XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 66 di Mercoledì 20 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione della presidente della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, sul federalismo fiscale nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Serracchiani Debora , Presidente della regione autonoma Friuli Venezia Giulia ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 4 
De Menech Roger (PD)  ... 4 
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 6 
Marantelli Daniele (PD)  ... 6 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 6 
Fornaro Federico  ... 7 
Lai Bachisio Silvio  ... 7 
Collina Stefano  ... 7 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 
Serracchiani Debora , Presidente della regione autonoma Friuli Venezia Giulia ... 8 
Gibiino Vincenzo  ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12 
Gibiino Vincenzo  ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione della presidente della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, sul federalismo fiscale nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento, della presidente della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, sul federalismo fiscale nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.
  Ringrazio la presidente Serracchiani per la sua presenza. Abbiamo già ascoltato diversi presidenti regionali. Vi ricordo che il 27 gennaio audiremo Pigliaru, presidente della regione Sardegna.
  Do subito la parola alla presidente Serracchiani per lo svolgimento della sua relazione.

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della regione autonoma Friuli Venezia Giulia. Buongiorno e grazie dell'invito. Io credo sappiate che le regioni a statuto speciale e le due province autonome di Trento e di Bolzano sono profondamente diverse l'una dall'altra, anche nella forma di specialità e di autonomia. Questo ovviamente incide anche sugli aspetti legati al federalismo.
  Evidentemente la regione Friuli Venezia Giulia partecipa al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà e anche all'esercizio dei diritti e dei doveri che derivano da questi due princìpi. Ovviamente lo facciamo, però, con strumenti diversi rispetto ai rapporti tra Stato e regioni a statuto ordinario, rapporti diversi che prevedono una riserva di competenza sulle norme di attuazione per quanto riguarda la parte legata più in generale alla leva fiscale e finanziaria e, quindi, anche al tema del federalismo fiscale. Questa riserva di competenza prevede la costituzione di tavoli Governo-regione, che discutono sia degli accordi primari sulla base dei quali si stabiliscono le regole di partecipazione all'abbattimento del debito pubblico e le regole finanziarie che riguardano le singole competenze, sia delle dinamiche delle risorse legate alle singole competenze.
  Noi siamo stati tra le ultime regioni a statuto speciale ad aver acquisito, ad esempio, la sanità. Lo abbiamo fatto all'inizio degli anni Duemila o alla fine degli anni Novanta – scusate se non ricordo la data – e in quell'occasione vennero stabilite non soltanto le acquisizioni delle competenze con norma di attuazione, ma anche la quantità e la tipologia delle risorse che venivano destinate all'esercizio delle competenze stesse. Ho citato l'esempio della sanità, che forse è quello più eclatante, ma questo riguarda parecchi altri temi. Forse l'altro più importante è il trasporto pubblico locale.Pag. 4
  Per quanto riguarda questi tavoli pattizi, mi verrebbe da dire che probabilmente anche la normativa sul federalismo fiscale andrebbe profondamente riscritta, viste le modifiche che sono intervenute in questi ultimi anni e visti anche i rapporti Stato-regioni autonome che stanno profondamente cambiando, non soltanto alla luce delle recenti sentenze della Corte costituzionale e in parte anche della Corte di cassazione su alcune tematiche, ma soprattutto perché sta cambiando il metodo con il quale avvengono il confronto e la leale collaborazione tra la regione e il Governo. Mi riferisco al cosiddetto «metodo pattizio». In questo senso, credo sappiate che è stato istituito un tavolo, tra l'altro coordinato dall'onorevole Bressa, per quanto riguarda gli affari regionali, che sta appunto lavorando alla riscrittura, da una parte, delle regole che portano al cosiddetto «metodo pattizio», cioè il metodo con il quale si confrontano le regioni a statuto speciale e il Governo, e, dall'altra, di alcune determinazioni legate proprio alle norme di attuazione. Infatti, oltre a essere molto diverse, le regioni a statuto speciale e le province autonome hanno anche utilizzato lo strumento delle norme pattizie e della commissione paritetica in modo profondamente diverso. Alcuni hanno effettivamente prodotto diverse norme di attuazione, non da ultima quella sulla fiscalità di vantaggio, che mi pare sia passata con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, mi sembra tra la fine del 2013 e l'inizio del 2014, però alcune le hanno utilizzate, altre non le hanno utilizzate affatto.
  Il tema del federalismo e più in generale il tema fiscale e finanziario devono tener conto anche della normativa comunitaria che nel frattempo è stata prodotta. Io credo onestamente che siano disposizioni da rivedere, non soltanto – mi permetto di dire – con riguardo ai rapporti con le regioni a statuto speciale, ma probabilmente più in generale nei rapporti Stato-regione e ancor più in generale proprio sul tema del federalismo, che ha avuto un'attuazione solo parziale e che adesso deve tener conto di nuove normative europee, ma soprattutto delle modifiche che stanno intervenendo nei rapporti Stato-regione, ovviamente tenendo presente che stiamo parlando di temi sui quali sono già fissati alcuni princìpi, quali la sussidiarietà, la proporzionalità, il metodo pattizio e quello paritetico che ricordavo poc'anzi.
  Se non ricordo male, c’è anche un tavolo istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nel 2009, che penso non si è mai attivato o forse si è attivato una volta. Onestamente, non so se la soluzione sia sollecitare che si attivi quel tavolo. Guardando la situazione dall'esterno e ovviamente lasciando al Parlamento ogni decisione in merito, io credo che si debba veramente riscrivere la normativa prima di aprire qualunque tavolo, anche perché nel frattempo ci sono stati cambiamenti molto importanti e anche strutturali di tutto il sistema, di cui credo si debba tener conto.
  Stiamo scrivendo per la prima volta la procedura che ci porta da una parte, alla definizione del metodo pattizio e, dall'altra parte, all'individuazione di una procedura semplificata per le norme di attuazione. Questa potrebbe essere l'occasione per confrontarsi sul tema del federalismo, che è probabilmente la cosa più «interessante» nei rapporti Stato-regione, soprattutto per quanto riguarda l'acquisizione di nuove competenze. Penso alle regioni a statuto speciale, ma in realtà, con la riforma del Titolo V che è stata fatta in questi mesi, ciò può interessare anche le regioni a statuto ordinario, stante il rafforzamento dell'articolo 116 e, quindi, la possibilità di utilizzare le deleghe per il trasferimento di competenze.
  Non so se ci sono richieste specifiche. Io credo di non dover aggiungere altro per il momento.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROGER DE MENECH. Innanzitutto ringrazio la presidente Serracchiani per la disponibilità a discutere insieme alla Commissione.Pag. 5
  Io sono profondamente convinto che sul tema del federalismo e dei rapporti fra lo Stato e le regioni abbiamo ancora molto da lavorare, mettendo al centro una considerazione preliminare, che è quella di tentare di stabilire finalmente fino in fondo, con gli strumenti, anche innovativi, che la moderna «tecnologia amministrativa» ci mette a disposizione, chi fa cosa e quanto costa quella cosa che diamo da fare agli enti delegati, in questo caso alla regione.
  Infatti, anche su comparti rilevanti da un punto di vista economico-finanziario per lo Stato come la sanità, che come sappiamo è già di fatto regionale – non abbiamo bisogno di attuare tanti federalismi – ancora oggi noi non riusciamo a contingentare fino in fondo un livello medio di servizio che dobbiamo dare ai cittadini in tutto il Paese e, a valle di questo, quanto costa ai cittadini quel livello medio di servizio da mantenere. Io credo che, se noi facessimo questa operazione, le differenze tra le autonomie speciali che ha sottolineato la presidente all'inizio dell'audizione e, ancor più, le differenze che esistono oggi nel Paese fra territori verrebbero assolutamente svuotate, perché si rimetterebbe al centro, non tanto il confine amministrativo, ma il servizio da rendere al cittadino e quanto quel servizio dovrebbe costare. Su questo apriremmo un fronte. Io credo che anche nell'operato di questa Commissione una revisione profonda anche dei metodi di tecnica amministrativa – mi riferisco ovviamente a costi e fabbisogni standard – dovrà essere presa in mano, ovviamente insieme al Governo e al Parlamento, perché altrimenti corriamo il rischio di costruire un sistema che, in linea teorica, dovrebbe redistribuire le risorse in maniera equa in tutto il territorio nazionale, ma poi all'atto pratico non lo fa. Noi lo sappiamo, visto che a questa Commissione qualche tensione degli enti locali e delle regioni arriva. Dentro a questa grande sfida, visto che abbiamo qui un presidente di regione a statuto speciale, come dicevo quando abbiamo audito il presidente Rossi, il test che facciamo ormai da anni nei rapporti fra lo Stato e le regioni speciali può essere uno di quei tasselli importanti da studiare, per capire fino in fondo come ci rapportiamo, anche alla luce della riforma della Costituzione, che concede qualche spazio in più, qualche tentativo di potenziare i rapporti autonomi fra le regioni ordinarie e lo Stato centrale.
  A noi manca quel tassello lì, che oggi è il tassello fondamentale per passare dopo questi dieci anni di politiche di tagli lineari, ad un altro sistema. Io credo che ormai nessuno metta più in discussione la revisione della spesa, perché è chiaro che, se vogliamo pensare di uscire in maniera stabile da questi momenti di difficoltà, la revisione della spesa è un elemento fondamentale. Nella stessa misura, la revisione della spesa con tagli lineari non entra nel merito delle questioni e, quindi, non stabilisce il livello del servizio e quanto costa quel livello di servizio. Questa è assolutamente l'operazione che dobbiamo fare oggi rispetto agli ultimi dieci anni, in cui i tagli sono semplicemente serviti a riequilibrare l'esercizio finanziario dello Stato nel suo complesso, ma oggi mettono a rischio un pezzo di quei servizi che dobbiamo rendere ai cittadini.
  Dentro a questa sfida, conoscere i grandi sforzi rispetto alla gestione del dato e cosa succede nel Paese e conoscere fino in fondo chi ha già sperimentato, secondo me, è un elemento fondamentale.
  Da questo punto di vista, credo che le audizioni e i rapporti continui, anche nel metodo della concertazione dei comitati paritetici e dei patti – cioè concertare, discutere fra Stato centrale e regioni autonome e capire fino in fondo dove nascono i problemi e dove ci sono le necessità di intervento – siano un elemento fondamentale, che poi ci servirà in maniera molto concreta – lo dico al presidente, anche come proposta di lavoro per il futuro – per prendere in mano quell'altro capitolo. Infatti, mi sembra che, nonostante i tantissimi aggiustamenti che abbiamo fatto – potrei citare il Fondo di solidarietà – e tutto il castello di norme che abbiamo costruito, ci sia qualcosa da Pag. 6modificare, forse in maniera profonda, per riportare al centro questi princìpi fondamentali.

  GIOVANNI PAGLIA. Ringrazio la presidente per la sua presenza. Io mi chiedo come si pone rispetto a un dibattito che è in corso, relativo proprio alle regioni a statuto speciale, cioè al giudizio da dare sulla specialità e, quindi, eventualmente sulla riforma di questo regime, se non addirittura sull'abolizione (qualcuno arriva fino a questo).
  Personalmente ho molte perplessità, nel senso che, per l'idea che ho io di autonomia, che è positiva, sarebbe anzi un obiettivo a cui tendere, perlomeno quello di alcune regioni a statuto speciale, anche per le altre. Invece, la posizione maggioritaria che si profila prevede un ritorno indietro, che farebbe assomigliare di più le regioni a statuto speciale a quelle ordinarie.
  Rispetto al tema di un'eventuale riforma di accorpamento delle regioni, di cui ha parlato di recente anche il nuovo presidente della Conferenza Stato-regioni, qual è la posizione della regione Friuli Venezia Giulia ? La macroregione Nord-Est, che ogni tanto viene ipotizzata, sarebbe l'unica ad avere la caratteristica di mettere assieme eventualmente una regione a statuto ordinario, cioè il Veneto, molto maggioritaria in termini di popolazione e, quindi, di elettorato, con due delle vecchie regioni a statuto speciale, cioè il Friuli Venezia Giulia e il Trentino (lasciamo stare l'Alto Adige, perché credo che lì ci sarebbe qualche problema in più). Dunque, sarebbe forse quella su cui impatterebbe di più un'eventuale riforma che andasse in quella relazione.

  DANIELE MARANTELLI. Anch'io ringrazio molto la presidente Serracchiani. Confidando sulla sua esperienza di presidente di regione, ma anche di dirigente politico nazionale, riprendo la riflessione che faceva Paglia e pongo delle domande dirette, senza essere offensivo, come è stato ieri Sarri, allenatore del Napoli, con Mancini. Ha ancora un senso l'esperienza delle regioni a statuto speciale ? La domanda vuole essere diretta.
  Nella relazione è stata più volte evocata – giustamente, a mio giudizio – la necessità di riscrivere la normativa sul federalismo fiscale. Noi vediamo che c’è un clima anche di attacco alle regioni nel suo insieme nel mondo intellettuale e culturale, che francamente a me non convince, perché, a mio giudizio, l'unica modalità per razionalizzare e abbattere la spesa pubblica è l'applicazione dei costi standard, altrimenti, come diceva De Menech, c’è la facile scorciatoia dei tagli lineari, che non è mai la cosa più giusta. Se è così e se i recenti cambiamenti attraverso il rafforzamento dell'articolo 116 prevedono anche per le regioni a statuto ordinario la possibilità di chiedere nuove competenze, come diceva prima Paglia, la geografia delle regioni così com’è ha ancora un senso ? Ci sono regioni che hanno meno abitanti di singole ex province.
  Infine, a suo giudizio, presidente Serracchiani, qual è la prospettiva, la valutazione sull'esperienza che si sta facendo delle macroregioni alpine, nelle quali credo rientri anche il Friuli ? Nella crisi dell'Europa, a suo giudizio, qual è la funzione che possono svolgere questi tentativi nuovi, che obiettivamente possono avere qualche ricaduta importante anche sulle discussioni che stiamo facendo noi qui ?

  PRESIDENTE. Vorrei porre un quesito che incrocia il tema di cui stiamo parlando con un altro che abbiamo affrontato qui in Commissione, che è quello delle province e della loro evoluzione.
  Nella specialità del Friuli Venezia Giulia c’è un'ulteriore specialità, che è quella delle province che lo compongono. Se io immagino Pordenone, la penso molto vicino al Veneto; se penso a Udine, penso proprio al Friuli; se parliamo di Gorizia, abbiamo altri tipi di specificità, per non parlare di Trieste.
  La domanda per il presidente del Friuli Venezia Giulia è la seguente. Quando pensiamo a questa regione, pensiamo a una realtà molto articolata, in cui si inseriscono Pag. 7molte specialità. Come ha affrontato e gestito questa fase di grave travaglio, che ha interessato anche tutte le altre realtà, in termini di prospettive e come pensa di gestirla ? Se non capisco male, le competenze della regione in materia di riassestamento delle aree vaste rimangono tutte intere.

  FEDERICO FORNARO. Ringrazio anch'io la presidente Serracchiani per la sua presenza. Mi ricollego alla riflessione del presidente Giorgetti per chiederle di approfondire un'altra questione che caratterizza le regioni a statuto speciale, che hanno competenza anche in materia di enti locali. Vorrei qualche informazione in più rispetto alla questione associazionismo, fusione dei comuni, dimensione ottimale e bacino ottimale dei servizi.
  Le audizioni del presidente della provincia di Trento e di quello della Valle d'Aosta sono state utili in un ragionamento più complessivo, visto che da questo punto di vista avere la delega ha consentito di innovare, di portarsi avanti. Vorrei capire come si è sviluppata questa esperienza nella sua regione.

  BACHISIO SILVIO LAI. Anch'io sono stato stimolato dall'ultima sollecitazione del presidente, per cui voglio porre una domanda al presidente del Friuli Venezia Giulia.
  Il Friuli, se non sbaglio, è l'unica regione che ha rinunciato al tema della città metropolitana. Invece, questo pare un elemento sul quale l'Italia, con il suo schema di molte città metropolitane, in qualche modo criticato per l'eccesso rispetto al modello europeo, ha puntato. Alla fine, la città metropolitana è anche un modello di sviluppo, nel senso che si sceglie di accentrare su un polo specifico l'aggregazione di alcuni servizi e la modalità con cui questi servizi vengono erogati. Il fatto che si rifiuti questa scelta, con conseguenze economiche e finanziarie rispetto alla rinuncia a possibili finanziamenti, mi incuriosisce, perché è una scelta che per alcuni aspetti ho apprezzato, è una scelta un po’ controcorrente.
  Vorrei sottolineare un secondo elemento. Il presidente ha detto, all'inizio, una cosa molto importante; la sottolineo, perché ne sono molto convinto. In Italia il tema della distinzione tra regioni a statuto speciale e regioni a statuto ordinario è una sorta di barriera che divide in due i modelli di relazione e di finanziamento e in qualche modo ha anche generato delle competizioni.
  La verità è che non c’è un modello di regione a statuto speciale – l'ha detto, all'inizio, il presidente e lo voglio riprendere – perché ogni regione a statuto speciale ha una sua origine, una sua funzione, una sua motivazione ad essere in quel modo, e alla fine questa diversità, che viene dalla storia, dalla geografia o dalla posizione strategica che ha avuto nel recente o nel lontano passato, genera anche un modello diverso di funzionamento e di esigenza di funzionamento. Cito il fatto che, per esempio, sul fronte sanitario la regione Friuli ha fatto una cosa anche qui per prima e mi piacerebbe sapere come sta funzionando questo aspetto. Sul fronte della riforma sanitaria infatti ha messo insieme territori e università, e ha in qualche modo scombinato le leggi n. 502 e 517, che sono quelle su cui si fondano il sistema sanitario e la formazione del sistema medico, tant’è vero che noi nella legge di stabilità abbiamo dovuto fare una norma che «inseguisse» e rendesse quasi legittima una scelta che è stata anticipata dalla regione Friuli Venezia Giulia. Mi interessa capire perché è stata fatta questa scelta e qual è l'effetto che state registrando.

  STEFANO COLLINA. Mi scuso se sono arrivato in ritardo. Peraltro, stanotte il Senato ha lavorato. (Commenti). Non capisco l'ilarità. Vorrei porre una domanda, rifacendomi alla sollecitazione del presidente e approfittando dell'esperienza europea della presidente del Friuli Venezia Giulia.
  Ci sono tematiche, specialmente per le regioni frontaliere, che sono oggetto ovviamente di attenzioni e di sviluppi legati anche a opportunità che vengono date Pag. 8dall'Europa, che ha una particolare attenzione rispetto a questi temi. Ci sono alcuni progetti transfrontalieri che spesso hanno dato risposte alle problematiche legate a quelle aree particolari che venivano citate. Vorrei sapere se dall'esperienza del regionalismo europeo, che ha sviluppato luoghi di confronto, anche articolati e riconosciuti, come il Comitato delle regioni – al di là di alcuni aspetti che è meglio non accennare in questo momento – si possono mutuare per il nostro Paese degli elementi che possano dare una ragione in più per rileggere questi anni.
  Ieri sera e oggi, nel contesto del voto della riforma, abbiamo assistito a un dibattito dove il nuovo rapporto tra Stato e regioni è stato spesso al centro di critiche e di discussioni, mentre io credo che in questa riforma sia stato l'esito di una riflessione e di un giudizio sugli anni che abbiamo trascorso in questo stato di dinamiche di rapporti tra Stato e regioni. Abbiamo colto delle questioni che potevano essere riposizionate nel rapporto tra Stato e regioni. La riflessione, seppur sintetica, va in questa direzione.

  PRESIDENTE. Do la parola alla presidente Serracchiani, per la replica.

  DEBORA SERRACCHIANI, Presidente della regione autonoma Friuli Venezia Giulia. Grazie, presidente. Innanzitutto, sono tutte domande assolutamente stimolanti per come stiamo cercando di affrontare la nostra specialità. Il Friuli Venezia Giulia è arrivato per ultimo rispetto alle altre regioni a statuto speciale. Ribadisco – ma lo avete sottolineato anche voi – che sono veramente situazioni estremamente diverse l'una dall'altra, per cui, quando si generalizza dicendo che ci sono da una parte le speciali e da una parte le ordinarie, probabilmente non si sa bene quello che si dice. Infatti, queste regioni sono estremamente diverse, diverse nella gestione, diverse nella nascita e diverse anche per le motivazioni per cui sono speciali, soprattutto per il modo in cui lo sono oggi, e non per come lo sono diventate quando è stato riconosciuto lo statuto di specialità.
  Se voi mi chiedete se le ragioni che hanno portato storicamente a dare al Friuli Venezia Giulia il criterio della specialità sono ancora attuali, ovviamente, vivendolo anche in questi giorni, vi dico che quel confine ancora esiste. Quella specialità è data da una presenza molto forte di minoranze: quella slovena, quella tedesca e quella friulana. Non dimentichiamo che in quel caso parliamo di una maggioranza, legata anche al riconoscimento di una lingua minoritaria. Se mi chiedete se ancora esistono, vi rispondo che in qualche modo, forse riscritte e ripensate, esistono ancora. Quello che io sostengo oggi è che la specialità funziona, ha senso ed è importante, se l'esercizio corretto e virtuoso della specialità è indispensabile per lo Stato. Noi, se esercitiamo correttamente la nostra specialità, siamo effettivamente indispensabili. La sanità del Friuli Venezia Giulia costa all'anno circa 2,3 miliardi. Se il Governo la vuole, la prenda, ma ciò vuol dire aggiungere al pacchetto dei 109 miliardi, che non bastano mai, per le regioni a statuto ordinario, altri 2,3 miliardi di euro. Perché dico «aggiungere» ? Voi potreste rispondermi che anche le risorse arriverebbero dallo Stato. Non è così: le risorse con cui è stata trasferita la sanità al Friuli Venezia Giulia sono ampiamente insufficienti a coprire i costi della sanità della nostra regione. Allora i conti vennero fatti in modo diverso, ma i costi della sanità negli anni sono aumentati, motivo per cui la prima riforma che abbiamo fatto è stata proprio la riforma della sanità. Di conseguenza, se esercitiamo bene la nostra specialità, siamo indispensabili per il bilancio dello Stato e, in quanto tali, onestamente credo che la specialità serva a questo Stato.
  Semmai, la domanda da farsi è un'altra: perché le regioni a statuto ordinario, pur potendolo fare prima e ancor più oggi, non hanno mai chiesto nuove competenze al Governo ? Perché nessuna regione a statuto ordinario ha chiesto di poter gestire autonomamente, avendo anche un passaggio di risorse, la sanità, o il trasporto pubblico locale, o il patrimonio Pag. 9culturale, storico e architettonico, o le strade ? Il tema vero, prima di ragionare di macroregioni e di contenitori, è stabilire chi fa cosa e se lo fa bene. Per esempio, uno dei princìpi che introdurrei è quello sostitutivo: se amministro bene, non c’è problema, ma, se amministro male, qualcuno venga a sostituirmi il prima possibile. Non parlo solo di un commissario.
  Credo che stiamo partendo, come spesso accade, dalla coda e non dalla testa del problema. Il punto non è accorpare le regioni, così magari fanno meno danni o è più «figo», perché nella cartina geografica sembrano più grandi per poter dialogare con l'Europa. Il punto non è quello. Il punto è, oggi come oggi, anche alla luce della riforma del Titolo V, dell'eliminazione del Senato, della nascita del Senato delle autonomie eccetera, cosa faccio fare alle regioni e se le regioni, quando fanno qualcosa, lo fanno bene e in quali termini.
  Allora, si introduce anche il tema dei costi standard e della revisione della spesa. Quando viene fatta seriamente – penso, ad esempio, ad altre esperienze europee –, la revisione della spesa è strutturale a ogni Stato che decida che essa è una vera e propria funzione che viene affidata ad una parte del proprio governo, per verificare di anno in anno come viene riqualificata la spesa o come devono essere fatte certe scelte. La spending review non significa tagliare, ma significa revisionare. Revisionare comporta che, se devo metterci più soldi, ce li metto, ma il tema è che ho bisogno di tempo per verificare l'impatto della spesa, se questo ha determinato effettivamente un risparmio oppure no e come gestire quel tipo di intervento.
  Onestamente quindi, io non credo che il tema sia eliminare le regioni a statuto speciale e renderle tutte ordinarie oppure accorpare le regioni. Il tema vero è a monte: cosa faccio fare alle regioni e come le rendo utili e indispensabili. In questo contesto, alcune regioni e alcune province autonome hanno dimostrato di poter fare bene il proprio mestiere, altre no. Credo di riferire un dato di fatto, senza alcuna valutazione politica.
  Io penso onestamente che la specialità sia indispensabile, soprattutto in questo momento storico. Credo che, più che diventare ordinarie le speciali, avrebbero dovuto diventare più speciali le ordinarie, e che questo sia un tema sul quale probabilmente, se vogliamo davvero rendere utili le regioni come istituzioni, occorrerà confrontarsi nei prossimi mesi e nei prossimi anni, anche alla luce del rafforzamento dell'articolo 116 della Costituzione. Ad esempio, quando verrà il momento di annettere il Veneto al Friuli Venezia Giulia – lo dico solo perché ce l'ho vicino – lo faremo volentieri, però ovviamente il tema vero è che siamo molto diversi nella gestione di alcuni temi fondamentali. Parto dalla riforma della sanità. Utilizzando la nostra specialità, noi siamo riusciti a fare una riforma della sanità estremamente innovativa, per più motivi. In primo luogo, da noi le aziende sanitarie sono cinque e un giorno probabilmente dovrà essercene solo una, mentre il Veneto ne ha ancora 23.
  Il Friuli Venezia Giulia ha fatto una scelta estremamente innovativa, che va nella direzione del Patto della salute, ma che non c’è in nessuna regione italiana, che è quella di mettere insieme davvero ospedale, territorio e università. Noi l'abbiamo fatto. Da noi, all'interno della medesima azienda sanitaria abbiamo l'ospedale, l'università e il territorio. Questo è un dato che, per chi si intende di sanità, è travolgente di concetti che vengono da decenni di gestione della sanità. In questo percorso, siamo arrivati a un punto d'arrivo estremamente importante. Nel fare la riforma della sanità, noi abbiamo fatto i costi standard. Interni e nostri, ma li abbiamo fatti. Li abbiamo chiamati «costi di finalizzazione dei servizi». Notavamo che c'erano delle importanti sfasature di prezzo, non tanto e non solo da un'azienda sanitaria a un'altra, ma da un ospedale all'altro all'interno della stessa azienda sanitaria o addirittura da un reparto all'altro all'interno dello stesso ospedale. Abbiamo preso il costo migliore per i presidi medico-chirurgici, per le prestazioni ed altro, e quello è diventato il costo Pag. 10per tutti. Questo ha fatto sì che solo nel primo anno, senza tagliare servizi, noi abbiamo recuperato risorse per 40 milioni di euro, che abbiamo reintrodotto nel sistema della sanità, ovviamente investendo in impianti tecnologici. Abbiamo riconvertito quattro ospedali, dicendo loro di fare altro. Credo onestamente che stiamo andando nella direzione giusta, anche perché l'effetto positivo è che finalmente, dopo dieci anni in cui aumentava, la spesa della sanità si è fermata. Non abbiamo tagliato i servizi, ma stiamo aumentando quelli che erano assenti sul territorio. Vi era un'occupazione di posti letto per acuti, in alcuni ospedali, pari al 50 per cento, con punte del 70 per cento, ma la sanità pagava il 100 per cento di quei posti letto per acuti, mentre mancavano fisioterapie, riabilitazioni, RSA medicalizzate. Aver riconvertito quindi i posti letto per acuti in posti letto di natura diversa ha fatto sì che si è riusciti a dare più servizi, si è risparmiato laddove si sprecava e si sono rimesse le risorse laddove servono. Onestamente, c’è una differenza profonda, che stiamo finalmente toccando con mano, ma ci vorrà del tempo. Ovviamente tutto questo significa chiudere i punti nascita quando stanno al di sotto dei 500 parti e fare delle scelte che non sempre creano consenso, ma che a mio parere, a lungo andare, rappresentano l'esercizio corretto della specialità, in un contesto nel quale tutti dovrebbero assumersi questa responsabilità. Se lo fanno prima coloro che sono in condizioni di farlo, credo che sia un segnale positivo.
  Abbiamo fatto una scelta anche per quanto riguarda il coordinamento degli enti locali, che – è vero – abbiamo in forma esclusiva. Noi abbiamo fatto, dopo la riforma della sanità, la riforma degli enti locali, che ha costruito in Friuli Venezia Giulia 18 unioni territoriali intercomunali, cioè 18 aree vaste. Noi abbiamo già superato le province, che da noi, di fatto, non ci sono più. C’è un passaggio costituzionale importante in Parlamento, che dovrebbe essere calendarizzato alla fine di questo mese. Noi abbiamo chiesto di poter cancellare dallo statuto il termine province. Questo ci faciliterebbe ancor di più, ma di fatto lo stiamo già facendo. Per noi le province sono superate, per cui è come se non esistessero più. Abbiamo commissariato quella di Pordenone, perché scadeva prima. Le altre andranno a scadenza naturale o stanno per scadere nel prossimo anno.
  Abbiamo fatto la riforma degli enti locali, che prevede unioni territoriali intercomunali. Ce ne sono 18 nella mappa del Friuli Venezia Giulia. Abbiamo individuato le funzioni che vengono esercitate dai singoli comuni e le funzioni e competenze che vengono esercitate nell'unione.
  Abbiamo riassegnato le competenze della provincia tra la regione, le unioni e i comuni. Abbiamo già acquisito alcune competenze provinciali. Dal 1o luglio 2015 la regione Friuli Venezia Giulia esercita nell'ambito regionale, come regione, le funzioni e le competenze delle agenzie per l'impiego. Abbiamo anche assunto i dipendenti delle province, stabilizzando in regione i precari che erano presso le province. Pertanto, le agenzie per l'impiego in Friuli Venezia Giulia adesso sono regionali, sia come competenze sia come risorse.
  Siamo al tavolo con le province perché ci trasferiscano strade, cultura e scuola, mentre terranno temporaneamente l'ambiente, in quanto ci sono delle dinamiche un po’ più complesse. Comunque, tra quest'anno e il prossimo passeranno scuole, strade e cultura e, alla fine di questo percorso, anche l'ambiente, riassegnando molte delle competenze alle regioni, che le avevano delegate alle province, oppure passandole alle unioni territoriali.
  Ovviamente non è facile, perché la regione Friuli Venezia Giulia ha un tasso di associazionismo fra comuni, credo, tra i più bassi in Italia, in quanto fondamentalmente non vogliono mettersi insieme, tant’è che li abbiamo commissariati. Chi non ha approvato lo statuto e l'atto costitutivo dell'unione è stato commissariato. Non sono passaggi facili e abbiamo un bel po’ di cause davanti al TAR – speriamo che vadano bene – però credo che sia stato un segnale fondamentale. Su 216 Pag. 11comuni, 131 hanno approvato statuto e atto costitutivo, e una cinquantina hanno fatto causa davanti al TAR, impugnando i provvedimenti della regione. Non nascondo che è complicato, però io credo onestamente che quella sia la strada. Adesso stiamo valutando una modifica della legge, per consentire a chi ha approvato lo statuto di iniziare a lavorare all'interno dell'unione e andare avanti. Per chi è rimasto indietro, siccome intendiamo commissariare anche i consigli comunali, lo faremo un po’ più in là, per evitare di finire davanti al giudice. Nel frattempo, chi starà in UTI prenderà i soldi e chi sta fuori dall'UTI no. Questo dovrebbe indurli a ragionare su un percorso un po’ più virtuoso, perché credo che sia un'assoluta necessità. Tenete presente che i comuni del Friuli Venezia Giulia probabilmente sentono poco l'esigenza di mettersi in associazione, perché sono i comuni che ricevono più risorse rispetto agli altri comuni in Italia. La media è del 18 per cento in più rispetto alla media italiana. Probabilmente non sentono la necessità di mettersi insieme. Siccome io credo che mettere insieme alcune funzioni, come la parte amministrativa, le strade o altre cose, sia utile, opportuno e quanto mai necessario, penso che questa sia la strada, per cui andremo avanti.
  Abbiamo previsto solo in via facoltativa la città metropolitana, perché in una regione di 1.220.000 abitanti, che sta superando le province, che sta aggregandosi in unioni territoriali intercomunali, francamente avere la città metropolitana avrebbe senso solo se fosse esattamente coincidente con l'attuale ambito regionale. Avere come città metropolitana Trieste e i suoi comuni satelliti farebbe un danno storico, perché tornerebbe a separare il Friuli dalla Venezia Giulia. Tenete presente che il Friuli Venezia Giulia ha avuto il trattino in Costituzione fino a non molto tempo fa. Tornerebbe in auge, anche storicamente, un passato che è stato difficile mettere insieme. Onestamente non ha nessuna utilità avere una città metropolitana in un contesto da 1.220.000 abitanti. Dopodiché, io credo che bisognava avere un po’ più di coraggio e dirlo anche a quelli che l'hanno fatto in giro per l'Italia, creando città metropolitane che onestamente non hanno, dal mio punto di vista, alcun senso logico o amministrativo.
  Abbiamo fatto una scelta di questo tipo, anche perché, più che parlare di macroregioni da riscrivere (separo le Marche, ne metto un pezzo di qua e un pezzo di là), che considero veramente complicato, se non si sciolgono dei nodi che stanno alla base – il punto non è dove fare i confini – credo che siano interessanti le strategie macroregionali europee, così come si stanno evidenziando. Dal punto di vista del Nord-Est, non siamo entrati – grave errore – per una serie motivi legati al passato, nella strategia danubiana. Ora siamo dentro a quella adriatico-ionica, che sarà una delle macrostrategie più importanti e anche maggiormente finanziate, e a quella alpina, che si deve ancora sviluppare, per cui non sappiamo quanto peserà in termini di finanziamento, ma è altrettanto importante.
  Allo stesso modo funzionano le strategie transfrontaliere. Noi abbiamo l'Italia-Slovenia e l'Italia-Austria, che sono avviate ormai da tempo. Sono progetti estremamente interessanti, che toccano temi peraltro molto qualificanti. Sulla sanità transfrontaliera, nell'ottica della direttiva europea che ha «liberalizzato» la sanità all'interno dell'Unione europea, sulle dinamiche fiscali e su alcuni temi concreti, come i trasporti, le infrastrutture ed altro, questa strategia funziona molto. Funziona molto perché costringe al dialogo, funziona molto perché ci sono le risorse e funziona molto perché si tende a svolgere in area vasta ciò che sulla carta non si farebbe, in quanto oggettivamente la carta manderebbe in una direzione diversa. Pertanto, è estremamente utile e importante.
  Devo dire – dalla mia esperienza – che, in questo senso, probabilmente l'Italia riesce a lavorare di più e meglio dei propri vicini, o almeno questo è quanto emerge dall'esperienza che abbiamo avuto sia dell'Italia-Austria che soprattutto dell'Italia-Slovenia. Credo oggettivamente che siano risorse importanti e occasioni importanti, Pag. 12molto più di quella di mettersi a tavolino, fare un cerchio con un compasso e stabilire quali sono le prossime regioni italiane. Non mi convince questa idea delle macroregioni buttata lì. Naturalmente – ma sono di parte – mi convince poco l'idea di eliminare tout court le speciali, così siamo tutti uguali. Il tema non è quello; il tema è cosa devono fare le regioni, se lo fanno bene, quanto sono indispensabili oppure no al proprio Paese. Se nell'esercizio delle funzioni e delle competenze hanno la possibilità di prendersene ancora di più, lo facciano. Ci sono tutte le condizioni per farlo. Se non lo si fa, allora ci si interroghi sul perché non lo si fa.

  VINCENZO GIBIINO. Mi scuso di non essere giunto in tempo, ma erano le 8,10.

  PRESIDENTE. Lavorate di notte, voi senatori.

  VINCENZO GIBIINO. Dobbiamo fare questo straordinario lavoro sul Senato. Se avessimo avuto un po’ più di coraggio, avremmo eliminato direttamente e definitivamente il Senato, visto che così non servirà a tanto.
  Io ringrazio particolarmente la presidente Serracchiani. Debbo dire che ha rivoltato come un calzino l'impostazione che abbiamo dato qui in Commissione. Ci eravamo quasi addormentati perché, ascoltando i presidenti di regione, andando dietro ai costi standard e ai fabbisogni, alla fine avevamo lo Stato da una parte e le regioni che sembravano burocraticamente addormentate. Poi ci siamo accorti che in effetti un pezzo dello Stato, queste cinque regioni a statuto speciale, sostanzialmente andava per i fatti suoi e non veniva monitorato, controllato e verificato.
  Certamente l'esperienza che lei, presidente Serracchiani, ha riferito è diversa da quella della Sicilia, che ascolteremo tra qualche giorno. Forse, quando avremo completato di audire tutte le regioni, ci daremo un'altra mission, presidente.
  Ho ascoltato con grande interesse la passione e il grande coraggio che lei, presidente Serracchiani, ha impiegato nel ridisegnare completamente, utilizzando la specialità che è stata data alla sua regione, per decidere che cosa fare, nel miglior modo possibile. L'impostazione è corretta, così come la domanda che lei pone: perché le regioni non chiedono più competenze e non chiedono di migliorare i propri servizi, piuttosto che pensare se ci deve essere una macroregione, se si devono modificare i confini, cosa devono fare le province, cosa devono fare le regioni, come assorbire il personale e cosa fargli fare ?
  La ringrazio di essere venuta stamattina e di aver portato questa sua esperienza. Ascolteremo e le regioni a statuto speciale e poi faremo delle ampie valutazioni.

  PRESIDENTE. Ringrazio la presidente Serracchiani per questo confronto, che ho visto molto partecipato. La cosa ovviamente fa molto piacere.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.50.