XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 45 di Mercoledì 22 luglio 2015

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Audizione del Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma, Giancarlo Capaldo:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 4 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Grassi Gero (PD)  ... 7 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 7 
Grassi Gero (PD)  ... 7 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 7 
Grassi Gero (PD)  ... 8 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 8 
Grassi Gero (PD)  ... 8 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 8 
Grassi Gero (PD)  ... 8 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 8 
Grassi Gero (PD)  ... 8 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 9 
Grassi Gero (PD)  ... 9 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 9 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 11 
Grassi Gero (PD)  ... 11 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 11 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 14 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 14 
Fornaro Federico  ... 14 
Capaldo Giancarlo , Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma ... 14 
Fornaro Federico  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Risposte del dottor Giancarlo Capaldo ai quesiti formulati per iscritto dal deputato Fabio Lavagno ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.30.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Ricordo che nella riunione dello scorso 6 maggio si è convenuto di sottoporre all'attenzione del Presidente della Repubblica, del Presidente del Parlamento europeo e dei Presidenti di Camera e Senato l'opportunità di promuovere, nel corso del 2016, iniziative per ricordare il pensiero di Aldo Moro nel centesimo anniversario della sua nascita e a quaranta anni dal Consiglio europeo di Roma del 1o e 2 dicembre 1975 – presieduto dallo stesso Moro – nel quale venne decisa l'elezione diretta dei parlamentari europei.
  Con nota pervenuta lo scorso 1o luglio, il Presidente Schulz ha manifestato la propria disponibilità a partecipare ad un evento da organizzare presso la sede del Parlamento europeo, presumibilmente nel mese di febbraio 2016. L'iniziativa ha ricevuto il sostegno anche dei Presidenti delle Camere e del Presidente Mattarella, che ieri ha fatto pervenire una lettera nella quale esprime soddisfazione per la decisione assunta.
  Sarà pertanto costituito un gruppo di lavoro per definire in dettaglio contenuti e modalità di svolgimento dell'evento celebrativo.
  Comunico che, nel corso della riunione odierna, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di inoltrare al Ministro della giustizia una richiesta di informazioni riguardanti il trattamento carcerario dei brigatisti che parteciparono alla strage di via Fani; acquisire documentazione in possesso della Questura di Roma e della Polizia di Stato; affidare al colonnello Pinnelli l'incarico di eseguire alcuni accertamenti istruttori riguardanti un esposto pervenuto.
  Il tenente colonnello Giraudo ha depositato il 16 luglio i verbali riservati di tre escussioni testimoniali; sempre il 16 luglio, il dottor Donadio ha trasmesso una nota riservata recante alcune proposte operative; il 21 luglio è pervenuta una nota riservata del senatore Gotor; con nota riservata pervenuta il 21 luglio, il professor Marco Clementi ha risposto ai quesiti formulati per iscritto da alcuni componenti della Commissione e ha trasmesso, altresì, copia della relazione illustrata nel corso della sua audizione, nonché alcune ulteriori «osservazioni finali».

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione del Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma, Giancarlo Capaldo.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma, dottor Giancarlo Capaldo, che ringraziamo per la cortese disponibilità con cui ha accolto il nostro invito a intervenire oggi pomeriggio in Commissione.
  Con la seduta odierna la Commissione prosegue il ciclo di audizioni dei magistrati Pag. 4che hanno seguito le indagini relative al sequestro e all'omicidio di Aldo Moro e alle vicende connesse.
  Come è noto, nel corso della sua attività il dottor Capaldo si è occupato di alcuni recenti sviluppi del caso Moro, tra i quali anche quello relativo alla lettera anonima inviata nel 2009 al quotidiano La Stampa, nella quale si lasciava intravedere che a bordo della motocicletta Honda avvistata da alcuni testimoni in via Fani al momento della strage vi potessero essere due appartenenti ai servizi di intelligence. Tale filone d'indagine è stato peraltro oggetto di avocazione nel 2014 da parte della Procura generale presso la Corte d'appello di Roma, che sta tuttora indagando.
  Ricordo che al riguardo la Commissione ha ascoltato il 12 e il 13 novembre 2014 l'allora Procuratore generale Luigi Ciampoli, accompagnato dal sostituto procuratore generale Otello Lupacchini, e il successivo 27 novembre l'ex ispettore della Polizia di Stato Enrico Rossi, che condusse i primi accertamenti relativi alla lettera anonima.
  È noto che il dottor Ciampoli ha espresso nella propria requisitoria una serie di motivazioni che hanno portato all'avocazione e alla necessità di successive e ulteriori indagini. La Commissione quindi è interessata a ricostruire tempi, modalità di svolgimento ed esiti degli accertamenti condotti dalla Procura di Roma nell'ambito della suddetta indagine e ad approfondire le ragioni dell'intervento del Procuratore generale Ciampoli.
  Chiedo quindi al dottor Capaldo di illustrare alla Commissione quanto è emerso dalle sue indagini e di esporre la vicenda procedurale che ha condotto all'avocazione da parte della Procura generale. Se e quando il dottor Capaldo lo ritenga necessario, possiamo passare in seduta segreta.
  La ringrazio e le do la parola.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Grazie, presidente. Lei ha ricostruito per sommi capi alcuni degli ultimi sviluppi del cosiddetto caso Moro. Faccio una breve digressione per riferire quello che io ho fatto nella mia attività professionale, per far comprendere meglio ciò su cui posso rispondere.
  Il caso Moro si è affacciato prepotentemente nella mia vita in quanto il 16 marzo del 1978 mi trovavo alla Procura di Roma ed ero in udienza, quando fui avvicinato dal colonnello Varisco, che mi disse che vi era stato un attentato, che Moro era stato sequestrato, e che erano stati uccisi i componenti della scorta.
  Ciò determinò – ricordo molto bene – un vero e proprio panico negli uffici giudiziari e l'interruzione di tutte le udienze. Si diffusero le voci, che riportava anche il colonnello Varisco, relative ad alcuni attentati che si sarebbero susseguiti a Roma dopo il sequestro di Moro, in particolare con varie esplosioni in Prati. Vi era un clima di estrema tensione sia negli uffici giudiziari sia nelle famiglie, come facilmente ciascuno di noi ha potuto acquisire attraverso le telefonate ai propri cari, ai propri congiunti e così via, sia complessivamente nella città.
  Alla Procura di Roma in quel momento storico il Procuratore era De Matteo e il Procuratore generale Pascalino, ma queste sono tutte cose che sapete. Noi sostituti – allora ero un giovanissimo sostituto – ci mettemmo a disposizione per tutto ciò che poteva essere di aiuto nelle indagini; facemmo anche un'assemblea e demmo la nostra disponibilità per interrogare, per far eseguire le perquisizioni, disporre le intercettazioni che fossero necessarie e così via. È un clima che ricordo particolarmente bene.
  Negli anni successivi mi sono occupato alla Procura di Roma di tutte le indagini sul terrorismo nero e quindi sui NAR, su Terza Posizione, sul Movimento rivoluzionario popolare, indagini che hanno portato poi alla scoperta degli autori degli omicidi commessi da quelle organizzazioni, quali per esempio Giusva e Cristiano Fioravanti e così via. Come avete visto, anche nel caso Moro ci sono molti incroci tra personaggi che hanno profili ambigui. Pag. 5
  Dal 1977 al 1982 sono stato alla Procura di Roma. Nel 1998 vi sono ritornato e ancora oggi dirigo il pool antiterrorismo, dopo aver diretto il pool della DDA per diversi anni a Roma. Proprio come pool antiterrorismo mi è stato delegato dal Procuratore Pignatone, il 20 luglio 2012, il fascicolo 7481/12K che era stato trasmesso per competenza dalla Procura di Torino a quella di Roma, relativo a una lettera anonima inviata al giornale La Stampa di Torino nel novembre del 2010.
  Alcuni giorni dopo la delega, il fascicolo mi è stato consegnato materialmente. Siamo nel mese di agosto del 2012. A Roma sono pendenti altre indagini sul caso Moro nello stesso momento storico. Sono pendenti le indagini che erano nate dalle denunce presentate dall'avvocato Ferdinando Imposimato a seguito di rapporti o di indicazioni circostanziate asseritamente trasmessegli da due personaggi, un certo Ladu e un certo Puddu, personaggi che prospettavano, rispetto alla vicenda Moro, soprattutto l'inserimento di forze straniere. Anche queste sono cose che voi conoscete, ma che voglio contestualizzare perché è importante sapere che, in quel momento storico, nella Procura di Roma esistevano anche queste due indagini che destavano numerose perplessità, perché disegnavano scenari completamente diversi, raccontando dell'intervento di forze straniere, di forze militari italiane allertate in un primo momento per la liberazione del presidente della Democrazia Cristiana che avrebbero avuto poi un'indicazione esattamente contraria.
  Nell'agosto del 2012 io dunque ricevo questo anonimo e lo leggo attentamente. È un anonimo che non può che destare forti perplessità, non soltanto perché anonimo, ma anche perché è intrinsecamente contraddittorio. Lo scritto anonimo è di una persona che sostiene che, nel momento in cui verrà letto il suo scritto, egli sarà morto da almeno sei mesi; è di una persona che dice di essersi spinta a questa manifestazione, a questa confessione, per rimorso di coscienza. Però il rimorso di coscienza non è tale da fargli rivelare il suo nome né altre circostanze dell'azione a cui aveva partecipato.
  L'anonimo dice sostanzialmente: «Ero una delle due persone che si trovavano sulla moto Honda in via Fani il 16 marzo; ero la persona alla guida della moto, ma dietro di me c'era una persona di cui non conoscevo il nome. Non l'ho mai saputo. Però molti anni dopo l'ho incrociato per caso a Torino, in un negozio di una certa signora, e l'ho riconosciuto. Quindi posso dare questa indicazione soltanto per consentire a voi di trovare questa persona, che dovrebbe quindi parlare di Moro e così esporsi, mentre io, che voglio aprirmi la coscienza, poiché ho un figliolo non mi sento di dire il mio nome».
  Questo sostanzialmente è il contenuto della lettera, che però aggiunge un fatto di particolare rilievo dicendo che i due (quindi anche lo stesso anonimo) si trovavano in via Fani per disposizione di un certo colonnello Guglielmi. Questo è il dato della lettera anonima.
  Naturalmente la lettura della lettera anonima da parte mia in agosto mi fece venire in mente quello che io avvertivo: che c'era e c’è ancora in corso, tutto sommato, nel Paese un tentativo di stimolare la polizia giudiziaria e la magistratura a riaprire le indagini su Moro. C'era già stato Ladu, c'erano state una serie di rivelazioni minori, e adesso si trovava questa lettera anonima.
  Allora, prima di iniziare a interrogare – siamo sempre nell'agosto 2012 – il personaggio identificato a seguito delle indagini della Polizia di Torino, sulla base delle indicazioni della Procura di quella città, cioè Antonio Fissore, volevo anche capire perché. C’è un dato temporale che mi sembra particolarmente significativo, cioè che l'anonimo perviene nel novembre del 2010 e gli atti da Torino arrivano a Roma, a me, alla fine di luglio del 2012. Quindi, sostanzialmente arrivano a Roma un anno e otto-nove mesi dopo l'arrivo della lettera anonima. Allora, avrei voluto acquisire elementi dalla Procura di Torino sul perché ciò fosse avvenuto. Che cos'era accaduto in questo lunghissimo lasso di Pag. 6tempo in cui la Procura di Torino aveva mantenuto il fascicolo e la direzione delle indagini, benché non potesse ritenersi certamente competente territorialmente rispetto all'indagine che riguardava un fatto romano ? Ma agosto è un brutto mese per fare tutti questi accertamenti in Procura, quindi ho aspettato i primi di settembre, allorché ho acquisito dalla DIGOS la notizia che Fissore era morto. Antonio Fissore, come sapete, muore ai primi di settembre del 2012.
  I dubbi che avevo in relazione alla contestualità delle indagini Ladu-Puddu e di quelle altre precedenti all'intervento dell'anonimo, si completano con ulteriori indicazioni che arrivano a Roma. Arriva anche un'altra denuncia, sostanzialmente. Nascerà poi la problematica – e poi ci ritornerò – della avocazione da parte del Procuratore generale, e sul perché il fascicolo viene avocato.
  C’è sempre alla base l'indicazione di un giornalista, vi è una denuncia di un certo Raso, che si presenta come un soggetto che addirittura aveva scritto in modo quasi clandestino un libro, ma che nel libro non era stato completamente esplicito, quindi Raso nella sua denuncia vuole essere più esplicito e sostiene sostanzialmente: «Io sono un artificiere che la mattina del 9 maggio del 1978 – la mattina della scoperta del cadavere di Moro – mi trovavo nel mio ufficio, quando, proprio all'inizio della mattina, e certamente lo ricordo perché dovevo recarmi in un certo posto e non ho potuto più andarci, verso le 9-9.15 del mattino sono stato convocato dal mio comandante che mi ha ordinato di recarmi in via Caetani perché c'era una bomba da disinnescare su una auto, su una Renault. Io sono arrivato in quel posto e ho fatto una serie di accertamenti». È un dettaglio che posso raccontare e, se ritiene la Commissione, posso anche trasmettere la copia del verbale delle dichiarazioni rese da Raso. Ma il senso della denuncia di Raso era questo: «Io mi trovavo in via Fani verso le 10.15 del mattino e non c'era nessuno; ho scoperto il cadavere di Moro; era già presente lì vicino il Ministro Cossiga». E Raso racconta tutta una storia con dettagli dai quali sostanzialmente emerge che ci sarebbe stata una prima scoperta del cadavere di Moro, appunto quella avvenuta all'inizio della mattina, e una seconda scoperta del cadavere di Moro, quella ufficiale, conosciuta da tutti e mandata in onda anche dalla televisione.
  Ciò naturalmente fa aumentare gli interrogativi relativi agli ultimi momenti della vita di Moro, al luogo dove Moro è stato ucciso, al luogo dal quale è partita l'automobile (se è partita) che ha condotto il cadavere di Moro in via Caetani.
  Questo ulteriore procedimento naturalmente rende ancora più allarmante la sua connessione, a mio avviso, rispetto al procedimento della lettera anonima. Ovviamente non posso più ascoltare Fissore, né io né altri.
  In quel momento storico c’è una dichiarazione rilanciata dall'ANSA – sempre dallo stesso giornalista, quello attraverso il quale viene transitata sostanzialmente in Procura l'indagine e tutti gli accertamenti correlati a Raso – in cui l'ispettore Enrico Rossi, che voi mi sembra abbiate ascoltato, sosterrebbe di essere stato impedito nelle sue attività di polizia giudiziaria. È un impedimento generico, che egli denuncia genericamente. Naturalmente la stampa dà un certo risalto alla vicenda e a questo punto si attiva il Procuratore generale per conoscere che cosa era avvenuto di quel fascicolo.
  Nel frattempo, però, prima che il Procuratore generale ci rivolgesse tale richiesta, la Procura di Roma, a seguito del comunicato ANSA in cui Enrico Rossi sosteneva di essere stato impedito nelle sue indagini, ha interrogato Rossi per chiedergli questo. Rossi alla Procura di Roma ha detto che non era vero che qualcuno gli aveva impedito di fare indagini sull'anonimo, perché egli aveva preso questo fascicolo, assegnato prima a un altro collega e poi ricevuto da lui in eredità, e lo aveva trattato con una certa calma anche per delle assenze che aveva dovuto fare, aveva infine effettuato insieme ad altri gli accertamenti che avevano portato alla identificazione di Fissore. Pag. 7Successivamente ancora aveva effettuato, ai sensi dell'articolo 41 del testo unico di pubblica sicurezza, quindi in via del tutto autonoma, come polizia giudiziaria e non su indicazione della magistratura torinese, un intervento e una perquisizione, che, a quel punto, per la verità, potrebbe sembrare anomala perché in qualche modo si trattava di un'indagine che già era stata riferita alla Procura di Torino.
  Dunque, Rossi fa una perquisizione a seguito della quale si trovano due armi che erano state denunciate regolarmente, nonché una ristampa della copia del giornale la Repubblica del 16 marzo 1978. Però Rossi sostiene – e mette a verbale – che non gli è stato fatto nessun tipo di impedimento, che egli è andato regolarmente in pensione così come aveva programmato e che aveva presentato domanda di pensione diversi mesi prima, dopo le regolari ferie che gli spettavano.
  A questo punto, il Procuratore generale emette un provvedimento in cui, ritenendo che sussistesse l'inerzia della Procura di Roma su questa vicenda, avoca il processo e inizia tutte quelle indagini che sono riportate e fatte proprie in quella richiesta di archiviazione che poi lo stesso Procuratore generale trasmette alla Procura di Roma. Una richiesta in cui il Procuratore generale Ciampoli archivia la vicenda, non ritenendo di poter individuare con certezza i personaggi che erano alla guida della motocicletta e neppure colui che ha scritto la lettera anonima, anche se sospetta in qualche modo che lo stesso Fissore forse potrebbe esserne l'autore. Quindi, archivia per questo profilo la vicenda dell'anonimo in sé e invece ritiene di dover proseguire le indagini per quanto riguarda il colonnello Guglielmi, che però nel frattempo è morto, e altre due persone che erano emerse nelle indagini espletate dalla Procura generale a seguito dell'avocazione.
  Quindi, archiviazione per questo e prosecuzione dell'attività di indagine per omicidio contro queste due persone, cioè Stocchi e Barbaro, e poi invio della richiesta di archiviazione alla Procura di Roma; attraverso tale atto la Procura di Roma ha potuto conoscere almeno parte dell'attività svolta dalla Procura generale. La Procura di Roma dovrebbe procedere contro Pieczenik, un consulente del 1978 dell'allora Ministro dell'interno Cossiga. Questo ultimo dato fa riferimento all'accusa che il Procuratore generale ritiene di muovere a Pieczenik per aver contribuito con la sua attività a indurre le Brigate Rosse a uccidere Moro oppure a rafforzare la decisione delle Brigate Rosse, che avevano già deciso preventivamente di uccidere Moro.
  Questo, in estrema sintesi, è quello che è avvenuto.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
  Ho delle domande dell'onorevole Lavagno, che me le ha comunicate per iscritto.

  GERO GRASSI. Ovviamente l'evoluzione della dinamica a seguito della lettera anonima la diamo per scontata come lei l'ha detta; quindi non la riproduco.
  Le faccio alcune domande molto secche.
  Per quale motivo – credo che non possa essere un motivo plausibile il sovraccarico di lavoro – la Procura della Repubblica di Roma ha tenuto fermo per due anni il fascicolo della moto Honda ?

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Come le ho appena detto, il fascicolo della moto Honda, che la Procura di Roma ha ricevuto sostanzialmente a fine luglio del 2012, si sarebbe potuto muovere con una certa limpidezza attraverso l'esame di Fissore, che non è stato più possibile perché, dopo quaranta giorni dalla trasmissione del fascicolo da Torino, dov'era rimasto quasi due anni, Fissore muore.

  GERO GRASSI. Lo ha già detto.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Pag. 8Quindi, la Procura di Roma non ha avuto il tempo materiale per trovare ancora in vita Antonio Fissore.
  Come credevo di avere accennato, ritengo che non sia una coincidenza l'invio della lettera anonima e non credo che la lettera anonima – ma questa è una mia opinione personale – sia genuina.

  GERO GRASSI. Dottore, chiedo scusa...

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Le sto rispondendo, però. Quanto al motivo per cui non ho ritenuto di fare delle indagini come quelle che ha fatto il Procuratore generale, è perché penso che la lettera non sia una lettera autentica. È una lettera strumentale.
  Il non procedere rispetto a una lettera strumentale significava, secondo me, riuscire a capire meglio, in quanto la persona o le persone che avevano inviato questa lettera aspettandosi una reazione investigativa da parte delle autorità, a quel punto si sarebbero dovute muovere per trovare altre occasioni di stimolo per l'attività giudiziaria, visto che l'attività su quel binario, su quel tentativo non era andata a buon fine.
  Ritenevo necessario capire prima come mai, in quel momento storico, ci fossero tante richieste di riapertura di indagine su questioni che rimettevano in gioco dei vecchi profili di incertezza che le indagini precedenti avevano mostrato.

  GERO GRASSI. Dottore, comprendo benissimo la sua risposta, ma le ricordo sommessamente che stiamo parlando del più importante omicidio del secolo scorso che ha riguardato l'Italia.
  Io sono convinto che gli omicidi siano tutti uguali, perché ledono le persone nella loro vita, ma questo è un caso che si trascina da trentasette anni. Probabilmente anche una lettera anonima avrebbe potuto indurre a un intervento maggiore. Bastava, per esempio, che Fissore fosse stato ascoltato il giorno dopo...

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Beh, il giorno dopo...

  GERO GRASSI. ... e non sarebbe morto.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Io rispetto la sua opinione. Ritengo che...

  GERO GRASSI. Probabilmente è diversa la valutazione.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Io ritengo che uno dei compiti dell'autorità giudiziaria in linea generale, soprattutto nei processi più delicati, sia quello di evitare ogni tipo di strumentalizzazione.
  Certo, il giorno dopo forse avremmo potuto sentire Fissore, ma non avremmo potuto capire nel frattempo perché non era stato sentito in quasi due anni da Torino. Acquisire il perché, il background che aveva accompagnato quella denuncia per tanto tempo mi sembrava essenziale. Non avendo la palla di vetro, non immaginavo che qualche settimana dopo Fissore sarebbe morto. Evidentemente mi è stato poi impossibile fare, dopo pochi giorni, l'interrogatorio di Fissore, che avevo intenzione di fare però dopo aver ascoltato e sentito il perché c'era stata una certa gestazione – che emerge chiaramente dagli atti, anche quelli della Procura generale – a seguito della quale per circa due anni questa attività è rimasta a Torino.
  Questo è il motivo per cui non l'ho fatto... Lei può ovviamente ritenere che l'interrogatorio che non avevano fatto a Torino andasse sicuramente fatto il giorno dopo l'arrivo del fascicolo alla Procura di Roma, ma con il senno del poi è tutto più semplice.
  Quello che è importante è capire se anche quello che è avvenuto dopo, se anche le indagini effettuate dalla Procura generale si pongono esattamente nella scia che lei disegna.
  Comunque, la mia valutazione è stata quella di capire meglio e di non prestarmi a una strumentalizzazione che a me è sembrata evidente.

  PRESIDENTE. Mi inserisco su questo. Lei ritiene, per come l'ha presentata, che Pag. 9ci sia una sorta di relazione diretta o indiretta tra la vicenda Ladu-Puddu, sfociata poi in una richiesta di rinvio a giudizio per calunnia, e l'altra segnalazione di Raso riguardo a via Caetani ?
  Ritiene che facciano parte di un medesimo disegno o che ci sia una medesima fonte o una medesima volontà o un medesimo comune sentire tra i diversi soggetti ?

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Non posso concludere in questo modo, anche perché un'indagine sul punto non è stata fatta.
  Posso però sottolineare le perplessità che nascono da questa contestualità di denunce su aspetti tanto delicati di uno stesso caso.
  Noi abbiamo esaminato a fondo il caso Ladu, il caso Puddu, il caso Raso, e li abbiamo esaminati come casi autonomi. Poi abbiamo compreso il collegamento che c'era tra il caso Ladu e il caso Puddu, laddove questo collegamento è ormai accertato processualmente. Non abbiamo acquisito un collegamento diretto tra questi due casi e il caso Raso.
  Il caso Raso – lo rimetto alla valutazione della Commissione parlamentare – si presenta con caratteristiche particolari, sulle quali sono state fatte dalla Procura di Roma e dal ROS numerose indagini per riuscire a capire in che misura la tesi della scoperta tardiva, sul piano soltanto «massmediale», del cadavere di Moro possa avere una qualche concretezza.
  Voi conoscete bene quali sono i numerosi punti di mistero, per così dire, del caso Moro. Ci sono punti oscuri che hanno portato anche il legislatore a istituire la Commissione parlamentare. Il compito della Commissione è molto delicato perché bisogna individuare i punti nodali che sono veramente misteriosi e incerti, senza moltiplicarli a dismisura.
  Certamente, un dato importante in questo contesto di Raso, per intenderci, è il lungo lasso di tempo che decorre dal momento in cui il cadavere di Moro viene – secondo la versione dei brigatisti – lasciato in via Caetani e la telefonata che riceve Tritto, soltanto alle 12.15 del 9 maggio. Morucci impiega circa quattro ore per fare una telefonata e questo sicuramente è uno degli elementi che hanno spinto necessariamente a un approfondimento serio, che stiamo ancora completando e definendo, della posizione di Raso.

  GERO GRASSI. Quindi, se non sbaglio – posso sbagliare la terminologia – l'inattività immediata sul caso Honda è stata la conseguenza di valutazioni maturate sulla base di un collegamento tra la lettera anonima e presunte attività che avrebbero dovuto confermarla o meno.
  Allora, se questo è e se l'inattività presupponeva azioni future, arrivo alla domanda. Esiste una mancata verbalizzazione di Fissore, nonostante i vertici della DIGOS e la Procura della Repubblica di Torino l'abbiano autorizzata. Voi avete mai verificato il perché di tutto questo ? Nello stesso tempo, avete accertato il motivo per il quale, pure autorizzato, l'ispettore Rossi non è mai stato inviato a Firenze ad ascoltare Fissore ?

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. La Procura di Roma è a conoscenza degli atti che da Torino sono stati mandati a Roma.
  In questi atti non c’è né l'indicazione di questa audizione non verbalizzata di Fissore da parte di Rossi né l'autorizzazione – che poi sarebbe un ordine – della Questura o della Procura di Torino a Rossi a recarsi a Firenze. Non mi sembra di ricordare – gli atti, come sapete, ce li ha la Procura generale, non più io – che agli atti ci sia questo. La Procura di Roma ha ricevuto un fascicolo che era in qualche modo esaurito, senza neanche l'adozione di un atto, a mio ricordo, da parte della Procura di Torino. La Procura di Torino destinataria dell'anonimo non mi risulta abbia adottato nessun atto, se non quello della trasmissione per competenza a Roma. Non ricordo altri atti, potrei sbagliarmi.

Pag. 10

  GERO GRASSI. Ha perfettamente ragione lei. Tutto questo non le sembra strano ?

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Come ho appena detto, mi sembra tanto strano che mi ha spinto a non sentire il Fissore il giorno dopo, nell'agosto del 2012, quando ho ricevuto materialmente le carte, ma a capire bene prima che cosa era stato fatto a Torino per comprendere anche le motivazioni, perché ogni cosa viene fatta – io immagino – per motivi che sono seri e ragionevoli. Volevo conoscerli, ma negli atti quei motivi non ci sono, quindi io non posso rispondere alla sua domanda perché negli atti non ci sono i motivi per cui le dichiarazioni che avrebbe reso Fissore non sarebbero state verbalizzate. Anzi, non mi sembra che Rossi a noi abbia detto riferito di aver parlato telefonicamente con Fissore e di averlo in qualche modo stimolato per aiutarlo a... Mi sembra che nel verbale che ha firmato Rossi non ci siano tutte queste indicazioni, se non ricordo male, però potrei ricordare male. La verbalizzazione di Fissore a me non risulta perché non mi risulta interrogato da Rossi.

  GERO GRASSI. Infatti, probabilmente sono stato infelice io. Parlavo di mancata verbalizzazione di Fissore.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Ma si riferisce a questo: mancata verbalizzazione da parte di Rossi ?

  GERO GRASSI. Certo. Ora che cosa succede ? Noi che stiamo qui abbiamo l'impressione che questa lettera anonima o riproduca la scena di un noto film e, se è così, sic transit gloria mundi, abbiamo perso tutti tempo; o se invece non fosse così, di un evento così tragico e drammatico che coinvolge la storia d'Italia e sul quale – lei mi consentirà – ognuno di questa società ha responsabilità di omissione, di superficialità e alcuni di partecipazione al dramma, inteso in senso lato, ne stiamo parlando dopo trentasette anni... Se non fosse la riproduzione del film, a lei non viene il dubbio che siamo arrivati tardi sul posto del delitto in merito alla lettera anonima ? Che avremmo potuto fare meglio, di più e prima, considerata la grande dinamica dell'evento che stiamo trattando ?

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Come le ho detto, io ho potuto leggere la lettera anonima. Innanzitutto bisogna tener conto che è una lettera anonima. L'anonimo di per sé, come voi ben sapete, andrebbe addirittura cestinato, perché lo impone la legge; non viene cestinato soltanto quando contiene indicazioni molto precise che ne consentono un riscontro rapido. Se si desse riscontro agli anonimi, si darebbe la stura a una costante e continuativa strumentalizzazione.

  PRESIDENTE. Proprio su questo, dottor Capaldo, la cosa singolare è che normalmente lo scritto anonimo, a meno che non sia dettagliato viene sostanzialmente cestinato e non si procede; invece, la Procura di Torino non cestina l'anonimo, che viene affidato a un signore di cui non conosciamo il nome. Questi se lo tiene senza fare indagini fino a che non arriva Rossi, il quale scopre che tra le carte di quel signore c’è un fascicolo non meglio identificato di un anonimo su cui non sono state fatte indagini. Tutto questo produce l'anomalia che un anonimo non grandemente dettagliato non venga archiviato. Si decide di procedere, perché si ritiene, quindi, che l'anonimo contenga notizie di dettaglio e degne di approfondimento, per lo meno tanto da destare curiosità nella fase di Torino. Tanta curiosità viene destata che per un anno e mezzo la curiosità viene repressa. Poi arriva Rossi, che lo scopre incidentalmente. Abbiamo ascoltato anche noi Rossi, ma non ho ben capito se viene ostacolato, si auto-ostacola, si incarta, sta di fatto che a un certo punto questa roba viene trasmessa a Roma.
  Consente lei a me di ritenere che questo sia un iter nebuloso ? Quando arriva Pag. 11a lei, lei giustamente dice di non andare da Fissore perché non capisce perché c’è questa anomalia.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Non vado subito, il giorno dopo, da Fissore.

  PRESIDENTE. Io quantomeno avrei chiamato i magistrati di Torino e avrei chiesto loro cosa avessero fatto.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Purtroppo, come le ho detto, il tutto è capitato nel mese di agosto, quando è difficile avere una possibilità di contattare ampiamente un ufficio giudiziario.

  PRESIDENTE. Questo sì. Dopo che Fissore morto, lo si poteva fare a settembre. Vorrei capire se lei è riuscito a interloquire con i magistrati e con la DIGOS di Torino per capire che cosa hanno fatto in quei due anni.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Purtroppo dopo la morte di Fissore sarebbe stata una sorta di indagine sull'attività svolta da un altro ufficio, quindi non avrebbe più avuto il senso di un'indagine sull'anonimo. D'altra parte, l'indagine sull'anonimo, come avete potuto vedere, non è neanche sull'anonimo: perché Torino si limita ad accertare e cercare di identificare un certo Antonio Fissore, identificazione che diamo per scontato sia giusta, ma è sempre un'analisi che va fatta. Perché si arriva a Fissore ? Infatti, la lettera anonima conteneva indicazioni differenti sull'identificazione dell'uomo che veniva indicato come il marito della donna, della signora Tiziana, mentre Fissore non è stato mai marito della signora Tiziana. Ma il marito reale della signora Tiziana era per età non identificabile, perché troppo giovane per poter essere collocato su una motocicletta nel 1978 in via Fani.
  Il dato che in me suscitò una forte perplessità fu appunto questo: Torino in fondo ha fatto l'accertamento soltanto preliminare per cercare di identificare il marito della signora Tiziana indicata nell'anonimo. A seguito di quell'accertamento teoricamente la Procura di Torino, che ha mantenuto il fascicolo – pensando di essere competente forse per qualche reato che aveva intravisto, quale potrebbe essere quello di calunnia nei confronti di vari soggetti (non posso dirlo perché dagli atti non emerge niente) – avrebbe dovuto emettere un decreto di perquisizione a carico di Fissore. Invece, non è stato emesso il decreto di perquisizione. E neppure è stata svolta un'attività di controllo amministrativo, come ha raccontato Rossi a voi, ma ex articolo 41 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, cioè un'attività d'iniziativa che consente alla polizia giudiziaria di procedere a una perquisizione senza mandato dell'autorità giudiziaria, se pensa che ci siano armi illegittimamente detenute in un'abitazione. La perquisizione quindi l'ha fatta Rossi, non la Procura di Torino.
  Queste anomalie che lei ha ben sottolineato, presidente, sono anche le perplessità che mi hanno indotto a cercare di capire bene cosa è accaduto. Quando non è stato più possibile interrogare Fissore, perché era morto, ho ritenuto che per poter capire, forse, qualche cosa, fosse necessario osservare cosa accadeva nel tempo. Qualcosa è accaduto realmente, perché anche nel silenzio ci sono delle reazioni delle persone, delle composizioni diverse della realtà. Molte volte un'attività che viene fatta, così come quella che non viene fatta, determina delle conseguenze nel mondo giudiziario. Credo che questo sia uno di questi casi, che spetterà alla Commissione valutare approfonditamente.

  GERO GRASSI. Pongo l'ultima domanda, anche se le devo dire che la risposta che ha dato al presidente nell'ultima parte è terribile da ascoltare: se ho capito, lei dice che il non aver fatto da parte di qualcuno ha prodotto degli atti.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. No, non ho detto questo. Evidentemente mi Pag. 12sono spiegato male. Non ho ritenuto l'anonimo un fatto autentico, cioè proveniente da una fonte reale. Ciò ha molta importanza, perché se uno ritiene che l'anonimo provenga da una fonte reale significa che dice il vero e quindi se si va ad approfondire, si va ad approfondire una cosa vera; se non è così, significa che l'approfondimento dell'anonimo si presta a uno sviluppo differente, quale potrebbe essere il compimento di atti suggeriti dall'anonimo per suoi fini.
  Quello che ho voluto dire io è che, non facendo delle cose, cioè non eseguendo quanto suggerisce l'anonimo, emerge più facilmente il movimento di coloro che devono ottenere in altro modo la stessa finalità che si riproponevano con l'anonimo.

  GERO GRASSI. Chiarissimo.

  PRESIDENTE. Mi pare di capire, tra il suo detto e lasciato alla nostra riflessione, che sostanzialmente, come prima ha spiegato che i nessi non sono oggettivabili, ma sono coincidenze statisticamente rilevate, l'arrivo di più anonimi...

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Di denunce.

  PRESIDENTE. ... di denunce che hanno per finalità la riapertura di alcuni procedimenti, queste coincidenze rilevanti, l'arrivo del fascicolo da Torino dopo due anni, tutto questo genera un quadro il cui aspetto rilevante è che c’è un mister X o una serie di mister X esterni che hanno l'obiettivo di far riaprire, prescindendo dalla verità o dalla volontà...

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. L'obiettivo era quello di riaprire il processo collocando la moto, collocando due persone che appartengono ai servizi di sicurezza dello Stato in via Fani il 16 maggio 1978.

  PRESIDENTE. Quando l'onorevole Grassi ha detto che ha generato un fatto, siccome nella mia dabbenaggine avevo pensato che il fatto era la morte del Fissore, non avevo capito niente.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Mi ero spiegato male.

  PRESIDENTE. Persino Grassi aveva pensato questo, quindi per oggettivarlo...
  Il fatto a cui facciamo riferimento è che tutti coloro che avevano messo in piedi una serie di coincidenze tese a far riaprire, non hanno riaperto.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Non è che non hanno riaperto. L'anonimo mirava a far riaprire il caso Moro mettendo al centro dell'azione di via Fani il colonnello Guglielmi, una moto Honda, due soggetti dei servizi sulla moto Honda...
  Questo era il punto, se si crede all'autenticità di questa indicazione, bene ha fatto il Procuratore generale a sviluppare l'indagine. Io avevo e ho le mie perplessità al riguardo.

  GERO GRASSI. L'ultima domanda è su via Caetani. Lei ha mai accertato, si è mai incrociato con una notizia, con un dato, con un fatto relativo al negozio di stoffe di via Caetani ?
  Inoltre, ha mai avuto lei, de visu, la possibilità di verificare l'intera cassetta della registrazione della televisione privata del prelevamento del cadavere di Moro ? Non nella parte trasmessa dalla RAI, ma nell'intero filmato fatto dal cineoperatore privato che stava sopra il palazzo ubicato di fronte alla Renault 4.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. A questa seconda domanda rispondo positivamente. Io l'ho esaminata, proprio nell'approfondire la denuncia di Raso, perché, come ho creduto di dire, in ognuna di queste prospettazioni, quella della moto Pag. 13prima, quella di Raso successivamente, c’è indubbiamente qualcosa di fortemente suggestivo.

  GERO GRASSI. Ma io non stavo parlando di Raso.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Le stavo spiegando perché io sono arrivato a esaminare il filmato. Non è che mi metto a vedere un filmato per desiderio astratto. Ho cercato di approfondire l'indagine, per verificare se l'impostazione che ha dato Raso, che sostanzialmente era quella di una differenza nell'orario di intervento, consentiva lo sviluppo dell'ipotesi della provenienza dei filamenti di tessuto rinvenuti sotto le ruote della Renault e sotto le suole delle scarpe indossate da Moro dal negozio di stoffe sito in via Caetani.
  Quindi, io ho esaminato il filmato che mi è stato dato, che era stato trasmesso in modo diverso...

  GERO GRASSI. Ricorda quanto dura ?

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Non molti minuti.

  GERO GRASSI. No, allora lei ha visto il filmato in porzione ridotta. Io parlo dell'intero filmato.

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Adesso non ricordo esattamente, ma non certo per un tempo superiore a una mezz'ora complessivamente.

  GERO GRASSI. Allora ha visto l'intero, perché all'epoca le cassette avevano una riproduzione di venti-trenta minuti.

  PRESIDENTE. Vuole esternare la domanda, invece di fare la filosofia ?

  GERO GRASSI. Il dottore ha detto che l'ha vista la cassetta.

  PRESIDENTE. Ma che cosa doveva vedere ?

  GERO GRASSI. Non lo so. Io non l'ho vista, non c'ero. Ma potrebbe darsi che nella parte non riprodotta della cassetta...

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Non c’è niente di particolare. Io l'ho esaminata proprio per questo aspetto. Quella mandata in onda dalla RAI è stata anche rimontata, ricordo. Io poi ho ascoltato, naturalmente, l'operatore della GBR – mi pare si chiamasse Leccese o qualcosa del genere – che ha effettuato l'operazione, il quale mi ha raccontato come ha fatto le riprese, dove si è collocato per vedere la scena da riprendere. Era molto vicino. Era collocato al primo piano dell'edificio di fronte al luogo in cui era parcheggiata la Renault.

  GERO GRASSI. C’è qualcosa di anomalo nel filmato ?

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Dando per scontato che sia quello «super-originale», non si vede nulla di anomalo. Tra l'altro, è molto confuso. Nel montaggio è stato sistemato meglio, ma altrimenti è molto confuso perché l'operatore sostanzialmente non poteva affacciarsi alla finestra e riprendere, altrimenti sarebbe stato visto dalla Polizia che avrebbe sequestrato il filmato, per cui ogni tanto l'operatore riprendeva senza guardare la scena per non mostrare la testa (così mi ha spiegato) oppure facendo un rapidissimo salto alla finestra per sbirciare ciò che stava accadendo. Naturalmente questo ha determinato una mobilità, una spezzettatura della ripresa.
  Poiché, come lei ha ricordato, l'autonomia delle cassette allora era molto limitata, l'operatore ha dovuto anche far tesoro di questa limitatezza per poter utilizzare quello che era necessario utilizzare e riprendere quanto di più significativo ci fosse.Pag. 14
  Quindi, nel filmato non ci sono per esempio quella serie di riprese di personaggi e non c’è quella temporizzazione che consente di seguire le dichiarazioni del Raso e quindi la collocazione temporale dell'arrivo di tutte le persone in via Caetani nel corso di quelle ore.

  GERO GRASSI. Va bene. E del negozio di stoffe non mi sa dire nulla ?

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Sul negozio di stoffe abbiamo fatto indagini per accertarne l'esistenza sulla base di un'ipotesi devo dire molto intelligente, una ricostruzione molto intelligente fatta dal giornalista Cucchiarelli, per cui l'autovettura poteva essere uscita addirittura da un passo carraio del negozio di stoffe e questo avrebbe potuto spiegare il perché sotto le gomme ci fossero gli stessi filamenti ritrovati sotto le scarpe dell'onorevole Moro.
  Gli accertamenti fatti dai Carabinieri non hanno consentito di trovare conferma dell'esistenza del passo carraio in via Caetani, che potesse permettere all'auto Renault di arrivare – dal passo carraio di via Caetani, che si è ipotizzato potesse essere di fronte a dove poi è stata trovata la Renault – direttamente al luogo del parcheggio della Renault. Comunque, ripeto, il dato in ogni caso significativo che lascia aperti interrogativi inquietanti è lo spazio temporale molto ampio che Morucci ha impiegato quella mattina per telefonare a Tritto. Ciò deve trovare una spiegazione, poiché non so se sia sufficiente quella fornita sempre da Morucci, secondo la quale egli era un po’ agitato e doveva cercare di trovare un telefono che fosse sicuro per non essere rintracciato.

  FEDERICO FORNARO. Pongo una domanda preliminare, per vedere se ho capito bene. L'indagine rispetto alle dichiarazioni di Vitantonio Raso è ancora aperta ?

  GIANCARLO CAPALDO, Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma. Sì, è ancora aperta. Sta per essere chiusa.

  FEDERICO FORNARO. Le farò delle domande. Se il presidente lo ritiene più opportuno, possiamo passare in segreta.

  PRESIDENTE. Passiamo in seduta segreta.
  Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

  (La Commissione prosegue in seduta segreta, indi riprende in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Non c’è più tempo per porre ulteriori domande. Invieremo i quesiti fatti pervenire dal deputato Lavagno al dottor Capaldo, che ci potrà rispondere per iscritto. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.

Pag. 15

ALLEGATO

Risposte del dottor Giancarlo Capaldo ai quesiti formulati per iscritto dal deputato Fabio Lavagno.

  1) È stata fatta un'indagine su eventuali timbri postali apposti sulla busta contenente la lettera anonima giunta al quotidiano La Stampa nel 2009 ?

  2) Come mai, secondo la Sua opinione, la lettera ha avuto una strada così spianata, considerato che presumibilmente di missive anonime ne arrivano in grande quantità presso le Questure e le Procure e che esse, in gran parte dei casi, non producono effetti ?

  3) Conosce il nome del collega dell'ispettore Rossi che aveva ricevuto in carico le prime indagini sulla lettera anonima ? Rossi disse che questo collega, al momento di essere trasferito, gli lasciò tutto il suo lavoro.

  4) Chi ha materialmente ricevuto la lettera anonima al quotidiano La Stampa di Torino: il direttore o un giornalista in particolare ? Cosa c'era scritto nell'intestazione ? E chi ha trasmesso la lettera anonima alla DIGOS ?

  5) Rossi sostiene che la lettera non venne protocollata e, quindi, non è stata trattata in modo ordinario; sono stati condotti accertamenti su questa circostanza ?

  Premesso che non essendo più in possesso degli atti del relativo procedimento penale perché avocato dalla Procura generale della Repubblica di Roma posso riferire solo quanto ancora ricordo, espongo qui di seguito le mie considerazioni.
  Con riferimento alla prima domanda, non mi sembra che siano stati svolti degli accertamenti specifici sui timbri postali apposti sulla busta contenente l'anonimo; d'altro canto è difficile, a causa dell'accentramento, nell'organizzazione delle poste, dei luoghi di timbratura ove viene convogliata corrispondenza proveniente da numerose aree, che i timbri siano significativi sul piano investigativo. Naturalmente sono stati fatti, a quanto mi ricordo, tutti i rilievi di protocollo sulla busta e sulla lettera (ad esempio ricerca di impronte eccetera), che hanno dato esito negativo.
  Solo per precisione aggiungo che mi sembra di ricordare che la lettera anonima sia pervenuta al quotidiano torinese nel 2010 e non nel 2009.
  Con riferimento alla seconda domanda, osservo che la lettera de qua è stata valutata suscettibile di un approfondimento, anche se anonima, per l'importanza dei fatti a cui si riferiva e la possibilità, almeno apparente, di effettuare qualche riscontro su una parte del suo contenuto; quindi, nessuna anomalia nell'iter seguito. Sul tema ci potremmo, invece, interrogare sui motivi per cui la lettera sia stata inviata al quotidiano di Torino: forse perché l'anonimo era pure lui torinese ? Forse perché dava indicazioni su di un negozio di Torino ? Forse perché torinese era il motociclista sconosciuto da identificare ? Forse perché a Torino il procuratore capo era Gian Carlo Caselli, uno dei magistrati che ha più trattato le Brigate Rosse ? Sempre sul punto, potrebbe poi sottolinearsi come sarebbe stato corretto, da parte della Questura di Torino, trasmettere la lettera ed i conseguenti accertamenti effettuati alla Procura di Roma, competente per il sequestro Moro, e non a quella di Torino.

Pag. 16

  Con riferimento alla terza domanda, non conosco il nome del collega dell'ispettore Rossi, primo assegnatario della pratica relativa alla lettera anonima: tale circostanza, emersa solo successivamente alle dichiarazioni rese alla stampa dal Rossi, non mi appare però rilevante.
  Con riferimento alla quarta domanda, non mi sembra che la lettera anonima diretta al quotidiano La Stampa fosse indirizzata ad un giornalista specifico. Non ricordo alcuna particolarità nella indicazione del destinatario della lettera né il nome della persona che materialmente ha poi trasmesso la lettera anonima alla Questura di Torino.
  Con riferimento alla quinta domanda, quando ho ricevuto il fascicolo dalla Procura di Torino nel luglio del 2012, non ho ricevuto notizie sulla asserita mancanza del numero di protocollo dell'anonimo presso la Questura di Torino in violazione di una prassi ordinaria. Occorre precisare, comunque, che quando una procura riceve gli atti da un ufficio di polizia giudiziaria non le vengono comunicati gli ordini di servizio interni relativi a tali atti né le deleghe o i motivi della delega o del cambio di delega ad un ufficiale di polizia giudiziaria.
  In ogni caso, mi sembra che la Procura generale di Roma abbia indagato su tutte queste circostanze senza trarne conclusioni significative.
  Ribadisco quanto ho già avuto modo di affermare nella mia audizione: non mi sembrò, al momento in cui li ho ricevuti, e non mi sembra ancora oggi casuale la pluralità di spunti investigativi, di dichiarazioni o di iniziative che hanno determinato negli ultimi anni l'apertura di numerose indagini sul caso Moro. Dietro tutta questa attività può celarsi qualcuno a conoscenza di particolari o vicende inedite o qualcuno solo in cerca di strumentalizzazioni. Io credo personalmente che siano vere tutte e due le ipotesi.