PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA
La seduta comincia alle 20.20.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE . Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Esame della proposta di relazione su possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione (relatore Catania)(Esame e approvazione).
PRESIDENTE . Conformemente all'ordine del giorno che avevamo maturato in Ufficio di Presidenza, oggi abbiamo all'ordine del giorno la discussione, e auspicabilmente l'approvazione, di tre relazioni sulle quali abbiamo particolarmente lavorato negli ultimi mesi.
Si tratta, nello specifico, di quella in materia di normativa penale, della quale sono relatore; di quella in materia di problematiche di contraffazione nel settore tessile, con riferimento particolare al distretto produttivo di Prato, la cui relatrice è la collega Cenni; e infine di quella sulla contraffazione nel settore calzaturiero, il cui relatore è l'onorevole Gallinella.
Sappiamo tutti che sono in preparazione anche i testi della collega Mongiello e del collega Russo, ma per ora non sono all'ordine del giorno.
Abbiamo qui in aula, e vi sono stati distribuiti, i testi delle tre relazioni di cui dicevo. Prima di tutto, faccio una notazione di carattere formale, che però è doverosa: tutti e tre i testi portano delle piccole modifiche rispetto a quelli diramati per posta elettronica una decina di giorni fa. Sono modifiche di vario tipo. Alcune sono correzioni di errori materiali, altre sono aggiustamenti redazionali, con qualche minimo passaggio dovuto a segnalazioni dei consulenti o altro, però non ci sono innovazioni di sostanza.
Procedo cominciando dalla relazione che ho curato particolarmente, quella in materia penale. Come avrete avuto modo di verificare, la relazione si articola sostanzialmente in due grandi componenti. La prima è un quadro generale in materia di contraffazione che, conformemente a quanto avevamo concordato, ho ritenuto opportuno inserire, proprio perché altrimenti avremmo prodotto esclusivamente dei lavori settoriali, invece questa introduzione di carattere generale, che dura una quarantina di pagine, consente di avere un panorama complessivo del fenomeno della contraffazione e idealmente può costituire un'introduzione a tutti i nostri lavori.
La seconda parte invece contiene un approfondimento specifico sul tema della normativa penale e suggerisce una serie di possibili evoluzioni normative del quadro giuridico vigente. Per evitare posizioni troppo impegnative, volutamente non sono state aggiunte al testo proposte di modifica normativa. Il testo rimane a uno stadio di indicazione, di suggerimento, di riflessione. Pag. 4 Poi starà a noi decidere in seguito, ma non è oggi un tema in discussione, e non è collegato con la relazione stessa, se dare corso effettivamente a delle proposte formali di normativa.
Avremo modo di tornarci nell'autunno prossimo. Stamattina ho ricordato nuovamente – l'avevamo già fatto attraverso il Capo di Gabinetto – al ministro Orlando che desideriamo averlo in audizione e lui è ovviamente ben disponibile. Quindi con lui fisseremo una data di incontro, presumo per il mese di ottobre prossimo, ma tutto questo è uno scenario non impegnativo, che riguarda il medio periodo. Allo stato, la relazione non contiene proposte di modifica di testi e quindi rimane, come ripeto, a uno stadio dialettico più generale.
Fatta questa brevissima introduzione e dando per acquisito che avete avuto modo di scorrere il testo e di leggerlo, vi chiedo se avete dei rilievi, delle osservazioni, o comunque qualcosa che desiderate dire.
Prego, collega Cenni.
SUSANNA CENNI . Intervengo per svolgere alcune considerazioni e anche per dichiarazione di voto, poiché immagino che le voteremo separatamente.
Credo che la relazione, che il Presidente adesso riprendeva per sommi capi, rappresenti un contributo consistente per fare il punto, ma anche per aprire una riflessione sul sistema; cosa che in parte avevamo chiesto fin dall'insediamento della Commissione e che è stata anche oggetto di una nostra discussione. Come Partito Democratico, come Gruppo, qualche settimana fa abbiamo promosso un seminario che non ha concluso la nostra riflessione, ma ha cominciato ad approfondire alcuni temi.
A me pare che la relazione, se vogliamo, vada anche oltre il tentativo di rimettere semplicemente insieme le cose e che quindi possa anche favorire un lavoro che i singoli Gruppi potranno poi mettere in campo, in Aula, con gli strumenti propri dell'attività parlamentare ordinaria.
Credo che questo sia ben affrontato nella relazione, poi ovviamente i riferimenti che si fanno alle norme penali potranno essere oggetto di ulteriore approfondimento, nel momento in cui si passa da una relazione che fa il punto, a proposte di legge o iniziative di altra natura.
Anche io penso, come ho sollecitato durante l'ultima riunione della Commissione, che sia fondamentale l'ascolto e l'incontro con il ministro Orlando. Abbiamo avuto qualche anticipazione dal rappresentante dell'ufficio legislativo del Ministro durante il nostro seminario, però credo che sentire la viva voce del Ministro rispetto alle intenzioni e al report del gruppo di lavoro, della task force che è stata insediata presso il Ministero della giustizia ci aiuti non solo ad andare nella direzione giusta, ma anche a metterci in sintonia con quanto in questa fase viene approfondito.
Quindi, per quanto riguarda il Gruppo del Partito Democratico, esprimo una valutazione positiva che poi si trasformerà in un voto favorevole.
FILIPPO GALLINELLA . Presidente, la lettura della sua relazione mi ha suscitato molto interesse, anche perché riprendendo il percorso che abbiamo fatto in questa Commissione, anche con le audizioni specifiche, ha portato a determinare che cos’è la contraffazione rispetto all’italian sounding o ad altri fenomeni che si correlano con la contraffazione.
Tutta la normativa penale, almeno al sottoscritto, ha chiarito alcuni aspetti che i vari auditi ci hanno messo di fronte. Sicuramente questo è un lavoro propedeutico di formazione anche nostra, per il futuro svolgersi delle relazioni. Questo testo mette insieme i vari delitti e le varie norme, con alcune considerazioni molto condivisibili che sicuramente sono utili, non solo a questa Commissione per il lavoro che dovrà svolgere in futuro, ma sicuramente potranno suscitare dibattito, anche perché semplificare la normativa, il quadro giuridico che si è articolato negli anni, sarà molto utile.
Questo per dire in breve che anche il mio è un giudizio molto positivo e che il voto sarà favorevole.
PRESIDENTE . Pongo in votazione la relazione.
(È approvata all'unanimità)
Esame della proposta di relazione sulla contraffazione nel settore tessile: il caso del distretto di Prato (relatore Cenni) (Esame e approvazione).
PRESIDENTE . Passiamo alla seconda relazione, quella sul sistema tessile e il caso del distretto di Prato.
Prego la collega Cenni di fare anche lei una breve illustrazione.
SUSANNA CENNI . Grazie, presidente. Su questo tema ho già avuto modo, anche in passato, di relazionare ai colleghi sul risultato del lavoro che, come ricorderete, è partito con una missione che abbiamo svolto proprio a Prato, sentendo gli attori principali a livello istituzionale, le associazioni di impresa e così via.
Inoltre, abbiamo svolto alcune audizioni in sede di Commissione. L'ultima, in ordine di tempo, se non sbaglio, è stata quella del presidente Rossi e dell'assessore alle attività produttive al Comune di Firenze, ma devo dire che sono state utilissime per il confezionamento della relazione, e soprattutto della parte conclusiva, dove si cercano di abbozzare alcune ipotesi di lavoro da consegnare al Governo e al Parlamento, le audizioni che abbiamo svolto con i magistrati, il procuratore di Prato e quello di Firenze, e in modo particolare con le associazioni di impresa.
Ricorderete l'utilità che abbiamo verificato con la Camera di Commercio, Confindustria e alcune imprese che ci hanno raccontato la loro esperienza anche molto innovativa di contrasto alla contraffazione.
Credo che dall'indagine emerga con chiarezza che il distretto di Prato non rappresenta un focus locale, ma ci mostra uno snodo del sistema italiano e di buona parte del sistema europeo di circolazione del pronto moda e anche delle connessioni della criminalità organizzata che sta dietro al fenomeno contraffazione. Come sapete, non più di dieci giorni fa, c’è stata un'ultima indagine che ha portato alla chiusura di laboratori e di magazzini proprio qui a Roma, durante la quale è emerso con chiarezza che la quasi totalità del prodotto sequestrato proveniva proprio dal confezionamento di Prato, da questi laboratori illegali e così via.
Quindi, si conferma questa connessione che anche la stessa Procura di Roma ha dichiarato essere in vita. Vi sono cioè relazioni strette che vedono collaborare forme di criminalità organizzata anche di stampo mafioso, forme di criminalità cinese e altre forme criminali, che stanno dietro a questo sistema della contraffazione.
Altro elemento che emerge con grande chiarezza da tutte le audizioni e dal lavoro svolto dalla Regione, soprattutto alla luce del rafforzamento dell'azione di contrasto conseguente all'incidente e alla morte di queste persone cinesi dentro il laboratorio, è la connessione strettissima fra lo sfruttamento del lavoro e il fenomeno contraffazione, che diventa un altro degli snodi possibili su cui intervenire con l'attività di contrasto.
Quindi, nella parte conclusiva, proviamo a prefigurare un insieme di possibili interventi, che vanno da un monitoraggio di natura diversa sulla circolazione di moneta, money transfer in modo particolare, a interventi sulla sicurezza sul lavoro, a interventi di contrasto e a interventi di supporto al sistema produttivo che vuole tracciare la propria filiera etica.
A grandissime linee, questa mi sembra la sintesi del lavoro che consegniamo alla Commissione, che porteremo all'Aula e che spero dia vita a una serie di iniziative.
PRESIDENTE . Ringrazio la relatrice Cenni e do la parola ai colleghi che intendano intervenire.
FILIPPO GALLINELLA . Ringrazio la collega per la sua relazione che si lega anche al settore delle scarpe, che ho seguito personalmente. In particolar modo, la ringrazio perché la sua lettura ha suscitato interesse e potrebbe essere oggetto Pag. 6 di ulteriore approfondimento, perché sicuramente l'invio di denaro tramite il money transfer rivela che c’è una circolazione di soldi non tracciabile. Quindi, quando il denaro non è tracciabile e non si sa a quali soggetti possa andare, oltre che per l'evasione fiscale, si determina un punto che deve dare un allarme, per cui lì c’è qualcosa che non va bene.
Molto interessante è l'approfondimento della filiera etica che è stata sviluppata nello specifico, come viene raccontato nella relazione, per alcune firme importanti. Questo strumento forse può bypassare i vincoli internazionali dove la Commissione contraffazione, pur non arrivando, può dare degli indirizzi. Quando si parla di transazioni con altri Paesi, coinvolgere lo Stato negli accordi internazionali al fine di tracciare una linea etica per lo scambio di merci, oltre alle classiche regole, potrebbe aiutare a risolvere i problemi dati dal lavoro nero, accanto a quelli legati alla circolazione di prodotti non salutari.
Questa sicuramente è una cosa molto interessante che potrebbe essere motivo di sviluppo, così come penso possa essere utile per questa Commissione apprendere quali sono gli strumenti di tracciabilità, perché tutti i giorni ne abbiamo di nuovi. La tecnologia va avanti. Non potremo starle dietro e quindi potrebbe essere utile un approfondimento per questa Commissione su quali sono gli strumenti per la tracciabilità che affiancano la lotta alla contraffazione.
Insomma, vi sono spunti molto interessanti. Il caso specifico ha suscitato uno sviluppo con il coordinamento di più forze di polizia, per quanto riguarda Prato; questo è sicuramente molto utile e si potrebbe ripetere in altri settori, perciò esprimo un giudizio positivo e il parere favorevole del Gruppo.
PRESIDENTE . Anch'io confermo la mia valutazione assolutamente positiva sul testo in questione.
Inoltre, colgo l'occasione per ringraziare la collega Cenni non solo per aver fatto questo lavoro, ma soprattutto per averlo ideato. Infatti, scegliere di svolgere un'analisi di questo tipo, con un focus su Prato, secondo me è stata un'operazione estremamente intelligente, perché ci ha consentito di esaminare uno spaccato dove la contraffazione si innesta e si collega con tutta una serie di altre fenomenologie e problematiche, sia per altre tipologie di illegalità, sia per una serie di ricadute sociali, collegate alla presenza cinese e così via, consentendoci di mettere alla luce uno spaccato complessivo, dove il reato di contraffazione è solo uno degli elementi di una problematica molto più complessa. Quindi, il mio giudizio è sicuramente molto positivo sul lavoro svolto.
Do la parola alla collega Mongiello.
COLOMBA MONGIELLO . Presidente, intervengo per una breve dichiarazione di voto a nome del Gruppo del Partito Democratico. Lei ha espresso bene la sensazione che tutti noi abbiamo avuto sin dall'inizio sulla scelta di mutuare l'esperienza di Prato che è stata definita importante e che può assurgere a punto di inizio per altri fenomeni contraffattivi lungo tutta la penisola.
Siamo partiti da un'esperienza concreta che la Commissione ha potuto svolgere di persona, però da lì una serie di audizioni hanno offerto uno spaccato dell'imprenditoria illegale legata al lavoro nero e soprattutto ad un'etnia particolare, che ci hanno dato elementi e spunti di riflessione per considerare altre economie illegali presenti nell'intera penisola.
Questa relazione molto dettagliata e non breve – l'ho letta tutta – offre spunti di riflessione anche per altre relazioni che si stanno per svolgere, quindi il nostro è un giudizio assolutamente positivo, perché la stessa ci permette di sviluppare, sia nel settore del tessile che in quello del fashion nel suo complesso, una serie di riflessioni anche normative che possono ridefinirsi in un contesto di revisione della materia.
Ringraziamo la relatrice e tutti coloro che hanno lavorato affinché questo testo possa non solo offrire uno spaccato sull'esperienza di Prato, ma anche strumenti normativi adeguati ed efficaci per un quadro Pag. 7 normativo che si ritiene quanto mai necessario nel nostro Paese. Le conclusioni a cui giungiamo in questa relazione, infatti, ci danno la possibilità di intervenire anche con strumenti normativi adeguati. Per questo ringrazio la collega e il lavoro che si è svolto a corredo di questa relazione.
PRESIDENTE . Sono io che ringrazio la collega Mongiello per questo intervento.
Pongo in votazione la relazione.
(È approvata all'unanimità).
Esame della proposta di relazione sulla contraffazione nel settore calzaturiero (relatore Gallinella) (Esame e approvazione).
PRESIDENTE . Siamo quindi alla terza relazione. Prego il collega Gallinella di farci una breve introduzione sul suo testo.
FILIPPO GALLINELLA . Grazie, presidente. Lo studio è cominciato da zero, perché non conoscendo il settore delle calzature – non sono un grande acquirente di calzature e neanche di capi di moda – mi sono dovuto informare per capire di cosa stessimo parlando.
Quindi, tramite le audizioni e i contatti diretti con gli operatori del settore, ho cercato di trascrivere in questa relazione cos’è il mercato delle calzature e come si divide, perché si parte da griffe di molto valore per arrivare a scarpe da giorno, chiamiamole così, con prezzi molto più bassi.
Anche la contraffazione di questi prodotti, dunque, varia a secondo del prezzo e chiaramente c’è molto più interesse, da parte di chi opera nel settore della contraffazione, nel falsificare i beni di pregio piuttosto che quelli di basso valore. C’è dunque una diversificazione che ho cercato di descrivere, a seconda del settore (medio, fine, importante) e delle varie tipologie di prodotto.
In più, ho cercato di raccontare come va e come è la contraffazione in Italia, nell'Unione europea e in ambito extraeuropeo. Anche in questo caso, grazie agli incontri con gli operatori del settore in audizione, con la Guardia di finanza in particolar modo, è stato raccontato come vengono contraffatti i marchi e soprattutto in quali Paesi, perché un conto è che la contraffazione avvenga solo all'interno dello Stato e altro conto è che avvenga all'interno dell'Unione europea o fuori, per i marchi italiani; di conseguenza l'approccio e le soluzioni sono diversificati.
Questo è stato relazionato nella prima parte del testo, perché chiaramente capire come avviene la contraffazione ci permette anche di utilizzare degli strumenti differenti, dal momento che se avviene in un Paese fuori dall'Unione europea, le norme italiane non servono e occorrono invece relazioni internazionali. Allo stesso modo, se la contraffazione avviene al mercato, si affronta con delle normative diverse a quelle utilizzabili se avviene via internet. Si scopre infatti, per il settore delle calzature soprattutto, un carattere molto internazionale della contraffazione.
Questa descrizione, insieme agli operatori del settore e a tutti gli auditi, ha portato a scrivere delle conclusioni diversificate proprio per la tipologia. La contraffazione di prodotti nel territorio italiano riprende in parte delle considerazioni svolte nella relazione del presidente Catania, per quanto riguarda l'approccio nel combattere l'illegalità, perché ci troviamo di fronte alla criminalità organizzata; però un conto è il laboratorio e un conto è quello che vende al mercato, con saltuarietà o tornando sempre a vendere.
La punibilità di chi commette questi reati è diversificata, perché un conto è se vendo e vivo solo di questo e un conto è se produco e metto sul mercato e dunque interviene una diversificazione anche della criminalità. Il procuratore ci ha detto che bisogna intervenire anche dal punto vista giuridico per colpire e quindi abbiamo ripreso le considerazioni che sono presenti anche nella relazione del presidente.
Altro discorso è quello legato alla lotta per il made in. Finché non si riesce a inserire tale questione in sede comunitaria, sarà un problema combattere all'unisono in tutti i Paesi dell'Unione.Pag. 8
Poi c’è tutto l'aspetto internazionale, in cui le grandi case combattono per conto loro, con cause personali rispetto ai Paesi, perché hanno strumenti per condurre la lotta legale sulla difesa del marchio, immagino gli Stati Uniti o altri Paesi. In quel caso, uno Stato può aiutare se c’è un accordo internazionale, se no purtroppo le case si difendono per conto loro, registrando il marchio e portando la questione in tribunale. È chiaro che questo vale per chi ha i soldi, ma per chi ha un piccolo traffico la lotta giuridica al di fuori del proprio Paese risulta difficile.
Quindi, bisogna valutare come aiutare il Paese sul quale è fondato quel marchio, con accordi internazionali, sennò diventa una lotta contro nessuno, perché non si trovano mai i colpevoli.
Ecco, questo è il quadro che ho voluto rappresentare in questa relazione.
ANGELO SENALDI . Voglio sottolineare il lavoro svolto dall'onorevole Gallinella che va a inserire una nuova analisi all'interno del lavoro della precedente Commissione contraffazione, che aveva analizzato alcuni campi specifici. Mi sembra così che questo lavoro si inserisca in un'ottica di completamento della visione generale sul fenomeno.
Bene ha detto l'onorevole Gallinella quando ha affermato che questo fenomeno colpisce in maniera differente tipologie differenti di aziende, da quelle che commercializzano e che subiscono la contraffazione, soprattutto via internet, di marchi internazionali, a volte non prodotti in Italia e a volte con produzione in Italia, ma anche alla difficoltà che i nostri piccoli e medi produttori hanno nel riuscire a certificare la loro alta qualità anche all'interno delle filiere commerciali all'estero.
Mi sembra che vi sia stata la capacità di selezionare il mercato, di differenziare le varie tipologie in cui la contraffazione si può inserire con modalità e metodi differenti e diversi e di averli messi a fuoco all'interno di un quadro complessivo del settore. Questo è il merito del lavoro svolto nella relazione dell'onorevole Gallinella, per cui annuncio il voto favorevole dal Partito Democratico.
PRESIDENTE . Mi unisco anch'io alle valutazioni positive fatte dal collega Senaldi, che in larga parte sono le medesime che avrei voluto esprimere io. Quindi, mi ha sollevato in parte da questa incombenza.
Il settore calzaturiero è sicuramente uno degli asset forti del made in Italy, quindi aver fatto da parte nostra un focus specifico su questo settore è stata secondo me un'operazione corretta, sensata e positiva. Averlo fatto poi come il collega Gallinella, cioè con un testo sia esaustivo che di ottima leggibilità, è un'operazione ottimale complessivamente, quindi anch'io sono molto positivo e sono convinto che il lavoro sarà apprezzato, non solo da noi, ma anche dall'Assemblea, e in generale dal mondo che segue le nostre attività. Concludo così questo anticipo di dichiarazione di voto anche da parte mia.
Pongo in votazione la relazione.
(È approvata all'unanimità).
PRESIDENTE . A questo punto, con la massima rapidità ed essendo tutti molto stanchi, vi rammento che come di intesa, nelle prossime ventiquattro ore, inoltreremo i tre testi alla Presidenza.
Ho firmato un attimo fa le lettere di trasmissione alla presidente Boldrini, quindi questi testi partono per l’iter successivo. Nella richiesta c’è anche l'auspicio che possano essere portati in Aula, ma per questo sarà necessaria un'interlocuzione a settembre nelle vie brevi e magari anche una sensibilizzazione perché, se ho ben inquadrato la situazione, passa anche attraverso una decisione della capigruppo.
Nel ringraziare tutti gli intervenuti per la disponibilità manifestata, dichiaro chiusa la seduta.
La seduta termina alle 20.45.
Pag. 9ALLEGATI
RELAZIONE SU POSSIBILI PROPOSTE NORMATIVE
IN MATERIA PENALE IN TEMA DI CONTRAFFAZIONEPag. 10
I N D I C E
Pag. 131. IL FENOMENO DELLA CONTRAFFAZIONE: QUADRO GENERALE
1.1 Ambito di indagine della Commissione di inchiesta.
La qualità dei beni offerti sul mercato costituisce, in ogni epoca ed in ogni latitudine, uno dei fattori principali dell'economia, ed in molti casi essa è il frutto della creatività e dell'innovazione. Poiché assicura una significativa remunerazione, la qualità è oggetto di molteplici fenomeni di falsificazione e di imitazione. Gli istituti giuridici a presidio della proprietà intellettuale (norme sulla proprietà industriale e sul diritto d'autore) elaborati nelle società industriali, rappresentano uno snodo fondamentale nella politica di tutela della qualità, a salvaguardia dei produttori e dei consumatori.
I comportamenti tesi a violare le norme sulla proprietà intellettuale (contraffazioni di marchi ed usurpazioni di beni protetti dal diritto d'autore) sono prevalentemente finalizzati alla vendita di prodotti (contraffatti o usurpati), e tale forma di illecito rappresenta di gran lunga il fenomeno più rilevante nel quadro della contraffazione. Per completezza va tuttavia rilevato che in molti casi si registrano violazioni della proprietà industriale dirette a sfruttare la notorietà dei marchi famosi per altri fini: è il caso dell'uso illegittimo di marchi altrui che si va diffondendo in alcuni siti web al solo scopo di attirare l'attenzione sui contenuti del sito.
Ma le azioni tendenti a simulare la qualità di un prodotto non si limitano alla contraffazione dei beni protetti dalle norme sulla proprietà intellettuale, perché nel corso degli ultimi decenni hanno assunto un rilievo crescente i comportamenti tesi a sfruttare fraudolentemente la notorietà acquisita da alcuni Paesi o da alcune regioni che hanno saputo conquistare, per i propri prodotti, un apprezzamento di qualità da parte dei consumatori. In tal caso non viene contraffatto un marchio oggetto di tutela, ma viene falsamente evocata una origine che gli acquirenti considerano indice di qualità (come avviene nel falso Made in Italy e nell’italian sounding).
Le caratteristiche del sistema produttivo italiano, ricco di marchi famosi e fortemente orientato alla qualità, espongono il nostro Paese ad entrambe le forme di illecito sopramenzionate e ciò suscita un allarme crescente da parte delle imprese. Naturalmente non tutta la produzione nazionale può considerarsi qualitativamente elevata; tuttavia è indubbio che in molti comparti produttivi il Made in Italy presenta tale connotazione ed è oggetto di massicci fenomeni di contraffazione/usurpazione e di evocazione.
Tale stato di cose impone alle Istituzioni una particolare attenzione nei riguardi di tutte le fenomenologie di danno e di illecito in argomento. In questo quadro si inserisce l'attività di approfondimento della Camera dei deputati, già avviata nella precedente legislatura.
Con la delibera del 25 settembre 2013, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 233 del 4 ottobre 2013, la Camera dei deputati ha istituito, anche nella presente legislatura, una specifica Commissione parlamentare d'inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, con l'obiettivo di Pag. 14 approfondire le questioni relative alla produzione e al commercio di prodotti che infrangono la proprietà intellettuale e di indicare le iniziative necessarie per migliorare l'attività di contrasto.
Il perimetro delle competenze e dei compiti della Commissione è definito dalla delibera istitutiva.
Per delineare tali ambiti di indagine, la delibera offre un primo, conciso, chiarimento terminologico, specificando che per «merci contraffatte» si intendono le merci che recano illecitamente un marchio identico ad un marchio registrato; per «merci usurpative» quelle che costituiscono riproduzioni illecite di prodotti tutelati da diritti di proprietà intellettuale; per «pirateria elettronica e digitale», il commercio e la diffusione di supporti informatici o di file illegali, in violazione dei relativi diritti di proprietà intellettuale. Infine, per «commercio abusivo» si intendono situazioni riportabili all'abusivismo commerciale, inteso come attività esercitata al di fuori di spazi e regole prestabilite, anche in ambito web.
Non è superfluo soffermarsi sulla terminologia e sulle definizioni utilizzate, in quanto spesso i termini «contraffazione», «evocazione», «sofisticazione» ed «italian sounding» sono impiegati in modo indifferenziato, mentre in realtà rappresentano differenti comportamenti illeciti.
La terminologia e le definizioni della delibera istitutiva sono perfettamente coerenti con la normativa ed il lessico dell'Unione Europea.
In particolare, il Libro Verde della Commissione «Lotta alla contraffazione ed alla pirateria nel mercato interno», COM (98) 569 del 15 ottobre 1998 (1) , afferma che le nozioni di contraffazione e pirateria «sono impiegate per indicare tutti i prodotti, i processi e i servizi che sono oggetto o risultato di una violazione di un diritto di proprietà intellettuale. Questa nozione comprende i diritti di proprietà industriale (marchi di fabbrica, marchi commerciali, disegni e modelli industriali, brevetti di invenzione, modelli di utilità, indicazioni geografiche), i diritti degli autori e i diritti a questi connessi (diritti degli artisti interpreti o esecutori, diritti dei produttori di fonogrammi, diritti dei produttori delle prime fissazioni di film, diritti degli organismi di radiodiffusione) e del diritto sui generis del costruttore di una banca dati» (2) .
È di tutta evidenza che, già in questo atto ufficiale dell'allora Comunità Europea, si può parlare di contraffazione quando vi è la violazione di un diritto di proprietà intellettuale.
Un'ulteriore precisazione contenutistica della nozione di «contraffazione» risulta dal Regolamento CE n. 1383/2003, dove, all'articolo 2, si afferma che:
«Ai fini del presente regolamento, per «merci che violano un diritto di proprietà intellettuale», si intendono: a) le «merci contraffatte», b) le «merci usurpative» e c) le merci che ledono i diritti relativi ad un brevetto, ad un certificato protettivo complementare, Pag. 15 alla privativa nazionale per ritrovati vegetali, alla denominazione d'origine o alle indicazioni geografiche registrate.».
Specificando che si intendono contraffatte:
«i) le merci, compreso il loro imballaggio, su cui sia stato apposto senza autorizzazione un marchio di fabbrica o di commercio identico a quello validamente registrato per gli stessi tipi di merci, o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio di fabbrica o di commercio e che pertanto violi i diritti del titolare del marchio in questione ai sensi della normativa comunitaria, quali previsti dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (4) o ai sensi della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l'intervento delle autorità doganali;
ii) qualsiasi segno distintivo (compresi logo, etichetta, autoadesivo, opuscolo, foglietto illustrativo o documento di garanzia in cui figuri tale segno), anche presentato separatamente, che si trovi nella stessa situazione delle merci di cui al punto i);
iii) gli imballaggi recanti marchi delle merci contraffatte presentati separatamente, che si trovino nella stessa situazione delle merci di cui al punto i) e usurpative quelle merci che: «costituiscono o che contengono copie fabbricate senza il consenso del titolare del diritto d'autore o dei diritti connessi o del titolare dei diritti relativi al disegno o modello, registrato o meno a norma del diritto nazionale, o di una persona da questi autorizzata nel Paese di produzione, quando la produzione di tali copie costituisce una violazione del diritto in questione ai sensi del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari (5) o ai sensi della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l'intervento delle autorità doganali (3) ».
È dunque proprio la presenza della violazione di un diritto di proprietà industriale o del diritto d'autore il discrimine per individuare rispettivamente un fenomeno contraffattivo o di usurpazione.
Coerentemente con quanto finora esposto la tutela del «made in Italy» non si configura necessariamente come protezione di diritti di proprietà intellettuale, ma costituisce una tematica diversa, che ha impatto, ad esempio sul tema della etichettatura dei prodotti, che il legislatore ha cercato di definire in modo più preciso negli ultimi anni.
In effetti il falso made in Italy (falsa indicazione dell'origine italiana) ha progressivamente assunto dimensioni tali da costituire un gravissimo vulnus all'intero sistema produttivo nazionale, ed in tal senso appare ampiamente giustificata l'attenzione rivolta dalle Istituzioni parallelamente a quanto dedicato alla tutela dei marchi e del diritto d'autore. Analogamente, un'altra fenomenologia che la stessa delibera istitutiva inserisce nel perimetro di indagine della Commissione e che risulta prossima al tema del falso «made in Italy», è quella relativa all’italian sounding. Il fenomeno in questione, assai diffuso in particolare nei mercati esteri, si sostanzia, come già richiamato, Pag. 16 nell'evocazione dell'italianità, nell'utilizzo di nomi, colori e immagini riconducibili all'Italia per la promozione e la commercializzazione di prodotti che non hanno origine italiana. È di tutta evidenza che anche il fenomeno sopracitato assume un'importanza cruciale per il nostro Paese e reca gravissimo danno al nostro sistema produttivo.
Terminata questa breve premessa, nei prossimi paragrafi si evidenzieranno i tratti generali relativi ai fenomeni contraffattivi in Italia e nel Mondo, il quadro normativo dell'Unione Europea e quello internazionale, per approfondire poi maggiormente la disciplina penalistica vigente in Italia nella lotta alla contraffazione.
1.2 La dimensione globale della contraffazione e i suoi effetti in Europa.
Quantificare il fenomeno della contraffazione è un'operazione complessa in quanto i dati a disposizione, come in ogni ambito di attività illegali, sono frutto di stime ed approssimazioni.
Le filiere della contraffazione sono, nella maggior parte dei casi, nelle mani della criminalità organizzata, la quale, negli ultimi decenni, ha intuito con lucidità l'ampio potenziale di questa tipologia di illecito, che presenta buoni margini di guadagno a fronte di un modesto rischio repressivo (il contrasto alla contraffazione non è mai fra le priorità nella politica di repressione degli Stati e le pene detentive previste sono comunque limitate).
L'inserimento della criminalità organizzata ha determinato un salto di qualità nel business della contraffazione: le organizzazioni criminali hanno costruito le relazioni necessarie a scala planetaria per ottimizzarne i risultati, individuando i luoghi più convenienti per produrre i beni contraffatti, le migliori vie di transito ed i mercati di sbocco preferibili secondo le regole dell'economia globalizzata.
Incidentalmente va rilevato che la produzione di beni contraffatti si accompagna, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, a pesanti comportamenti di sfruttamento del lavoro (anche minorile), che accentuano la gravità del fenomeno.
Un ulteriore fattore di accelerazione del carattere transnazionale della contraffazione è costituito dalla crescita dell’e-commerce, che per le sue caratteristiche si presta perfettamente ad una dislocazione internazionale dell'attività (ubicazione dei siti in Paesi remoti rispetto ai mercati-obiettivo).
Tutto ciò rende necessario allargare lo sguardo a scala globale sia per comprendere le dimensioni del fenomeno, la sua struttura e le sue ricadute sia per compiere efficaci azioni di contrasto. Per ciò che riguarda la dimensione globale, le stime dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (4) ritengono che i beni contraffatti rappresentino tra il 5 e il 7 per cento del commercio mondiale pari a circa 600 miliardi di dollari all'anno mentre secondo l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo (OCSE) ogni anno a scala globale si muovono attraverso i confini statali merci contraffatte per un valore di oltre 250 miliardi di dollari e la stima esclude le merci prodotte e vendute Pag. 17 all'interno dello stesso Paese, quelle acquistate via internet e le attività economiche indirette. Aggiungendo questi ultimi fattori la stima dell'impatto globale della contraffazione salirebbe ad un ammontare nettamente superiore (5) .
Si tratta, dunque, di un fenomeno imponente, che danneggia particolarmente i sistemi economici fortemente imperniati sulla ricerca, sull'innovazione e sulla creatività, ove si concentrano i marchi più affermati. Tale è, certamente, il caso dell'Unione Europea, in cui il 39 per cento del totale dell'attività economica complessiva (per un valore di 4.700 miliardi di Euro) è generato da industrie ad alta intensità di diritti di proprietà intellettuale e i prodotti protetti dalla proprietà intellettuale costituiscono l'89 per cento delle esportazioni (6) .
Di conseguenza, la crescente violazione di tali diritti, con le connesse ricadute sul sistema del lavoro e sul gettito fiscale, rappresenta una rilevante minaccia per l'economia dell'Unione.
Inoltre, negli ultimi anni la contraffazione è divenuta sempre più un fenomeno pervasivo e ramificato che tocca, con caratteristiche diverse, tutti i comparti produttivi. Nell'epoca della globalizzazione, infatti, qualsiasi prodotto presenti margini di profitto interessanti per gli autori dell'illecito diventa oggetto di contraffazione, dagli orologi alle calzature, dal vino ai farmaci, fino ai pezzi di ricambio degli aerei, senza escludere praticamente alcun comparto.
Fig. 1 – Prodotti contraffatti sequestrati nell'Unione Europea per categoria nel 2013.
Fonte: Commissione Europea, Taxation and Custom Union, Report on EU Customs Enforcement of Intellectual Property Rights, 2013. I dati riguardano il numero di articoli.
*Nella categoria altri articoli vi sono: insetticidi, lucido da scarpe, lampadine, colla, batterie, deodoranti per ambienti, detersivi.
La Commissione Europea riferisce che nel 2013 il 25 per cento dei prodotti sequestrati erano potenzialmente pericolosi per la salute e la sicurezza dei consumatori (7) (farmaci, cosmetici, prodotti chimici ed alimentari) e l'aspetto più allarmante è che in alcuni casi questi prodotti riescono ad inserirsi nella filiera legale andando a colpire i consumatori ignari (8) .
Ad esempio, circa il costo economico della violazione dei diritti di proprietà intellettuale nel settore dei prodotti cosmetici e di igiene personale uno studio pilota effettuato dall'Ufficio per l'Armonizzazione nel Mercato Interno dell'Unione europea dichiara che l'industria cosmetica legittima dell'Unione perde circa 4,7 miliardi di Euro di entrate all'anno a causa della presenza sul mercato UE di cosmetici contraffatti (profumi, prodotti di bellezza e per il trucco) e di altri prodotti per l'igiene personale, quali creme di protezione solari, shampoo, dentifrici, creme da barba e deodoranti per una percentuale pari al 7,8 per cento delle vendite del settore. Ciò si traduce in una perdita di quasi 50.000 posti di lavoro. Se si aggiungono gli effetti a catena su altri settori e sulle entrate statali, tenendo conto degli effetti diretti e indiretti, la contraffazione in questo settore provoca un calo delle vendite pari a circa 9,5 miliardi di Euro e ciò comporta a sua volta la perdita di circa 80 000 posti di lavoro e una perdita di entrate statali pari a 1,7 miliardi di Euro. (9)
Per quanto riguarda i farmaci la complessità dell'attuale sistema economico caratterizzato dalla globalizzazione, dai mercati liberalizzati e da sofisticate reti di produzione, di logistica e di commercializzazione ha favorito lo sviluppo di un'ampia catena di intermediari attivi in tutti i segmenti della filiera. Questa elevata frammentazione si è rivelata favorevole all'ingresso nel mercato dei prodotti contraffatti.
È da tenere presente che di norma i beni contraffatti vengono confezionati negli stessi luoghi o in aree contigue ai siti di produzione degli originali in quanto essi offrono la possibilità di reperire facilmente sia le materie prima che le expertise necessarie.
Circa la provenienza geografica delle merci contraffatte che inondano il nostro mercato, la maggior parte dei prodotti contraffatti che circola nell'Unione Europea proviene dall'esterno dell'unione doganale con flussi in tendenza crescente (10) . Il Report on EU Customs Enforcement of Intellectual Property Rights. Results at the EU Border 2013 afferma che i casi di sequestro effettuati dalle autorità Pag. 19 doganali sono passati dai circa 43 mila del 2007 ai quasi 87 mila del 2013 e hanno interessato, nel 2013, 36 milioni di articoli del valore complessivo di 768 milioni di Euro.
Fig. 2 – Prodotti contraffatti sequestrati nell'Unione Europea per Paese nell'anno 2013, elaborazione su dati della Commissione Europea (11) .
La Cina è il Paese da cui proviene il maggior numero di merci sospettate di violare i diritti di proprietà intellettuale (66 per cento dei casi di sequestro nel 2013). Si tratta di prodotti appartenenti ad un'ampia pletora di settori merceologici anche se si rileva una concentrazione molto elevata nei settori dell'abbigliamento e degli accessori, delle calzature, degli occhiali, dei giocattoli, del computer hardware e degli alcolici (12) . Ma la Cina non è l'unico Paese a destare preoccupazioni. Ce ne sono, infatti, altri che rivestono un ruolo primario soprattutto in alcuni settori merceologici particolari, quali ad esempio la Turchia per i profumi e la cosmesi, l'India per i farmaci.
La maggior parte degli articoli sequestrati (il 63 per cento nel 2013) arriva ai confini dell'Unione Europea via mare anche se non vanno trascurate le merci contraffate che arrivano via posta, i cui Pag. 20 sequestri sono triplicati dal 2009 al 2013, tendenza che si configura in crescita. Le merci contraffatte vengono sempre più spesso spedite per posta in piccoli pacchi per ridurre il rischio di perdite causato dai sequestri. Inoltre, i contraffattori seguono da vicino le attività delle forze dell'ordine e si adattano ad esse adeguando le proprie strategie. Così, poiché i trasporti marittimi sono oggi maggiormente monitorati, hanno iniziato a prediligere, in alcuni casi, la rete postale. Un'altra variabile che favorisce il trasporto postale è la diffusione del commercio elettronico, canale molto utilizzato per la vendita dei prodotti contraffatti al dettaglio grazie alla possibilità di operare nell'anonimato attraverso molteplici giurisdizioni statali.
Nonostante, come precedentemente affermato, la maggioranza delle merci contraffatte che circola all'interno dell'Unione europea provenga dall'esterno, ci sono casi ampiamente documentati di merci prodotte all'interno dell'Unione. A volte le materie prime entrano nell'UE legittimamente e le parti vengo assemblate ed etichettate all'interno, ma ci sono anche casi in cui tutta la produzione avviene all'interno dell'UE (13) .
1.3 La contraffazione in Italia: dimensioni e ricadute economiche.
Analogamente a quanto accade in ogni altro Paese colpito, la contraffazione provoca in Italia molteplici effetti dannosi: a) riduce il fatturato delle imprese e determina una concorrenza sleale nei confronti delle medesime, b) sottrae posti di lavoro, c) genera evasione fiscale. Sullo sfondo resta poi l'effetto forse più grave, consistente nel lucro realizzato dalla criminalità organizzata.
Dalle risultanze dei rapporti ufficiali, possiamo affermare con ragionevole certezza che ogni anno la contraffazione genera un ammanco in termini di introiti fiscali per alcuni miliardi di euro. Citando dall'edizione 2014 del Report pubblicato periodicamente dal Ministero dello Sviluppo Economico in collaborazione con il Censis (Centro Studi Investimenti Sociali), «nel nostro Paese, con un fatturato illecito stimato pari ad oltre 6,5 miliardi nel 2012, la contraffazione ha sottratto al sistema economico legale nazionale 5 miliardi e 280 milioni di entrate erariali (circa il 2 per cento del totale delle entrate) e 105 mila unità di lavoro» (14) .
I dati integrati dell'Agenzia delle Dogane e della Guardia di Finanza, aggregati nel database IPERICO (Intellectual Property Elaborated Report of the Investigation on Counterfeiting) (15) del MISE, offrono una panoramica a 360 gradi, circa i sequestri effettuati ai confini e sul territorio nazionale tra il 2008 e il 2013, e forniscono un quadro piuttosto esemplificativo dell'andamento dei flussi del mercato del falso, per tipologia di merce, provenienza e valore. Analizzando i numeri, possiamo vedere come tra le categorie merceologiche dei prodotti contraffatti sequestrati vi siano in cima gli Pag. 21 accessori di moda e l'abbigliamento, seguiti dalle apparecchiature elettriche, calzature, occhiali, orologi e gioielli. Restano in fondo alla classifica, con cifre comunque ragguardevoli, giocattoli, cd e dvd, profumi e cosmetici, apparecchiature informatiche ed altre merci (16) .
Fig. 3 – Prodotti contraffatti sequestrati in Italia per categoria nel 2013.
Fonte: IPERICO, 2014. I dati riguardano il numero di articoli.
Dallo studio Censis – MISE risulta evidente come il mercato del falso segua lo stesso trend di quello legale. In tale analisi si evidenzia in tutti i settori (17) una riduzione del fatturato della contraffazione rispetto al 2010, essenzialmente a motivo dell'incidenza degli effetti della crisi economica mondiale ed italiana.
I dati che emergono dallo studio Censis – MISE mostrano come l'impatto della contraffazione sull'economia nazionale sia molto rilevante. La stima contenuta in tale studio calcola che il valore dell'ipotetica realizzazione e commercializzazione sul mercato legale dei prodotti contraffatti ammonterebbe ad un totale di 17,7 miliardi di euro di produzione aggiuntiva.
Un discorso a parte merita un fenomeno connesso ma diverso dalla contraffazione, ovvero quello dell’Italian sounding, cioè l'immissione sui mercati (quasi sempre esteri) di prodotti che evocano le caratteristiche essenziali di beni italiani, senza tuttavia contraffazione di segni distintivi dell'azienda o dei prodotti stessi. Tali prodotti sono commercializzati spesso con confezionamenti che richiamano l'originale italiano di qualità (ad esempio con un'assonanza fonetica, valga per tutti l'esempio ben noto del Parmesan Cheese rispetto al formaggio Parmigiano Reggiano).
Da quanto finora illustrato, risulta evidente come l'attività di produzione e di vendita dei prodotti contraffatti, in ogni luogo del Pag. 22 pianeta, faccia parte di un sistema criminale organizzato e complesso ove ogni elemento è illegale. Un sistema che poggia le sue basi sul lavoro nero, sull'evasione fiscale, sul contrabbando, sul riciclaggio di proventi malavitosi, e che trova anche nello smaltimento illegale dei rifiuti un indotto indiretto di significativa importanza. Sia a livello macroeconomico (Sistema-Paese), che a livello microeconomico (interesse delle imprese colpite), il fenomeno contraffattivo ha un impatto sempre più rilevante, tanto da costituire oggi una delle attività più appetibili per la malavita organizzata.
Secondo l'ultimo rapporto di SOS Impresa (18) , la voce ‘contraffazione’ all'interno del bilancio della criminalità organizzata vale, in termini di «fatturato», circa 6,5 miliardi di euro (su un totale di introiti calcolati per circa 140 miliardi). Dati che non si discostano di molto da quelli citati da altri studi, e che sostanzialmente coincidono con il totale del fatturato stimato relativo al fenomeno. Come riportato in un'analisi apparsa sulla rivista italiana di intelligence Gnosis «approcciando la stima di tale fenomeno illecito (e quindi sommerso) da diversi punti di vista e con diverse metodologie, i risultati non divergono, soprattutto su un punto: la quasi totalità del mercato dei prodotti contraffatti in Italia è gestita dai consorzi criminali» (19) .
Va da sé che un mercato così fiorente è alimentato da una domanda molto forte da parte dei consumatori. Secondo una ricerca effettuata dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) in collaborazione con otto associazioni di consumatori (20) , gli acquirenti rivelano un atteggiamento complessivamente tollerante nei confronti del fenomeno. La fotografia scattata dall'indagine mostra un soggetto consapevole del fatto che la produzione di articoli falsi o contraffatti costituisce reato e che chi li acquista è sanzionabile (ben il 90 per cento degli intervistati, con punte del 93 per cento nel nord Italia), ma ciò non produce alcun rifiuto del prodotto. Il consumatore risulta altresì al corrente del potenziale danno per la salute che potrebbe derivare dall'utilizzo di merce contraffatta, ma ritiene di essere in grado di accorgersi per tempo del pericolo. Il 50,7 per cento delle persone che scelgono il falso ha un titolo di scuola superiore e svolge una professione che consente una media capacità di spesa (41,4 per cento di impiegati, operai, artigiani, agricoltori contro un 2,5 per cento di imprenditori, dirigenti, quadri e funzionari). Il 73 per cento degli intervistati non nutre sensi di colpa nei confronti del fisco né per il fatto di alimentare gli interessi del crimine organizzato danneggiando l'economia del Paese ed è soddisfatto di essere entrato in possesso di un articolo che sembra uguale all'originale ma che costa meno, dicendosi pronto a reiterare l'acquisto.Pag. 23
Significativa, infine, la percezione molto diffusa del fenomeno contraffazione come «ammortizzatore sociale» che consente a persone indigenti di avere una qualche forma di sostentamento allontanandole da altre forme di delinquenza.
Parallelamente all'ampliarsi della gamma dei prodotti oggetto di contraffazione, negli ultimi anni si sono sempre più diversificati anche i canali dell'offerta: dai classici banchi del mercato, ai venditori ambulanti irregolari, fino al boom dell’e-commerce, che ha iniziato ad affermarsi da circa tre lustri.
La vendita via Internet di prodotti contraffatti ha ovviamente conquistato la fascia di clienti forse tra le più sensibili ai prodotti di marca contraffatti. Sono infatti i giovani i maggiori fruitori del commercio online, ma lo stesso pubblico si rivolge anche alle fonti di strada: secondo il Report Censis – MISE (21) , il 74,6 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 25 anni acquista regolarmente articoli contraffatti, soprattutto capi di abbigliamento (67,3 per cento), Cd e Dvd (48,3 per cento) e accessori (45,3 per cento).
Prime tra le motivazioni addotte dai giovani a sostegno dell'acquisto di un prodotto contraffatto, sono il risparmio e il bisogno, negando invece che sia il desiderio di possedere un oggetto di marca e alla moda a guidarli. Ma, ad un'indagine quantitativa più approfondita sul rapporto dei giovani con la marca, emerge chiaramente quanto questi siano condizionati dall'essere alla moda.
Un altro aspetto rilevante risiede nella percezione che comprare un prodotto contraffatto è ritenuto dai più un atto socialmente accettabile. Quanto alla consapevolezza di compiere un illecito, quand'anche vi sia, esso viene ritenuto una violazione di lieve entità, priva di ricadute sociali o di implicazioni negative per l'economia ed il fisco, per il lavoro, la salute e la sicurezza.
I dati sopracitati, risultanti dalle ricerche commissionate dal Mise, evidenziano uno dei problemi principali che caratterizzano l'attività di contrasto alla contraffazione ed alla usurpazione, costituito dall'atteggiamento dei cittadini-consumatori nei confronti di tale fenomeno. Sussistono indubbiamente sensibili differenze al riguardo a seconda dei comparti merceologici (l'atteggiamento di «connivenza» dei consumatori è sicuramente più elevato per i prodotti del tessile/moda, assai meno per farmaci o alimenti), ma complessivamente il comportamento di accettazione nei confronti della contraffazione rende assai più difficile l'azione di prevenzione e di repressione.
Per tali ragioni assume particolare rilievo l'impegno delle Istituzioni, della Pubblica Amministrazione e delle organizzazioni di categoria nell'attività di persuasione finalizzata a far comprendere tutte le gravi implicazioni di questo illecito, a partire dal ruolo della criminalità organizzata.
Considerato il grande rilievo ai fini della lotta alla contraffazione, questa Commissione si riserva di approfondire il tema delle campagne di persuasione rivolte all'opinione pubblica nel seguito dei propri lavori.
1.4 I canali di distribuzione della contraffazione.
Al pari di ogni business che si rispetti, anche quello illegale e in particolare quello relativo alla distribuzione e alla commercializzazione dei prodotti contraffatti necessita di una strutturazione adeguata.
Le organizzazioni criminali che gestiscono la filiera del falso, come visto nei paragrafi precedenti, hanno saputo sfruttare le potenzialità della globalizzazione, articolando i propri traffici a livello transnazionale attraverso un'ottimale divisione del lavoro.
Abbiamo osservato come la merce contraffatta viene veicolata nel nostro Paese e nel territorio dell'Unione Europea, in questo paragrafo si analizzeranno succintamente le modalità di commercializzazione dei beni oggetto di tale fenomenologia.
I canali di vendita delle merci contraffatte sono differenziati, così come sono differenziate le tipologie di consumatori potenziali dei beni prodotti. La criminalità organizzata ha sfruttato vari canali di vendita anche al fine di eludere i controlli e beneficiare delle maglie larghe della legislazione.
La prima forma di commercializzazione che il mercato della contraffazione richiama alla mente è certamente quella relativa all'ambulantato irregolare, ma non è l'unica.
La diffusione dei falsi avviene non solo attraverso canali clandestini, ma anche per mezzo del mercato legale (22) . In quest'ultimo campo va segnalato che tali prodotti sono a volte commercializzati anche attraverso i tradizionali punti di vendita, dove la penetrazione di merci contraffatte è più difficile, considerato che occorre la disponibilità degli imprenditori commerciali a vendere sui propri scaffali, ma non impossibile. Vi sono casi, infatti, in cui tale disponibilità viene estorta con l'intimidazione da parte della criminalità organizzata, ed altre in cui le medesime reti etniche coinvolte nella produzione e/o nel traffico dei prodotti contraffatti svolgono un ruolo attivo anche nella sua commercializzazione al dettaglio.
Tuttavia l'immissione di merce contraffatta nella filiera può avvenire anche in modo inconsapevole da parte degli imprenditori commerciali: attraverso l'attività di grossisti conniventi con le organizzazioni criminali che offrono prodotti contraffatti assieme agli originali commissionando, in fase di produzione, prodotti senza marchi che vengono etichettati in fase di transito; oppure dirottando i prodotti contraffatti in free trade zone (23) , dove, al fine di occultare il luogo di produzione, vengono falsificati i documenti delle merci presenti nei container per essere spedite, assieme a prodotti originali, verso i mercati-obiettivo. Tale dimensione di vendita assume un rilievo particolare considerati i rischi per i consumatori che acquistano inconsapevolmente i suddetti prodotti reputandoli originali.Pag. 25
La distribuzione di tali illeciti non si esaurisce nei canali sopramenzionati. Come detto, vi è stata nel tempo una progressiva differenziazione dei circuiti di vendita anche grazie alle nuove tecnologie. Il web è sempre più un canale privilegiato per veicolare merci.
Si stima che, per l'anno 2014, l’e-commerce ha avuto in Italia un fatturato complessivo di oltre 13 miliardi di euro (24) . Ciò ovviamente non poteva passare inosservato ai grandi gruppi che operano nella filiera della contraffazione. Il canale del web, che sta gradualmente conquistando uno spazio sempre maggiore nel settore della vendita al dettaglio, risulta un mezzo connotato da luci ed ombre. La possibilità di operare nell'anonimato, il superamento dei confini nazionali, la scarsa o limitata efficacia delle misure coercitive e sanzionatorie poste in essere dai singoli Stati e la capacità di far giungere la merce direttamente nelle case degli acquirenti con bassi costi di spedizione e attraverso piccoli pacchi postali difficili da intercettare hanno giocato un ruolo fondamentale nella diffusione della Rete quale mezzo di vendita dei falsi.
Sono molteplici le modalità con cui commercializzare siffatti prodotti, dall'utilizzo di piattaforme di e-commerce legali, in cui esporre falsi accanto agli originali, a vere e proprie vetrine del contraffatto, sponsorizzate in modalità variegate: dall'uso del brand nel nome a dominio (25) , agli usi «nascosti» e «parassitari» del marchio in pagine web al solo fine di sfruttarne la notorietà, fino alla commercializzazione di contraffazioni realizzata attraverso i social network.
Accanto alle modalità di vendita sopramenzionate resta del tutto vivo il circuito della commercializzazione per mezzo dell'ambulantato sia regolare che irregolare, dove tali prodotti contraffatti possono essere facilmente reperiti a prezzi bassissimi e senza particolari rischi. In quest'ultimo ambito la vendita si realizza attraverso le categorie più deboli e quindi maggiormente inclini a cadere nella rete della filiera contraffattiva gestita dalla criminalità organizzata, vale a dire i cittadini extracomunitari e più in generale i disoccupati. Secondo dati AIMPES (Associazione Italiana Manifatturieri Pelli-Cuoio e Succedanei), per il settore della pelletteria, l'ambulantato (sia regolare che irregolare) risulta essere l'attività di distribuzione prevalente per i prodotti di pelletteria contraffatti, con una quota di mercato di questo canale sul totale della attività di vendita di merci contraffatte del settore, che oscilla tra il 50 per cento e il 60 per cento (26) .
In questo campo, tuttavia, risultano di tutta evidenza i limiti che le polizie municipali incontrano nel contrasto al fenomeno, dovute alle difficoltà oggettive nel distinguere i falsi dai prodotti originali, alle problematiche di coordinamento con le altre forze di polizia, ma Pag. 26 anche a causa della scarsa comminazione della sanzione amministrativa pecuniaria nei confronti del consumatore.
1.5 Il made in Italy.
È stato già sottolineato come la falsa indicazione dell'origine italiana sia un fenomeno crescente e fortemente lesivo degli interessi nazionali, specificamente in quei comparti produttivi ove le imprese italiane hanno saputo costruire una solida fama di qualità.
La falsa indicazione si concretizza in un'esplicita affermazione, nella confezione, nell'etichettatura del prodotto o in altra forma, di un'origine non corrispondente al vero (distinguendosi in tal modo dalla mera evocazione, che caratterizza l'italian sounding).
Come già osservato nell'introduzione, la tutela del made in Italy non si inscrive nel quadro della disciplina dei diritti di proprietà intellettuale. L'origine di un prodotto, nonostante rappresenti per i consumatori un prezioso indice di qualità, non si configura come un marchio, né come un titolo di privativa industriale o intellettuale. È necessario, pertanto, tenere distinta la nozione di marchio registrato, che rientra nella sfera dei diritti di proprietà intellettuale e per cui rileva la tutela dai fenomeni contraffattivi, da quella relativa al falso made in Italy.
Occorre subito precisare che il concetto di origine di un bene non sempre risulta facilmente definibile. Molto spesso nella moderna economia globalizzata i prodotti sono il frutto di processi complessi, ove non tutte le fasi (progettazione, produzione delle materie prime, trasformazioni) avvengono nel medesimo Paese.
Mentre è del tutto evidente che un formaggio prodotto in Italia utilizzando latte italiano debba essere considerato a tutti gli effetti italiano, la questione diventa più ardua per molti altri beni ove sono presenti elementi riconducibili ad una pluralità di Paesi.
Per tali ragioni diventa fondamentale la definizione normativa di origine dettata dall'ordinamento giuridico, l'unica idonea ad arbitrare una tematica oggettivamente complessa.
L'Unione europea ha affrontato la materia nell'articolo 24 del Regolamento (CEE) n. 2913/92 del 12 ottobre 1992 istitutivo del Codice doganale comunitario, che identifica il luogo di origine in quello ove è avvenuto l'intero processo produttivo, ovvero nel caso di lavorazioni svolte in più Paesi, in quello ove è avvenuta «l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un'impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione».
Tale norma è stata sostanzialmente ripresa dall'articolo 60 del Regolamento UE n. 952/2013 che ha istituito il Codice doganale dell'Unione (Union Customs Code), adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 9 ottobre 2013 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale L. 269 il 10 ottobre 2013; l'applicazione completa del codice doganale dell'Unione è prevista per il 1o maggio 2016 (articolo 288 paragrafo 2), con contestuale abrogazione del Reg. (CEE) n.3925/91, del Reg. (CEE) n.2913/92 e del Reg. (CE) n.1207/2001.Pag. 27
Tale è quindi, per il diritto comunitario, l’origine di ciascun bene. Quindi un prodotto per essere considerato originario di un determinato Paese non deve aver subito necessariamente un'integrale produzione all'interno di quel Paese specifico, né la sua origine è individuata per mezzo di una percentuale di materiali o materie prime utilizzate per la sua produzione, ma attraverso il criterio dell'ultima lavorazione sostanziale.
Per comprendere come venga individuata l'ultima lavorazione sostanziale occorre riferirsi, da ultimo agli allegati IX, X e XI del Regolamento 2454/93, nei quali il criterio in questione è disciplinato con maggiore chiarezza per alcuni prodotti specifici. In essi vi sono gli elenchi delle lavorazioni o trasformazioni alle quali devono essere sottoposti i materiali non originari affinché i prodotti possano avere il carattere di prodotto originario. In particolare negli allegati IX e X si fa riferimento ad alcuni prodotti del comparto tessile, mentre nell'allegato XI vi sono prodotti diversi, quali: carni, uova, succhi di uva e vini, alcuni prodotti di ceramica e calzature. Per i restanti prodotti, al di fuori dagli allegati sopramenzionati, c’è maggiore incertezza in ordine all'individuazione del criterio della lavorazione sostanziale; per tali ragioni occorre fare riferimento alle posizioni dell'UE, nel negoziato in corso per l'armonizzazione, a livello mondiale, delle regole di origine non preferenziale (27) in seno all'Organizzazione Mondiale per il Commercio. Una volta terminato il negoziato le regole verranno trasposte in una cornice legislativa unitaria, ad oggi la posizione ufficiale dell'Unione costituisce contributo essenziale per la risoluzione dei problemi interpretativi nell'applicazione del criterio dell'ultima lavorazione sostanziale (28) .
Al di là di tale precisazione, l'esistenza di una normativa comunitaria che definisce l'origine, anche se inserita nel perimetro della mera regolamentazione doganale, ed i principi generali sulla libera circolazione delle merci, costituiscono un limite oggettivo rispetto alla possibilità degli Stati membri di disciplinare autonomamente la materia dell'origine. E certamente tale limite opera qualora lo Stato membro decida di adottare una definizione di origine difforme da quella prevista dal Codice Doganale.
Recentemente, la legge n. 55 del 2010 (cosiddetta legge Reguzzoni – Versace) aveva inteso disciplinare il made in Italy, introducendo un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti finiti e intermedi (nel campo tessile, della pelletteria e del calzaturiero) nel quale l'impiego dell'indicazione made in Italy era permesso esclusivamente per prodotti le cui fasi di lavorazione avevano avuto luogo prevalentemente nel territorio nazionale. In particolare, per l'apposizione della stampigliatura made in Italy, si richiedeva che almeno due delle fasi di lavorazione per ciascun settore fossero state eseguite nel territorio italiano e che per le rimanenti potesse essere verificata la tracciabilità (29) . Pag. 28 Tale disposizione, anche per la difformità dalla disciplina dell'origine del Codice Doganale. A seguito della procedura di infrazione attivata dall'Unione europea, non ha poi avuto effettiva attuazione, come riportato nel successivo cap. 2.8.
Il quadro descritto induce ad alcune considerazioni di fondo.
In primo luogo, l'obiettivo di rendere obbligatoria l'indicazione di origine in etichetta, al fine di tutelare le nostre produzioni dalla concorrenza sleale e di salvaguardare la libera determinazione delle scelte di acquisto dei consumatori, deve essere imprescindibilmente perseguito nell'ambito della legislazione europea.
In tal senso, assume straordinaria rilevanza l’iter in sede UE del pacchetto sicurezza prodotti (30) , nel quale va annoverata la proposta di Regolamento sulla sicurezza dei prodotti che introduce l'obbligo di indicare l'origine per i prodotti non alimentari venduti nel mercato comunitario. Il dossier in questione ha ricevuto ad aprile 2014 il voto favorevole del Parlamento, ma l’iter è stato bloccato a seguito delle resistenze – in seno al Consiglio – di alcuni Paesi membri.
Durante il semestre di presidenza italiana è stata commissionata un'analisi di impatto per valutare gli effetti che tale norma avrebbe sui settori merceologici. Sulla base dei risultati emersi dall'analisi sopramenzionata la Commissione europea aveva prospettato al Consiglio dei ministri per la competitività dell'Unione l'opzione di rivedere la disposizione in questione, restringendola ad alcuni comparti specifici, al fine di superare l'impasse e sbloccare definitivamente l’iter. Tuttavia nella riunione del Consiglio dei ministri per la competitività dell'Unione del 28 maggio 2015 non è stato raggiunto un accordo.
In un altro ambito, l'intervento della legislazione penale a salvaguardia del made in Italy non può anch'esso prescindere dalla definizione di origine prevista dalla regolamentazione comunitaria, come correttamente recita l'articolo 4 comma 49 della legge n. 350/2003, cui si accennerà nel paragrafo successivo.
1.6 L’Italian Sounding.
Abbiamo già osservato come vi sia una stretta correlazione tra il falso made in Italy e l’Italian sounding. Quest'ultimo costituisce una falsa evocazione dell'italianità del prodotto, senza tuttavia assumere la forma di una fraudolenta utilizzazione o falsificazione di segni distintivi di prodotti di aziende italiane ma inducendo il consumatore, attraverso nomi, immagini, simboli, colori, ecc., a ritenere un'origine italiana del prodotto, che non risulta invece veritiera.
Questi comportamenti sono diretti a lucrare un indebito vantaggio di remunerazione in quei settori merceologici ove l'italianità rappresenta un fattore premiante agli occhi del consumatore. Un esempio evidente si verifica nel comparto agroalimentare, ove la tradizione Pag. 29 italiana, oltre ad essere conosciuta in tutto il mondo per l'alta qualità dei suoi prodotti, è fortemente connotata culturalmente e quindi immediatamente riconoscibile da parte dei consumatori. Evidente, dunque, l'alta predisposizione dei prodotti dell'industria agroalimentare nostrana all'imitazione da parte di concorrenti sleali. Si parla di italian sounding anche riguardo l'imitazione di denominazioni geografiche e l'utilizzo di immagini ed etichette che evocano l'italianità dei luoghi di origine della materia prima, della ricetta, o del processo di trasformazione di prodotti che non hanno in realtà alcun legame con il nostro Paese.
Pur essendo possibile anche in Italia, l’italian sounding è un fenomeno caratteristico dei mercati esteri, ove è più facile ingannare i consumatori con evocazioni di questo tipo.
Occorre però sottolineare la differenza sostanziale che intercorre tra contraffazione e il fenomeno noto come italian sounding. Mentre la contraffazione è considerata un illecito in moltissimi Paesi, l'erronea evocazione dell'origine raramente è considerata tale.
Il quadro giuridico internazionale risulta talmente negativo in questa materia che nella maggior parte dei Paesi extra-UE non trovano tutela nemmeno i prodotti agroalimentari riconosciuti quali Dop (denominazione d'origine protetta) o Igp (indicazione geografica protetta) dall'Unione europea. La tutela di tali prodotti al di fuori dell'Unione resta quindi affidata agli accordi internazionali che l'Unione stessa riesce a concludere con i Paesi terzi, nonché alle registrazioni dei marchi effettuate dai consorzi.
Per tale ragione l'italian sounding costituisce un enorme business che si muove in un'ampia ed indefinita zona grigia.
A livello economico l'impatto dell'imitazione dei prodotti agroalimentari italiani, risulta assai rilevante, con un fatturato che si aggira intorno ai 60 miliardi di euro l'anno, come emerge dal terzo Rapporto Agromafie, elaborato da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare (31) . Si tratta, si legge nel Rapporto, di «un valore quasi doppio rispetto al fatturato delle esportazioni agroalimentari nazionali, che ha raggiunto la cifra record di 34 miliardi nel 2013» (32) . Ed il fenomeno sembra essere in crescita costante: tra il 2001 e il 2010 gli episodi di italian sounding sono aumentati del 180 per cento, con punte massime negli Stati Uniti, in Canada e in centro America (33) .
La sfida si gioca soprattutto con gli Stati Uniti, dove il 97 per cento dei sughi per pasta, il 94 per cento delle conserve, il 76 per cento dei pomodori in scatola ed il 15 per cento dei formaggi sono imitazioni, con un rapporto tra prodotti originali e italian sounding di uno a otto, a fronte di un rapporto uno a tre rilevato nel mercato unico europeo (34) .Pag. 30
Il contrasto di questo fenomeno in ambito internazionale si presenta quindi assai arduo, non potendo far leva (salvo in rari casi) sugli abituali strumenti giuridici disponibili nei confronti dei comportamenti illegittimi. La tutela dei veri prodotti italiani resta quindi affidata soprattutto ad un'opera di educazione dei consumatori ed alla capacità di affermazione dei nostri marchi.
Va rilevato che la recente legislazione penale ha inteso contrastare sul territorio nazionale i più gravi casi di evocazione ingannevole, assimilandola al falso made in Italy (articolo 4 comma 49 e segg. della legge n. 350/2003). La norma tende a colpire non solo la falsa indicazione d'origine, ma anche alcune azioni idonee ad indurre il consumatore a ritenere erroneamente che il prodotto sia di origine italiana (fallace indicazione (35) ).
1.7 Il quadro internazionale.
1.7.1 I trattati.
In un'epoca di economia globalizzata e profondamente interconnessa come quella attuale rivestono un ruolo chiave le strategie di contrasto ai fenomeni contraffattivi di portata internazionale. Occorre, infatti, mettere in campo strumenti di lotta alla contraffazione e alla pirateria che sappiano proiettarsi su scala planetaria. La complessità di tale fenomeno esige un'analisi del contesto internazionale. Risulta utile a questo proposito richiamare brevemente gli accordi e gli attori internazionali attivi su tale fronte.
Sono molti gli accordi internazionali tesi a disciplinare la protezione dei diritti di proprietà intellettuale, in tutte le sue declinazioni.
Il primo di essi riguarda il diritto d'autore e risale addirittura al 1886. Si tratta della Convenzione per la creazione di una Unione internazionale per le opere letterarie e artistiche – meglio conosciuta come Convenzione di Berna – inizialmente sottoscritta da Belgio, Francia, Germania, Haiti, Italia, Liberia, Regno Unito, Spagna, Svizzera e Tunisia.
La convenzione si fonda su tre principi di base:
• le opere che hanno come Paese d'origine un Paese che ha ratificato la Convenzione devono godere negli altri Paesi firmatari dello stesso trattamento assicurato dalla legge nazionale ai propri cittadini;
• l'esercizio del diritto d'autore è indipendente dall'esistenza della protezione nel Paese d'origine dell'opera;
• il godimento e l'esercizio dei suddetti diritti non sono subordinati ad alcuna formalità.
La Convenzione di Berna, il cui testo originario ha subito nel tempo numerose modifiche, è tutt'ora in vigore e include attualmente 164 Paesi.Pag. 31
Di particolare rilevanza sul tema della tutela dei diritti di proprietà intellettuale è la Convenzione siglata a Stoccolma il 14 luglio 1967 che ha istituito l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI): un'agenzia delle Nazioni Unite che ha la finalità di incoraggiare l'attività creativa e promuovere la protezione della proprietà intellettuale nel mondo. L'OMPI conta attualmente 187 Stati membri, regola 24 trattati internazionali ed ha sede a Ginevra.
Per quanto riguarda la tutela dei marchi occorre citare anche il Protocollo di Madrid (concernente la registrazione internazionale dei marchi) siglato il 27 giugno 1989 ed entrato in vigore nel 1996 (in Italia nel 2000). Il Protocollo di Madrid è un trattato amministrato dall'OMPI che offre ai titolari di marchi la possibilità di estendere la protezione dei loro marchi in molti Paesi grazie al semplice deposito di una domanda direttamente presso l'ufficio nazionale o regionale competente in materia di marchi. È stato sottoscritto da numerosi Paesi, tra cui la maggior parte degli Stati europei, gli Stati Uniti, il Giappone, l'Australia, la Cina, la Russia, nonché, nell'ottobre 2004, la Unione europea in quanto tale.
Di grande rilevanza nel campo della tutela dei diritti intellettuali è, inoltre, l'Accordo TRIPS, Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, siglato il 15 aprile 1994 a Marrakech. Questo rappresenta uno degli accordi commerciali multilaterali allegati all'Accordo istitutivo dell'Organizzazione Mondiale del Commercio. Anche la Comunità europea ha ratificato gli accordi in questione. Con tale trattato la materia della tutela della proprietà intellettuale entra a far parte del quadro normativo che regola il commercio internazionale. Nell'ambito del «General Agreement on Tariffs and Trade» (GATT) tali diritti di proprietà intellettuale erano accettati solo in quanto «eccezioni generali» alla regola della liberalizzazione del commercio. Per quanto riguarda l'Accordo, esso detta, nella prima parte i principi generali e nella parte II norme specifiche «relative all'esistenza, all'ambito e all'esercizio» dei diritti considerati. L'obiettivo è quello di assicurare standard minimi di tutela che valgano per tutti i cittadini, non solo nei loro rispettivi Paesi ma anche negli altri Paesi che hanno sottoscritto il trattato. Vi sono anche delle norme obbligatorie, che vanno dalla definizione del campo della brevettazione, alla libera disponibilità dei diritti di brevetto fino alla descrizione dell'invenzione.
Sempre nel campo della tutela dei marchi è possibile citare un accordo di recente stesura: il Trattato di Singapore sul diritto dei marchi del 2006, entrato in vigore per l'Italia nel settembre 2010.
Il Trattato in questione ambisce all'armonizzazione internazionale del diritto dei marchi: si applica a tutte le forme di marchi, quindi anche agli ologrammi e ai segni non visibili. Gli Stati membri sono liberi di prevedere la notifica elettronica in aggiunta o in sostituzione di quella cartacea e s'impegnano a prevedere strumenti giuridici tesi a garantire al titolare il proseguimento della procedura in caso di inosservanza dei termini.
Il Trattato definisce i requisiti massimi per l'iscrizione delle licenze nei registri e istituisce un'Assemblea deputata a modificare il relativo regolamento d'esecuzione.Pag. 32
In ambito OMPI, oltre alla gestione dei predetti accordi, si è anche provveduto a redigere due importanti trattati: il Trattato OMPI sul diritto d'autore e il Trattato OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi sottoscritti entrambi a Ginevra il 20 dicembre 1996.
Il primo ha introdotto a livello internazionale la tutela della proprietà intellettuale sui programmi per computer (all'articolo 4: programmi per elaboratore) e sulle banche di dati (all'articolo 5: compilazioni di dati (banche dati)), mentre il secondo trattato citato tende a tutelare i diritti dei produttori di fonogrammi e degli artisti interpreti ed esecutori.
Sul versante della tutela brevettuale occorre, invece, prestare particolare attenzione al Trattato di cooperazione in materia di brevetti (PCT) siglato il 19 giugno 1970 a Washington che vede impegnati 148 Stati membri, tra cui l'Italia dal marzo 1985. Si tratta di un trattato multilaterale gestito dall'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale, per il deposito unificato di domande di brevetto valide in uno o più degli Stati aderenti al trattato.
Anche nel continente europeo si è deciso di strutturare una disciplina internazionalistica sul piano della tutela brevettuale, ciò è avvenuto con la stesura della Convenzione sul brevetto europeo (CBE) firmata il 5 ottobre 1973 a Monaco. Tale convenzione, conosciuta anche come European Patent Convention (EPC), è il trattato istituito dall'Organizzazione Europea dei Brevetti ed è tesa a riconoscere un brevetto unico valido in tutti gli Stati membri.
Al margine dell'analisi degli accordi internazionali sulla tutela dei diritti intellettuali fin qui menzionati, è opportuno richiamare alcuni atti internazionali che riguardano a vario titolo la lotta alla contraffazione.
Il primo, in ordine cronologico, è la Convenzione che ha istituito il Consiglio di cooperazione doganale, firmata a Bruxelles il 15 dicembre 1950 ed entrata in vigore nel 1952. Attualmente porta il nome di Organizzazione mondiale delle dogane e comprende 176 membri. Tra i suoi obiettivi figura principalmente lo sviluppo di standard globali per le procedure doganali nonché l'armonizzazione e la semplificazione a livello mondiale delle procedure doganali, in modo che gli scambi internazionali si svolgano senza particolari intralci.
Il secondo è la Convenzione Medicrime contro la contraffazione dei farmaci siglata a Mosca nell'ottobre 2011 e sottoscritta nell'ambito del Consiglio d'Europa che ha l'ambizione di garantire uno stretto coordinamento, tramite INTERPOL ed EUROPOL, tra le Forze di Polizia, le Agenzie farmaceutiche e le Dogane dei 47 Paesi del Consiglio. Inoltre, tale atto caldeggia una revisione della normativa penale che inserisca la possibilità di incriminazione dei così detti «cyber pusher», vale a dire i gestori dei siti web che veicolano farmaci contraffatti.
Il terzo è l’Anti counterfeiting trade agreement (ACTA), un accordo commerciale plurilaterale volto a dettare norme più efficaci per contrastare la pirateria informatica e la contraffazione e ad armonizzare le regole preesistenti con l'Accordo TRIPS. Tali accordo ha l'obiettivo di rinforzare i diritti di proprietà intellettuale e di integrare gli standard minimi di tutela previsti dal TRIPS.Pag. 33
L'ACTA è stato siglato a Tokyo il 26 gennaio 2012 tra 22 dei 28 Stati membri dell'Unione europea, tra cui l'Italia (non hanno firmato Cipro, Repubblica d'Estonia, Repubblica Slovacca, Germania e Paesi Bassi) e gli Stati che avevano adottato l'ACTA già nell'ottobre 2011. Il Parlamento europeo è stato chiamato a ratificare l'accordo l'11 giugno 2012 ma la ratifica è stata respinta il 4 luglio 2012 con una votazione del Parlamento Europeo.
Va menzionato, inoltre, l'Accordo sul Tribunale unificato dei brevetti siglato il 19 febbraio 2013 a Bruxelles, per il quale l'Italia ha chiesto recentemente formale adesione.
Meritevole di attenzione risulta, altresì, ai fini della nostra trattazione il tema del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), il trattato per il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziato tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America dal luglio 2013. Si tratta di un negoziato estremamente difficoltoso e per alcuni aspetti controverso.
La trattativa in corso a Bruxelles registra tra l'altro posizioni differenti circa la proposta di estensione agli Stati Uniti del sistema delle indicazioni geografiche comunitarie, con il riconoscimento reciproco dei prodotti con indicazione geografica tutelata, come strumento efficace di contrasto al fenomeno del così detto european sounding.
1.7.2 Organismi internazionali.
Sulla base del quadro pattizio esposto, è possibile evidenziare gli organismi impegnati nella lotta alla contraffazione a livello internazionale:
• Advisory Committee on Enforcement dell'Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale
Fondata dalla «Convenzione istitutiva dell'Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale» firmata il 14 luglio 1967 a Stoccolma, è una delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite, con la finalità (in base all'articolo 3 della Convenzione) di promuovere la tutela della proprietà intellettuale in tutto il mondo attraverso la cooperazione degli Stati aderenti.
L'OMPI amministra 28 trattati internazionali e per conto degli Stati membri, sviluppa un programma di lavoro con l'obiettivo di armonizzare la legislazione e le procedure nazionali, in tema di proprietà intellettuale, promuovere lo scambio di informazioni, sovrintendere alle procedure di registrazione internazionali di marchi, brevetti e design, offrire assistenza tecnico giuridica, nonché favorire la risoluzione di controversie in materia.
È stato presentato dal Direttore generale un Piano strategico a medio termine (2010-2015) nel 2010.
• Consiglio dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) per gli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (OMC Consiglio TRIPS)
Istituito dall'articolo 68 del Trattato, il Consiglio TRIPS è competente sia sul controllo e sull'applicazione dell'Accordo, che nei Pag. 34 rapporti con l'OMPI. Ha altresì il compito di svolgere dei lavori mirati all'ulteriore sviluppo dell'Accordo TRIPS. Il Consiglio TRIPS è aperto a tutti i Membri dell'OMC e agisce mediante processo decisionale consensuale. Si riunisce quattro volte all'anno e le sue riunioni durano dai due ai quattro giorni.
• Committee of Ministers to member states on measures to protect copyright and neighbouring rights and to combat piracy, especially in the digital environment e lo European Directorate for the Quality of Medicines & HealthCare (EDQM) del Consiglio d'Europa
Sul tema della lotta alla contraffazione e la pirateria il Consiglio d'Europa ha lavorato per mezzo di atti e comitati. Sul versante della contraffazione ha elaborato, in ambito EDQM, nel 2011 la «Convenzione sulla contraffazione dei prodotti sanitari e reati affini che rappresentano una minaccia per la salute pubblica», su quello della pirateria invece ha adottato tre raccomandazioni per mezzo dei Comitati dei Ministri: la Raccomandazione No. R (95) 1 «on measures against sound and audio-visual piracy and its Explanatory Memorandum», la Raccomandazione No. R (88) 2 «on measures to combat piracy in the field of copyright and neighbouring rights» e la Raccomandazione REC 2001/7, dove si sottolinea l'importanza di attivare misure – da parte degli Stati – di prevenzione e repressione previste dagli strumenti internazionali sulla tutela del diritto d'autore. Nell'atto in questione si auspica informazione reciproca sulle iniziative assunte per assicurare mutuo sostegno nella realizzazione di iniziative a tutela del Diritto d'autore.
• Interpol Intellectual Property Crime Action Group dell'Interpol (IIAPCAG)
L'attività dell'Interpol nel campo della proprietà intellettuale si snoda lungo 3 direttrici: training, operazioni di supporto e scambio di informazioni.
Per quanto riguarda la prima direttrice, l'Interpol coordina seminari per aggiornare personale di polizia e delle amministrazioni statali sui temi del traffico illecito di beni, per condividere nuove tecniche investigative e incrementare competenze del personale degli Stati membri. Nel 2011 sono stati svolti 9 seminari sul tema in Asia, Africa, Europa e America centrale. Vi è anche l’International Intellectual Property Crime Investigators College (IIPCIC), una struttura di formazione interattiva online sui crimini contro la proprietà intellettuale.
Per quanto attiene alle operazioni, l'Interpol coordina le operazioni tattiche in diretta collaborazione con le autorità locali, si segnalano in particolare, le operazioni: Jupiter (2004) in America Latina con oltre 1,660 arresti circa 12 milioni di prodotti contraffatti del valore di oltre 506 milioni di dollari; Atlantique (2011) in Africa con 16 arresti e la requisizione di prodotti contraffatti per un valore di 1 milione e mezzo di dollari; Opson (2011), che aveva come obiettivo prodotti alimentari in 10 Paesi europei; Maya (2012) in 11 Pag. 35 Paesi americani con oltre 200 tra arresti e indagati; Black Poseidon (2012) realizzata in 5 Paesi dell'est europeo.
• UNECE Team of Specialists on Intellectual Property delle Nazioni unite (UNECE ToS IP)
Dal 2006 al 2012, il Team in questione ha lavorato nel quadro del Committee on Economic Cooperation and Integration (CECI), con la finalità di agevolare il sistema di protezione ed enforcement dei diritti di proprietà intellettuale e rinforzare il loro ruolo nello sviluppo dell'innovazione. In occasione della 65esima riunione della UNECE, nell'aprile 2013, il Gruppo di lavoro è stato spostato nel Team of Specialists on Innovation and Competitiveness Policies.
• Istituto Interregionale delle Nazioni Unite per la Ricerca sul Crimine e la Giustizia
Creato nel 1968, l'UNICRI (United Nations Interregional Crime and Justice Research Institute) ha come obiettivo quello di assistere organizzazioni intergovernative, governative e non governative nella elaborazione e attuazione di policy di prevenzione del crimine e nel campo della giustizia. Tra gli strumenti di lavoro dell'UNICRI rientrano il knowledge management e il partenariato.
Nel quadro del programma di lotta alla contraffazione dell'UNICRI è stato creato l’International Permanent Observatory on counterfeiting (IPO/c), un ampio programma di monitoraggio con l'obiettivo di garantire dati e informazioni di facile accesso sulla portata dei fenomeni contraffattivi. Le principali aree di attività riguardano: giustizia penale, redazione di rapporti sul tema e tecnologie anti contraffazione. L'UNICRI sta realizzando un protocollo di cooperazione con la Direzione Nazionale Antimafia e la Guardia di Finanza al fine di migliorare gli strumenti di enforcement rispetto alla contraffazione.
L'Istituto ha, inoltre, realizzato alcuni studi, nel 2007 è stato pubblicato il report «Counterfeiting: a global spread, a global threat» e nel 2012 in collaborazione con la DGLC – UIBM del Ministero dello Sviluppo economico è stato redatto il rapporto «La contraffazione come attività gestita dalla criminalità organizzata transnazionale: il caso italiano».
• Informal Advisory Group on Counterfeiting and Piracy nell'ambito dell'OCSE
Ha collaborato nella stesura del rapporto «The economic impact of counterfeiting and piracy», che si inserisce in un programma (36) più ampio dell'OCSE per l'indagine del gli effetti del fenomeno della contraffazione e della pirateria. Tale progetto si avvale della cooperazione con i governi, le industrie (tramite il Business and Industry Advisory Committee dell'OCSE), i sindacati (che hanno partecipato per mezzo del Trade Union Advisory Committee presso l'OCSE) e altre organizzazioni internazionali, quali l'Organizzazione Mondiale del Pag. 36 Commercio, l'Organizzazione Mondiale delle Dogane, l'Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale, Interpol e alcune ONG (37) .
• Task-force on charting illicit trade dell'OCSE
Ha come mission quella di coordinare esperti internazionali per una mappatura dell'economia illegale e giungere ad una conoscenza, il più approfondita possibile, delle differenti forme di traffico illecito. Dal 2015 l'attività della Task Force si sta focalizzando su tale mappatura con la raccolta dei dati sui volumi e sui flussi commerciali, sull'indagine delle policy intraprese nel campo in questione, sullo sviluppo di strumenti tesi a coadiuvare l'azione pubblica e privata nello sforzo di prevenzione e mitigazione dell'impatto degli illeciti sui mercati strategici.
• International Medical Products Anti-Counterfeiting Taskforce — IMPACT dell'Organizzazione mondiale della sanità
Istituita nel febbraio 2006 l'IMPACT mira a costruire e coordinare relazioni tra i Paesi membri al fine di arrestare la produzione, il commercio e la vendita di prodotti medicinali contraffatti. Nel quadro dell'IMPACT partecipano organizzazioni internazionali, ONG, agenzie di enforcement, associazioni di produttori farmaceutici e autorità regolatorie.
• Organizzazione Europea dei Brevetti
È un'organizzazione pubblica internazionale creata dalla Convenzione europea dei brevetti. Tale organizzazione ha sede a Monaco di Baviera e il suo compito è quello di rilasciare brevetti europei (tali brevetti non sono un titolo dell'UE, né hanno valenza in tutto il territorio del continente). La Convenzione, sulla quale si basa l'Organizzazione europea dei brevetti, delinea una procedura unica che termina, tuttavia, non con il rilascio di un singolo brevetto, bensì in un «pacchetto» di brevetti nazionali.
• Organizzazione Mondiale delle Dogane
È stata istituita nel 1952 (sotto il nome di Customs Co-operation Council (CCC)) con la Convention establishing the Customs Co-operation Council siglata nel 1950 a Bruxelles. È una organizzazione intergovernamentale che si occupa esclusivamente della materia doganale: la sua mission è quella di rafforzare l'efficienza delle amministrazioni doganali. Rappresenta 179 Paesi, le cui dogane gestiscono il 98 per cento del commercio mondiale. Sul sito dell'O.M.D. vengono raccolti gli esiti dei lavori dei Comitati tecnici in cui vengono discusse le problematiche doganali.
Da sottolineare, in particolare, le Decisioni e i Pareri di classifica emessi e adottati dal Comitato del Sistema Armonizzato (38) che si occupa della classificazione delle merci, non hanno un carattere vincolante, ma costituiscono un'utilissima fonte in materia.Pag. 37
• Camera di commercio internazionale (CCI).
È stata fondata nel 1919 da un gruppo di imprenditori e finanzieri ed è, ad oggi, uno dei maggiori forum di rappresentanza degli interessi economici privati. Può contare tra i suoi membri centinaia di migliaia di imprese, rappresentanti di oltre 180 Paesi.
Nel dicembre 2004 ha lanciato un'iniziativa dal nome BASCAP (Business Action to Stop Counterfeiting and Piracy), con l'obiettivo di sensibilizzare le autorità e l'opinione pubblica sulla pirateria e di informare le aziende sugli strumenti di lotta alla contraffazione.
Infine, occorre richiamare l'azione del nostro Paese nel campo della lotta della contraffazione in sede ONU.
In occasione della XXI sessione della Commissione delle Nazioni Unite sulla prevenzione del crimine e la giustizia penale (CCPCJ-Commission on Crime Prevention and Criminal Justice, Vienna, 23-27 aprile 2012), è stata presentata dall'Italia e approvata per consensus la risoluzione «Strengthening international cooperation in combating transnational organized crime in all its forms and manifestations». Tale risoluzione è volta ad inserire la contraffazione quale argomento di dibattito ricorrente all'interno dello stesso consesso delle Nazioni Unite.
1.8 Il quadro comunitario.
1.8.1 La normativa.
Il ruolo del legislatore europeo e delle istituzioni comunitarie nel quadro della lotta alla contraffazione e alla pirateria commerciale è di grande rilievo. Considerata la pervasività del fenomeno e il suo radicamento transnazionale, infatti, non è certamente sufficiente lo studio ed il contrasto dell'illecito in ambito nazionale, ma si rende necessaria un'azione decisa dell'Unione europea in questa materia. Anche se risulta difficile disporre di dati attendibili concernenti i singoli Stati membri, tutto lascia ritenere che la vendita di prodotti contraffatti sia diffusa in modo abbastanza omogeneo su tutto il territorio dell'Unione. Ciò non comporta, tuttavia, la medesima sensibilità dei Paesi membri su questa materia, perché la consapevolezza del danno arrecato dalla contraffazione è più elevata ove sussiste un più ampio spettro di imprese titolari di marchi colpite da questo fenomeno.
È utile richiamare brevemente il quadro della normativa europea concernente la contraffazione.
Originariamente, come anche affermato nel Libro Verde sulla lotta alla contraffazione e alla pirateria nel mercato interno del 1998, la Comunità europea (CE) era intervenuta nel campo della proprietà intellettuale da un lato per armonizzare i regimi nazionali vigenti, dall'altro per creare nuovi diritti. In particolare l'azione della Comunità si era sviluppata in via prioritaria verso la tutela delle frontiere esterne, già a partire dal 1986, con il divieto di immissione in libera pratica di merci contraffatte. La Comunità aveva successivamente prodotto una disciplina sul marchio comunitario, con il Regolamento (CE) n. 40/94 del 20 dicembre 1993, poi sostituito dal Regolamento Pag. 38 n. 207/2009. Il Regolamento originario istituiva un sistema che consentiva all'Ufficio di armonizzazione del mercato interno (UAMI) di rilasciare i marchi comunitari. Grazie ad una domanda unica di registrazione presentata all'UAMI il marchio comunitario otteneva un carattere unitario, tale da produrre gli stessi effetti e ottenere un beneficio di protezione uniforme su tutto il territorio comunitario.
Negli anni successivi si avvertì l'esigenza di ottenere un rafforzamento delle privative industriali in campo comunitario e di ravvicinare la legislazione degli Stati. Ciò ha condotto all'approvazione della Direttiva 2004/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, c.d Direttiva «enforcement», tesa ad «assicurare il diritto sostanziale in materia di proprietà intellettuale» che, per dirla con le parole del considerando n. 3, era già pienamente parte dell’acquis comunitario. La direttiva in questione predispone, inoltre, misure specifiche volte a garantire tutela giurisdizionale, recependo alcuni indirizzi inseriti nel The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPS), come la restituzione dei profitti realizzati dall'autore della violazione.
L'operazione di armonizzazione comunitaria nel quadro della proprietà industriale non si limita alla direttiva sopramenzionata. Con la Direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008 si è cercato di ottenere un ravvicinamento delle legislazione degli Stati anche con riferimento ai marchi d'impresa registrati a livello nazionale, al fine di promuovere la libera circolazione di prodotti e servizi e la libera concorrenza nel mercato unico. L'atto in questione indica quali sono i segni suscettibili di costituire un marchio d'impresa, quali impedimenti possono ostare alla registrazione, quali i motivi di nullità e infine quali sono i diritti conferiti dal marchio d'impresa.
Nel corso del tempo l'originario Regolamento 90/94 sul marchio comunitario aveva subito numerose modifiche, tanto da rendere necessario un nuovo testo. La disciplina in questione è stata sostituita dal Regolamento (CE) N. 207/2009 del Consiglio del 26 Febbraio 2009. Il Regolamento in questione ha l'ambizione di semplificare e armonizzare la procedura di registrazione, anche a livello degli Stati membri, con riferimento al sistema del marchio comunitario, ed è teso a modernizzare le disposizioni, anche attraverso l'incorporazione dell'ampia giurisprudenza della Corte di giustizia sul tema.
A partire dal maggio 2011 la Commissione europea ha avviato, inoltre, un ripensamento della organizzazione dell'UAMI, ipotizzando l'inserimento accanto ai tradizionali compiti di registrazione di marchi e brevetti anche di compiti inerenti alla tutela della proprietà intellettuale. In tale solco si situa il Regolamento (UE) n. 386/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 aprile 2012 che oltre ad aver ampliato i compiti dell'UAMI ha anche affidato a tale Ufficio la gestione dell'Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, nato nel 2009 con il nome di Osservatorio Europeo sulla contraffazione e la pirateria. Il nuovo posizionamento in seno all'UAMI trova la sua ragion d'essere nella necessità di dotare l'Osservatorio di maggiori risorse finanziarie e di personale, data la copertura offerta dall'Ufficio e considerata la possibilità di attingere dal personale qualificato Pag. 39 proveniente dall'UAMI stesso. Lo sviluppo dettato dal Regolamento in questione risulta essere anche la conseguenza della esperienza acquisita dall'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno, attraverso la cooperazione con gli uffici per la proprietà intellettuale e lo stretto rapporto con le altre organizzazioni operanti nel campo dei diritti di marchi, disegni e modelli. Nel nuovo testo l'UAMI ha visto accresciuti i propri compiti, con la previsione di diffondere la conoscenza delle migliori prassi in uso nel settore pubblico e privato a tutela dei diritti di proprietà intellettuale, sensibilizzare i cittadini, migliorare le competenze del personale impegnato nella tutela dei diritti di proprietà intellettuale, migliorare lo scambio on-line tra autorità degli Stati e promuovere la cooperazione internazionale con gli uffici per la proprietà intellettuale nei Paesi terzi.
Per quanto concerne specificamente il settore agro-alimentare, la CE a partire dal 1992 aveva già adottato un quadro giuridico relativo alle indicazioni geografiche e alle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari. Ai fini della nostra trattazione è utile sottolineare che l'UE ha provveduto in anni recenti a rivedere in parte il quadro di riferimento sul tema in questione attraverso il Regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari.
Il Regolamento in questione rappresenta l'ultima tappa di un lungo percorso che ha visto avanzamenti e innovazioni successive nel tempo, dai regolamenti sulla produzione di qualità del 1992 a quelli sulle Specialità Tradizionali Garantite, le Denominazioni di Origine Protette e le Indicazioni Geografiche Protette del 2006. L'obiettivo della Commissione, manifestato in un Libro Verde del 2008, era quello di semplificare e rendere più comprensibile per i consumatori il sistema europeo dei prodotti di qualità. Con il nuovo testo si è deciso di rendere possibile l'utilizzo di rappresentazioni grafiche, testi e simboli dell'area di appartenenza e dei marchi collettivi geografici accanto ai segni di qualità (Dop e Igp), ma si è ritenuto di mantenere, per i prodotti riconducibili ad una medesima indicazione geografica, la suddivisione tra i tre segni di qualità con i rispettivi disciplinari separati.
L'attività dell'UE per la lotta alla contraffazione sul fronte esterno non si è arrestata con gli interventi degli anni novanta e duemila, ma con il nuovo Regolamento (UE) n. 608/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 giugno 2013 si è deciso di aggiornare le precedenti disposizioni del Regolamento 1383 del 2003 con nuove norme relative all'azione doganale nei confronti delle merci sospettate di violare la proprietà intellettuale. L'attuale disciplina presenta alcune importanti innovazioni, tra le quali occorre sottolineare una rapida procedura per la distruzione di prodotti contraffatti spediti con piccoli pacchi postali, il blocco in dogana per le merci che presentano violazioni delle denominazioni commerciali protette. Il nuovo Regolamento non contiene, tuttavia, alcuna novità in merito alle merci che transitano nei Paesi membri dell'UE.
Con riguardo al diritto d'autore, la sottoscrizione della Carta di Nizza avvenuta nel dicembre 2000 ha rappresentato un importante punto di partenza per una sua regolamentazione. All'articolo 17 comma 2 della menzionata Carta la proprietà intellettuale veniva, infatti, considerata Pag. 40 quale diritto fondamentale. Nel quadro del diritto d'autore va posta particolare attenzione sulla Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'8 giugno 2000. Invero, la direttiva in questione ambisce a liberalizzare il «commercio elettronico», in un quadro di buon funzionamento del mercato comune garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione tra gli Stati membri. Tuttavia, ciò che più rileva è la parte quarta della direttiva, relativa alla responsabilità dei provider. Il ruolo degli intermediari, declinato a seconda che svolgano funzioni di semplice trasporto (mere conduit) di memorizzazione temporanea (caching) e di hosting, assume un carattere centrale per poter contrastare gli illeciti perpetrati sul web, anche ai danni del copyright. Il testo in questione, oltre a descrivere le funzioni svolte dagli Internet Service Provider (ISP), lascia spazio agli Stati membri di disporre che questi, in caso di illiceità manifesta, comunichino tempestivamente all'autorità competente presunte attività o informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi, o comunichino, su richiesta delle autorità competenti, tutte le informazioni che consentano l'identificazione dei destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione di dati.
Il diritto d'autore ha trovato ulteriore disciplina a livello comunitario con la Direttiva n. 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2001 La direttiva in questione, infatti, ha l'obiettivo di trasporre a livello comunitario gli obblighi derivanti da due trattati internazionali sul diritto d'autore e i diritti connessi adottati nel dicembre 1996 nel contesto dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) e mira ad adattare la legislazione relativa al diritto d'autore proprio con le evoluzioni che il Web aveva portato con sé. In particolare, il testo in questione ha ad oggetto tre tematiche: il diritto di riproduzione, quello di comunicazione e il diritto di distribuzione. Nel primo campo gli Stati membri avrebbero dovuto stabilire il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente per gli autori, gli artisti interpreti o esecutori, i produttori di fonogrammi, i produttori della prima fissazione di una pellicola e per gli organismi di diffusione radiotelevisiva. Nel quadro del diritto di comunicazione, invece, gli Stati avrebbero dovuto prevedere per gli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico delle loro opere. Infine, per il diritto di distribuzione, la direttiva armonizzava a favore degli autori il diritto esclusivo di autorizzare qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell'originale delle loro opere e delle loro copie.
A margine della disamina dei più importanti atti legislativi vigenti, è opportuno richiamare due proposte legislative attualmente all'esame delle istituzioni comunitarie:
• La proposta di regolamento in discussione al Consiglio sulla «Procura Europea» – (COM(2013)0534). Il 17 luglio 2013 la Commissione Europea ha presentato una proposta legislativa per l'istituzione di un Ufficio del Pubblico Ministero Europeo (EPPO), nel mese di settembre 2013 sono iniziati i negoziati presso il Consiglio dell'Unione per l'approvazione del testo. Il testo in questione ha l'ambizione di superare i limiti delle azioni penali degli Stati membri Pag. 41 attraverso la creazione di un organismo che sia in grado di perseguire con maggiore determinazione e celerità i reati contro gli interessi finanziari dell'UE. Tale organismo vedrebbe un'unica persona al vertice, il Procuratore Capo, che dirige le indagini e organizza il lavoro, affiancato da quattro Sostituti, di cui uno di essi responsabile del bilancio. Le indagini verrebbero affidate ai Delegati negli Stati membri, parte degli uffici giudiziari delle procure nazionali.
Dal punto di vista istituzionale, tale Ufficio si aggiungerebbe all'Eurojust, organo di cooperazione delle autorità giudiziarie e potrebbe costituire un alleato rilevantissimo nella lotta alla contraffazione e alla pirateria commerciale;
• Il Pacchetto sicurezza prodotti («Made in») – che si compone di una Comunicazione generale, una proposta di Regolamento sulla vigilanza del mercato dei prodotti COM (2013) 75, un piano pluriennale sulla vigilanza del mercato dei prodotti dell'UE, una relazione sull'applicazione del regolamento 8CE) 765/2008 che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato, una proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza dei prodotti di consumo e che abroga la direttiva 87/357/CEE del Consiglio e la direttiva 2001/95/CE (COM(2013)0078) (39) .
Tale quadro ha l'ambizione di assicurare maggiore tutela ai consumatori, di adeguare la normativa e renderla maggiormente coerente in tutti i settori merceologici e garantire maggiore cooperazione tra le autorità di vigilanza degli Stati membri. La proposta di regolamento sulla sicurezza dei prodotti assume un rilievo particolare nella parte in cui introduce l'obbligo di indicare l'origine dei prodotti («made in»). Il testo contiene una serie di obblighi per produttori, fabbricanti e importatori tesi a garantire maggiori informazioni per i consumatori, ed impone ai fabbricanti e agli importatori di apporre sui prodotti un'indicazione del Paese d'origine. Tale etichetta oltre a costituire uno strumento di controllo per il consumatore permette di migliorare la tracciabilità delle merci, e costituisce elemento imprescindibile per limitare pratiche commerciali sleali. Con il dossier in questione, infatti, si cerca di colmare un'assenza di armonizzazione a livello europeo che permetterà anche di contrastare con maggiore incisività le false indicazioni di origine sui prodotti attraverso controlli più stringenti. La proposta di regolamento – che ha ricevuto ad aprile 2014 l'approvazione del PE – vede in Consiglio la forte opposizione di alcuni Stati membri proprio sul tema dell'articolo 7, relativo al «made in».
È auspicabile che si arrivi rapidamente ad una risoluzione della questione, in modo da proseguire sulla strada dell'approvazione definitiva del pacchetto, poiché con tale provvedimento si rafforzerebbe la fiducia dei consumatori circa la sicurezza e la trasparenza e si vedrebbe rafforzata la competitività dei prodotti europei sui mercati mondiali.
1.8.2 Le istituzioni.
Sulla base del quadro normativo esposto, è possibile evidenziare le istituzioni comunitarie titolari di competenze in materia di contraffazione.
a) Direzione generale Taxud (Fiscalità e unione doganale) della Commissione europea.
La Taxud è la direzione generale della Commissione europea preposta allo sviluppo e all'enforcement delle politiche doganali. Tra le proprie competenze annovera anche alcuni aspetti legati alla lotta alla contraffazione.
In particolare, nell'ambito della cooperazione con le imprese, la Dg Taxud ha creato una banca dati elettronica centrale – sul modello del sistema Falstaff già operativo nelle dogane italiane – chiamata COPIS che raccoglie tutte le informazioni relative alle domande d'intervento in cui si richiede il controllo delle autorità doganali a tutela dei DPI. La Taxud, inoltre, effettua una pubblicazione annuale delle statistiche relative alla contraffazione (l'ultimo: Report on EU customs enforcement of intellectual property rights Results at the EU border 2013). Infine, porta avanti un'opera di informazione dei consumatori sullo stretto legame che intercorre tra la contraffazione e la criminalità organizzata.
b) OLAF (Office de Lutte Anti-Fraude).
L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) è una struttura investigativa indipendente nata nel 1999. È l'evoluzione dell’Unità di coordinamento della lotta antifrode (UCLAF) costituita nel 1988 in seno al Segretariato generale della Commissione europea. Le sue funzioni sono:
• tutelare gli interessi finanziari dell'Unione europea svolgendo indagini sulle frodi, la corruzione e ogni altra forma di attività illecita;
• individuare i fatti gravi connessi all'esercizio di attività professionali da parte dei membri e del personale delle istituzioni e degli organi dell'UE che possono condurre a procedure disciplinari o penali e svolgere indagini al riguardo;
• assistere le istituzioni dell'UE, in particolare la Commissione Europea, nell'elaborazione e nell'attuazione della legislazione e delle strategie antifrode.
Per quanto riguarda la contraffazione, l'OLAF non ha un mandato specifico sulla materia anche se, la contraffazione proveniente dall'esterno dei confini europei può essere certamente annoverata tra le frodi che arrecano un'incidenza negativa sul bilancio dell'Unione europea, soprattutto in termini di mancati introiti fiscali.
c) Direzione generale affari interni della Commissione europea.
Si occupa di contraffazione solo in quanto connessa alla lotta alla criminalità organizzata.Pag. 43
d) Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale.
L'Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale nasce in seguito al regolamento (UE) n. 386/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio. Non è, tuttavia, un'istituzione del tutto nuova.
Si tratta, infatti, di un'evoluzione dell’Osservatorio Europeo sulla Contraffazione e la Pirateria istituito nel 2009. La direttiva del 2012 ne ha ridefinito i compiti e ne ha attribuito la gestione all'Ufficio per l'Armonizzazione nel Mercato Interno (UAMI), un ente normalmente preposto alla registrazione di marchi e brevetti.
L'Osservatorio ha il compito di accrescere la collaborazione tra l'industria, le amministrazioni pubbliche e i consumatori nella lotta alla contraffazione e alla pirateria fungendo da piattaforma per lo scambio di esperienze, la sensibilizzazione dei consumatori e la condivisione delle migliori pratiche sulle tecniche di contrasto.
L'Osservatorio è suddiviso in due aree: Operazioni e progetti ed Economia e statistica. La sua rete è composta da rappresentanti del settore pubblico e privato che collaborano in gruppi di lavoro.
Sebbene non abbia poteri esecutivi diretti, l'Osservatorio riunisce un'ampia gamma di parti interessate che utilizzano le proprie competenze tecniche, l'esperienza e le conoscenze per proteggere e promuovere i diritti di proprietà intellettuale e sostenere gli organismi direttamente impegnati nell'applicazione delle norme.
Gli obiettivi dell'Osservatorio vanno dalla elaborazione di informazioni e contributi per consentire alle Istituzioni dell'UE di formulare politiche di applicazione della proprietà intellettuale, alla fornitura di dati, strumenti e banche dati nel quadro della lotta contro la violazione dei diritti di PI. La mission dell'Osservatorio non è limitata alla gestione dei dati e delle informazioni, ma vi rientrano altresì le iniziative per aiutare le imprese – in particolare Piccole e Medie – tese alla protezione dei diritti di proprietà intellettuale e l'elaborazione delle campagne di sensibilizzazione sul valore della PI.
Ad oggi l'osservatorio ha dato i seguenti contributi:
• in collaborazione con l'Ufficio Europeo Brevetti (UEB), ha condotto il primo studio a scala UE sull'apporto all'economia europea fornito dai settori industriali basati sulla proprietà intellettuale.. Il rapporto si intitola Intellectual property rights intensive industries: contribution to economic performance and employment in the European Union Industry-Level Analysis Report ed è stato pubblicato nel settembre 2013;
• ha avviato un programma di analisi dell'impatto della contraffazione sui settori strategici per l'economia europea. Gli studi analizzeranno i costi della contraffazione a carico dei singoli settori, in termini di perdite dirette per le imprese, di perdite per l'erario e di perdita di posti di lavoro. Il primo di questi studi riguarda il settore della cosmetica e profumeria, si intitola Il costo economico della violazione dei diritti di proprietà intellettuale (DPI) nel settore dei prodotti cosmetici e di igiene personale: relazione su uno studio pilota ed è stato pubblicato a marzo 2015;Pag. 44
• sta lavorando in collaborazione con Europol ed Eurojust (The European Union's Judicial Cooperation Unit) sulla sensibilizzazione delle autorità doganali, delle forze di polizia e delle autorità giudiziarie negli Stati membri anche al fine di aumentare la loro conoscenza dei metodi utilizzati dai contraffattori e degli strumenti a loro disposizione per contrastare efficacemente il fenomeno. A questo proposito, nel 2013 è stato avviato un ciclo di seminari, che vedono la partecipazione di pubblici ministeri, agenti delle dogane e di polizia provenienti da tutti gli Stati membri. Si avvalgono della partecipazione di esperti provenienti dai settori industriali in questione, e organizzano sessioni che hanno l'obiettivo di fornire nozioni di proprietà intellettuale con workshop di carattere pratico, per illustrare casi reali e analizzare le migliori pratiche a livello nazionale e internazionale. Alla fine di ogni seminario si prepara un rapporto;
• in collaborazione con Europol sta lavorando alla stesura di un rapporto sulla contraffazione nell'UE. Il rapporto ha lo scopo di descrivere le principali caratteristiche del mercato delle merci contraffatte nell'UE, il grado di coinvolgimento delle organizzazioni criminali, il modo in cui esse operano. Il rapporto è in fase di stesura;
• ha creato una base dati (denominata Enforcement database o EDB) per rendere più facile ed immediato lo scambio d'informazioni tra le imprese titolari dei diritti di proprietà intellettuale e le autorità doganali e di polizia;
• ha lanciato una iniziativa di sensibilizzazione per i giovani sui social network.
1.8.3 Le azioni di contrasto.
Infine, occorre richiamare le linee d'azione europee che in vario modo riguardano la lotta della contraffazione.
• Ciclo programmatico UE per il contrasto alla criminalità 2014-2017 (40) – Il ciclo programmatico è una metodologia adottata nel 2010 dall'Unione europea (UE) per affrontare le principali minacce della criminalità che colpiscono l'UE. Tra le priorità di questo ciclo c’è la lotta alla «Produzione e distribuzione di merci contraffate che violano le normative in materia di salute, sicurezza e prodotti alimentari e merci che non soddisfano le norme stabilite»;
• Il 10 dicembre 2012 il Consiglio ha adottato il nuovo piano di azione doganale dell'UE in materia di lotta contro le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale per il periodo 2013-2017. Gli obiettivi strategici di questo piano di azione sono i seguenti:
a) applicare e controllare in modo efficace la nuova normativa dell'UE sulla tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali;Pag. 45
b) contrastare gli scambi di merce che violano i diritti di proprietà intellettuale lungo tutta la catena di approvvigionamento internazionale;
c) contrastare le principali tendenze negli scambi di merci che violano i diritti di proprietà intellettuale;
d) rafforzare la cooperazione con l'Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale e le autorità di contrasto.
• Approccio «Follow the Money» La Commissione Europea ha adottato una comunicazione (COM(2014) 392/2) avente ad oggetto un piano d'azione volto ad incrementare le misure di tutela contro le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale nel territorio dell'Unione. La nuova strategia – che mira a contrastare le violazioni su scala commerciale – si compone di dieci azioni che coinvolgono direttamente il settore privato e si fondano sull'approccio c.d. «follow the money», allo scopo di privare i trasgressori su scala commerciale dei loro flussi di entrate. L'approccio «follow the money» è stato anche oggetto del «Memorandum of Understanding sul contrasto alla pirateria su internet» siglato ad inizio mese tra IAB (Interactive Advertising Bureau), Fpm (Federazione contro la Pirateria musicale e Multimediale) e Fapav (Federazione per la Tutela dei contenuti Audiovisivi e Multimediali). (41)
1.8.4 Considerazioni conclusive.
La succinta rappresentazione del quadro comunitario vigente consente sin da ora di sottolineare che, pur in presenza di una avanzata legislazione in materia di proprietà industriale e diritto d'autore, il tema della lotta alla contraffazione sia tuttora ad uno stadio iniziale e necessiti un più compiuto assetto.
Mentre, infatti, la regolamentazione sostanziale dei diritti in argomento risulta prossima ad un assetto efficace, le disposizioni in materia di contrasto al fenomeno della contraffazione risultano assai limitate e riguardano principalmente l'attività delle dogane e le iniziative dell'Osservatorio. Ciò appare particolarmente negativo per la guerra alla contraffazione, attesa soprattutto la caratteristica transnazionale di questo illecito.
Sullo sfondo resta, inoltre, la problematica del made in, che, pur non riguardando in senso stretto la contraffazione, appare vitale per la tutela del nostro sistema produttivo di fronte al fenomeno dell’italian sounding.
Su questa tematica, così come sul quadro del contrasto a livello internazionale, questa Commissione intende tornare con una specifica relazione in una fase ulteriore dei propri lavori.
2. LA TUTELA PENALE PER LA LOTTA ALLA CONTRAFFAZIONE
La Commissione nel primo anno di attività ha inteso approfondire alcuni temi di carattere generale che interessano i vari settori della contraffazione, tra i quali di particolare rilevanza vi è quello dell'efficacia degli strumenti di tutela penale che l'attuale assetto normativo fornisce per contrastare il fenomeno. La Commissione ha poi condotto una serie di approfondimenti su specifici filoni produttivi e merceologici oggetto di contraffazione.
In materia penale questa relazione intende analizzare i problemi, sia di natura sostanziale che processuale, che la Commissione ha avuto modo di approfondire nel corso del primo anno di attività.
A tal fine, partendo da un ciclo di audizioni introduttive sui temi generali (42) , la Commissione, dopo una comunicazione sulla tutela penale svolta dal Presidente della Commissione il 5 marzo 2015, ha successivamente condotto un approfondimento su tali temi, anche congiuntamente all'esame dei problemi interessanti i singoli settori produttivi, con l'audizione dei rappresentanti delle principali Procure della Repubblica impegnate nel contrasto alla contraffazione, dei rappresentanti delle forze dell'ordine e delle istituzioni coinvolte. (43)
Per analizzare l'efficacia della legislazione nazionale in ambito penale per la lotta alla contraffazione si ritiene necessario partire dall'approfondimento della tipologia dei beni giuridici oggetto di tutela, valutando l'offensività concreta delle fattispecie di contraffazione; di Pag. 47 seguito si analizzeranno le singole fattispecie incriminatrici esistenti, mettendo in luce la complessità del quadro normativo esistente, determinata anche dalla stratificazione nel tempo di norme successive, e l'assenza di una previsione specificatamente indirizzata al contrasto dei fenomeni di contraffazione organizzata in ambito non solo nazionale ma internazionale.
2.1 I diritti oggetto di tutela.
2.1.1 Con riferimento ai diritti di carattere patrimoniale le opere dell'ingegno umano sono classificabili in due categorie:
a) Opere dell'ingegno creativo (opere letterarie, organigrammi, schemi organizzativi, spettacoli teatrali e televisivi, fotografie, quadri, progetti di architettura, ecc.), tutelate dalla legislazione sul diritto d'autore.
Sono disciplinati dalla legge sul diritto d'autore 22 aprile 1941, n. 633, come modificata dal D.Lgs 9 aprile 2003, n. 68 e dal D.Lgs. 16 marzo 2006, n. 140 che, agli artt. da 171 a 174-quinquies, prevede una articolata serie di fattispecie penali, strutturate e peraltro come reati sussidiari a quelli del codice penale.
b) Diritti di proprietà industriale, distinti in Segni distintivi (marchio, ditta, insegna, denominazione d'origine, ecc.), tutelati con la registrazione, e Innovazioni tecniche e di design (invenzioni, modelli industriali, varietà vegetali, ecc.), tutelati con la brevettazione. Entrambe le fattispecie sono disciplinate dal D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 «Codice della proprietà industriale» e tutelate penalmente dal codice penale e da leggi speciali.
Gli articoli 1 e 2 del Codice della Proprietà Industriale (CPI) individuano i diritti di proprietà industriale con la seguente tipologia:
Diritti oggetto di registrazione:
• marchi;
• disegni e modelli;
• topografie dei prodotti a semiconduttori.
Diritti protetti, ricorrendone i presupposti di legge:
• altri segni distintivi diversi dal marchio registrato;
• informazioni aziendali riservate;
• indicazioni geografiche;
• denominazioni di origine.
Diritti oggetto di brevettazione:
• invenzioni, comprese quelle biotecnologiche;
• modelli di utilità;
• nuove varietà vegetali.
In tale ambito, a seconda che si tratti di registrazione o di brevettazione, rientrano tutti i settori merceologici, compreso anche il settore agroalimentare.
In particolare gli articoli 29 e 30 del CPI si riferiscono alle indicazioni geografiche (disciplinate prima dal Regolamento 2082/92, e poi dal Regolamento 1151/2012 che tutela l’indicazione geografica Pag. 48 protetta (IGP), quando l'intero processo produttivo non deve necessariamente avvenire all'interno di un'area geografica ben definita, ma si tratta di prodotti finiti che presentano un legame geografico, in termini di qualità e/o reputazione, anche solo ad una particolare fase dell'intero ciclo produttivo) e alle denominazioni di origine (disciplinate prima dal Regolamento UE 2081/92, e poi dal Regolamento 1151/2012 che tutela la denominazione di origine protetta (DOP) per garantire i prodotti la cui qualità e intero ciclo produttivo – dalla produzione della materia prima all'ottenimento del prodotto finito – dipende in maniera essenziale od esclusiva da un ambiente geografico, con l'uso di una denominazione esclusiva in grado di identificare e distinguere il prodotto in questione dalla categoria generica di appartenenza).
Da quanto esposto emerge la considerazione che una tutela penale più omogenea di quella attualmente esistente potrebbe avere a riferimento i beni giuridici individuati dal CPI e che tale connotazione sarebbe idonea a riguardare sia i segni distintivi delle aziende che i prodotti nel settore agroalimentare.
2.1.2 Oltre ai diritti di proprietà industriale e ai diritti d'autore c’è un terzo filone di tutela, anche penale: la tutela del Made in Italy.
Di esso la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo è chiamata ad occuparsi, per espressa indicazione della delibera istitutiva 25 settembre 2013, ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e 4, che attribuiscono alla Commissione anche la competenza in tema di Made in Italy e sulla produzione illegittima di merci che, senza violare direttamente marchi o modelli, ne imitano in maniera tendenziosa o confusiva l'aspetto.
Come detto nel capitolo 1 quando le produzioni italiane non sono tutelate da un marchio, e dal punto di vista giuridico non sussiste un diritto di proprietà industriale, può determinarsi una grave penalizzazione economica per l'industria manifatturiera nazionale, ed un inganno per i consumatori inconsapevoli, dall'impiego improprio di indicazioni che attribuiscono un'origine italiana a prodotti che non possono vantarla.
Di tale materia, rubricata come Italian sounding, di grande difficoltà da disciplinare in sede nazionale per l'interferenza del tema con il diritto comunitario, si parlerà successivamente. Qui basti accennare che va colta la tendenza del legislatore degli ultimi anni che ha inteso prevedere una tutela penale anche a difesa del Made In Italy, nelle forme che siano tecnicamente sostenibili rispetto ai parametri della legislazione comunitaria.
2.2 Caratteristiche della tutela penale nell'ordinamento vigente.
Diversi sono i problemi che concernono la tutela penale in tema di contraffazione, che sono così sinteticamente riassumibili, anche sulla base dei contributi forniti dagli interlocutori della Commissione nelle citate audizioni:
• vi è innanzitutto un problema di collocazione sistematica delle norme nel codice penale, in quanto alcune fattispecie sono inserite nel titolo VII Delitti contro la fede pubblica, tra i reati di falso, e altre sono collocate nel titolo VIII Delitti contro l'economia pubblica, l'industria Pag. 49 e il commercio, tra i reati contro industria e commercio; (44) in realtà la contraffazione è per definizione un fenomeno plurioffensivo. I soggetti danneggiati sono molteplici: le aziende e le imprese titolari di diritti patrimoniali legati alle opere dell'ingegno umano (diritti d'autore per le opere creative e diritti di proprietà industriale per i segni distintivi delle aziende e dei prodotti oppure per innovazioni tecniche oggetto di brevettazione); i consumatori inconsapevoli che acquistano, anche se a prezzi vantaggiosi, prodotti di bassa qualità ma potenzialmente dannosi per la salute; il mercato e la concorrenza che devono fronteggiare un'invasione di prodotti illeciti che sottraggono fette di mercato alla produzione e allo smercio di prodotti legali, determinando una riduzione dei fatturati aziendali e del PIL nazionale; il mondo del lavoro, per la perdita di posti di lavoro, l'incentivazione ai fenomeni di lavoro nero, tema rilevante anche per i profili della sicurezza sul lavoro; lo Stato, per i mancati introiti fiscali e la salvaguardia dell'ordine e della sicurezza pubblica. Tale caratteristica deve essere considerata per quanto riguarda non solo la collocazione sistematica dei reati all'interno del codice penale, poiché l'aspetto della tutela della fede pubblica non appare oggi prioritario rispetto alla dannosità economica e sociale di tali comportamenti, ma anche perché la plurioffensività può paradossalmente risolversi nel configurare questo reato come una fattispecie «senza vittima o senza persona offesa», da cui consegue l'allocazione di minori risorse per il contrasto del fenomeno (45) ;
• vi è poi un problema di armonizzazione tra le fattispecie previste dal codice penale e quelle contenute in leggi speciali, sia la legge sul diritto d'autore che le leggi volte alla tutela del Made in Italy, con l'ulteriore esigenza di coordinare le fattispecie di reato con quelle di illecito amministrativo previste da tali leggi speciali;
• un altro fattore critico è dato dall'esistenza di un numero di fattispecie di reato in tema di contraffazione davvero considerevole, con stratificazioni che sono l'effetto di successive novellazioni legislative motivate anche dall'intento di assicurare tutela ai diversi settori merceologici ma che spesso hanno determinato incoerenze normative, con il risultato di rendere poco o nulla applicate talune fattispecie e di diminuire l'efficacia del contrasto ai fenomeni criminosi (46) ;
• un aspetto di particolare rilevanza è quello della stessa configurazione delle fattispecie del codice penale che, essendo state introdotte negli anni ’30 si riferivano ad un contesto ove la contraffazione era un fenomeno nazionale o addirittura locale e non potevano prevedere lo sviluppo odierno legato alle filiere sovranazionali della contraffazione: di qui la mancanza di differenziazione efficace tra responsabilità marginali, quali quelle degli ambulanti o dei piccoli produttori su scala locale, e le responsabilità per una contraffazione svolta in modo organizzato e di derivazione internazionale, come settore di attività della criminalità organizzata;Pag. 50
• un'altra caratteristica che riguarda le norme esistenti è quella di un'insoddisfacente formulazione delle fattispecie esistenti, che spesso non hanno tenuto conto delle modifiche legislative, anche di derivazione comunitaria nel frattempo intervenute per definire i beni giuridici oggetto di tutela (si pensi al Codice della Proprietà Industriale o alla legislazione del Made in Italy) che non è coordinata con le norme comunitarie;
• un trattamento sanzionatorio con limiti contenuti di pena edittale, salva l'ipotesi di cui all'articolo 474-ter; l'effettività della tutela in sede giudiziaria non è particolarmente elevata, atteso che nei ruoli delle udienze dei tribunali i reati di contraffazione sono necessariamente posposti a reati con limiti di pena edittale maggiore;
• devono essere infine considerati i presumibili effetti del recente decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28 per l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, visti i limiti di pena edittale riguardanti tutte le fattispecie di reati di contraffazione, ad esclusione dell'articolo 474-ter.
Per effetto di tutti questi fattori l'efficacia degli strumenti di tutela penale, pur a fronte del costante impegno delle forze dell'ordine e della magistratura nel contrasto alla contraffazione, rischia di non essere pienamente adeguata, come emerso nel corso delle citate audizioni presso la Commissione. Per un approfondimento di questi ed altri profili si rinvia alle audizioni con gli esponenti delle Procure di Roma, Milano, Napoli, Firenze, Prato, Siena e Trani e ai relativi Resoconti stenografici disponibili nel sito internet della Commissione (47) .
2.3 Prospettive di una nuova sistematica delle sanzioni penali in tema di contraffazione
Uno dei problemi citati è quello della collocazione delle fattispecie in due diversi titoli (VII e VIII) del Libro II del codice penale.
L'attuale sistematica del codice penale in tema di contraffazione risale agli anni trenta, ed è stata successivamente integrata da numerose modifiche tra le quali significativa quella recata dall'articolo 15 della legge 23 luglio 2009, n. 99, che ha modificato o aggiunto gli artt. 473, 474, 474-bis, 474-ter, 474-quater, 517, 517-ter, 517-quater e 517-quinquies, mantenendo l'impostazione di fattispecie rispettivamente collocate tra i delitti contro la fede pubblica e delitti contro l'industria e il commercio.
La collocazione degli art. 473 e segg. tra i delitti contro la fede pubblica aveva dato luogo in passato a un rilevante problema di interpretazione giurisprudenziale, in quanto, trattandosi di reati di falso, è stata a volte ritenuta la non punibilità dei c.d. falsi palesi, qualora i manufatti illegittimi fossero tali da non poter indurre in inganno i consumatori.
Nell'applicazione giurisprudenziale iniziale del codice Rocco era stata ritenuta in alcuni casi la non punibilità per comportamenti che per le caratteristiche rozzamente imitative dei prodotti contraffatti commercializzati fossero non suscettibili di trarre in inganno i consumatori. Pag. 51 Al caso dei prodotti rozzamente imitati erano assimilabili le ipotesi di c.d. falso d'autore, in cui i consumatori, per effetto di esplicita dichiarazione degli stessi venditori dei prodotti, accettano consapevolmente l'acquisto di prodotti falsi, per lucrare sulle condizioni di prezzo.
La Cassazione, peraltro, ha superato da tempo questa impostazione.
È vero, peraltro, che l'offensività di questi reati non è tanto o solo la fede pubblica ma una pluralità di beni (interessi economici delle aziende, tutela della concorrenza e del consumatore, danni all'economia e all'erario, ecc.), che li contraddistinguono sostanzialmente come una branca dei reati economici, aventi carattere plurioffensivo.
Inoltre la sussistenza di reati di contraffazione collocati in due parti diverse del codice penale appare suscettibile di superamento se si fa riferimento ai beni giuridici tutelati, ossia i diritti di privativa industriale, nel cui ambito logico si collocano i segni distintivi dell'azienda e dei prodotti.
In questo senso l'attuale sistematica del codice penale è oggettivamente molto complessa e di difficile interpretazione in quanto:
• i delitti contro la fede pubblica di cui agli articolo 473 e segg. sanzionano violazioni ai diritti di proprietà industriale;
• i delitti contro l'industria e il commercio di cui agli artt. 517 e segg. sanzionano violazioni a beni giuridici eterogenei, tra cui sono ricompresi:
ancora una volta violazioni ai diritti di proprietà industriale, con fattispecie di minore gravità rispetto a quelle degli artt. 473 e segg: vendita di prodotti con segni mendaci ovvero usurpazione di titoli di proprietà industriale – fabbricazione, uso o vendita diversi dalla contraffazione;
violazioni alle opere dell'ingegno (tutelate dalla legge sul diritto d'autore);
contraffazione concernente prodotti agroalimentari (vendita e produzione). In realtà la tutela di tali prodotti si sostanzia nelle indicazioni geografiche e nelle denominazioni di origine, che sono anch'essi diritti di privativa industriale.
I medesimi beni giuridici, per effetto di tale sistematica, sono quindi contemplati da norme diverse, anche perché le fattispecie sono state moltiplicate in ragione della tipologia merceologica, pur essendo i comportamenti delittuosi e gli stessi beni giuridici in parte coincidenti.
La presenza di due sedi diverse nel codice penale ove inserire i reati contro la contraffazione ha inoltre incentivato la moltiplicazione delle fattispecie, con un processo di stratificazione nel tempo delle norme per effetto di successive novelle legislative, producendo risultati negativi rispetto all'obiettivo di accrescere l'efficacia degli strumenti a disposizione della lotta alla contraffazione.Pag. 52
Per operare una semplificazione in materia ed omogeneizzare la tutela non in ragione dei settori merceologici ma dei diritti tutelati una soluzione possibile è quella di unificare le fattispecie di contraffazione collocandole tutte nel Titolo VIII Delitti contro l'industria e il commercio riguardanti l'industria e il commercio e destinato a tutelare i diritti di proprietà industriale, individuando i beni tutelati ai sensi del Codice della proprietà industriale (CPI).
Tale soluzione consentirebbe inoltre di semplificare il quadro normativo, stante la pluralità di norme esistenti e risolvere i problemi nella formulazione delle varie fattispecie che si esaminano nel punto seguente.
L'accorpamento in poche norme della pluralità di fattispecie oggi esistenti, potrebbe determinare una razionalizzazione della tutela penale nel settore e l'armonizzazione delle fattispecie previste nel codice con quelle previste da leggi speciali.
Inoltre tale intervento di razionalizzazione, secondo le linee esposte in precedenza, fornirebbe l'occasione di estendere la tutela penale nel senso sotto indicato.
1) Individuare i beni tutelati rifacendosi alle definizioni giuridiche esistenti nelle leggi di settore (CPI, Codice del consumo e LDA),a prescindere dai settori merceologici; rispetto alle fattispecie del c.p., come modificato dalla legge n. 99/2009, si pone un problema di raccordo con il codice della proprietà industriale per la definizione dei diritti oggetto di tutela. A fronte dell'organica disciplina normativa di carattere sostanziale contenuta nel CPI, sopra descritta, potrebbe essere preferibile, come migliore tecnica legislativa di redazione delle fattispecie penali, non riprodurre le singole fattispecie distinguendole per diritti soggetti a brevettazione o registrazione (articolo 473 e segg.) o per settore produttivo (articolo 517-quater riferito ai prodotti agroalimentari) – tecnica normativa che riporta nel testo della norma penale una descrizione incompleta o difforme rispetto al CPI – ma identificare la condotta sanzionata rinviando direttamente (o riproducendo esattamente), per quanto attiene alla individuazione dei beni giuridici tutelati, ossia i diritti di proprietà industriale, alla descrizione contenuta nel CPI. Tale rinvio consentirebbe di riferire le fattispecie incriminatrici a tutte le categorie merceologiche o settori produttivi, salvo eventualmente differenziare le pene a seconda della gravità o del bene oggetto di contraffazione.
2) Armonizzare le sanzioni penali, oggi diversificate, per la tutela dei diritti di proprietà industriale e delle opere dell'ingegno, nonché le norme relative alla tutela penale del Made in Italy; in effetti, a prescindere dai settori merceologici, le tre fattispecie essenziali meritevoli di sanzione penale sono quelle della violazione dei segni distintivi (marchi e brevetti, siano essi prodotti industriali, commerciali o del settore agroalimentare, tutelati dal CPI); delle opere dell'ingegno (tutelati dalla legge sul diritto d'autore); attività illecite riferite a beni non coperti da segni distintivi registrati, ma da etichettatura attestante la provenienza e il legame con il territorio (Made In).
Pag. 53 3) Creare un doppio binario nella tutela penale contro la contraffazione, differenziando nettamente, anche alla luce degli effetti del decreto legislativo 16 marzo 2015 n. 28, le ipotesi di contraffazione meno grave, in quanto episodica e locale, o legata a fenomeni di marginalità sociale (es. ambulantato di merce di valore minimo e senza alcun legame strutturato con le reti di distribuzione nazionale o internazionale), da quella ben più rilevante in termini economici e di pericolosità sociale in quanto condotta su base sistematica, organizzata, anche se non associativa, o avente effetti nocivi di particolare gravità, in quanto lesiva di beni giuridici primari e di rilevanza costituzionale, quali la salute dei consumatori o la sicurezza del lavoro, ovvero, infine, che rivestano particolare gravità economica, secondo criteri oggettivi (fatturato illegale prodotto nell'ambito dell'impresa illegale o criminale; entità dell'evasione fiscale accertata o presunta, ecc.).
Per la contraffazione di particolare gravità la fattispecie di cui all'art. 474-ter, oggi prevista come aggravante speciale, e che potrebbe essere trasformata in fattispecie di reato autonomo per le forme di contraffazione organizzata e sistemica, come si svilupperà in seguito, prevede già attualmente una pena edittale al di sopra del limite dei 5 anni.
4) Per completare il quadro normativo, nel senso di attribuire maggiore attenzione a tale ipotesi di contraffazione sistematica o organizzata, e consentire alla magistratura di disporre in tal caso di adeguati strumenti di indagine, nonché di strumenti di prevenzione, nonché di superare il problema della frammentazione delle indagini tra una pluralità di procure «circondariali», andrebbe valutato il ricorso anche in tale caso all'attribuzione della competenza alle Procure distrettuali e l'applicabilità delle misure di prevenzione e dei poteri di indagine patrimoniale, già presenti nell'ordinamento per il solo caso di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati ex artt. 473 e 474 c.p.
Il legislatore con la novella del 2009 (48) ha infatti attribuito alle Direzioni distrettuali antimafia (D.D.A.) la competenza alle indagini per tali fattispecie di reato. Su questo tema controverso la Commissione ha acquisito significativi contributi in sede di audizione dei rappresentanti delle Procure, che hanno sottolineato la necessità di rivedere tale normativa, nel senso di attribuire invece la competenza alle Procure distrettuali e su cui si rinvia ai successivi punti 2.11 e 3.2. Qui interessa ricordare che il tema della competenza giurisdizionale esula dalle competenze della Commissione d'inchiesta e che la finalità che si intende perseguire è quello di consentire alla magistratura e alle forze dell'ordine di disporre dei rilevanti poteri di indagine e delle misure di prevenzione patrimoniali che appaiono necessarie per combattere le filiere internazionali legate alla criminalità organizzata coinvolte nella produzione e commercio di merce contraffatta.
5) Per le fattispecie di contraffazione meno grave, ferma restando la percorribilità della strada di strutturare le violazioni come illeciti amministrativi, potrebbero essere introdotte efficaci sanzioni amministrative a carattere interdittivo (confisca amministrativa della merce; chiusura degli esercizi commerciali o produttivi o sospensione o revoca delle licenze) che appaiono più idonee a combattere lo smercio al dettaglio e meno inflattive rispetto ai procedimenti penali.
Nei punti che seguono si illustrano le caratteristiche delle attuali fattispecie esistenti sia nel codice penale che nella legge sul diritto d'autore che nelle leggi speciali, e, a seguire, gli effetti derivanti dal decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
2.4 I delitti contro la fede pubblica del C.P. (artt. 473, 474, 474-bis, 474-ter, 474-quater, e 475)
Un tema da approfondire è quello della formulazione delle attuali fattispecie previste dal codice penale, la cui molteplicità e la complessità intrinseca delle norme suscitano numerosi problemi interpretativi e la disapplicazione sostanziale di alcune norme.
Ciò è dovuto alla stratificazione di norme succedutesi nel tempo, spesso reiterata, e alla scelta effettuata di differenziare le fattispecie per settori merceologici e non avendo per riferimento i beni giuridici oggetto di tutela.
Sei sono gli articoli riguardanti la contraffazione relativi ai segni distintivi della proprietà industriale in una sezione del codice penale dedicata alla repressione delle falsità, categoria ampia che comprende ipotesi eterogenee quali la falsità in valori mobiliari (monete, carte di credito, bolli), la falsità in atti e le falsità personali.
Per la contraffazione delle monete e dei titoli mobiliari, tema rilevante, si rinvia ad un successivo approfondimento da parte della Commissione.
L’articolo 473 c.p. sanziona la contraffazione, alterazione o l'uso di marchi o di segni distintivi registrati di prodotti industriali (c. 1) o di brevetti, disegni o modelli industriali registrati (c. 2); l’articolo 474 c.p. sanziona, come reato sussidiario rispetto all'articolo 473, l'introduzione nello Stato di prodotti industriali con marchi o segni distintivi contraffatti o alterati (comma 1) ovvero la detenzione per la vendita, la messa in vendita o in circolazione (comma 2) di tali prodotti. Non è qui prevista la fattispecie dell'uso.
L’articolo 474-ter c.p. prevede l'aggravante per l'ipotesi di reati di contraffazione svolti, al di fuori delle ipotesi di reato di associazione a delinquere finalizzata a compiere tali attività, in modo sistematico o attraverso mezzi o attività organizzate.
Circa i problemi concernenti gli articoli 473 e 474 si segnala che:
• La formulazione dell'articolo 473, c. 1 equivale sostanzialmente a quella dell'articolo 517-quater relativa alla contraffazione o alterazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei Pag. 55 prodotti agroalimentari. Richiamando quanto detto circa la possibilità di individuare i diritti con riferimento al CPI, che contempla tra i diritti tutelati anche le indicazioni e le denominazioni, una formulazione della norma con riferimento alla contraffazione di tutti i prodotti tutelati «ai sensi dell'articolo 1 del Codice della Proprietà Industriale (CPI)» consentirebbe di unificare le due norme.
• Poiché i due commi dell'articolo 473 c.p. riproducono fattispecie simili, il primo riferendosi ai segni distintivi registrati ed il secondo ai brevetti e ai modelli industriali, i due commi potrebbero essere unificati facendo riferimento alla «contraffazione ed uso dei titoli di proprietà industriale registrati o brevettati».
• Nell'articolo 474, con evidente asimmetria, manca una sanzione per i comportamenti di introduzione o detenzione riferiti a prodotti oggetto di brevetto. La sanzione ex articolo 474, per comportamenti meno gravi (introduzione o detenzione) è in modo incongruo superiore a quello ex articolo 473 (produzione ed uso).
La fattispecie di maggiore applicazione potenziale è quella della contraffazione sistematica o organizzata, ex articolo 474-ter, configurata come circostanza aggravante ad effetto speciale, in quanto prevede una pena da 2 anni a 6 anni oltre alla multa da 5.000 a 50.000 euro. (49)
Tale ipotesi è applicabile ai casi di maggiore pericolosità, in uno scenario ove i legami internazionali e con la criminalità organizzata, che riforniscono di merce contraffatta i distributori, sono ormai la regola e rivestono un elevato grado di pericolosità.
È su tale fattispecie che si potrebbe operare per sviluppare il criterio del doppio binario tra contraffazione episodica e contraffazione ad elevata pericolosità.
Il doppio binario in tema di reati di contraffazione in effetti è già esistente.
Alla fattispecie di cui all'articolo 474-ter, infatti, a differenza di tutte le altre fattispecie di reati di contraffazione, non è applicabile la causa di non punibilità per tenuità del fatto di cui al citato decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, stanti i limiti edittali di pena da 2 a 6 anni per le ipotesi aggravate riferite all'articolo 473 e 474, primo comma e la previsione dell'esclusione dall'ambito di applicazione della norma per le circostanze ad effetto speciale.
Si ricorda poi, sul piano processuale, che nel caso di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati ex articolo 473 e 474 (che non è il caso dell'articolo 474-ter che infatti si applica al di fuori del caso di associazione a delinquere) sono applicabili sia le misure di prevenzione che le indagini patrimoniali «antimafia» previste dall'articolo 4, comma 1, lett. b) del Codice delle leggi antimafia, essendo attualmente prevista la competenza delle D.D.A. nell'ambito delle procure distrettuali, ex articolo 51, comma 3-bis c.p.p., a sua volta richiamato dall'articolo 102 del citato Codice. La questione della competenza delle D.D.A. in materia stata oggetto di Pag. 56 rilievi in sede di audizioni in Commissione. Sul punto si rinvia a successivi punti 2.11 e 3.2. Qui preme rilevare che un'eventuale estensione di tali poteri anche al caso in cui ricorra la fattispecie di cui all'articolo 474-ter, anche qualora la competenza sia assegnata alle Procure distrettuali, anticipando in questa sede la considerazione di cui al successivo punto 2.11, circa l'opportunità di trasformare tale fattispecie in reato autonomo per la contraffazione sistematica ed organizzata, potrebbe consentire di realizzare una chiara differenziazione tra contraffazione ad elevata pericolosità e contraffazione episodica.
In tale ottica andrebbe valutata la riformulazione della norma integrando le ipotesi di aggravanti oggi indicate nell'articolo 474-ter (sistematicità ed organizzazione) con altre ipotesi di grave nocività sociale consistenti nella lesione, attraverso i comportamenti contraffattivi, non solo degli interessi economici delle aziende parte offesa del reato, ma anche di beni giuridici primari e di rilevanza costituzionale diversi, quali la salute dei consumatori o la sicurezza del lavoro, ovvero, la particolare dannosità economica dei comportamenti, da definire secondo criteri oggettivi (numero delle violazioni in caso di reiterazione dei comportamenti; fatturato illegale prodotto; entità dell'evasione fiscale accertata o presunta, ecc.).
2.5 I delitti contro l'industria e il commercio del C.P. (artt. 514, 517, 517-bis, 517-ter, 517-quater, 517-quinquies e 518)
Il titolo VIII del Libro II del codice penale concerne i delitti contro l'industria e il commercio. In tema di contraffazione vi è una pluralità di norme introdotte con successive novelle legislative, secondo il criterio di specificare i settori merceologici oggetto dei fenomeni illeciti, pur essendo le fattispecie delittuose sostanzialmente analoghe a quelle di cui agli artt. 473 e 474.
In questa sede ci si sofferma particolarmente sulle fattispecie di cui gli artt. 517 e successivi, specificamente riferibili a fattispecie di contraffazione.
Si prescinde dall'art. 514, che sanziona le frodi contro le industrie nazionali, con la messa in vendita o in circolazione di prodotti industriali con nomi, marchi o segni distintivi, che appare una norma desueta legata al concetto di interesse economico nazionale proprio del periodo di approvazione del codice Rocco e che potrebbe essere abrogata.
La norma originariamente prevista in tema di contraffazione in questa sezione del codice è quella dell’articolo 517, che punisce con la reclusione fino a due anni e la multa fino a 20.000 euro la vendita di prodotti industriali con segni mendaci.
Rispetto alla tutela assicurata dagli articolo 473 e 474 tale norma si riferisce all'ipotesi di marchi e altri segni distintivi anche non registrati, ed è stata resa applicabile alla tutela del Made In Italy in forza di riferimenti normativi successivi. All'articolo 517 c.p. fanno infatti riferimento l'articolo 4, comma 49 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004) e l'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 135/2009-L. n. 166/2009 in tema di tutela del made Pag. 57 in Italy, sul quale si rinvia al punto 2.8. L'articolo 517-bis prevede un'aggravante se i fatti sono riferiti ad alimenti o bevande con denominazione di origine o specificità protette.
L'articolo 517-ter sanziona, in via sussidiaria rispetto agli artt. 473 e 474, la fabbricazione e l'uso industriale di beni realizzati usurpando un titolo di proprietà industriale o in violazione dello stesso, ovvero la condotta di chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in circolazione tali beni. Si tratta di una fattispecie riconducibile alla fattispecie commerciale dell'imitazione servile di un prodotto e più in generale all'utilizzo improprio di beni tutelati dai diritti di proprietà industriale, senza contraffazione dei segni distintivi. Non si tratta quindi contraffazione di segni distintivi ma dell'usurpazione dei titoli di proprietà industriale sotto forma di abuso di marchi legittimi ovvero di imitazione per confusione o imitazione servile. È un tema riconducibile anche al fenomeno rilevante ed estremamente dannoso del c.d. Italian sounding, ovvero della realizzazione di prodotti ad imitazione sostanziale di merci italiane, senza tuttavia contraffazione di segni distintivi dell'azienda o dei beni, ma con imitazione servile o per confusione delle merci.
L’articolo 517-quater riguarda la contraffazione o alterazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, ovvero, al fine di trarne profitto, l'introduzione in Italia, la detenzione per la vendita o la messa in vendita con offerta diretta ai consumatori o l'immissione in circolazione. Si tratta in realtà di una norma analoga nella fattispecie a quella dell'articolo 473 ma riferita al settore merceologico dei prodotti agroalimentari.
Sul punto valgono le considerazioni fatte con riferimento ai delitti contro la fede pubblica e sulla possibilità di razionalizzare il quadro normativo.
Infatti:
A. L’articolo 517 potrebbe essere più chiaramente distinto rispetto alle fattispecie di cui agli artt. 473 e 474, riformulandola come riferita espressamente non ai segni distintivi ma al falso «Made in Italy», all’italian sounding ed alle altre forme di imitazione servile, risolvendo tra l'altro il difficile quadro normativo marcato dalle leggi speciali in materia.
B. La formulazione dell'articolo 517-ter appare di difficile lettura. Le fattispecie di imitazione servile, se di questo si tratta, potrebbero essere facilmente unificate con quelle di cui all'articolo 517.
C. L’articolo 517-quater, per effetto di stratificazioni di norme, risulta già previsto come aggravante per effetto dell'articolo 517-bis che si riferisce a fatti concernenti alimenti o bevande; di fatto, si tratta della medesima fattispecie di cui agli artt. 473 e 474, dal momento che tra i segni distintivi oggetto di tutela da parte del CPI vi sono anche le denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche riferite ai prodotti agroalimentari. L'esigenza di tutela di tali prodotti, come detto in precedenza, potrebbe esser soddisfatta formulando l'articolo Pag. 58 473, spostato tra i delitti del Titolo VIII, come riferito a tutti i diritti tutelati dal CPI. In tutti questi casi lo spostamento degli articolo 473 e segg. nel capo II del Titolo VIII potrebbe contribuire a semplificare e chiarire la materia, rendendo più efficace la tutela penale.
Un'ulteriore riflessione andrà condotta nel prosieguo dei lavori della Commissione sul tema delle frodi in commercio, di cui agli artt. 515 e segg. c.p., che riguardano al di fuori del profilo delle contraffazioni il settore della commercializzazione di prodotti agroalimentari non genuini, di cui nel corso di audizioni in Commissione è stata osservata la non adeguata corrispondenza alla necessità di punire frodi condotte in modo sistematico e organizzato.
2.6 La legge sul diritto d'autore
La tutela penale in tema di diritto d'autore è disciplinata dalla legge 22 aprile 1941, n. 633 (LDA) e successive modifiche, essenzialmente il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 68 e il D.Lgs16 marzo 2006, n. 140.
Il diritto d'autore è l'insieme dei diritti patrimoniali e morali relativi alle opere dell'ingegno di carattere creativo in letteratura, musica, arti figurative, architettura, teatro e cinematografia, programmi per elaboratore (ai sensi della Convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie ed artistiche di cui alla legge 20 giugno 1978, n. 399), e banche dati che costituiscano una creazione intellettuale dell'autore.
2.6.1 Il fenomeno della pirateria delle opere dell'ingegno lede il diritto di utilizzazione economica dell'opera (articolo 13 e segg.) che dura per tutta la vita dell'autore e fino a 70 anni dalla sua morte (articolo 25). Rientrano in tale diritto la riproduzione, l'esecuzione, rappresentazione, recitazione o lettura pubblica dell'opera, la diffusione al pubblico, il noleggio, la distribuzione e l'elaborazione.
In tema di pirateria digitale e informatica, la cui rilevanza appare crescente rispetto alla fenomenologia economica del mondo odierno, i fenomeni sono diversi:
a) per pirateria domestica si intende la duplicazione e l'uso domestico di programmi, musica o video in ambito domestico, tramite masterizzazione e divulgazione del materiale ad una cerchia ristretta di persone, per lo più di ambito familiare o assimilabile. Le normative nazionali dei Paesi U.E. che hanno recepito la normativa comunitaria, non sono omogenee, perché in alcuni casi è stata stabilita la liceità della copia personale, ed in altri casi l'illiceità di clausole della licenza d'uso eventualmente in contrasto con tale pratica.
b) per underlicensing si intende la violazione delle condizioni di licenza, installando software in un numero maggiore di copie rispetto a quante consentite nella licenza stessa (frequente nelle aziende o in organizzazioni che richiedono l'utilizzo di più computer); l’hard disk loading è la prassi nella quale aziende addette alla vendita di computer installano software piratati su tali PC per allettare gli acquirenti;Pag. 59
c) per pirateria tramite internet si intende la vendita o messa a disposizione gratuita di programmi non originali di cui è possibile il download da parte dell'utente senza averne titolo, in forme diverse: siti web che consentono lo scambio libero e gratuito di software attraverso download e upload, reti peer to peer per scaricare programmi in violazione del copyright, aste on-line che offrono software a basso prezzo, ecc.
d) per contraffazione del software si intende la produzione e vendita di copie illecite dei prodotti, a volte imitandone confezionamento e packaging degli originali (confezioni, manuali, contratti di licenze, etc).
2.6.2 Ai sensi dell'articolo 173 LDA la tutela penale si applica qualora il fatto non rientri in una delle ipotesi di reato più grave già previste dal codice penale.
In particolare l'articolo 517 c.p. sanziona la vendita o la messa in circolazione di opere dell'ingegno con segni mendaci, ossia con nomi, marchi o segni distintivi atti ad ingannare il compratore sull'origine, provenienza o qualità, con la reclusione sino a due anni e la multa sino a 20.000 euro.
a) L'articolo 171 LDA sanziona (multa da lire 100.000 a lire 4.000.000) chi, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma riproduce, diffonde, vende o mette in vendita o in commercio un'opera altrui, o introduce e mette in circolazione esemplari prodotti all'estero in violazione della legge italiana, ovvero immette in un sistema di reti telematiche un'opera dell'ingegno protetta, o parte di essa.
b) L'articolo 171-bis, punisce (reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da 5 a 30 milioni di lire) chi per trarne profitto duplica programmi per elaboratore, ovvero svolge attività di importazione, distribuzione, vendita, detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale o concessione in locazione di programmi su supporti senza marchio SIAE; ovvero chi rimuove arbitrariamente o elude i dispositivi di protezione di un programma per elaboratori (la reclusione non è inferiore nel minimo a due anni e la multa a lire 30 milioni se il fatto è di rilevante gravità).
c) L'articolo 171-ter, comma 1, punisce (reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da 5 a 30 milioni di lire) chi a fini di lucro e per uso non personale duplica o svolge attività analoghe a quella di cui al punto precedente, opere dell'ingegno nel settore audio-visivo.
d) l'articolo 171-ter, comma 2, è la fattispecie di maggiore applicazione pratica in sede processuale, e sanziona con la reclusione da 1 a 4 anni e la multa da 5 a 30 milioni di lire le fattispecie di maggiore gravità legati alla pirateria in forma imprenditoriale:
• riproduzione, duplicazione, vendita, messa in commercio o importazione abusiva, di oltre 50 copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore (lett. a));Pag. 60
• immissione di opere in reti elettroniche per la comunicazione al pubblico, a fini di lucro (lett. a-bis);
• esercizio in forma imprenditoriale delle ipotesi di cui sopra (lett. b);
• promozione o organizzazione di tali attività (lett. c).
2.6.3 Nella LDA particolare attenzione è data alle sanzioni accessorie, che sono applicate in caso di condanna:
• pubblicazione della sentenza;
• interdizione dall'attività industriale o commerciale (articolo 30 c.p.);
• interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche (articolo 32-bis c.p.).
Inoltre per tali reati l'articolo 171-sexies consente all'autorità giudiziaria di ordinare la distruzione del materiale sequestrato di difficile custodia, e prevede la confisca obbligatoria degli strumenti e dei materiali serviti o destinati a commettere i reati, nonché delle videocassette e degli altri supporti multimediali o informatici abusivi o non provvisti di contrassegno SIAE, anche se i beni appartengono ad un terzo, nel cui interesse abbia agito uno dei partecipanti al reato.
2.6.4 Accanto alla tutela penale sono previste anche sanzioni amministrative cumulative a quelle penali, modulate a seconda della gravità dei fatti:
a) l'articolo 174-bis prevede l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio del prezzo di mercato dell'opera o del supporto oggetto della violazione, in misura comunque non inferiore a euro 103,00, per ogni violazione e per ogni esemplare abusivamente duplicato o riprodotto. Vi è un indubbio concorso esistente tra le violazioni di cui ai citati articoli 171-bis (reato) e 174-bis (Illecito amministrativo). Va ricordato al proposito il tema del doppio giudizio penale e amministrativo rispetto al principio del ne bis in idem, trattato nella sentenza 4 marzo 2014 della Corte EDU, Sezione II (ricorsi Grande Stevens e altri c. Italia – n. 18640/10 e altri), che ha condannato l'Italia per violazione dell'articolo 4 del Protocollo n. 7 (5) alla Convenzione, che stabilisce il diritto a non essere giudicati due volte per lo stesso reato.
b) Per quanto riguarda l'uso o la duplicazione abusiva di opere o materiali protetti, o l'acquisto o il noleggio di supporti audio o video, informatici o multimediali non conformi, o di attrezzature o prodotti atti ad eludere misure di protezione tecnologiche l'articolo 174-ter, se il fatto non concorre con i reati suindicati, prevede la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 154 e le sanzioni accessorie della confisca del materiale e della pubblicazione del provvedimento su un giornale quotidiano a diffusione nazionale, la confisca del materiale. In caso di recidiva o di fatto grave per la quantità delle violazioni o Pag. 61 delle copie acquistate o noleggiate la sanzione pecuniaria è sino ad euro 1032,00, la confisca riguarda anche gli strumenti, la pubblicazione del provvedimento avviene su due quotidiani e in caso di attività imprenditoriale, la sanzione della revoca della concessione o dell'autorizzazione di diffusione radiotelevisiva o dell'autorizzazione per l'esercizio dell'attività produttiva o commerciale.
Il quadro normativo, fermo restando la validità del complesso, può essere oggetto di approfondimento per migliorare i testi vigenti, anch'essi interessati da fenomeni di stratificazione di norme e di non sufficiente chiarezza delle fattispecie; la scelta di avvalersi di misure accessorie ritenute efficaci oltre alle tradizionali pene detentive e pecuniarie, particolarmente, qualora fossero rivolte, all'interdizione o sospensione dell'uso dei mezzi di comunicazione telematica o via web, apparirebbe in linea con l'evoluzione del settore, ove la smaterializzazione dei supporti e la conseguente digitalizzazione spinge inevitabilmente al trasferimento dei fenomeni contraffattivi verso il web.
2.7 I reati previsti da leggi speciali
Continuando l'esame delle fattispecie di reato devono essere ricordate le normative speciali più rilevanti in materia: quelle relative alla tutela del Made in Italy, su cui si rimanda al punto 2.8, e la legge 14 gennaio 2013, n. 9 «Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini».
Si tratta di un quadro normativo che sollecita una riflessione sulla coerenza complessiva dell'impianto normativo penale in tema di contraffazione e circa l'efficacia degli strumenti a disposizione delle magistratura e delle forze dell'ordine.
2.7.1 L'importante legge 14 gennaio 2013, n. 9 «Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini» fa riferimento non alla definizione di Made in Italy, che ha posto problemi di compatibilità con il diritto comunitario, ma al criterio delle pratiche commerciali ingannevoli, previste dal D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 Codice del consumo (artt. da 21 a 23). L'articolo 4 del D. Lgs. definisce come pratica ingannevole:
• la presenza di indicazioni che, anche attraverso diciture, immagini e simboli grafici, evochino una specifica zona geografica di origine degli oli vergini di oliva non corrispondente alla effettiva origine territoriale delle olive;
• l'omissione di indicazioni rilevanti circa la zona geografica di origine degli oli di oliva vergini, tale da ingenerare la convinzione che le olive utilizzate siano di provenienza territoriale diversa da quella effettiva;
• l'attribuzione di valutazioni organolettiche agli oli di oliva diversi dagli oli extravergini in violazione delle norme comunitarie in materia.Pag. 62
Tali fattispecie non si riferiscono quindi alla contraffazione ma più ad ipotesi di Italian sounding.
La legge aggiunge un ventaglio di sanzioni penali al quadro normativo esistente, e nell'articolo 517-quater c.p. sanziona la contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
L'articolo 6 introduce un comma 49-quater all'articolo 4 delle legge n. 350/2003 in tema di Made in Italy, prevedendo:
• la punibilità a titolo di reato, sanzionato ai sensi dell'articolo 517 c.p. dell'ipotesi di fallace indicazione nell'uso del marchio già prevista come illecito solo amministrativo dal comma 49-bis, quando la fallace indicazione abbia per oggetto oli di oliva vergini;
• la confisca amministrativa del prodotto o della merce;
• un rinvio all'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 135/2009 – L. 166/2009 che prevede il reato dell’uso di indicazioni di vendita che presentino il prodotto come interamente realizzato in Italia, quali «100 per cento made in Italy», «100 per cento Italia», «tutto italiano», punito con le pene previste dall'articolo 517 c.p., aumentate di un terzo.
La legge prevede altre incisive tutele accessorie:
• L'applicazione della responsabilità penale delle persone giuridiche di cui al D.Lgs. n. 231/2001, a carico degli amministratori degli enti che operano nell'ambito della filiera degli oli vergini di oliva (articolo 12) nel caso si realizzino reati di contraffazione;
• la sanzione accessoria, nel caso di condanna per il delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (articolo 517-quater c.p.) concernente l'olio di oliva vergine, della pubblicazione della sentenza a spese del condannato su almeno due quotidiani a diffusione nazionale e del divieto per cinque anni di porre in essere qualsiasi condotta, comunicazione commerciale e attività pubblicitaria, anche per interposta persona, per la promozione di oli di oliva vergini (articolo 13, comma 2);
• la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza o di cui per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato rispetto al proprio reddito dichiarato o alla propria attività economica (articolo 14);
• il divieto di ottenere iscrizioni o provvedimenti comunque denominati, a contenuto autorizzatorio, concessorio o abilitativo, per lo svolgimento di attività imprenditoriali;
• il divieto di accesso a contributi o altri finanziamenti da parte dello Stato, enti pubblici o dell'Unione europea, per lo svolgimento di attività imprenditoriali (articolo 15).
Questa legge è stata oggetto di contenzioso con l'UE, tanto che essa è stata oggetto di recente modifica con l'articolo 18 della Legge europea 2013-bis (A.S. 1533, per rispondere ai rilievi formulati dalla Commissione europea nell'ambito della procedura EU Pilot n. 4632/13/AGRI).
2.7.2 Sempre nel settore agroalimentare è prevista una tutela sanzionatoria amministrativa, che si aggiunge alle fattispecie di reato già descritte (articolo 517-quater c.p) dall’articolo 1 del D.Lgs. 19 novembre 2004, n. 297, che disciplina le sanzioni amministrative pecuniarie riferite alle violazioni delle norme sulla protezione della indicazione geografica e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari, di cui al Regolamento UE 2081/92 (mancato assoggettamento al controllo della struttura di controllo; mancato ottenimento della certificazione di conformità; accertata violazione della disciplina di produzione, ecc.).
2.8 La tutela del Made in Italy
La difficoltà di assicurare tutela al Made In Italy nasce dal fatto che la normativa del «Made In» rientra nel divieto alle restrizioni alla libera circolazione delle merci, materia comunitaria.
La vicenda è all'attualità del dibattito nel Parlamento europeo, che nella scorsa legislatura, il 15 aprile 2014, ha adottato una proposta di direttiva dell'Unione europea per l'introduzione delle etichettature «Made In» sui prodotti non alimentari venduti sul mercato comunitario, introducendo più severe sanzioni per le imprese che non rispettano le norme di sicurezza e vendono prodotti potenzialmente pericolosi per i consumatori.
L'approvazione della direttiva comporterebbe per gli Stati membri l'adozione di un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti, allo scopo di assicurare la tracciabilità dei prodotti stessi attraverso l'indicazione del Paese di origine e dei luoghi in cui avvengono le successive fasi di lavorazione, garantendo in tal modo in modo molto più efficace le imprese e i consumatori. Ma l'iter di approvazione della direttiva si è arrestata in Consiglio, per l'opposizione della Germania e di Paesi del Nord Europa contrari all'introduzione di tale normativa.
Stante la prevalenza delle norme comunitarie sul diritto nazionale e la conseguente disapplicazione in sede giurisdizionale di norme italiane contrastanti con le normative UE, ogni norma nazionale che possa avere ad effetto l'introduzione di restrizioni quantitative vietate dall'articolo 28 (30) Trattato C.E. è suscettibile di essere esaminata in sede comunitaria per un eventuale contrasto con tale fonte sovraordinata.
Tale principio va attentamente considerato ed è alla base delle difficoltà che hanno incontrato i tentativi in sede nazionale di disciplinare in senso restrittivo la materia della tracciabilità e delle etichettature, con l'apertura di procedure d'infrazione da parte della Commissione europea.
L'Italia con la legge 8 aprile 2010, n. 55 Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri, Pag. 64 infatti, aveva istituito, su base unilaterale rispetto alla normativa comunitaria, un sistema di etichettatura per tutti i prodotti dei settori tessile, delle pelletterie e delle calzature con obbligo di indicazione dell'origine geografica della merce e la facoltà per l'imprenditore di utilizzare la dicitura "Made in Italy" se almeno due delle fasi di lavorazione fossero state svolte in Italia. Tale legge è però risultata inapplicabile.
L’etichettatura obbligatoria riguardava i prodotti finiti e intermedi, intendendosi per tali quelli che sono destinati alla vendita, nei settori tessile, della pelletteria e calzaturiero, per evidenziare il luogo di origine di ciascuna fase di lavorazione e assicurare la tracciabilità dei prodotti stessi. L'etichetta doveva contenere sinteticamente informazioni sulla conformità dei processi di lavorazione alle norme vigenti in materia di lavoro, garantendo il rispetto delle convenzioni OIL lungo tutta la catena di fornitura, una certificazione di igiene e di sicurezza dei prodotti, l'esclusione dell'impiego di minori nella produzione, il rispetto della normativa europea e ed internazionale in materia ambientale.
L'impiego dell'indicazione «Made in Italy» era riservata solo per i prodotti finiti per i quali le fasi di lavorazione avessero avuto luogo prevalentemente in Italia, se almeno due delle fasi di lavorazione per ciascun settore fossero state eseguite nel territorio italiano e se per le rimanenti fasi fosse verificabile la tracciabilità. In caso di non apponibilità dell'indicazione «Made in Italy», restava salvo l'obbligo di etichettatura con l'indicazione dello Stato di provenienza, nel rispetto della normativa comunitaria.
L'articolo 2 demandava a norme di attuazione, previa notifica ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, le caratteristiche del sistema di etichettatura obbligatoria e di impiego dell'indicazione «Made in Italy».
Per le violazioni l’articolo 3 prevedeva, salvo che il fatto costituisse reato, la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro, aumentata sino a due terzi per i casi di maggiore gravità, più il sequestro e la confisca delle merci. Per le imprese la sanzione amministrativa pecuniaria era da 30.000 a 70.000 euro, salvo aumento sino a due terzi per i casi di maggiore gravità e la sospensione dell'attività per un periodo da un mese a un anno; in caso di reiterazione della violazione si prevedeva la sospensione dell'attività per un periodo da un mese a un anno. La legge introduceva tuttavia una ipotesi di reato (alquanto indeterminata) nel caso di violazioni reiterate, con la reclusione da uno a tre anni e da tre a sette anni in caso di violazioni commesse attraverso attività organizzate.
Tale legge, i cui effetti sarebbero dovuti entrare in vigore il 1o ottobre 2010, a seguito della notifica del testo alla Commissione Europea, è stata oggetto (nota della Direzione Generale Commissione UE Impresa e Industria n. 518763 del 28 luglio 2010) di parere contrario circa la sua compatibilità con il diritto comunitario, per le restrizioni che avrebbe potuto causare alla concorrenza ed alla libera circolazione delle merci sul territorio europeo.Pag. 65
L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, con nota n. 119919/RU del 22 settembre 2010, ha precisato di non considerare applicabili nello svolgimento della propria attività di controllo le disposizioni della legge n. 55/2010 sino all'emanazione dei decreti attuativi.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, in data 30 settembre 2010 ha emanato una direttiva ritenendo inapplicabile la legge sino all'emanazione dei decreti attuativi, invitando le amministrazioni pubbliche interessate ad attenersi a questo indirizzo interpretativo.
Allo stato, quindi, l'unico fondamento normativo utilizzabile, è quello dell'articolo 24 del Regolamento (CEE) n. 2913/92 del 12 ottobre 1992 istitutivo del Codice doganale comunitario, che identifica il luogo di origine in quello ove è avvenuto l'intero processo produttivo, ovvero nel caso di lavorazioni svolte in più Paesi, in quello ove sia avvenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un'impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione.
Tale norma corrisponde, nel Regolamento UE n. 952/2013 che ha istituito il Codice doganale dell'Unione, adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 9 ottobre 2013 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale L. 269 il 10 ottobre 2013, la cui entrata in vigore è stabilita al 1o maggio 2016, con contestuale abrogazione del Reg. (CEE) n.2913/92, all'articolo 60 dell’Union Customs Code.
Ferma restando la necessità di tutelare il Made in Italy o l'agroalimentare con le sanzioni previste per tale ipotesi, chiarendo i dubbi circa l'opportunità di tutelarli con sanzioni amministrative o penali, il rapporto tra c.p. e norme penali speciali va chiarito e semplificato, onde evitare sovrapposizioni o contraddizioni normative, tali rendere di fatto inefficace la tutela penale.
A tal fine tali norme potrebbero utilmente essere incluse in una riformulazione delle norme da spostare nel Titolo VIII.
Allo stato il Made in Italy è perciò tutelato dalle seguenti norme:
A) Art. 4, commi da 49 a 49-ter della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004) e articolo 517 c.p.
L’articolo 517 c.p., punisce con la reclusione fino a due anni e la multa fino a euro 20.000,00 la vendita di prodotti industriali con nomi, marchi o segni distintivi idonei ad indurre in inganno l'acquirente sull'origine, la provenienza o la qualità dei prodotti ed è applicabile al Made In Italy non coperto da segni distintivi registrati, in forza del rinvio a tale norma contenuto dall'articolo 4, comma 49, della L. n. 350/2003 (Legge finanziaria 2004).
Il comma 49, con una tecnica legislativa singolare, integra la fattispecie di cui all'articolo 517 c.p. definendo come reato l'importazione o l'esportazione a fini di commercializzazione, ovvero la commercializzazione, o, infine, la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine:
• per falsa indicazione riferite al Made in Italy si intende l'apposizione della stampigliatura "Made in Italy" su prodotti e merci Pag. 66 non originari dall'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine; la falsa indicazione sull'origine o sulla provenienza di prodotti o merci può essere sanata sul piano amministrativo attraverso l'esatta indicazione dell'origine o l'asportazione della stampigliatura "Made in Italy";
• per fallace indicazione, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci si intende l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana, incluso l'uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli, fatto salvo quanto previsto dal comma 49-bis, ovvero l'uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dell'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine senza l'indicazione precisa, in caratteri evidenti, del loro Paese o del loro luogo di fabbricazione o di produzione, o altra indicazione sufficiente ad evitare qualsiasi errore sulla loro effettiva origine estera; la fallace indicazione delle merci può essere sanata sul piano amministrativo con l'asportazione a cura ed a spese del contravventore dei segni o delle figure o di quant'altro induca a ritenere che si tratti di un prodotto di origine italiana;
• le false e le fallaci indicazioni di provenienza o di origine non possono comunque essere regolarizzate quando i prodotti o le merci siano stati già immessi in libera pratica;
• le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio.
B) Per effetto di novella recata dall’articolo 16, comma 6 del decreto-legge 20 novembre 2009, n. 135, convertito con modificazioni dalla 20 novembre 2009, n. 166«Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee ha introdotto disposizioni a tutela del «made in Italy», il comma 49-bis dell'articolo 4 della legge n. 350/2003 configura invece come illecito amministrativo l'uso di marchi con fallaci indicazioni riferita alla tutela del Made in Italy, punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000 e prevedendo la confisca amministrativa obbligatoria dei beni oggetto di contraffazione. Quindi mentre l'importazione, esportazione o commercializzazione con falsa o fallace indicazione costituisce reatol'uso di marchi con fallace indicazione costituisce solo illecito amministrativo. Per i prodotti alimentari si definisce il concetto di effettiva origine come il luogo di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola utilizzata nella produzione e nella preparazione dei prodotti e il luogo in cui è avvenuta la trasformazione sostanziale.
C) Peraltro il comma 4 del medesimo articolo 16 (Made in Italy e prodotti interamente italiani) del decreto-legge n. 135/2009 – L. 166/2009 configura come reato l’uso di indicazioni di vendita che presentino il prodotto come interamente realizzato in Italia, quali "100 Pag. 67 per cento made in Italy", "100 per cento Italia", "tutto italiano", in qualunque lingua espressa, o altra caratteristica che sia idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto, ovvero segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione, al di fuori dei presupposti previsti nei commi 1 e 2, e sanziona, ferme restando le diverse sanzioni applicabili sulla base della normativa vigente, con le pene previste dall'articolo 517 c.p., aumentate di un terzo. Per uso dell'indicazione di vendita o del marchio si intende la utilizzazione a fini di comunicazione commerciale ovvero l'apposizione degli stessi sul prodotto o sulla confezione di vendita o sulla merce dalla presentazione in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e fino alla vendita al dettaglio.
Il comma 1 dell'articolo 16 definisce come realizzato interamente in Italia il prodotto o la merce, classificabile come made in Italy ai sensi della normativa vigente, e per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano. Si osserva che tale definizione è in contrasto con quanto previsto dal codice doganale che individua come luogo di produzione quello dell'ultima trasformazione del prodotto, anche a fronte di parti dello stesso non realizzate in quel luogo e non tiene conto dunque di una realtà produttiva nella quale è diffusa la trasformazione di parti del prodotto realizzate in ambiti diversi sino a pervenire al prodotto finale.
D) Ulteriore norma, citata in precedenza è quella di cui all'articolo 6 della legge n. 9/2013 in tema di olio di oliva vergine che ha introdotto un comma 49-quater all'articolo 4 delle legge n. 350/2003, prevedendo la punibilità ai sensi dell'articolo 517 c.p. dell'ipotesi di fallace indicazione nell'uso del marchio, peraltro prevista come illecito solo amministrativo dal comma 49-bis, quando abbia la fallace indicazione abbia per oggetto oli di oliva vergini e salvo un rinvio all'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 135/2009 – L. 166/2009 al reato di uso di indicazioni di vendita che presentino il prodotto come interamente realizzato in Italia, quali "100 per cento made in Italy", "100 per cento Italia", "tutto italiano", punito con le pene previste dall'articolo 517 c.p., aumentate di un terzo.
La tabella che segue riassume la fattispecie esistenti, e le sanzioni previste, il cui coordinamento è oggettivamente complesso e presenta molti problemi applicativi.
Pag. 68 Alla luce di quanto descritto si osserva che:
A. Il coordinamento delle disposizioni per la tutela penale del Made in Italy è complesso, perché manca un testo unico delle norme e soprattutto per il difficile rapporto con il diritto comunitario, che opera su presupposti diversi. La materia necessita quindi di un intervento, che sia compatibile con i Regolamenti UE ma che garantisca il Made In Italy nei limiti in cui ciò è possibile.
B. Una soluzione alternativa proposta dal MISE è quella dell'introduzione di marchi collettivi su base volontaria e privata, compatibili con il diritto comunitario, idonei a valorizzare presso il pubblico la qualità dei prodotti italiani, anche attraverso campagne di comunicazione ad hoc.
Nel corso dell'audizione della Presidente del CNAC sen. Vicari lo scorso 6 novembre 2014 è stata preannunciata la presentazione di un disegno di legge recante Promozione delle produzioni di qualità sui mercati globali mediante l'introduzione dei marchi collettivi di settore. Pag. 70 La proposta prevede che il MISE adotti con proprio decreto un Piano di agevolazioni per incentivare il deposito di marchi collettivi volontari italiani da parte di associazioni rappresentative di categoria ai sensi dell'articolo 11 del D.Lgs n. 30/2005. Per il deposito è necessario:
• il rispetto delle condizioni previste dai singoli disciplinari riguardanti i settori merceologici e produttivi, definiti dal Piano d'intesa con le categorie produttive;
• l'effettuazione di controlli da parte del MISE volti ad assicurare che i cicli produttivi della filiera abbiano rispettato le norme di legge in materia di produzione e immissione sul mercato.
Allo stato, come già ricordato in precedenza, l'articolo 24 del Codice Doganale Comunitario vigente, approvato con Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, prevede che i prodotti che hanno subito lavorazioni in Paesi diversi siano considerati originari dell'ultimo Paese in cui abbiano subito una trasformazione sostanziale, il che comporta tra l'altro per la nostra autorità giudiziaria la necessità di disapplicare eventuali disposizioni in contrasto, stante il noto principio della prevalenza delle norme comunitarie su quelle interne difformi, anche successive.
2.9 Gli effetti del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28 in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto
Il decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28 ha modificato il Titolo V del Libro I del codice penale in tema di applicazione della pena introducendo (articolo 131-bis) una causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (definita come non procedibilità dall'articolo 411 c.p.p. anch'esso modificato dall'articolo 2 del D.Lgs) che prevede per i reati per i quali sia prevista una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni ovvero la sola pena pecuniaria la non punibilità quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, l'offesa sia di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.
Va sottolineato che non si tratta di intervento di depenalizzazione, ma che la richiesta da parte delle procure e la decisione da parte del giudice circa l'applicazione di tale causa di esclusione della punibilità sono legate, caso per caso, alla sussistenza dei due parametri: la speciale tenuità del fatto e la non abitualità dei comportamenti.
Il concetto di offesa di particolare tenuità è rimesso alla valutazione discrezionale delle procure che formulano la richiesta di archiviazione e del giudice che accoglie eventualmente tale richiesta, procedendo ai sensi dell'articolo 133, primo comma c.p. Il concetto di abitualità è invece disciplinato dal codice penale che distingue l'abitualità presunta dalla legge (articolo 102), in presenza di determinate condanne, da quella ritenuta dal giudice (articolo 103).
Ai fini della determinazione della pena detentiva sino a 5 anni non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.Pag. 71
Rapportato alla contraffazione la seguente tabella mostra come l'ambito di applicazione della norma sia particolarmente esteso, escludendo in pratica solo la fattispecie aggravata di cui all'articolo 474-ter dall'applicazione della norma.
Circa i diritti della persona offesa dal reato il comma 1-bis aggiunto all'articolo 411 c.p.p. prevede che in caso di archiviazione richiesta per particolare tenuità del fatto, il pubblico ministero deve darne avviso sia alla persona sottoposta alle indagini sia alla persona offesa, che abbia dichiarato di volere essere informata ai sensi dell'articolo 408, c. 2 c.p.p. Nel parere della Commissione Giustizia della Camera è stata approvata una condizione per la quale si sopprime l'obbligo della persona offesa di dichiarare di volere essere informata, rendendo così automatico il procedimento incidentale. La persona offesa, entro 10 giorni, può prendere visione degli atti e presentare opposizione.
Se l'opposizione non è proposta o è inammissibile il giudice pronuncia, senza formalità decreto motivato di archiviazione.
Se accoglie la richiesta di opposizione il giudice provvede in via incidentale con ordinanza, dopo avere sentito le parti; in tal caso, ai sensi dell'articolo 409, c. 2 c.p.p. può fissare una data per un'udienza in camera di consiglio, indicando la necessità di ulteriori indagini al PM, fissandone il termine; ovvero emettere ordinanza affinché il PM formuli l'imputazione entro 10 giorni e successiva fissazione dell'udienza preliminare.
2.10 Profili specifici di tutela penale
Tre profili specifici, ulteriori rispetto alle tematiche riguardanti le fattispecie penali riguardano: la punibilità penale del consumatore consapevole di acquistare merce contraffatta; l'entità delle sanzioni pecuniarie; l'adozione di misure afflittive accessorie o interdittive in grado di colpire i contraffattori nel patrimonio o nell'esercizio dell'impresa illegale.
2.10.1 La punibilità dei consumatori
Fatta salva la normativa sul diritto d'autore, i comportamenti degli utenti che acquistano merce contraffatta non sono sanzionati penalmente. L'unica fattispecie astrattamente ipotizzabile in materia è quella dell’uso di prodotti con segni contraffatti (articolo 473 c.p), che però sembra ragionevolmente riferirsi all'utilizzazione di tali prodotti non da parte di un acquirente finale (consumatore) ma da parte di chi intende usare il prodotto per ulteriori interessi commerciali.
Una norma in astratto applicabile sarebbe quella generale di cui all'articolo 712 c.p., che sanziona come reato contravvenzionale l’acquisto di cose di sospetta provenienza, prevedendo pene minime (arresto sino a sei mesi e ammenda non inferiore a 10 euro per i comportamenti di chi, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose che, per loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, abbia motivo di sospettare che provengano da reato). Rispetto al reato di ricettazione ex articolo 648 c.p. non è richiesto il dolo specifico di procurare a sé od altri un profitto. Tale norma, peraltro, a seguito del pronunciamento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite 22225/2012, non è applicabile qualora ricorra la fattispecie di illecito amministrativo di cui prevista all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 14 marzo Pag. 75 2005, n. 35 convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80 «Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale».
Tale norma prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 fino a 7.000 euro, oltre alla confisca amministrativa per chi, in qualità di acquirente finale, acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale.
La Cassazione nella cita sentenza ha ribadito che «non può configurarsi una responsabilità a titolo di ricettazione (articolo 648 cod. pen.) o di acquisto di cose d sospetta provenienza (articolo 712 cod. pen.) per l'acquirente finale di un prodotto con marchio contraffatto o comunque di origine e provenienza diversa da quella indicata, ma piuttosto l'illecito amministrativo previsto dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in l. 14 maggio 2005, n. 35, che va considerato prevalente rispetto sia al delitto che alla contravvenzione previsti dal codice penale».
La stessa norma prevede una seconda fattispecie di illecito amministrativo, che riguarda gli acquirenti diversi dall'utilizzatore finale: salvo che il fatto costituisca reato, l'acquisto effettuato da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto diverso dall'acquirente finale, è sanzionato con la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 20.000 euro fino ad un milione di euro.
Entrambe le fattispecie prevedono un ruolo specifico per la rilevazione degli illeciti e la destinazione dei proventi delle sanzioni per gli organi di polizia amministrativa, per il quale si rinvia al successivo punto 4.4.
Qualora si intendesse sanzionare penalmente l'acquisto di merce contraffatta da parte dei consumatori si potrebbe inserire un rinvio nelle fattispecie dei reati contro la contraffazione, rinviando all'applicazione dell'articolo 712 c.p. anche per il caso di acquisto di merce contraffatta.
Tuttavia l'ipotesi appare di dubbia efficacia e contraria alle tendenze di depenalizzazione in atto, assodato che non è tanto il consumatore il protagonista del fenomeno criminale della contraffazione ma sono le organizzazioni criminali che realizzano elevati profitti.
Per modificare i comportamenti dei consumatori si richiama invece la necessità di prevedere adeguate campagne di comunicazione volte a informare compiutamente chi compra merce contraffatta degli effetti negativi complessivi del fenomeno.
2.10.2 Entità delle pene pecuniarie
Le sanzioni pecuniarie previste sia dall’articolo 473 (da 2.500 euro a 25.000 euro nel comma 1 e da 3.500 euro a 35.000 euro nel comma 2), sia dall’articolo 474 (da 3.500 euro a 35.000 euro nel comma 1 e fino a 20.000 euro nel comma 2), fattispecie che riguardano tutti i casi di contraffazione senza distinguere i casi di dannosità limitata da quelli più gravi in termini economici, sono di entità modesta qualora Pag. 76 si riferiscano a casi in cui i danni economici prodotti sono rilevanti, tali da rendere persino conveniente per gli autori del reato il pagamento della sanzione se comparata ad un volume di affari quasi sempre di importo ben maggiore, atteso che la contraffazione si appalesa come un fenomeno organizzato e gestito secondo criteri di imprenditorialità criminale. La sanzione pecuniaria prevista per l'aggravante ai sensi dell’articolo 474-ter per la commissione dei fatti ex articolo 473 e 474, c. 1, in modo sistematico o attraverso l'allestimento di mezzi e attività organizzate è di importo più elevato (multa da 5.000 euro a 50.000 euro). Discorso simile va fatto per i reati contro l'industria e il commercio.
Di qui la necessità di affrontare il tema di un incremento delle pene edittali dei reati di contraffazione ovvero di scegliere la soluzione del doppio binario riservando alla sola contraffazione sistematica e organizzata un trattamento sanzionatorio rilevante.
In ogni caso una sanzione più afflittiva da applicare ai reati di contraffazione potrebbe consistere in una pena pecuniaria di carattere proporzionale, ai sensi dell'articolo 27 del codice penale.
• La legislazione penale conosce già diversi casi di tale specie. Questa tipologia di pene pecuniarie si riscontra principalmente nella legislazione speciale, soprattutto nei settori doganale, tributario e in materia di lavoro. Le pene proporzionali non hanno limite massimo e sono determinate dal giudice a partire da un coefficiente fisso o articolato fra un minimo ed un massimo (proporzionalità costante) ovvero in relazione alla fattispecie concreta, stante una base fissa (proporzionalità progressiva).
• L'introduzione di tale previsione potrebbe risultare idonea ad arrecare, nei casi di filiere di contraffazione organizzate, rilevanti pregiudizi patrimoniali alle organizzazioni criminali.
2.10.3 Sanzioni diverse dalle pene pecuniarie o detentive
Nell'ordinamento sono previste anche sanzioni penali diverse da quelle tradizionali come pene principali per i delitti (reclusione e multa): da un lato le misure di sicurezza o le pene accessorie che conseguono alla condanna definitiva; dall'altro l'anticipazione di tutela penale in casi di particolare gravità, a seguito dell'applicazione di misure di prevenzione disciplinate dal D.Lgs. n. 159/2011 Codice delle leggi antimafia, per le quali si rinvia al successivo punto 2.10.4. Per le misure cautelari reali si rinvia al capitolo 3.
Tali sanzioni aggiuntive a quelle detentive e pecuniarie possono risultare efficaci in quanto incidono sulla capacità degli autori dei reati di continuare a svolgere le attività imprenditoriali illegali.
Sanzioni diverse da quelle detentive o pecuniarie in tema di contraffazione sono già previste da tre norme del c.p:
• L'articolo 474-bis c.p. disciplina la confisca obbligatoria (trattasi di misura di sicurezza patrimoniale) delle cose oggetto del reato o che sono servite per la commissione dello stesso, a chiunque appartenenti: i beni appartenenti a soggetti estranei al reato sono confiscati se Pag. 77 servirono o furono destinati a commettere il reato, ovvero se ne sono l'oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto, salva prova a carico dei terzi di non averne potuto prevedere l'illecito impiego, anche occasionale, o l'illecita provenienza e di non essere incorsi in un difetto di vigilanza. Inoltre l’articolo 12-sexies del D.L 8 giugno 1992, n. 306 convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, come modificato dall'articolo 15, comma 3 della Legge 23 luglio 2009, n. 99 ha inserito anche l'associazione a delinquere (articolo 416) finalizzata alla commissione dei reati di cui gli artt. 473, 474, 517-ter e 517-quater c.p. tra i reati per i quali è disposta con sentenza di condanna la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui risulti titolare anche per interposta persona ovvero di beni e altre utilità per un valore equivalente.
• L'articolo 518 c.p. prevede per i delitti di cui agli articoli 514 e 517 la sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza. Tale sanzione non è prevista per i reati contro la fede pubblica.
• L'articolo 517-bis c.p. prevede, senza definire tali misure afflittive in termini di sanzioni accessorie o di misure di sicurezza, quando sia applicabile la circostanza aggravante per fatti ex articolo 515, 516 e 517 c.p. riferiti al settore agroalimentare, che il giudice con sentenza di condanna possa disporre, in casi di particolare gravità o di recidiva specifica:
• la chiusura dello stabilimento o dell'esercizio ove è stato commesso il fatto, da 5 giorni a 3 mesi;
• la revoca della licenza o altro atto autorizzatorio che consente lo svolgimento dell'attività nello stabilimento o nell'esercizio commerciale.
Tali sanzioni non sono previste per i reati contro la fede pubblica.
Sanzioni accessorie sono inoltre previste dalla legge n. 9/2013 in tema di oli di oliva vergini:
• pubblicazione della sentenza a spese del condannato;
• la confisca del denaro, dei beni o di altre utilità;
• il divieto di iscrizioni o provvedimenti autorizzatori, concessori o abilitativi per lo svolgimento di attività imprenditoriali;
• il divieto di accesso a contributi o altri finanziamenti dello Stato, di enti pubblici o dell'Unione europea per lo svolgimento di attività imprenditoriali.
Le pene accessorie e le misure di sicurezza di carattere patrimoniale o di interdizione dall'esercizio dell'attività produttiva o commerciale appaiono particolarmente idonee a causare un pregiudizio economico agli autori del reato o a paralizzarne l'attività quando essa sia celata sotto un'impresa legale, atteso l'elevato giro d'affari e i livelli organizzativi raggiunti dalla criminalità operante nel settore. Inoltre alcune di esse possono contribuire ad accrescere la consapevolezza nei Pag. 78 consumatori della sussistenza e della gravità dei fenomeni di contraffazione.
A tutte le fattispecie di contraffazione, in tutti i settori merceologici e per tutti i diritti industriali tutelati, potrebbero essere applicate le seguenti misure:
a)Misure di sicurezza
• Confisca obbligatoria delle cose oggetto del reato o che sono servite per la commissione dello stesso, a chiunque appartenenti. La Guardia di Finanza (audizione del Comandante generale Capolupo) ha auspicato il rapido recepimento della direttiva UE 2014/UE/42 relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea (c.d. euroconfisca).
b)Pene accessorie
• Pubblicazione della sentenza (articolo 36 c.p): tale pena può svolgere un adeguato ruolo di informazione dei consumatori rispetto a realtà di contraffazione accertata.
• Interdizione dall'esercizio di una professione (articolo 30 c.p): in tale fattispecie rientra l'esercizio di attività di industria o commercio e ad essa è riconducibile l'ipotesi della revoca della licenza o altro atto autorizzatorio che consente lo svolgimento dell'attività nello stabilimento o nell'esercizio commerciale ex articolo 517-bis. Tale pena può esser utile nei casi di merce contraffatta prodotta o commercializzata da imprese che agiscono anche in modo legale.
• Sospensione dall'esercizio di una professione (articolo 35 c.p): ad essa è riconducibile l'ipotesi della sospensione della licenza o altro atto autorizzatorio che consente lo svolgimento dell'attività nello stabilimento o nell'esercizio commerciale ex articolo 517-bis.
• Interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese (articolo 32-bis c.p.): tale pena può esser utile nei casi di merce contraffatta prodotta o commercializzata da imprese che agiscono anche in modo legale, nei confronti degli imprenditori che siano stati condannati per reati di contraffazione, ferma restando la prosecuzione dell'attività dell'impresa nel suo complesso.
• Sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese (articolo 35-bis c.p.): valgono le considerazioni del punto precedente.
• Incapacità di contrattare con le pubbliche amministrazioni (articolo 32-ter): valgono le considerazioni del punto precedente.
• L'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi relativi alle attività di imprese legali che si rendano responsabili anche di contraffazione, come già previsto dalla legge n. 9/2013 sugli oli vergini d'oliva;
• il divieto di pubblicizzare beni o servizi, quest'ultima sul modello di quelle prevista sia dall'articolo 9 del D.Lgs n. 231/2001 Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, Pag. 79 delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica) che dalla citata legge n. 9/2013.
Va poi valutata l'eventuale introduzione di ulteriori pene accessorie innovative (o di misure di sicurezza nelle more della definizione del processo) volte ad esempio:
• a impedire l'accesso nel territorio di responsabili di reati di contraffazione aventi nazionalità estera;
• a interdire l'accesso ai varchi doganali di spedizionieri condannati per reati di contraffazione.
2.10.4 Misure di prevenzione
Il tema dell'anticipazione della tutela a momenti antecedenti alla conclusione del processo penale è estremamente rilevante, dal momento che la durata dei processi e l'effetto della prescrizione sui processi in corso vanificano spesso, di fatto, l'efficacia della tutela penale.
Il D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 Codice delle leggi antimafia (CLA) prevede che una serie di misure di prevenzione, applicabili a soggetti indiziati di appartenere ad organizzazioni mafiose e a indiziati di reati di particolare gravità indicati nell'articolo 51, comma 3-bis c.p.p. oltre che a reati di terrorismo e di violenza in manifestazioni sportive, siano applicabili anche al reato di associazione a delinquere finalizzata a commettere i reati di contraffazione ex articolo 473 e 474 c.p. L'articolo 4, comma 1, lett. b) del CLA prevede che agli indiziati di tale reati oltre alle misure di prevenzione personali della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza siano applicabili le seguenti misure di prevenzione patrimoniali:
• sequestro dei beni: si tratta dei beni di cui l'indiziato può disporre, direttamente o indirettamente, quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all'attività economica svolta o quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che costituiscano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego (articolo 20 CLA);
• confisca: si riferisce ai beni di cui l'indiziato non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere e titolare o averne la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito o alla propria attività economica; sequestro dei beni frutti di attività illecite che ne costituiscano il reimpiego (articolo 24 CLA); con la confisca è dichiarata la nullità dei relativi atti di disposizione aventi carattere fittizio (articolo 26 CLA);
• sequestro o confisca per equivalente: in caso di dispersione, distrazione, occultamento o svalutazione dei beni al fine di eludere le misure di prevenzione, o di alienazione a terzi in buona fede, il Pag. 80 sequestro e la confisca hanno ad oggetto denaro o beni di valore equivalente (articolo 25 CLA);
• Cauzione e altre garanzie reali: si tratta del versamento di cauzione al momento dell'imposizione della misura di prevenzione, di entità tale da costituire efficace remora alla violazione delle prescrizioni imposte (articolo 31 CLA).
Le misure di prevenzione patrimoniali possono essere disposte, in caso di morte del soggetto indiziato, nei confronti degli eredi o aventi causa, ovvero in caso di assenza o dimora all'estero dell'indiziato.
Il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione, sul quale decide il Tribunale, è indipendente dall'esercizio dell'azione penale (articolo 29 CLA) e dunque consente l'applicazione di misure afflittive a prescindere dalla durata dei processi, tema che come detto in precedenza determina in pratica una inefficacia delle sanzioni penali principali o accessorie.
L'importanza delle misure di prevenzione non è solo per l'intrinseco ed effettivo carattere afflittivo, ma per l'efficacia immediata e anticipata rispetto agli esiti del procedimento penale.
Per l'applicazione delle misure di prevenzione sono attivabili efficaci strumenti di indagine, quali le indagini patrimoniali sul tenore di vita, sulla disponibilità finanziarie e sul patrimonio e sull'attività economica svolta al fine di individuare le fonti di reddito, compresa la titolarità delle concessioni, l'abilitazione all'esercizio di attività imprenditoriali o commerciali (articolo 19 del CLA). Tale potere investigativo è molto importante nei confronti delle filiere di contraffazione internazionali aventi carattere organizzato e in possesso di mezzi operativi molto agguerriti.
Per rendere più efficace una tutela preventiva rispetto alle filiere internazionali della criminalità, anche informatica, potrebbe essere esteso l'ambito applicativo previsto dal CLA: rendere applicabili le misure di prevenzione, e dei conseguenti rilevanti poteri di investigazione finanziaria sopradescritti, dalla sola associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati di contraffazione anche alla contraffazione aggravata dalla commissione in modo sistematico o attraverso l'allestimento di mezzi e attività organizzate (articolo 474-ter c.p.). Si potrebbe precisare peraltro che dal concetto di sistematicità sono escluse le ipotesi di ambulantato a basso tenore offensivo, riservando tale ipotesi solo nei confronti delle grandi organizzazioni criminali dedite alla contraffazione, o per i contatti internazionali o per volume di affari, introducendo soglie di carattere quantitativo.
2.11 Conclusioni e proposte
In forza di quanto sopra esposto si possono individuare delle linee di indirizzo per giungere ad una razionalizzazione e semplificazione dell'impianto normativo penale per il contrasto alla contraffazione.
a) In primo luogo si propone di realizzare una ricollocazione di tutte le fattispecie di reati in tema di contraffazione nel codice penale (lasciando da parte il tema della tutela del diritto d'autore, per il quale Pag. 81 la Commissione si riserva di intervenire successivamente). All'interno del codice penale i reati di contraffazione dovrebbero essere collocati, strutturandoli come reati di pericolo, nel titolo VIII, tra i delitti contro l'industria e il commercio e destinato a tutelare i diritti di proprietà industriale: non più quindi reati di falso, ma reati economici, in considerazione dei beni giuridici tutelati.
b) Proprio i diritti tutelati, e non tanto i settori merceologici produttivi cui si riferisce la contraffazione, potrebbe essere il criterio per differenziare le norme penali. Molte delle norme esistenti riproducono le medesime fattispecie incriminatrici, salva la diversità di settore produttivo (industriale-commerciale ovvero agroalimentare).
Dall'analisi sopra esposta e dal complesso delle audizioni svolte, che tiene conto non solo della normativa vigente, sia del codice penale che delle leggi speciali, ma soprattutto della realtà dei fenomeni contraffattivi, emergono due principali settori di intervento cui la tutela penale deve fornire protezione:
• da un lato la tutela contro la contraffazione dei segni distintivi e, in connessione, la tutela contro l’usurpazione dei titoli di proprietà industriale: si può definire questo filone come contraffazione in senso proprio;
• dall'altro la tutela di beni non coperti da segni distintivi per i quali la tutela giuridica esistente si sostanzia nella possibilità di sanzionare le violazioni alla normativa sull'etichettatura che attesta la composizione dei prodotti, garantendo il diritto del consumatore ad esserne pienamente informato ovvero la normativa sulla provenienza ed origine del prodotto: è questo il tema della tutela del Made In Italy e del contrasto del fenomeno dell’italian sounding, fenomeni di contraffazione in senso lato, ma ugualmente dannosi in termini economici.
Il filone della contraffazione in senso proprio (sia essa produzione, commercializzazione, utilizzo, e comportamenti connessi di beni con falsificazione dei segni distintivi dell'azienda o di brevetti) può essere razionalizzato partendo dalla considerazione che occorre far riferimento non alle specie merceologiche interessate (prodotti industriali o prodotti agroalimentari) ma alla tutela accordata in sede civile dal Codice della proprietà industriale (CPI) ai beni della c.d. proprietà industriale. Fare riferimento, nell'individuazione delle fattispecie di reato a tale normativa, che comprende sia i marchi e altri segni distintivi, sia i brevetti, per i prodotti industriali, sia le denominazioni d'origine ed indicazioni geografiche relative ai prodotti agroalimentari, potrebbe consentire di unificare le fattispecie di cui agli articoli 473, 474 e 517-quater, in presenza di attività criminali di produzione, commercializzazione, utilizzo o introduzione in Italia di merce contraffatta. Fattispecie particolare è quella di cui all'articolo 517-ter c.p., relativa all'usurpazione dei titoli di proprietà industriale sotto forma di abuso di marchi legittimi, dove i marchi non sono contraffatti ma sono utilizzati in modo illegittimo e che potrebbe rimanere come fattispecie autonoma di reato, anche se di rilevanza minore.Pag. 82
Per ovviare al problema delle c.d. norme penali in bianco potrebbe essere inserito nel corpo della norma penale l'inciso di cui all'articolo 1 del Codice della proprietà industriale che stabilisce che «l'espressione proprietà industriale comprende marchi ed altri segni distintivi, indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie dei prodotti a semiconduttori, informazioni aziendali riservate e nuove varietà vegetali».
Il secondo profilo è quello di cui all'articolo 517, che si riferisce non alla contraffazione di segni distintivi ma alla vendita di prodotti con segni mendaci, ossia in origine ai prodotti con marchi non registrati; tale norma è poi stata utilizzata dal legislatore per dare una tutela penale ai casi di contraffazione in senso lato, ossia casi di imitazione servile, per confusione o concorrenza sleale, da parte di prodotti che imitano prodotti del Made in Italy non coperti da diritti di proprietà industriale, evocando un'origine che ai sensi della normativa vigente (quella comunitaria di cui al Codice doganale) non ha. Il tema è riconducibile, attraverso una opportuna revisione normativa che superi l'attuale inadeguata formulazione delle norme contenute nella normativa speciale in tema di Made in Italy e risolva il problema dell'intreccio esistente tra fattispecie penali e fattispecie di illecito amministrativo vigenti, al fenomeno rilevante ed estremamente dannoso del Made in ItalY e del c.d. Italian sounding, ovvero della realizzazione all'estero di prodotti ad imitazione sostanziale di prodotti italiani, senza tuttavia contraffazione di segni distintivi dell'azienda o dei prodotti, ma con imitazione servile o per confusione circa la provenienza delle merci.
c) Altro intervento essenziale sarebbe quello di perseguire con durezza le filiere internazionali della contraffazione, atteso che il vero fenomeno che oggi occorre contrastare è questo, che ha caratteristiche di sovranazionalità e, che riguarda tutte le fasi della contraffazione realizzata dalla criminalità organizzata internazionale (produzione, immissione illegale nei vari Paesi del prodotto illegale, grande distribuzione e commercializzazione al dettaglio). A tale bisogno di tutela penale, per un fenomeno di grande pericolosità sociale ed economica come descritto nel capitolo 1, e per il quale oggi non vi è un'adeguata consapevolezza della reale nocività e, di fatto, l'applicazione effettiva delle sanzioni penali esistenti non appare in linea con la pericolosità del fenomeno, occorre assicurare gli strumenti investigativi adeguati, come detto nella successiva lettera e).
Per ottenere tale risultato occorre lavorare su un «doppio binario» nella considerazione dei reati di contraffazione.
La norma sulla quale intervenire è l'articolo 474-ter c.p., che a titolo di circostanza aggravante riferite all'articolo 473 e 474, primo comma, c.p., già prevede limiti edittali di pena da 2 a 6 anni.
Tale norma, fermo restando il mantenimento di una norma che sanzioni la contraffazione episodica, legata essenzialmente a comportamenti individuali o di ambito essenzialmente locale, potrebbe essere trasformata in reato autonomo per colpire la contraffazione seriale, sistematica o organizzata (non necessariamente su base associativa), e contrastare efficacemente la contraffazione sovranazionale e le filiere della criminalità organizzata dedite a questa attività.Pag. 83
Il livello della pene edittale potrebbe essere mantenuto da 1 a 6 anni, in quanto idoneo a superare i limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui al decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28.
La nuova fattispecie, in considerazione della natura plurioffensiva dei comportamenti contraffattivi, potrebbe essere integrata rispetto alla formulazione attuale dell'articolo 474-ter, per affiancare alle ipotesi di pericolosità consistenti nella sistematicità dei comportamenti e nel livello organizzativo, altre fattispecie di grave nocività che emergono dall'analisi delle modalità con cui si realizzano i comportamenti contraffattivi.
Trattandosi di reato plurioffensivo, per ampliare la fattispecie occorre considerare i beni giuridici compromessi dai comportamenti contraffattivi, ulteriori rispetto agli interessi economici delle aziende titolari dei diritti di proprietà industriale, che sono le parti offese naturali ma non esclusive in questo tipo di reati.
I beni giuridici compromessi dalla contraffazione, infatti sono molteplici:
1) la lesione al corretto esercizio dell'economia di mercato, con l'esigenza di tutelare gli interessi del consumatore e della concorrenza;
2) il pericolo per la salute, allorquando i beni contraffatti, non solo nel settore agroalimentare, possono risultare nocivi per la salute;
3) la violazione delle norme di sicurezza sul lavoro, quando la realizzazione dei prodotti avviene in condizioni tali (si pensi alle filiere cinesi dei laboratori clandestini ove sono realizzate le merci contraffatte) da ledere tali fondamentali diritti dei lavoratori;
4) la particolare dannosità economica della contraffazione, per l'economia in generale e per l'erario, da definire secondo criteri oggettivi predeterminati, sul modello di altre fattispecie esistenti nel diritto penale dell'economia e nei reati tributari e di contrabbando (ad esempio si potrebbe far riferimento: al numero delle violazioni, in caso di reiterazione dei comportamenti; all'entità del fatturato illegale prodotto dall'impresa; alla quantità della merce contraffatta, individuando soglie di valore commerciale; all'ammontare dell'evasione fiscale accertata o presunta, ecc.).
Al nuovo reato così strutturato potrebbe eventualmente essere applicata una pena pecuniaria di carattere proporzionale, per colpire ancora efficacemente gli illegittimi profitti.
d) Altre due norme dovrebbero riguardare:
• il mantenimento dell'ipotesi di circostanza attenuante, ora prevista dall'articolo 474-quater c.p. per il caso di cooperazione del reo;
• le misure di sicurezza e le pene accessorie, che oggi sono previste in modo disomogeneo tra le varie fattispecie di reato esistenti, e che andrebbero ricondotte invece ad una fattispecie unitaria, ove accentuare inoltre il ricorso alle misure afflittive diverse da quelle Pag. 84 pecuniarie o detentive, in grado di interdire l'esercizio economico o imprenditoriale dell'attività illecita.
L'occasione della ricollocazione in un ambito unitario all'interno del titolo VIII, potrebbe quindi consentire una semplificazione del quadro normativo, riducendo l'eccesso di fattispecie presenti e migliorando la formulazione tecnica delle varie ipotesi di reato, prevedendo non più di sei norme inserite nel codice penale, rispetto al numero ampio di fattispecie oggi esistenti tra codice penale e leggi speciali.
e) Dal punto di vista investigativo, sarebbe importante estendere alla fattispecie di cui all'articolo 474-ter c.p, trasformato in reato autonomo nel senso sopraindicato, i poteri di indagine patrimoniale e di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale previsti dalla legislazione antimafia, che oggi sono utilizzabili dalla magistratura solo nel caso di reato di associazione a delinquere finalizzato alla commissione dei reati ex articolo 473 e 474 c.p, in forza del richiamo inserito nell'articolo 51, comma 3-bis c.p.p, a seguito della novella recata dalla legge n. 99 del 2009, a sua volta richiamato dall'articolo 4, comma 1, lett. b) del Codice delle leggi antimafia, in rapporto agli artt. 18 e segg. dello stesso Codice (applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale, indagini patrimoniali, sequestro, confisca, sequestro o confisca per equivalente, intestazione fittizia). Tali poteri appaiono necessari per combattere le filiere internazionali legate alla criminalità organizzata coinvolte nella produzione e commercio di merce contraffatta.
Un problema connesso all'eventuale applicazione di tali norme è rappresentato dalla competenza degli uffici del pubblico ministero, i cui contorni sono emersi con chiarezza nel corso delle audizioni svolte in Commissione con i rappresentanti delle Procure. Tale complesso normativo attribuisce infatti agli uffici delle D.D.A. presso le Procure distrettuali la competenza delle indagini in merito, in forza del richiamo all'articolo 51, comma 3-bis c.p.p. effettuato dall'articolo 102 del Codice delle leggi antimafia.
Nel corso delle audizioni è stato autorevolmente sottolineato (50) come la novella recata in merito della legge n. 9/2009, in forza di quanto emerso in sede di pratica applicazione di tale normativa, sia suscettibile di una rimeditazione in sede legislativa. Un'attribuzione di tale competenza alle Procure distrettuali tout court, nel cui ambito presso i maggiori capoluoghi già operano dei gruppi di lavoro riferiti al contrasto dei reati economici, potrebbe risultare maggiormente efficace per l'esigenza di contrastare il fenomeno della contraffazione.
Se è vero che tali profili esulano dalla competenza della Commissione d'inchiesta, si esprime tuttavia la valutazione che tale segnalazione debba essere attentamente valutata da parte del legislatore, come ripreso nel successivo capitolo 3.
Una soluzione potrebbe essere quella di riferire sia l'ipotesi di cui all'articolo 416 finalizzato agli artt. 473 e 474 c.p., sia quello dell'articolo 474-ter, come trasformato in autonoma fattispecie di reato per Pag. 85 la contraffazione sistematica o organizzata, all'articolo 51, commi quater o quinquies, c.p.p., che richiamano le competenze delle Procure distrettuali. (51) Andrebbe in questo caso valutata, tema che la Commissione ritiene di sollecitare, la possibilità di prevedere l'attribuzione alle Procure distrettuali dei poteri di indagine patrimoniale e l'applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale che il Codice delle leggi antimafia oggi dispone nel caso di competenza attribuita alle D.D.A.
L'adeguamento dei poteri di indagine nei confronti dei reati di contraffazione «grave» può in ogni caso passare, come segnalato in audizione presso la Commissione (52) , anche da un'estensione delle previsioni dei poteri di intercettazione di conversazioni e comunicazioni ai sensi dell'articolo 266 c.p.p., a prescindere dai limiti di pena edittale, preso atto della disposizione già introdotta nel c.p.p. per effetto dell'articolo 14, comma 3, della Legge 14 gennaio 2013 n. 9 che ha previsto l'intercettazione anche per le fattispecie di cui agli artt. 473, 474, 516 e 517-quater c.p.
Analoga considerazione può farsi riguardo ai termini di durata massima delle indagini preliminari ai sensi dell'articolo 407 c.p.p.
Di seguito si esamineranno i profili specificamente riguardanti alcuni istituti della procedura penale che potrebbero essere ulteriormente razionalizzati, anche sulla base delle esigenze prospettate alla Commissione dalla magistratura e delle forze di polizia, nonché i temi del coordinamento amministrativo in materia.
3. ISTITUTI DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE
I temi rilevanti nell'ambito della procedura penale riguardano il procedimento di sequestro della merce contraffatta; la competenza in sede giurisdizionale per le indagini; l'adozione di misure cautelari reali; le rogatorie internazionali.
3.1 Sequestri di merce contraffatta
Gli artt. 253 e segg. del codice di procedura penale disciplinano in via generale le modalità di effettuazione del sequestro giudiziario.
Per quanto riguarda i beni contraffatti si sono posti nell'applicazione di tali norme almeno tre problemi: la modalità di inventariazione dei prodotti contraffatti, le forme della custodia degli stessi e la possibilità di procedere alla loro immediata distruzione, fattispecie prevista dal c.p.p. dai commi 3-bis e 3-ter, aggiunti all'articolo 260 c.p.p. dal decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 conv. con mod. dalla legge n. 24 luglio 2008, n. 125.
A) Inventariazione dei prodotti contraffatti oggetto di sequestro
Il sequestro si esegue con apposizione del sigillo dell'ufficio giudiziario, previa inventariazione degli stessi. La Guardia di Finanza (relazione Com. Gen, pag. 46) ha riferito in audizione che le operazioni di conteggio dei prodotti richiedono un notevole impiego di personale delle forze dell'ordine, talvolta per diversi giorni.
In tale sede è stata proposta una catalogazione per tipologia di articoli contraffatti e una quantificazione complessiva per masse o a volume, avendo a riferimento il peso. Successivamente potrebbe essere svolta una fase di conteggio e ricognizione dei prodotti su istanza di parte, i cui oneri, in caso di conferma degli esiti determinatisi in sede di fermo e sequestro, sarebbero posti a carico dell'istante. Tali innovazioni consentirebbero l'effettuazione dei sequestri con notevole risparmio dei tempi.
B) Custodia e deposito giudiziario dei prodotti contraffatti
I beni sequestrati, salvo quanto detto al punto successivo, sono sottoposti, ai sensi dell'articolo 259 c.p.p, a custodia giudiziaria presso la cancelleria. Ove ciò non sia possibile, sono depositati in luogo diverso, nominando un custode. Per i prodotti contraffatti, stante l'entità dei sequestri (molto spesso interi container di merci), si deve ricorrere spesso a deposito presso terzi. Si tratta di una custodia giudiziaria molto onerosa dal punto di vista finanziario, essendo i depositi gestiti da privati, che percepiscono un canone di affitto per i locali messi a disposizione. In alternativa si può nominare custode giudiziario lo stesso soggetto passivo del sequestro, ipotesi che nella prassi ha dato luogo a molti inconvenienti per le violazioni verificatesi agli obblighi di custodia.
Una proposta al riguardo, onde ridurre gli oneri a carico dello Stato e garantire la sicurezza dei sequestri, è quindi quella di identificare dei luoghi pubblici (es. caserme o depositi militari non utilizzati), senza oneri per lo Stato.Pag. 87
C) Distruzione della merce contraffatta sequestrata
In alternativa al deposito i commi 3-bis e 3-ter dell'articolo 260 c.p.p. consentono la distruzione delle merci di cui sono comunque vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione quando le stesse sono di difficile custodia, ovvero quando la custodia risulta particolarmente onerosa o pericolosa per la sicurezza, la salute o l'igiene pubblica ovvero quando, anche all'esito di accertamenti compiuti ai sensi dell'articolo 360, risulti evidente la violazione dei predetti divieti. A tal fine sono prelevati campioni della merce. Gli accertamenti avvengono avvalendosi di consulenti tecnici. Nella prassi, nel caso di procedimento a carico di noti, in forza del richiamo alla procedura ex articolo 360 c.p.p., l'accertamento tecnico può esser impedito dall'indagato, che può sollevare incidente probatorio e impedire l'accertamento ovvero formulare riserve e determinare la non utilizzabilità nel dibattimento dei risultati dell'accertamento e la non effettuazione della procedura di distruzione.
Nel caso di sequestro in procedimenti a carico di ignoti, invece, la distruzione è molto più agevole, in quanto la polizia giudiziaria, dopo 3 mesi dall'effettuazione del sequestro può procedere alla distruzione delle merci contraffatte sequestrate, previa comunicazione all'autorità giudiziaria, fatta salva la facoltà di conservazione di campioni da utilizzare a fini giudiziari.
Tale ultima procedura potrebbe essere sostanzialmente resa applicabile anche ai procedimenti contro noti in presenza di casi manifesti di contraffazione, come risultanti dall'esito di accertamenti, il cui svolgimento sia celere e non paralizzabile in sede di indagine ai sensi di quanto descritto prima. In questo caso la distruzione della merce non darebbe più luogo a problemi di custodia e deposito giudiziario di ingenti quantitativi di merce contraffatta.
D) Custodia giudiziaria dei beni strumentali alle attività di contraffazione
L'articolo 16 della legge n. 99/2009 prevede che siano affidati in custodia giudiziaria agli organi di polizia richiedenti i mobili registrati (auto, aeromobili, natanti) sequestrati nel corso di operazioni di PG per la repressione dei reati di contraffazione. In alternativa l'autorità giudiziaria ne dispone la distruzione. Tale norma ha trovato scarsa attuazione, ed occorre riproporla.
3.2 Competenza in sede giurisdizionale
Una delle maggiori difficoltà nel contrasto della contraffazione da parte delle Procure è la oggettiva difficoltà di combattere su ambiti territoriali limitati e derivanti da una «geografia giudiziaria» risalente nel tempo, fenomeni che hanno spesso una connotazione internazionale e sovranazionale e che sono diffusi, per quanto riguarda l'Italia, su vari ambiti territoriali.
Di qui il problema che una stessa filiera contraffattiva viene contrastata nelle diverse fasi della produzione, della distribuzione e della vendita al dettaglio da Procure diverse, pur essendo articolazioni di medesime organizzazioni criminali. Si perde in tal modo il nesso esistente tra queste fasi, che se fanno capo a realtà associative sono indagate dalle Procure distrettuali, mentre se svolte su base sistematica, Pag. 88 organizzata o anche da parte di singoli la competenza è delle Procure circondariali.
Nel punto 2.11 si è illustrata la situazione normativa esistente in merito all'articolo 51, comma 3-bis c.p.p. alla quale ci si richiama anche per una eventuale rimeditazione della novella recata dalla legge n. 9 del 2009.
L'esigenza sulla quale si sofferma la Commissione è quella di salvaguardare l'intendimento del legislatore che ha approvato l'articolo 15, comma 4 della legge 23 luglio 2009, n. 99 ha introdotto nell’articolo 51, comma 3-bis c.p.p. il riferimento al reato di associazione a delinquere (articolo 416) realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474 c.p., tra quelli attribuiti alla competenza delle Procure distrettuali antimafia, non tanto per quanto riguarda la competenza delle D.D.A. ma per quanto attiene alla necessità di garantire un ambito territoriale più vasto rispetto alle Procure circondariali per lo svolgimento delle indagini.
Un efficace contrasto della contraffazione, ormai in larghissima parte realizzata da filiere internazionali del crimine, rende necessario evitare la frammentazione delle indagini e consentire la ricostruzione di tali filiere criminali nella loro interezza, come avviene per i reati associativi più gravi (53) .
L'occasione di una nuova sistemazione nel codice penale delle norme per la lotta alla contraffazione potrebbe consentire di attribuite le fattispecie di contraffazione di particolare gravità come sopra indicate alle Procure distrettuali, lasciando alle Procure circondariali le indagini sulle fattispecie riconducibili ad ambiti territoriali ristretti, anche solo per gli aspetti produttivi.
3.3. Misure cautelari reali
Stante, da un lato, la lunghezza dei processi e la difficoltà di concludere i tre gradi di giudizio con sentenza, a motivo dei carichi di lavoro di procure tribunali e per effetto dell'intervento della prescrizione, e dall'altro l'esigenza di impedire la prosecuzione di attività che portino alla reiterazione dei reati di contraffazione, si è posto il tema dell’anticipazione in via cautelare di misure reali che abbiano un'efficacia interdittiva dalla continuazione all'esercizio di attività legali dietro le quali si nascondano comportamenti criminali.
L'articolo 321 c.p.p. prevede il sequestro preventivo delle cose pertinenti al reato quando vi sia il pericolo che la disponibilità di esse possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso o di altri reati; il sequestro può essere disposto anche per le cose di cui è consentita la confisca. Tali norme non consentono invece la sospensione dall'esercizio di una professione o da un commercio, che può continuare in altri capannoni industriali con i medesimi titolari anche se indagati.
Va quindi esaminata la possibilità dell'introduzione di una misura cautelare a modello della interdizione dall'esercizio di professione o Pag. 89 commercio che attualmente è prevista solo come sanzione accessoria e che può intervenire solo all'esito del processo del genere, ferme restando tutte le cautele processuali per tali misure previste dal c.p.p a tutela dei diritti dell'indagato.
3.4. Rogatorie internazionali
Le dimensioni sovranazionali delle filiere della contraffazione, con particolare riferimento alla grande incidenza della filiera di provenienza cinese nel settore della contraffazione evidenzia, nella realtà applicativa, la difficoltà di condurre indagini che esulano dal mero ambito italiano. Un aspetto particolare in tal senso è rappresentato dalla difficoltà, dalla lunga durata e dal costo elevato, di effettuare le rogatorie internazionali, ai sensi degli artt. 723 e segg. c.p.p. che sarebbero necessarie ma che di fatto rendono difficilmente utilizzabili tali strumenti.
Nel caso della contraffazione via web la difficoltà è aumentata dalla sussistenza di un mercato di provider, piattaforme digitali e siti di grande impatto commerciale nel settore localizzati fuori dell'Italia e di difficile individuazione quanto ad area geografica di riferimento.
4. RAFFORZAMENTO DEL COORDINAMENTO DELLE FORZE DI POLIZIA
Per le argomentazioni indicate nei punti precedenti e per un'evidente differenziazione delle «contraffazioni», che a seconda del settore produttivo e merceologico, seguono modalità diverse sia in termini di produzione che di distribuzione che di vendita al dettaglio, occorre valutare, da un lato, un maggiore coordinamento tra di esse e dall'altro valutare forme di specializzazione delle forze di polizia impiegate nel settore. A tali temi va aggiunto quello del ruolo della polizia amministrativa nel contrasto della contraffazione.
4.1 Le esigenze di coordinamento
La legge n. 121 del 1981 affida la responsabilità della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica al Ministro dell'interno, qualificato come autorità nazionale di pubblica sicurezza. A tal fine ha l'alta direzione dei servizi di ordine e sicurezza pubblica e coordina in materia i compiti e le attività delle forze di polizia.
Il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica, presieduto dal Ministro dell'interno, è organo ausiliario di consulenza del Ministro per l'esercizio delle sue attribuzioni di alta direzione e di coordinamento in materia di ordine e sicurezza pubblica, ed è composto da un Sottosegretario di Stato per l'interno, designato dal Ministro, con funzioni di vice presidente, dal capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza, dal comandante generale dell'Arma dei carabinieri, dal comandante generale del Corpo della guardia di finanza, dal direttore generale dell'Amministrazione penitenziaria e dal dirigente generale capo del Corpo forestale dello Stato. Ai sensi dell'articolo 19 della legge n. 121/1981 il Comitato deve esprimersi, tra l'altro (lett. b) sui piani per l'attribuzione delle competenze funzionali e territoriali alle forze di polizia e (lett. e)) sulla pianificazione della dislocazione e del coordinamento delle forze di polizia e dei loro servizi tecnici.
Presso la prefettura è istituito il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, quale organo di consulenza del prefetto per l'esercizio delle sue attribuzioni di autorità provinciale di pubblica sicurezza. È presieduto dal prefetto ed è composto dal questore, dal sindaco del comune capoluogo e dal presidente della provincia, dai comandanti provinciali dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, e del Corpo forestale dello Stato, nonché dai sindaci degli altri comuni interessati.
4.2 Il principio di specializzazione
Il principio della specializzazione delle forze polizia è presente nell'ordinamento in forza di disposizioni di legge e di provvedimenti amministrativi.
Tale principio rappresenta una soluzione operativa volta a temperare la situazione oggi esistente di un pluralità di forze di polizia aventi competenza generale, che informa largamente l'ordinamento della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, a ciascuna delle quali sono attribuite i compiti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza che la legge rimette a ciascuna Forza di polizia ed ai suoi appartenenti.Pag. 91
Il decreto 28 aprile 2006 del Ministero dell'interno recante «Riassetto dei comparti di specialità delle Forze di polizia» fissa le direttive per il riassetto dei comparti di specialità delle Forze di polizia, ritenendo «necessario riconsiderare l'assetto dei comparti di specialità delle Forze di polizia, in coerenza con l'evoluzione del quadro normativo di settore, al fine di attuare una coordinata pianificazione interforze che assicuri la massima efficacia dell'azione di prevenzione e contrasto per le finalità generali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica».
Già la direttiva del Ministro dell'interno del 12 febbraio 1992, al fine di consolidare i comparti di specialità delle Forze di polizia a competenza generale, prevedeva che la Polizia di Stato e l'Arma dei carabinieri dovessero «tener conto dell'esigenza di sviluppare le potenzialità operative dei rispettivi comparti di specializzazione, privilegiando anche la mirata qualificazione del personale destinato a prestare servizio nelle citate specialità».
Il decreto 28 aprile 2006 rileva l'evoluzione del quadro legislativo, che ha contribuito a creare problemi di sovrapposizione delle competenze di più Forze di polizia nei medesimi ambiti di attività e la circostanza che più fonti legislative abbiano recato elementi di specializzazione tra le forze di polizia: il D.Lgs. n. 68 del 2001 ha attribuito nuove funzioni in materia economica e finanziaria alla Guardia di finanza; la legge n. 36 del 2004 ha attribuito funzioni specifiche per la difesa del patrimonio agroforestale italiano e la tutela dell'ambiente, del paesaggio e dell'ecosistema al Corpo forestale dello Stato; la conferma, in un quadro evolutivo, delle competenze specialistiche della Polizia di Stato e dell'Arma di carabinieri in specifici ambiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 2001, n. 208, al D.Lgs. 5 ottobre 2000, n. 297 ed altre disposizioni di settore. La direttiva afferma che «all'attribuzione di un comparto di specialità e alla individuazione di ambiti di intervento rimessi – per legge o ai sensi della presente direttiva – alla competenza esclusiva o prevalente di una Forza di polizia deve, pertanto, conseguire – come già stabilito nella direttiva del 1992 – che solo la Forza di polizia prescelta ha facoltà di create strutture deputate all'esercizio di quella funzione e che essa, inoltre, costituisce per le altre Forze di polizia il fondamentale polo di gravitazione informativa e di analisi.»
Tra i settori oggetto di indicazioni nella direttiva il tema della contraffazione non è rubricato unitariamente, come settore omogeneo di intervento, ma singoli aspetti sono riportati in specifichi settori.Pag. 92
La seguente tabella riporta i riferimenti contenuti in altri settori che riguardano anche la contraffazione:
*Comprese nella voce unitaria Sicurezza delle reti di comunicazione: la Forza di polizia competente ad intervenire è individuata avuto riguardo alla natura del fatto e dei reati, o delle violazioni amministrative ad esso ricollegabili, che si intendono prevenire o contrastare.
4.3 Banche dati
Il tema delle banche dati è particolarmente bisognoso di riconduzione ad unitarietà. Nella Banca dati IPERICO gestita dal MISE sono Pag. 95 replicati i dati in possesso della Guardia di Finanza e dall'Agenzia delle Dogane, ma non quelli derivanti da operazioni condotte da Carabinieri e Polizia di Stato. Nel rapporto CENSIS-MISE 2014 i dati relativi ai sequestri sono riportati infatti distintamente a seconda delle forze dell'ordine procedenti. Il coordinamento si deve estendere anche alle banche dati delle Camere di commercio e dell'anagrafe tributaria, al fine di consentire un efficace controllo sulle nuove imprese che specialmente in certi comparti, si pensi al distretto tessile di Prato interessato dal fenomeno delle imprese cinesi che si costituiscono e poi mutano denominazione o cessano rapidamente di esistere, ferma restando la continuazione delle attività nei medesimi capannoni industriali, attualmente presenta numerosi problemi.
4.4 Ruolo della Polizia amministrativa
Rispetto alle fattispecie di illecito amministrativo che sanzionano l'acquirente finale di merce contraffatta (articolo 1, comma 7 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 conv. con mod. dalla L. 14 maggio 2005, n. 80 «Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale») ovvero l'acquisto effettuato da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto diverso dall'acquirente finale, è già presente nell'ordinamento un ruolo specifico della polizia amministrativa.
Infatti la norma citata, prevede che, fermo restando i poteri di accertamento degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, all'accertamento di tali illeciti amministrativi provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa.
Il comma 8 prevede che le somme derivanti dall'applicazione delle sanzioni siano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad appositi capitoli dello s.d.p. del Ministero delle attività produttive e del Ministero degli affari esteri, da destinare alla lotta alla contraffazione.
Nel caso di sanzioni applicate da organi di polizia locale, le somme sono destinate per il 50 per cento all'ente locale competente e per il restante 50 per cento allo Stato, secondo le modalità di cui al primo periodo.
L'applicazione di tale norma è stata valutata come inefficace nel corso di audizioni in Commissione, tra i quali si ricorda il Comandante generale della Guardia di Finanza (54) che ne ha auspicato la rivitalizzazione.
Nel corso di audizione della Presidente delegata del CNAC sen. Vicari è stato preannunciata un'iniziativa legislativa per migliorare tale normativa in termini di maggiore efficacia.
4.5 Coordinamento in sede internazionale
In tema di coordinamento internazionale dei profili investigativi è stato ritenuto utile (55) il completamento del processo di attuazione della decisione quadro del Consiglio UE n. 465 del 2002 concernente Pag. 96 l'istituzione di squadre investigative comuni sovranazionali. Rispetto alle filiere di contraffazione di provenienza cinese è stata auspicata la ratifica del Trattato Italia-Cina in materia di reciproca assistenza giudiziaria penale, siglato a Roma nel 2010.
Da quanto sopra esposto si possono enucleare alcune proposte.
A) La direttiva del Ministro dell'interno 28 aprile 2006 rivela un quadro di parziali sovrapposizioni e duplicazioni di competenze specialistiche e conseguenti problemi di coordinamento tra le forze di polizia. La stessa direttiva evidenzia come nel caso di alcuni settori (commercio elettronico, diritto d'autore) vi siano contiguità dell'azione investigativa tra diverse Forze di polizia.
Inoltre il tema della contraffazione non è esplicitamente contemplato ma solo de relato con riferimento alla tutela dei diritti di proprietà industriale.
La direttiva, a prescindere da eventuali interventi legislativi di riordino delle competenze delle Forze di Polizia, onde assicurare maggiore specializzazione ed evitare duplicazioni funzionali ed organizzative, potrebbe essere oggetto di modifica al fine di evidenziare la lotta alla contraffazione come tema meritevole di trattazione unitaria, disciplinando con chiarezza l'assegnazione delle competenze in materia, a seconda dei settori merceologici coinvolti.
B) Il raccordo con la Polizia municipale, che non partecipa di diritto ai citati organismi ausiliari di coordinamento delle funzioni di ordine e sicurezza pubblica né a livello nazionale né a livello provinciale, è affidato, in ambito territoriale, solo alle disposizioni impartite dai singoli sindaci. Nel Comitato provinciale la polizia municipale partecipa solo su invito del Prefetto. Potrebbe allo scopo ipotizzarsi una partecipazione diretta e necessaria dei responsabili delle forze di polizia amministrativa ai Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica in materia di lotta alla contraffazione anche, onde incrementare la funzione di coordinamento con le polizie nazionali e sensibilizzare sulla rilevanza del problema.
C) Le polizie municipali sono per definizione strutture operative al servizio dei singoli comuni. Tuttavia la necessità di adoperare metodologie condivise e di accrescere il processo di formazione specialistica circa le caratteristiche del fenomeno della contraffazione e le tecniche di contrasto potrebbe suggerire la promozione di iniziative volte a favorire tale processo e forme di coordinamento funzionale tra le diverse realtà di polizia amministrativa operanti sul territorio.
Per il coordinamento delle banche dati, e la loro attingibilità in modo unitario e completo da qualsiasi forza dell'ordine che indaga sui reati di contraffazione, ferma restando l'alimentazione distinta, è necessario introdurre una previsione dispositiva che in tempi rapidi (massimo un anno) obblighi all'utilizzo di una piattaforma comune. La norma può essere prevista in una revisione della direttiva del Ministero dell'interno sul coordinamento e la specializzazione delle forze di polizia, ma appare opportuna sia prevista da una norma di legge ad hoc.
(1) http://europa.eu/documents/comm/green–papers/pdf/com98–569–it.pdf.
(2) Libro Verde della Commissione «Lotta alla contraffazione ed alla pirateria nel mercato interno», p. 7.
(3) http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do ?uri=OJ:L:2003:196:0007:0014:IT:PDF.
(4) United Nations office on Drugs and Crime, The Globalization of Crime. A Transnational Threath Crime Assessment, 2010, pp. 177-178.
(5) BASCAP (Business Action to Stop Counterfeiting and Piracy) and ICC (International Chamber of Commerce), Roles and Responsabilities of Intermediaries: Fighting Counterfeiting and Piracy in the Supply Chain, 2015.
(6) UEB (Ufficio Europeo Brevetti) e UAMI (Ufficio per l'Armonizzazione del Mercato Interno), Intellectual Property Rights Intensive Industries: Contribution to Economic Performance and Employement in Europe, 2013.
(7) Dato citato nel 2015 Situation Report on Counterfeiting in the European Union redatto dall'Europol e dell'UAMI, pag. 13.
(8) In Italia e nei Paesi dell'Unione europea, così come negli Stati Uniti in Canada ciò è molto difficile che accada all'interno della filiera farmaceutica che è molto controllata. I farmaci contraffatti, principalmente quelli noti come lifestyle drugs (per esempio quelli che trattano le disfunzioni erettili o le pillole per dimagrire), vengono commerciati attraverso canali alternativi, soprattutto via web. In altri Paesi la situazione è diversa. Uno studio condotto dall'UNICRI (United Nations Interregional Crime and Justice Research Institute) e dall'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha rilevato che la quota di mercato dei farmaci contraffatti va dall'1 per cento dei Paesi di prima industrializzazione fino al 50 per cento di alcuni Paesi meno abbienti (UNICRI e AIFA, Counterfeit Medicines And Organized Crime, Torino, 2012).
(9) UAMI, Il costo economico della violazione dei diritti di proprietà intellettuale (DPI) nel settore dei prodotti cosmetici e di igiene personale: relazione su uno studio pilota, Bruxelles, 2015.
(10) UAMI e EUROPOL, Situation Report on Counterfeiting in the European Union, 2015.
(11) Commissione Europea, Direzione generale della fiscalità e dell'unione doganale, Report on EU Custums enforcement of intellectual property rights. Results at the EU border, 2013.
(12) La Cina sta rafforzando il contrasto alla produzione di merci contraffatte all'interno dei propri confini. Il crescente coinvolgimento delle imprese cinesi in settori ad altra intensità di proprietà intellettuale ha portato il governo e le imprese ad attribuire maggiore importanza alla protezione della proprietà intellettuale anche perché la contraffazione comincia a danneggiare anche i loro marchi (Europol, 2015 Situation report on Counterfeiting in the European Union).
(13) Europol – UAMI «2015 Situation Report on Counterfeiting in the European Union».
(14) Censis, Ministero dello Sviluppo Economico – Direzione Generale per la Lotta alla Contraffazione Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, La contraffazione: dimensioni, caratteristiche ed approfondimenti – Rapporto 2014 La parola ai giovani e al territorio, p. 5.
(15) http://www.uibm.gov.it/iperico/home/Rapporto–Iperico–2014.pdf.
(16) Nel rapporto non sono contemplati alimentari, bevande, tabacchi e medicinali.
(17) Salvo la farmaceutica che rappresenta una voce marginale in termini percentuali sul totale della contraffazione.
(18) SOS Impresa, Le mani della criminalità sulle imprese, XIII Rapporto di SOS Impresa, Aliberti Editore, 2012.
(19) Gulino L., Contraffazione e criminalità organizzata, Gnosis. Rivista italiana di intelligence, 2013, 2 <http://gnosis.aisi.gov.it/gnosis/Rivista35.nsf/ServNavig/35-05.pdf/$File/35-05.pdf ?OpenElement>.
(20) Field Service Italia, Io non voglio il falso, Ministero dello Sviluppo Economico, 2013 <http://www.cnac.gov.it/attachments/article/42/indagine%20sulla%20contraffazione% 20%5Bmodalit%C3%A0%20compatibilit%C3% A0%5D.pdf>.
(21) Censis, Ministero dello Sviluppo Economico – Direzione Generale per la Lotta alla Contraffazione Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, La contraffazione: dimensioni, caratteristiche ed approfondimenti – Rapporto 2014 La parola ai giovani e al territorio, p. 107 e seg.
(22) Come si può leggere dal «Libro verde: la lotta alla contraffazione delle Comunità Europee» del 1998.
(23) Le free trade zone (FTZ) sono delle aree geografiche limitate che non sono tenute a seguire le leggi dello Stato che le ospita in materia di pressione fiscale, lavoro, quote e controlli doganali purché le merci prodotte o lavorate al loro interno non entrino nello Stato ospitante. Ciò permette ai carichi dei container di essere spediti, modificati, gestiti e riesportati senza alcun intervento da parte dell'autorità doganale del Paese sul quale la FZT insiste.
(24) Osservatorio B2c Netcomm-Politecnico di Milano, L'eCommerce B2c in Italia: le prime evidenze per il 2014, 2014.
(25) Con il termine nome a dominio si indica l’«indirizzo» che digitiamo, quasi sempre preceduto da «www.», nella barra di navigazione del browser (il programma utilizzato per la navigazione internet) per collegarci ad un sito internet. La maggioranza dei nomi a dominio è costituita da una parola seguita da un punto e da un'estensione (ad esempio www.tuomarchio.it).
(26) http://www.confconsumatori.it/wp-content/uploads/2015/05/vademecum-IT-v4–5–15.pdf.
(27) Con la definizione origine non preferenziale ci si riferisce ad un prodotto proveniente da un Paese con il quale non sono stati sottoscritti accordi commerciali tesi all'esenzione di particolari tariffe doganali o restrizioni quantitative. Di contro l'origine preferenziale dà diritto all'esenzione o ad una riduzione dei dazi doganali all'esportazione della merce in uno Stato contraente.
(28) http://ec.europa.eu/taxation–customs/customs/customs–duties/rules–origin/non-preferential/article–411–en.htm.
(29) Art. 1, comma 4, della legge 55/2010.
(30) Composto da una Comunicazione generale, una proposta di Regolamento sulla vigilanza del mercato dei prodotti COM (2013) 75, un piano pluriennale sulla vigilanza del mercato dei prodotti dell'UE, una relazione sull'applicazione del regolamento CE) 765/2008 che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato, una proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza dei prodotti di consumo e che abroga la direttiva 87/357/CEE del Consiglio e la direttiva 2001/95/CE (COM(2013)0078).
(31) Coldiretti-Eurispes, «Agromafie, 3o Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia», p.156.
(32) Coldiretti-Eurispes, «Agromafie, 3o Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia»,, p. 156.
(33) Dati Federalimentare, audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, Roma, 09 marzo 2011. http://www.federalimentare.it/documenti/ContraffazionePirateriaCommerciale.pdf.
(34) Dati Federalimentare, audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, Roma, 09 marzo 2011. http://www.federalimentare.it/documenti/ContraffazionePirateriaCommerciale.pdf.
(35) L'articolo 4, comma 49 specifica che: «Costituisce falsa indicazione la stampigliatura «made in Italy» su prodotti e merci non originari dall'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana».
(36) Il progetto è disponibile sul sito: www.oecd.org/sti/counterfeiting.
(37) Tra le principali iniziative congiunte: una riunione di esperti per esaminare metodi e tecniche per la misurazione del fenomeno della contraffazione organizzata da OCSE e OMPI il 17-8 ottobre 2005 i cui documenti sono disponibili all'indirizzo:
http://www.oecd.org/document/21/0,3343,en–2649–34173–35647829–1–1–1–1,00.html.
(38) http://harmonizedsystem.wcoomdpublications.org/ ?a–DisplayLanguage=it.
(39) http://ec.europa.eu/consumers/consumers–safety/product–safety–legislation/product–safety–and–market–surveillance–package/docs/psmsp-act–en.pdf.
(40) Disponibili sul sito web del Consiglio (www.consilium.europa.eu/register/it/content/int/ ?typ=ADV):
a. Conclusioni del Consiglio sull'elaborazione e attuazione di un ciclo programmatico dell'UE per contrastare la criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità internazionale (doc. 15358/10);
b. Conclusioni del Consiglio che fissano le priorità dell'UE nella lotta alla criminalità organizzata e alle forme gravi di criminalità nel periodo 2014-2017 (doc. 12095/13);
c. Mandato dell'Empact (doc. 14518/12).
(41) Sul tema del Money Transfer v. audizione del Proc. della Repubblica di Firenze Creazzo dell'11 maggio 2015, pag. 7 del Res. Stenografico e audizione del Comandante Generale della Guardia di Finanza Capolupo il 16-10-2014.
(42) Sono stati auditi in questa fase: l'11-09-2104 il Ministro per lo sviluppo economico, Federica Guidi; il 17-09-2014 il Presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti; il 25-09-2014 il Vicepresidente di Confindustria con delega per il settore della lotta alla contraffazione, Lisa Ferrarini; il 9-10-2014 il Presidente del CNA, Daniele Vaccarino; il 16-10-2014 il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Saverio Capolupo; il 23-10-2014 il Presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo; il 29-10-2104 il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina; il 6-11-2014 il Sottosegretario del Ministero dello sviluppo economico, Simona Vicari; il 13-11-2014 il Presidente di Agrinsieme, Mario Guidi; il 27-11-2014 il Presidente dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato (AGCM), Giovanni Pitruzzella; il 4-12-2014 il Presidente di Confcommercio nazionale, Carlo Sangalli.
(43) Sono stati auditi: il 16 febbraio 2015 il Sostituto Procuratore della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani, Antonio Savasta e il Sostituto Procuratore della Repubblica di Siena, Aldo Natalini; il Capo del III Reparto Operazioni del Comando Generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti, il Comandante del Comando Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari Gianluca Dell'Agnello e il Direttore della Divisione II (Sicurezza Agroambientale e Agroalimentare) del Corpo Forestale dello Stato Amedeo De Franceschi; il 25 marzo 2015 il Direttore Generale dell'Agenzia delle dogane Giuseppe Peleggi; il 26 marzo 2015 il Presidente del Comitato Scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare Giancarlo Caselli, il Comandante Generale dei NAS dei Carabinieri Cosimo Piccinno e il Capo del Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali Stefano Vaccari; il 2 aprile 2015 il Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AG COM) Marcello Cardani; il 9 aprile 2015 il Sostituto Procuratore della Repubblica del Tribunale di Milano, Tiziana Siciliano; il 16 aprile 2015 il Procuratore Capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Giovanni Colangelo; il 7 maggio 2015 il Sostituto Procuratore della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena Aldo Natalini; l'11 maggio 2015 il Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Firenze Giuseppe Creazzo e il Procuratore Capo f.f. della Repubblica presso il Tribunale di Prato Antonio Sangermano; l'11 giugno 2015 il Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza e Direttore Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell'Interno, Prefetto Fulvio Della Rocca; il 17 giugno 2015 il Procuratore Aggiunto Vicario della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Michele Prestipino Giarritta e il Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Agnello Rossi.
(44) Sul punto v. considerazioni Sost. Proc. Rep. Siena dr. Natalini, Res, Sten. Pagg. 18 e segg. del 7 maggio 2015.
(45) Sul punto si veda l'audizione del Sost. Proc. Rep. Milano dr.ssa Siciliano, pagg. 3 e 12, Res. Stenografico del 9 aprile 2015.
(46) Sul punto v. considerazioni Proc. Capo Proc. Rep. Napoli, Colangelo del 16 aprile 2015, pagg. 4 e segg.
(47) http://www.camera.it/leg17/210 ?commissione=64.
(48) articolo 15, comma 4, della legge 23 luglio 2009, n. 99 che ha modificato il comma 3-bis dell'articolo 51 c.p.p., a sua volta richiamato, quanto al profilo della competenza giurisdizionale, dall'attuale articolo 102 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 «Codice delle leggi antimafia».
(49) Circa i problemi applicativi di tale norma v. audizione del Procuratore capo della Rep. di Prato f.f. Sangermano dell'11 maggio 2015, pagg. 26 e segg. del Res. Stenografico.
(50) V. tra gli altri, audizione del Proc. Capo della Repubblica di Firenze Creazzo l'11 maggio 2015, pag. 13 del Res, stenografico e audizione del Proc. Aggiunto della Rep. di Roma Prestipino del 17 giugno 2015, pagg. 25 e segg. del Res. stenografico.
(51) V. audizione del Proc. Aggiunto della Rep. di Roma Prestipino del 17 giugno 2015, pagg. 14 e segg. del Res. stenografico.
(52) V. audizione del Proc. Capo della Repubblica di Firenze Creazzo l'11 maggio 2015, pag. 13 del Res, stenografico.
(53) Si rinvia al proposito alla audizione del Comandante Generale della Guardia di Finanza Capolupo il 16 ottobre 2014. Nel corso della citata audizione si proponeva di estendere la competenza delle Procure distrettuali anche alle ipotesi di contraffazione aggravata ex articolo 474-ter c.p. ossia alle condotte non riconducibili all'associazione a delinquere ma ad attività organizzate o commesse in modo sistematico.
(54) V. Relazione depositata nel corso della citata audizione, pag. 48.
(55) V. citata audizione della Guardia di Finanza.
Pag. 97RELAZIONE SULLA CONTRAFFAZIONE NEL SETTORE TESSILE: IL CASO DEL DISTRETTO PRODUTTIVO DI PRATO
Pag. 98 Pag. 99I N D I C E
Pag. 101Introduzione
La presente relazione costituisce il frutto dell'approfondimento tematico, relativamente al settore del tessile e della moda, deliberato dalla Commissione il 17 settembre 2014 su alcuni settori di particolare importanza nel fenomeno della contraffazione.
In particolare la Commissione ha esaminato un case study di particolare significato non solo nel settore del tessile e della moda, ma in generale per l'intero tema della lotta alla contraffazione quale quello del distretto produttivo di Prato.
Prato è importante per la specificità del contenuto di eccellenza del tessile e della moda che, unitamente ai distretti produttivi dell'area vasta del tessile e degli accessori personali della Toscana (Firenze e Valdarno per il cuoio, pelletteria e calzature, Empoli e Pistoia per il tessile) costituisce vanto del Made in Italy in Italia, in Europa e nel mondo. L'eccellenza di tale area vasta è dovuta al fatto che la qualità e la quantità dei prodotti e la residenza in tale zona di marchi importanti a livello mondiale (1) rende condivisibile l'affermazione del Sindaco di Prato Biffoni che, nel corso dell'audizione del 23 novembre 2014 a Prato, ha parlato, al proposito, dei «tessuti più importanti del mondo e della grande moda».
Per un organo parlamentare di contrasto del grave fenomeno economico e sociale della contraffazione l'analisi di tale realtà costituisce un approccio metodologico particolarmente opportuno, dove verificare sia le problematiche esistenti e le forme con le quali tale fenomeno si manifesta, in presenza inoltre di una forte presenza in loco di una comunità straniera, quella cinese, nonché le modalità di contrasto e le soluzioni che le Istituzioni pubbliche e i soggetti protagonisti dei processi produttivi, le imprese, le associazioni categoria e le forze del lavoro, possono mettere in campo.
Partendo da Prato, dunque, la Commissione, dopo quasi un anno di lavoro, può svolgere il proprio compito di analisi e inchiesta e, allo stesso tempo, proporre modelli e soluzioni concrete per la lotta alla contraffazione, sia nel tessile sia nel settore degli accessori personali che sono ugualmente interessati da tale fenomeno e per i quali si possono adottare soluzioni comuni.
Qui dal dicembre 2013, dopo i tragici fatti dei lavoratori cinesi morti nel rogo di un capannone-dormitorio, vi è stato un salto di qualità della lotta alla contraffazione, perché se da un lato è emerso chiaramente per l'opinione pubblica il legame tra l'illegalità delle imprese, la violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, lo sfruttamento del lavoro in nero, i legami con la criminalità organizzata e le filiere internazionali della contraffazione, dall'altro è stato significativo constatare come tutte le istituzioni competenti – Prefettura, Forze dell'ordine, Magistratura, Regione Toscana, Comune di Prato, imprese e organizzazioni sindacali – si siano mosse contestualmente per contrastare il fenomeno e favorire l'adozione di misure efficaci per Pag. 102 il superamento del problema, senza peraltro marginalizzare le realtà sociali e imprenditoriali straniere.
1. Rilevanza del distretto tessile di Prato nel comparto produttivo Tessile-Moda italiano ed europeo
1.1. La realtà del distretto di Prato
La scelta di Prato come case study nel settore della contraffazione trae origine dal fatto che il distretto è un vero e proprio «laboratorio di impresa», qualificato dalla presenza di lavorazioni espressive al massimo livello di prodotti del Made in Italy, in un settore come quello tessile e della moda ove l'eccellenza italiana è rinomata a livello mondiale e riveste una particolare rilevanza economica per l'intero settore della produzione tessile italiana ed europea.
Il distretto abbraccia comuni di tre province toscane (Prato, Montemurlo, Vaiano, Vernio, Cantagallo, Poggio a Caiano e Carmignano della provincia di Prato; Agliana, Quarrata e Montale della Provincia di Pistoia; Campi Bisenzio e Calenzano della provincia di Firenze). (2) In tutta la provincia di Prato opera uno dei più grandi distretti tessili europei, con 7.194 imprese dedite a tale tipo di attività, pari a circa l'80% delle imprese operanti nel complesso nella provincia e 34.746 addetti. (3)
I dati economici riferiti al terzo trimestre del 2014 nel distretto tessile di Prato hanno registrato, dopo anni di crisi dovuta alla situazione economia generale, un aumento dell'export che sfiora il 10%, dovuto ai filati e ai tessuti, la produzione da sempre più "pesante", che ha accelerato la crescita (+10,9% nel trimestre luglio-settembre 2014). Nei primi nove mesi 2014 il distretto tessile pratese – ancora leader in Italia e in Europa con 20 mila addetti, 2,9 miliardi di fatturato 2013 e 1,5 miliardi di export – ha aumentato le vendite all'estero del 6,6% a 1,2 miliardi di euro. (4)
Il distretto tessile di Prato costituisce dunque, non solo per l'Italia, uno snodo vitale per il comparto del tessile e della moda, essendo caratterizzato, dal punto di vista della produzione, da una forte divisione e specializzazione del lavoro tra piccole imprese e da un volume di affari considerevole. Sono realizzate nel distretto produzioni di elevata qualità, pienamente rappresentative del livello tradizionale del Made in Italy.
Il fatturato del comparto tessile-moda italiano, dopo un biennio di segno negativo, nel 2014 ha invertito il trend, tornando complessivamente a crescere, con +3,3% su base annua, per un volume di affari di 52,4 miliardi di euro. Larga parte di questo andamento è dovuto alle vendite sui mercati internazionali, nonché da una ripartenza del mercato interno intra-filiera, sostenuto anche dalla ripresa dell’import, pur essendo ancora in flessione i consumi finali delle famiglie italiane. Il valore aggiunto di tale produzione è dimostrato dal fatto che a tale andamento positivo del fatturato nel 2014 ha fatto da contraltare una Pag. 103 contrazione in termini di aziende dell'intero settore tessile in Italia, con un calo pari al –1,6% (corrispondente a circa 780 unità), ed una diminuzione della manodopera che dovrebbe frenare del –0,3% (pari in valore assoluto a oltre 1.200 addetti), come mostrato dalla seguente tabella. (5)
L'elevato valore aggiunto della produzione, riassumibile nella specificità dei prodotti dovuto alla qualità, alla ricercatezza del design, e alla tradizionale cura quasi artigianale delle lavorazioni, è espressione principe del Made in Italy, è alla base dell'incremento delle esportazioni, come evidenziato dalla seguente tabella. (6)
I mercati di sbocco del comparto Tessile-Moda nel 2014 sono stati sia europei, con una forte crescita di Germania, Regno Unito, Svizzera e Spagna, con una forte contrazione del mercato russo a seguito delle sanzioni internazionali, che extra europei, tra i quali sempre molto rilevante ed in crescita è quello degli Stati Uniti, con una tendenza ad una forte crescita dei mercati asiatici (Cina, Hong Kong, Corea del Sud), come evidenziato dalla tabella che segue (7) .
Proprio la capacità di penetrazione dei nuovi mercati mondiali dei Paesi dell'Asia (8) , che hanno registrato la maggiore crescita economica complessiva, a fronte della crisi economica che ha investito l'Occidente negli ultimi anni, costituisce una prospettiva decisiva per un comparto Pag. 105 di elevata qualità come il tessile-moda, espressione di un Made in Italy avente caratteristiche di unicità e specificità che garantisce accesso naturale e remunerativo ai mercati mondiali.
Da questo scenario brevemente descritto discende la rilevanza del distretto di Prato come simbolo di un comparto di grande rilevanza economica, produttiva e sociale per l'Italia e per l'Europa.
Allo stesso tempo, però, il territorio pratese è interessato da una forte penetrazione straniera, in prevalenza cinese, che è fortemente coinvolta nel settore produttivo in questione, spesso operando in situazioni di illegalità ma anche con fenomeni di cointeressenza da parte delle imprese produttive e dei servizi italiani.
Questa specificità è confermata dai dati: nel 2012 la Provincia di Prato è stata la provincia italiana con la percentuale (il 15,4%) di popolazione immigrata più alta rispetto ai residenti italiani, ed è stata tra le province italiane con il più elevato numero di imprese con un titolare straniero.
Durante le audizioni a Prato del novembre 2014 sono state esposte dalla Prefettura e dai rappresentanti delle forze dell'ordine e dalla Procura della Repubblica le caratteristiche che tale imprenditorialità ha assunto anche sul versante dell'illegalità diffusa nella realizzazione dei processi produttivi, ponendo problemi rilevanti sia sul versante della sicurezza sul lavoro, della tutela dell'ambiente, degli effetti distorsivi della concorrenza per l'economia reale e, non da ultimo, per lo sviluppo di produzioni di merci contraffatte. I tragici eventi del 1o dicembre 2013, con sette lavoratori cinesi morti in un rogo in un capannone industriale-dormitorio, hanno portato alla ribalta anche nazionale il fenomeno e chiamato le istituzioni a garantire una risposta adeguata, con strumenti più forti e con un maggiore coordinamento tra le Istituzioni.
Il fenomeno non è però inquadrabile solo in termini di un problema di ordine e sicurezza pubblica ma va valutato anche e soprattutto dal lato dell'incidenza economica e sociale della presenza e dell'integrazione cinese nel tessuto produttivo e sociale di Prato. A tale profilo hanno dato una risposta positiva le iniziative assunte dalla regione Toscana e dagli enti locali. (9)
L'esame dei problemi del distretto tessile di Prato e l'analisi delle risposte istituzionali e del mondo produttivo, sia italiano che delle comunità straniere, costituisce pertanto un tema complesso che è importante esaminare in un vero e proprio laboratorio economico e sociale, onde verificare la capacità dello Stato e degli enti territoriali di combattere l'illegalità e di assicurare nel contempo sia lo sviluppo delle realtà produttive, sia la piena e proficua integrazione sociale ed economica delle comunità straniere in Italia.
1.2. La filiera internazionale della contraffazione
Il fenomeno della contraffazione, tema che istituzionalmente rappresenta il filo conduttore dell'inchiesta condotta dalla Commissione, Pag. 106 d'altronde, costituisce un grave pregiudizio dell'economia italiana e del Made in Italy.
Gli approfondimenti che la Commissione, attraverso la missione a Prato e in un'ampia serie di audizione nelle sedi della Camera ha svolto per evidenziare le problematiche di settore, attengono sia a comportamenti che violano i diritti di proprietà intellettuale (contraffazione e usurpazione di marchi e segni distintivi delle aziende), sia comportamenti che concretano violazioni alla normativa sull'etichettatura o sull'origine del prodotto, inducendo in inganno i consumatori.
La contraffazione è ormai un fenomeno globale, di chiara derivazione internazionale e strettamente legata alla criminalità organizzata. Quindi va esaminato non solo per le conseguenze economiche (danni alle aziende, lesione della concorrenza, danni allo Stato per evasione fiscale) ma anche danni sociali (pericolosità per la salute dei consumatori di molti prodotti, violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro), ecc.
Il settore della moda e del tessile è particolarmente colpito della contraffazione.
In linea generale, con riferimento alla contraffazione come fenomeno globale che riguarda moltissimi settori merceologici, Indicam (10) stima dal 7% al 9% la quota di vendite di merci contraffatte rispetto all'intero commercio mondiale; l'incremento della contraffazione globale nel periodo 1994/2011 è stato complessivamente del 1850%, con 270.000 posti di lavoro persi negli ultimi 10 anni, di cui 125.000 circa nella sola Comunità Europea. Più del 50% della produzione mondiale di contraffazioni proviene dal Sud-Est asiatico e la destinazione è per il 60% l'Unione Europea, per il 40% il resto del mondo (compreso l’«autoconsumo»). La Cina è di gran lunga al primo posto, seguita da Corea, Taiwan e altri paesi dell'area asiatica. Una ricerca dell'OCSE del 2009 ha calcolato in 250 mld di dollari USA i prodotti contraffatti che hanno attraversato qualche frontiera doganale tra la produzione e il consumo. Indicam ritiene possibile il raddoppio di tale cifra se si considerano i prodotti consumati all'interno di una stessa area doganale (UE, NAFTA, ecc.).
Per quanto riguarda il tessile un recente report del luglio 2015 dell'UAMI (Ufficio per l'armonizzazione del mercato interno), l'Agenzia dell'Unione europea responsabile della gestione del marchio comunitario e del disegno e modello comunitario registrato, alla quale dal 5 giugno 2012 è stata affidata anche la gestione dell'Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, ha fornito i dati più recenti della contraffazione concernente i settori abbigliamento-calzature-accessori, considerati unitariamente. (11)
Secondo tale studio il complesso delle vendite di merce contraffatta per tale settore vale il 10% delle vendite totali di merce legale nei 28 Paesi UE. Sono circa 26 i miliardi di euro sottratti direttamente al fatturato complessivo del settore per effetto della contraffazione, con una perdita diretta complessiva nell'UE di circa 363 mila posti di lavoro. Se si considera l'indotto delle aziende non produttrici finali ma legate al settore la perdita di fatturato sale a 43,3 miliardi di euro, con la perdita di 518 mila posti di lavoro. A questi dati va sommata una Pag. 107 perdita di oltre 8 miliardi di euro di entrate statali non riscosse per effetto di evasione fiscale e previdenziale.
Per l'Italia la perdita di fatturato nel comparto dovuta alla contraffazione è di 4,5 miliardi di euro con una perdita di posti di lavoro sino a 50 mila unità (80 mila se si considera l'indotto). La tabella che segue pone a raffronto il dato italiano con gli altri principali produttori europei.
La contraffazione è una filiera produttiva essenzialmente gestita dalla criminalità organizzata, operante soprattutto in ambito sovranazionale.
La convenienza ad entrare in questo settore per le associazioni criminali, è data dagli enormi margini di guadagno a fronte sia di costi contenuti dal punto di vista produttivo, visto che le imprese di contraffazione sfruttano quasi sempre il lavoro nero o minorile ed operano secondo modalità di lavorazione che non esitano certo ad adoperare materiali o prodotti nocivi per la salute dei consumatori e l'ambiente, sia di un contrasto da parte delle Forze dell'ordine, dal momento che la lotta alla contraffazione non costituisce la priorità degli interventi repressivi da parte degli Stati, in quanto a tutt'oggi la percezione sociale e dei legislatori nazionali circa la pericolosità di tale attività illecita non è certo paragonabile ad altre urgenze nelle politiche penali. In Italia del resto le pene edittali previste dal codice penale sono tutto sommato contenute e i reati di contraffazione non sono certo la priorità di intervento da parte delle Procure che devono operare con mezzi limitati e un impressionante carico di processi ed inchieste pendenti.Pag. 108
Il ruolo della criminalità organizzata ha determinato un vero e proprio salto di qualità nelle produzione di merci contraffatte, in quanto organizzazioni criminali transnazionali hanno operato su scala mondiale per veicolare lo sbocco delle merci contraffatte e massimizzare i ritorni economici. Da quanto emerso nel corso delle audizioni con gli esponenti delle Procure e delle Forze dell'ordine le filiere internazionali della contraffazione hanno globalizzato i processi produttivi, individuando i luoghi più convenienti per produrre i beni contraffatti, le vie di transito più convenienti per l'accesso nell'area comunitaria di tali merci (ad esempio come riportato nel successivo punto 6.4 scegliendo le dogane europee dove i controlli sono più blandi) ed i mercati di smercio di tali prodotti, sia per la domanda potenziale che per l'effettività del contrasto in essi operanti.
Il carattere transazionale della contraffazione è accentuato dal sempre più crescente ricorso ai canali del commercio via web, ove l’e-commerce costituisce un canale ottimale per lo smercio internazionale di merce contraffatta.
Di qui la necessità di prevedere forme di contrasto che consentano di seguirne la dimensione sovranazionale. (12)
Il legame tra attività criminale e contraffazione ha fatto sì che i fenomeni contraffattivi siano in progressiva evoluzione, sia sotto il versante dei profili produttivi, che sotto quello dell'oggetto dell'attività di contraffazione. (13)
Le merci contraffatte in modo rozzo, tale da concretare il c.d. falso grossolano e da non ingannare il consumatore, che anzi sceglie consapevolmente di acquistare imitazioni palesi per lucrare sul prezzo non sono più il core business della contraffazione. Per intere categorie di merci e beni, ad esempio farmaci o giocattoli, il consumatore non è in grado di operare una scelta consapevole e si tratta di prodotti che possono essere dannosi per la salute per i materiali utilizzati o per le modalità di confezionamento.
2. I lavori della Commissione
2.1. La missione a Prato del 24 novembre 2014
La Commissione ha svolto il 24 novembre 2014 una missione a Prato incontrando i rappresentanti delle istituzioni, dei settori produttivi e delle parti sociali, per approfondire il tema del contrasto alla contraffazione nel settore tessile.
La delegazione era composta dal Presidente Mario Catania, dalla deputata Susanna Cenni, incaricata di relazionare in Commissione sulla problematica della contraffazione nel distretto tessile di Prato e dal deputato Mattia Fantinati. Sono stati auditi, in merito ai profili generali del fenomeno della contraffazione nel settore e alle iniziative Pag. 109 di contrasto messe in atto, i rappresentanti delle istituzioni di Prato, nelle persone di: Matteo Biffoni, Sindaco di Prato; Maria Laura Simonetti, Prefetto di Prato; Filippo Cerulo, Questore di Prato; Gino Reolon, Comandante provinciale di Prato della Guardia di Finanza; Gabriele Stifanelli, Comandante provinciale di Prato dei Carabinieri; Alberto Bronzi, Comandante provinciale di Prato del Corpo Forestale dello Stato; Andrea Pasquinelli, Comandante della Polizia Municipale di Prato. In un successivo incontro la delegazione della Commissione ha audito Antonio Sangermano, Procuratore Capo f.f. della Repubblica di Prato, sui temi del contrasto in sede giudiziaria del fenomeno della contraffazione. A seguire è stato audito Vinicio Biagi, Coordinatore dell'Area politiche solidarietà sociale e integrazione socio-sanitaria della Regione Toscana, sui temi del coordinamento tra Regione ed enti territoriali per lo sviluppo e il controllo del distretto tessile. Nella seduta pomeridiana è stata la volta delle audizioni con i rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e delle forze sociali, nelle persone di: Luca Giusti, Presidente della Camera di commercio di Prato; Andrea Cavicchi, Presidente dell'Unione industriali di Prato; Claudio Bettazzi, Presidente di RETEImprese di Prato e Presidente del CNA di Prato; Massimiliano Brezzo, Segretario Generale FILCTEM C.G.I.L. di Prato. Ha concluso la missione una visita nello stabilimento manufatturiero di Patrizia Pepe s.p.a. nella quale è stato approfondito il tema degli strumenti tecnologici utilizzati per consentire la tracciabilità dei prodotti. I resoconti delle audizioni e i documenti acquisiti in tale occasione sono consultabili sul sito internet della Camera e costituiscono un importante e aggiornato contributo alla conoscenza dei problemi che interessano il distretto di Prato. (14)
Molteplici sono stati i temi oggetto delle audizioni, volti a rilevare le caratteristiche delle filiere produttive del tessile e i problemi di contrasto da parte delle istituzioni dei fenomeni di illegalità, in larga parte connessi all'imprenditoria cinese.
2.2. Le audizioni in Commissione
Un'altra parte molto importante del lavoro si è svolta attraverso le audizioni in Commissione. Sono stati auditi: l'11 maggio 2015 il Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Firenze Giuseppe Creazzo e il Procuratore Capo f.f. della Repubblica presso il Tribunale di Prato Antonio Sangermano; l'11 giugno 2015 il Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza e Direttore Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell'Interno, Prefetto Fulvio Della Rocca; il 18 giugno 2015 Andrea Cavicchi, Presidente dell'Unione Industriale Pratese, l'avv. Giuseppe Cristiani del consiglio di amministrazione della Stefano Ricci s.p.a. e Presidente del Centro di Firenze per la Moda Italiana, Luca Giusti, Presidente della Camera di Commercio di Prato; il 2 luglio 2015 Giovanni Bettarini, assessore allo Sviluppo economico del Comune di Firenze, Enrico Rossi, Presidente della Giunta Regionale della Toscana, Bernardo Marasco Segretario Generale della FILCTEM-CGIL del territorio di Firenze, Gianfranco Salvi della Segreteria Nazionale UIL-UILTEC, Sergio Spiller, Presidente Pag. 110 della Segreteria Nazionale CILS-FEMCA; il 16 luglio 2015 il Direttore della Direzione Interregionale Toscana, Sardegna e Umbria dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, Gianfranco Brosco. Tra i profili di maggior interesse approfonditi in tale ambito vi sono state: le esperienze di contrasto istituzionale ai fenomeni di illegalità produttiva, tra cui le forme di coordinamento degli interventi dello Stato e degli enti territoriali con il Patto per Prato sicura: lo sviluppo delle c.d. filiere produttive etiche, nelle quali le aziende si impegnano a garantire che tutte le fasi di produzione, anche quelle di subfornitura, avvengano nel rispetto della legalità e senza l'inserimento di processi contraffattivi da parte di terzi nell'ambito di lavorazioni legali.
3. Il ruolo delle imprese cinesi nel distretto tessile di Prato
La presenza dell'imprenditoria cinese nel distretto di Prato costituisce un fenomeno complesso che va inquadrato sotto molteplici aspetti: per le potenzialità rappresentate dalla dimensione economica e il contributo alla produzione del distretto, per le relazioni sociali con la comunità autoctona e per i rapporti con il Paese d'origine, rilevanti anche da un punto di vista commerciale, per le criticità emerse rispetto alla filiera della produzione del tessile, che rilevano sia sotto il profilo della contraffazione dei prodotti che sotto quello del rispetto delle normative di settore, tra cui in primis quelle a tutela della sicurezza sul lavoro.
I dati mostrano la rilevanza del fenomeno.
Operano a Prato nel complesso quasi cinquemila aziende cinesi che danno un contributo al PIL provinciale di 705 milioni di euro, cioè l'11% del totale di Prato, pur essendo la comunità il 9% del totale della popolazione provinciale, con investimenti pari all'8%, e i consumi delle famiglie cinesi pari a 172 milioni di euro, ovvero il 5% del totale di Prato. (15)
Il dato fondamentale emerso nel corso delle audizioni, particolarmente con le organizzazioni datoriali del territorio, è costituito dalla dinamicità del fenomeno cinese.
La realtà economica e sociale odierna di tale comunità è diversa da quella degli anni ’90, periodo di inizio del fenomeno migratorio, e appare in costante trasformazione.
Nel corso di dieci anni l'immigrazione cinese a Prato è aumentata da 520 residenti cinesi registrati nel 1990 a 4.806 nel 2001. L'attività iniziale produttiva era quella di laboratori di cucitura per conto di imprese italiane, prima di maglieria e poi sempre più per l'abbigliamento pronto moda, tanto da far parlare di «delocalizzazione in loco» (16) con una crescita delle imprese cinesi di abbigliamento iscritte alla locale Camera di commercio dalle 210 nel 1992 alle 1.201 nel 2001.
A partire da tale data è iniziata la trasformazione e la moltiplicazione delle imprese cinesi, che si sono trasformati da meri subfornitori a produttori finali di abbigliamento pronto moda in conto Pag. 111 proprio, specializzandosi nel disegno dei modelli e nella vendita a grossisti e dettaglianti, utilizzando come subfornitori nuovi laboratori cinesi a Prato. Questa trasformazione ha portato alla creazione di un vero e proprio sistema produttivo cinese del pronto moda, con l'aumento delle imprese da 1.499 nel 2001 a 4.840 nel 2010. Le imprese cinesi rappresentano ormai il 17% del totale delle imprese in provincia di Prato. Con riferimento all'area vasta (oltre a Prato, anche Firenze, Empoli e Pistoia) la Regione Toscana ha censito la presenza odierna di circa 7.700 imprese.
Nell'analisi IRPET la presenza cinese a Prato è stimata in circa 40.000 persone, di cui 32.000 con permessi di soggiorno e un altro numero variabile privo di permessi di soggiorno. Questi numeri fanno ritenere plausibile l'esistenza di 20.000-25.000 lavoratori in produzioni nel settore delle confezioni del distretto cinese, di cui solo 11.000 lavoratori ufficialmente registrati.
Lo sviluppo dell'impresa cinese ha coinciso con la crisi del distretto pratese intervenuta nei primi anni del 2000, che ha comportato una riduzione permanente della domanda di tessuti e filati prodotti a Prato, con il dimezzamento delle esportazioni tessili della Provincia e la riduzione del numero delle imprese e degli addetti nel settore di oltre il 50% fra il 2001 e il 2011.
Lo sviluppo del pronto moda cinese, contemporaneamente alla crisi dell'industria tessile pratese, ha creato disagio sociale nei rapporti tra autoctoni e immigrati cinesi e ciò ha ostacolato l'adattamento dell'economia pratese nel suo complesso al mutato quadro di competizione globale.
Il fenomeno illegale riguarda le varie fasi della produzione, come sottolineato nell'audizione del sindaco di Prato Biffoni il 24 novembre 2014 a Prato, comprendendo sia l'ingresso illegale di tessuti, che non arrivano non più solo dalla Cina, ma anche dal Bangladesh, dal Vietnam, dall'India, e da altri Paesi asiatici, sia l'attività di trasformazione in capi di pronto moda, sia la commercializzazione che avviene non solo in Italia ma in tutta l'Europa, perché molti di questi capi, con un'etichetta evocativa del Made in Italy, sono destinati al mercato intracomunitario.
In linea generale si può affermare che la crisi degli ultimi anni, che ha coinvolto in modo diffuso il distretto tessile, ha determinato, da una parte, l'uscita dal mercato di una parte di quelle imprese italiane che non potevano più reggere la concorrenza commerciale di prodotti a basso valore aggiunto importati da Paesi con un costo del lavoro molto più basso che in Italia (ad esempio la Cina e l'India o i filati dal Pakistan); va registrato, invece, il rafforzamento di quelle imprese italiane che oltre ad innovare sui modelli di gestione e di commercializzazione, hanno puntato ad una maggiore qualità dei prodotti, nella fascia commerciale ad alto valore aggiunto – quasi artigianale – e di prezzo più elevato, in modo da intercettare la domanda delle nuove clientele dei mercati esteri in crescita economica, in larga parte dell'Asia. La tendenza è simile al processo di globalizzazione della produzione di merci in generale, che ha visto i fenomeni di delocalizzazione delle produzioni nei settori a basso valore aggiunto, qualitativo e tecnologico e il mantenimento delle produzioni in ambito Pag. 112 nazionale da parte dei Paesi in possesso di tali requisiti di know-how qualitativo e di complessità tecnologica.
4. Le forme della contraffazione a Prato
Il caso dell'imprenditoria cinese a Prato è stato definito come una vera e propria economia etnica, cioè formata da una pluralità di immigrati che a loro volta impiegano nuovi immigrati cinesi e dove il comune legame culturale e nazionale costituisce fattore primario per la sopravvivenza economica e l'avanzamento sociale. Il costo del lavoro delle imprese cinesi è particolarmente basso, perché per la comune nazionalità e i legami culturali i nuovi lavoratori immigrati lavorano per i loro connazionali a prezzi inferiori a quelli di mercato, rendendo così le aziende cinesi molto competitive.
Il tema dell'illegalità della conduzione di tali imprese è stato accertato dalla Commissione nel corso della missione a Prato del 24 novembre 2014.
Costituisce una realtà acclarata l'affermazione che la competitività delle aziende a conduzione cinese è legata strettamente anche a pratiche illecite assai diffuse all'interno della comunità, quali l'impiego di manodopera clandestina, l'inosservanza degli oneri previdenziali e delle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, spesso trasformati in dormitori, i pagamenti in nero, l'evasione fiscale, gli orari di lavoro prolungati e notturni e l'imitazione sistematica del design italiano. (17)
Il tema della contraffazione va dunque visto contestualmente al tema della conduzione illegale in senso ampio delle imprese cinesi. È stato affermato che vi è contraffazione dove c’è illegalità ed è di tutta evidenza che alla produzione di merci contraffatte si accompagnano i fenomeni illegali dello sfruttamento del lavoro, della violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, dell'evasione fiscale e contributiva, della tutela dell'ambiente e della salute pubblica.
L'esperienza sin qui maturata pone perciò motivi di seria riflessione in ordine alle possibili strategie di approccio al problema della illegalità diffusa che penalizza il distretto pratese, che impedisce decorose e sicure condizioni di vivibilità in ambiente lavorativo, dispiegandosi il lavoro all'interno dei c.d. «capannoni/alveari».
Il settore tessile e della moda è un settore naturalmente esposto al fenomeno della contraffazione, considerato sia l'alto valore dei marchi del mercato del lusso, espressione della qualità del Made in Italy, sia la possibilità di produrre a costi molto bassi articoli quasi del tutto simili, copiano il design originale.
La contraffazione è un fenomeno globale che determina anche nel distretto tessile e della moda di Prato ingenti danni economici e sociali: compromette la fiducia, e a volte la salute dei consumatori, fa diminuire il fatturato delle aziende e il prodotto interno lordo, riduce il numero di lavoratori regolari, fa crescere le spese aziendali per la sicurezza e priva lo Stato di una parte delle entrate fiscali; compromette il corretto funzionamento del mercato, attraverso una concorrenza sleale.Pag. 113
La contraffazione ha registrato negli ultimi anni un processo evolutivo.
Nelle audizioni del 24 novembre 2014 a Prato, la Guardia di Finanza, al fine di delineare la dimensione del fenomeno, ha fornito i dati relativi ai sequestri per violazioni attinenti alla normativa sulle etichettature e sulla sicurezza dei prodotti, operati dal 2012 all'ottobre 2014 nello specifico dalla Guardia di Finanza a Prato:
Anno | Quantità di prodotti sequestrati(in pezzi) | Metri di tessuto sequestrato(in m2) |
2012 | 347465 | 246.020 |
2013 | 32478 | 11.791.199 |
2014 (gennaio-ottobre) | 40467 | 9.079.644 |
I dati dei sequestri effettuati negli ultimi anni consentono di parlare di una vera e propria industria del falso e della contraffazione, fenomeno che non solo provoca danni consistenti al sistema economico e sociale, ma si rivela come una delle forme ormai più importanti e pericolose connesse all'attività di criminalità organizzata internazionale operante nei settori economici, con lo sfruttamento sistematico del lavoro nero ed irregolare e costituisce occasione di riciclaggio dei proventi illeciti di altre attività criminose.
Dai dati emerge la crescita del volume di importazione dei filati e dei tessuti, che servono poi alla realizzazione dei prodotti contraffatti in loco.
Il meccanismo principale delle produzioni illecite rilevanti per il tema della contraffazione è stato approfondito nelle citate audizioni a Prato con i rappresentanti delle organizzazioni datoriali (18) . Nel ciclo produttivo che porta al confezionamento di capi di abbigliamento e prodotti della moda il momento iniziale è rappresentato dall'approvvigionamento del filato. Questo prodotto semilavorato non è quasi mai coperto da un marchio di produzione, ed il fenomeno più frequente è dato dall'importazione irregolare di filati in violazione delle norme sull'etichettatura sulla composizione del prodotto o sull'origine dello stesso (articolo 60 Codice doganale).
L'importazione illegale avviene per lo più non attraverso le dogane italiane, ma spesso passando i controlli doganali nei porti del Nord Europa, segnatamente i porti di Rotterdam o del Regno Unito. Il tema è molto delicato, perché se in tali porti i controlli sulla provenienza ed il conseguente riscontro dell'etichettatura sono molto più approssimativi di quanto non avviene nelle dogane italiane, che hanno maturato un'elevata sensibilità al tema del contrasto della contraffazione ed affinato standard soprattutto telematici di approfondimento dei controlli e di analisi dei rischi in ragione dei soggetti esportatori e della tipologia dei prodotti, le merci poi possono circolare liberamente Pag. 114 e legittimamente in tutta l'area intracomunitaria, e quindi possono giungere senza altri controlli doganali nei capannoni di Prato (19) .
Come emerso nel corso delle audizioni, avviene sovente che il tessuto realizzato con il filato importato illegalmente sia poi rivenduto senza trasformazioni fatte in Italia con un'etichetta o un'indicazione di origine che lo indichi come tessuto italiano fatto a Prato, oppure che sia lavorato da un'impresa per la realizzazione di un capo di abbigliamento, senza necessariamente una contraffazione di marchio (che si riferisce solo al prodotto finito), come prodotto finale italiano.
Tali filati grezzi non sono tutelati da marchi e quindi tecnicamente non è ipotizzabile la contraffazione, ma si può configurare una violazione delle norme sull'etichettatura sulla composizione del prodotto ovvero una falsa attestazione del luogo di produzione per il diritto comunitario.
Come più ampiamente riportato nella relazione della Commissione in materia penale, la norma comunitaria sul concetto di origine è contenuta nell'articolo 24 del Regolamento (CEE) n. 2913/92 del 12 ottobre 1992 istitutiva del Codice doganale comunitario (20) , che identifica il luogo di origine in quello ove è avvenuto l'intero processo produttivo, ovvero nel caso di lavorazioni svolte in più Paesi, ove è avvenuta «l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un'impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione».
Il danno economico è molto rilevante perché la loro immissione nel circuito produttivo del tessile consente la realizzazione di prodotti finali destinati al mercato, non necessariamente da imprese cinesi, che poi risultano contrassegnati come prodotti Made in Italy e destinati al mercato non solo italiano ma europeo.
Profilo diverso è invece quello della contraffazione realizzata con usurpazione o falsificazione di marchi o segni distintivi di merci coperte da diritti di proprietà industriale, che però a Prato, inteso come luogo di produzione, appare meno rilevante rispetto all'altro filone dell'importazione illegale di filati non italiani.
Altro tema rilevante è quello della pericolosità, per la salute dei consumatori, di tessuti entrati illegalmente che risultino tossici sia per chi poi indossi le confezioni realizzate con tale materia prima, sia per il rilascio nell'ambiente di sostanze vietate nell'ambito delle successive lavorazioni dei filati in abiti (tinture, ecc.). Anche Greenpeace sta conducendo un'iniziativa di denuncia a livello internazionale della diffusione nell'ambiente di sostanze tossiche attraverso merci illegittimamente importate e che coinvolge anche la grande distribuzione commerciale.
5. Il rapporto tra comunità ed imprese italiane e cinesi
Rispetto a tale situazione, dalle audizioni svolte a Prato il 24 novembre 2014 e da quelle svolte in Commissione sono emersi atteggiamenti ambivalenti da parte della comunità italiana che ha intrattenuto rapporti con la comunità cinese anche in presenza dei citati fenomeni di illegalità.
Circa i rapporti tra imprenditoria autoctona e cinese il primo intreccio è costituito dall'affitto dei capannoni, in quanto i cinesi che vengono acquistano o usufruiscono dei locali ove esercitare l'attività d'impresa attraverso un affitto. Le indagini della Procura hanno chiamato in causa i proprietari, ai quali a norma di legge compete il controllo di ciò che avviene dentro i locali dati in locazione.
Altri rapporti tra impresa cinese e la comunità italiana riguardano la gestione dei servizi, ad esempio per la tenuta della contabilità, la gestione degli adempimenti fiscali e previdenziali e dell'impresa (21) .
Circa l'utilizzazione da parte dell'impresa italiana del tessile di filiere di produzione cinesi illegali, sia sotto il versante dell'illegale conduzione dell'attività imprenditoriale sia sotto quello di utilizzazione di produzioni con prodotti e filati contraffatti o illegalmente importati, va ricordato il tema della necessità di introdurre accordi di controllo «etico» della filiera, sui quali si sono soffermate le organizzazioni sindacali audite il 2 luglio in Commissione e su cui si rinvia al successivo capitolo 8.2.
La Commissione ha preso atto di convergenti valutazioni circa il fatto che il distretto cinese non sia un mondo separato, in quanto risulta legato a interessi locali anche di italiani, per l'affitto del capannone industriale, per la fornitura di servizi legali, di contabilità e fiscali e di collegamenti nei processi produttivi con le aziende italiane. (22)
6. Attività di contrasto della contraffazione e ruolo delle istituzioni
6.1. Controlli investigativi
L'attività di contrasto alla contraffazione costituisce nel distretto una parte rilevante del controllo coordinato del territorio e dell'attività ispettiva generale posta in essere dalle Forze dell'Ordine. Tale attività si svolge ordinariamente con i controlli interforze delle attività negli Pag. 116 opifici di produzione, su iniziativa delle Forze dell'Ordine o nell'ambito di attività di polizia giudiziaria delle singole Forze di Polizia.
A tali controlli vanno aggiunti quelli svolti dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che non è ricompresa tra le Forze di Polizia, ma che effettua controlli ordinari in sede di attività di sdoganamento ovvero successivi, sia investigativi che di polizia giudiziaria.
Tali controlli, che riguardano tutte le imprese a prescindere dalla loro nazionalità, rispetto alle imprese cinesi, per il tipo di attività svolta in modo «sommerso» e con ordinarie violazioni delle normative di settore, hanno assunto un carattere prioritario, sotto diversi profili:
a) il controllo degli spazi doganali, svolti dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, sovente in collaborazione con la Guardia di Finanza, per intercettare i traffici illeciti di merci contraffatte e pericolose di provenienza extracomunitaria, prima della loro immissione nel circuito commerciale;
b) i controlli interforze e del territorio, per verificare la regolarità delle imprese e per accertare le condizioni del lavoro negli opifici italiani e cinesi;
c) l'attività investigativa in senso stretto, particolarmente da parte della Guardia di Finanza, per poter risalire all'intera «filiera del falso», per individuare i canali d'importazione, i centri di produzione abusiva e di assemblaggio della merce contraffatta, le aree di deposito, nonché le reti di grande distribuzione delle merci contraffatte.
Nei primi sei mesi del 2014 sono state effettuate 1358 ispezioni, sia dal Gruppo Interforze, coordinato dal Questore, cui partecipano, oltre alle Forze di Polizia, Vigili del Fuoco, Direzione territoriale del Lavoro, Inps, Inail, Asl, Agenzia delle Entrate, Comune di Prato – sia d'iniziativa dai singoli uffici.
La Guardia di Finanza, in particolare, cura l'investigazione per risalire l'intera «filiera del falso», individuando i canali d'importazione, i centri di produzione abusiva, le aree di deposito, nonché le reti di grande distribuzione delle merci contraffatte ed i luoghi di assemblaggio della merce contraffatta, spesso occultati in locali nascosti.
L'attività investigativa è svolta altresì, anche in collaborazione con la Guardia di Finanza, dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
6.2. Gli strumenti pattizi per il coordinamento delle azioni di controllo dello Stato e degli enti territoriali
A partire dal 2007 si è sviluppato il filone degli strumenti pattizi, promossi dal Ministero dell'Interno e sollecitati dai territori interessati, finalizzati ad ampliare l'attività di controllo non solo su base investigativa, ossia nell'ambito di ispezioni, ma anche in sede preventiva, al momento del rilascio delle autorizzazioni all'avvio delle attività di impresa, ad esempio nel momento di costituzione delle imprese.
L'esperienza di Prato può costituire un modello nazionale per la risposta coordinata, sia investigativa che preventiva, delle istituzioni dello Stato e degli enti territoriali per la lotta alla contraffazione.Pag. 117
Le iniziative in merito hanno conosciuto due fasi di sviluppo (23) :
a) In una prima fase sono stati applicati i Patti territoriali per la sicurezza, aventi carattere generale, ossia non solo mirati al contrasto della contraffazione ma alla sicurezza pubblica in generale.
Nel distretto si ricorda al proposito il Patto per Prato sicura, siglato nel luglio 2007 dalla Prefettura di Prato, dal Comune di Prato, dalla Provincia di Prato e dalla Regione Toscana, e poi rinnovato successivamente il 26 gennaio 2010 e il 12 ottobre 2013, alla presenza del Ministro dell'Interno, con il quale è stato applicato alla provincia di Prato lo strumento generale, elaborato dal Ministero dell'Interno, dei Patti per la sicurezza. Il Patto prevede specifiche iniziative congiunte delle Forze di Polizia per il contrasto all'illegalità che nelle sue varie forme interessano il dato territorio, attraverso controlli intesi nel caso specifico a combattere la criminalità economica sui temi della contraffazione di marchi e brevetti, l'irregolare circolazione del denaro e lo sfruttamento della manodopera irregolare; in forza di tali Patti sono stati istituiti organismi interforze per l'analisi, l'indagine e la programmazione degli interventi, coordinati dal Prefetto di Prato, composti da qualificati rappresentanti di tutti i corpi, uffici ed enti locali, competenti ad effettuare verifiche nel campo. Ricollegabili a tali esperienze sono:
• il Tavolo Permanente per l'immigrazione, presieduto dal Prefetto, per l'analisi dei diversi aspetti del fenomeno migratorio a Prato, con il compito di analizzare ed approfondire i diversi aspetti del fenomeno e pervenire, attraverso la condivisione delle problematiche e lo studio congiunto delle soluzioni, ad accrescere l'efficacia degli interventi posti in essere e il livello di coesione sociale sul territorio;
• il Tavolo Nazionale per Prato, presieduto dal Ministero dell'Interno, cui partecipano i vertici delle Forze dell'Ordine e delle Amministrazioni centrali dello Stato, locali e regionali, onde sviluppare un piano di interventi di contrasto a tutti i fenomeni e migliorare il processo di integrazione delle comunità di stranieri.
Per i controlli interforze, per ciò che concerne il settore del tessile, l'articolo 8 del Patto per Prato sicura prevedeva il varo di iniziative congiunte delle Forze di Polizia, da attivare per il contrasto all'illegalità nelle imprese, attraverso controlli intesi a combattere la criminalità economica ed in particolare:
• la contraffazione dei marchi e dei brevetti;
• l'irregolare circolazione del denaro;
• lo sfruttamento della manodopera irregolare.
A tal fine è stato inoltre istituito un organismo interforze avente compiti di analisi, indagine, programmazione e coordinamento degli interventi, composto da qualificati rappresentanti di tutti i corpi, uffici ed enti locali, che, a vario titolo, sono competenti ad effettuare Pag. 118 verifiche nel campo, affinando successivamente i meccanismi di coordinamento.
La Prefettura, tenuto conto delle caratteristiche dell'imprenditoria cinese, e del fatto che sovente le imprese, spesso individuali, sono chiuse ed immediatamente riaperte con diversi soci e denominazione, al fine di eludere i controlli, e che una parte delle imprese vengono intestate a prestanomi cinesi, ha continuato ad approfondire la fenomenologia, al fine di individuare modalità operative per contrastare in modo sempre più efficace l'illegalità nell'imprenditoria.
b) il salto di qualità si è avuto nel 2013 dopo la tragica vicenda del rogo notturno nel capannone-dormitorio ove hanno trovato la morte sette lavoratori cinesi, che ha reso evidente la necessità di una più forte integrazione di tutti soggetti istituzionali competenti: alla luce dell'esperienza maturata con i Patti per la sicurezza, si è deciso di adottare un nuovo strumento pattizio, nella fattispecie un mirato protocollo di intesa volto a prevenire i fenomeni illegali relativi alle attività produttive e il fenomeno della contraffazione, estendendo l'analisi e le misure di contrasto finanche alla verifica sull'effettiva operatività delle aziende. (24)
È questo il contenuto del Patto per il monitoraggio delle attività produttive della provincia di Prato mediante le banche dati degli enti pubblici, siglato il 27 ottobre 2014 (25) .
Il Patto individua strumenti e misure innovative per rilevare situazioni di irregolarità ed illegittimità nella gestione di attività produttive, affiancando ai controlli del gruppo ispettivo interforze, ulteriori verifiche di tipo amministrativo. Alla data del 24 novembre 2014, quando la Commissione ha effettuato la missione a Prato, le misure previste in questo protocollo hanno determinato ben 127 cancellazioni VIES (interdizione delle imprese al commercio intracomunitario) e 23 cancellazioni di partite IVA. Gli Enti firmatari, infatti, avendo rilevato la frequente condizione di irreperibilità delle persone fisiche e giuridiche destinatarie di provvedimenti sanzionatori, si sono impegnati ad incrementare ulteriormente il valore cooperativo delle proprie attività di controllo, prevedendo il costante coordinamento nella verifica e nel monitoraggio delle procedure per l'iscrizione nel registro delle imprese e per l'attivazione delle Partita IVA, al fine di cancellare quelle per le quali viene accertata l'irreperibilità dei responsabili dell'azienda o la non operatività della stessa impresa, definita pertanto «di carta». (26)
La caratteristica di tale più recente strumento pattizio è duplice: affiancare agli strumenti ispettivi, quindi svolti «a valle» della costituzione delle imprese per controllare le irregolarità, anche controlli effettuati «a monte», ossia anticipati al momento della costituzione delle imprese, aventi carattere multidisciplinare. A tal fine altrettanto importante rispetto al coordinamento delle forze dell'ordine è il Pag. 119 coordinamento dei controlli amministrativi per la costituzione delle imprese, ove occorre una maggiore integrazione funzionale tra i vari enti competenti.
Di qui la seconda caratteristica essenziale di tale Patto, ossia la partecipazione alla Conferenza permanente, presieduta dal Prefetto, non solo delle Forze dell'ordine ma di tutte le istituzioni competenti in materia: Comune, Questura, Comandi provinciali dell'Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e dei Vigili del Fuoco, Camera di commercio provinciale, ASL, Ufficio provinciale del lavoro, Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Dogane, INPS e INAIL.
Per le FF.OO. particolarmente importante è l'impiego di specialisti per il controllo del territorio sia della Polizia, che dei Carabinieri che della Guardia di Finanza onde accrescere l'efficienza dei controlli.
La Prefettura ha rilevato nell'incontro del 24 novembre 2014 che gli sforzi di armonizzazione e coordinamento dell'attività di contrasto all'illegalità, al fine di approfondire e stimolare un approccio multi-ente e multidisciplinare al fenomeno della contraffazione e in genere dell'illegalità, si concretizzeranno anche attraverso la confluenza della rendicontazione delle informazioni operative provenienti da tutte le amministrazioni coinvolte nelle attività di controllo in una nuova Banca dati, a cura della Prefettura, che registri i risultati ottenuti e le sanzioni comminate, al fine di uniformare il linguaggio operativo, snellire l'organizzazione dei controlli ed agevolarne la valutazione degli effetti.
6.3. I controlli sulla sicurezza nei luoghi di lavoro della Regione Toscana
Significativo è stato anche l'impegno della Regione Toscana, che ha promosso il «Patto per il lavoro sicuro» nell'ambito delle province di Firenze, Pistoia e Prato, che ha previsto l'invio a Prato di Ispettori della Azienda ASL per effettuare controlli in materia di igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro.
La Regione si è occupata principalmente della questione della sicurezza nei luoghi di lavoro con un progetto che ha visto i servizi dell'ASL regionale formare e poi assumere, con finanziamento della regione Toscana, 70 giovani ispettori della sicurezza nei luoghi di lavoro. È stato poi stipulato un protocollo d'intesa con la Procura della Repubblica di Prato e con le Procure della Repubblica di Firenze e di Pistoia, per far sì che le segnalazioni di violazione di reati penali derivanti dalle Ispezioni e inviate dalla Regione alle Procure potessero avere un'accelerazione nella trattazione. Vista la limitatezza delle risorse di personale amministrativo di cui soffrono gli uffici giudiziari nel contempo la Regione ha fornito alla Procura personale amministrativo destinato alla rapida trattazione di queste pratiche.
Il Presidente Rossi, nel corso della citata audizione, ha sottolineato il positivo impatto delle iniziative assunte:
a) in meno di un anno sono state controllate 2.600 aziende delle 7.000 censite;Pag. 120
b) le principali irregolarità rilevate riguardano macchinari non a norma (663), impianti elettrici (588), condizioni igieniche non regolari (432), l'esistenza di dormitori in fabbrica (249), che sono stati chiusi, di 130 cucine abusive e di 60 bombole a gas nei capannoni;
c) l'obiettivo è quello di completare nel corso del 2016 il controllo di tutte queste aziende;
d) l'importo delle relative multe riscosse è pienamente in grado di ripagare il costo del progetto e in particolare dell'assunzione del personale amministrativo aggiuntivo;
e) l'efficacia delle prescrizioni con multa e dei controlli sistematici è stata accertata, perché l'83 per cento delle imprese cinesi si è adeguato alle prescrizioni imposte dalla Regione.
L'obiettivo della Regione è proseguire su questa strada, per garantire la sussistenza di condizioni minime di tutela dei lavoratori, inteso come il primo fondamentale tassello di un'opera di «incivilimento» e regolarizzazione.
La reazione della comunità cinese è stata ritenuta positiva, in quanto vi è stata la consapevolezza che se si vuole continuare l'attività imprenditoriale ci si deve assolutamente adeguare alle prescrizioni imposte.
6.4. Il controllo in ambito doganale dell'approvvigionamento illecito di materiali destinati alla contraffazione
Mentre in precedenza l'approvvigionamento di filati e tessuti per Prato avveniva tramite flussi diretti via terra o dogane nazionali in prossimità territoriale (Livorno), attualmente il grosso delle importazioni passa attraverso le dogane dei porti del Nord Europa, raggiungendo poi Prato tramite trasporto su gomma.
Dalle audizioni svolte in Commissione (27) è emersa con chiarezza la difficoltà che gli organi preposti, in primis l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, pur a fronte di una notevole efficienza metodologica e tecnologica dell'attività di controllo sviluppata, incontrano essenzialmente in ragione della disomogeneità dell'approfondimento dei controlli nelle diverse dogane europee.
L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, al fine di rendere più agevoli gli scambi e di tutelare il corretto commercio, ha inteso ridurre al minimo l'impatto dei controlli, volti a tutelare l'origine italiana del prodotto ed in ultimo il consumatore, contemperando attraverso una pressoché totale opera di telematizzazione, il principio dell'efficienza degli stessi e l'esigenza di non intralciare gli scambi commerciali internazionali.
Il sistema doganale italiano opera attraverso le dichiarazioni telematiche e l'analisi dei rischi, che si svolge analizzando profili di rischio soggettivi, rapportati agli operatori commerciali, oppure oggettivi, Pag. 121 in relazione al Paese di origine, al Paese di provenienza o alla tipologia di merce. Lo Sportello unico doganale, realizzato in termini integralmente telematici, opera in combinazione con lo sdoganamento in mare e attraverso l'acquisizione dei manifesti di merce in arrivo e in partenza; viene costruita in tal modo, l'analisi dei rischi prima che la nave arrivi in porto.
La diversità dei controlli effettuati e la mancata armonizzazione degli stessi fa sì che merci che siano sdoganate, ad esempio a Rotterdam, possano poi legittimamente circolare in tutta Europa, stante il principio della libera circolazione delle merci.
Sul fenomeno contraffazione non c’è una adeguata sensibilità tra le dogane comunitarie. Di qui l'esigenza, nei limiti stringenti imposti da uno dei principi basilari dell'Unione – la libera circolazione delle merci – di una maggiore integrazione e cooperazione tra le dogane comunitarie; più intensi standard di armonizzazione sono previsti dal nuovo Codice doganale dell'Unione (Reg. (UE) n. 952/2013, con l'articolo 46 (3) che prevede un «quadro comune in materia di gestione del rischio» e una maggiore attività di scambio di informazioni. Le istituzioni Ue coinvolte sono la DG TAXUD (Direzione generale Fiscalità e Unione Doganale), l'OLAF (Ufficio europeo per la lotta antifrode) ed Eurojust, anche in rapporto a società e soggetti che si spostano verso dogane a rischio e al tema della sottofatturazione, che compromette il bilancio comunitario.
Il tema è stato oggetto di approfondimento in Commissione (28) in quanto a riprova dell'accuratezza dei controlli svolti in Italia soprattutto in materia di anticontraffazione, c’è il dato del volume dei controlli effettuati, poiché il nostro Paese ha il record del numero dei sequestri rispetto alle dogane degli altri Paesi, a fronte del fatto, però, che il numero delle dichiarazioni doganali in importazione pervenute e sdoganate in Italia è solo al sesto posto nella graduatoria dei Paesi comunitari. Mentre sino a dieci anni fa alcuni porti italiani, per esempio Napoli, erano ai primi posti nella graduatoria degli arrivi di merce contraffatta, oggi questi approdi doganali italiani sono scomparsi dall'elenco dei porti pirata, mentre sono tornati prepotentemente alla ribalta i porti del Nord Europa.
Uno dei meccanismi principali per fare entrare nell'UE prodotti contraffatti nel settore tessile è quello della sottofatturazione, reato fiscale dominante rispetto alla contraffazione. La merce contraffatta è presentata come avente uno scarso valore e dal momento che incontra il fisco comunitario e nazionale solo al momento dell'ingresso nella Comunità europea, se le dogane presso le quali si chiede l'accesso alla zona UE effettuano controlli poco accurati conviene in termini economici affrontare il rischio di provare a pagare pochi dazi e poca IVA attraverso un valore della merce fraudolentemente dichiarato basso e sottofatturato. Lo strumento dell'analisi comparata del valore medio dichiarato all'importazione su alcuni settori a rischio ha consentito di evidenziare flussi di merci contraffatte, come avvenuto nel 2013 con il balzo delle importazioni sul tessile dalla Repubblica Ceca o l'aumento esponenziale odierno dell'accesso di merci di basso valore tessile e, Pag. 122 presumibilmente contenenti anche un grande numero di contraffatto, presso le dogane in Gran Bretagna.
I dati relativi ai vari settori merceologici dal 2012 al 2014 forniti durante l'audizione del Direttore generale dell'Agenzia delle Dogane dei Monopoli Peleggi, riportati nella tabella seguente, mostra come il volume dei sequestri effettuati, per numero di pezzi sequestrati e per valore, sia particolarmente rilevante nel settore dell'abbigliamento e degli accessori personali:
Di seguito si riporta il dettaglio, secondo le categorie TAXUD, dei singoli prodotti all'interno delle citate categorie merceologiche che qui rilevano:
Un altro strumento sviluppato dall'Agenzia delle Dogane per tutelare le imprese che ne facciano richiesta dai fenomeni di contraffazione, è quello del sistema telematico FALSTAFF, che dal 2004 ha ottenuto numerosi award comunitari, che acquisisce le caratteristiche tecniche del prodotto originale e lo diffonde in tempo reale, consentendo ai funzionari doganali, in sede di controllo fisico, di leggere immediatamente il nome della ditta e di riscontrare con le immagini presenti nella banca dati la corrispondenza dei pezzi esaminati con le caratteristiche tecniche del prodotto, ovvero di contattare in ventiquattr'ore l'azienda produttrice degli originali per un supplemento di perizia.
Un nuovo strumento illustrato alla Commissione è stato poi il GLIFITALY, un QRCode per consentire di dare un attestato e di certificare l'originalità dell'informazione sul prodotto originario.
L'attività di controllo che non può svolgersi nel momento dell'accesso in Italia deve quindi necessariamente spostarsi nei siti produttivi ed essere svolto sui prodotti una volta giunti a destinazione.
Importante, in tale ottica, allora, è l'integrazione tra controlli doganali sull'etichettatura e fiscali, per i profili di fatturazione ovvero sui profili dell'organizzazione del lavoro dell'impresa, ad esempio da parte dell'INAIL, per evidenziare le anomalie tra merce grezza ricevuta e prodotti lavorati.
6.5. Attività di contrasto in sede giudiziaria
Sul piano giudiziario, nel corso dell'audizione con il Procuratore Capo f.f. della Repubblica di Prato, Sangermano, è emerso il quadro di un complesso sistemico di reati che coinvolgono la comunità cinese, rispetto ai quali i reati di falso e di contraffazione costituiscono solo un pezzo dell'insieme. Dal regime complessivo di illegalità nella conduzione dell'impresa legata alle caratteristiche dell'imprenditoria cinese prima descritta conseguono una molteplicità di comportamenti illeciti, concretanti violazioni alla normativa penale, sulla sicurezza del lavoro, fiscale, ecc.
Nello stesso tempo si sono registrati comportamenti illeciti da parte della comunità italiana che ha sviluppato rapporti commerciali Pag. 124 con quella cinese, ad esempio per responsabilità di mancato controllo dei capannoni affittati, oppure per la gestione di servizi di contabilità e attività fiscali che consentono la gestione di imprese cinesi fittizie, ovvero per illegittima acquisizione della residenza a seguito di connivenze negli uffici comunali competenti.
Circa l'applicazione delle norme penali esistenti in materia di contraffazione il Procuratore ha riferito della tendenza in atto presso la Procura circondariale di Prato all'accertamento di fatti di reato singoli, senza poter risalire ad un'investigazione per inquadrare complessivamente il fenomeno, risalendo alla filiera della contraffazione. È stato perciò richiamato come rilevante il tema del raccordo tra indagini nei vari circondari ove spesso sono situati i distretti produttivi ed indagini del livello superiore associativo che sono di competenza delle Direzioni distrettuali antimafia, nel capoluogo distrettuale. Ciò dipende dalla formulazione delle fattispecie incriminatrici e dalle regole attributive della competenza tra Procure circondariali, Procure Distrettuali e uffici delle D.D.A. presso le Distrettuali, secondo quanto previsto attualmente dall'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale, richiamato dall'articolo 102 del Codice delle leggi antimafia, che attribuisce la competenza in tema di associazione a delinquere finalizzata al compimento dei reati di contraffazione ex articolo 473 e 474 c.p alle D.D.A. presso le Procure Distrettuali. Su tale assetto normativo sono emersi convergenti elementi di criticità nel corso delle audizioni con i rappresentanti delle Procure. Stanti le regole attuali la cooperazione delle Procure circondariali potrebbe essere più agevole qualora la competenza per la dimensione associativa fosse delle Procure distrettuali, mentre la competenza della D.D.A. come d'altronde confermato nel ciclo di audizioni delle Procure in Commissione, sembra avere introdotto elementi di rigidità nel sistema.
Oltre a modifiche normative da introdurre nella legislazione penale, in relazione a quanto già approfondito in sede di Commissione, è stata evidenziata l'opportunità di prevedere strumenti di collegamento e di interlocuzione tra le istituzioni giudiziarie, come l'ipotesi di consentire applicazioni alla DDA dei sostituti delle Procure circondariali, in caso di reati associativi nati nel circondario, per consentire ai PM inquirenti nelle procure circondariali di continuare a seguire i procedimenti in regime di applicazione e di operare per contrastare il fenomeno non solo in relazione alle singole ipotesi di reato ma di risalire la filiera delle connessioni con la criminalità organizzata, anche in chiave sovranazionale.
Il tema del contrasto della «filiera della contraffazione» è particolarmente importante, in quanto la contraffazione è attualmente una delle forme nelle quali si manifestano le associazioni criminali organizzate, che operano in chiave sovranazionale, e che si compone, come accade nella produzione e nel commercio lecito, di una differenziazione di attività illecite tra produttori di base (ad es. dei filati), che operano realizzando forme di sfruttamento del lavoro nero e in violazione delle normative sulla sicurezza sul lavoro, previdenziale, fiscale, ecc., di trasformatori (che trasformano i filati in tessuti e poi in capi di abbigliamento), di distributori sul territorio, italiano ed estero e di commercializzazione al dettaglio. Perseguire l'ambulante che vende merci contraffatte sulle bancarelle o in spiaggia, ad esempio, Pag. 125 costituisce un atto dovuto, ma non è certo sufficiente ad intervenire efficacemente in chiave repressiva sul fenomeno, dal momento che non tocca gli essenziali momenti precedenti della citata filiera e che sono quelli più strutturali con la criminalità organizzata.
Un tema decisivo è dunque quello dell’enforcement del contrasto in sede giurisdizionale e particolarmente delle indagini svolte dalle Procure, che consenta di individuare le varie fasi della filiera della contraffazione.
L'articolo 1 comma 6 del D.lgs. n. 20 febbraio 2006, n. 106 (come modificato con L. 24 ottobre 2006 n. 269) in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, attribuisce al Procuratore della Repubblica il compito di determinare i criteri di organizzazione e i criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai magistrati del suo ufficio, individuando eventualmente settori di affari da assegnare a un gruppo di magistrati al cui coordinamento sia preposto un procuratore aggiunto o di altro magistrato.
In forza di tale norma in molte delle Procure Distrettuali delle grandi città (Milano, Roma, Napoli), come riferito in Commissione nel corso delle audizioni, sono stati costituiti Gruppi specializzati della Procura che oltre ai tradizionali gruppi per reati di larga diffusione (ad es. Reati contro la P.A. ovvero Criminalità organizzata comune e Sicurezza urbana), vedono la costituzione di Gruppi relativi al Diritto penale dell'economia, tra i quali sono compresi anche i reati di contraffazione.
Tale modello organizzativo appare funzionale per un efficace contrasto del fenomeno almeno sotto due profili.
In primo luogo tale organizzazione, essendo flessibile in quanto rimessa al potere di organizzazione degli uffici proprio del Procuratore Capo può essere modificabile, anche in termini di risorse assegnate ai vari gruppi, in rapporto all'emersione di particolari criticità nei vari settori criminali e consente di accentuare nel breve periodo l'attività di investigazione e repressione.
In secondo luogo la struttura dei Gruppi favorisce la specializzazione di magistrati nelle varie materie del diritto penale, stante le specificità dei fenomeni e delle esigenze investigative.
Va al proposito ricordato come il Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giovanni Legnini, abbia in varie occasioni sottolineato la necessità di una maggiore specializzazione dei giudici in materia di contraffazione, essendo una materia specifica ad elevato grado di tecnicità anche dal punto di vista normativo, e che richiede iniziative di formazione al proposito, anche in sede, ad esempio di Scuola superiore della Magistratura che cura la formazione iniziale e permanente dei magistrati.
Recentemente sono emerse altre importanti evidenze dei collegamenti esistenti tra il distretto di Prato e l'intero territorio nazionale, per la commercializzazione di prodotti contraffatti. Ci si riferisce all'importante indagine in corso a Roma (c.d. «operazione Commercity»), che ha portato alla denuncia di 35 imprenditori e lavoratori cinesi che operavano all'interno del maxi hub commerciale alla periferia di Roma, al sequestro di ingenti quantitativi di merce contraffatta (oltre 3 milioni di capi di abbigliamento e 1 milione e 300 mila pezzi di accessori), provenienti da Prato, e al sequestro di quote Pag. 126 societarie, aziende, immobili, autovetture di lusso e disponibilità finanziarie. In tale occasione, dai primi risultati dell'indagine, divulgati nel corso di una conferenza stampa organizzata dalla Procura della Repubblica di Roma il 27 luglio 2015, si è partiti da un censimento delle aziende operanti nel settore del pronto moda presenti nell'area commerciale di Commercity, e dal riscontro di un volume d'affari anormalmente basso rispetto al totale prodotto nel centro commerciale, per procedere poi a verifiche sulle imprese che presentavano maggiori indici di pericolosità. A seguito della ricostruzione del percorso delle merci, sino a risalire a luoghi di produzione, attraverso pedinamenti e riscontro dei documenti contabili, si è scoperto che le aziende avevano immesso sul mercato capi di abbigliamento recanti false etichette di Made in Italy, con ipotesi di contraffazione per illecita duplicazione dei disegni e delle stampe adoperate per la realizzazione dei prodotti, che sono risultati in realtà essere stati prodotti in Cina ed introdotti in Italia con l'intermediazione di fornitori e imprese di confezioni operanti a Prato. Dai primi dati annunciati nella conferenza stampa si sono evidenziate omesse dichiarazioni di redditi per 44 milioni di euro e evasione dell'IVA per 7 milioni di euro (29) . L'indagine è importante anche per i legami che disvela tra il distretto cinese di Prato e la commercializzazione in Italia dei prodotti contraffatti.
7. Lo sviluppo del distretto di Prato nel quadro di un approccio integrato volto a favorire il rispetto della legalità e l'integrazione economica e sociale
Orientare su un piano di legalità il distretto di Prato, sfruttandone la straordinaria potenzialità produttiva, consentendogli così di ridiventare il cuore tessile e delle confezioni di tutta l'Europa: questo è l'approccio al quale sono chiamate oggi le istituzioni, in sede politica, di amministrazione attiva, di controllo e di prevenzione, ma anche il sistema produttivo del territorio pratese.
Un'azione istituzionale e politica di contrasto dell'illegalità collegata all'impresa cinese è doverosa ma non può non considerare la necessità di intervenire anche nei confronti di chi, a prescindere dalla cittadinanza di riferimento, aiuta o sfrutta tali fenomeni (30) .
Oltre ai necessari interventi di contrasto dell'illegalità va dunque sviluppato un atteggiamento propositivo e pragmatico che considerando la rilevanza economica e sociale del fenomeno cinese, prenda atto che la tenuta della città di Prato è «legata in parte anche alla presenza di questa economia per tanti tratti illegale, con pagamenti in nero e il sistema dei servizi più in generale, che ovviamente è legato alla Pag. 127 presenza di una comunità tanto importante, che ha bisogno di una serie di servizi» (31) .
È stato ricordato che in occasione dei drammatici eventi del dicembre 2013, quando sette lavoratori cinesi che dormivano in fabbrica morirono per l'incendio delle confezioni Teresa Moda, nella lettera inviata in tale occasione dal Presidente della Repubblica Napolitano al Presidente della Regione Toscana Rossi, da questi richiamata nel corso dell'audizione del 2 luglio in Commissione, si sollecitava «un insieme di interventi concentrati a livello nazionale, regionale e locale per far emergere da una condizione di insostenibile illegalità e sfruttamento, senza porle irrimediabilmente in crisi, realtà produttive e occupazioni che possono contribuire allo sviluppo economico toscano e italiano».
Una delle prospettive ipotizzabili è quella di individuare una serie di strumenti a carattere premiale per spingere l'imprenditoria cinese a regolarizzarsi ed operare entro la legalità, a fronte di controlli precisi e puntuali, e per stimolare gradualmente le imprese italiane a privilegiare le c.d. filiere etiche, per il controllo complessivo della regolarità delle filiere delle produzioni, in tutte le fasi, anche quelle che riguardano rapporti di sub-fornitura.
Il carattere di dinamicità delle imprese cinesi, la cui intraprendenza produttiva si è tradizionalmente accompagnata alla capacità di modificare rapidamente i comportamenti e le scelte produttive, può far ritenere che ove opportunamente supportata da una azione pubblica, tanto volta a contrastare l'illegalità che a favorire l'integrazione economica e sociale, sia possibile ipotizzare un graduale passaggio alla piena legalità di una parte crescente delle attività imprenditoriali cinesi, anche attraverso un abbandono di parte della produzione illegale che non risulti più sostenibile ove emersa alla legalità.
Alcuni fattori prodromici all'avvio di un processo di integrazione, come anche esplicitato nel corso delle audizioni svolte il 24 novembre 2014 a Prato, devono essere segnalati: il miglioramento qualitativo dei prodotti e la diversificazione delle attività perseguiti dagli imprenditori cinesi e le potenzialità dello sviluppo di rapporti sempre più stretti tra il distretto Wenzhou, regione di origine della comunità cinese immigrata e il sistema economico pratese (32) .
Sotto il primo profilo si devono segnalare i sintomi di una possibile integrazione con la comunità italiana, dovuta anche al peso crescente delle seconde generazioni, di nazionalità cinese ma nate e cresciute nel territorio pratese.
Al proposito si registra, come emerso nel corso delle audizioni, l'avvio di processi di diversificazione settoriale, sia all'interno del comparto manifatturiero (con l'aumento del tessile rispetto alle confezioni), sia con una progressiva terziarizzazione delle attività connesse (particolarmente commercio all'ingrosso e ristorazione).
La tendenza in atto è quella di un inizio di un diverso posizionamento delle imprese cinesi su settori della ristorazione e del Pag. 128 commercio, modificando la precedente tendenza prevalentemente produttiva nel settore del pronto moda.
La tabella che segue (33) mostra l'evoluzione della destinazione produttiva delle imprese cinesi nella provincia di Prato, che nel corso degli ultimi anni hanno già modificato la propria vocazione, assecondando quel carattere di dinamicità di cui si è parlato.
Altrettanto importanti sono i segnali di partecipazione dei cinesi alla vita pubblica. Si possono citare al riguardo:
• l'elezione di un cittadino italo-cinese alla carica di consigliere comunale nel comune di Campi Bisenzio e la candidatura di altri cinesi in altri comuni;
• la presenza di numerosi imprenditori cinesi nelle associazioni italiane dei produttori; (34)
• il crescente ricorso ad alcuni servizi pubblici locali, pur nella tradizionale forte autoreferenzialità della comunità cinese, anche attraverso lo sviluppo dell'associazionismo imprenditoriale;
• la sottoscrizione, il 4 novembre 2014, tra Confartigianato Prato e Associna, di un accordo di collaborazione tra impresa italiana e cinese, con una ventina di iscritti cinesi nel 2014, numero destinato ad incrementarsi, per aderire con le associazioni di categoria (Cna, Confartigianato, Unione industriale, Confesercenti e Unione commercianti) al patto di fiducia con le istituzioni, nato dal progetto «lavoro sicuro» promosso dalla Regione Toscana a seguito dell'incendio del dicembre 2013.
Circa il secondo profilo va rilevata la crescita dei rapporti tra la comunità cinese di Prato e quella di origine di Wenzhou in Cina, che da meri legami familiari sono mutati in reti di transazioni commerciali internazionali, con «importazioni e esportazioni di semilavorati e prodotti finiti, investimenti diretti all'estero, catene produttive multilocalizzate, tanto da parlare sempre più spesso dell'esistenza di un sistema di subfornitura internazionale, in cui si importano semilavorati dalla Cina, si completano le lavorazioni a Prato e si esporta in tutta Europa, in altri paesi sviluppati e in misura crescente anche verso la Cina». (35) Si tratta di relazioni intense suscettibili di aprire prospettive innovative di sviluppo per il distretto pratese.
La gestione del fenomeno cinese deve essere dunque improntata alla capacità di cogliere le ragioni dell'integrazione, da coniugare certamente con le esigenze del rispetto della legalità, come base per le successive iniziative di spettanza delle istituzioni.
8. Proposte per un più efficace contrasto della contraffazione nel settore del tessile e della moda
La delibera del 25 settembre 2013, istitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo attribuisce a tale organo il compito di formulare proposte alla Camera per contrastare i fenomeni di contraffazione sui quali ha svolto la propria attività d'inchiesta.
Di seguito si esaminano alcune possibilità concrete di intervento, sulla base di quanto emerso nell'ambito degli approfondimenti svolti in Commissione, cogliendo alcuni degli spunti più interessanti, anche sulla base di proposte e di discussioni svolte con i numerosi soggetti auditi.
8.1. Il contrasto agli illeciti nel Money Transfer
La rilevanza del tema del controllo dei canali finanziari attraverso i quali la contraffazione organizzata e sistematica su base internazionale è stato più volte esaminato dalla Commissione (36) .
Il canale principale attraverso il quale le rimesse finanziarie degli emigrati raggiungono la Cina e gli altri Paesi extraeuropei, è quello dei negozi di Money Transfer, che, in quanto sottratti alle regole antiriciclaggio del sistema bancario e finanziario, mostrano una rilevante criticità.
Nella sola operazione di polizia tributaria e giudiziaria in materia di falso «Cian Liu» (Fiume di denaro) a Firenze del 2010, la Guardia di Finanza ha accertato rimesse di denaro illecite per oltre 5 miliardi Pag. 130 di euro documentati. In tale occasione furono sequestrati patrimoni illeciti, rilevati grazie alla legislazione antimafia, per quasi 150 milioni di euro.
Attraverso l'uso illecito dei Money Transfer sono veicolati ingenti trasferimenti di denaro, indirizzati da uno stesso mittente, che fraziona i versamenti (c.d. smurfing) per aggirare la normativa che prevede un invio massimo di euro a persona in sette giorni, per il tramite di remittenti interposti in via simulata e che pervengono ad uno stesso beneficiario in Cina.
È prassi comune che nei Money transfer si facciano sistematicamente operazioni sotto la soglia della tracciabilità e con un molteplicità impressionante di operazioni per singolo cliente. (37) Le rimesse di denaro sono alimentate, oltre dai profitti d'impresa, anche dai guadagni derivanti dalla contraffazione, dal contrabbando, dallo sfruttamento della prostituzione, dallo sfruttamento del lavoro nero, da somme derivanti da evasione fiscale. Per comprendere la rilevanza del fenomeno basti considerare che nel solo 2009 sono nati 6.500 sportelli di Money Transfer, numero che da solo superava il numero delle filiali del gruppo Banca Intesa San Paolo nel periodo (5.900). Nello stesso periodo il totale dei negozi di Money Transfer erano 16.000, a fronte di 14.000 unità operative di Poste italiane s.p.a. Tali sportelli finanziari, nati per agevolare le rimesse in patria dei migranti extracomunitari, nonostante si tratti di canali finanziari molto più costosi di quelli bancari, sono passati dai 687 nel 2002 agli oltre 34.000 del 2010, come mostrato dalla tabella seguente:
Al 2014 il numero di Money Transfer attivi in Italia ara pari a circa 40.000 unità.Pag. 131
Le ragioni dello sviluppo sono molteplici:
• si tratta di rimesse di denaro effettuati con il contante, che consente una agevole evasione della normativa antiriciclaggio;
• i Money Transfer sono spessi negozi «etnici» in quanto gestiti da operatori appartenenti spesso alle stesse comunità maggiormente coinvolte nel traffico di merci contraffatte e che non possiedono un'estrazione di natura finanziaria in senso stretto, in quanto spesso sono allocati presso phone-center, internet point, centri commerciali, agenzie di viaggio, bar e cartolerie;
• i controlli sono resi difficili dall'elevata numerosità e mobilità degli operatori;
• il sistema Money Transfer, nel quale l'Italia è tra i mercati più rilevanti al mondo, opera anche presso Paesi dove non esiste una legislazione antiriciclaggio o è assente una regolare rete bancaria.
In base a dati di provenienza Banca d'Italia (38) , nel 2013 le rimesse verso l'estero, in gran parte effettuate tramite Money Transfer, si sono attestati intorno ai 5,5 miliardi di euro.
Prato si distingue per l'ammontare più alto, pari a 5.500 euro pro-capite considerando il valore di trasferimenti per ogni straniero residente, seguito da Catania con 4.300 euro. Le regioni maggiormente interessanti per volume di rimesse sono la Lombardia, il Lazio e la Toscana. La Cina è il primo paese beneficiario con circa il 20% delle rimesse, seguito dalla Romania (15,7%) e dal Bangladesh (circa il 6,3%).
Si possono citare alcune operazioni condotte dalla Guardia di Finanza (39) che riguardano il tema in oggetto:
• l'operazione "Dummy", condotta tra settembre 2010 e luglio 2013, dal nucleo di polizia tributaria di Prato che ha accertato che imprenditori operanti nel settore tessile, alcuni dei quali gravati da precedenti in materia di contraffazione, al fine di aggirare le norme valutarie, effettuavano rimesse di denaro in Cina, tramite soggetti interposti presso locale agenzia di Money Transfer, fornendo generalità false di mittenti o intestando l'operazione a soggetti del tutto ignari e frazionando gli importi al di sotto della soglia di 999 euro imposta dalla legge, per un totale di circa 2.500 operazioni contabili, in un arco temporale di 17 mesi e con un trasferimento illegale di valuta per quasi 10 milioni di euro;
• nell'operazione "Cian Ba 2012", conclusa dal nucleo di polizia tributaria di Firenze, sono state esaminate 1.500.000 operazioni di trasferimento di denaro eseguite da 12 agenzie di Money Transfer di varie città d'Italia, poi sequestrate unitamente al patrimonio riconducibile al membri dell'organizzazione, ammontante a quasi 50 milioni di euro.
Dall'analisi di molte delle Procure audite in Commissione viene la conferma di come la pista investigativa giusta sia sempre quella di seguire i flussi di danaro, in quanto nei reati contro l'economia e nella contraffazione i confini nazionali non esistono più e a fronte dei vari diritti nazionali vi siano realtà criminali sovranazionali, per cui per seguire i flussi di denaro è necessario operare in sede sovranazionale. (40)
Il punto centrale del fenomeno dei Money Transfer è che l'uso di tale strumento fa sì che ai danni della contraffazione – per le aziende colpite, per la tutela della concorrenza e per i consumatori – si sommino i danni ingenti del deflusso di enorme somme di denaro, frutto di congiunte evasione fiscale e contraffazione, e che possono oltretutto alimentare le organizzazioni criminali sovranazionali.
Da quanto esposto la Commissione ritiene necessario segnalare come prioritaria una profonda e accurata riflessione, nelle sedi competenti delle istituzioni finanziarie (Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero di Grazia e Giustizia, Banca d'Italia) per una revisione o l'adozione di una nuova normativa relativa ai Money Transfer, che fermo restando la funzione sociale di tali negozi, impedisca il perpetuarsi di tali violazioni alla normativa antiriciclaggio, i cui meccanismi appaiono ormai chiaramente delineati. I meccanismi utilizzabili sono molteplici:
• la definizione dello status degli operatori dei Money Transfer in termini di operatori finanziari e come tali soggetti aspecifici requisiti di professionalità e di responsabilità;
• il rigoroso accertamento dell'identità di chi effettua i versamenti;
• l'impedimento del frazionamento attraverso dei limiti totali al versamento nel dato periodo di tempo da parte del medesimo remittente;
• il rigoroso rispetto della normativa antirciclaggio, anche da parte dei Paesi destinatari qualora si utilizzi tale strumento:
• le opportune intese in sede internazionale, su base convenzionale, per definire standard condivisi per l'operatività dei Money Transfer, ecc.;
• l'introduzione di una tessera elettronica obbligatoria, contenente i dati del titolare, che permetta non più di un certo numero di operazioni di invio di denaro nell'arco di un mese e/o con un plafond mensile oltre il quale non sia possibile effettuare ulteriori operazioni.
8.2. La certificazione etica delle filiere produttive
Molteplici sono state le iniziative condotte in ambito territoriale per iniziative pattizie finalizzate a rendere più tracciabile, trasparente e sostenibile la filiera della lavorazione delle produzioni tessili e di altri settori collegati (ad esempio la pelletteria) in Toscana.Pag. 133
Il CEPAA (Council of Economical Priorities Accreditation Agency) per la responsabilità sociale d'impresa rilascia la certificazione internazionale SA 8000 (Social Accountability), uno standard internazionale di certificazione volto a certificare alcuni aspetti della gestione aziendale attinenti alla responsabilità sociale d'impresa (CSR – corporate social responsibility, in inglese), tra i quali sono considerati:
• il rispetto dei diritti umani;
• il rispetto dei diritti dei lavoratori;
• la tutela contro lo sfruttamento dei minori;
• le garanzie di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro;
• il rispetto dei principi stabiliti da convenzioni internazionali quali le Convenzioni ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro), la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia e la Convenzione delle Nazioni Unite per eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne.
Tale normativa internazionale ha lo scopo di migliorare le condizioni lavorative a livello mondiale e di definire uno standard verificabile da Enti di certificazione.
La certificazione SA 8000 ha durata triennale e i controlli sono attuati con 5 visite di sorveglianza a cadenza semestrale per valutare la conformità allo standard e l'aumento delle attività di miglioramento, con la seconda di queste visite di sorveglianza non annunciata, ed impone al produttore finale di richiedere l'impegno dei propri fornitori a conformarsi ai principi della responsabilità sociale, di effettuare attività di monitoraggio, dare evidenza della soluzione delle non conformità rilevate e di ottenere dai propri fornitori una mappatura aggiornata delle proprie filiere (41) .
In tema di certificazioni delle filiere etiche nei settori del tessile e dell'abbigliamento si registrano le iniziative della Regione Toscana. Un patto in Toscana per la moda etica, con riferimento al comparto della pelletteria, è stato sottoscritto il 23 dicembre 2014, con Cna, Confindustria e OO.SS. per un accordo sulla legalità per rendere sempre più tracciabile, trasparente e sostenibile la filiera della lavorazione (42) . Gli obiettivi dell'intesa sono:
• lo sviluppo di controlli incrociati sia da parte dei privati, che al protocollo aderiscono su base volontaria, che delle istituzioni e la definizione di standard che impediscano la concorrenza sleale nelle subforniture;Pag. 134
• lo sviluppo di sinergie fra sistemi di mappatura, tracciabilità e sostenibilità economica della filiera e sistemi di controllo delle istituzioni pubbliche;
• la definizione di standard di tracciabilità per disincentivare la concorrenza sleale lungo la catena della subfornitura;
• la condivisione e il reclutamento di imprese del comparto che aderiscano al progetto;
• l'individuazione dei fabbisogni formativi legati ai nuovi sistemi di tracciabilità e certificazione;
• la sperimentazione di sistemi di controllo innovativi, sviluppati con il contributo di Camere di commercio ed enti tecnici.
Gli enti territoriali per stimolare iniziative di tal genere si propongono di varare incentivi come sgravi Irap ed inserire premialità e riserve sui bandi regionali per gli aiuti alle imprese e la formazione.
Sul tema del progetto di certificazione delle filiere (43) nelle audizioni a Prato è stato espresso un giudizio positivo, per certificare tutte le fasi di lavorazione e lavorare sulla sostenibilità dei processi produttivi e sulla tipologia di sostanze utilizzate per le lavorazioni, con una responsabilità solidale per tutte le fasi di lavorazione, anche affidate a ditte esterne, dell'azienda produttrice finale del ciclo, in una rete di autocertificazione reciproca.
Il valore della certificazione etica delle filiere come strumento essenziale per la lotta alla contraffazione è costituito dal fatto che è necessario controllare tutte le fasi della produzione e non solo quella finale. Inoltre tale strumento consente di diffondere il controllo non solo a tutte le fasi di lavorazione, comprese le sub-forniture, ma anche di richiamare a tale attenzione sia gli imprenditori che il mondo del lavoro, curando il rispetto dei diritti dei lavoratori (ad es. per la sicurezza sul lavoro) oltre che sulla qualità del prodotto e il rispetto dei diritti di proprietà industriale e del Made in Italy, in sede preventiva rispetto ai controlli che competono alle istituzioni amministrative ovvero in sede di contrasto penale dei reati di contraffazione.
Va altresì ricordato che l'articolo 19, comma 3, del Codice della proprietà industriale consente anche alle amministrazioni dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni la possibilità di ottenere registrazioni di marchio, anche aventi ad oggetto elementi grafici distintivi tratti dal patrimonio culturale, storico, architettonico o ambientale del relativo territorio: un'eventuale inclusione della lavorazione del tessile nel patrimonio culturale di un distretto come Prato o realtà analoghe, anche a seguito di una norma interpretativa in materia, potrebbe consentire una soluzione possibile per una certificazione della qualità in materia.
8.3. La tracciabilità dei prodotti: l'etichettatura e i nuovi strumenti tecnologici
Nel corso della missione a Prato e in successive audizioni la Commissione ha approfondito il tema della tracciabilità dei prodotti.
All'esigenza della tracciabilità risponde innanzitutto l'etichetta apposta sui prodotti tessili, che attesta la composizione dei prodotti, garantendo il diritto del consumatore ad esserne pienamente informato.
Altro approccio è quello di dotare le confezioni di apparati tecnologici, ormai diffusi, che siano in grado di far controllare immediatamente l'origine e la filiera e l'eventuale falsità dello stesso. Tali tecnologie, da adottarsi su base volontaria da parte delle imprese operanti nel settore tessile, garantiscono in modo inequivocabile la tracciabilità dell'origine dei prodotti.
8.3.1. L'etichettatura dei prodotti tessili
L'etichettatura contiene le indicazioni circa la composizione del prodotto. La normativa in tema di etichettatura è contenuta nel D. L.vo n. 206/2005 (Codice del Consumo) e nel Regolamento (UE) n. 1007/2011 relativo alle denominazioni delle fibre tessili e all'etichettatura e al contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili, che ha abrogato la direttiva 73/44/CEE del Consiglio e le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 96/73/CE e 2008/121/CE.
Il D. L.vo n. 206/2005 (Codice del Consumo), all'articolo 104, comma 4, lettera a), prescrive espressamente che siano riportati in etichetta l'indicazione dell'identità e degli estremi del produttore (denominazione, ragione sociale, marchio registrato dell'azienda, indirizzo completo), il riferimento al tipo di prodotto (codice identificativo) o, eventualmente, alla partita di prodotti di cui fa parte.
Il Regolamento (UE) n. 1007/2011 prevede, circa la composizione delle confezioni nell'Unione Europea, che i prodotti tessili sono posti in vendita al consumatore finale se riportano un contrassegno o un'etichetta saldamente fissata che deve indicare:
• la composizione fibrosa (elencate nell'allegato), indicata in italiano, per esteso, con caratteri tipografici chiaramente leggibili ed in ordine decrescente di peso;
• l'eventuale presenza di parti non tessili di origine animale (per es. pelliccia, pelle, avorio);
• il responsabile della immissione in commercio: l'articolo 104 del D. L.vo n. 206/2005 (Codice del Consumo) prescrive che siano riportati l'identità e gli estremi del produttore (denominazione, ragione sociale, marchio registrato dell'azienda, indirizzo), il riferimento al tipo di prodotto (codice identificativo) o della partita di prodotti di cui fa parte.
Il fabbricante all'atto dell'immissione di un prodotto sul mercato garantisce la fornitura dell'etichetta o del contrassegno e l'esattezza Pag. 136 delle informazioni ivi contenute. In alternativa tali incombenze ricadono sulla figura dell'importatore.
All'atto della messa a disposizione sul mercato di un prodotto tessile, il distributore garantisce che esso rechi l'etichetta o il contrassegno appropriato.
Nella pratica applicazione l'etichettatura, che riguarda la composizione del prodotto, può altresì recare la dicitura "Made in Italy" ovvero «100% Made in Italy», «100% Italia», «Tutto italiano», e similari, quando i prodotti hanno origine italiana, ai sensi della normativa europea sull'origine (il già citato articolo 24 del Codice doganale vigente).
La vigilanza in tema di etichettatura di composizione dei prodotti tessili è di competenza del Ministero dello Sviluppo Economico, che si avvale delle Camere di Commercio, che svolgono attività ispettive nei luoghi di produzione e di commercializzazione dei prodotti, con un controllo di tipo visivo, documentale e di laboratorio. Svolgono controlli nell'ambito delle rispettive competenze anche la Guardia di Finanza, l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e la Polizia Municipale.
Va ricordato che con la legge 8 aprile 2010, n. 55 Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri, l'Italia aveva istituito, su base unilaterale rispetto alla normativa comunitaria, un sistema di etichettatura per tutti i prodotti dei settori tessile, delle pelletterie e delle calzature con obbligo di indicazione dell'origine geografica della merce e la facoltà per l'imprenditore di utilizzare la dicitura "Made in Italy" se almeno due delle fasi di lavorazione fossero state svolte in Italia. Tale legge è però risultata inapplicabile. Infatti tale legge, i cui effetti sarebbero dovuti entrare in vigore il 1o ottobre 2010, a seguito della notifica del testo alla Commissione Europea, è stata oggetto (nota della Direzione Generale Commissione UE Impresa e Industria n. 518763 del 28 luglio 2010) di parere contrario circa la sua compatibilità con il concetto di luogo di origine nel diritto comunitario (di cui all'articolo 24 del Codice doganale), per le restrizioni che avrebbe potuto causare alla concorrenza ed alla libera circolazione delle merci sul territorio europeo. L'Agenzia delle Dogane, con nota n. 119919/RU del 22 settembre 2010, ha precisato di non considerare applicabili nello svolgimento della propria attività di controllo le disposizioni della legge n. 55/2010 sino all'emanazione dei decreti attuativi.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, in data 30 settembre 2010 ha emanato una direttiva ritenendo inapplicabile la legge sino all'emanazione dei decreti attuativi, che non sono mai stati emanati, invitando le amministrazioni pubbliche interessate ad attenersi a questo indirizzo interpretativo.
8.3.2. Strumenti tecnologici per la tracciabilità
L'altro approccio è dato dall'uso di strumenti tecnologici applicati alle merci confezionate destinate alla vendita atti a conseguire una piena tracciabilità del prodotto ed un efficace controllo della originalità delle produzioni e l'insussistenza di fattispecie di contraffazione o di falso.Pag. 137
Le apparecchiature tecnologiche già diffuse sul mercato sono molteplici, quali, ad esempio, i sistemi di identificazione in radiofrequenza (Near Field Communication –comunicazione in prossimità) (44) , tecnologia appartenente al filone RFID standardizzate e presenti sul mercato che fornisce connettività wireless bidirezionale a corto raggio (fino a un massimo di 10 cm) per quelle merci dove rileva determinare l'esatta provenienza e le caratteristiche specifiche ed uniche del prodotto.
Un Tag NFC (45) , poco costoso se confrontato con il valore del bene da proteggere, posizionato nell'etichetta o nel tappo della bottiglia di vino o incollato nell'etichetta di un capo di abbigliamento, riporta le informazioni sulla provenienza del vino (anno e luogo di imbottigliamento, tipo e cura del vitigno, informazioni sulla vendemmia, stato di conservazione) o del prodotto tessile (filiera di produzione, composizione e provenienza dei filati, ecc.), rilevabili da un semplice cellulare avvicinato alla bottiglia o alla confezione nel punto vendita.
L'utilità di tale tecnologia riguarda sia i negozi di commercializzazione, che possono utilizzare tale tecnologie anche per finalità di inventariazione di magazzino, e di riscontro del costo inventariato, venduto o acquistato e dei relativi costi e ricavi per la contabilità, sia i consumatori che ricavano via internet la prova della autenticità del prodotto e le informazioni sulle relative filiere produttive.
Le informazioni registrate nel Tag NFC non possono essere in alcun modo modificate o contraffatte e corrispondono a quelle identificative all'origine, in possesso solo del produttore.
Molti produttori nel settore tessile hanno adottato, in base a scelte volontarie e calcoli di convenienza imprenditoriale, tali strumenti.
La gamma di strumenti (c.d. anti-counterfeiting systems) utilizzabili è molto vasta. Si possono citare:
• gli ologrammi, molto diffusi (ad es. nelle banconote), che consistono nella registrazione tridimensionale di una immagine o di un elaborato grafico che attesta l’autenticità di un prodotto attraverso chiavi di sicurezza oltre a numerose informazioni e che non è riproducibile attraverso sistemi digitali di copiatura;
• l’etichettatura intelligente, intesa come contenitore tecnologico per l'autenticazione del prodotto, la sua tracciabilità e la gestione interattiva prodotto/cliente;
• il packaging intelligente, dove il contenitore del prodotto svolge anche la funzione di «etichetta» attraverso strumenti come olografia, inchiostri e traccianti di sicurezza, demetalizzazioni e sistemi di codifica verificabili via web;
• i sistemi di autentificazione via web, che prevedono codici alfa-numerici o bidimensionali riportati sull'etichetta o sul prodotto da controllare sul sito web del produttore tramite smart phones (tracciabilità via sms e con QRCode).
Il settore pubblico, sia in ambito statale che territoriale, potrebbe valutare di incentivare l'adozione di strumenti di tal genere per la lotta contro la contraffazione, valutando l'eventuale corresponsione di incentivi premiali, quali la concessione di finanziamenti e contributi a tasso agevolato per gli investimenti in materia, anche mediante operazioni di leasing finanziario, in considerazione del preminente interesse pubblico alla lotta contro la contraffazione e degli effetti positivi derivanti (contrasto all'evasione fiscale, lotta alle forme di criminalità organizzata, ecc).
Una decisione parlamentare in materia che occorre ricordare, per incentivare la dotazione di strumenti tecnologici di tracciabilità, è quella intervenuta in occasione dell'esame parlamentare della legge 23 dicembre 2014 n. 190 (legge di stabilità 2015).
In tale occasione il Governo ha accolto alla Camera un ordine del giorno (46) riferito al decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 9 e al decreto ministeriale attuativo 27 novembre 2013 del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il quale sono stati definiti i requisiti, le condizioni di accesso, la misura massima e le modalità per l'erogazione di finanziamenti e contributi a tasso agevolato per investimenti, anche mediante operazioni di leasing finanziario, da parte di banche e società di leasing finanziario, a valere su un plafond di provvista costituito presso la gestione separata di Cassa depositi e prestiti S.p.a. per le imprese che producono hardware, software e tecnologie digitali, in macchinari, impianti, beni strumentali di impresa e attrezzature nuovi di fabbrica ad uso produttivo, nonché per investimenti in hardware, software ed in tecnologie digitali.
L'ordine del giorno impegna il Governo ad estendere tali agevolazioni anche alle imprese del settore manifatturiero ed agroalimentare che si dotino di dispositivi, software ed hardware destinati al contrasto del fenomeno della contraffazione nel campo del Made in Italy.
Tale approccio potrebbe essere ripreso nel quadro di iniziative legislative organiche a tutela del Made in Italy, utilizzando meccanismi simili analoghi per incentivare l'adeguamento tecnologico delle imprese del settore tessile e degli altri settori interessati da fenomeni di contraffazione, dal momento che ormai molte aziende producono dispositivi software ed hardware finalizzati al contrasto del fenomeno della contraffazione e che da parte dei produttori vi è un interesse crescente alla tutela dei beni realizzati dal mercato del falso attraverso l'uso di tecnologie che consentano il controllo diretto da parte del produttore, del venditore e del consumatore riguardo alla veridicità delle informazioni relative alla merce acquistata, soprattutto per quanto attiene l'effettiva tracciabilità dei materiali e dei prodotti con marchio made in Italy e 100 per cento made in Italy.
8.4. Il coordinamento internazionale del sistema delle Dogane
Un tema di particolare importanza per la lotta alla contraffazione nel tessile – e ovviamente non solo nel tessile – è quello Pag. 139 di assicurare una maggiore omogeneità del sistema di controllo delle dogane comunitarie, da elevare su standard di effettivo controllo, per via telematica, delle irregolarità nell'etichettatura e del fenomeno della sottofatturazione, che costituiscono i principali fenomeni attraverso i quali si determina l'ingresso nell'area comunitaria di merci contraffatte.
La situazione che la Commissione ha potuto verificare come problematica per un'efficace lotta alla contraffazione si sostanzia in un paradosso: la sussistenza in Italia di controlli efficaci, su base telematica ed in base ad un'analisi dei rischi per soggetti esportatori, tipologia delle merci a rischio, risulta di fatto compromessa dalla realtà di controlli «a maglie larghe» nei Paesi del Nord Europa o in Gran Bretagna, che in ultima analisi favoriscono uno spostamento del flusso di merci verso tali porti, aumentandone i ricavi, e consentendo l'ingresso intracomunitario di merce che poi può circolare liberamente in tutta la zona UE. Si può anzi affermare che le rotte del commercio illecito orientino consapevolmente i flussi di esportazione della merce illegale proprio sulle dogane nelle quali i controlli sono minori o inefficaci, con grave danno per l'intera area comunitaria.
È necessaria un'azione istituzionale che veda impegnate non solo le istituzioni tecniche competenti in sede DG TAXUD, OLAF ed Eurojust, ma anche il superiore livello di Governi dei Paesi europei, perché l'approccio comunitario, sia in sede doganale che in sede di contrasto della contraffazione, raggiunga livelli di integrazione e cooperazione maggiori di quelli attuali e consenta di superare la situazione attuale nella quale i paesi virtuosi nell'effettuazione dei controlli sono i più danneggiati dalla sussistenza di controlli meno efficienti, determinando inoltre distorsioni nella concorrenza del sistema portuale e commerciale, affrontando particolarmente il tema della sottofatturazione che determina danni ingenti per il bilancio comunitario.
Un altro profilo che occorre sviluppare, più di carattere nazionale, è riferito allo svolgimento dei controlli sia in sede di sdoganamento che sui siti produttivi, nell'ambito dei poteri ispettivi e di polizia giudiziaria attribuiti all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, una volta che le merci importate siano entrate nel territorio comunitario.
In sede di audizione (47) è stato sottolineato l'indebolimento della tutela repressiva recato da due disposizioni:
• la trasformazione in illecito amministrativo della fattispecie prima prevista come reato dall'articolo 4, comma 49-bis della Legge 350/2003, per la quale si rinvia alla relazione sulla tutela penale;
• la previsione di un termine massimo di tre giorni per l'espletamento di verifiche di natura tecnica sui prodotti in importazione di cui alla legge 21 febbraio 2014, n. 9, di conversione, con modifiche, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 (mentre il Reg. (UE) n. 608/2013 prevede un termine di dieci giorni, a partire dal momento della notifica all'interessato del blocco delle merci.
8.5. Il coordinamento dei controlli pubblici sulle attività d'impresa
Nell'analisi delle esperienze di coordinamento delle attività di spettanza delle varie istituzioni pubbliche operanti a Prato emerge la consapevolezza che i modelli di coordinamento e stretta integrazione devono essere esportati anche al di fuori di questa realtà. La logica che ha portato a favorire in sede normativa il coordinamento delle istituzioni in servizi di amministrazione attiva, quale ad es. lo Sportello unico per le aziende, deve operare anche in sede di controllo.
In linea generale si può affermare che occorre un maggiore coordinamento tra i controlli e l'attività investigativa sui diversi profili dell'attività produttiva relativa al tessile per contrastare il fenomeno della contraffazione, che a seconda dei profili di riscontro della normativa vigente (marchi e segni distintivi; etichette per la composizione del prodotto; dichiarazioni di origine «Made in Italy» o similari; controlli fiscali anche per il fenomeno della sottofatturazione; controlli per il rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro, il rispetto degli obblighi previdenziali e il contrasto al lavoro nero) o del momento di effettuazione di tali attività (sdoganamento, controlli successivi nei siti produttivi o di commercializzazione) vedono coinvolti a vario titolo diverse autorità, come detto in precedenza.
Per questi motivi esperienze di coordinamento, sul tipo di quella sperimentata a Prato, possono costituire un modello efficace da valutare in sede nazionale per accrescere l'effettività dell'attività di controllo.
Altre iniziative che si possono sostenere riguardano temi sollecitati dalla prefettura di Prato nel corso della citata missione, per rendere più efficaci i controlli con riferimento a due temi:
• il riscontro del flusso informativo relativo alle pratiche necessarie allo svolgimento dell'impresa, per l'iscrizione e cancellazione al registro delle imprese e l'attivazione delle partite IVA, INPS ed INAIL, con particolare riferimento alla veridicità delle autodichiarazioni, in quanto allo stato non sembrano applicabili alla fattispecie l'obbligo di riscontro della veridicità delle dichiarazioni e le conseguenti responsabilità in caso di affermazioni mendaci, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 442/2000, il che consente l'iscrizione nel registro delle imprese anche di imprese fantasma;
• l'utilizzazione della posta certificata PEC, resa disponibile dall'iscrizione delle imprese alla Camera di commercio, per le notifiche degli atti sanzionatori o di natura tributaria, al fine di snellire l'iter burocratico per la loro esecutività e per consentire con tempestività la cancellazione delle imprese i cui titolari si rendono irreperibili (c.d. imprese fantasma); al proposito va valutato anche l'implementazione del ruolo delle Camere di commercio nella verifica sostanziale della sussistenza dei presupposti di legge riguardo l'apertura di attività commerciali, anche autorizzando il collegamento diretto al casellario giudiziale, onde non permettere l'apertura di esercizi commerciali a soggetti fantasma o soggetti che hanno riportato condanne che precludono l'apertura di dette attività.
8.6. Iniziative di tipo premiale per far emergere le situazioni di irregolarità delle imprese
Prato costituisce un caso paradigmatico di un distretto ove le specificità e le problematicità di un sistema produttivo di eccellenza del Made in Italy, interessato dalle sfide commerciali e produttive che riguardano molti dei settori della manifattura italiana che opera in un contesto di globalizzazione crescente, tanto dal lato dell'offerta che della domanda, si sommano alla particolarità di una forte presenza di una imprenditoria estera in loco. L'impresa cinese del tessile, come detto in precedenza, è localizzata nel medesimo distretto, ed è caratterizzata da una notevole dinamicità dei comportamenti imprenditoriali e dalla contemporanea sussistenza di fenomeni di illegalità nella conduzione dell'impresa, in rapporto di competizione e di sinergia con la produzione autoctona.
Questa specificità riguarda altre zone territoriali dell'Italia, per altri settori produttivi, ad esempio Milano e Napoli, ove forti sono le presenze di imprese organizzate su base etnica.
La proposta che la Commissione ritiene di sostenere l'opportunità, sulla base delle riflessioni condotte durante gli approfondimenti svolti in sede di Commissione e riportati in questa relazione, di prefigurare iniziative politiche, anche di carattere legislativo, per intervenire e governare tali fenomeni.
L'approccio che qui si sollecita non è tanto e non solo quello del coordinamento delle azioni amministrative di contrasto e repressione dei fenomeni di illegalità, profilo dal quale non si può prescindere, ma piuttosto quello di porre in atto le azioni necessarie per favorire l'emersione graduale ed in tempi ragionevoli delle situazioni di irregolarità dei comparti produttivi come quello cinese a Prato, salvaguardando comunque la sussistenza delle nuove realtà imprenditoriali e l'integrazione di queste con il territorio ove insistono.
Si tratta di ipotizzare meccanismi premiali di vario genere, quali incentivazioni di carattere fiscale (sgravi IRAP o ammissione ad agevolazioni o finanziamenti, ad esempio) finalizzati ad incentivare la regolarizzazione amministrativa delle imprese illegali e dei relativi rapporti di lavoro, ovvero il loro adeguamento tecnologico o degli apparati di sicurezza sul lavoro, o sgravi per le imprese che intraprendano la strada dell'emersione dal «nero», ovvero di misure che favoriscano l'acquisizione della residenza o della cittadinanza a fronte dall'emersione dal sommerso, che consentano l'emersione dei fenomeni di illegalità e il loro legittimo inserimento nel contesto produttivo globale delle zone territoriali interessate.
Tale approccio è motivato da una logica culturale volta a favorire l'integrazione sociale ed economica delle diverse comunità etniche, riproducendo il modello dell'integrazione realizzata in Italia negli anni ’60 e ’70 a valle dei rilevanti fenomeni di emigrazione internazionale – proprio Prato costituisce un esempio storico di tale tendenza – ed è altresì ispirato ad un approccio pragmatico della questione, che tenga in considerazione l'apporto economico che tali comunità straniere possono recare all'economia locale, nonché le prospettive derivanti dallo sviluppo di rapporti economici sinergici con le comunità di origine.
9. Considerazioni conclusive
Le sedi ove tradurre le proposte della Commissione sono molteplici, ed investono la responsabilità del Parlamento, del Governo e degli enti territoriali.
Molte di queste iniziative sono già in atto e vi è la possibilità di «esportare» all'intero settore della lotta della contraffazione in generale, alcuni dei modelli utilizzati, che a Prato stanno funzionando.
L'approccio per un efficace contrasto alla contraffazione deve essere diversificato: se il contrasto alla criminalità organizzata deve essere inasprito in termini di strumenti di controllo e di repressione, attraverso alcune delle proposte che si sono esaminate in precedenza e di quelle che sono contenute nella Relazione sul sistema penale per la contraffazione proposta dalla Commissione, per la gestione dei processi produttivi ed economici che si trovano in condizioni di illegalità ma che sono cosa diversa dai fenomeni di associazioni criminali internazionali occorre uno sforzo per consentire di far emergere alla legalità i fenomeni di imprenditoria illegale, salvaguardando le realtà economiche e tutelando come imprescindibili i principi della concorrenza e del rispetto dei diritti dei lavoratori.
Alle istituzioni impegnate nel contrasto della contraffazione devono essere garantite le risorse umane e materiali adeguate al compito, attesa anche la rilevanza dei danni economici che la contraffazione determina per il sistema produttivo nazionale.
Per le imprese e le forze del lavoro occorre, infine, uno sforzo volto a stimolare le iniziative di contrasto alla contraffazione attraverso meccanismi agevolativi che premino l'adozione di forme tecnologiche di tracciabilità dei prodotti e il riscontro interno alla produzione delle filiere che coinvolgono una molteplicità di produttori, secondo standard etici che si traducono nel rigoroso rispetto delle normative di settore e che possono accentuare la produzione di prodotti legali e certificati in grado di sviluppare ulteriormente un settore di grande rilevanza economica quale quello del Made In Italy del tessile e della moda.
(1) V. al proposito, audizione dell'Assessore allo sviluppo economico, turismo, città metropolitana del comune di Firenze, Giovanni Bettarini, il 2 luglio 2015, pag. 2 e segg. Res. Stenografico.
(2) Relazione Prefettura di Prato del 24-11-2014, pag. 1.
(3) Unione Industriale Pratese – Il distretto pratese della moda, 2014.
(4) Il Sole 24ore –7 gennaio 2015- A Prato sprint delle esportazioni.
(5) Rapporto Il settore tessile-moda italiano nel 2014-2015 – SMI-Centro Studi della Federazione Tessile e Moda, presentata il 14 maggio 2015 a Pitti Immagine.
(6) Rapporto Il settore tessile-moda italiano nel 2014-2015 – SMI-Centro Studi della Federazione Tessile e Moda, presentata il 14 maggio 2015 a Pitti Immagine.
(7) Rapporto Il settore tessile-moda italiano nel 2014-2015 – SMI-Centro Studi della Federazione Tessile e Moda, presentata il 14 maggio 2015 a Pitti Immagine.
(8) Sulle prospettive di espansione nei nuovi mercati v. le considerazioni svolte dalla Commissione contraffazione nella XVI legislatura nella Relazione sul tessile, Doc. XXI-bis n. 7 del 12 dicembre 2012, pagg. 9 e segg.
(9) Sul tema del ruolo della comunità cinese a Prato si vedano gli importanti contributi scientifici forniti dall'istituto IRPET (Istituto regionale per la programmazione economica in Toscana), richiamati nel corso dell'audizione del Presidente della Giunta Regionale della Toscana Rossi in Commissione il 2 luglio 2015: IRPET – Il ruolo economico della comunità cinese (2014); IRPET – Imprese cinesi di Prato e contributo a economia provinciale (2015).
(10) V. http://www.indicam.it/index.php ?option=com–content&view=article&id=88&Itemid=21.
(11) V. Il Sole 24Ore del 22 luglio 2014.
(12) V. al proposito le osservazioni del Procuratore di Roma Rossi circa il paradosso della esistenza, per quanto concerne la libertà personale, bene giuridico in astratto più rilevante dei beni materiali, del mandato internazionale di arresto, a fronte dell'inesistenza attuale di un mandato internazionale di sequestro, ad esempio utilizzabile nei confronti di siti web che smerciano merce contraffatta (v. Res. Stenografico audizione del 17 giugno 2015, pagg. 15 e segg.).
(13) V. al proposito le osservazioni del Procuratore di Roma Prestipino Giarritta nell'audizione del 17 giugno 2015 (Res. Stenografico pagg. 11 e segg.).
(14) V. http://www.camera.it/leg17/1203 ?shadow–organo–parlamentare=2368&natura=M.
(15) V. IRPET – Imprese cinesi di Prato e contributo a economia provinciale (2015).
(16) V. Audizione del Presidente della Giunta Regionale della Toscana Rossi in Commissione il 2 luglio 2015.
(17) V. Relazione del Prefetto di Prato Simonetti consegnata alla Commissione il 24 novembre 2014.
(18) V. audizione di Andrea Cavicchi, Presidente Unione industriali di Prato, http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/upload–file–commissione–contraffazione/pdfs/000/000/011/11AudizioneImprenditori.pdf.
(19) Su tale tema v. audizione di Gianfranco Brosco, Direttore della Direz. Interregionale Toscana, Sardegna e Umbria dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, del 16 luglio 2015.
(20) Tale norma è stata sostanzialmente ripresa dall'articolo 60 del Regolamento UE n. 952/2013 che ha istituito il Codice doganale dell'Unione (Union Customs Code), adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 9 ottobre 2013 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale L. 269 il 10 ottobre 2013; l'applicazione completa del codice doganale dell'Unione è prevista per il 1o maggio 2016 (articolo 288 paragrafo 2), con contestuale abrogazione del Reg. (CEE) n. 3925/91, del Reg. (CEE) n. 2913/92 e del Reg. (CE) n. 1207/2001.
(21) Su questo tema si ricorda che il Presidente della Regione Toscana Rossi ha parlato in proposito di «complicità nascoste», audizione del 2 luglio 2015, Res. Stenografico, pag. 14.
(22) Sul punto v. valutazioni del Sindaco di Prato Biffoni il 24 novembre 2014 nel corso della missione della Commissione a Prato (pag. 2 del Resoconto
http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/upload–file–commissione–contraffazione/pdfs/000/000/013/13AudizioneOO.SS..pdf.) e del Presidente della Regione Toscana Rossi nella citata audizione circa la presumibile sussistenza di rapporti, anche inconsapevoli, tra l'impresa cinese e talune delle produzioni della moda italiana (audizione del 2 luglio 2015, Res. Stenografico, pag. 15. Sulla sussistenza di rapporti produttivi tra imprese italiane e cinesi v. anche audizione del Segretario Generale FILCTEM C.G.I.L. di Prato, Massimiliano Brezzo, Res. Stenografico della Missione a Prato – 24 novembre 2014,
http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/upload–file–commissione–contraffazione/pdfs/000/000/013/13AudizioneOO.SS..pdf.
(23) V. Res. stenografico audizione Prefetto Simonetti il 24 novembre 2014 a Prato e Res. stenografico audizione del Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza e Direttore Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell'Interno, Prefetto Fulvio Della Rocca, l'11 giugno 2015.
(24) V. Nota depositata in Commissione dal Prefetto Della Rocca, pubblicata in allegato alla citata audizione, pagg. 20 e segg. del Res. Stenografico.
(25) V. Allegato C, pubblicato in allegato alla citata audizione del Prefetto Della Rocca, pagg. 30 e segg. del Res. Stenografico.
(26) V. Nota depositata in audizione dal Prefetto Simonetti nell'incontro del 24 novembre 2014.
(27) V. audizione il 25 marzo 2015 del Direttore Generale dell'Agenzia delle dogane Giuseppe Peleggi; audizione di Gianfranco Brosco, Direttore della Direz. Interregionale Toscana, Sardegna e Umbria dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, del 16 luglio 2015.
(28) Sul punto V. audizione del Direttore Generale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Giuseppe Peleggi, il 25 marzo 2015, pagg. 5 e seg. del Res. stenografico.
(29) V. http://www.municipioroma.it/mercato-del-falso-blitz-della-finanza-al-commercity-denunciati-35-imprenditori-cinesi/.
(30) Il Pres. della Regione Toscana Rossi, il 2 luglio 2015, ha affermato «Io credo che ci sia bisogno di un impegno politico serio, che vada oltre la criminalizzazione della comunità cinese e che cerchi, da parte dello Stato, di colpire chi evade e chi non rispetta le leggi, ma anche, allo stesso tempo, di suscitare un moto positivo in direzione del rispetto della legge.» Res. Stenografico, pag. 14.
(31) V. Audizione del Pres. della Regione Toscana Rossi, il 2 luglio 2015, Res. Stenografico, pag.15.
(32) V. IRPET – Imprese cinesi di Prato e contributo a economia provinciale (2015), prefazione di Matteo Biffoni, Sindaco di Prato.
(33) V. IRPET – Imprese cinesi di Prato e contributo a economia provinciale (2015), pag. 17.
(34) Si v. audizione di Claudio Bettazzi, Presidente RETEImprese Prato e Presidente CNA di Prato, il 24 novembre 2014 a Prato, pagg. 17 e segg.
http://www.camera.it/leg17/1203 ?shadow–organo–parlamentare=2368&natura=M.
(35) V. IRPET – Imprese cinesi di Prato e contributo a economia provinciale (2015), prefazione di Matteo Biffoni, Sindaco di Prato, pag. 17.
(36) Sul tema del Money Transfer v. audizione del Proc. della Repubblica di Firenze Creazzo dell'11 maggio 2015, pag. 7 del Res. Stenografico e audizione del Comandante Generale della Guardia di Finanza Capolupo il 16-10-2014; audizione il 17 giugno 2015 del Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Roma, Agnello Rossi. Nella XVI Legislatura v. audizione del Comandante Generale della Guardia di Finanza Di Paolo il 16-01-2011.
(37) A Roma, ha riferito il Procuratore Agnello Rossi nel corso dell'audizione del 17 giugno 2015, pagg. 6 e segg. Res. stenografico che in un appostamento di polizia e successiva perquisizione disposta su un negozio di Money Transfer si è accertato in una giornata l'accesso di sole tre persone e un volume complessivo di 2.000 operazioni effettuate.
(38) Dati elaborati da Fondazione Leone Moressa, citati dal Gen. Capolupo nella nota consegnata alla Commissione nell'audizione del 16 ottobre 2014.
(39) Citate dal Gen. Capolupo nella nota consegnata alla Commissione nell'audizione del 16 ottobre 2014.
(40) V. audizione del Procuratore Agnello Rossi il 17 giugno 2015, pagg. 8 e segg. Res. Stenografico.
(41) La Gucci s.p.a. ha ottenuto la certificazione nel 2007 per la filiera della pelletteria e gioielleria, a cui si sono aggiunte nel 2009 la certificazione per la filiera delle calzature e dell'abbigliamento; nel 2012 è stato siglato un accordo per le «politiche di filiera» in un tavolo tra Gucci s.p.a., Confindustria Firenze, Cna Firenze e le OO.SS. Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Ugl.
(42) All'intesa hanno aderito Gucci, Ferragamo e Fendi mentre Mont Blanc, Prada e Bulgari hanno manifestato interesse. Il Presidente della Giunta regionale Toscana Rossi ha rilevato in tale occasione (La Repubblica del 24 dicembre 2014) che il Patto «servirà, come è già stato fatto con ottimi risultati nel distretto del cuoio per l'impatto ambientale facendo emergere illegalità, contrastando sfruttamento ed evasione fiscale, attraverso l'estensione della certificazione sociale»..
(43) V. Audizione di Luca Giusti, Presidente della Camera di commercio di Prato, 24 novembre 2014, http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/upload–file–commissione–contraffazione/pdfs/000/000/011/11AudizioneImprenditori.pdf.
(44) Tale tecnologia è stata sviluppata congiuntamente da una serie di multinazionali (Philips, LG, Sony, Samsung e Nokia) ed è applicabile a diversi settori merceologici per tracciarne l'origine della produzione, quali bottiglie di vino, parmigiano, abbigliamento in generale, ecc.
(45) I Tag sono disponibili in 4 tipologie differenti: sticker di carta adesiva, sticker adesivi in PVC, sticker rotondi adesivi in carta con uno strato di ferrite, tessere smart card dotate di chip.
(46) Ordine del giorno Cenni, Mongiello, Taranto, Baruffi, Camani, Berretta, Senaldi, Donati, Amoddio, Antezza n. 9/2679-bis-A/268, seduta del 30 novembre 2014.
(47) v. Audizione del Direttore generale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Peleggi il 25 marzo 2015.
Pag. 143RELAZIONE SULLA CONTRAFFAZIONE NEL SETTORE CALZATURIERO
Pag. 144 Pag. 145I N D I C E
1. Introduzione | Pag. | 147 |
2. Il settore calzaturiero italiano | » | 148 |
3. I numeri della contraffazione nel settore delle calzature | » | 150 |
4. Il contrasto istituzionale nel settore delle calzature | » | 152 |
4.1. Il ruolo dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli | » | 153 |
4.2. Il ruolo della Guardia di Finanza | » | 156 |
4.3. Il controllo dell'etichettatura | » | 162 |
4.4. Il contrasto in sede giudiziaria | » | 163 |
5. Il ruolo delle associazioni dei consumatori per il contrasto della contraffazione nel calzaturiero | » | 165 |
6. L'aggressione della contraffazione, anche via internet, alle aziende italiane | » | 168 |
6.1. Il settore delle griffe e del lusso | » | 170 |
6.2. Il settore «medio-fine» | » | 172 |
6.3. Le proposte contenute nel rapporto 2015 di Assocalzaturifici italiani | » | 173 |
7. Conclusioni e proposte | » | 175 |
7.1. Interventi a livello comunitario | » | 176 |
7.2. Interventi a livello nazionale | » | 176 |
7.3. Interventi in sede giudiziaria | » | 177 |
1. Introduzione.
Questo lavoro nasce dall'esigenza di proporre delle soluzioni di contrasto, sia operative che normative, al dilagante fenomeno della contraffazione nel settore calzaturiero nazionale.
La presente relazione è il risultato di una serie di attività di indagine, di analisi e selezione di documenti, nonché di raccolta di contributi e testimonianze degli operatori del settore e delle Autorità preposte ai controlli, ed intende essere, più che un resoconto, uno strumento a supporto di interventi specifici rispetto alle criticità riscontrate.
Oltre ai contributi emersi nel corso delle audizioni promosse dalla Commissione (1) , che hanno fornito un quadro della realtà in cui versa il settore e quindi la portata ed i numeri del commercio illecito e della contraffazione, la relazione riporta alcune delle modalità e strategie con le quali quotidianamente le realtà imprenditoriali del nostro Paese combattono, spesso in assenza di adeguate norme nazionali e comunitarie o per debolezze nel sistema dei controlli, il fenomeno contraffattivo.
Il confronto diretto con le aziende è stato prezioso al fine di capire le peculiarità dell'illecito e le tante forme che esso assume, manifestandosi in maniera differente e pervasiva per fasce di mercato e di prezzo. Al contributo degli imprenditori si è affiancato quello altrettanto importante di alcune associazioni a tutela del consumatore che, oltre ad evidenziare quanto sia elevato per gli acquirenti il rischio di imbattersi in un prodotto contraffatto e quindi il danno in termini di salute e di sicurezza a cui si espongono, hanno fornito utilissime informazioni sulle azioni che ogni cittadino-consumatore può intraprendere, nel proprio piccolo, per difendersi.
Fondamentale, grazie alle operazioni e agli interventi di servizio, è stato il contributo della Guardia di Finanza che ha riferito i risultati di alcune delle azioni più significative svolte negli ultimi anni, evidenziando quali traffici si possono nascondere dietro un paio di scarpe false: come noto, la contraffazione è infatti una manifestazione di illegalità economico-finanziaria strettamente connessa con l'evasione fiscale e contributiva, con lo sfruttamento del lavoro nero ed irregolare, con il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e con il riciclaggio ed il reimpiego dei proventi illeciti.
I report sulle diverse indagini giudiziarie hanno poi consentito di procedere ad una valutazione dell'efficacia, o della fallacia, dell'attuale normativa di contrasto.
A conclusione, si sono indicate le direttrici principali dalle quali dovrebbe muovere il rafforzamento dell'attività di contrasto: il miglioramento del sistema di etichettatura, in una logica preventiva e la revisione delle vigenti normative al fine di potenziare l'efficacia delle operazioni di sequestro e repressione.
2. Il settore calzaturiero italiano.
Nell'analisi delle associazioni rappresentative del settore (2) il settore calzaturiero, lungi dall'essere considerato un settore «maturo», ossia senza margini particolari di sviluppo ed esposto agli effetti della globalizzazione e della delocalizzazione delle produzioni in Paesi ove il costo del lavoro è più basso, viene invece presentato come un'eccellenza dell'economia nazionale, in ragione sia dei presupposti qualitativi delle produzioni che dei risultati in termini di fatturato.
Del settore calzaturiero si devono sottolineare le caratteristiche di qualità ed unicità a livello europeo e mondiale (per i materiali, il design, la cura artigianale delle lavorazioni), espressione della tipica eccellenza del Made in Italy.
In termini quantitativi sono 200 milioni le scarpe prodotte annualmente dall'Italia, per un valore pari a 7,5 miliardi di euro (3) . Per numero di pezzi l'Italia è il primo produttore di calzature nell'Unione europea, il decimo nel mondo, dietro Cina, India, Messico, Brasile ed altri paesi, e il quarto Paese esportatore a livello mondiale.
La particolare vocazione all'export del comparto calzaturiero nazionale è dimostrata dal fatto che quasi l'85% delle scarpe prodotte in Italia sono vendute fuori dai confini nazionali. Il saldo commerciale è costantemente attivo e il settore rappresenta una realtà di estrema rilevanza per la bilancia commerciale italiana.
Se si ragiona in termini di valore del prodotto, però, l'Italia è seconda nel mondo solo dopo la Cina. La fascia di mercato alta e del lusso, inoltre, vede l'Italia leader indiscusso tra i produttori mondiali.
La posizione di leadership nei mercati internazionali dell'industria calzaturiera italiana è dovuta ad una forte capacità competitiva, che fonda sulle superiori caratteristiche qualitative del prodotto, sulla rilevante capacità innovativa nei procedimenti di fabbricazione tradizionali e sulle abilità di lavorazione degli operai calzaturieri.
Il settore contava negli ultimi anni più di 5000 aziende con un numero circa di 80.000 addetti (4) . Ai lavoratori diretti nelle aziende calzaturiere, va aggiunto il totale dei lavoratori operanti nel settore dell'indotto di accessori (tacchi, suole, solette, fibbie, ecc.).
Le aree organizzate in distretti vedono la concentrazione della produzione in sette Regioni: Marche, Toscana, Veneto, Lombardia, Campania, Puglia ed Emilia Romagna, con 23 province interessate.
Il successo del comparto è collegato alla vivace iniziativa imprenditoriale ed alla qualità delle lavorazioni italiane, che opera in una filiera costituita da un sistema di sub-fornitura di materie prime, concerie, componenti, accessori, produttori di macchine, modellisti e stilisti di particolare qualità, in quanto espressive del Made in Italy.
Nonostante quello calzaturiero sia considerato un settore capace di superare le congiunture economiche sfavorevoli, poiché nel corso dei decenni, specie grazie al volume di produzione destinata all'export, Pag. 149 ha saputo adattarsi alle diverse fasi dei mercati, è stato tuttavia colpito dalla crisi economica degli ultimi anni: 131 aziende, solo nell'anno 2014, hanno chiuso i battenti, non riuscendo a rimanere sul mercato nonostante il ricorso alla cassa integrazione.
La Tabella che segue riporta in sintesi i dati ora esposti
Una delle criticità più rilevanti è senz'altro il ristagno della domanda nei Paesi dell'Unione europea, complice una ripresa economica che, appena iniziata, è già in affanno, ma anche il rallentamento sui mercati extra-UE, in particolare quelli dell'est, traino del settore: la fragilità dell'economia russa, con la svalutazione del rublo e la stagnazione del PIL, nonché l'incertezza generata dalla crisi con l'Ucraina – e dai suoi riflessi sui mercati comunitari – si sono tradotte nell'atteggiamento conservativo di molti operatori, che ha condotto ad un repentino rallentamento degli ordini dalla Comunità degli Stati Indipendenti negli ultimi mesi del 2013, sfociato in una battuta d'arresto in avvio 2014. Nell'estremo Oriente, dove le quantità esportate sono aumentate del 57% nell'ultimo quinquennio, nei primi 7 mesi del 2014 la crescita si è interrotta, pur con un +9,1% in termini nominali.
La chiusura di un mercato strategico, come quello russo, che è uno di quelli in cui viene maggiormente esportato il prodotto italiano, è stata sottovalutata dal nostro Paese e si è invocato un riadattamento della produzione a favore di mercati alternativi, che tuttavia tarda a dare risultati anche per un ambito molto «trasformista» e resistente come quello calzaturiero. A ciò si aggiunge il calo dei consumi interni: nessun segno di miglioramento si registra dopo la flessione del 2013 Pag. 150 e le scelte delle famiglie italiane rimangono molto prudenti e selettive, con un –6% per volume e un –5,8% per la spesa, in tutti i comparti (bambino, uomo, donna). (5)
Un'altra ragione della crisi va ricercata nelle difficoltà legate al ricambio generazionale. La mancanza di giovani che scelgono il lavoro artigianale nel settore calzaturiero è un fattore critico. Nonostante i numeri riferiti al settore evidenzino un segno positivo in termini di occupazione, sono pochi i giovani cucitori, tagliatori, artigiani del mestiere che potranno portare avanti il nome del «Made in Italy» in questo ambito.
Per questo è necessario investire maggiormente in formazione, tecnologicamente e stilisticamente all'avanguardia, anche attraverso il potenziamento dell'offerta formativa degli istituti professionali specie nei territori dove tradizionalmente è radicato l'artigianato tessile e calzaturiero.
La contraffazione incide pesantemente su questo scenario, aggravando notevolmente le criticità sopra evidenziate; il mercato del falso, che si manifesta su internet o tramite gli ambulanti, rappresenta una minaccia molto seria per il comparto nazionale.
Tutelare il «Made in Italy» costituisce quindi una necessità politica ed economica e significa difendere il settore, le aziende, i consumatori e l'occupazione che esso è in grado di assicurare.
3. I numeri della contraffazione nel settore delle calzature.
La contraffazione e la violazione dei diritti di proprietà intellettuale rappresentano una grave minaccia per il sistema economico e produttivo mondiale: secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) i beni contraffatti ammontano all'8% del commercio mondiale, mentre l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) quantificava, nel 2009, in 250 miliardi di dollari il giro d'affari della contraffazione a livello globale. Il fenomeno si è acuito con la crisi economica, che rende i prodotti contraffatti più appetibili per il consumatore, aggravando la già precaria situazione di molte imprese specialmente quelle piccole e medie.
A livello nazionale, il valore del mercato interno del falso genera un fatturato di 6 miliardi e 535 milioni di euro (6) , equivalenti – secondo i risultati di una ricerca del Ministero dello sviluppo economico (7) – a 105 mila posti di lavoro in più e 5,2 miliardi di euro di mancate entrate per il fisco.
Il problema, dunque, riguarda la competitività del sistema Paese nel suo complesso. Gran parte delle aziende del settore calzaturiero rappresenta la piattaforma industriale di griffe e marchi conosciuti in tutto il mondo che operano secondo diversi modelli imprenditoriali: «conto-terzi», per «brand», «private label» e «su licenza,» producendo Pag. 151 e distribuendo, direttamente sul mercato retail con brand e sviluppando marchi indipendenti. La produzione «Made in Italy» ha conquistato nel mondo una posizione di indiscussa leadership laddove alle prerogative di stile, eleganza e qualità di prodotto si sono affiancate caratteristiche di creatività, contenuto di design e innovazione tali da permettere, negli anni, una capacità unica di generare valore aggiunto.
Proprio per questo il comparto moda calzature è uno dei settori maggiormente colpiti dalla contraffazione. Il fatturato annuo perso dall'industria a causa del falso è stimato in una forbice tra i 190 e i 240 milioni di euro nel 2013 (8) .
Se si esamina il dato dei sequestri di calzature contraffatte, sulla base dei dati del database IPERICO, gestito dal Ministero dello sviluppo economico, che riporta le informazioni sui sequestri dei prodotti effettuati dall'Agenzia delle Dogane e dalla Guardia di Finanza, si evince che nel 2013 sono state sequestrate calzature per un valore di 8,3 milioni di euro, pari a circa l'1,7% del totale dei prodotti sequestrati; nell'intero periodo 2008-2013 tale percentuale cresce sino al 7,9% del totale dei prodotti contraffatti sequestrati, pari a 299,1 milioni di euro di valore, come mostrato dalla seguente tabella (9) .
In ambito europeo i dati riferiti al 2013 sono di pari gravità se si considera che, secondo il rapporto della Commissione europea sulle attività di rafforzamento della tutela dei diritti di proprietà industriale e intellettuale, sono circa 1,7 milioni le calzature sequestrate, per un Pag. 152
valore di 75,7 milioni di euro. Tale fonte individua i Paesi principali esportatori in Europa di calzature contraffatte nella Cina (oltre l'82%), nelle Filippine, in Hong Kong e nella Turchia.
La contraffazione danneggia non solo le grandi imprese industriali del settore, violando i diritti di proprietà industriale (marchi e modelli) ma anche l'indotto produttivo costituito dalle piccole e medie imprese subfornitrici nelle filiere produttive delle aziende proprietarie delle griffe.
Questo è un aspetto tipico delle filiere produttive italiane, che nella qualità «artigianale» dei distretti manifatturieri del calzaturiero italiano trovano un punto di forza e di specificità dei prodotti. Il settore trae da questo assetto produttivo il principale alimento al mantenimento degli elevati standard di qualità che contribuiscono in modo strutturale al successo mondiale del «Made in Italy».
La contraffazione, inoltre, implica la sistematica violazione delle normative sulla sicurezza del lavoro, con fenomeni conclamati di sfruttamento di lavoro nero, violazione delle normative per la sicurezza delle lavorazioni, che impiegano prodotti nocivi per i consumatori e l'ambiente, e causano ingenti danni alla concorrenza e, non da ultimo, per le entrate fiscali dello Stato.
La pericolosità sociale della contraffazione, non pienamente avvertita dall'opinione pubblica e, nel complesso, dalle Istituzioni, compreso il legislatore, che devono contrastare il fenomeno, è tale da comportare una minaccia grave alle produzioni e all'economia in generale del nostro Paese, con il rischio della perdita di posti di lavoro e calo strutturale delle risorse necessarie per lo sviluppo e il mantenimento degli standard di qualità del settore.
Altro fenomeno dannoso è quello del c.d. «Italian sounding». In questo caso non vi è lesione dei marchi o degli altri segni distintivi dell'azienda tutelati dal Codice della proprietà industriale o dal codice penale, ma imitazione servile o per confusione dei prodotti, con richiami indebiti all'italianità dei prodotti tramite diciture, colorature o imballaggi evocativi del Made in Italy. Il problema è aggravato dal fatto che tali pratiche sono difficilmente contrastabili all'estero, in quanto il limite tra pratica commerciale illegale e forte concorrenzialità, in assenza di marchi sui quali richiedere la tutela, è sfumato. Si tratta di un fenomeno che non riguarda solo il calzaturiero ma importanti settori della produzione italiana, come l'agroalimentare.
Il rischio è che sui mercati esteri siano sempre più presenti prodotti evocativi dello stile italiano, compromettendo le quote di mercato che i prodotti italiani si sono conquistati negli anni.
4. Il contrasto istituzionale nel settore delle calzature.
Al fine di comprendere le modalità del contrasto istituzionale alla contraffazione nel settore calzaturiero nazionale in sede investigativa centrale è apparsa rilevante in Commissione l'attività svolta al proposito dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e dalla Guardia di Finanza.
Pag. 1534.1. Il ruolo dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
È nel contesto doganale che avviene l'accesso di beni contraffatti ed è pertanto indispensabile che il sistema dei controlli sia funzionale, efficace e capillare. I risultati conseguiti in questi ultimi anni dalla Agenzia delle dogane sono apparsi considerevoli, come evidenziato nel corso delle audizioni promosse dalla Commissione. L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli esercita, a garanzia della piena osservanza della normativa comunitaria, l'attività di controllo, accertamento e verifica relativa alla circolazione delle merci e alla fiscalità interna connessa agli scambi internazionali, garantendo peraltro la riscossione di circa 15,2 miliardi di euro fra IVA e dazi doganali. Tale autorità svolge, quindi, attività di prevenzione e contrasto degli illeciti di natura extratributaria, quali i traffici illegali di prodotti contraffatti o non rispondenti alle normative in materia sanitaria o di sicurezza, armi, droga, beni del patrimonio culturale, traffico illecito di rifiuti, nonché commercio internazionale di esemplari di specie animali e vegetali minacciate di estinzione, protette dalla Convenzione di Washington. Provvede altresì alla raccolta dei dati statistici per la redazione della bilancia commerciale.
La missione delineata nelle norme comunitarie e nazionali è caratterizzata da una particolare complessità operativa dovuta all'esigenza di effettuare controlli sui traffici commerciali in tempo reale. A tal fine, l'Agenzia si è dotata di strumenti gestionali avanzati, sviluppando un sistema di controlli basato sulle più evolute tecniche di analisi dei rischi, la cui efficienza ed efficacia scongiurano ogni ritardo che possa rivelarsi pregiudizievole alla competitività delle imprese nazionali. Il servizio di sdoganamento on line, che integra le attività di controllo, processa mediamente un'operazione ogni 1,5 secondi.
Nel contrasto diretto alla contraffazione, l'attività dell'Agenzia si sviluppa in tre direzioni:
• tutela del mercato nazionale e delle imprese;
• protezione del mercato comunitario dall'introduzione di beni contraffatti entrati attraverso il territorio italiano;
• realizzazione di un dispositivo di contrasto alle attività delle organizzazioni criminali coinvolte nell'importazione e nella commercializzazione di prodotti contraffatti.
Relativamente al settore calzaturiero è emerso che negli ultimi anni il numero di prodotti sequestrati è aumentato esponenzialmente; i poteri esercitati dai funzionari di dogana, come è noto, sono riconducibili alle attività di polizia giudiziaria e tributaria, che consentono l'ispezione delle merci, il loro sequestro e i controlli a posteriori, con accesso presso i locali commerciali delle aziende, così come previsto dal codice doganale e dalle norme nazionali. (10) Pag. 154
Dal 1o gennaio 2014 le attività relative alla lotta alla contraffazione dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli si sono ulteriormente specializzate e sono state ripartite tra:
• Direzione centrale antifrode e controlli, che coordina e gestisce le attività di contrasto alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale a livello nazionale, dell'Unione e internazionale, anche attraverso la partecipazione ai gruppi di progetto per lo studio di particolari settori e svolge le relative analisi e indagini;
• Direzione centrale legislazione e procedure doganali, che riceve le istanze di tutela nazionali e dell'Unione, adotta le decisioni di accoglimento e/o rigetto delle domande di tutela presentate alle autorità doganali, di revoca/modifica di precedenti decisioni di accoglimento e di proroga del periodo di intervento ai sensi degli artt. 9 e 14 del Reg. (UE) n. 608/2013; la Direzione funge da punto di contatto con i servizi doganali competenti designati dagli altri Stati membri per gli scambi informativi relativi alla gestione delle istanze di tutela.
Nella lotta alla violazione dei diritti di proprietà intellettuale, un ruolo chiave è svolto dalle imprese e dai titolari degli stessi: la collaborazione tra questi soggetti e le Autorità preposte ai controlli è indispensabile. La normativa europea e nazionale conferisce alla dogana il potere di bloccare le merci sospette per accertarne e tutelare i titolari dei diritti. Questa procedura gratuita prevede che il titolare del diritto che intende tutelare i propri diritti/prodotti, presenti una domanda d'intervento all'Amministrazione doganale del proprio Paese (domanda nazionale) o dei diversi Paesi UE (domanda unionale). Solo nel 2013 sono state presentate alla dogana italiana 288 nuove domande di tutela.
Una delle azioni più innovative recentemente avviate in questo senso è il progetto FALSTAFF (Fully Automated Logical System to Avoid Forgery and Fraud) un sistema automatizzato antifrode che funziona grazie ad una banca dati multimediale di prodotti autentici inserita nel sistema informativo AIDA (Automazione Integrata Dogane e Accise); la banca dati, alimentata dagli stessi titolari del diritto, consente, tra l'altro, di confrontare le caratteristiche dei prodotti sospettati di contraffazione con le caratteristiche dei prodotti originali.
Ogni titolare che richiede un intervento di tutela di un proprio diritto di proprietà intellettuale genera, nella banca dati, una scheda in cui possono inoltre essere registrate, per ogni prodotto, le informazioni di carattere tecnico che lo caratterizzano. È inoltre possibile corredare le informazioni testuali con immagini e la «mappa» degli itinerari doganali. Le informazioni così registrate sono interrogabili dai funzionari doganali in tempo reale, in modo tale da reperire i contatti con i tecnici delle associazioni di categoria e/o degli enti di certificazione della qualità dei prodotti posti sotto tutela per avvalersene in caso di necessità. La banca dati si integra, inoltre, con il Circuito Doganale di Controllo e permette di definire ulteriori profili di rischio per intercettare, già in fase di acquisizione della dichiarazione doganale, le operazioni doganali che presentano rischi di contraffazione. Ciò è possibile in quanto il Circuito Doganale di Pag. 155 Controllo analizza, in tempo reale, tutte le dichiarazioni di importazione ed esportazione presentate in dogana e le indirizza automaticamente ai canali di controllo abbinati ai profili di rischio elaborati anche in base ai parametri indicati, nelle schede, dalle aziende.
Con questo progetto l'Agenzia ha dato risposta concreta ad alcune delle esigenze più pressanti nell'ambito della lotta alla contraffazione: identificare il maggior numero possibile di prodotti contraffatti, intercettare le strategie di frode e minimizzare i tempi di intervento; obiettivi, questi, raggiungibili soltanto con il ricorso a strumenti telematici.
Solo di recente, il sistema FALSTAFF è stato arricchito di nuove funzionalità per recepire le modifiche introdotte dal Regolamento (UE) n. 608/2013 e, in particolare, per realizzare un dialogo applicativo (del tipo «system to system») con la banca dati CO.PI.S. (anti-COunterfeit and anti PIracy information System), sviluppata dalla Commissione Europea per lo scambio di dati tra gli Stati membri e la Commissione sulle decisioni riguardanti le domande di tutela e il blocco delle merci.
Per usufruire del sistema le aziende devono procedere compilando una istanza di tutela on line, sfruttando le opportunità offerte dalla rete e avvalendosi della cooperazione attiva di tutti i soggetti coinvolti, a vario titolo, nella lotta alla contraffazione. FALSTAFF riceve i dati multimediali forniti dalle aziende a corredo delle istanze di tutela e li rende disponibili, in tempo reale, ai funzionari doganali.
Al fine di assicurare maggior efficacia ed efficienza dell'azione di tutela nei confronti dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale e, in accordo alle esigenze di linearizzazione e semplificazione dei procedimenti amministrativi, l'Agenzia ha poi reso disponibile un servizio per la compilazione e trasmissione on line delle istanze di tutela.
Il ricorso al servizio da parte dei soggetti legittimati semplifica e riduce i costi connessi alla presentazione dell'istanza e, di conseguenza, i tempi di aggiornamento della banca dati dei prodotti da tutelare, consentendo di incrementare il livello qualitativo del dato e potenziando le attività di controllo dell'Agenzia. La facoltà di presentazione di un'istanza di tutela è riservata ai soggetti indicati all'articolo 3 del Regolamento (UE) n. 608/2013, nella misura in cui essi sono legittimati ad avviare un procedimento al fine di determinare se un diritto di proprietà intellettuale è stato violato nello Stato membro in cui le autorità doganali sono invitate a intervenire.
In conformità a quanto previsto all'articolo 5.6 del citato Regolamento, il servizio offerto dall'Agenzia consente la compilazione e la trasmissione delle istanze via web, secondo le disposizioni che regolano le condizioni e le modalità tecniche per la presentazione tramite il Servizio Telematico Doganale dei documenti di rilevanza doganale. In particolare, la procedura consente l'acquisizione, la trasmissione, l'aggiornamento, il rinnovo e la consultazione di istanze nazionali e dell'Unione.
La tabella che segue, di fonte Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, riporta l'elenco delle aziende che hanno fatto domanda di tutela doganale in Italia ai sensi del Regolamento (UE) n. 608/2013 dal 2014 ad oggi.
DOMANDE DI TUTELA DOGANALE CON VOCE «CALZATURE» PRESENTATE IN ITALIA |
COMPAR S.P.A. |
COLUMBIA SPORTWEAR COMPANY |
TBL LICENSING LLC |
VIBRAM S.P.A. |
GIORGIO ARMANI S.P.A. |
DSQUARED TM SA |
MOSCHINO S.P.A. |
CHRISTIAN LUOBOUTIN S.A.S. |
VALENTINO S.P.A. |
NBA PROPERTIES INC. |
FIORANGELO S.R.L. |
YVES SAINT LAURENT |
HEARTS HOLDING INC. |
SPORTWEAR COMPANY S.P.A. |
MINICONF S.R.L. |
BACI & ABBRACCI COLLEZIONI S.R.L. |
MAGLITAL S.R.L. |
PLAYBOY ENTERPRISES INTERNATIONAL INC. |
COLUMBIA SPORTWEAR COMPANY |
CHAMPION PRODUCTS EUROPE LIMITED |
THE H.D. LEE COMPANY, INC |
SEVEN FOR ALLAMANKIND, LLV |
PUMA ITALIA SRL |
TOD'S SPA |
LOTTO SPORT ITALIA SPA |
VIBRAM SPA |
CROCS, INC |
CARHARTT INC. |
Ulteriori progressi potranno essere fatti potenziando la collaborazione con altri organismi ed Istituzioni impegnati nel contrasto alla contraffazione, sia in ambito nazionale, sia in raccordo nelle sedi europee competenti (OLAF ed Eurojust) con le Dogane europee.
4.2. Il ruolo della Guardia di Finanza.
La Guardia di Finanza ha fornito alla Commissione un'analisi basata sulle esperienze delle operazioni direttamente condotte sul campo. Tra i settori maggiormente danneggiati dal fenomeno contraffattivo oltre a quello del tessile della moda vi sono le calzature.
L'esperienza operativa maturata dai Reparti della Guardia di Finanza ha evidenziato una notevole estensione e diversificazione dei prodotti oggetto delle condotte illecite. Le Unità operative del Corpo, nel periodo gennaio 2011-ottobre 2014, hanno sottoposto a sequestro 3,1 milioni di calzature contraffatte.Pag. 157
Dai dati riportati di seguito emerge chiaramente come la contraffazione sia legata, in qualche modo, alla diffusione di prodotti che falsificano i grandi marchi tra i ceti medi o medio bassi della popolazione; il caso «Hogan» è emblematico: scarpe appartenenti ad un segmento alto del settore calzaturiero sono ormai diffuse capillarmente su tutto il territorio nazionale e per ogni classe sociale, con un alta incidenza dei prodotti contraffatti.
La tabella che segue mostra l'andamento dei sequestri effettuati dalla Guardia di Finanza nel 2014 per i principali marchi nel settore calzaturiero:
SEQUESTRI DEI PRINCIPALI MARCHI DI CALZATURE
Periodo gennaio – ottobre 2014 | |||
Marchio | Numero articoli sequestrati | Marchio | Numero articoli sequestrati |
Havaianas | 133957 | New Balance | 2568 |
Hogan | 110804 | Fred Perry | 2250 |
Nike | 69557 | Nuna Lie | 2160 |
Adidas | 54477 | Prima Donna | 1800 |
Louis Vuitton | 43821 | Valleverde | 1683 |
Venezia | 25810 | Gucci | 1501 |
Crocs | 15032 | Calvin Klein | 1431 |
Motor Oil | 11610 | Converse All Star | 1375 |
Carlo Pazolini | 9008 | Ecosanit | 1263 |
Vero cuoio | 8384 | Polo Ralph Lauren | 1200 |
Lacoste | 5178 | Tommy Hilfiger | 1177 |
Pugatti (Bugatti) | 2616 |
Fonte: Guardia di Finanza.
La tabella che segue riporta l'elenco e i tratti salienti di alcune delle principali operazioni di servizio condotte dalla Guardia di Finanza nel settore in argomento tra il 2013 e il 2015.
Uno dei sistemi di cui la Guardia di Finanza si avvale è il Sistema Informativo Anti-Contraffazione (S.I.A.C.), progetto cofinanziato dalla Commissione europea ed affidato al Corpo dal Ministero dell'Interno, per la prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di marchi, brevetti, diritti d'autore, segni distintivi e modelli, relativamente al loro esercizio e sfruttamento economico.
Il sito web del S.I.A.C. è curato dal personale del Nucleo Speciale Tutela Mercati, alle dipendenze del Comando Reparti Speciali della Guardia di Finanza.
Per fronteggiare un fenomeno illecito multidimensionale e trasversale come quello della contraffazione è necessario «fare sistema» fra tutte le componenti istituzionali e gli attori impegnati nella lotta all'industria del falso. Partendo da questo presupposto, il progetto è stato realizzato come una piattaforma telematica plurifunzionale composta da diversi applicativi che assolvono le funzioni di:
• informazione per i consumatori;
• cooperazione tra gli attori istituzionali e, in particolare, tra le Forze di polizia e tra queste e le Polizie Municipali;
• collaborazione tra le componenti istituzionali e le aziende.
4.3. Il controllo dell'etichettatura.
Il controllo dell'etichettatura implica diverse fasi di attività:
• il fabbricante, o suo rappresentante, con sede nel territorio dell'Unione, ovvero colui che introduce la merce sul mercato comunitario, ha l'obbligo di fornire l'etichetta ed è responsabile per l'esattezza delle informazioni in essa contenute;
• il venditore al dettaglio verifica la presenza dell'etichetta ed espone in modo chiaro e visibile il cartello con la simbologia;
• la vigilanza è attribuita al Ministero delle Attività Produttive, che la esercita tramite le Camere di Commercio;
• in caso di etichettatura non conforme o mancante, l'Autorità di vigilanza assegna al fabbricante un termine per la regolarizzazione, decorso inutilmente il quale, dispone il ritiro dal mercato delle calzature.
4.4. Il contrasto in sede giudiziaria.
In questo capitolo si riportano alcuni significativi interventi di contrasto in sede giudiziaria, al fine di analizzare il dettaglio di alcune delle indagini svolte e le criticità più significative emerse in tale occasione.
a) Dal punto di vista dell'attività delle Procure va citata l'audizione del Procuratore Aggiunto della Repubblica di Napoli Fausto Zuccarelli (11) che ha messo in luce altri aspetti della contraffazione nel settore calzaturiero in rapporto ad indagini svolte da quella Procura, particolarmente attiva nel contrasto alla contraffazione del calzaturiero
Da questa audizione è emerso che la contraffazione in alcuni regioni, e in particolare in Campania, ha assunto, ormai da tempo, un valore di «ammortizzatore sociale» al posto del contrabbando di tabacchi lavorati esteri che ha caratterizzato tutti gli anni Settanta e Ottanta dello scorso secolo. Le novità del fenomeno, rispetto al recente passato, sono sostanzialmente tre:
• la prima è quella dello spostamento della fabbricazione del prodotto contraffatto da soggetti endogeni a soggetti esogeni, in particolar modo i player cinesi, che sempre di più sono presenti nella città di Napoli e nella relativa provincia e che, anzi, dominano e occupano una parte della città, che viene definita «area cinese»;
• la seconda è quella delle rotte della contraffazione: mentre fino a qualche tempo fa il porto di Napoli e quello di Gioia Tauro erano i principali luoghi di arrivo di containers di prodotti contraffatti provenienti dalla Cina o dall'estremo Oriente, attualmente questi porti sono soltanto di transito, poiché la merce contraffatta viene sempre più frequentemente introdotta nel territorio comunitario attraverso altri porti, non solo spagnoli e olandesi, ma anche inglesi, fenomeno del resto comune ad altri settori della contraffazione, quale il tessile;
• il terzo elemento è l'esponenziale aumento della commercializzazione di prodotti contraffatti via web, tema sicuramente molto insidioso.
Le indagini hanno evidenziato una filiera produttiva di due tipi differenti: una nella quale viene importato, sempre in maniera illecita, materiale «neutro» che poi viene perfezionato in loco, l'altra, che possiamo chiamare «filiera endogena,» costituita per lo più da piccoli laboratori che falsificano marchi originali. Il mercato, in entrambi i casi, ovvero il destinatario finale, è il territorio italiano caratterizzato dalla presenza di mercati clandestini, venditori di strada e anche esercizi commerciali regolari dove non è da escludersi l'ipotesi di vendita di merce contraffatta insieme a prodotti legali.
Nell'anno 2014 (12) sono state sequestrate circa 15.000 paia di scarpe contraffatte, mentre nell'importazione dall'estero di calzature Pag. 164 vergini, ma destinate alla successiva contraffazione attraverso l'apposizione di loghi e marchi contraffatti, il numero dei sequestri è pari zero, poiché non è reato importare materiale neutro. Ciò che è più interessante è che nei primi quattro mesi del 2015 il numero delle calzature sequestrate, perché contraffatte, è stato di circa 9.000 paia. Rapportato ai 15.000 dell'anno precedente, il dato lascia intendere che il trend del prodotto commercializzato è sicuramente superiore per una percentuale di circa il 30 per cento.
Un altro dato da sottolineare è quello della pericolosità dei prodotti calzaturieri contraffatti: molto spesso nei prodotti sequestrati vengono rilevate sostanze pericolose in gran quantità quali colle, solventi e smacchiatori vietati dalle normative di settore.
Uno dei problemi che emergono nelle indagini di contraffazione, in generale ed in particolare per il calzaturiero ed altri merci voluminose per quantità e relativi imballaggi, è dato dalle difficoltà pratiche nello stoccaggio delle merci sequestrate e dal costo del deposito del materiale sequestrato, che si aggiunge al costo della distruzione, a quello dello smaltimento delle sostanze chimiche e a quello del «riutilizzo» da parte degli enti benefici, in tutti i casi dove la devoluzione è possibile per l'assenza di rischio per la salute e facilità di rimozione del marchio (delabellizzazione).
Non trascurabile è poi la gestione dei mezzi produttivi, costituiti da macchinari, computers e stampanti che, peraltro, potrebbero essere riutilizzati dalle forze di polizia che ne sono carenti.
Relativamente alla disciplina sanzionatoria è stata espressa la valutazione che la forma aggravata di contraffazione sistematica o organizzata di cui all'articolo 474-ter c.p., (13) che si colloca nel mezzo tra l'associazione a delinquere incompiuta e il perfezionamento della fabbricazione del prodotto contraffatto, potrebbe trovare una sua configurazione migliore come reato autonomo e, quindi, avere, da un lato, le classiche fattispecie previste dagli articoli 473 e del 474, dall'altro, il reato associativo, con tre o più soggetti che compiono questi reati e, come via mediana, una forma organizzata che individui quel crimine come reato autonomo. Questo consentirebbe di raggiungere l'obiettivo, ovvero una strutturazione normativa che consenta l'utilizzo di tecniche investigative quali, in particolare, le intercettazioni telefoniche e telematiche e di poter perseguire con maggior possibilità di successo indagini di carattere patrimoniale.
Relativamente alla contraffazione via web e al ruolo degli Internet Service Provider che, ai sensi del decreto legislativo n. 70/2003 sono sostanzialmente esonerati da ogni responsabilità, è stato ritenuto che sarebbe utile poter prevedere una nuova disciplina penale della contraffazione via web, con sanzioni che consentano l'utilizzo dell'intercettazione telematica, la quale diventa l'unico modo per poter risalire la filiera internazionale, atteso che, come è noto, i siti internet sono molto spesso attivati con l'utilizzo di generalità non veritiere e fuori dei confini nazionali.
b) Altro spaccato interesse nel settore della contraffazione del calzaturiero è emersa dall'audizione in materia della Guardia di Pag. 165 Finanza (14) , relativamente alle modalità di accesso di tali beni illegali presso lo scalo internazionale di Fiumicino.
Una delle principali necessità che la polizia giudiziaria deve soddisfare contestualmente al sequestro è quella dell'individuazione di idonee misure per la custodia della merce e va da sé che, in caso di sequestri di quantità particolarmente significative o di macchinari di lavorazioni o merce pericolosa, le difficoltà sono notevoli; una delle possibilità sulle quali magistratura e forze dell'ordine si muovono è verificare la disponibilità di caserme e altri locali idonei all'interno dei quali custodire i beni sequestrati.
Per quanto riguarda i filoni di indagine due sono stati i canali di approvvigionamento di calzature contraffatte destinate allo smercio, sia nella capitale che in altre città italiane: uno relativo ad articoli prodotti e confezionati in Cina ed introdotti illecitamente nel territorio dell'Unione in containers sdoganati prevalentemente in porti del nord Europa e successivamente trasportati in Italia attraverso trasporto su gomma, occultati da carichi di copertura; in un altro caso il flusso di calzature di alta qualità, principalmente di marca «Hogan», risultava prodotto in opifici abusivi della Campania. Dall'analisi dei dati raccolti si è ipotizzata l'esistenza di due distinti filoni: merce contraffatta di «bassa qualità» con approvvigionamento diretto dalla Cina e distribuita nel territorio nazionale tramite una rete di vendita composta prevalentemente da nord-africani e merce contraffatta di «qualità superiore» direttamente prodotta nell'hinterland napoletano tramite approvvigionamento della materia prima da canali extraeuropei e «labellizzata» in loco; è emerso inoltre che su questo canale vengono utilizzati macchinari molto costosi e addirittura stampi originali forniti, in via del tutto irregolare, da dipendenti infedeli della stessa ditta ufficiale.
Per l'investigazione dei contatti internazionali della filiera cinese della falsificazione si veda la ricostruzione degli esiti di un fermo ai varchi doganali di un cittadino cinese che trasportava nel bagaglio scarpe originali di varie marche complete di confezione e book fotografici di calzature di noti marchi, con appunti manoscritti in lingua cinese, che ha dato origine ad attività di polizia giudiziaria con pedinamenti e monitoraggio che ha portato a identificare il fermato come lo snodo per l'ordinazione dalla Cina di merce illegale, mentre altre persone coinvolte gestivano la rete distributiva sul mercato romano e la raccolta dei proventi illegali. Dalle intercettazioni telefoniche è stato possibile risalire al principale fornitore, di origine magrebina.
5. Il ruolo delle associazioni dei consumatori per il contrasto della contraffazione nel calzaturiero.
I consumatori, attraverso l'importante azione delle associazioni, possono rappresentare un primo elemento di contrasto alla contraffazione, poiché suggeriscono alcune «accortezze» che poi, inevitabilmente, Pag. 166 si ripercuotono in maniera positiva sulle imprese e sul lavoro delle forze dell'ordine.
Tra le azioni messe in campo dal Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, ad esempio, si segnala l'attività del Codacons che ha diffuso, attraverso apposite brochure, pratici consigli per consumatori per individuare le merci contraffatte.
La stessa Assocalzaturifici, insieme ad altre associazioni del comparto moda e persona e alle organizzazioni in rappresentanza dei consumatori, ha contribuito alla realizzazione del Vademecum per il consumatore, curato dalla Direzione Generale Lotta alla Contraffazione – UIBM del Ministero dello Sviluppo Economico. Si tratta di una brochure informativa con la quale, oltre ad indicare le informazioni che per legge devono essere riportate sui prodotti, si mettono in evidenza i rischi per la salute del consumatore e i danni al tessuto economico e sociale derivanti dall'acquisto di prodotti contraffatti. I vademecum predisposti dalle associazioni a tutela del consumatore partono da una descrizione semplice del fenomeno e dalla condivisione di regole di base per gli acquirenti.
Di seguito se ne riportano alcune:
• evitare di comprare prodotti super economici; un prezzo troppo basso può essere invitante ma spesso è indice di scarsa qualità. Dietro l'illusione di una occasione può celarsi un prodotto che non dura e che si deteriora molto prima dell'originale;
• rivolgersi sempre a venditori autorizzati che offrono evidenti garanzie sull'origine della merce; diffidare di prodotti generalmente commercializzati attraverso canali ufficiali di vendita che vengono proposti per strada o sulla spiaggia da venditori irregolari, in banchetti e mercatini improvvisati, ecc.;
• avvalersi, prima di eseguire acquisti di rilevante valore, della consulenza di persone che abbiano maggiore conoscenza del prodotto;
• acquistare solo prodotti in confezioni e con imballaggi integri, con il nome del produttore, assicurandosi della loro provenienza e di eventuali marchi di qualità o certificazione;
• prestare cautela per le vendite effettuate «porta a porta»: se non si ricevono notizie precise sull'identità e sui recapiti (telefono, domicilio ecc.) del venditore, è possibile che si tratti di prodotti contraffatti;
• porre particolare attenzione all'acquisto di prodotti proposti in internet o da programmi televisivi, soprattutto nei casi in cui non sia prevista la possibilità di prendere visione della merce prima dell'acquisto e di restituirla una volta ricevuta;
• controllare sempre le etichette dei prodotti acquistati e diffidare di quelli con scritte minuscole o poco chiare o privi delle indicazioni d'origine e del «marchio CE». Le etichette più corrette e complete sono quelle che garantiscono la migliore descrizione del prodotto: trasparenza del marchio, processo produttivo, luogo di produzione e caratteristiche.
Con riferimento all'ultimo dei punti sopra elencati, una corretta informazione in etichetta è il primo passo per difendersi dalla contraffazione e procedere ad un acquisto consapevole. L'etichetta è la carta di identità dei prodotti: per quanto concerne le calzature essa fornisce informazioni certe sulla natura dei materiali utilizzati per ciascuna parte della scarpa (tomaia, rivestimento interno, suola). Una etichetta completa deve:
• essere presente su almeno una delle calzature;
• contenere informazioni sul materiale di cui è composta ciascuna parte della scarpa per almeno l'80%; se nessun materiale è impiegato in tale percentuale l'etichetta reca indicazioni sulle due componenti principali;
• riportare le informazioni sui materiali usati e le relative parti della scarpa in lingua italiana o in simboli di dimensioni sufficienti a rendere agevole la comprensione delle informazioni contenute nell'etichetta; le indicazioni supplementari possono essere apposte in una delle lingue ufficiali della UE;
• essere stampata o incollata o goffrata o applicata su un supporto attaccato;
• essere visibile, saldamente applicata ed accessibile al consumatore;
• evitare di riportare segni o simboli che possano indurre in errore il consumatore.
Le associazioni dei consumatori forniscono informazioni sulle normative di riferimento in materia di contraffazione, e specificano i danni recati dal fenomeno, sia con riferimento al mercato che al consumatore. «La contraffazione – si legge in uno dei vademecum diffusi dal Codacons – ha assunto oggi caratteristiche e dimensioni tali da divenire un fenomeno particolarmente grave; essa è pervasiva, globale, campo di azione della criminalità organizzata, altera le regole di funzionamento del mercato concorrenziale, danneggiando le imprese che operano nella legalità e rappresenta un pericolo per la sicurezza e la salute dei consumatori. La contraffazione danneggia, inoltre, il sistema economico nel suo complesso perché sottrae alla collettività posti di lavoro e allo Stato entrate fiscali.»
Tra le ragioni che dovrebbero spingere i consumatori a non comprare prodotti falsi ci sono dunque:
• la tutela della salute: i prodotti contraffatti, non seguendo processi produttivi controllati e a norma di legge, comportano rischi per la salute sia di chi indossa il prodotto, a causa dei possibili agenti chimici, coloranti e collanti (allergenici o addirittura cancerogeni) utilizzati nella lavorazione, sia di chi lo lavora;
• l'impatto ambientale: il prodotto contraffatto molto spesso utilizza materiali e sostanze nocive che si disperdono nell'ambiente, durante il processo produttivo e nello smaltimento del prodotto finito o dei residui di lavorazione;Pag. 168
• la tutela sociale: la contraffazione indebolisce il tessuto produttivo ed economico del paese, sottraendo posti di lavoro ed incrementando lo sfruttamento della mano d'opera;
• l'importo delle sanzioni: acquistare prodotti falsi comporta una sanzione per l'acquirente finale da 100 euro a 7.000 euro;
• il rapporto qualità/prezzo: la qualità di un prodotto contraffatto corrisponderà al prezzo pagato dal consumatore sia per la scarsa fattura dello stesso, sia per la mancanza di garanzie sulla qualità e sulla conformità alle vigenti normative in termini di sicurezza;
• l'evasione fiscale: l'industria del falso produce un danno allo Stato, sottraendo all'erario una quota significativa di gettito a causa della diminuzione delle entrate, dell'evasione fiscale e di quella contributiva;
• la criminalità: contraffazione ed abusivismo alimentano la malavita ed arricchiscono la criminalità organizzata;
• le motivazioni etico-sociali: è evidente l'assenza della cultura della legalità ed un inaccettabile atteggiamento assolutorio verso chi compra. La contraffazione è troppo spesso ed a torto considerato reato minore.
Secondo una ricerca dell'Istituto Piepoli, quando un consumatore acquista un prodotto contraffatto è consapevole che l'acquisto comporta un danno per l'economia nazionale e contribuisce ad alimentare la criminalità. Allo stesso tempo, però, pensa di aver fatto un «buon affare», avendo comprato un bene che, se fosse stato originale, non avrebbe avuto la possibilità di avere. Per contrastare efficacemente la vendita on line di prodotti contraffatti, occorre ridurre la forte visibilità dei siti internet e dei domini che effettuano violazione dei diritti di proprietà intellettuale, oscurarli e rimuovere in tempi rapidi i contenuti illeciti, nonché assumere iniziative condivise per una maggiore responsabilizzazione nella fornitura dei servizi web.
In conclusione, chi produce, come chi vende, un prodotto contraffatto commette un reato penalmente rilevante; chi acquista un prodotto contraffatto è, quindi, complice di un reato che mette a rischio la propria salute e quella degli altri, alimentando la criminalità organizzata.
6. L'aggressione della contraffazione, anche via internet, alle aziende italiane.
Come per tutte le tipologie di prodotti colpite da fenomeni di contraffazione, anche le calzature contraffatte trovano ampia diffusione tramite la rete internet, in virtù delle caratteristiche stesse della rete quale strumento di larga distribuzione di prodotti illeciti: anonimato, facilità di raggiungere i consumatori ovunque nel mondo, velocità delle transazioni, costi ridotti, crescente fiducia dei consumatori nei confronti degli acquisti on-line.Pag. 169
Da un recente studio commissionato dal Ministero dello sviluppo economico relativamente ai fenomeni di contraffazione in rete, emerge che la diffusione di inserzioni nel web relative a calzature contraffatte raggiunge la percentuale del 73% per quanto riguarda le grandi piattaforme asiatiche di commercio elettronico e del 18,2% nel c.d. «web generico».
Le realtà imprenditoriali calzaturiere italiane, che comprendono 54 marchi di scarpe «Made in Italy», secondo una classificazione operata dall'Associazione Assocalzaturifici, possono essere suddivise per segmento di mercato/qualità (15) in:
• segmento GRIFFE (marchio total look con riconoscibilità e brand – awareness a livello internazionale con fascia di prezzo non necessariamente lusso) e segmento LUSSO (oltre i 500 euro in media, ad alta concentrazione di valore prodotto e marchio calzatura);
• segmento MEDIO (fascia di prezzo dai 50 ai 200 euro a seconda del prodotto e della stagione) e FINE (fascia di prezzo dai 200 ai 500 euro a seconda del prodotto e della stagione).
La sezione dello studio citato dedicato al falso «Made in Italy», ove si esamina in particolare il rapporto di copresenza in ambienti contraffattivi di un campione di 54 marchi calzaturieri, suddivisi per fasce di prezzo e mercati di sbocco e false indicazioni di origine, ha prodotto risultati estremamente interessanti, oltre che allarmanti, sulla capacità di penetrazione del falso all'interno di alcune delle principali piattaforme di acquisto quali Ebay, Alibaba ed Amazon.
Lo studio rappresenta una prova tangibile dell'attrattività e del potere seduttivo che l'origine italiana di un prodotto esercita sui consumatori di tutto il mondo e richiama i soggetti istituzionali preposti alla tutela e promozione dell'industria manifatturiera italiana ad agire in sinergia, facendo sistema, per mettere in campo azioni di contrasto efficaci e concrete.
L'analisi rafforza nella convinzione che non soltanto la contraffazione di marchio è la modalità con la quale viene tratto in inganno il consumatore o ne viene catturata l'attenzione, sfruttando un rapporto di complicità, ma che in molti casi il contraffattore utilizza proprio l'indicazione d'origine, nella sua caratteristica di pregio e di qualità, evidentemente falso, quale mezzo per richiamare l'attenzione degli acquirenti.
Considerando che non esiste al mondo un'altra indicazione d'origine così forte ed evocativa di qualità ed eccellenza manifatturiera, tale per cui si parla – a dire il vero in modo tecnicamente improprio – di «Made in Italy» quale brand, la tutela dell'indicazione d'origine italiana non può che diventare per tutti i soggetti istituzionali un obiettivo prioritario nell'ambito della strategia industriale del Paese. Pag. 170
Lo studio si è focalizzato sull'analisi dei rapporti «marchi-label (con cui per comodità si indica l'etichetta «Made in Italy» e le sue varianti)» nelle pagine WEB1.0 e sulle inserzioni estratte da Piattaforme B2C, nello specifico la piattaforma cinese Taobao, leader mondiale del e-commerce. L'indagine ha inoltre cercato di far emergere le diverse varianti nel comportamento contraffattivo e l'eventuale «effetto traino» derivante dall'uso a sé stante (cioè non connesso agli specifici brand calzaturieri) dell'etichetta «Made in Italy» nell'e-Commerce B2C.
Una prima evidenza – che conferma quanto il «Made in Italy» sia strumento di promozione soprattutto per le piccole e medie imprese – consiste nel fatto che l'incidenza percentuale della label è mediamente più alta quando è associata a calzature di livello medio-fine, mentre scende quando si tratta di calzature griffate.
Studiando una o due aziende per ogni segmento sono risultate evidenti le differenze, oltre che per qualità del prodotto e fascia di mercato, anche nella percezione del fenomeno della contraffazione e nelle azioni messe in campo dalle singole aziende per contrastarlo. Per ogni segmento, la contraffazione del prodotto incide, in maniera differente, sulla produzione, sul volume di affari e sulla fidelizzazione dei clienti.
6.1. Il settore delle griffe e del lusso.
Le imprese del settore griffe e lusso hanno un approccio molto diverso al fenomeno della contraffazione legato al diverso tipo di attività che svolgono. Sono spesso marchi, come ad esempio l'azienda Salvatore Ferragamo, che oltre alle calzature, di cui fanno comunque l'elemento di punta, producono anche abbigliamento ed accessori e il più delle volte hanno fabbriche e «store» dislocati in tutto il mondo. Il rapporto con l'estero è quotidiano e fondamentale diventa anche l'utilizzo della Rete internet, potente strumento per le attività commerciali, ma anche luogo attrattivo per chi vive di contraffazione.
Per i grandi marchi la contraffazione vera e propria avviene per lo più nei Paesi extra UE, Cina in testa, mentre in Italia molto spesso si riscontrano casi di imitazione come ad esempio un prodotto molto simile a quello originale che pur non riportando il nome del brand, è dotato dei segni distintivi del marchio: fibbia, anellino, ecc...
La categoria dei prodotti lusso, a differenza degli altri segmenti, è anche meno esposta alla cosiddetta contraffazione «da spiaggia», proprio per la caratteristica di esclusività che negli anni queste aziende hanno saputo capitalizzare.
Per l'azienda Salvatore Ferragamo la contraffazione realizzata nel territorio nazionale non arriva al 10% di quella totale, mentre è nell'Unione europea e soprattutto in Asia che il fenomeno si fa maggiormente sentire e si caratterizza per una produzione per lo più cinese, anche se ultimamente il fenomeno sta interessando anche i Paesi dell'Est Europa.
Fondamentali per questo segmento di mercato sono quindi i controlli effettuati alle dogane e il potenziamento e l'inasprimento dell'attività ispettiva frontaliera è pertanto indispensabile.Pag. 171
La produzione «made in Cina» rappresenta senza dubbio la criticità più rilevante per il settore calzaturiero nazionale; la contraffazione cinese dei prodotti è infatti elevatissima e sempre più sofisticata. Si riscontrano sempre più spesso casi di articoli in tutto e per tutto riconducibili a marchi italiani e casi di prodotti immessi sul mercato cinese prima ancora che le aziende li producano; il caso degli orologi firmati Ferragamo, venduti nei mercati asiatici e mai prodotti in Italia, è emblematico.
L'altro vero nemico da cui difendersi è internet che, se da un lato ha avvantaggiato la diffusione e vendita della merce, dall'altro ha inasprito il fenomeno contraffattivo, esponendo i prodotti italiani a rischi fino a pochi anni fa inimmaginabili e ai quali è sempre più complicato fare fronte, tanto più senza una adeguata legislazione. Per sua natura, infatti, il web è un universo in cui vigono pochissime regole di limitazione della «libertà» e in cui è complicato imporre dei limiti alla circolazione e diffusione delle informazioni. I grandi marchi italiani, ma anche l'Assocalzaturifici, chiedono con forza un maggiore controllo sull’on line, ma si tratta di un'azione difficile e che non può essere messa in atto in maniera unidirezionale dall'Italia.
Il principale problema nella contraffazione online è quello dei domini. Come ormai noto, soggetti privati possono registrare domini internet utilizzando nomi molto simili a quelli di altre aziende e quindi promuovere e vendere prodotti contraffatti simili all'originale, ma ovviamente non autentici. Di fronte a questo fenomeno gli spazi di azione per le aziende sono pochi e l'ideale sarebbe imporre un'intermediazione tra chi richiede l'apertura di un dominio e l'azienda che il nome del dominio andrebbe a ricalcare.
Nell'attesa di una normativa omogenea da adottarsi a livello internazionale, le grandi aziende difendono i propri prodotti attraverso il controllo capillare delle merci poste in vendita in internet e nei negozi di tutto il mondo. Realtà aziendali come l'azienda Ferragamo investono su un vero e proprio team di monitoraggio del web, che lavora 24 ore al giorno, per individuare prodotti contraffatti e spesso intenta lunghe e dispendiose cause per la cancellazione dei domini illegali. A fronte del costo di un tale sistema di «difesa» posto in essere da ciascuna azienda, i risultati purtroppo non sono incoraggianti. Si può condannare un sito falso a chiudere ma non impedire che dopo un'ora lo stesso venga riattivato con minime modifiche e assegnazione della proprietà ad altro soggetto.
Su 20 siti web monitorati dall'azienda Ferragamo nell'anno 2014 sono stati intercettati 24.574 paia di scarpe contraffatte.
Estremamente utili si rivelano anche i corsi di formazione per i funzionari delle dogane, finalizzati a riconoscere ed eventualmente sequestrare i prodotti contraffatti prima della loro immissione in commercio e certamente, ancorché ancora in fase di sperimentazione, l'apposizione all'interno di ciascun prodotto di un chip che, attraverso il controllo effettuato tramite un cellulare direttamente dagli utenti, sia in grado di fornire informazioni precise sull'autenticità dello stesso.
Di seguito si riportano alcuni dati:
Siti web monitorati nell'anno 2014 | |||
cinture | occhiali | scarpe | portafogli |
669 | 25 | 1511 | 1040 |
551 | 65 | 1250 | 1314 |
724 | 5 | 1500 | 1383 |
2191 | 21 | 500 | 1194 |
1568 | 142 | 2250 | 2288 |
1262 | 173 | 2509 | 2431 |
1063 | 330 | 1556 | 3859 |
1213 | 202 | 2672 | 2808 |
1473 | 328 | 2300 | 3233 |
1119 | 108 | 2347 | 4363 |
1649 | 115 | 2170 | 4226 |
1548 | 117 | 4009 | 2472 |
14940 | 1631 | 24574 | 30611 |
Fonte: Guardia di Finanza
6.2. Il settore «medio-fine».
Le aziende del segmento medio sono per lo più medie imprese radicate sul territorio, con poche aziende esterne e il cui raggio di azione si muove principalmente all'interno del territorio nazionale. La contraffazione non è tra le principali criticità della loro attività economica ed imprenditoriale – anche se negli ultimi anni il fenomeno sta incidendo anche su questa fascia di prodotti – essendo l'alto costo del lavoro e l'elevata tassazione le problematiche più significative del settore. Molte di queste realtà, scegliendo la qualità come strategia di competizione soprattutto sui mercati internazionali, si stanno organizzando in autonomia, a fronte del vuoto normativo in materia di etichettatura d'origine. L'azienda Nero Giardini, ad esempio ha scelto, come punto di forza, la valorizzazione del proprio prodotto interamente «fatto in Italia», già a partire dalla ideazione del brand: un tricolore in tessuto applicato in ciascun prodotto, una firma che vuole testimoniare concretamente le radici dell'azienda con il proprio territorio in una mission aziendale volta a realizzare prodotti «Made in Italy» avvalendosi dell'alta specializzazione delle maestranze italiane, con attenzione alle materie prime esclusivamente italiane e ad una manifattura di qualità. Questi accorgimenti sono necessari per contrastare la contraffazione, nonostante, nel segmento medio l'incidenza del fenomeno non sia troppo elevata poiché i prezzi dei prodotti «originali» sono abbastanza abbordabili e non rendono conveniente la contraffazione del marchio. Le azioni di contrasto operate da Guardia di Finanza, Agenzia delle Dogane e Forze dell'Ordine, insieme alle segnalazioni dei consumatori, sono ancora sufficienti a far fronte agli illeciti anche se ulteriori interventi sono allo studio come l'applicazione, in ogni prodotto, di un chip informatico per far sì che gli utenti finali possano avere la certezza di un prodotto originale.Pag. 173
È importante comunque sottolineare che, messo da parte costo del lavoro e fenomeno contraffattivo, i problemi riscontrati dalle aziende calzaturiere italiane, in particolare quelle del segmento medio-fine, riguardano l'aspetto della manodopera, e, in particolare, del ricambio generazionale. In Italia, infatti, a causa della «demonizzazione» degli istituti professionali a favore dei licei, si è persa la forza lavoro in numerose professionalità, quali orlatori e tagliatori e per far fronte a queste carenze alcune fasi della produzione vengono esternalizzate e affidate ad altri Paesi come Serbia, Romania e Tunisia.
6.3. Le proposte contenute nel rapporto 2015 di Assocalzaturifici italiani.
Il 7o «Shoe Report» promosso da Assocalzaturifici Italiani, e realizzato dalla società Ermeneia – Studi & Strategie di Sistema, è stato presentato alla Camera, nella Sala Aldo Moro il 12 marzo 2015. In tale report, particolarmente significativo in quanto proveniente dall'associazione datoriale rappresentativa delle realtà aziendali del settore calzaturiero, si evidenzia l'importanza e la necessità di una normativa nazionale adeguata a combattere il fenomeno della contraffazione in tutte le fasce di prodotto calzaturiero.
Le proposte si muovono lungo quattro direttrici principali:
a) Rafforzamento del presidio territoriale.
Nell'analisi svolta l'esigenza di garantire un efficace enforcement della risposta delle istituzioni pubbliche chiamate a vari livelli di responsabilità a contrastare la contraffazione nel settore calzaturiero passa attraverso:
• una sempre maggiore adeguatezza dell'attuale livello di integrazione delle azioni di contrasto ai vari livelli di governo (Stato-Enti territoriali);
• una valutazione del ruolo effettivamente svolto per il coordinamento dei vari soggetti istituzionali coinvolti da parte del Comitato Nazionale Anti Contraffazione;
• l'accrescimento delle forme di coordinamento dei livelli operativi tra le forze dell'ordine di livello nazionale e tra queste e la polizia locale; deve in particolare essere valutato il funzionamento degli strumenti di coordinamento delle Forze dell'Ordine, quali i «Patti per la Sicurezza» e l'attività in materia dei Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica, presieduti dai Prefetti; devono inoltre essere superati i problemi organizzativi, nella fase di attuazione degli indirizzi, di spettanza delle polizie locali;
• una valutazione dell'efficacia delle best practices indicate nel Piano Nazionale Anticontraffazione per il rafforzamento delle misure di «presidio territoriale», quali il cofinanziamento da parte del Ministero dello Sviluppo Economico e dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani di progetti ed interventi anticontraffazione realizzati direttamente dai Comuni;
• l'adeguatezza dell'apparato sanzionatorio, penale e civile;Pag. 174
• l'incremento di una adeguata sensibilità da parte delle autorità competenti e delle istituzioni circa la rilevanza economica e sociale della contraffazione.
b) Lotta alla contraffazione via Internet.
Altro profilo oggetto di particolare attenzione nel rapporto è quello dell'uso di internet come strumento di commercializzazione di prodotti contraffatti.
In tale ottica il report raccomanda:
• l'attenta considerazione delle dimensioni quantitative dell'uso del web per la commercializzazione di prodotti contraffatti e l'individuazione dei settori merceologici maggiormente interessati al fenomeno;
• una riflessione sul ruolo e l'adeguatezza del controllo svolto dagli Internet Service Providers (ISP) e dai fornitori di servizi via web rispetto ai fenomeni di contraffazione che utilizzano internet e gli strumenti di comunicazione sociale elettronica;
• una valutazione sull'adeguatezza della normativa vigente a combattere il fenomeno della contraffazione via web.
c) La tutela del «Made in Italy» e i fenomeni di usurpazione all'estero di prodotti italiani (Italian Sounding).
Il report, come del resto avvenuto durante le audizioni in Commissione con altri operatori del settore ed istituzioni competenti, ribadisce la centralità del tema della necessità di una normativa comunitaria che superi le difficoltà nella predisposizione di una normativa europea per rendere obbligatoria l'etichettatura di origine (c.d. tutela del Made In), per le merci in entrata ed in uscita dal territorio doganale comunitario; le iniziative ipotizzabili al riguardo non possono non prevedere un'azione dei Governi nazionali in sede comunitaria per arrivare all'approvazione di tale normativa.
Al di fuori della normativa comunitaria occorre riflettere sulle misure ipotizzabili, alla luce delle esperienze maturate nel settore, per contrastare più efficacemente i fenomeni dell’Italian Sounding e del Look-alike.
d) La comunicazione e l'informazione per i consumatori.
Le iniziative di comunicazione e le campagne di informazione sono necessarie per rafforzare la cultura della proprietà intellettuale, soprattutto presso i giovani, come misura di particolare importanza per spingere i consumatori a non acquistare merce contraffatta, una volta maturata la consapevolezza della dannosità complessiva del fenomeno.
In tale ottica occorre procedere:
• alla valutazione dell'efficacia delle campagne di comunicazione per la lotta alla contraffazione effettuate e del loro impatto comunicativo presso gli utenti e i produttori, quale, ad es., il Piano di Comunicazione in materia di proprietà intellettuale e lotta alla contraffazione citato nel Piano Nazionale Anticontraffazione;Pag. 175
• all'analisi dei settori produttivi e merceologici ove può avere un maggiore successo un'adeguata campagna di informazione e comunicazione.
Un ruolo importante nel contrasto alla contraffazione nel comparto calzaturiero è svolto da Assocalzaturifici che, monitorando costantemente il settore sotto ogni profilo, sta realizzando specifiche azioni per tutelare i prodotti nazionali. La sensibilizzazione del consumatore sui rischi per la salute e sui danni al sistema economico italiano e il conseguente rafforzamento della criminalità organizzata costituiscono certamente gli strumenti più efficaci a disposizione dell'associazione.
Assocalzaturifici promuove e supporta Confindustria in tutte le azioni di comunicazione e sensibilizzazione volte a richiamare l'attenzione, sia delle Istituzioni che dell'opinione pubblica, sull'importanza di un mercato legale delle merci. A tal fine, particolarmente significativa e di rilevante impatto mediatico, è la Giornata dell'Anticontraffazione, organizzata da Confindustria.
A livello locale il report ricorda la partecipazione di Assocalzaturifici alla Commissione Permanente delle Associazioni Settoriali Produttive sull'anticontraffazione del Comune di Milano, con cui programma incontri nelle scuole per sensibilizzare i giovani; dal 2013 il Comune bandisce, di intesa con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, nell'ambito del concorso nazionale rivolto a tutte le scuole, un concorso dedicato all'anticontraffazione ed a tutti gli aspetti connessi alla salute dei consumatori e alla tutela dell'ambiente.
L'Associazione ha, inoltre, promosso con il patrocinio gratuito del Comune di Milano, attraverso lo spazio «theMICAMpoint» attività e workshop, mostre, eventi culturali rivolti ai consumatori sull'importanza e a difesa del «Made in Italy» in contrapposizione al falso.
Va infine ricordata, per quanto concerne le attività di contrasto diretto alla contraffazione, la promozione di un'azione collettiva istituzionale, da parte di Assocalzaturifici e della Camera Nazionale della Moda, per combattere la contraffazione direttamente nel mercato cinese, dove la casistica delle imprese calzaturiere che riscontrano gravi problemi nella registrazione del proprio marchio è elevata. Con il materiale raccolto dalle aziende è stato creato un dossier che l'Ambasciata d'Italia a Pechino ha presentato alle Autorità locali nell'ambito del tavolo bilaterale sugli scambi e la tutela della proprietà industriale.
7. Conclusioni e proposte.
Le soluzioni al fenomeno contraffattivo che, da quanto emerso, interessa trasversalmente, anche se con caratteristiche diverse, tutto il settore calzaturiero nazionale, devono essere ricercate sia dai singoli imprenditori – ad esempio attraverso alcune delle iniziative descritte all'interno di questa relazione – sia dalle Istituzioni che hanno il dovere di difendere i prodotti e le imprese nazionali oltre che, ovviamente, i consumatori.Pag. 176
È evidente che solo attraverso il confronto costante con tutti i «player» coinvolti, Istituzioni, mondo produttivo e consumatori, si possono realizzare azioni efficaci per combattere questo fenomeno. Fare sistema è la condizione necessaria perché la lotta alla contraffazione possa essere condotta con successo a cominciare dal potenziamento dei controlli sul territorio, fino alla verifica, all'interno della filiera commerciale, del flusso delle merci in vendita e proseguendo attraverso una capillare operazione di monitoraggio delle vertenze giudiziarie in tema di contraffazione.
7.1. Interventi a livello comunitario.
A livello comunitario è indispensabile una decisa azione politica affinché la legislazione comunitaria in materia di etichettatura di origine si evolva in una regolazione del «Made in», uniforme per tutti gli Stati membri.
Come noto, il tema dell'indicazione dell'origine è materia armonizzata, e nessuna normativa nazionale è in grado di tutelare la propria produzione senza l'obbligo per le aziende di riportare in etichetta le informazioni necessarie a valutare la tracciabilità e la provenienza dei componenti dei prodotti.
Indicare su una calzatura il Paese d'origine ne tutela l'originalità e al tempo stesso garantisce trasparenza per il consumatore, una trasparenza che si articola su tre livelli: qualità, prezzo e origine del prodotto. Etichettare un prodotto in maniera corretta e completa è l'unica possibilità di garantire reciprocità e competitività sui mercati internazionali.
Il Consiglio dei ministri dell'Unione europea, riunitosi il 29 maggio 2015 nella sede «competitività» ha nuovamente proceduto all'esame del dossier «Made In», senza pervenire ad alcun accordo. La proposta della presidenza lettone di limitare la tracciabilità al settore delle calzature e a parte di quello delle ceramiche non è stata accolta. Purtroppo le cancellerie europee sono ancora molto divise sul concetto di «Made In» e nessuna proposta di compromesso, ancorché non desiderabile in via di principio in quanto la normativa dovrebbe riguardare tutte le merci, pare scalfire la rigida posizione dei Paesi contrari. Tale questione rappresenta un vero e proprio impasse per le produzioni nazionali di qualità.
Senza una normativa comunitaria in tal senso nessuna soluzione può ritenersi realmente idonea a contrastare la contraffazione e l'imitazione dei prodotti italiani.
A livello internazionale è fondamentale il rafforzamento della cooperazione, con l'implementazione di misure giuridiche, anche per i profili giudiziari, efficienti e coordinate a livello comunitario.
7.2. Interventi a livello nazionale.
A livello nazionale va guardato con particolare interesse il recente accordo stipulato tra il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e la piattaforma cinese di e-commerce Alibaba, che vende e distribuisce prodotti in tutto il mondo.Pag. 177
Come noto, la contraffazione nel settore agroalimentare fa registrare un fatturato falso che supera i 60 miliardi di euro l'anno, e l'accordo in questione, consistente nell'impegno a rimuovere gli annunci falsi una volta verificate le segnalazioni che arrivano dall'Ispettorato repressioni frodi del Ministero, rappresenta senza dubbio una validissima iniziativa conclusa da una istituzione pubblica a protezione dei marchi italiani.
Tale approccio potrebbe essere esteso ad altri comparti.
Nel settore calzaturiero, sia Assocalzaturifici che Confindustria, con il sostegno del Ministero dello sviluppo economico, potrebbero verificare la possibilità di sostenere simili iniziative.
Circa le azioni ispettive, di particolare importanza appare porre i dati statistici di rilievo derivati dalle attività di contrasto delle Autorità di polizia, amministrative e doganali in un'unica banca dati integrata, alimentata in maniera costante anche con i dati provenienti dall'attività della magistratura, sia civile che penale. Tali dati dovrebbero essere resi disponibili in maniera trasversale tra le istituzioni e anche alle associazioni di categoria.
Per una maggiore tutela dei diritti di proprietà industriale, è opportuna l'introduzione di agevolazioni destinati alle piccole e medie imprese per la registrazione di marchi, brevetti, modelli ed altri titoli di IPR; è imprescindibile, inoltre una maggiore incisività politica per l'attuazione delle norme sull'etichettatura d'origine obbligatoria, unitamente a soluzioni che consentano maggior trasparenza e tracciabilità dei prodotti.
Un'altra proposta, da sviluppare ulteriormente, concerne l'attivazione di strumenti finanziari a supporto delle azioni a tutela del diritto di proprietà intellettuale intentate da aziende italiane. L'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (ex ICE), attraverso le numerose sedi estere, dovrebbe monitorare i mercati nazionali di riferimento e fornire assistenza tecnica specifica agli operatori italiani vittime di illeciti. A tal fine, come avviene in altri Paesi europei, la collaborazione tra Agenzia, ambasciate ed associazioni che tutelano la proprietà intellettuale è indispensabile.
Per quanto concerne valutazioni di metodo, ciò che è emerso è che il contrasto alla filiera del falso dovrebbe essere effettuato in maniera settoriale. Nonostante i molti punti di contatto, infatti, sarebbe necessario muoversi in maniera differente, anche dal punto di vista normativo, per il contrasto alla contraffazione alimentare, della moda, musicale, operata tramite internet ecc. poiché ognuno di questi ambiti presenta caratteristiche e peculiarità che devono essere prese in considerazione singolarmente se si vuole dare vita ad una azione realmente efficace e risolutiva.
7.3. Interventi in sede giudiziaria.
In sede giudiziaria un intervento necessario è quello di favorire la specializzazione della magistratura penale, sia inquirente che giudicante, impegnata nella trattazione dei reati economici dei quali i reati di contraffazione costituiscono parte rilevante anche sinora non sempre considerati come priorità.Pag. 178
Una soluzione potrebbe essere quella di dotare anche il settore penale, come previsto nel civile con il Tribunale delle imprese, di sezioni specializzate per il contrasto alla contraffazione e dei reati economici.
La revisione della legislazione penale deve costituire una priorità nella strategia di contrasto alla contraffazione. Sul tema dei problemi che riguardano l'attuale assetto normativo penale, sia nei codice penale e di procedura penale che nelle leggi speciali vigenti e sulle proposte in merito elaborate dalla Commissione si rinvia alla specifica relazione tematica della Commissione, che affronta in maniera sistematica tali temi.
Per quanto riguarda la contraffazione via web è urgente procedere ad un inasprimento delle norme che riguardano la responsabilità di chi usa tale strumenti per vendere merci contraffatte, avviando un monitoraggio dei flussi sul web e concordando strategie a livello internazionale con gli ISP. Una normativa realmente efficace contro la contraffazione on line è molto difficile da predisporre: l'oscuramento dei siti internet e dei domini realizzati in violazione dei diritti di proprietà intellettuale non è sufficiente ed è necessario individuare una corresponsabilità dei provider nei casi in cui, ricevuta la «segnalazione» dai titolari del diritto, non rimuovano immediatamente la pagina. Una soluzione potrebbe essere quella di consentire ai soli negozi web certificati di essere in rete.
(1) V. Audizioni del 22 giugno 2015 del Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, Fausto Zuccarelli e del Colonnello Raffaele D'Angelo comandante del gruppo della Guardia di Finanza di Fiumicino; audizione del Comandante Generale della Guardia di Finanza Capolupo il 16-10-2014; audizione del Direttore Generale dell'Agenzia delle dogane Giuseppe Peleggi il 25 marzo 2015; audizione del Presidente di Assocalzaturifici Cleto Sagripanti l'11 marzo 2015.
(2) In tal senso l'intervento del Presidente di Assocalzaturifici, Cleto Sagripanti l'11 marzo 2015, pag. 4 e segg. Res. Stenografico.
(3) Dati tratti dalla nota «Lotta alla Contraffazione: alcuni dati e l'impegno di Assocalzaturifici», depositata in Commissione dal Presidente di Assocalzaturifici Cleto Sagripanti, l'11 marzo 2015.
(4) Dati tratti dalla Nota «Le priorità oggi», depositata dal Presidente di Assocalzaturifici Cleto Sagripanti l'11 marzo 2015 durante l'audizione in Commissione.
(5) Fonte: Assocalzaturifici – Shoe Report 2015.
(6) Nota «Lotta alla contraffazione: le iniziative e la posizione di Assocalzaturifici», depositata dal Presidente di Assocalzaturifici Cleto Sagripanti l'11 marzo 2015 durante l'audizione in Commissione.
(7) Ministero dello Sviluppo Economico-CENSIS «Dimensioni, caratteristiche ed approfondimenti sulla contraffazione – rapporto finale – settembre 2014».
(8) V. la Nota «Lotta alla contraffazione – Le iniziative e la posizione di Assocalzaturifici», depositata dal Presidente di Assocalzaturifici Cleto Sagripanti l'11 marzo 2015 durante l'audizione in Commissione.
(9) Tabella tratta dalla citata Nota depositata dal Presidente Sagripanti in audizione, pag. 2.
(10) Ad esempio per quanto riguarda l'azienda Ferragamo è emerso che tra il 2013 e il 2014 il numero dei prodotti contraffatti sequestrati alle dogane è aumentato da 28.889 a 46.972 unità, con un dato particolarmente significativo per le calzature, passate da 5.172 a 34.642.
(11) Audizione del 22 giugno 2015, pag. 3 e segg. Res. Stenografico.
(12) I dati sono riferiti soltanto all'attività del Comando provinciale della Guardia di finanza di Napoli.
(13) Audizione del 22 giugno 2015, pag. 7 del Res. Stenografico.
(14) Audizione del 22 giugno 2015 del Colonnello Raffaele D'Angelo, comandante del gruppo della Guardia di Finanza di Fiumicino, pag. 15 e segg. Res. Stenografico.
(15) Si veda al proposito lo «Studio sulla contraffazione via Internet nei settori calzature e occhiali», elaborato da Convey per conto del Ministero dello sviluppo economico, nel gennaio 2014.