XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 6 di Martedì 20 settembre 2016
Bozza non corretta

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE E SULLA TRASPARENZA NEI RAPPORTI CON GLI UTENTI NEI COMPARTI FINANZIARIO, BANCARIO E ASSICURATIVO

Audizione del professor Alberto Lupoi.
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 ,
Lupoi Alberto , Professore di diritto bancario e diritto dei mercati finanziari presso l'Università degli studi di Padova ... 2 ,
Tabacci Bruno , Presidente ... 11 ,
Lupoi Alberto , Professore di diritto bancario e diritto del mercato finanziario presso l'Università degli studi di Padova ... 11 ,
Tabacci Bruno , Presidente ... 11 ,
Lupoi Alberto , Professore di diritto bancario e diritto del mercato finanziario presso l'Università degli studi di Padova ... 11 ,
Tabacci Bruno , Presidente ... 11 ,
Lupoi Alberto , Professore di diritto bancario e diritto del mercato finanziario presso l'Università degli studi di Padova ... 11 ,
Campanella Francesco  ... 13 ,
Angioni Ignazio  ... 13 ,
Tabacci Bruno , Presidente ... 14 ,
Lupoi Alberto , Professore di diritto bancario e diritto del mercato finanziario presso l'Università degli studi di Padova ... 14 ,
Tabacci Bruno , Presidente ... 15 ,
Lupoi Alberto , Professore di diritto bancario e diritto del mercato finanziario presso l'Università degli studi di Padova ... 16 ,
Tabacci Bruno , Presidente ... 17 

Audizione di rappresentanti dell'Ente nazionale per il Microcredito:
Tabacci Bruno , Presidente ... 17 ,
Baccini Mario , Presidente dell'Ente nazionale per il Microcredito ... 18 ,
Tabacci Bruno , Presidente ... 33

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 13.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione del professor Alberto Lupoi.

  PRESIDENTE. L'indagine conoscitiva sulla semplificazione e sulla trasparenza nei rapporti con gli utenti nei comparti finanziario, bancario e assicurativo riprende oggi dopo la pausa estiva con due audizioni.
  L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Alberto Lupoi, professore di diritto bancario e diritto dei mercati finanziari dell'Università degli studi di Padova, e, a seguire, quella del presidente e del segretario generale dell'Ente nazionale per il Microcredito.
  Ringrazio il professor Lupoi per la sua qualificata presenza, nella certezza che saprà darci un importante contributo nell'ottica dell'obiettivo, che la Commissione si è posto, di verificare la stratificazione normativa e i fattori di complicazione nei comparti finanziario, bancario e assicurativo, anche al fine di prospettare soluzioni legislative volte alla semplificazione e alla trasparenza.
  Do quindi la parola al professor Lupoi.

  ALBERTO LUPOI, Professore di diritto bancario e diritto dei mercati finanziari presso l'Università degli studi di Padova. Grazie, presidente. Dai documenti che ho avuto modo di consultare di chi mi ha preceduto in queste audizioni ho Pag. 3appreso che molta parte della normativa vi è stata già comunicata: i KID, le informazioni chiave, tutto quest'apparato enorme di regolamentazione. Su questo aspetto, dunque, al momento non vorrei tornare.
  Vorrei, invece, approfittare della presente sede per fornirvi alcuni spunti di riflessione su un sistema particolarmente complesso e per capire, infine, quale spazio di manovra ancora abbiamo per semplificare e intervenire da un punto di vista normativo.
  Vorrei partire da un paio di osservazioni del presidente Tabacci, che ho avuto modo di leggere. In una, il presidente ha detto: «Purtroppo, con i moduli non ne usciamo». Mi sembra un po’ laconica come riflessione. Un'altra volta, invece, ha esclamato che: «resta sullo sfondo la questione della fiducia nel sistema bancario, che va oltre i prospetti informativi». Partiamo da queste due osservazioni.
  Una riflessione che vorrei sottoporvi è quella concernente la natura giuridica degli strumenti finanziari. A mio avviso, una delle chiavi per capire il problema è comprendere quali sono le difficoltà del diritto nell'inquadrare gli strumenti finanziari.
  Gli strumenti finanziari non esistono in natura, nella realtà. Esistono soltanto perché vi sono dei documenti nei quali lo strumento finanziario è scritto. Questa riflessione, che ci può sembrare un po’ banale, pensatela con gli occhi dell'investitore. Un consumatore difficilmente sbaglia quando entra in un negozio nello scegliere tra un televisore o un forno a microonde, perché li conosce. Non c'è il consulente, infatti, nel negozio di elettronica, perché il bene è lì, può servire o non servire, ma comunque il bene è lì. Il consumatore ha una conoscenza, un'esperienza dei beni a prescindere dal diritto.
  Ebbene, quest'esperienza non esiste nel campo finanziario, perché non esistono prodotti campione che possono essere Pag. 4osservati nella realtà. L'unico modo per il consumatore, per l'investitore al dettaglio, di conoscere ciò che compra è leggere un documento nel quale è descritto il prodotto finanziario. E non è un ostacolo da poco. Dove sono scritti, infatti, i prodotti finanziari e come sono scritti? Questo è l'unico modo per conoscere il prodotto nel quale sto investendo.
  I prodotti finanziari sono scritti in diversi documenti di diversissima natura. Abbiamo, certamente, i prospetti informativi e, all'interno del prospetto, sono pochissime le pagine dedicate alla descrizione del prodotto. Il prodotto, come vedremo a breve, è descritto in modo essenzialmente tecnico. Su un totale di 490 pagine, ad esempio, il prodotto viene descritto in sole due pagine. Tutto il resto riguarda i rischi generali, il soggetto emittente, ma il cuore, quello che è il mio investimento, è compreso in due sole paginette.
  Poi esistono i contratti, come i contratti derivati, in cui il prodotto è scritto nel contratto. Se così è, il linguaggio che viene utilizzato nei documenti informativi come il prospetto non può che essere altamente tecnico, perché quello è il prodotto. Il prodotto deve essere descritto tecnicamente, perché soltanto il linguaggio tecnico è preciso, e poiché io lo sto descrivendo con quella terminologia, essa deve essere la più precisa possibile, altrimenti sto descrivendo un'altra cosa. Allora, è chiaro che «valuta», «tasso di interesse», schermate «Reuter», «Euribor», «Libor», sono termini che debbono essere utilizzati, altrimenti si crea confusione relativamente al prodotto.
  Ho letto recentemente un prospetto informativo di un'obbligazione tuttora circolante nella parte dedicata alla remunerazione del prodotto, contenuta, peraltro, nella nota sintetica, e quindi in quella parte un po’ più sintetica destinata proprio all'investitore, che estrae le informazioni chiave, le seguenti parole: «Gli Strumenti finanziari matureranno interessi a un Pag. 5tasso annuo pari all'USD Libor BBA con scadenza designata tre mesi su schema Reuter Libor 01, +0,30 per cento annuo, fermo un massimo del 4 per cento annuo e un minimo dello Zero per cento annuo, e gli interessi matureranno dal – incluso – 22 agosto 2018 alla – esclusa – Data di scadenza, tali interessi da pagarsi in via posticipata in ciascuna Data di pagamento cedolare variabile».
  Le espressioni «Zero per cento», «Data di scadenza», «Data di pagamento», «Strumenti finanziari» sono riportate in maiuscolo, per cui bisogna andare a prendersi la definizione che è nel prospetto.
  È arabo per molti, ma non per i tecnici. Per i tecnici, è giustissimo quello che è scritto, perché sanno esattamente che cosa significa. Questi documenti, però, un po’ sono per i tecnici, ma ci hanno sempre detto che i prospetti informativi sono fondamentalmente per i risparmiatori. Così sono stati pensati. È da vent'anni che la normativa va avanti così. Sono vent'anni che si ritoccano sempre di più questi prospetti, ma su questo punto, deve essere impiegato il linguaggio tecnico.
  Nel momento in cui inizio a dire che devo svilire di tecnicismi il linguaggio, sto rendendo meno precisa la descrizione del prodotto, che è qui, e non altrove. Da qui non ne esco.
  Si è detto di creare, però, una documentazione più semplice per l'investitore. La documentazione più semplice, non essendo un linguaggio tecnico, non descrive più esattamente il prodotto. Racconta una certa cosa, che non è il prodotto, perché esso stesso è in questo linguaggio tecnico.
  Ciò è così vero che la tendenza della normativa di oggi, che voi conoscete, è quella dei KID. Che cos'è il KID? È un foglio di un paio di pagine in cui non sono rappresentati i prodotti. Il KID non racconta il prodotto, racconta un'altra cosa. Racconta il rischio finanziario. In teoria, potrei anche non sapere Pag. 6qual è il prodotto del prospetto. Potrei concentrarmi soltanto sul KID, cioè sul rischio finanziario. Questo è un altro passo civilisticamente importante.
  La normativa dice che non è più importante che tu sappia ciò che compri, ma è importante che tu conosca il rischio che ti prendi, che non è sbagliato come concetto. Noi non stiamo comprando, infatti, un'obbligazione perché vogliamo proprio quel prodotto; noi piuttosto vogliamo quel particolare rapporto rischio/rendimento di quella determinata obbligazione. L'attenzione quindi è giustamente concentrata, ma vedremo con quali criticità, sui rischi.
  La documentazione tecnica – non ce lo nascondiamo – è diretta ai tecnici, semplicemente perché deve essere scritta tecnicamente, e tutti i non tecnici non la capiscono, ma vorrei dire che questo è ormai una sorta di teorema. Dal punto della semplificazione, vorrei dire togliamo i prospetti informativi dalle mani dei consumatori, che è una semplificazione abbastanza radicale. Con che cosa li sostituiamo, però?
  Dicevo che concentrarsi sui rischi è giusto, perché, da un punto di vista dell'operazione, ciò che il consumatore assume è il rischio finanziario, non il prodotto che lo rappresenta. Quello è semplicemente il mezzo. In teoria, se il rischio è quello giusto, potrei anche non sapere qual è il prodotto. Mi interessa che il rischio che voglio prendermi è rappresentato in un certo prodotto.
  Ora, questi KID recano, fondamentalmente, gli scenari probabilistici, attraverso i quali ci dicono una cosa, ossia il rapporto tra rischio e rendimento, oltre ad alcune informazioni sui costi, lungo una scala che va da 1 a 7. A breve, ci sarà lo schema di decreto legislativo, che poi diventerà decreto legislativo, concernente proprio l'attuazione del regolamento europeo sui KID. Pag. 7
  Che cosa dirà, fondamentalmente, in questa pagina? Il consumatore non conoscerà il prodotto, perché per conoscerlo deve conoscere il linguaggio tecnico, tuttavia sarà attenzionato sul rischio, partendo dal rischio 1, equivalente a molto basso, fino a 6 o 7. È certamente qualcosa, ma non è sufficiente. Comprendere il rischio non significa saper decidere se quel rischio è adatto a me. Sapere che una cosa è molto rischiosa non vuol dire anche che io so scegliere l'investimento giusto per me, circostanza questa che rappresenta un passaggio ulteriore.
  L'azione, ad esempio, non è mai descritta nei prospetti, perché è lo strumento più semplice che c'è, quindi diamo per scontato che un consumatore comprenda cos'è, ma non per questo egli ha capito il rischio. Il rischio finanziario è un'altra cosa rispetto alla capacità di comprendere il prodotto. Ciò serve a farvi capire che la comprensione del prodotto, che è stata al centro di questi ultimi quarant'anni, è fuorviante. La comprensione del prodotto non aiuta, non serve. Ciò che occorre comprendere, e su cui va richiamata l'attenzione del risparmiatore, è un'altra cosa, ovvero quale sia il rischio finanziario che assume.
  Quando si spiega un'obbligazione a un consumatore non si dice che l'obbligazione è quel titolo di debito che dà il diritto di votare nell'assemblea degli obbligazionisti e rende l'investitore anche un creditore. Le informazioni sono giuste, ma totalmente inutili per chi deve investire. Si potrebbero omettere queste informazioni, pur corrette, e dare per esempio il rating dell'emittente, per conoscere il metro creditizio.
  Dicevo che questi prospetti, come il KID, sono certamente cose utili, ma non sono ancora sufficienti. Cos'è che manca?
  Come avrete visto, è stata pubblicata una indagine della Consob, che ha mostrato uno spaventoso livello di mancanza di cultura finanziaria nei risparmiatori. Addirittura, parliamo di Pag. 8gente che non sa che cosa vuol dire il rapporto rischio/rendimento, ovvero diversificare: che ci fanno, allora, i risparmiatori con un indice di rischio, che implica avere già acquisito qualche nozione finanziaria?
  Oltre a questo, occorre che il risparmiatore conosca qual è il rischio finanziario che si voglia assumere. Anche questo non è per nulla scontato. Ciò, infatti, è alla base del fallimento dei formulari della MiFID 1, quando si doveva profilare il cliente. Anche in assenza di interferenze illegittime da parte degli operatori bancari, non è facile per una persona che non sa niente di finanza capire qual è il rischio finanziario che intende assumersi.
  Dov'è che sto andando con queste brevissime riflessioni? Il ruolo fondamentale deve rimanere quello della consulenza. Oggi la consulenza finanziaria è vista ancora come un'attività destinata ai grossi patrimoni, perché è un costo in più. Il consulente finanziario è colui che indica in maniera soggettiva e specifica a un soggetto – in base all'analisi che fa di questo soggetto, del suo profilo di rischio e del patrimonio – l'investimento adeguato. Quest'attività oggi è vista soltanto in relazione ai patrimoni rilevanti.
  Il consulente finanziario è l'unico che può guidare il consumatore nel comprendere il suo profilo di rischio e far sì che il profilo di rischio del consumatore collimi con il rischio dei prodotti venduti sul mercato, in modo tale che egli scelga l'investimento. Questo è un passaggio fondamentale, perché non c'è norma, purtroppo poco osservata, come la norma generale sulla prestazione dei servizi di investimento, che risale ormai al 1991.
  L'intermediario finanziario deve – recita la norma – servire al meglio l'interesse del cliente. Questa norma da sola sarebbe sufficiente – non ci vorrebbero regolamenti, neanche della Pag. 9Consob – e ci dice che l'intermediario finanziario è titolare di un ufficio di diritto privato. Nella formulazione per cui egli deve «servire al meglio l'interesse del cliente» è sotteso un aspetto giuridico importante: l'interesse dell'intermediario non può essere contrapposto a quello del cliente, ma è secondario.
  Nella contrattualistica ordinaria gli interessi sono contrapposti da contratto, in maniera tale che il venditore e l'acquirente hanno un interesse in conflitto sul prezzo. Nei servizi di investimento, invece, c'è solo un interesse da proteggere, non c'è anche quello dell'intermediario, che è rimosso dall'ordinamento.
  Questa norma deve trovare applicazione costante e severa. L'educazione cioè, a mio modo di vedere, non deve essere soltanto quella del consumatore. L'educazione deve spostarsi dal lato di chi eroga il servizio.
  Allora la consulenza, che oggi è vista come un'attività riservata a qualcuno, dovrebbe essere sempre fornita al cliente al dettaglio. In secondo luogo, il profilo di rischio del cliente al dettaglio dovrebbe essere sempre, per definizione, il più basso. Nella maggior parte dei casi, chi viene con 5.000 euro da investire in un titolo ha quel profilo di rischio, se ne discosta poche volte. Certo, c'è la possibilità, con una procedura di cui resta traccia, che il profilo di rischio venga in maniera motivata mutato, perché può sempre esserci qualcuno che improvvisamente ama la speculazione finanziaria, e anche questo suo diritto va tutelato. La consulenza, quindi, dovrebbe essere sempre fornita al cliente al dettaglio, che parta da un profilo di rischio necessariamente a livello 1 di questa scala.
  Con questa «proposta» i prospetti informativi non dico che vanno al macero, ma servono soltanto per i tecnici, ed è giusto che loro si guardino tutte le informazioni in essi contenute. Al consumatore, invece, non servirebbero più. Il KID – o il KIID, Pag. 10a seconda di quello che verrà fuori – è utile, perché richiama comunque l'attenzione del consumatore su una cosa che potrebbe essere molto rischiosa. Fondamentalmente, però, c'è l'attività di consulenza, che è ideata per lasciare una traccia di questo rapporto, traccia utile sia per il consulente, per la sua responsabilità, sia per il consumatore.
  Ora, quali sono i margini per poter un po’ modificare questo sistema, che molto sommariamente ho delineato?
  Da un punto di vista normativo, più che direttive comunitarie in questo campo ormai abbiamo i regolamenti, che i margini li hanno ridotti. Quando ci sono le direttive, il punto è eseguire le direttive in Italia utilizzando i margini che ci sono, e non semplicemente prendendo la versione italiana della direttiva per trasformarla in legge dello Stato.
  In secondo luogo, abbiamo la possibilità di intervenire sulle autorità di vigilanza, cioè sul modo in cui esse svolgono la loro attività, sui compiti che hanno. Questo lo possiamo ancora fare, fino a quando, almeno, non avremo anche in questo campo una vigilanza, magari un domani, a livello europeo. Certamente, però, avremo una vigilanza locale per i mercati locali. Questa è la seconda area.
  Non abbiamo più il tempo di fare nuovi testi unici, nuovi corpi normativi, perché dobbiamo seguire la scia europea, ma dobbiamo essere in grado di personalizzarla secondo le nostre esigenze. Il diritto comunitario è un diritto che deve essere armonizzato, non è un diritto uniforme, nel senso di «uguale». Questo non può essere.
  Ho cercato di limitarmi sapendo che il tempo era abbastanza circoscritto, anche per lasciare spazio a chi volesse intervenire. Aggiungo solo che ho redatto anche una memoria, che chiaramente depositerò agli atti della Commissione.

Pag. 11

  PRESIDENTE. Ringraziamo il professor Lupoi. Le siamo molto grati, perché mi pare che il contributo che lei ha fornito sia molto attinente al tipo di preoccupazione che stava alla base della nostra iniziativa parlamentare. In altri termini, la sintesi estrema è quella di un avviso ai naviganti. Questo mare è tranquillo, ma può diventare improvvisamente tempestoso e potreste non fare ritorno nel porto, quindi non allontanatevi troppo dal porto. Questa è la sostanza.

  ALBERTO LUPOI, Professore di diritto bancario e diritto del mercato finanziario presso l'Università degli studi di Padova. Nel 2008, il porto forse non lo trovavate più.

  PRESIDENTE. Stavo aggiungendo che il porto è a rischio 1. Se c'è la catastrofe, non c'è più neanche il porto. Questa è la condizione, la fotografia oggettiva.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni. Può essere molto utile. Ci sono state delle polemiche recenti sul problema dei meccanismi statistici e previsionali. Siamo nel campo della strumentalizzazione più totale. Che meccanismi statistici si possono individuare per precisare il tipo di rischio cui si va incontro?

  ALBERTO LUPOI, Professore di diritto bancario e diritto del mercato finanziario presso l'Università degli studi di Padova. Come al consumatore va spiegato il rischio finanziario, così va spiegato anche cosa vuol dire lo scenario probabilistico.

  PRESIDENTE. Certamente.

  ALBERTO LUPOI, Professore di diritto bancario e diritto del mercato finanziario presso l'Università degli studi di Padova. Innanzitutto, esso è individuato sulla base di alcuni modelli matematici. Ora l'Unione europea ne ha prescritti alcuni nei Pag. 12regolamenti. E vale in quel momento. Lo scenario probabilistico cambia in continuazione, perché è la proiezione nel futuro di eventi del presente. Cambiano gli eventi del presente, di conseguenza cambiano gli eventi del futuro.
  C'è, però, un punto sul quale pure mi piacerebbe attirare la vostra attenzione. Sono quarant'anni che la legislazione dei mercati finanziari cambia a ritmo vorticoso per proteggere – questo è un aspetto rilevante della normativa – sempre di più il cliente. Da chi? Da coloro che hanno l'obbligo giuridico di proteggerlo. Non è proprio secondaria questa riflessione.
  La norma che vi ho citato obbliga l'intermediario a servire il cliente, ma non da oggi. Sono trent'anni che esiste quella norma, e sono trent'anni che la normativa cerca di difendere sempre di più il cliente proprio da colui il quale ha un ufficio di diritto privato di doverlo difendere. C'è un meccanismo che non funziona, allora. Ci deve essere per forza, perché questa normativa ha un costo economico, in quanto gli intermediari debbono ogni volta cambiare tutte le loro procedure, e giuridico, in quanto non la si riesce a studiare e a capire.
  La Corte di cassazione oggi sta emanando sentenze sulla normativa del 2007, la MiFID 1, che però sarà cambiata l'anno prossimo, quindi avremo tutta una giurisprudenza di Cassazione che ci dà una fotografia del passato, ma che non ci servirà più per il presente, perché è già cambiata, come è successo prima della MiFID 1. Stiamo arrivando ora in Cassazione sul caso Parmalat. Capirete, allora, che c'è una mancanza di sincronizzazione completa tra il mondo finanziario e gli ordinamenti giuridici, che camminano secondo schemi e liturgie non più al passo.
  Quello finanziario, però, non è più un mondo distante. È un mondo che dà disagio sociale. Occorre, quindi, non dico anticiparlo, Pag. 13 ma predisporre una risposta che vada alla stessa velocità.

  FRANCESCO CAMPANELLA. Questa riflessione mi ha riportato a un ragionamento ulteriore. Mi pare che il consulente, nella figura da lei descritta in modo molto chiaro, abbia sostanzialmente due diversi oggetti da analizzare: il profilo di rischio del cliente e il profilo di rischio del prodotto. Condivido la sua valutazione sul fatto che il consulente è la persona che deve proteggere il cliente da se stesso, in qualche modo.
  Mi chiedo: quali conseguenze e quali agibilità dal punto di vista normativo può avere il tentativo di scindere le due figure, e cioè far sì che il cliente sia profilato da un soggetto diverso dall'intermediario che poi andrà a proporre il prodotto? Mi riferisco all'eventualità di trovare, in primo luogo, il soggetto adatto dal punto di vista istituzionale e dal punto di vista tecnico, per far sì che il cliente arrivi all'intermediario/venditore già profilato, in modo da ridurre i margini operativi del consulente che propone il prodotto.

  IGNAZIO ANGIONI. Il professore ha fatto una ricostruzione a mio parere molto efficace, suggestiva, tale da far rimeditare in alcuni di noi alcuni convincimenti che diamo come assodati.
  Lei ha parlato di una norma che rischia di non funzionare, o addirittura di essere contraddittoria anche per gli obiettivi che si pone. Io vorrei sapere da lei, però, se questo è un sistema imprescindibile o esistono degli altri sistemi in altri Paesi che danno una dimostrazione diversa di quello che la norma può fare e di quanto potrebbe essere efficace anche negli obiettivi, senza avere controindicazioni arzigogolate, che poi ci fanno perdere di vista anche l'obiettivo.
  Sto parlando soprattutto dal punto di vista degli strumenti di informazione degli investitori.

Pag. 14

  PRESIDENTE. Do la parola al professor Lupoi per la replica.

  ALBERTO LUPOI, Professore di diritto bancario e diritto del mercato finanziario presso l'Università degli studi di Padova. Relativamente alla questione di profilare il cliente in maniera autonoma e preventiva rispetto al lavoro del consulente, un tema è rappresentato dai costi. Oggi, il servizio di consulenza finanziaria ha un costo che viene aggiunto per il cliente.
  Sui costi vorrei essere un po’ chiaro e dire che la crisi di fiducia non è stata tanto colpa dei consumatori e che quel rapporto di fiducia andrebbe ricostruito con uno sforzo. Questo vorrebbe dire che i costi di consulenza, per ricostruire questo rapporto, non dovrebbero andare sui consumatori.
  Veniamo alla profilazione precedente. È una buona idea, però a mio modo di vedere lei in questo modo sta dicendo che, in fondo, del consulente ci possiamo fidare, ma non fino alla fine. È questo il modo in cui si è ragionato in questi anni. La responsabilità al consulente va data, perché è la sua funzione.
  Sapete che la Commissione europea sta parlando di robo-advising? Si tratta di algoritmi che, in luogo delle persone, consigliano i clienti. Questa, che sembra essere una rivoluzione scientifica, è fatta per il timore delle persone, delle interferenze umane, ma non si può andare avanti così.
  Il principio di diritto civile dell'affidamento deve essere tutelato in questa circostanza. È giusto che il cliente si possa fidare della sua banca. Se lo mandiamo già profilato, già lui si chiederà perché è qualcun altro a profilarlo, che magari non conosce, e non la sua banca. È la sua banca che lo deve fare. È giusto che sia così. Questo è l'affidamento. Non dobbiamo avere paura.
  Se si sceglie la strada della consulenza, va scelta senza reti di protezione: tu sei il mio consulente e tu mi devi profilare, Pag. 15perché tu mi conosci, magari sono cliente da trent'anni, da vent'anni, tu conosci molte più cose di un terzo che mi viene a profilare. Questo è il primo aspetto.
  Quanto all'altro aspetto, in Inghilterra per esempio la consulenza è stata estesa anche ai contratti di mutuo immobiliare, ed è così anche da noi, e vedremo come verrà attuata col decreto legislativo sui mutui al consumatore. In Inghilterra i mutui al consumatore, classico contratto bancario, che non entra nei servizi di investimento, sono visti come un prodotto difficile da capire oggi, per cui serve il consulente che lo spiega, ed è vero.
  Anche i contratti bancari oggi hanno un tasso di finanziarizzazione elevato. Pensate alle opzioni, ai tassi variabili, che possono cambiare nel tempo, all'opzione del cliente di cambiare le rate, al capitale, agli interessi. Sono scelte finanziarie che non tutti sanno come effettuare. Anche loro, quindi, hanno scelto la strada di ampliare la consulenza al cliente.
  I prodotti oggi sono difficili non perché qualcuno sia machiavellico, ma perché il mercato finanziario si indebita e paga su alcuni standard, che sono questi, e che cambiano negli anni. Se la banca si indebita in un certo modo, che è un modo complesso, il prodotto speculare che emette è complesso anch'esso.
  Lei mi chiedeva delle informazioni. Certo, esistono gli opuscoletti, i fumetti, per raccontare le cose. Come però vi ho detto in precedenza, più andiamo su questa categoria informativa, più ci allontaniamo dal prodotto, e quindi è sempre più importante avere qualcuno che mi consigli.

  PRESIDENTE. Basta pensare alla parabola dei derivati. I derivati erano degli strumenti che dovevano servire a metterci in sicurezza rispetto ai rischi dei tassi. Adesso, che ci siamo trovati in un lungo periodo in cui i tassi sono minimi, c'è Pag. 16l'esplosione della questione dei derivati. Le cose stanno esattamente come sono state descritte. La finanza è uno strumento che serve all'economia, ma evidentemente un eccesso di finanziarizzazione ha portato il mondo che stiamo vivendo a perdere forse il senso dell'equilibrio, della proporzione. Non che queste siano cose nuove.
  Capitava già negli anni Sessanta, quando eravamo ragazzi, di poter ricevere una lettera a casa in cui si spiegava cos'era il meccanismo della piramide. Un tuo amico ti mandava una lettera, che a sua volta era il frutto di una comunicazione piramidale, nella quale si diceva: se scrivi dieci lettere a tuoi dieci amici, compreso questo, sappi che alla fine sarai destinatario di queste 10 lire che adesso ti chiedo; sarai destinatario del fatto che, allargandosi la piramide, una miriade di persone identificheranno in te il riferimento, perché le 10 lire che io adesso chiedo a te dovranno versarle a te.
  È un discorso che in sé non fa una grinza, a parte il fatto che non c'era ragione che mi pagassero se non facevo niente. E, infatti, quelle lettere venivano cestinate, ma era un meccanismo diabolico, come le cose degli americani, da cui è nata tutta la vicenda del 2008.

  ALBERTO LUPOI, Professore di diritto bancario e diritto del mercato finanziario presso l'Università degli studi di Padova. Come avete visto, ho proposto una strada che non è né tecnica né finanziaria, bensì molto giuridica. Oggi, però, le strade giuridiche, che si basano sul diritto civile, sui fondamenti del diritto, non vanno molto di moda, perché sono strade un po’ più lente e non vengono spesso capite.
  Vorrei riflettere con voi su un passaggio. Si dice spesso che la finanza comanda, ma voglio citarvi un esempio. Abbiamo attuato in Italia la direttiva sui mutui, che ha una sua finalità non nascosta, perché è scritta nella direttiva, ossia quella di Pag. 17rendere i crediti che derivano dai mutui, i crediti immobiliari, più facilmente circolabili, cioè più facilmente vendibili, donde tutta la disciplina della direttiva sui mutui ai consumatori.
  Questa è una motivazione meramente finanziaria, volta cioè a rendere più veloce la circolazione dei crediti immobiliari. Questa motivazione di carattere finanziario, però, ha stravolto per esempio il nostro sistema delle garanzie, ha stravolto le procedure esecutive, ha stravolto cioè un sistema che non siamo mai riusciti a cambiare nelle varie riforme dei vari codici, ossia quello del pegno, dell'ipoteca, del pignoramento. In un attimo è stato spostato con questa possibilità di procedura esecutiva privata tra banca e cliente, e non per una ragione giuridica di sostanza, ma per una ragione meramente finanziaria di circolazione del credito.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Lupoi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'Ente nazionale per il Microcredito

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata con l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Ente nazionale per il Microcredito.
  Ringrazio per la loro qualificata presenza il presidente Mario Baccini e il segretario generale Riccardo Maria Graziano, dell'Ente nazionale per il Microcredito.
  Sono sicuro che il loro apporto sarà molto utile alla Commissione, che ha promosso quest'indagine conoscitiva per approfondire un tema di grande attualità come quello della semplificazione e della trasparenza nei rapporti con gli utenti nei comparti finanziario, bancario e assicurativo. Pag. 18
  È obiettivo della Commissione verificare la stratificazione normativa, i fattori di complicazione dei comparti finanziario, bancario e assicurativo, anche al fine di prospettare soluzioni legislative volte alla semplificazione e alla trasparenza.
  Dando la parola al presidente Baccini, ricordo che è stato deputato e anche ministro e che ha avuto modo di occuparsi di questioni legate alla semplificazione della pubblica amministrazione.

  MARIO BACCINI, Presidente dell'Ente nazionale per il Microcredito.
  Signor Presidente, signori parlamentari, in relazione all'indagine conoscitiva sulla semplificazione e la trasparenza nei rapporti con gli utenti nei comparti finanziario, bancario e assicurativo, abbiamo pensato di fare alcune riflessioni da lasciare agli atti della Commissione.
  Noi riteniamo che la trasparenza costituisca un valore in tutte le relazioni, tra le persone, tra le imprese e le istituzioni, tra i privati e i poteri pubblici. In particolare, nei rapporti economici la trasparenza verso il cliente costituisce un fattore di successo per qualsiasi impresa ed è cruciale per le banche e gli intermediari, perché alimenta quella fiducia che è il fondamento stesso dell'attività bancaria e finanziaria.
  In particolare, la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, e quindi la correttezza delle relazioni tra intermediari e clientela, è condizione indispensabile per assicurare ai clienti stessi un'informazione chiara ed esauriente, che agevoli la comprensione delle caratteristiche, dei rischi e dei costi dei prodotti finanziari offerti, e ne consenta la facile confrontabilità con le altre offerte.
  Questo contribuisce, altresì, ad assicurare la legalità formale e sostanziale nel settore bancario e finanziario, dal momento che comportamenti non conformi alle regole sono fonte di Pag. 19rischi legali e di reputazione e possono compromettere la sana e prudente gestione degli intermediari.
  Nel corso degli anni, ci si è resi progressivamente conto che un approccio alla trasparenza e alla semplificazione basato prevalentemente su obblighi informativi non consentiva di assicurare una tutela sostanziale della clientela. Per questo, gli strumenti adottati a livello di normativa primaria e secondaria sono stati notevolmente ampliati e rafforzati rispetto al passato, elaborando strumenti più evoluti, tarati sulle singole tipologie di prodotto e basati sui criteri guida della semplicità e della comparabilità. Si pensi, ad esempio, agli indicatori sintetici di costo e alle schede standardizzate in cui le informazioni sono presentate alla clientela secondo un ordine di importanza.
  C'è, tuttavia, il rischio che la trasparenza, e più in generale la tutela della clientela, siano percepite dagli intermediari come un mero adempimento di obblighi normativi e non, invece, come fattori cruciali per assicurare una gestione aziendale sana e prudente e un sistema finanziario solido, capace di sostenere la crescita economica.
  L'impegno delle autorità nel ruolo di regolatori e supervisori e degli intermediari nel ruolo di attori del mercato dovrebbe, quindi, essere quello di individuare le migliori pratiche da adottare affinché la trasparenza non venga vissuta come un adempimento burocratico, ma costituisca un vero e proprio principio cui ispirarsi nella concreta operatività bancaria e finanziaria. Infatti, prodotti trasparenti e correttamente collocati, che riflettono le esigenze e la propensione al rischio dei clienti, non sono solo un beneficio per questi ultimi, ma anche per le banche, per il sistema finanziario e per l'economia in generale.
  Questo, pertanto, è uno degli insegnamenti che possiamo trarre dalla crisi finanziaria, che ha confermato come la natura Pag. 20delle transazioni, la tipologia dei prodotti offerti, le specificità comportamentali delle persone, la presenza di rilevanti asimmetrie informative, tendano ad accentuarsi nelle fasi di tensione e rendano necessario un intervento pubblico a tutela della trasparenza e della correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti; trasparenza e correttezza che il mercato da solo non è in grado di assicurare.
  All'origine della crisi, infatti, vi sono state delle relazioni creditizie altamente rischiose, avviate senza una sufficiente considerazione dei rischi che ne sarebbero derivati sia per i clienti sia per gli stessi finanziatori. Vi hanno contribuito modalità distributive spesso perverse, che, lungi dall'incentivare l'instaurarsi di relazioni corrette e trasparenti, miravano a premiare esclusivamente la crescita dei volumi.
  Con il ritorno della recessione, i numerosi fallimenti delle imprese e la perdita dei posti di lavoro hanno alimentato la crescita dei prestiti deteriorati, e l'aumento del rischio di credito ha indotto le banche a contrarre l'offerta di finanziamento all'economia. La gran parte del nostro sistema bancario ha affrontato la crisi con coraggio e trasparenza, ma in non pochi casi agli effetti di una recessione lunga e profonda si sono sommati tutti quelli di comportamenti imprudenti e a volte fraudolenti.
  La vicenda delle quattro banche poste in risoluzione nel novembre dello scorso anno va analizzata in questo contesto. Le ripercussioni del loro dissesto confermano come, anche nel caso di intermediari di piccola dimensione, la perdita di fiducia da parte del pubblico possa propagarsi velocemente e rischiare in generale effetti sistemici di natura persistente.
  Oltretutto, va considerato che un'efficace tutela di coloro che intrattengono relazioni con la banca non può non tener conto delle varie tipologie di clienti e della diversa capacità di gestire Pag. 21il rapporto con la banca, perché diverse sono le competenze e la forza contrattuale. Ne consegue che, una volta definito un sistema di regole generali per garantire un livello minimo di trasparenza e correttezza, è opportuno adottare particolari disposizioni a tutela dei clienti più deboli, che possono individuarsi ad esempio nei consumatori, negli artigiani, nei lavoratori autonomi, nei microimprenditori, tutti soggetti che si caratterizzano generalmente con la piccola dimensione e con una scarsa competenza in materia finanziaria.
  L'accenno alle microimprese e, in generale, alla clientela cosiddetta debole mi consente ora di focalizzare questo mio intervento sul comparto del microcredito, per il cui sviluppo è stato istituito e opera l'Ente nazionale per il Microcredito.
  Com'è noto, il comparto del microcredito in Italia è stato per anni privo di una propria disciplina normativa e regolamentare. Lo stesso sostantivo «microcredito» veniva interpretato in modo difforme a seconda che ci si riferisse alle definizioni comunitarie, in particolare quelle della Commissione europea, alle normative agevolative a favore delle microimprese emanate a livello regionale e locale o all'offerta di specifici prodotti messi a punto dalle banche per la clientela retail.
  Con le modifiche apportate al testo unico bancario (TUB) dal decreto legislativo n. 141 del 2010, e in particolare quelle all'articolo 111, al microcredito è stata data per la prima volta una dignità normativa, stabilendo che tale termine può essere riferito esclusivamente ai finanziamenti a favore di microimprenditori o lavoratori autonomi, di importo non superiore a 25.000 euro, non assistiti da garanzie reali e accompagnati da servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio.
  È stata anche prevista una forma di microcredito sociale destinato a persone in stato di esclusione sociale e finanziaria di importo non superiore a 10.000 euro, anche in questo caso Pag. 22non assistiti da garanzie reali e accompagnati da servizi di bilancio familiare.
  Per l'esercizio del microcredito, il citato articolo 111 del TUB ha introdotto nell'ordinamento una nuova categoria di intermediari finanziari definiti «operatori di microcredito», i quali in presenza di determinati requisiti possono chiedere l'iscrizione in un apposito elenco. Tale elenco è tenuto dalla Banca d'Italia finché il numero di operatori attivi sul mercato non sia divenuto sufficiente a consentire la costituzione di un organismo che, sotto la supervisione della stessa Banca d'Italia, provveda alla gestione dell'elenco stesso e all'esercizio dei relativi poteri di controllo.
  Gli operatori di microcredito, in deroga all'articolo 106 del TUB, sono autorizzati a erogare finanziamenti esclusivamente sotto la forma di microcredito, come disciplinato dal richiamato articolo 111 nonché dalle disposizioni attuative emanate dal Ministero dell'economia e delle finanze con decreto n. 176 del 2014, che ha ridefinito le caratteristiche tecniche dei finanziamenti, le finalità e i relativi beneficiari per ciascuna tipologia di microcredito.
  Da parte sua, la Banca d'Italia, con provvedimento del 3 giugno 2015, ha emanato le disposizioni per l'iscrizione e per la gestione dell'elenco, disciplinando modalità e termini della procedura di iscrizione nonché della comunicazione di dati e notizie da parte degli operatori di microcredito, con riguardo tra l'altro ai finanziamenti concessi e alla tipologia di servizi ausiliari previsti. Inoltre, con provvedimento successivo, l'Istituto di Vigilanza ha pubblicato le norme in materia di redazione di bilancio dell'esercizio degli operatori.
  Va subito sottolineato che la Banca d'Italia esercita sugli operatori di microcredito limitati poteri di controllo, disciplinati dall'articolo 113 del TUB, consistenti nella possibilità di Pag. 23richiedere informazioni e documenti, effettuare ispezioni e quant'altro. Non sono, pertanto, previsti controlli sulla sana e prudente gestione analoghi a quelli svolti nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari, inerenti ad esempio lo stanziamento di risorse patrimoniali a fronte dei crediti erogati o l'adeguatezza dei presìdi organizzativi per il controllo dei rischi assunti.
  A carico degli operatori di microcredito iscritti nell'elenco sono invece previsti alcuni obblighi informativi nei confronti dei clienti, che mi accingo ora a specificare.
  In merito anche all'attuazione della riforma, va comunque rilevato che allo stato sono ancora in corso di esame da parte della Banca d'Italia le domande di iscrizione all'elenco finora presentate. C'è, quindi, un gap abbastanza importante. Risulta pertanto prematuro effettuare una valutazione degli effetti della riforma stessa sul mercato del microcredito. Oltretutto, per dovere di competenza va segnalato che, insieme alle diffuse aspettative generate dalla riforma, sono state espresse da più parti perplessità in ordine alla sostenibilità nel lungo termine dell'attività dei nuovi operatori di microcredito. Queste finanziarie di microcredito stentano, in sostanza, a nascere.
  Le motivazioni che noi abbiamo individuato sono, da un lato, i vincoli previsti dalla normativa in materia di misura massima dei tassi di interesse per alcune tipologie di microcredito, dall'altro, i costi dei cosiddetti servizi ausiliari, che risulterebbero difficilmente sostenibili da un operatore privato e che, d'altra parte, non possono essere ribaltati in toto sul soggetto beneficiato.
  Anche nel merito degli interrogativi posti da questa Commissione, prima di illustrare la nostra posizione circa la possibilità di migliorare gli elementi di semplificazione e trasparenza nel comparto microcreditizio, consentitemi di ricordare Pag. 24con estrema sintesi le principali funzioni assolte dalla struttura pubblica del microcredito, ossia all'Ente nazionale per il Microcredito.
  Noi siamo disciplinati da una direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, in base alla quale l'Ente è titolare di specifici compiti operativi di monitoraggio e valutazione. Alcune normative e alcuni adempimenti legislativi ci attribuiscono ulteriori compiti di promozione, prosecuzione, sostegno, coordinamento, formazione e monitoraggio di tutto il sistema del microcredito, che si aggiungono a quelli già stabiliti dalla legge.
  Noi abbiamo svolto in questo periodo, signor presidente, un ruolo di supplenza del comparto nell'ambito dell'economia sociale di mercato. In forza dei poteri attribuitigli dalla legge per il coordinamento, la valutazione e il monitoraggio di tutte le iniziative nazionale di microcredito a livello italiano, europeo ed internazionale, l'Ente ha svolto in questi anni non solo un ruolo fondamentale per lo sviluppo del comparto microcreditizio, ma anche un ruolo di supporto e a volte di supplenza nei confronti della burocrazia italiana, le cui iniziative a favore della minore imprenditorialità risultano troppo spesso poco efficaci per lungaggini burocratici e un regime fiscale non certo favorevole a chi vuole intraprendere.
  Si pensi soltanto che il costo della burocrazia in Italia è stato stimato in 100.000 euro per una piccola impresa e in oltre 700.000 euro per un'azienda di medie dimensioni. In termini di tempo, gli adempimenti burocratici costano alle piccole e alle medie imprese, rispettivamente, 45 e 190 giorni di lavoro da parte di un collaboratore dedicato.
  La questione, oltre al mero carico burocratico, comprende le complicazioni che ne derivano: confusione tra norme, discrezionalità nella loro applicazione, disomogeneità dei procedimenti, lunghezza dei tempi di gestione delle procedure, difficoltà Pag. 25 di comunicazione tra impresa e pubblica amministrazione.
  Non meno grave è il peso del fisco che, al pari della burocrazia, necessita di una radicale opera di semplificazione per consentire al nostro sistema di micro, piccole e medie imprese di concorrere ad armi pari con gli altri Paesi. Stando ai rapporti diffusi periodicamente dalle principali organizzazioni nazionali e internazionali, il carico fiscale complessivo per le imprese italiane è pari al 64,8 per cento dei profitti commerciali, in leggero miglioramento negli ultimi anni ma comunque di gran lunga superiore alla media mondiale del 40,8 per cento.
  Particolarmente problematica risulta altresì essere l'apparente incapacità e lentezza delle amministrazioni centrali e regionali nel procedere in questi anni all'impegno e alla spesa dei fondi messi a disposizione dall'Unione europea, parte dei quali destinati proprio allo sviluppo delle micro e piccole imprese. Abbiamo ancora dei residui non spesi per il periodo di programmazione dei fondi strutturali 2007-2013 e, per quanto riguarda la programmazione in corso, relativa al periodo 2014-2020, risulta impegnato appena il 2,4 per cento dei fondi assegnati all'Italia.
  Voglio ricordare anche un altro fattore di inerzia che ha gravemente rallentato l'attuazione della normativa sul microcredito, disattendendo le aspettative dei microimprenditori, degli operatori del settore e dello stesso Ente nazionale. Trovo difatti inammissibile che dal momento in cui dapprima il Parlamento e poi il Governo si sono espressi in modo chiaro e inequivocabile sullo sviluppo del microcredito e sul ruolo di impulso che quest'Ente deve dare, siano passati più di quattro anni prima della sua effettiva traduzione in azioni e misure di sostegno. In sostanza, dal momento della decisione politica a Pag. 26quello della sua esecuzione sono trascorsi quattro anni e potremmo quasi ritenere che siamo stati anche fortunati. Il decisore politico pensa magari di aver dato un forte incremento e un input, mentre poi i decreti attuativi e le normative collaterali creano problemi al sistema.
  Mi riferisco, in particolare, al lungo lasso di tempo intercorso tra l'introduzione del nuovo articolo 111 del testo unico bancario, risalente all'agosto del 2010, e l'emanazione del decreto attuativo da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, pubblicato addirittura nel dicembre 2014. Oltretutto, a partire da questa data è stato necessario attendere ulteriori sei mesi affinché la Banca d'Italia emanasse le disposizioni per l'iscrizione nell'elenco degli operatori di microcredito. Nei fatti, la legge di riforma del microcredito ha dovuto attendere quasi cinque anni, dal momento in cui c'è stata la decisione politica, prima che la sua effettiva attuazione potesse avere inizio.
  Non dobbiamo dunque sorprenderci se, nonostante si debba prendere atto di un trend che negli ultimi anni è stato in ascesa, il Doing Business Report 2016 della Banca mondiale pone l'Italia al 45° posto nella classifica dei Paesi in cui è facile avviare un'attività di impresa. In questo contesto, devo purtroppo constatare che, nonostante il chiaro ed inequivocabile indirizzo di Governo e Parlamento, la burocrazia pubblica non ha sempre svolto un'azione di stimolo e di supporto allo svolgimento delle funzioni istituzionali assegnate all'Ente nazionale per il Microcredito; al contrario, ne ha spesso rallentato l'attività a danno delle iniziative che l'istituzione pubblica stessa aveva messo in campo per lo sviluppo del settore microimprenditoriale e per l'inclusione sociale e finanziaria dei soggetti maggiormente svantaggiati.
  Devo, altresì, rilevare che la stessa Banca d'Italia, nella quale è naturalmente riconosciuta assoluta competenza nei confronti Pag. 27del sistema bancario e finanziario sottoposto a vigilanza prudenziale, sembra rivolgere un'attenzione quasi marginale agli intermediari di microcredito, verso i quali il legislatore non ha previsto una vera e propria funzione di vigilanza e di stimolo, quanto piuttosto un mero potere di controllo su determinati adempimenti.
  Nonostante queste criticità, la nostra istituzione pubblica è stata in grado di realizzare in questi anni un'importante progettualità del sistema nei confronti sia del territorio sia della stessa amministrazione pubblica. Ricordo, in proposito, le principali iniziative realizzate.
  L'Ente ha svolto un forte ruolo di stimolo per l'evoluzione della disciplina di garanzia pubblica a favore del microcredito, che ha portato all'emanazione di due decreti del Ministro dello sviluppo economico riguardanti la costituzione di una sezione microcredito all'interno del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, dotata di apposite risorse. A valere su tali risorse, le microimprese possono accedere alla garanzia statale in modalità fortemente semplificata, attraverso, ad esempio, la prenotazione automatica ed altro ancora.
  Grazie alle facilitazioni per l'accesso alla garanzia pubblica, l'Ente ha potuto stipulare una molteplicità di convenzioni con il sistema bancario, che consentono di erogare finanziamenti alle microimprese appartenenti a tutti i settori economici. È stato così creato un modello che chiamiamo la «via italiana al microcredito», fondato, da un lato, sull'erogazione dei finanziamenti garantiti dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e, dall'altro, sulla presentazione di servizi ausiliari che caratterizzano l'attività di microcredito e possono garantire non solo lo start up di impresa, ma anche la sopravvivenza della impresa stessa nel tempo. Pag. 28
  Signor presidente, abbiamo inserito in allegato, per la Commissione, tutti i dati relativi anche a questi riferimenti che poco fa ho richiamato. Nel sistema bancario, ad esempio, grazie alla nostra attività siamo riusciti a portare e a immettere sul mercato, mi sembra, oltre 250 milioni di euro, con particolare riferimento a soggetti beneficiari considerati non bancabili, ciò in attuazione dell'indirizzo del Parlamento e del Governo in questo senso.
  Con specifico riferimento ai servizi ausiliari, l'Ente nazionale per il Microcredito ha promosso e stimolato un sistema di tutoraggio, impegnato sulle persone, ossia i tutor, che rappresentano una nuova categoria di lavoratori che prima non esisteva. Questi tutor, selezionati dall'Ente e presenti nel territorio nazionale, consentono di assistere e di affiancare gli operatori economici nell'intercettazione del bisogno, dalla predisposizione del business plan alla realizzazione del progetto imprenditoriale, all'inclusione sociale e al monitoraggio della restituzione del prestito.
  La massima valorizzazione dei servizi ausiliari incide positivamente anche sulla capacità di rimborso da parte del beneficiario e quindi sul contenimento dei tassi di default, determinando un minor rischio per le banche finanziatrici. Noi prevediamo di selezionare già da qui a fine anno oltre 200 tutor in tutta Italia. Stiamo già facendo dei bandi di selezione, proprio nella prospettiva di un migliore funzionamento del sistema dell'economia sociale di mercato, di una maggiore trasparenza e di una minoreburocrazia. L'indirizzo del Parlamento che stiamo attuando è proprio quello di rimuovere un disagio e far diventare utilità, tramite l'azione di microcredito, una persona che prima non avrebbe avuto chance.
  Su mandato del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e a valere sulle risorse del FESR, abbiamo costituito oltre 180 Pag. 29sportelli di microcredito. L'Ente nazionale oggi vanta circa 180 sportelli in tutta Italia, presenti nelle diverse regioni italiane. Gli sportelli, costituiti in sinergia con i comuni e le camere di commercio, sono punti informativi e formativi, specializzati nelle opportunità di accesso al credito a livello territoriale e nazionale.
  In materia di trasparenza programmatoria e gestionale, abbiamo innalzato le competenze dei dirigenti pubblici con il progetto Capacity building sugli strumenti finanziari di microcredito, sviluppato su mandato del Dipartimento della funzione pubblica. Abbiamo altresì assunto un ruolo di leadership nella realizzazione di progetti cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013, quali in particolare il suddetto progetto Capacity building, il progetto «Monitoraggio dell'integrazione delle politiche del lavoro con le politiche di sviluppo locale dei sistemi produttivi», il progetto «Microcredito e Servizi per il lavoro», il progetto «A.M.I.C.I., accesso al microcredito per cittadini immigrati», il progetto «Microcredito Donna» per la creazione di microimprese, il progetto «Micro-Work: fare rete per il microcredito e l'occupazione» nonché il progetto di microcredito per la microimpresa turistica.
  Questi sono i progetti che l'Ente, grazie alla sua specificità e unicità, insieme ai ministeri e agli interlocutori istituzionali, è riuscito ad aggredire in maniera efficace ed efficiente, con una rendicontazione altrettanto ineccepibile – non abbiamo avuto nemmeno un rilievo – ed una gestione sana e trasparente, anche dei soldi pubblici.
  Dal punto di vista dei risultati operativi, grazie agli accordi con le banche è stato possibile mobilitare complessivamente più di 165 milioni di risorse finanziate a garantire il finanziamento di imprese. Tali iniziative potranno generare nell'arco di due anni la creazione di circa 18.000 nuovi posti di lavoro, dal Pag. 30momento che dai dati del monitoraggio del nostro Ente, con risorse PON risulta che ogni beneficiario sviluppa in media un quoziente occupazionale di 2,43 unità lavorative. Per ogni beneficiario di microcredito, quindi, questo riesce a sviluppare in media 2,43 posti di lavoro.
  In generale, dal 2011 al 2014 in Italia sono stati erogati oltre 370 milioni di euro di microcrediti, di cui 277 milioni erogati per finalità produttive, 4.000 persone sono state in grado di avviare e sostenere un'attività lavorativa e i nuovi posti di lavoro creati sono stati 34.000. Questi sono dati reali, consapevoli che ogni buona azione non rimarrà impunita. Comunque, presidente, noi queste informazioni le diamo.
  Avviandomi verso la conclusione, passo quindi agli interventi per un miglior livello di trasparenza. Sottopongo alla vostra attenzione, nei punti che seguono, alcuni aspetti che ritengo debbano essere oggetto di opportuni interventi migliorativi, volti ad assicurare al comparto del microcredito maggiore trasparenza e semplificazione e a favorire un sano e prudente sviluppo del mercato, in coerenza con il carattere intimo del microcredito stesso.
  I servizi ausiliari costituiscono un aspetto fondamentale. Si può definire microcredito, secondo le normative del legislatore, soltanto un intervento fino a 25.000 euro, ma che sia accompagnato da servizi ausiliari, senza i quali non si può definire l'intervento in termini di microcredito, perché si rivolge a una fascia di persone considerate non bancabili.
  I servizi ausiliari, così come regolati dalla norma, sono stati ovviamente travisati da una parte del sistema degli operatori finanziari. Molti di questi servizi ausiliari, infatti, sono gestiti on line, ma il rapporto con l'utente deve essere un rapporto diretto. Anche questo è un fatto di trasparenza: chiarire la volontà del legislatore è fondamentale. Molte banche oggi, in supplenza alla Pag. 31non applicazione dell'articolo 111 del TUB, stanno svolgendo un ruolo improprio, che noi abbiamo documentato e segnalato alle stesse banche.
  Diversamente, si deve parlare di piccolo prestito, che non è microcredito. Molti utilizzano l'accesso alla garanzia dell'80 per cento del Fondo nazionale di garanzia, il famoso Pantalone, non garantendo i servizi, e magari facendoseli pagare dall'utente. Il beneficiario, e quindi il cliente, non deve pagare nulla. Noi abbiamo messo in piedi come struttura pubblica un modello, pur non avendo la vocazione di fare questo mestiere anche nel futuro, allo scopo di avviare il processo, con i risultati cui poco fa ho accennato.
  Abbiamo messo a sistema questo tipo di intervento in favore di una maggiore trasparenza. Se il presidente della Commissione parlamentare per la semplificazione lo riterrà utile, visto che dobbiamo predisporre per legge una relazione al Parlamento, potremo inviare anche la documentazione su queste incongruità che noi rileviamo, che possono ledere sia la trasparenza sia l'efficienza di questa missione straordinaria. Si parla, infatti, di 25.000 euro, ma i numeri sono straordinari. Si creano aziende e si risolve un problema allo Stato e ai servizi sociali.
  C'è poi l'altra fase, quella della financial education, per cui nessuno nasce non bancabile. Anche questo è un aspetto importante di semplificazione amministrativa e di trasparenza. Un cittadino ignorante, soprattutto ai primi passi della propria vita sociale e lavorativa, se commette un errore rimarrà segnato per tutta la vita dai sistemi bancari. È importante che iniziamo.
  Stiamo già facendo una ricognizione e vorremmo contribuire a fornire alla popolazione una serie di elementi, fin dalle scuole, in termini di educazione civica e di financial education, Pag. 32per evitare che i cittadini diventino non bancabili, e quindi esclusi necessariamente dal circuito.
  Abbiamo lasciato agli atti della Commissione anche il superamento del dualismo tra TAEG e TAN. Abbiamo fatto delle valutazioni con il nostro centro studi di come in maniera chiara possiamo vedere cosa include e non esclude il TAEG, raccogliendo dunque una serie di informazioni che potrebbero essere utili alla Commissione per le sue valutazioni e conclusioni.
  Per concludere, signor presidente, non si ravvisa la necessità che l'attuale fase di attuazione della riforma di microcredito introdotta dall'articolo 111 del TUB venga gestita direttamente dalla Banca centrale. Questa è un'operazione che deve gestire un ente pubblico dedicato, nato come il nostro, cui sono attribuiti compiti di ben maggiore complessità nei confronti del sistema bancario e finanziario. In particolare, si ritiene che, in ragione delle sue prerogative, possa essere affidata all'Ente la tenuta dell'elenco degli operatori di microcredito. Non si capisce perché, pur in presenza di un ente dedicato, lo faccia la Banca d'Italia, che ha tutt'altri altri compiti e non ha nessuna voglia di fare questo mestiere.
  Il microcredito rappresenta una grande opportunità di crescita, un vero e proprio strumento di welfare, capace di incidere sulle fasce più svantaggiate della popolazione, escluse finanziariamente e socialmente dai circuiti economici. Il microcredito, inoltre, è una forte leva sociale e si può, anzi, annoverare tra le leve più importanti dell'economia sociale e di mercato.
  Sui servizi ausiliari abbiamo dato alcune informazioni di trasparenza, soprattutto con l'indicazione della differenza tra microcredito e piccolo prestito e in rapporto all'utilità della mano pubblica. Solo la mano pubblica può infatti intervenire per sollevare una persona da una condizione di disagio. Pag. 33
  Con la prossima legge di stabilità auspichiamo l'adozione di misure di riduzione del prelievo fiscale almeno per i primi anni di attività delle microimprese, soprattutto in riferimento alle microimprese che nascono sulla base di un progetto pubblico, che hanno bisogno di essere meno aggredite dalla burocrazia attraverso una serie di interventi.
  Per favorire l'inclusione finanziaria e sociale delle famiglie maggiormente in difficoltà, è ormai opportuno introdurre una tassazione che favorisca i nuclei familiari più numerosi. La pubblica amministrazione, a nostro parere, dovrebbe porsi effettivamente al servizio delle imprese e delle famiglie, adottando comportamenti rapidi, trasparenti ed efficaci, evitando lungaggini e opacità, che possono facilmente tradursi in fenomeni di illegalità o, addirittura, di corruzione.
  Alle pubbliche amministrazioni centrali e regionali, inoltre, vanno attribuite responsabilità chiare in materia di programmazione gestionale dei fondi europei per evitare i ripetuti fenomeni di ritardi, come in questo caso.
  Mi piace definire quest'operazione, per concludere, «ultimo miglio». Come potrebbe dire il presidente Tabacci, dal quale ho imparato molto, l'ultimo miglio è quel territorio che divide il bisogno dalla sua soddisfazione. In Italia, ci si è fermati solo all'annuncio. Nessuno ha mai voluto percorrere quell'ultimo miglio. Noi ci stiamo provando, presidente, signori e colleghi parlamentari, e devo dire che con grande successo abbiamo trasformato un disagio in un'opportunità.
  In materia di microcredito, abbiamo una serie di proposte e di spunti per aumentare i livelli di trasparenza ed efficienza, che depositiamo in allegato alla Commissione.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Baccini. Noi siamo contenti come Commissione di averle consentito di esplicitare al Parlamento il quadro complessivo delle iniziative dell'Ente Pag. 34nazionale per il Microcredito. La invito anche a tentare di replicare un'operazione di questo genere con la Commissione finanze sia della Camera sia del Senato, soprattutto in vista degli impegnativi auspici che lei ha attribuito alla futura legge di stabilità, che oggi si chiama, come lei ben sa, legge di bilancio 2017-2019.
  Noi eravamo impegnati all'interno di un'indagine conoscitiva su un tema molto specifico. La ringraziamo molto per i documenti che lei ci ha trasmesso. Formuliamo l'augurio all'Ente, che lei presiede, di ottenere i risultati che merita la sua azione, che certamente è meritoria rispetto al complesso delle attività del mondo finanziario italiano.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.35.