...

  MARIO FABBRI. A che ora?

  GERO GRASSI. Alle nove meno un quarto, nel traforo di via Milano, ha sentito che c'era già stata la tragedia. Quindi, io non darei nulla per scontato.

  PRESIDENTE. Sì, però, con grande rispetto per le testimonianze, lì c'è il brogliaccio, che registra alle 9.03. Quella è una prova documentale che prima non può essere successo niente.

  GERO GRASSI. Ma non c'è dubbio.

  PRESIDENTE. Ecco, allora lasciamo perdere quello che ha detto Biancone. Biancone sarà distratto, come Fabbri in perfetta buona fede ha detto che secondo lui erano le otto e mezza quando ha ascoltato la comunicazione radio. Se lo fa in perfetta buona fede Fabbri, pure gli altri possono dire delle cretinate in perfetta buona fede, essendo passati quarant'anni.

  FEDERICO FORNARO. È solo vera una cosa, che rispetto alle abitudini normali del dottor Fabbri quella volta lì era arrivato in ufficio più tardi del solito.

  MARIO FABBRI. No, questo mi permetto di correggerlo perché la vita era tale...

  FEDERICO FORNARO. Queste sono le cose che lei ha dichiarato, io non la conoscevo all'epoca.

  MARIO FABBRI. Guardi che per la vita che si conduceva allora, alle volte la mattina neanche ci si andava in ufficio, perché magari avevamo lavorato pure tutta la notte.
  La mattina si arrivava in ufficio e c'era un brogliaccio dove c'era scritto... Arrivava il funzionario...

  FEDERICO FORNARO. Io mi riferivo alle cose che lei ha detto la volta scorsa, non mi permetterei mai di intromettermi; siccome lei ha detto che solitamente arrivava alle otto e mezza...

  MARIO FABBRI. Non l'ho presa male, per carità, non prendo niente male. Bisogna sempre chiarirsi.

  PRESIDENTE. Adesso devo passare in segreta, perché ci sono atti giudiziari ancora segretati.

  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Mario Fabbri e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.