XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 79 di Mercoledì 30 marzo 2016

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Audizione di Fabio Isman:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 
Isman Fabio  ... 4 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 
Isman Fabio  ... 4 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 
Isman Fabio  ... 4 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 
Isman Fabio  ... 4 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 
Isman Fabio  ... 4 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Isman Fabio  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Isman Fabio  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Isman Fabio  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Isman Fabio  ... 5 
Grassi Gero (PD)  ... 5 
Isman Fabio  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Isman Fabio  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Isman Fabio  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Isman Fabio  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Isman Fabio  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Isman Fabio  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Isman Fabio  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Isman Fabio  ... 6 
Grassi Gero (PD)  ... 6 
Isman Fabio  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Isman Fabio  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Isman Fabio  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Isman Fabio  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Isman Fabio  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Isman Fabio  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Isman Fabio  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Isman Fabio  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Isman Fabio  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Isman Fabio  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Isman Fabio  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Isman Fabio  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Isman Fabio  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Isman Fabio  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Isman Fabio  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Isman Fabio  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Isman Fabio  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Isman Fabio  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Isman Fabio  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Isman Fabio  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Isman Fabio  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Isman Fabio  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Isman Fabio  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Isman Fabio  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Isman Fabio  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Isman Fabio  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Isman Fabio  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Fornaro Federico  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Isman Fabio  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Isman Fabio  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Isman Fabio  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Isman Fabio  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Isman Fabio  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Isman Fabio  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Isman Fabio  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Isman Fabio  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Isman Fabio  ... 14 
Grassi Gero (PD)  ... 15 
Isman Fabio  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Isman Fabio  ... 15 
Fornaro Federico  ... 15 
Isman Fabio  ... 15 
Fornaro Federico  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Fornaro Federico  ... 15 
Isman Fabio  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Isman Fabio  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Isman Fabio  ... 15 
Fornaro Federico  ... 15 
Isman Fabio  ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Isman Fabio  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Isman Fabio  ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Isman Fabio  ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Isman Fabio  ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Isman Fabio  ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Isman Fabio  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Isman Fabio  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Isman Fabio  ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Isman Fabio  ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Isman Fabio  ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Isman Fabio  ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Isman Fabio  ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Isman Fabio  ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Isman Fabio  ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Isman Fabio  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Isman Fabio  ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Isman Fabio  ... 17 
Fornaro Federico  ... 18 
Isman Fabio  ... 18 
Fornaro Federico  ... 18 
Isman Fabio  ... 18 
Fornaro Federico  ... 18 
Isman Fabio  ... 18 
Fornaro Federico  ... 18 
Isman Fabio  ... 18 
Fornaro Federico  ... 18 
Isman Fabio  ... 18 
Fornaro Federico  ... 18 
Isman Fabio  ... 18 
Fornaro Federico  ... 18 
Isman Fabio  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Isman Fabio  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Isman Fabio  ... 18 
Fornaro Federico  ... 18 
Isman Fabio  ... 18 
Fornaro Federico  ... 19 
Isman Fabio  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Fornaro Federico  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Isman Fabio  ... 19 
Fornaro Federico  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Isman Fabio  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Isman Fabio  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Isman Fabio  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.10.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Nel corso dell'odierna riunione, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di:

   incaricare la dottoressa Picardi e il generale Scriccia di svolgere un approfondimento di tipo documentale sul Centro di ricerche Enea della Casaccia;

   incaricare il colonnello Occhipinti, il colonnello Pinnelli e la dottoressa Tintisona di acquisire, presso le strutture della Guardia di finanza, dell'Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato, documentazione relativa a alcune persone coinvolte nei fatti.

  Comunico inoltre che:

   nel corso della seduta del 22 marzo il dottor Rana ha depositato due lettere, di libera consultazione, a lui indirizzate, rispettivamente, da Eleonora Moro e da Giovanni e Agnese Moro;

   il 23 marzo il dottor Donadio ha presentato osservazioni relative alla documentazione del processo Pecorelli pervenuta dal Tribunale di Perugia e proposte operative, di libera consultazione, relative alla vicenda di Tony Chichiarelli;

   nella stessa data il dottor Allegrini e il maresciallo capo Casertano hanno depositato un compendio di documenti, riservati, relativi al filone di indagini sulla scuola Hypérion, acquisiti presso il Tribunale di Venezia;

   il 30 marzo è stata acquisita una nota, di libera consultazione, di Alessandro Forlani, con allegati due supporti informatici, contenenti le registrazioni delle interviste rilasciategli da Nicola Rana e da Corrado Guerzoni;

   nella stessa data è stata acquisita una nota, riservata, del colonnello Occhipinti relativa a accertamenti sulla «copertura medica» di cui avrebbero usufruito le Brigate Rosse;

   nella stessa data, il dottor Allegrini ha depositato una nota, di libera consultazione, sulla documentazione archivistica, relativa a materie di interesse, della Prefettura e Questura di Viterbo conservata presso l'Archivio di Stato di Viterbo.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Propongo, se non vi sono obiezioni, che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

Audizione di Fabio Isman.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Fabio Isman, che ringraziamo per la sua presenza oggi.
  Fabio Isman ha seguito come giornalista molti dei più importanti episodi del terrorismo italiano. Dopo essere stato corrispondente di guerra e aver lavorato al «Piccolo» di Trieste e al «Gazzettino di Venezia», dal 1970 ha lavorato al «Messaggero», seguendo molte vicende del terrorismo di destra e di sinistra, fino ai primi anni '80. Pag. 4
  È passato in seguito ad altre tematiche, legate ai beni culturali.
  La Commissione è interessata ad acquisire da lui alcuni elementi specifici in relazione alla vicenda Moro, alla circolazione delle lettere di Moro e delle notizie sul sequestro e ai tentativi di avviare forme di trattativa.
  Faccio infine presente che, se nel corso della sua audizione lo riterrà necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta.
  Le chiedo innanzitutto di fornirci un quadro sintetico delle sue attività durante la vicenda Moro e, in particolare, dei contatti che poté avere con familiari e collaboratori di Moro, con esponenti del mondo politico e delle forze di polizia e con ambienti dell'Autonomia organizzata.
  Le porrò poi una serie di domande.

  FABIO ISMAN. Nell'anno in cui fu sequestrato Moro, subito dopo il sequestro, il direttore del Messaggero, giornale in cui lavoravo dal 1970, Luigi Fossati, costituì subito un gruppo di lavoro composto da alcuni colleghi. Lo dirigevano due persone pariteticamente: un giornalista del settore politico, Umberto Cutolo, che si occupava appunto del versante politico, e io per quanto riguardava la parte di cronaca. Scegliemmo una serie di collaboratori, d'accordo col direttore; garantimmo una copertura di qualunque roba fosse successa ventiquattro ore su ventiquattro, logicamente. Il direttore ci lasciò benevolmente la sua stanza e si trasferì altrove, quindi potemmo lavorare sul tavolo che si usava di solito per fare le riunioni.
  Questo era il mio compito, quindi mi sono occupato di coordinare il lavoro di un po' di colleghi – di volta in volta quelli che avevo scelto insieme al direttore e che facevano parte di questa struttura, di volta in volta altri, perché logicamente non sarebbero bastati – per seguire le vicende di cronaca, soprattutto del caso Moro.
  Questa è la prima risposta.

  PRESIDENTE. Le ho chiesto anche se aveva avuto contatti con familiari e collaboratori di Moro, con esponenti del mondo politico...

  FABIO ISMAN. Credevo che li volesse di volta in volta, presidente.
  Con collaboratori di Moro ho avuto contatti sicuramente una volta; non so se più d'una, ma credo forse solo una, o forse anche dopo, anche durante il sequestro dopo il primo contatto.
  Con familiari di Moro soltanto finito il sequestro.
  Con personaggi politici assolutamente sì, continuamente, per il lavoro che svolgevo.
  Con personaggi dell'Autonomia sì: nell'ultima parte del sequestro ho visto alcune volte un paio di persone.
  Vorrei fare, per inciso, una premessa. Volutamente non sono andato a riguardarmi né gli appunti, né le agende, né quello che avevo scritto all'epoca, per tre motivi: il primo, per il mio disordine; il secondo, per una mancanza di tempo, perché ne avrei impiegato troppo e in questo periodo ho un po' di cose da fare; il terzo, perché per come è finita non solo la vicenda in sé, ma per come è finita per me un paio d'anni dopo, non è una delle cose che ricordi con maggior favore. Quindi, dovete affidarvi alla mia memoria, che poi potrete sicuramente integrare con i documenti che già avete.
  Come dicevo, con personaggi dell'Autonomia ho avuto contatti alla fine, con personaggi politici sicuramente sì. Qual era l'altra categoria, presidente?

  PRESIDENTE. Le forze di polizia?

  FABIO ISMAN. Le forze di polizia anche, logicamente.

  PRESIDENTE. Quando parliamo di collaboratori di Moro, a noi risulta che lei incontrò Guerzoni e Rana.

  FABIO ISMAN. Esatto. Anche a me.

  PRESIDENTE. Una volta, più volte?

  FABIO ISMAN. Sicuramente una volta. Non so se ancora posso avere rivisto Guerzoni, direi non Rana, verso la fine del sequestro, ma per motivi... Lo ricordo come un incontro fortuito, abbastanza casuale, Pag. 5abbastanza breve, abbastanza poco significativo.
  Li ho visti una volta – il giorno lo sa lei, perché non me lo ricordo a memoria – e se vuole che glielo racconti...

  PRESIDENTE. No, adesso ci arriviamo.
  I contatti con la famiglia Moro, però, lei li ha avuti dopo.

  FABIO ISMAN. Sicuramente dopo.

  PRESIDENTE. Ha avuto mai contatti con l'avvocato Giancarlo Quaranta?

  FABIO ISMAN. Forse una volta, dopo.

  PRESIDENTE. Sempre dopo.

  FABIO ISMAN. Sì, sicuramente. Quaranta l'ho visto sicuramente dopo che avevo già visto Giovanni Moro e Maria Fida, ma a sequestro già concluso.

  PRESIDENTE. Durante il sequestro le capitò mai di incontrare Pecorelli?

  FABIO ISMAN. No, nonostante in quel momento abitassimo abbastanza vicino. Io Pecorelli non l'ho mai conosciuto, anche se quattro volte mi ha invitato ad andare nel suo studio, ma ho ritenuto di non farlo.

  GERO GRASSI. Perché?

  FABIO ISMAN. Perché non era una persona che io volessi conoscere. Era una persona di cui – se posso dirlo – mi fidavo molto poco; non sapevo che giochi facesse.

  PRESIDENTE. Mi sembra una risposta chiara.
  Riguardo alle forze di polizia, ha in mente persone specifiche con cui era solito parlare?

  FABIO ISMAN. Sicuramente il questore di Roma – ma non ricordo chi fosse all'epoca – per motivi normali, istituzionali. Sicuramente avrò visto una persona che era già mia conoscente e amica prima, che si chiamava Silvano Russomanno. Certamente ho visto all'epoca, anche se la sua struttura era stata distrutta, non c'era più, il questore Santillo. Credo di aver incontrato una volta il generale Dalla Chiesa. Sicuramente ho conosciuto il generale Grassini, perché me lo presentò Cossiga.
  Di quelli dell'ex gruppo di lavoro Santillo, poi finiti credo nel SISDE, avrò rivisto sicuramente Cioppa, avrò visto ancora qualcuno di loro, ma non me li ricordo tutti. Ce n'era uno che si occupava della destra che si chiamava Milioni. Ricordo cose di questo tipo.

  PRESIDENTE. Lei ebbe numerosi contatti con terroristi o ambienti prossimi al terrorismo.
  Oltre quelli con Stefano Ceriani Sebregondi, è noto che lei ebbe nel luglio del 1978, per sua ammissione, un colloquio con Franco Piperno. Durante il sequestro Moro aveva avuto altri colloqui con Piperno e con Lanfranco Pace?

  FABIO ISMAN. Lei mi dice che ho incontrato dei terroristi: può essere vero, forse, solo per il signor Ceriani Sebregondi, che vidi una sola volta. No, numerosi contatti... chiedo scusa, ma mi permetta di correggere la premessa.
  Ho incontrato una volta Ceriani Sebregondi a Cisterna di Latina, mi pare, salvo errore. No, forse... non mi ricordo più.
  Comunque, sì, una volta l'ho incontrato, ma una volta; e gli feci, credo, un'intervista, mi pare di ricordare. Fui cercato da qualcuno che me la propose.
  Pace lo conoscevo già da prima e non l'ho visto durante il sequestro Moro, di sicuro.
  Piperno l'ho visto verso la fine del sequestro Moro. Direi su sua proposta, nel senso che ci vedemmo una volta, forse perfino a casa mia, ma si chiacchierò di cose abbastanza generiche, cioè come se lui fosse persona che conosceva l'area e quindi riteneva delle cose e dava degli input di questo tipo. Era una conversazione di questa natura.

  PRESIDENTE. Ricorda qualcosa di particolare o di particolarmente significativo di quel colloquio con Piperno?

  FABIO ISMAN. Sì, la discussione verteva sul fatto che le Brigate Rosse potessero Pag. 6salvare la vita di Moro o no e lui mi diceva che erano divise al loro interno, cosa che io non potevo sapere, quindi né confermare né smentire. Però evidentemente mi interessava, cioè mi interessava conoscere il parere di una persona che era molto più vicina al gruppo delle Brigate Rosse, per qualche motivo e per qualche maniera, di quanto non potessi esserlo io o non lo fossi io.
  Io ho potuto conoscere gente delle Brigate Rosse, anche con qualche incarico, soltanto un paio di anni dopo che la vicenda era finita e per merito dello Stato, che me li ha messi a camminare insieme in carcere, quindi allora li ho conosciuti. Prima non li avevo conosciuti.

  PRESIDENTE. Conosceva il grafico del Messaggero Aurelio Candido?

  FABIO ISMAN. Assolutamente sì, e molto bene. Era anche mio vicino di una casa precedente.

  PRESIDENTE. E lui fu il primo a ospitare Morucci e Faranda?

  FABIO ISMAN. Assolutamente, senza saperlo, sì. Non sapeva minimamente chi fossero.

  PRESIDENTE. In una sua precedente risposta, fornita al giudice istruttore Francesco Amato il 25 giugno 1979 sulla vicenda di Piperno, lei disse: «Nel luglio, dico meglio credo nel luglio 1978, e comunque nell'estate di detto anno, ebbi un lungo colloquio con Franco Piperno perché intendevo intervistarlo sui problemi relativi alla situazione sul terrorismo nel nostro Paese. L'intervista poi non fu pubblicata perché la direzione del mio giornale ed io stesso convenimmo che non aggiungeva nessun elemento di novità a quanto già conosciuto».

  FABIO ISMAN. Sì, questo era successivo. Mi ero riferito a un incontro che ci fu durante il sequestro. Dopo l'ho visto, anche più volte, credo, Piperno. Sicuramente una, ma forse anche due o tre. Può darsi che la conversazione che ho riferito come fatta a casa mia riguardasse questa seconda cosa che lei mi ha ricordato adesso e che, siccome non ho scritto, mi può essere sfuggita.

  PRESIDENTE. Il 20 aprile del 1978, alle 15.30, lei poté reperire, grazie alle indicazioni pervenute dai brigatisti, il comunicato n. 7 delle Brigate Rosse. Si trattava, come ricorderà, di un comunicato importante perché smentiva il falso comunicato del lago della Duchessa del 18 aprile e poneva un ultimatum alla DC, minacciando di eseguire la condanna di Moro.
  Al di là delle modalità di reperimento, sulle quali le chiedo comunque di fornirci alcuni dettagli, alla Commissione interessa conoscere la valutazione che lei e i suoi colleghi faceste tra il 18 e il 20 aprile, quando apparve il falso comunicato del lago della Duchessa, pure consegnato al Messaggero: lo consideraste autentico oppure no? Faceste qualche ricerca in merito oppure no?

  FABIO ISMAN. Mi pare di ricordare che fu trovato, come altre volte, in un cestino della spazzatura, dopo una telefonata. Noi non lo considerammo affatto autentico. Fu mandata di corsa una persona che lavorava nella mia struttura, Fabrizio Ricci, al lago della Duchessa. Non ricordo se ha usato un telefono a gettone, ma lì non può averlo trovato. Forse c'era già in macchina un telefono portatile. Può darsi che la macchina della cronaca del Messaggero avesse un telefono portatile. Non ne sono sicuro.

  GERO GRASSI. Nel 1978 no.

  FABIO ISMAN. Non lo so, forse era una radio.
  A ogni modo, da lì ci disse – non credo con un telefono a gettone – che il luogo era totalmente ghiacciato, quindi non poteva essere successo assolutamente nulla di quanto il comunicato diceva. Pertanto, ritenemmo quel comunicato assolutamente falso.
  Riguardo al comunicato del 20, non ricordo come fu ritrovato. Vi risulterà agli atti; giuro che non ricordo come fu fatto ritrovare. Pag. 7
  Forse era il comunicato che conteneva la frase «concludiamo eseguendo». In una riunione che fu fatta subito dopo, pensammo che il gerundio dava ancora qualche tempo. Infatti, non si diceva che era stata eseguita, per cui giocammo molto sul gerundio, pensando che potesse esistere ancora del tempo per cercare di salvare la vita di quella persona.

  PRESIDENTE. Lei ha pubblicato una delle più importanti lettere di Moro, quella alla Democrazia Cristiana, che giunse in un momento particolarmente drammatico della vicenda. Sulla base degli atti processuali e dei lavori delle precedenti Commissioni di inchiesta, la vicenda può essere così sintetizzata. Nella notte tra il 28 e il 29 aprile, tra la mezzanotte e le due, a piazza Mazzini, Corrado Guerzoni e Nicola Rana le diedero la lettera di Moro che avevano ricevuto da Eleonora Moro, affinché lei la pubblicasse. La lettera fu effettivamente pubblicata il 29 aprile. Nel frattempo, durante la notte, lei consegnò la lettera al procuratore De Matteo, al quale dichiarò che la lettera era stata recapitata da persona sconosciuta che aveva telefonato, avvertendola che nella sua automobile, parcheggiata nei pressi della sua abitazione, era stato immesso il documento. Tale sua dichiarazione si basava su un impegno di segretezza che aveva assunto con Rana e Guerzoni.
  Lei diede, inoltre, copia della lettera a Ugo Pecchioli, al quale fornì in un biglietto alcune indicazioni sulla vera provenienza. Pecchioli la trasmise a Cossiga e poi il 5 maggio al procuratore generale Pascalino, al quale rivelò il contenuto del suo biglietto.
  Successivamente si accertò, tramite l'esame testimoniale suo, di Rana e di Guerzoni, la vera dinamica dei fatti.
  Le chiedo, innanzitutto, se conferma questa sommaria ricostruzione da me fatta. Nel colloquio che aveste, Rana e Guerzoni le diedero qualche particolare sulla provenienza della lettera o sulle finalità che si proponevano con la sua pubblicazione? Infine, perché diede la lettera a Pecchioli, rivelandogli le vere modalità di recapito?

  FABIO ISMAN. Sì, sommariamente la ricostruzione è corretta. Io ricevetti una telefonata subito dopo mezzanotte da una persona che si qualificò come il padrino di battesimo di mio figlio. La mia prima moglie, all'epoca, era redattore capo al Radiocorriere, che era diretto da Corrado Guerzoni, che era stato, appunto, il padrino di battesimo di mio figlio. Quindi capii che era Corrado Guerzoni.
  Mi chiese qual era l'ora limite affinché il quotidiano il giorno successivo potesse pubblicare un'importante notizia, se fosse arrivata. Gli dissi che c'erano ancora un paio d'ore circa e che poi si poteva, eventualmente, riaprire il giornale, ma non sapevo in che modo, visto che non ero io a deciderlo, ma il direttore. Allora mi chiese se potevo andare in piazza Mazzini.
  Logicamente presi la macchina per andare in piazza Mazzini. Lì vidi Guerzoni e Rana, che mi diedero non so se una busta o un foglio ripiegato, non ho la più pallida idea. Prima di darmelo, mi dissero che, se avessi accettato, l'impegno era che il materiale che mi sarebbe stato dato non doveva risultare proveniente da loro. Chiesi perché e mi spiegarono che era importante per la salvezza di Moro. Mi dissero che era una lettera di Moro e che sarebbe stato opportuno che il giornale la pubblicasse, come aveva sempre fatto fino a quel momento. Credo che non mi fu detto altro.
  A quel punto, mi inventai un modo per averla ricevuta, che era abbastanza banale perché avevo una macchina rossa molto riconoscibile posteggiata di solito sotto casa. Mi inventai, quindi, che qualcuno l'aveva buttata dentro da un finestrino rimasto un po' aperto, dopo di che mi aveva telefonato dicendo di andare a vedere in macchina.
  Andai immediatamente al giornale. Il direttore, che era Fossati, abitava lì vicino. Non mi ricordo se venne da casa o era già lì. Discutemmo un attimo della lettera, che ci sembrò molto importante per alcuni motivi; non tanto perché Moro convocava il Consiglio nazionale del suo partito – non so se avesse la possibilità di farlo, viste le condizioni in cui era – stabilendo che sarebbe stato presieduto da una persona, Pag. 8Misasi, che non penso avesse alcuna possibilità di presiederlo formalmente, nel senso che non ritengo ciò rientrasse nelle procedure di un partito, che, peraltro, non conosco pienamente.
  Secondo noi, era importante per altri motivi. Il primo motivo era che per la prima volta le Brigate Rosse facevano uscire un documento da dove era rinchiuso Moro in un modo diverso dal solito. Infatti, di solito veniva diffuso contestualmente a Milano, a Roma e mi pare a Torino (non sono sicuro di questa terza città). Comunque, questa volta non era stato diffuso contestualmente.
  Come seconda cosa, potevo facilmente immaginare, anche se non mi fu detto niente in proposito, che il documento provenisse dagli ambienti della famiglia, dal momento che Guerzoni era il portavoce di Moro, e Rana, che ho conosciuto in quell'occasione, era, come sapevo, il segretario particolare. Quindi, per la prima volta c'era un nuovo canale che dal luogo dove era trattenuto Moro usciva e arrivava al pubblico, ovvero a noi e ai terzi. Ecco, questo ci sembrò molto importante.
  Logicamente, il direttore decise di pubblicare la lettera e mi fece fare un commento di poche righe – non ricordo se era in prima pagina o all'interno – in cui sostanzialmente riepilogavo la singolarità di questa vicenda.
  Poi, c'era il problema di cosa fare di questo materiale. Un collega che lavorava nel nostro gruppo e si occupava di problemi giudiziari, Mario Coffaro, si mise in contatto con il procuratore capo, che forse era il dottor De Matteo. Ricordo che alle due o alle tre di notte, con una macchina del giornale andammo casa del dottor De Matteo (Coffaro sapeva dov'era) che era in vestaglia, vista l'ora, e gli consegnammo il documento. Il procuratore fece un brevissimo verbale. Logicamente rassegnai la versione che avevo deciso di usare autonomamente, ma che proteggeva le fonti, come da accordo.
  In quell'occasione De Matteo telefonò anche al Ministro dell'interno, che era Cossiga, perché era molto eccitato dal fatto che ci fosse questo documento, quindi voleva farglielo vedere subito. Cossiga, invece, visto che era già tardi – saranno state le 3.30 o le 4 – gli disse di non avere fretta e di farglielo avere l'indomani alle 10 in ufficio. Per qualche motivo, ricordo che questo non piacque a De Matteo. Forse commentò o forse no, francamente non lo ricordo.
  La mattina dopo andai prestissimo in ufficio, anche immaginando che sarei stato raggiunto dalla polizia giudiziaria. Non immaginavo, forse, che sarei stato raggiunto da tre diverse squadre della polizia giudiziaria, che mi presero per tre volte a verbale sul medesimo argomento. Dunque, ebbi il mio da fare per queste cose.
  Tra l'altro, mi arrivò una telefonata da Botteghe Oscure. Era di Pecchioli – che conoscevo perché precedentemente mi ero occupato della riforma dei servizi di sicurezza e di molte vicende del genere per conto del giornale – che mi chiese cosa voleva dire quello che avevo scritto la mattina. Anzi, prima mi chiese se poteva avere una copia della lettera. Avendo noi fatto una fotocopia, non avevo nessuna difficoltà a dirgli di sì. Poi, mi chiese – ripeto – cosa voleva dire quello che avevo scritto. Gli dissi che non era il caso che ne parlassimo al telefono. Allora disse che mi avrebbe mandato un motociclista per prendere la copia della lettera, ma io proposi di vederci direttamente per parlare anche di questo. Quindi ci vedemmo nei giardinetti di piazza Venezia, sotto la sede del PCI di via delle Botteghe Oscure.
  Gli spiegai che c'era un nuovo canale e che la cosa mi sembrava molto importante per la vita di Aldo Moro. C'era un nuovo canale di provenienza dei documenti o comunque di contatto o di collegamento con i terroristi, canale che poteva riguardare sicuramente la famiglia perché evidentemente Rana e Guerzoni, per me, rappresentavano in qualche misura proprio la famiglia.
  Pecchioli mi disse di andare dal procuratore generale per dirgli che avevo avuto il documento da Rana e Guerzoni. Io risposi di no, perché avevo preso l'impegno di non farlo, quindi fino a quando Moro non fosse stato ritrovato o non fosse tornato a casa, non avrei minimamente parlato di questo. Pag. 9Pecchioli disse di fare come volevo; lo ringraziai e l'incontro finì.
  Successivamente, quando fui reinterrogato, logicamente raccontai quello che era successo realmente, perché non c'era più il problema di salvare la vita di una persona che non c'era già più.

  PRESIDENTE. Questa è la riproduzione del biglietto che lei mandò a Pecchioli.

  FABIO ISMAN. Allora, forse è arrivato un suo motociclista con cui gli ho mandato il documento e dopo ci siamo visti. Può darsi che sia andata così, in due volte.

  PRESIDENTE. Perché lei menzionò Grosseto? Successivamente, ha definito questa una sua illazione, cioè una sua idea. Troviamo, però, questa circostanza nei colloqui telefonici relativi ai «sigari».

  FABIO ISMAN. Dove?

  PRESIDENTE. Nell'appunto lei scrisse a Pecchioli di ritenere che la lettera di Moro provenisse da Grosseto.

  FABIO ISMAN. Non ho la più pallida idea.

  PRESIDENTE. A Grosseto risiedeva Anna Maria, la figlia di Moro.

  FABIO ISMAN. Non sapevo neanche che Anna Maria vivesse a Grosseto. Non ricordo la cosa e la trovo sorprendente. L'unico legame che posso ritrovare è che la mia prima moglie è di Grosseto. Può darsi che quando mi ha telefonato dicendo «sono il padrino di tuo figlio», Guerzoni abbia parlato della grossetana o qualcosa del genere, riferendosi a mia moglie. Può darsi che sia questo; non vedo un altro motivo.
  C'è anche scritto che la lettera di Moro è venuta da fuori Roma, ma io non ricordo di aver chiesto né a Guerzoni né a Rana niente di questo.

  PRESIDENTE. Ci sono dei colloqui sui «sigari» che sono stati intercettati. «Sigari» era un modo di dire tra i collaboratori e i familiari di Moro, che a un certo punto parlano di un «sigaro» che sarebbe dovuto arrivare dalle parti di Grosseto. Molto probabilmente facevano riferimento anche a questo. Lei non ha memoria alcuna di questo?

  FABIO ISMAN. Questo non lo so. Forse solo adesso vengo a sapere che la figlia di Moro viveva a Grosseto.

  PRESIDENTE. Quindi lei fa questa considerazione senza motivo? Quel giorno scrive a Pecchioli «da Grosseto».

  FABIO ISMAN. Può darsi; non escludo che ci sia stato un richiamo che forse poteva riguardare mia moglie, che, appunto, è di Grosseto, da parte di Guerzoni, ma giuro che non ricordo cosa sia.

  PRESIDENTE. La Commissione ha recentemente analizzato una serie di intercettazioni del 28 aprile tra Guerzoni e Rana che fanno riferimento alla possibilità che arrivi a Grosseto un «sigaro», termine che sembra indicare una lettera di Moro. Per questo gliel'ho chiesto. Lei non sapeva niente?

  FABIO ISMAN. No.

  PRESIDENTE. Non sa nemmeno perché ha detto «di Grosseto», né ricorda dei «sigari».

  FABIO ISMAN. No. Della parola gergale «sigari» non ho certamente mai saputo.

  PRESIDENTE. Tra le intercettazioni dell'utenza di Nicola Rana si trova una sua telefonata del 7 maggio alle ore 12.40. Faccia mente locale perché è una cosa di particolare interesse.

  FABIO ISMAN. Mia?

  PRESIDENTE. Sua.

  FABIO ISMAN. Non ho mai avuto il numero di Rana. Lo escludo.

  PRESIDENTE. No, questa è sua.

  FABIO ISMAN. Mia a Rana?

Pag. 10

  PRESIDENTE. O di Rana a lei; la cosa cambia poco.

  FABIO ISMAN. Non lo so.

  PRESIDENTE. Nell'intercettazione dell'utenza di Nicola Rana si trova una sua telefonata del 7 maggio 1978, alle ore 12.40.
  Nella telefonata lei comunica a Rana di aver avuto da pochi minuti – cito testualmente – «un'informazione da un canale che di solito questo tipo di informazione non le ha sballate finora, in cui mi si dice che questo tipo di assemblea che c'è stata ieri qui a Roma dovrebbe aver avuto un'importanza molto rilevante». Poi aggiunge «non so se ci sia stata una nuova richiesta di parere, diciamo, a questo gruppo, a questi due gruppi che si sono riuniti ieri». Chiede, infine, di incontrarsi con Rana verso sera, dal momento che spera di ottenere nel frattempo ulteriori notizie. Rana accetta.
  Lo chiediamo a lei perché il dottor Rana non ha una particolare memoria di questo fatto.

  FABIO ISMAN. Nemmeno io.

  PRESIDENTE. Può chiarirci il senso? La aiuto, rileggendole quello che ha detto qualche decennio fa. È lei che chiama: «Pronto, buongiorno. C'è il dottor Rana?». «Sì, sono io». «Io sono Fabio Isman».

  FABIO ISMAN. A chi telefono?

  PRESIDENTE. A Rana.

  FABIO ISMAN. All'Agenzia Italia, dove lavorava all'epoca?

  PRESIDENTE. No, era alla segreteria di Moro, poi andò all'Agenzia Italia.

  FABIO ISMAN. Non ricordo.

  PRESIDENTE. «Buongiorno», le risponde Rana. E lei dice: «Dunque, ci sono due cose. La prima cosa è che avrei bisogno di vederla, magari questa sera, se è possibile, perché prima non credo di potermi muovere». Rana risponde subito: «Sì».
  Lei prosegue: «Magari di questo ne parliamo. La seconda cosa è che io ho avuto un'informazione (l'ho avuta un quarto d'ora fa) da un canale che di solito questo tipo di informazioni non le ha sballate finora, in cui mi si dice che questo tipo di assemblea che c'è stato ieri qui a Roma dovrebbe aver avuto un'importanza molto rilevante». Rana risponde: «Ah».
  Lei va avanti: «Così mi si dice. Non so se ci sia stata (non sono ancora in grado di saperlo e non so se riuscirò a saperlo per stasera, ma spero di sì) una nuova richiesta di parere, diciamo, a questo gruppo, a questi due gruppi che si sono riuniti ieri, ma questo dovrebbe venir fuori».
  «Ho capito», dice Rana.
  E lei: «Comunque, ieri sera, siccome questa comunicazione per una serie di motivi è stata molto frammentaria, penso di avere qualcosa di più nel pomeriggio».
  «Ho capito» risponde Rana.
  Lei replica: «Appunto per questo volevo sapere, anche per questo, se potevamo vederci un attimo stasera».
  Rana: «Sì, molto volentieri. Io sono a disposizione; io adesso stavo andando un momento a casa Moro per... Così, poi ritorno qua. Diciamo il tempo di andare e tornare, poi io non mi muovo più, se non accade qualcosa, quindi mi può chiamare quando vuole».
  Isman: «Allora, diciamo, siccome io prima non posso per motivi tecnici, perché adesso ho l'orario di copertura qui al giornale, facciamo che io la richiamo verso l'ora di cena, diciamo verso le otto e mezza, e ci mettiamo d'accordo».
  Rana: «D'accordo. Benissimo».
  Qui finisce la trascrizione della telefonata.

  FABIO ISMAN. Continuo a non ricordare.

  PRESIDENTE. Vorremmo capire il senso della telefonata perché la nostra fantasia ci aiuta a pensare molte cose, essendo il 7 maggio.

  FABIO ISMAN. Viste le fonti che avevo in quel momento, l'unico senso che posso immaginare o ricordare è che Piperno mi Pag. 11avesse detto che c'era stato un incontro il giorno prima e una discussione.

  PRESIDENTE. Una discussione delle BR?

  FABIO ISMAN. È logico. C'era stata una discussione ed erano spaccati. Questo è il motivo per cui...

  PRESIDENTE. Ma il parere a chi andava chiesto?

  FABIO ISMAN. Alle Brigate Rosse. Il discorso è che il giorno prima si erano riuniti e forse c'era un'altra riunione tra loro per dare un diverso parere sulla sorte di Moro. Non escludevo di avere di nuovo altre informazioni; forse ero anche rimasto d'accordo in questo senso con Piperno, nel senso che se ci fosse stato qualcosa me lo avrebbe detto.
  Non mi ricordo affatto di aver chiamato Rana. Non lo ricordo minimamente.

  PRESIDENTE. Quindi non ricorda nemmeno di averlo incontrato?

  FABIO ISMAN. Questo ancora meno. Lo escluderei. Le ho detto subito fin dall'inizio che avevo visto Guerzoni e Rana una sola volta e poi forse Guerzoni un'altra volta, ma in occasioni più o meno pubbliche, non da solo. Non mi ricordo, invece, di aver visto di nuovo Rana prima della fine del sequestro. L'ho rivisto abbastanza tempo dopo.
  È possibile, però, che quando Piperno, come immagino, mi ha detto questa cosa, io abbia cercato informazioni intorno e conferme per sviluppare la notizia.

  PRESIDENTE. Quindi Piperno era quotidianamente informato di quello che succedeva?

  FABIO ISMAN. Piperno diceva di conoscere molte cose. Se poi fosse veramente informato o lo immaginasse lui, non posso saperlo. A me sembrava persona fededegna.

  PRESIDENTE. Seguo la sua telefonata di allora che dice che queste informazioni non le ha mai «sballate».

  FABIO ISMAN. Esatto.

  PRESIDENTE. Diremmo, quindi, che era persona informata dei fatti.

  FABIO ISMAN. Quando mi aveva parlato la prima volta di una frattura all'interno delle Brigate Rosse, non ci credetti minimamente. Invece, poi mi pare di aver letto da qualche parte che questa frattura c'era, quindi ho pensato che avesse ragione. Non è che all'epoca ci fossero moltissime fonti consultabili; era abbastanza difficile.

  PRESIDENTE. Vorrei finire questa parte. Poi il senatore Fornaro ha una domanda su questo.
  Nella sua audizione dello scorso 16 febbraio presso la Commissione il dottor Rana ha detto di non aver avuto rapporti con lei, al di là dell'episodio della lettera del 28 aprile.
  In un'audizione del settembre 1980, lo stesso Rana aveva detto di non aver avuto rapporti con lei prima della lettera e che in seguito lei gli chiese più volte un'intervista che apparentemente non fu concessa.
  Sempre nell'audizione dello scorso mese Rana ha detto che sospettava che lei – forse a seguito della lettera alla Democrazia Cristiana – avesse rapporti con la polizia o con altri organi. Lei conferma di non aver avuto altri rapporti con Rana durante il sequestro?
  Al di là della vicenda della lettera di Moro del 28 aprile, lei trasmise alla polizia informazioni pervenutele dai familiari di Moro o da altri soggetti coinvolti nella vicenda? I contenuti della telefonata a Rana furono da lei comunicati anche alla Polizia?

  FABIO ISMAN. Assolutamente no. Faceva parte del mio normale lavoro. Informavo il mio direttore, non la polizia.

  PRESIDENTE. Senatore Fornaro, vuole intervenire su questo punto?

Pag. 12

  FEDERICO FORNARO. Vada pure avanti.

  PRESIDENTE. Nella sua attività lei ebbe relazioni con diversi esponenti dei servizi, oltre a vicende nelle quali ebbe a scontrarsi o a confrontarsi – lei lo sa bene – con Antonio Labruna e con Antonio Viezzer. Si ricordano, in relazione alla vicenda dei verbali di Peci, i suoi rapporti con Silvano Russomanno, sul quale in anni recenti ha espresso giudizi molto simpatetici nel volume Contropotere di Massimiliano Griner e Lilly Viccaro Theo, pubblicato nel 2011.
  Durante il sequestro Moro, ebbe contatti con questi o altri membri dei servizi? Può darci dei dettagli in merito? Erano solo fonti per lei o c'erano anche reciproci scambi di notizie?

  FABIO ISMAN. Per quanto riguarda Viezzer, Labruna e aggiungiamo anche Maletti, gli unici rapporti che ho avuto con questi signori derivavano dal processo di Catanzaro, in cui due di loro – Maletti e Labruna – erano imputati e sono stati condannati. Ho seguito tutto il processo di piazza Fontana per conto del mio giornale, quindi li ho visti e frequentati più volte.
  Per quanto riguarda Silvano Russomanno il discorso è completamente diverso. Silvano Russomanno mi fu presentato quando feci la prima inchiesta per Il Messaggero sul terrorismo. C'era ancora Sandrino Perrone come direttore, quindi era nel 1972-73. Ci furono tre o quattro articoli che potete trovare più facilmente di me, che si intitolavano «Il rosso e il nero».
  All'epoca, con il direttore Sandrino Perrone, la prima cosa che ci venne in mente per fare questa inchiesta era di trovare tutti i giornali (buona parte clandestini, ma comunque esistenti) dell'ultradestra e dell'ultrasinistra. Per avere un regesto, fui mandato da Sandrino Perrone dal dottor D'Amato, che era responsabile degli affari riservati. Il Ministro dell'interno era Restivo, che credo fosse parente di Perrone. Comunque, andai e parlai molto brevemente con il dottor D'Amato che fece venire un signore, ovvero Silvano Russomanno, che credo fosse il suo braccio destro o qualcosa del genere, e gli disse: «Cerca tutte le cose di destra e di sinistra che ci sono e fagliele vedere». Andammo in una stanza, dove fu convocata altra gente.
  In quell'occasione conobbi anche il dottor Milioni. Venni a sapere che era lui che si occupava dell'ultradestra, cosa che a me interessava molto in quel periodo perché mi occupavo molto di piazza Fontana.
  Così cominciammo a conoscerci. Da quella volta Russomanno e io ci siamo visti abbastanza regolarmente, un paio di volte al mese a colazione, di solito dove andava a mangiare lui, in un ristorante vicino a via dei Fori Imperiali.
  Nel tempo c'è stata poi la riforma dei servizi fatta da Cossiga. Io ero diventato abbastanza amico di Cossiga perché quando fece la riforma me ne parlò due o tre volte. Andavo la mattina molto presto alla Camera dei deputati per lavorare. Facevo anche altre cose, oltre ai servizi. Mi occupavo anche di referendum, dello «scandalo dei petroli», della Lockheed quando cominciò, di Sindona e quant'altro. Spesso ci si vedeva molto presto lì, si beveva un caffè insieme e altre cose di questo tipo.
  In particolare, una volta ci fu un episodio divertente, ma anche importante, quindi è giusto che ve lo racconti. Ci siamo visti all'ingresso del Transatlantico per andare alla buvette a bere. Cossiga era abbastanza eccitato, dicendo che quella notte aveva trovato il nome dei servizi di sicurezza. Mi aveva già interpellato chiedendomi se ero d'accordo o meno che dovessero essere due. Insomma si era già parlato di questa riforma. Allora, disse che il servizio di sicurezza interno doveva fare soltanto informazione e sicurezza interna, non altro, quindi lo avrebbero chiamato SIS. Io dissi: «SIS Cavallino Rosso». Cossiga rispose che lo stemma non lo aveva ancora fatto, ma non vedeva perché metterci un cavallo. Gli risposi: «Guardi che SIS Cavallino Rosso è un brandy di Bologna». E Cossiga: «Ma cosa dice?». All'ultimo corridoio prima della buvette c'era una panca con dei telefoni, prese il primo e chiamò Mosino; era molto agitato, tanto che gli disse: «No, non chiudo per niente il Pag. 13telefono, resto qui. Si informi dal prefetto!». Poi chiuse il telefono, ringraziandolo, mi guardò e mi disse: «Mi hai salvato la vita». Devo dire che questa cosa mi è sembrata molto divertente, perché in effetti esisteva un brandy «SIS Cavallino Rosso», ma Cossiga non lo sapeva.
  Dopodiché, in queste chiacchiere sui servizi, a un certo punto, mi fece chiamare da Zanda al ministero, chiedendomi di non scriverne. Accettai, ovviamente, l'accordo. La chiacchiera verteva sul fatto che si era accorto che a capo del servizio civile di sicurezza, cioè del servizio interno, avrebbe dovuto mettere un generale dei Carabinieri, che non era civile affatto, altrimenti Forte Braschi non avrebbe mai consegnato i dossier riguardanti la sicurezza interna che avrebbe dovuto consegnare. In sostanza, se non ci fosse stato un carabiniere al vertice, non gli avrebbero dato i materiali.
  Di questo abbiamo discusso abbastanza. Cossiga mi disse: «Forse il più bravo è Dalla Chiesa, ma se lo nomino viene fuori una rivoluzione, e poi i poliziotti non lo vogliono. Ne ho trovato uno che è abbastanza possibile per loro, che è Grassini». E nominò Grassini. Nello stesso tempo mi disse: «Come vice mettiamo Russomanno, che è il più bravo poliziotto che c'è». Quindi, Russomanno fu nominato vice. Vidi Russomanno anche altre volte. Durante il sequestro Moro ci siamo visti qualche volta, anche se abbiamo diradato gli incontri per necessità di lavoro di entrambi, ma le nostre chiacchiere sono sempre state – non so come spiegarvi – di comprensione generale, di ambiente; non sono mai state notizie scambiate. Russomanno e io non ci siamo mai scambiati nessuna notizia. Facevamo un gioco perché tutti e due avevamo una gran buona memoria. Quindi, mentre mangiavamo facevamo dei giochetti. Lui mi guardava e diceva «Brigitte Mohnhaupt», e io rispondevo «Rote Armee Fraktion, presa con le armi...» e così via. Poi dicevo «Pozzan», e lui: «Come no? Bidello, Configliachi, Padova». Facevamo questo e poi parlavamo di cosa abbastanza larghe e generiche. Durante il sequestro Moro, credo di aver parlato con lui della possibilità che Moro si salvasse o meno. Mi pare di ricordare che diceva che secondo lui si sarebbe salvato. Sull'argomento specifico, credo non vi sia stato null'altro.
  Vorrei anche precisare – visto che non c'è più e visto che comunque l'ho sempre detto – che le famose fotocopie degli interrogatori di Peci non mi furono consegnate da lui. Ci sono già congrui verbali su questo, perché lo avevo già dichiarato. Mi furono consegnati da un'altra persona che non ho mai nominato, né intendo nominare. Posso dire che ha fatto una buona carriera, quindi forse la Polizia non ha trovato il poliziotto che me li ha dati. In ogni modo, non mi furono assolutamente dati da lui. A questo proposito posso dire che era vero quello che dichiarò Russomanno nel suo memoriale in appello, cioè che c'era un gruppo ridotto di terroristi genovesi che voleva deporre le armi. Mi disse che aveva avuto la benedizione del suo superiore, che non poteva che essere il Ministro dell'interno dell'epoca, ovvero Rognoni, sia per cercare di concludere questa vicenda, sia perché, secondo la loro valutazione, era ammaestrante che i terroristi sapessero che Peci si pentiva. Quindi, per loro era importante che venisse pubblicata la prima parte del suo interrogatorio, ovvero le motivazioni del pentimento, al punto che furono anche acquisite al processo Naria. Uscirono due o tre giorni prima del mio primo articolo. Ne scrisse sicuramente Passalacqua e forse anche qualcun altro.
  Vorrei aggiungere che, tra tutti i vertici dei Servizi, Russomanno era l'unico non iscritto alla loggia P2.

  PRESIDENTE. Andiamo avanti. Adesso ho una domanda relativa alla vicenda Hypérion, a cui annettiamo particolare interesse, che lei seguì da Parigi. Come sa, in diverse occasioni è stata accreditata la tesi secondo cui le indagini a Parigi, condotte da De Sena, furono bruciate a causa di una serie di articoli di stampa.
  Da ultimo, il giudice Calogero nella sua audizione del novembre 2015 ha affermato: «Una fuga di notizie, probabilmente orchestrata dai servizi segreti italiani, portò alla fine dell'indagine su Hypérion. Il 24 aprile del 1979 il Corriere della Sera pubblicò un Pag. 14dettagliato articolo a firma di Paolo Graldi dal titolo “Secondo i servizi segreti era a Parigi il quartier generale delle Brigate Rosse”. La fuga di notizie ebbe conseguenze serie. Dopo pochi giorni, infatti, i colleghi dei Renseignements nationaux comunicarono ai funzionari di polizia romani che l'inopportuna fuga di notizie li poneva in forte imbarazzo per cui interrompevano ogni collaborazione».
  Da parte sua, Paolo Graldi, nell'audizione del 2 dicembre, ha escluso nella maniera più categorica di aver utilizzato fonti dei Servizi, dicendo sostanzialmente che il suo articolo si basava su una sorta di espediente retorico e su notizie raccolte da fonti imprecisate.
  Lei scrisse diversi articoli sul tema, intervistando anche Berio e Mulinaris, ma non il primo articolo de Il Messaggero, che fu scritto da Giuseppe Di Dio.
  Può raccontarci esattamente quali furono le sue attività a Parigi in quegli ultimi dieci giorni di aprile 1979? Quando giunse a Parigi? Con chi si vide in relazione alla vicenda? Ebbe contatti con esponenti della polizia o dei servizi italiani? Parlò mai di questo con Russomanno?

  FABIO ISMAN. Quando uscì l'articolo del Corriere della Sera, fui chiamato la mattina e fui spedito a Parigi dal mio giornale. Ricordo, infatti, che ebbi difficoltà a cambiare i soldi allo sportello dove Il Messaggero aveva un conto perché era il 25 aprile e dovetti cambiare la valuta all'aeroporto. Non ricordavo affatto di un articolo di Di Dio.

  PRESIDENTE. Il primo articolo di Di Dio, simile a quello di Graldi. Di Dio sarà pure uno stimatissimo giornalista, ma poi ha scritto sempre lei. Stranamente, questo primo articolo lo scrive lui.

  FABIO ISMAN. L'unica ipotesi è che Di Dio fosse a Roma.

  PRESIDENTE. Di Dio scrive il 24.

  FABIO ISMAN. Allora, non ne so nulla. Non so come Graldi abbia potuto scrivere questa cosa. Non so da chi gli sia arrivata, né come gli sia venuta. Né so tantomeno da chi Di Dio....

  PRESIDENTE. Escono queste notizie da fonti imprecisate, per cui lei parte. Vengono pubblicate insieme da Graldi e da Il Messaggero a firma di Di Dio.

  FABIO ISMAN. Bisognerebbe vedere il giornale per capirlo. Potrebbe essere una cosa ripresa dal giornale a mezzanotte perché, per i sistemi del Messaggero, se la notizia fosse stata portata da Di Dio, sarebbe andato lui. Non vorrei, quindi, che la notizia sia solo di Graldi e venga vista a mezzanotte.

  PRESIDENTE. Si spunta la pagina, si copia la notizia e poi si parte?

  FABIO ISMAN. No. Spunta la pagina e copia la notizia, come dice lei, lo fa il collega di servizio di notte. Dopodiché, si fa partire un'altra persona, un inviato o comunque qualcuno che facesse questo lavoro. Io fui chiamato la mattina per partire...

  PRESIDENTE. Quindi la fonte era Graldi?

  FABIO ISMAN. Io non ho mai saputo che Di Dio avesse scritto di questa cosa.

  PRESIDENTE. Il 24, lo stesso giorno.

  FABIO ISMAN. Posso chiedere se avete la copia di questo articolo?

  PRESIDENTE. La troviamo, mentre lei parla o intervengono i colleghi.

  FABIO ISMAN. Da quello forse si riesce a capire se è una ripresa o se è un articolo. Comunque sia, se avesse già scritto un altro collega forse avrei detto di mandare lui, francamente. Per me era una notizia nuova. Io fui chiamato la mattina presto, mi dissero di correre a Parigi con il primo aereo perché c'era la sede delle Brigate Rosse. Fui colto di sorpresa. Mi dissero di guardare il Corriere. Io non avevo ancora visto i giornali proprio perché era festa. Pag. 15
  Allora, presi il giornale, poi l'aereo e andai. Dopodiché, sono stato due o tre giorni lì. Conoscevo già Duccio Berio perché a Milano, prima di Silvia Malagugini, che pure avevo conosciuto forse a Milano, una sua fidanzata era una carissima amica di mia cugina, a casa della quale andavo spesso. Si chiama Clodia Piperno ed era una nipote di Carla Ovazza, che fu sequestrata. Abitavano in via Gherardini, al piano di sotto dei miei cugini Zeller. Quindi, avevo conosciuto Duccio lì, infatti quando l'ho rivisto ci siamo salutati parlando del tempo trascorso.
  Mi fermai dentro i locali dell'Hypérion, chiedendo una valanga di documenti e di carte, facendo l'iperpignolo. Mi si diceva: «Facciamo corsi in Italia», rispondevo: «Con chi? Chi paga?». Insomma, facevo cose così. Stetti lì due o tre giorni, ma non ebbi mai nessun sospetto che ci potesse essere qualcosa che venisse nascosto, telefonate che arrivassero che non potessi sentire o altre cose di questo genere. Peraltro, non era neanche un posto molto grande. Le persone erano sostanzialmente tre in quel momento. C'erano Mulinaris, Berio e forse la Tuscher, che era la nipote dell'abbé Pierre.

  GERO GRASSI. Era la moglie di qualcun altro.

  FABIO ISMAN. Era la moglie di uno che forse si chiamava Salvoni, ma che non c'era. Sto parlando di quelli che c'erano.

  PRESIDENTE. Lo stato di famiglia non è considerato mancanza grave.

  FABIO ISMAN. Scusi onorevole, in quel momento premiava il fatto che fosse la nipote dell'abbé Pierre più che la moglie di un Salvoni che non conoscevo affatto.

  FEDERICO FORNARO. Non ha mai conosciuto Simioni?

  FABIO ISMAN. No, non l'ho mai conosciuto; non c'era. Erano via sia Simioni sia Salvoni. Ricordo a memoria che erano tre. Comunque, si possono vedere i pezzi. Quelli che c'erano sono citati perché le fonti le ho sempre citate.

  FEDERICO FORNARO. La ringrazio, dottor Isman. C'è un punto che vorrei approfondire con lei.

  PRESIDENTE. Consenti che gli faccia vedere la pagina del Messaggero del 24 aprile?

  FEDERICO FORNARO. Certamente.

  FABIO ISMAN. «Al professor Negri cominceranno a contestare circostanze precise», così inizia l'articolo di Di Dio. È una cosa molto strana.

  PRESIDENTE. È stranissima. Come immagina, se le prime due pagine del Corriere e del Messaggero fanno questo, evidentemente c'è qualcosa. Poi mandano lei, ma qualcuno...

  FABIO ISMAN. Non lo so, vorrei cercare la prima edizione. Visto che sotto c'è un titolo molto piccino «Scoperti due attentati alla villa di Zaccagnini», che sicuramente vale molto di più, non vorrei che prima ci fosse stata qui la notizia degli attentati a Zaccagnini e poi nell'ultima edizione, leggendo Graldi, sia stata fatta questa cosa, di premettere la notizia su Parigi.

  PRESIDENTE. Ci sarebbe utile se ci aiutasse a ricostruire. Le due pagine saranno state fonti generiche.

  FABIO ISMAN. Purtroppo, non dispongo dell'archivio del Messaggero a casa. Devo chiedere il permesso per andare al Messaggero a consultare l'archivio elettronico. Forse posso farlo, anche se non è semplice.

  FEDERICO FORNARO. Chiedevo se ci può aiutare a comprendere meglio la figura di Piperno durante il sequestro Moro, perché lei in più di un'occasione lo ha citato e lo ha ritenuto persona che non «sballava», cioè che diceva cose vere e che le aveva sempre riferito fatti e sensazioni che poi si sono rivelate, appunto, vere. Pag. 16
  Soprattutto nell'ultima parte che lei ha descritto, il ruolo di Piperno sembra dentro il sequestro, non da osservatore esterno. Questa è la domanda. La sensazione che lei ha avuto – su questo ci sono state attività della magistratura, quindi sia ben chiaro che nessuno vuole ribaltare gli esiti nei confronti del signor Piperno – è che Piperno fosse dentro il sequestro o fosse un osservatore che aveva rapporti con qualcuno che era dentro il sequestro?

  FABIO ISMAN. Io ho pensato che Piperno potesse essere un'ottima fonte per sapere qualcosa di quanto stava succedendo, il che non era molto semplice. Ho pensato che avesse qualcuno che gli dava delle notizie di prima mano. Quando non si possono avere notizie di prima mano nel mestiere che continuo a esercitare da cinquant'anni, si cerca e si allarga il cerchio, cioè si cerca chi sa qualcosa che ha saputo direttamente.

  FEDERICO FORNARO. Quindi lei può sostanzialmente testimoniare, a distanza di tanti anni, che Piperno aveva notizie fresche e frequenti?

  FABIO ISMAN. Da quello che è successo dopo, cioè da chiacchiere che sono venute dopo e quant'altro, ritengo che Piperno potesse parlare con Morucci e Faranda, ma non ne sono sicuro. La mia impressione è questa. Sicuramente conosceva la dinamica interna delle Brigate Rosse o quanto meno della colonna romana delle Brigate Rosse.

  PRESIDENTE. La domanda del senatore Fornaro per noi è importante. La sensazione che lei aveva – mi riferisco pure a quello che ha già dichiarato – quindi è che Piperno era un soggetto che aveva notizie non di prima mano ma comunque affidabili? Le ha sempre dimostrato che le notizie provenivano da dentro le BR?

  FABIO ISMAN. Aveva notizie da qualcuno che sapeva. Non ero in grado di chiedergli se le aveva da un brigatista o dall'amica di un brigatista. Mi sembrava uno che sapesse abbastanza di quanto stava succedendo.

  FEDERICO FORNARO. E quindi ne sapeva abbastanza...

  FABIO ISMAN. Non perché stesse facendo lui stesso delle cose, ma perché qualcuno glielo diceva.

  FEDERICO FORNARO. Per l'amor di Dio, non vorremmo accusare Piperno di essere...

  FABIO ISMAN. Mi aveva chiesto se Piperno era dentro il sequestro. Mi riferivo a questo.

  FEDERICO FORNARO. Mi sembra di capire, da quel che lei dice, che aveva una qualità di informazione molto alta, che gli arrivava ovviamente dall'interno, cioè da chi stava facendo il sequestro. Poi lei ha fatto i nomi...

  FABIO ISMAN. Questa è una mia deduzione ex post.

  FEDERICO FORNARO. In fonti aperte in molti hanno costruito questo possibile legame. Comunque, mi interessa sottolineare un aspetto, cioè la frequenza. Non era una persona che aveva ogni tanto qualche informazione di contesto, ma da quello che lei dice era una sua fonte, che a sua volta aveva informazioni, se non quotidiane, molto frequenti.

  FABIO ISMAN. Conoscevo Piperno già da prima, come peraltro conoscevo Pace, che però non ho mai visto durante il sequestro. Piperno aveva anche altri amici al giornale, quindi spesso veniva. Capitava di vederlo al giornale, in cui c'erano persone che all'epoca erano abbastanza legate al giro di Piperno o di Pace. Lo stesso Ruggero Guarini, all'epoca, era molto legato a questo giro. Quindi, ogni tanto Piperno – ripeto – veniva al giornale e lo si vedeva. Io l'ho visto sicuramente più volte. Qualche volta mi ha riferito qualcosa.
  Allego una tale «intimità» tra di noi che ho detto che forse era anche venuto a casa mia. Non è che ci venisse molta gente, perché non ho mai ammesso molta gente a casa mia. Tuttavia, ricordo che una volta – Pag. 17può essere stato per l'intervista dopo, quindi ho sovrapposto le cose – Franco Piperno venne a casa mia.
  Secondo me, era una buona fonte per cercare di capire quello che stava succedendo, visto che non c'era nessuno che lo potesse raccontare.

  PRESIDENTE. Quindi aveva un flusso di notizie costante?

  FABIO ISMAN. Mi avrà detto delle cose due o tre volte.

  PRESIDENTE. Era, però, uno che monitorava l'andamento?

  FABIO ISMAN. Le due o tre volte in cui mi ha detto qualcosa, se non ha bluffato, ha saputo, quindi qualcuno glielo avrà detto. Non so se era un brigatista, una sorella di un brigatista o un'amica. Non potevo saperlo, ma aveva notizie da lì, mentre era difficile averne.

  FEDERICO FORNARO. Vorrei chiederle una seconda cosa, per poi lasciare spazio ai colleghi. Tornerei sulla «mini inchiesta» che lei ha fatto a Parigi di prima mano nei giorni successivi al 25 aprire 1979 su Hypérion. Nelle carte che lei ha visto, ricorda anche una società Kiron?

  FABIO ISMAN. Assolutamente no.

  FEDERICO FORNARO. Che esistesse una società...

  FABIO ISMAN. Se me lo hanno detto, non le ho attribuito nessuna rilevanza. Non credo di averla citata. Era una società di Hypérion?

  FEDERICO FORNARO. Era una società parallela a Hypérion, l'equivalente di una società a responsabilità limitata, i cui soci erano Mulinaris al 25 per cento, Corrado Simioni al 25 per cento e Cesare Rancilio al 50 per cento.

  FABIO ISMAN. Rancilio non è uno che è stato sequestrato e ucciso?

  FEDERICO FORNARO. Il fratello, Augusto Rancilio, fu sequestrato e non ne fu mai trovato il corpo. Cesare Rancilio era socio di Simioni e Mulinaris.

  FABIO ISMAN. Non ho mai sentito il nome di Rancilio in queste vicende, altrimenti avrei fatto lo stesso collegamento, anche se sono fuori da queste vicende da molto tempo, almeno professionalmente.

  FEDERICO FORNARO. Lei ricorda che le abbiano parlato o aveva avuto sensazione che, oltre alla struttura di Parigi, Hypérion avesse se non proprio delle altre sedi in altre capitali europee quanto meno una rete di collegamenti?

  FABIO ISMAN. Mi pare di ricordare che volessero fare una cosa a Londra. Volevano mettere un'altra scuola a Londra perché quella di Parigi, a detta loro, andava abbastanza bene. Mi fecero vedere i conti ed era abbastanza buona.

  FEDERICO FORNARO. Chiedo scusa, vedere i conti di un progetto?

  FABIO ISMAN. No, mi dissero che andavano bene. Chiesi cosa volesse dire. Ora non ricordo, ma credo di aver pubblicato se avevano degli utili o quanti utili dicevano di avere...

  FEDERICO FORNARO. Ma sulla sede londinese?

  FABIO ISMAN. No. Su di loro.

  PRESIDENTE. A seguito degli utili in Francia pensavano di aprire anche...

  FABIO ISMAN. Mi ricordo che c'era un'idea di aprire qualcosa a Londra. Lo ricordo così, ma credo di averlo scritto, quindi bisognerebbe andare a vedere i pezzi. Forse volevano fare qualcosa anche a Bruxelles.

  FEDERICO FORNARO. Esatto, volevo arrivare a Bruxelles.

  FABIO ISMAN. Non ricordo. Forse volevano aprire anche a Bruxelles. Dovrei Pag. 18cercare gli appunti dell'epoca. Dovrei ritrovarli, siccome forse li conservo da qualche parte.

  FEDERICO FORNARO. Le parlarono di un collegamento con Franco Troiano?

  FABIO ISMAN. Loro non me ne parlarono, ma secondo me Troiano faceva parte della prima vicenda delle BR. Non mi parlarono, però, di Troiano, che secondo me non faceva più parte del loro gruppo.

  FEDERICO FORNARO. Secondo De Sena, Simioni e Berio andarono a Bruxelles e vennero ricevuti e portati in macchina da Troiano, il quale fondò nel 1977 una società di traduzioni, Eurologos, attiva tutt'oggi, di cui lo stesso Franco Troiano è ancora il chief executive officer.

  FABIO ISMAN. Non ne so assolutamente nulla. Ricordavo il nome di Troiano come un proto BR, forse di Sinistra Proletaria.

  FEDERICO FORNARO. No, CPM. Comunque, quel brodo di cultura che poi generava...

  FABIO ISMAN. Collettivo Politico Metropolitano, esatto. Lo ricordavo da lì. Tuttavia, secondo me, era uno che era uscito e non ho più ritrovato.

  FEDERICO FORNARO. Solo per concludere su questo, nei suoi colloqui del 1979 c'era una volontà e un progetto di Hypérion di avere una sede a Londra?

  FABIO ISMAN. Sì, a Londra. Non ricordo, però, se volessero avere una sede o fare dei corsi appoggiandosi a qualcuno. Formalmente non ricordo, ma sicuramente si pensava a un ampliamento.

  FEDERICO FORNARO. Le chiedo un'ultimissima cosa. Nelle fonti di ricavo o di sostentamento, le parlarono di rimesse dall'Italia o di compagni che vendevano abbonamenti?

  FABIO ISMAN. Assolutamente no. Mi parlarono di corsi fatti da società italiane. In pratica c'erano delle società italiane che davano dei soldi per fare dei corsi forse di lingua a Parigi per il loro personale o in occasione di eventi. Non ho mai saputo di fondi.
  Mi sembravano usciti – dalle chiacchiere che si facevano in quei tre giorni in cui sono rimasto lì – da una militanza politica.

  FEDERICO FORNARO. Lei incrociò, in quell'occasione, Robert White?

  FABIO ISMAN. Non so neanche chi sia. Roberto Bianchi? No.

  FEDERICO FORNARO. Le parlarono di un manoir, di una casa in Normandia, a Rouen?

  FABIO ISMAN. Forse di una casa d'estate. Può darsi che abbiano parlato di una casa d'estate dove facevano corsi o roba del genere. Può darsi, è possibile. Bisognerebbe andare a rileggere gli articoli, ma ho detto che volutamente non sono andato a cercarmeli, anche perché...

  PRESIDENTE. Possiamo provare a rivederli? Ci farebbe una grande cortesia.

  FABIO ISMAN. Guardi, io...

  PRESIDENTE. Quello che trova nei suoi appunti dei tre giorni...

  FABIO ISMAN. I miei appunti sono delle cose spaventose, perché sono quattro... Fossero solo armadi, son delle pile così, con dentro tutti i taccuini. Quindi, bisogna che io vada a cercarli.

  FEDERICO FORNARO. Dottor Isman, però sarebbe molto importante.

  FABIO ISMAN. Lo so, ma i miei appunti hanno subito quanto meno uno e forse due traslochi, quindi non è semplice. Avevo fatto un esercizio del genere per un libro che stavo scrivendo sul caso Lockheed, siccome avevo fatto tutti i processi Lockheed, e volevo fare una roba dopo; una roba era già uscita all'epoca e si chiamava Tutti gli uomini dell'antilope, editore Mondadori, Pag. 19con Gambescia e De Luca. Ma volevo rivederla perché era divertente rivedere la fine che avevano fatto i personaggi minori della Lockheed, molti anni dopo, perché alcuni secondo me c'erano ancora. Comunque, per trovare un po' di quei taccuini ho fatto una fatica infernale. Quindi, posso provarci, me lo sono messo qui, però con molta calma, perché ho appena scritto un libro e Il Mulino mi manda in giro per l'Italia.

  FEDERICO FORNARO. La ringrazio. Chiederei però al presidente, come nota operativa, visto che la collezione del Messaggero credo che sia facilmente reperibile, di acquisire agli atti della Commissione gli articoli...

  FABIO ISMAN. La prima edizione.

  PRESIDENTE. No, la prima edizione non la possiamo vedere.

  FEDERICO FORNARO. Gli articoli...

  PRESIDENTE. Quelli li possiamo trovare.
  Presumo che, su tre giorni di appunti, quello che allora non era significativo, oggi, con il dopo, riesce a spiegare quello che aveva scritto.

  FABIO ISMAN. Non è compito mio, ma, se posso, vi darei il consiglio di cercare la prima edizione di martedì 24 aprile. Quella, secondo me, la potete cercare, perché in qualche posto e in qualche modo sia al Messaggero sia alla Biblioteca nazionale esiste. Il Messaggero non ha più collezioni, però c'è una cosa informatica. Le collezioni sono sicuramente alla Biblioteca nazionale di Roma. Questa, secondo me...

  FEDERICO FORNARO. ... è una ribattuta, insomma.

  PRESIDENTE. Pure lo spazio induce a pensare che c'era scritta molta più roba di quel semplice...

  FABIO ISMAN. La mia idea, anche leggendo – per carità, Di Dio è stato un mio collega, ma non l'ho seguito moltissimo, non è mai stato nel mio servizio, nel servizio italiano, era in cronaca, quindi non ne conosco la tecnicalità, come molti altri – come comincia questo pezzo, guardando com'era messa questa pagina, la mia impressione è che sia una cosa messa all'ultimo momento. Questa è la mia impressione.

  PRESIDENTE. Non faccio il dietrologo, però o hanno aspettato mezzanotte o hanno mandato la cosa a due...

  FABIO ISMAN. Chiedo scusa, abitualmente a mezzanotte arrivavano i giornali: Messaggero, Corriere, Repubblica e La Stampa si vedevano a mezzanotte. Per un periodo di tempo Messaggero e Corriere della Sera avevano anche ciascuno un giornalista nella redazione principale dell'altro: al Messaggero ci stava Ettore Mo che dava le informazioni al Corriere e al Corriere ci stava Ezio Pasero che dava informazioni al Messaggero a Milano. Quindi, è una cosa molto consolidata.
  A me sembra strano che un articolo che ha come titolo «La direzione strategica delle BR si troverebbe a Parigi secondo i servizi di sicurezza francesi» inizi dicendo: «Oggi al professor Negri cominceranno a contestare circostanze precise, forse tratte dalla deposizione di un brigatista padovano uscito dall'organizzazione clandestina alla vigilia della vicenda Moro». È molto strano, perché uno comincerebbe: «La sede delle BR a Parigi...». Invece, sembra che ci fosse una cosa sul processo che a quanto pare era in corso, anche perché il titolo all'interno del giornale «I giudici contesterebbero oggi a Negri le rivelazioni di un ex brigatista rosso», il sommario «Il racconto di dettagli tecnico-organizzativi, incontri, riunioni, con date e luoghi formerà oggetto dell'interrogatorio», è tutta un'altra roba. Sopra gli hanno messo un sommario, chiaramente aggiunto ex post: «Le investigazioni parigine collimerebbero con testimonianze agli atti», che non vuol dire niente.
  La mia impressione è che questo pezzo fosse già lì per quel motivo e abbiano detto a Di Dio di mettere dentro anche questa roba, e poi su questo abbiano fatto il titolo Pag. 20e abbiano abbassato un titolo che sicuramente era degno di essere un titolo di spalla: «Scoperti due attentati alla villa di Zaccagnini». Era il segretario della DC, scopri due attentati, non è un cretino che l'ha detto, ma un rapporto della DIGOS. Quindi, questa era una roba da mettere quassù, secondo me. La mia impressione è questa.

  PRESIDENTE. Faremo tesoro delle sue indicazioni.
  Se non ci sono altre domande, visto che l'Aula inizia alle 15.30, ci aggiorniamo. Grazie, dottor Isman.

  FABIO ISMAN. Buoni lavori di Aula e grazie a voi.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.