XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 130 di Giovedì 26 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Commissario straordinario per la razionalizzazione e la revisione della spesa delle amministrazioni pubbliche, Yoram Gutgeld sullo stato della spending review nelle regioni e negli enti locali (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione) :
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Gutgeld Yoram , Commissario straordinario per la razionalizzazione e la revisione della spesa ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 9 
Paglia Giovanni (SI-SEL-POS)  ... 9 
Gibiino Vincenzo  ... 10 
Marantelli Daniele (PD)  ... 11 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 11 
Gutgeld Yoram , Commissario straordinario per la razionalizzazione e la revisione della spesa delle amministrazioni pubbliche ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Commissario straordinario per la razionalizzazione e la revisione della spesa delle amministrazioni pubbliche, Yoram Gutgeld ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Commissario straordinario per la razionalizzazione e la revisione della spesa delle amministrazioni pubbliche, Yoram Gutgeld, sullo stato della spending review nelle regioni e negli enti locali.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione, del Commissario straordinario per la razionalizzazione e revisione della spesa delle amministrazioni pubbliche, Yoram Gutgeld, sullo stato della spending review nelle regioni e negli enti locali.
  Nel ringraziarlo per la disponibilità dimostrata, cedo quindi la parola al Commissario straordinario Yoram Gutgeld.

  YORAM GUTGELD, Commissario straordinario per la razionalizzazione e la revisione della spesa. Grazie. Cercherò di fare una presentazione relativamente veloce, anche se la materia è ampia e complessa. Vi ho portato una documentazione completa (vedi allegato), ma possiamo approfondire gli aspetti che più interessano.
  Iniziando da una descrizione generale dell'attività della revisione della spesa, vorrei evidenziare tre elementi: obiettivi e ambiti della revisione: attività e risultati; confronto internazionale, che credo sia utile per inquadrare quanto fatto in questi anni.
  Sulla revisione della spesa, prima di tutto, per cercare di inquadrare quest'attività, è importante, nel pensare a come affrontarla, capire che di che cosa si tratta.
  Io uso sempre la metafora di una persona che deve riacquistare forma: quando qualcuno vuole mettersi in forma, oltre alla dieta, deve anche cambiare stile di vita, perché, se non cambia stile di vita, i chili che perde con la dieta poi ritornino.
  L'attività di revisione della spesa in un Paese, come anche in un'azienda, è fatta in quest'ottica: da un lato, con un taglio di capitoli di spesa e, dall'altra parte, con interventi sui processi e sull'organizzazione per rendere le riduzioni sostenibili nel tempo.
  Nell'attività svolta in questi anni, soprattutto negli ultimi due, è stata data molta enfasi non solo alla riduzione della spesa, ma anche alla riqualificazione, alla garanzia e al miglioramento dei servizi pubblici. Queste azioni simultanee hanno, da un lato, obiettivi finanziari (riduzione del deficit) e obiettivi di politica economica (riduzione di tasse), ma perseguono anche l'ampliamento dei servizi pubblici nonché il mantenimento e la garanzia della qualità degli stessi.
  Vorrei dire altro sull'ambito di quest'attività. Grosso modo, la spesa pubblica italiana è pari a 830 miliardi ed è composta di: circa 330 miliardi spesi per il cuore dei servizi pubblici (scuola, sanità, forze di polizia e così via); una sessantina di miliardi di investimenti in conto capitale; spesa Pag. 4sociale, che è di quasi 340 miliardi; interessi sul debito.
  L'attività nostra si è focalizzata sulla spesa corrente aggredibile, cioè sul costo della macchina dei servizi pubblici.
  Abbiamo scelto di non intervenire sulle pensioni e sugli interessi sul debito, dove c'è poco da fare, mentre, sugli investimenti, l'obiettivo è, semmai, di aumentarli.
  Abbiamo aggredito questa spesa attraverso tre linee direttrici di analisi cui sono seguite attività e misure adottate. Da un lato, l'abbiamo aggredita per natura di spesa. Questa spesa di quasi 830 miliardi è fatta quasi per metà da spese per personale e per metà da acquisti per beni e servizi, oltre che da altre cose. Quella descritta è stata una prima lente di ingrandimento per l'analisi e il lavoro.
  In secondo luogo, l'abbiamo aggredita per area di spesa. Come vedete, ci sono cinque aree che coprono quasi l'80 per cento: sanità; comuni e province; istruzione; sicurezza; difesa.
  Abbiamo deciso di focalizzarci sulla sanità, su comuni e province e sulla sicurezza e dare meno enfasi all'istruzione e alla difesa.
  L'istruzione è fatta soprattutto di persone e, peraltro, abbiamo fatto in questi anni degli investimenti nel settore. Sulla difesa, è in corso il progetto già messo in atto dal Governo Monti nel 2012, il cosiddetto «progetto Di Paola», che prevede la riduzione delle forze armate su un percorso pluriennale di 50.000 unità.
  Peraltro, dal punto di vista numerico, questo percorso sta addirittura leggermente avanti rispetto alla tabella di marcia, quindi abbiano deciso di non fare un altro intervento di questo tipo.
  Dal punto di vista di area di spesa, ci siamo focalizzati su queste tre aree.
  In ultimo, c'è una serie di funzioni di supporto, cioè di attività che la pubblica amministrazione usa per se stessa riguardo alla spesa per gli immobili, il parco auto e l'informatica, dove l'obiettivo è, per forza, renderla il più efficiente possibile.
  Questo è l'inquadramento complessivo: ora passiamo ai risultati. Dal punto di vista di riduzione dei capitoli di spesa, il lavoro che è stato fatto ha portato quest'anno, nel 2017, alla riduzione di quasi 30 miliardi dei capitoli di spesa.
  Com'è stato fatto questo lavoro? Per capire il peso di questa riduzione sui vari comparti, quindi dall'amministrazione centrale verso le amministrazioni locali, ho usato questo tipo di parametro: ho preso le incidenze dei tagli per riportarle al costo dell'amministrazione centrale verso le amministrazioni locali, al netto del costo del personale.
  Chiaramente è stato messo un costo del personale diverso perché la pubblica amministrazione centrale è fatta soprattutto di persone.
  Vi do un dato: la spesa per acquisto di beni e servizi è complessivamente di 130 miliardi ed è fatta da 110 miliardi spesi dagli enti locali, di cui molti vanno alla sanità, e di 20 miliardi spesi dalla pubblica amministrazione centrale.
  Ora, siccome è evidente che sul personale, per motivi ovvi, si è deciso di non ragionare sui licenziamenti, è chiaro che questa spesa è più vincolata.
  Togliendo la parte vincolata, la riduzione è stata del 17 per cento per la pubblica amministrazione locale e del 24 per cento per quella centrale. A che cosa è servito tutto ciò e qual è l'obiettivo di questa presentazione e del lavoro fatto dal Commissario, che non è quello di decidere che cosa fare con i tagli?
  Ricordo, comunque, che in questo contesto tale riduzione è servita a raggiungere alcuni obiettivi: la riduzione del deficit dal 3 al 2,1 per cento; la riduzione della pressione fiscale dell'1,6 per cento; l'ampliamento e l'ammodernamento dei servizi pubblici; lo stanziamento di 15 miliardi per nuove pensioni; le spese per sanità, migranti, scuola, sicurezza e così via.
  Vediamo più in dettaglio alcune cose specifiche. Prima di tutto, sul personale, quello che abbiamo fatto, come tutti voi sapete bene, è il blocco del turnover differenziato per comparti, che ha comportato, tra le prime iniziative, quella di spostare le persone da dove c'era un eccesso o non c'era più necessità ad aree dove c'era carenza di personale: si è cercato, per esempio, Pag. 5 di spostare persone dalle province ai tribunali.
  Il risultato complessivo è che, in termini di numero di persone, al netto della scuola, dov'è stata fatta un'immissione importante, c'è stata una riduzione di quasi il 4 per cento e sui soli Ministeri c'è stata una riduzione di quasi il 7 per cento.
  La seconda cosa che è stata fatta concerne l'azione sul versante degli acquisti. Parto dalla rappresentazione grafica contenuta nella documentazione fornitavi (vedi allegato), che un po’ sembra un quadro di arte moderna, e però è molto importante perché costituisce il punto di partenza del lavoro fatto sugli acquisti.
  Quello che vedete rappresenta la distribuzione dei prezzi di acquisto per gli stent cardiaci. Lo stent cardiaco è ovviamente uno dei prodotti importanti che la sanità compra. Che cosa vedete? Da un lato, ci sono tutte le regioni italiane e, d'altra parte, le fasce di prezzo di acquisto di un oggetto, ossia dello stent cardiaco, quindi parliamo di oggetti omogenei.
  I dati che vedete si riferiscono al 2014: abbiamo fatto una ricognizione di tutti i contratti di acquisto della sanità (più di 40.000), quindi abbiamo tutti i dati a disposizione.
  Per quanto riguarda la regione Piemonte, si osserva che: il 18 per cento degli stent è stato acquistato ad un prezzo compreso tra i 370 e i 420 euro (400 euro di media); il 7 per cento a 550 euro; il 22 per cento a più di 600 euro; l'11 per cento a 700 euro; il 16 per cento a 800 euro; il 14 per cento a 850 euro; l'11 per cento a 1.000 euro.
  Mi riferisco sempre allo stesso oggetto acquistato in Piemonte, quindi parliamo, all'interno delle regioni, di categorie omogenee.
  Potete osservare, di fatto, questo fenomeno quasi dappertutto, fatta eccezione per il Veneto, per un semplice motivo: il Veneto è l'unica regione che, in questo caso, aveva già fatto una gara di acquisto regionale, quindi, come vedete, ha ottenuto un prezzo attorno ai 300 euro.
  Come dicevo, questo è stato il punto di partenza del lavoro fatto, ma vorrei fornire ora una chiave di lettura.
  Il fenomeno che vedete riflette un fatto molto semplice: sostanzialmente l'acquisto è fatto dai singoli ospedali.
  Nel caso di acquisti fatti dai singoli ospedali, si notano due fenomeni.
  Prima di tutto, per fare un esempio – ricordo che la spesa complessiva per il sistema sanitario italiano è, grosso modo, di 200 milioni all'anno, mentre ciascun ospedale compra per mezzo milione è chiaro che, se faccio un acquisto a livello regionale per 10 o 20 milioni e se, come in questo caso, ci sono cinque produttori internazionali grandi e americani, posso fare la gara direttamente con la casa madre, mentre se devo spendere mezzo milione per un ospedale, passo attraverso il distributore eccetera, quindi la catena d'acquisto si allunga e il prezzo sale automaticamente del 30, del 50 o dell'80 per cento.
  Questo è un primo fenomeno, mentre il secondo fenomeno è rappresentato dal fatto che ogni ospedale non ha una grandissima expertise nel comprare questi prodotti, quindi, in funzione dei rapporti e di quanto sia esperto o meno chi compra, i prezzi possono risultare molto differenti tra loro.
  Questa è una prima importante chiave di lettura, ma c'è anche una seconda importante chiave di lettura: secondo una leggenda metropolitana, quella sulle famose siringhe che gira da anni, ci sarebbe una regione del nord che compra a prezzi bassissimi mentre le regioni del sud comprerebbero a prezzi altissimi: proprio su tale problematica abbiamo condotto un lavoro che esclude il fondamento della notizia e consente di dire che non ci troviamo in tale situazione.
  Come vedete, c'è una dispersione di prezzi dappertutto e c'è un fenomeno per cui il sud compra a prezzi un po’ più alti, però la dispersione o, se mi lasciate usare questo termine, il caos totale, regna ovunque.
  Questo è il punto di partenza, ma, per dare risposta al problema, che cosa è stato fatto? A partire dal 2014, è stato costituito Pag. 6quello che si chiama «tavolo dei soggetti aggregatori».
  Che cosa abbiamo detto? Per alcune categorie – c'è stata una prima ondata di acquisti per 16 miliardi, soprattutto, ma non solo, nella sanità – abbiamo imposto l'obbligo di acquisto per legge attraverso un sistema che, di fatto, comprenda la centrale nazionale, la Consip, le centrali regionali (una per regione) e le centrali delle grandi città metropolitane.
  È stato imposto l'obbligo di passare attraverso un'organizzazione che comprende l'ANAC, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il MEF eccetera, quindi lavora come un sistema organizzato, per le categorie che vedete rappresentate e che fanno il totale di 16 miliardi, tra sanità (13 miliardi) e altra spesa (3 miliardi). Questa è stata la prima ondata, ma, dall'anno prossimo, la amplieremo, quindi cresceremo e questa spesa potrà arrivare a diverse decine di miliardi nel tempo.
  Con quanto detto ho voluto darvi l'idea dei risultati. Inoltre, l'anno scorso, abbiamo fatto bandi per 25 miliardi e, quest'anno, ce ne saranno per altri 30 miliardi, quindi si arriverà a 55 miliardi accumulati per i bandi. Chiaramente si tratta di bandi di acquisto pluriennali, che non si riferiscono a un solo anno.
  Quello che vedete rappresenta la fotografia dell'acquisto della pubblica amministrazione.
  Nel 2015, in quelle categorie, tre quarti degli acquisti sono stati fatti a livello del singolo ente, cioè del singolo ospedale, e un quarto è stato fatto in maniera più centralizzata.
  Quest'anno, tale percentuale è salita a quasi il 90 per cento, cioè, nel giro di poco tempo, effettivamente c'è stata una centralizzazione fortissima degli acquisti con i risultati e con i risparmi medi che vedete.
  Ora, gara per gara, è in atto un monitoraggio dei risparmi e possiamo dire che i risparmi medi sono del 23 per cento, quindi capite le dimensioni del risparmio che si possono ottenere e che si stanno ottenendo.
  Più semplicemente, ho fatto questo calcolo: se si moltiplica il volume delle gare con il risparmio medio, parliamo di un risparmio (pluriennale e non su un anno) di molti miliardi.
  Il tavolo dei soggetti aggregatori è la grande novità per quanto riguarda il sistema di acquisti. In realtà, è stato fatto un lavoro ulteriore per ampliare e rafforzare l'ambito di azione della Consip – su cui non entro in merito perché nel report che abbiamo pubblicato a giugno ci sono tutti i dettagli –, aumentando la spesa presidiata, il valore delle gare e tutti i risparmi.
  Quanto detto riguarda il lavoro sugli acquisti.
  Sulla sanità, oltre il lavoro sugli acquisti con i risultati che avete visto, abbiamo lanciato, assieme con il Ministero della salute, sostanzialmente l'idea di mettere in atto quello che era stato pensato nel Patto per la salute del 2014, che aveva identificato un potenziale di risparmio, quindi di efficienza vera, per 10 miliardi. Oltre al lavoro sugli acquisti, abbiamo messo, quindi, in piedi questi meccanismi.
  Stiamo lanciando adesso un meccanismo per l'efficienza dell'informatica e della logistica simile a quello per gli acquisti, per cui, tra l'altro, ho visto molto interesse e grande potenziale da parte delle regioni. Di fatto, abbiamo creato, quindi, un meccanismo che permette loro di lavorare assieme.
  Nell'ambito di un piano di efficientamento degli ospedali, abbiamo preso in considerazione tutti gli ospedali italiani e abbiamo rifatto i conti economici veri per essi: soprattutto quelli grandi, e in tutte le regioni, non risultano in equilibrio economico. Allo stesso tempo, abbiamo anche osservato i risultati clinici: gli ospedali che non raggiungono standard di performance economica e clinica soddisfacenti, sono entrati in un piano di efficientamento, il che vuol dire che, entro tre anni, questi ospedali hanno l'obbligo di dimezzare il disavanzo e di migliorare la performance clinica e così via. Questi ospedali sono sotto la responsabilità delle singole regioni, con un sistema di monitoraggio nazionale.
  In ultimo, abbiamo inserito un nuovo concetto di premialità, per quanto esigua ma vera e non formale, per le regioni che, con lo Stato centrale, concordano un reale piano di efficienza e di miglioramento dei Pag. 7servizi. A fronte dei risultati, tali regioni riceveranno una piccola premialità, che spero, nel tempo, possa crescere in termini di risorse.
  Per le regioni e gli enti locali, di fatto, sono state fatte due cose importanti perché, oltre alla riforma delle province, c'è stata l'applicazione di costi e fabbisogni standard, a partire dalla legge di stabilità del 2015 per i comuni e, da quest'anno, anche per le regioni.
  Si tratta di uno strumento fondamentale perché, essendoci 8.000 comuni, non c'è modo di guidare «da Roma» un miglioramento dell'efficienza, mentre, mettendo in piedi il sistema di costi e fabbisogni standard – peraltro siamo l'unico Paese ad averlo –, nel tempo e in modo graduale, di fatto, il sistema premierà chi è più efficiente e richiederà a chi è meno efficiente, ma di questo parlerò in seguito, di fare sforzi ulteriori.
  Inoltre, è stato messo in atto un percorso di fusione (non di unione) di piccoli comuni, anche con incentivi abbastanza importanti: finora si sono fusi 150 comuni. Abbiamo rifinanziato quest'area che, secondo me, ha un potenziale importante. Probabilmente, bisognerebbe arrivare alla fusione di 2.000 piccoli comuni, laddove non c'è possibilità di offrire servizi adeguati. Ritengo che questo sia il percorso da seguire.
  Per quanto riguarda le forze dell'ordine, c'è un aspetto importante cui non è stata data finora grandissima visibilità, del quale vorrei parlare.
  Abbiamo, di fatto, messo assieme le principali forze dell'ordine, quindi Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di finanza, per fare quattro cose. Innanzitutto, c'è stato un lavoro sugli acquisti: ora, per esempio, gli acquisti per le macchine di servizio sono fatti in comune, tra Polizia e Carabinieri, con gli stessi contratti e per la prima volta. Stiamo anche lavorando su un contratto di mensa unico, inserendo anche la difesa e così via.
  Ho lasciato per ultimo il tema del presidio territoriale, su cui stiamo lavorando per i servizi di supporto: amministrazione; acquisti; gestione del personale. Cerchiamo il più possibile di trovare sinergie in un percorso di semplificazione amministrativa, per il quale spero troveremo il veicolo normativo. Faccio un esempio per spiegare quello di cui sto parlando. Com'è noto, ci sono molte attività amministrative svolte dalle forze di polizia a basso valore aggiunto e di non importante utilità, di cui un esempio classico è lo smarrimento dei documenti.
  Ogni anno, viene denunciato lo smarrimento di 2 milioni e mezzo di documenti, per cui ci sono 2 milioni e mezzo di rinnovi. Per ogni documento smarrito bisogna andare dalla Polizia o dai Carabinieri e fare tutta la nota trafila. Ciò assorbe centinaia di uomini dei Carabinieri e della Polizia di Stato in un'attività assolutamente inutile. Quindi l'idea sarebbe di andare verso un meccanismo per cui, se uno perde la carta d'identità, può andare direttamente a fare la denuncia in comune, che dovrebbe – cosa importante – registrare la denuncia nel sistema informativo e fornire il nuovo documento.
  In tal modo si eviterebbe di impiegare centinaia di poliziotti e carabinieri in attività a bassissimo valore e si semplificherebbe la vita ai cittadini.
  Oltre a ciò abbiamo messo in cantiere altri progetti, per i quali va trovato il veicolo normativo per realizzarli.
  Un ultimo punto riguarda l'ottimizzazione del presidio territoriale. Includendo nel conto solo quelle di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, nel nostro Paese ci sono oltre 9.000 stazioni. Si tratta di una rete che, di fatto, risale a 30 o 40 anni fa che non è stata aggiornata o modernizzata e riflette la situazione di un'Italia dell'epoca, sia in termini di attività criminale – 40 anni fa, c'erano i sequestri di persona in Sardegna, ma oggi quei sequestri non ci sono più – sia in termini di demografia.
  Per esempio, 40 anni fa, i sobborghi della capitale erano molto più piccoli mentre, oggi, ci troviamo in una situazione in cui non ci sono presidi della Polizia o dei Carabinieri. È stato fatto dai Carabinieri e dalla Polizia un lavoro di analisi molto dettagliata su una serie di parametri, di cui Pag. 8potete vedere un esempio nella documentazione fornitavi (vedi allegato).
  Ora, senza entrare nel dettaglio, come vedete, c'è una serie di parametri: per ogni stazione si è osservato se c'è troppa o poca presenza delle forze di polizia, e si sta cercando identificare le aree dove c'è troppa presenza di Polizia e Carabinieri e quelle dove ce n'è poca.
  In sintesi, si chiuderanno alcune stazioni nel centro delle città e se creeranno di nuove soprattutto nelle periferie. Nel farlo risparmieremo un po’, anche perché gli affitti in periferia sono più bassi.
  Di fatto, ciò è diventata una direttiva generale. Questo lavoro è stato già fatto per dodici città metropolitane e sarà esteso a tutte le province italiane. C'è l'impegno del Ministro Minniti a concludere questo percorso entro la fine dell'anno la sua attuazione richiederà tempo perché bisogna chiudere e spostare alcune stazioni, però il lavoro è già impostato.
  Il vantaggio di fare questo lavoro su scala nazionale è che, mentre la chiusura di una singola stazione è impossibile da fare, anche perché, come sappiamo, arrivano i notabili del paese e dicono «no, non si può», un piano nazionale è più accettato, essendo basato su parametri oggettivi e non su iniziative estemporanee. Se lo si fa dappertutto diventa più difficile opporsi.
  Questo lavoro è iniziato su Roma, dove comporterà la chiusura e l'accorpamento di una decina di stazioni nonché l'apertura di cinque nuove stazioni: abbiamo osservato che non c'è nessun problema, per cui vedremo che cosa accadrà nel tempo.
  Per quanto riguarda le funzioni di supporto, sulla gestione immobiliare c'è un piano di risparmio di 200 milioni. In questo caso parliamo soprattutto degli immobili della pubblica amministrazione centrale, quindi dell'Agenzia del demanio. Oltre ai risparmi in termini di riduzione del costo, c'è anche l'effetto di riduzione delle strutture perché quando si passa da 30.000 a 30 soggetti ne è sufficiente un numero ridotto.
  Inoltre è prevista la razionalizzazione del parco auto con una sua importante riduzione.
  C'è un piano elaborato dal commissario dell'AgID Diego Piacentini per razionalizzare la spesa IT, che comporterà una riduzione di circa il 20 per cento da reinvestire in innovazione. Di fatto si trasformeranno spese di costi operativi che non danno molto valore in innovazione.
  Quella che vedete è una lista delle aree dove si sta creando il concetto del federal building. Sugli immobili, l'idea è di spostare il più possibile tutta la pubblica amministrazione in un unico contesto. Questi progetti sono già in corso, ma chiaramente ci vuole del tempo.
  Vorrei fare un minimo di confronto internazionale, prima di chiudere il mio intervento. La spesa pubblica italiana nel 2016, anche se ora rappresenta una quota più bassa, ha pesato sul PIL per il 49,6 per cento, cioè una percentuale medio-alta rispetto agli altri Paesi della zona euro.
  Perché è medio-alta la percentuale di spesa pubblica italiana sul PIL? Prima di tutto, siamo quelli che pagano gli interessi sul debito più di tutti, per via dell'eredità del passato, ma, soprattutto, il nostro è il sistema pensionistico più costoso e più generoso al mondo: per la spesa delle pensioni sul PIL siamo a 5 punti percentuali sopra la media europea. L'insieme di queste due cose rappresenta, quindi, lo svantaggio che dobbiamo pagare.
  Osservando il lavoro fatto negli ultimi tre anni sulla macchina pubblica per la spesa corrente nominale, compreso il reinvestimento in pensioni, sanità e tutto il resto, di fatto, abbiamo mantenuto ferma la spesa corrente nominale (in euro e non reale) rispetto a tutti gli altri Paesi. Tranne la Grecia, che, come sappiamo, ha fatto «macelleria sociale», abbiamo fatto meglio di tutti gli altri Paesi, compresi i Paesi che hanno avuto problemi seri di deficit e di debito in crescita, come la Spagna e il Portogallo, e compresi i Paesi che hanno avuto aiuti europei, come l'Irlanda, la Spagna e il Portogallo.
  Quello che state vedendo rappresenta il confronto con i Paesi più direttamente paragonabili, in cui la Spagna ha fatto il più 4 per cento, mentre noi abbiamo fatto lo 0 per cento. Pag. 9
  La Germania si trova nella condizione di poter spendere, quindi quella percentuale va bene. Pur avendo grossi problemi, la Francia ha fatto il più 5 per cento. Tra l'altro, en passant, devo dire che la Spagna e la Francia ci hanno chiesto aiuto sul loro spending review, per cui ho scoperto che, in realtà, abbiamo più dati e capacità per intervenire: da noi, come sappiamo bene, c'è un controllo centrale di tutta la spesa in termini di allocazione di risorse, il che offre un vantaggio da questo punto di vista.
  Escludendo pensioni, interessi sul debito e investimenti, il peso della macchina dei servizi pubblici in percentuale sul PIL in Italia è il più basso tra i grandi Paesi europei, per cui siamo allo stesso livello della Spagna, che ha un livello di servizio della sanità più basso del nostro.

  PRESIDENTE. Grazie del suo contributo, per il quale, secondo me, è stato molto efficace nell'esposizione.
  Parto dall'ultima tabella, quella a pagina 24 del documento depositato. In questo caso, non si deve considerare solo l'aumento dei costi, ma bisogna capire anche qual è l'efficacia dell'intervento e come si riesce a rispondere al problema della pubblica amministrazione.
  Credo che quello di questi anni alla spending review sia stato un approccio bottom-up. Si è proceduto affrontando via via le singole problematiche emerse: c'è questo tipo di problema? cerchiamo di dare una risposta; c'è il problema degli acquisti nella sanità? cerchiamo di dare questo tipo di risposta; c'è il problema della dislocazione non più ottimale dei presidi di pubblica sicurezza? cerchiamo di rispondere in questo modo.
  Questo lavoro è sottotraccia perché, in realtà, dalla grande enfasi mediatica sulla spending review degli anni scorsi si è passati a meno enfasi mediatica. Lo ribadisco: si tratta di un lavoro magari oscuro, che, piano piano, ha cominciato a produrre risultati.
  C'è un'unica osservazione da fare sugli acquisti centralizzati. Sicuramente questi producono un risultato economico positivo, ma la domanda è: gli acquisti centralizzati non creano poi inceppamenti di tipo organizzativo o difficoltà di gestione sotto il profilo burocratico della redistribuzione sul territorio?
  A parte un sicuro beneficio di tipo economico finanziario, bisogna riuscire a quantificare il disservizio o la difficoltà di gestione sotto il profilo organizzativo.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIOVANNI PAGLIA. La ringrazio per l'illustrazione e, devo dire, anche per il modo in cui è stata sintetizzata sul piano comunicativo. Per una volta, ci troviamo davanti a un lavoro ben fatto perché è leggibile e sarebbe leggibile persino da chi abbia meno dimestichezza, quindi questo è un merito che va riconosciuto.
  Vorrei fare un'osservazione generale: anche le famiglie italiane fanno a loro modo la loro spending review. Il passaggio da una percentuale importante di acquisti a una percentuale decrescente, per esempio dal mondo fisico alle piattaforme web, è una forma di spending review, che poi impatta pesantemente e significativamente l'organizzazione complessiva dell'economia nazionale.
  Non si può mai dipingere le cose come neutrali: decidere scientificamente, come di fatto veniva detto per il comparto sanitario, di tagliare il ruolo della catena distributiva interna o, comunque, di ridurlo sensibilmente ha un impatto certamente positivo sul piano dei costi, ma non è neutro da un altro punto di vista.
  Bisognerebbe fare un altro lavoro, che probabilmente non spetta al Commissario per la spending review, e cercare di capire, sul piano dell'economia interna, che tipo di impatto ci sia perché, se io vado a comprare tutti gli stent direttamente negli Stati Uniti e li distribuisco poi agli ospedali, potrei pensare che qualche posto di lavoro in Italia, per esempio, vada perso.
  Certo, c'è un risparmio, ma il prezzo che ho pagato per ottenere quel risparmio è una riduzione dell'occupazione. Poi, uno può dire «ho finalizzato quel risparmio a un altro tipo di investimento» e questa è la politica, però ci tenevo a sottolinearlo perché, altrimenti, sembra sempre che esistano Pag. 10 misure neutre che non hanno un impatto generale, quando, invece, quell'impatto c'è.
  Vorrei solo fare una domanda rispetto alle tabelle sugli stent a pagina 13 (vedi allegato), che venivano portate come esempio.
  Ora, se mi limito a Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna, cioè tre a regioni, che, dai risultati, apparentemente dovrebbero aver fatto percorsi analoghi di efficientamento perché, per tutte e tre, il grosso della loro spesa è concentrato all'interno di una colonna. Lei ha detto che il Veneto aveva già fatto la gara regionale, ma immagino che Toscana ed Emilia-Romagna abbiano fatto cose più o meno analoghe, anche perché il risultato è lo stesso: il Veneto ha riportato il 70 per cento della spesa in una colonna, l'Emilia-Romagna il 65 per cento e la Toscana il 74 per cento.
  Sarebbe interessante capire se questo non abbia anche un riflesso sulla qualità, anche perché, considerando solo queste tre regioni, o il Veneto è particolarmente più bravo dell'Emilia-Romagna, perché riesce a fare 193,70 e l'Emilia-Romagna fa 470/500, oppure, forse, le due regioni hanno comprato prodotti leggermente diversi. Faccio fatica a pensare che quelle regioni abbiano comprato è esattamente la stessa cosa con quel differenziale di prezzo.
  Ora, se osservo i dati relativi alla Sardegna, probabilmente qualche problema emerge, a meno che non si intenda imputare il tutto ai peculiari costi di viaggio verso l'isola che senza dubbio incideranno, ma forse non così tanto.
  Tuttavia, se osservo regioni analoghe, posso anche spiegarmi la differenza dei prezzi di Emilia-Romagna e Toscana (470-500 e 420-470), che potrebbero avere quasi lo stesso prezzo in realtà, ma, nell'altro caso, c'è una differenza sostanziale.

  VINCENZO GIBIINO. Continuo il discorso sugli stent, ma, alla fine, voglio fare una domanda un po’ più attuale. Certamente, la qualità degli stent a seconda di dove questi vengano fatti cambia sensibilmente il costo, ma ancora è più curioso che, nelle aziende che distribuiscono, c'è un costo diverso se il prodotto viene offerto al pubblico o viene offerto al privato convenzionato, in termini di pagamento e per costi di gare e quant'altro, quindi non solo c'è una variazione di costo in funzione della tipologia, ma anche in funzione di chi lo compra, e tale variazione è pari quasi al 50 per cento.
  Ora, se ne avrete modo, non sul privato perché è complicato, ma sul privato convenzionato, che ha l'obbligo di rendicontare quanto fa, vedrete che c'è almeno un differenziale del 50 per cento sullo stesso tipo di prodotto come costo.
  Non penso che ci sia qualcosa di oscuro nel pubblico, ma ci sono lungaggini per gare e quant'altro. Comunque, al di là di questo, si fanno degli sforzi, però poi bisogna vedere che cosa accade.
  Vorrei porre una domanda molto attuale, per la quale vorrei una risposta senza nessuna caratteristica politica, quindi un suo pensiero personale. In questi giorni, si sono celebrati degli importanti referendum in due regioni del nord, che hanno chiamato tante persone a votare.
  Da audizioni precedenti, è emerso un dato: della massa di tasse che vengono prelevate ai cittadini, due terzi si fermano nel territorio centrale, tra Ministeri e quant'altro, e un terzo viene restituito al territorio.
  Uno dei punti cardine che è venuto fuori da questi referendum è il fatto che le regioni potrebbero trattenere molto di più di quello che viene prodotto, quindi spenderlo direttamente, come una sorta di chilometro zero tra quello che viene prelevato al cittadino e quello che viene speso sul territorio.
  Vorrei una sua valutazione personale. Nell'ambito di tutto questo sforzo e di questo straordinario lavoro – che mi è anche piaciuto e ho trovato molto interessante –, qualora questo referendum fosse esteso a tutte le regioni, e quindi ci fosse maggiore consapevolezza da parte dei cittadini di ciò che spendono e di ciò che gli viene restituito in servizi, che cosa cambierebbe in termini di costi dello Stato e di spending review?
  Lo chiedo perché, nei giorni successivi alla celebrazione dei referendum, un autorevole Pag. 11 membro del Governo ha detto «alla fine, cambierebbe poco portare il prelievo a Roma per poi restituirlo sul territorio in quota parte (speso dallo Stato) oppure spenderlo nelle regioni, cioè il fatto che lo facciano direttamente le regioni o lo faccia direttamente, allo Stato alla fine, non cambia la spesa». A suo giudizio, sì o tendenzialmente no?

  DANIELE MARANTELLI. Ringrazio anch'io Gutgeld perché è stato molto efficace e credo anche sia stata suggestiva l'idea di portarci qui la dimensione del confronto internazionale. Penso che questo faccia un po’ giustizia anche per certe valutazioni ingenerose che spesso abbiamo di noi stessi.
  Per quanto riguarda gli stent, si tratta innanzitutto di fare la cosiddetta «analisi differenziata» perché, anche in quel caso, un conto sono quelle riassorbibili e un conto sono altre spese, cioè stiamo parlando di cose molto diverse fra di loro.
  Mi chiedo se, alla luce di quello che è stato presentato, il giudizio secondo cui tutti fanno un po’ confusione sia del tutto vero, anche perché si vedono delle tendenze, come diceva Paglia.
  Mi chiedo se, partendo da un'idea che non vuole essere punitiva, per introdurre un criterio di competizione virtuosa, si possa dar conto in maniera anche più forte dei dati, cioè informare in maniera più rilevante l'opinione pubblica, come nel caso del lavoro fatto dalla SOSE per il sito, che ti permette, più o meno, di cercare le informazioni.
  Nella mia osservazione non c'è nessun intento punitivo, ma mi sto solo chiedendo se, attraverso forme di comunicazione più efficaci, si possa in qualche modo sollecitare una competizione virtuosa anche fra le stesse.
  Lo dico perché credo che quella sulla premialità sia un'idea giusta da coltivare. Sulla sanità, non ho particolari elementi, ma, per quanto riguarda il tema di costi e fabbisogni standard, che abbiamo avuto modo di guardare con una certa profondità, la materia è un po’ opinabile, cioè il fatto che siano stati premiati gli enti virtuosi, dai dati che abbiamo, è solo parzialmente vero.
  Infine, è molto efficace una delle tabelle finali, da cui si ricava che, al netto degli interessi della spesa pensionistica, la macchina pubblica italiana risulterebbe competitiva.
  Con ciò non voglio dire che dobbiamo auspicare un intervento sulle pensioni, che mi pare negli ultimi anni sia già stato sufficientemente incisivo, ma, alla luce di queste valutazioni, mi permetto di dirlo, visto che siamo ancora in seduta, riprendendo la riflessione che faceva l'onorevole Gibiino. Alla luce delle iniziative dell'Emilia-Romagna e dei referendum, mi chiedo se non sia saggio coinvolgere sin d'ora il Parlamento nell'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione nel quadro del federalismo fiscale, cioè sin dalle fasi di avvio di un processo estremamente complesso, almeno da quello che vediamo. Mi chiedo: ci saranno anche le competenze legislative oppure solo quelle amministrative?
  La materia è, da un lato, maledettamente complessa e, in più, deve fare i conti con un orizzonte temporale molto ristretto, visto che la legislatura volge al termine, però mi chiedo se in questo contesto, visto che abbiamo anche un certo know how, si possa immaginare una serie di audizioni con le regioni che hanno attivato la procedura di cui all'articolo 116 della Costituzione, anche se con diverse modalità tra di loro, e di audizioni del Governo stesso o di audizioni di esperti, in modo dare un contributo per diradare da questo dibattito un di più rispetto alla propaganda e alla superficialità, che vediamo sotto i nostri occhi anche in questi giorni.

  PRESIDENTE. Come avevamo già accennato, sicuramente sull'esito del referendum ci soffermeremo nell'ufficio di presidenza, che si svolgerà subito dopo l'audizione. Credo che l'onorevole Marantelli abbia ragione e che sia assolutamente necessario farlo.
  A me sembra evidente che ci siano 24 competenze, ma le competenze vengono trasferite con risorse a costi standard e non a costi effettivi, anche perché, altrimenti, questo significherebbe che lo Stato non ci guadagna e che qualcosa che non sta funzionando. Pag. 12 Il tema è molto affascinante, come pure è affascinante il tema posto da Gibiino, però adesso sentiamo il nostro commissario Gutgeld che cosa ci dice su questi temi e su queste sollecitazioni.
  Do la parola al Commissario Gutgeld per la replica.

  YORAM GUTGELD, Commissario straordinario per la razionalizzazione e la revisione della spesa delle amministrazioni pubbliche. Cercherò di rispondere in modo puntuale a tutte le osservazioni.
  Vorrei iniziare dal tema che riguarda acquisti, burocrazia e processi amministrativi, per cui si dice «abbiamo centralizzato, però, adesso, gli ospedali devono rivolgersi alla centrale per gli acquisti eccetera e ci sono tempi più lunghi per la burocrazia eccetera».
  Questo tema è giusto. Tant'è che uno dei punti che ho messo nella relazione e su cui sto spingendo, nella speranza di farlo partire a breve, anche perché abbiamo avuto qualche difficoltà organizzativa, riguarda gli aspetti relativi all'informatica e alla logistica.
  Abbiamo centralizzato gli acquisti, mentre l'informatica e la catena logistica sono ancora assolutamente frammentate, quindi a livello di singolo ospedale, e c'è uno spreco di risorse, che, alla fine, si traduce in un basso livello di servizio.
  Sulla logistica do solo un banalissimo esempio. Abbiamo visto da diverse esperienze fatte che, per esempio, quando si mette sotto controllo il flusso di prodotti che entrano ed escono da un reparto – anche nei migliori ospedali, quindi non parliamo di ospedali di qualche regione sperduta, ma delle migliori regioni –, notiamo che il consumo si riduce del 20 per cento (le cose, infatti, possono sparire, scadere, eccetera).
  Questo aspetto, che è, da un lato, logistico e, d'altra parte, informatico, è un tema, mentre un altro tema riguarda il fatto che, se si riesce a mettere anche a questo posto, ci sarà un miglior servizio e ci sarà sicuramente un ulteriore risparmio.
  Passo ai punti sollevati dall'onorevole Paglia sulla catena distributiva e alla questione sulla qualità. Sulla catena distributiva, è evidente, se uno compra direttamente dal produttore americano o dalla casa madre, quelli che stanno in mezzo hanno meno opportunità di lavoro.
  Non c'è dubbio che questo sia un tema, ma dobbiamo fare attenzione perché, di fatto, questo – esprimo il mio punto di vista – è un processo un po’ inevitabile perché il mondo sta cambiando, quindi penso sia illusorio immaginare che mantenere in piedi strutture inefficienti sia un modo per sostenere l'occupazione.
  Lo dico anche perché in Italia, come sa bene anche l'onorevole Paglia, c'è un problema di produttività, che, tenendo strutture piccole e frammentate, non si risolve. Detto ciò, c'è un processo che io auspico, avendo anche avuto in merito un dialogo con le associazioni di categoria e così via. Le catene distributive non spariscono e si devono utilizzare, per cui, nel passare da tanti piccoli soggetti a soggetti più organizzati, per scala e capacità di offrire servizi, chiaramente anche loro evolvono e sopravvivono, quindi credo che questo sia stimolo anche per loro a fare un passo avanti.
  Sulla questione della qualità, posso garantire con assoluta certezza che non c'è nessun problema.
  In questo caso, tra l'altro, c'è una mappa per singolo prodotto e sugli stent ne abbiamo dodici.
  Non l'ho detto prima, però, nel definire, per esempio, come fare acquisti nel mondo nuovo, ossia nel mondo centralizzato, non ci siamo limitati a dire «si deve centralizzare» perché su ognuno di questi prodotti è stato creato un gruppo di lavoro.
  Per esempio, nel gruppo di lavoro sugli stent, cui ho partecipato, come anche negli altri, c'erano una ventina di persone provenienti dalle regioni e sei professori di fama che operano, con cui si è definito come affrontare il tema, come affrontare gare, se scegliere un fornitore esclusivo o non esclusivo, quindi tutti questi aspetti. In questo caso, quindi, c'è una totale garanzia che i prodotti siano di primissima qualità e il motivo per cui c'è la differenza tra il Veneto, la Toscana e il Friuli è che la gara veneta è stata fatta qualche mese prima, Pag. 13mentre le altre gare sono state fatte due anni prima.
  Uno dei temi che, per esempio, abbiamo scoperto è che, dovendo far tanti acquisti, ogni ospedale compra per conto suo o, comunque, anche quando c'è una gara centralizzata, la tendenza è fare gare con orizzonte temporale molto lungo.
  Che cosa succede? Per questi prodotti, c'è un tasso di innovazione per cui i prezzi vanno giù, come nell'informatica, quindi, per lo stesso prodotto, se tu hai fatto un contratto due anni fa, ti costa il 20 per cento di più, come si vede da quest'immagine. Lo dico perché conosco anche i dettagli.
  Non c'è nessun problema di qualità, anzi posso garantire che questo migliorerà la qualità. Non c'è il problema dei prodotti «cinesi» e dei prodotti scadenti, che sono totalmente fuori da quest'ambito, anzi, quando ogni singolo ospedale poteva farlo, semmai questo è stato fatto, non accadrà più.
  Sul convenzionato quanto detto è vero, però, siccome mi sono confrontato anche con i migliori privati, posso dire che, per le gare centralizzate, otteniamo prezzi cui anche loro fanno fatica arrivare.
  In questo caso, quando si andrà, più o meno, verso il prezzo che vedete per il Veneto, su questa categoria ci sarà un risparmio medio di oltre il 50 per cento. Lo dico tanto per capire di che cosa stiamo parlando.
  Avete sollevato in vari modi il tema del «centrale verso regionale», legato anche al tema dei referendum e così via. Esprimo qui un punto di vista personale.
  Rispondo con un punto di vista personale e chi mi conosce sa che io parlo direttamente e, se mi permettete di usare questo termine, sono poco politico.
  Credo che la questione «centrale verso locale» o «centrale verso regionale» sia molto variegata, per cui bisogna entrare nel merito. Su alcune cose, è chiaro che c'è un vantaggio nel farlo a livello locale, ma su altre cose c'è un vantaggio facendolo a livello nazionale, quindi si deve fare un ragionamento caso per caso e non credo che si possa generalizzare.
  Detto ciò, su un punto vorrei esprimere una mia prospettiva. Il fatto di aver gestito in modo centralizzato e nazionale ha offerto due vantaggi. Il primo vantaggio è che ci sono inevitabilmente più risorse da investire, anche perché la dimensione conta in qualunque cosa.
  Faccio un esempio su due attività un po’ diverse tra loro, il cui confronto, però, non è secondo me del tutto improprio: tra vigili urbani e Carabinieri, dove c'è un livello di professionalità di cui tutti noi ci fidiamo?
  È chiaro che un'organizzazione nazionale offra la possibilità di investire in formazione, in risorse o in eccedenza, cosa che a livello locale è più difficile fare, in primo luogo.
  In secondo luogo, c'è un aspetto che può essere in positivo o negativo: è chiaro che, se si portano le cose vicino al territorio, quello diventa un processo più politico, il che può essere positivo o negativo.
  Prima di tutto, penso che si debba fare un'analisi caso per caso e che non si possa generalizzare e, in secondo luogo, starei un po’ attento a pensare semplicemente che farlo vicino al territorio sia necessariamente meglio perché si perde l'effetto scala, quindi possibilità di investire, di creare degli standard nazionali e così via.
  Concludo con un ultimo commento, che penso sia doveroso: come forse qualcuno di voi sa, ho passato la mia vita lavorando per grandi aziende in giro per l'Italia e in giro per il mondo e devo dire che, quando anche chi mi conosce mi chiede «come si fa a far le cose nella pubblica amministrazione, dove è tutto un disastro», rispondo «ho trovato qualità alta».
  Nella pubblica amministrazione italiana c'è una qualità alta e, in particolare, nelle strutture centrali con cui sto interagendo c'è una qualità alta. Inoltre, ci sono impegno e dedizione.
  Lo dico perché, quando c'è una chiara direzione, che deve esserci e che, forse, in passato non c'è sempre stata, c'è anche la capacità straordinaria di fare le cose.
  Tornando al tema degli acquisti, devo dire che, personalmente, sono rimasto non sorpreso, ma quasi incredulo, davanti alla Pag. 14velocità con cui siamo riusciti a fare questa centralizzazione.
  Abbiamo raccolto 40.000 contratti pubblici, che abbiamo chiesto di ricevere entro il 31 marzo 2016, e sono arrivati 40.000 contratti pubblici entro il 31 marzo 2016. Questo sarebbe stato difficile anche nelle migliori e più blasonate aziende private internazionali.
  La mia osservazione su questo lavoro, che ormai sto facendo da più di tre anni, è che quando c'è un'idea chiara della politica e c'è un sostegno al vertice, sia centrale sia regionale – anche perché c'è stato un sostegno dei presidenti delle regioni ottimo, quindi non c'è stato nessun tipo di freno e, anzi, c'è stato un invito a fare di più e meglio – la capacità di fare le cose della pubblica amministrazione italiana è straordinaria, cosa di cui dobbiamo essere orgogliosi.
  Lo dico perché, di solito, noi italiani diciamo «va tutto male» o «non va mai bene niente», ma, come vedete dal lavoro fatto e, riprendendo anche il punto sollevato dall'onorevole Marantelli, dai confronti internazionali, non siamo gli ultimi della classe.
  Grazie.

  PRESIDENTE. La ringraziamo davvero. Devo dire che ho trovato molto efficace la sua esposizione, nel senso che magari l'esperienza parlamentare ha aiutato a migliorare l'approccio, anche perché normalmente gli auditi ci sommergono di tabelle e dati e si perde l'essenziale. In questo caso, alcuni messaggi secondo me sono arrivati e anche molto bene.
  Ringraziamo il commissario Gutgeld per il suo intervento e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.05.

Pag. 15

ALLEGATO

Pag. 16

Pag. 17

Pag. 18

Pag. 19

Pag. 20

Pag. 21

Pag. 22

Pag. 23

Pag. 24

Pag. 25

Pag. 26

Pag. 27

Pag. 28

Pag. 29

Pag. 30

Pag. 31

Pag. 32

Pag. 33

Pag. 34

Pag. 35

Pag. 36

Pag. 37

Pag. 38

Pag. 39

Pag. 40

Pag. 41

Pag. 42

Pag. 43

Pag. 44

Pag. 45

Pag. 46

Pag. 47

Pag. 48