Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE SEMPLIFICAZIONI POSSIBILI NEL SETTORE FISCALE
Audizione di rappresentanti
di Federmanager.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3
Cardoni Mario , Direttore generale di Federmanager ... 3
Betti Roberto , Esperto fiscale di Federmanager ... 5
Tabacci Bruno , Presidente ... 8
Audizione di rappresentanti della Consulta nazionale dei Caf:
Tabacci Bruno , Presidente ... 8
Soldini Mauro , Coordinatore della Consulta nazionale dei Caf ... 8
Bagnoli Massimo , Coordinatore della Consulta nazionale dei Caf ... 11
Tabacci Bruno , Presidente ... 12
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
BRUNO TABACCI
La seduta comincia alle 8.15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione di rappresentanti
di Federmanager.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle semplificazioni possibili nel settore fiscale, l'audizione di rappresentanti di Federmanager e successivamente della Consulta nazionale dei CAF.
Procediamo ora all'audizione di Federmanager, rappresentata dal direttore generale Mario Cardoni, da Roberto Betti, esperto fiscale, e da Valentina Picarelli, dell'area sindacale.
La federazione ha mostrato grande interesse per il tema della semplificazione fiscale e si è fatta in passato promotrice di un ampio disegno di riforma del sistema tributario.
Ringrazio quindi i rappresentanti di Federmanager per la loro presenza e per il documento che hanno trasmesso alla Commissione e do la parola al dottor Mario Cardoni, direttore generale di Federmanager.
MARIO CARDONI, Direttore generale di Federmanager. Presidente, grazie per l'invito e per la possibilità di contribuire a questo importante progetto.
Noi come categoria siamo particolarmente interessati a questo tema, proprio per il ruolo che svolgiamo nelle aziende e nella società come responsabili dei temi della fiscalità d'impresa, come sostituti d'imposta e anche, se mi consente, come cittadini e contribuenti, visto che siamo tra i maggiori contribuenti.
Non è un caso che dai dati dell'agenzia si rileva che solo il 12 per cento dei contribuenti dichiara redditi superiori a 55.000 euro lordi, cui corrisponde un gettito superiore al 50 per cento. Di questo campione noi rappresentiamo il 3 per cento, con un gettito che è dieci volte tanto.
Questo, secondo noi, è frutto di due motivazioni principali. La prima è la nostra disciplina tributaria, che è risalente ormai a più di trent'anni fa. Gli interventi che sono stati fatti in questi anni, sempre allo scopo di trovare maggiori risorse, ne hanno in parte snaturato i contenuti, accentuando il sistema di progressività già molto elevato e facendo perdere tutte quelle partite compensative che erano legate al mondo delle deduzioni e delle detrazioni.
L'altra motivazione è la complessità normativa e i conseguenti adempimenti amministrativi che, come dice la stessa Banca mondiale, collocano l'Italia tra i Paesi meno competitivi a livello internazionale (centoventiseiesimo posto su centonovanta Paesi osservati).
Questo determina di fatto un altro risultato, che non è molto positivo: il 95 per cento del gettito IRPEF è sulle spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati e solo il 5 per cento è sulle spalle di quello che sinteticamente possiamo definire lavoro autonomo. Pag. 4
È evidente che il tema della semplificazione è legato molto al tema della complessità normativa. Al tema della complessità normativa si aggiunge naturalmente anche il tema dell'elusione e dell'evasione. Per questo riteniamo che sia molto importante questa attività conoscitiva che la Commissione parlamentare per la semplificazione ha messo in opera.
Io mi soffermerò su un paio di aspetti metodologici di carattere più generale e in seguito l'avvocato Betti tratterà molto sinteticamente le proposte che noi vogliamo aggiungere al dibattito che già c'è stato in questa Commissione e di cui abbiamo preso atto dalla documentazione esistente.
Il primo aspetto naturalmente è quello cui accennavo prima: una semplificazione esige come presupposto una semplificazione soprattutto dell'attività normativa. Questo è il primo punto. Il primo punto è proprio quello di affermare un principio di semplificazione degli adempimenti che sia semplificazione del sistema normativo nel suo complesso. Rivolgiamo, quindi, un invito al legislatore a predisporre norme più chiare e più semplici.
Il secondo punto è quello della cosiddetta «tregua normativa»: qualsiasi operazione di semplificazione rischia di essere soltanto un'operazione di facciata se non è inserita in un contesto generale di tregua normativa, cioè di assenza di importanti modificazioni del quadro tributario generale. È infatti evidente che logiche di semplificazione attuate una tantum rischiano di essere vanificate dall'evoluzione del sistema stesso.
È chiaro che un sistema tributario non può essere un sistema stabile di per sé, perché naturalmente segue la dinamica del sistema economico, del lavoro e le dinamiche più generali della società. Per questo, la semplificazione non può essere oggetto di un singolo intervento, ma deve costituire una regola di indirizzo permanente, ispiratrice di qualunque futuro provvedimento normativo.
Sarebbe quindi auspicabile una normativa di carattere generale che istituzionalizzi le linee guida della semplificazione, quasi alla stregua di una norma di rango costituzionale, e che ci sia una metodologia «permanente».
Vengo al secondo punto. È stata data grande speranza alla disciplina introdotta nel 2005 con l'analisi di impatto della regolamentazione, che aveva lo scopo di un'analisi preventiva che le amministrazioni avrebbero dovuto seguire per valutare i possibili effetti conseguenti agli interventi normativi. A questa era associata anche una verifica di impatto regolatorio, una valutazione ex post per verificare effettivamente gli impatti stessi.
Tutto questo è rimasto abbastanza marginale e per quanto riguarda la materia fiscale è rimasto pressoché sulla carta. Sarebbe quindi un sistema da riprendere con maggiore coraggio e maggiore forza. Andrebbe maggiormente rafforzato, istituzionalizzato, generalizzato e magari affidato anche a un’authority indipendente dal potere legislativo che possa operare in un quadro normativo e organizzativo più preciso.
Un altro tema a noi molto caro, che abbiamo già toccato in precedenti occasioni, è quello dell'implementazione degli strumenti tecnologici e dello sviluppo e dell'integrazione di banche dati.
Concordiamo pienamente che il percorso normativo-amministrativo che sta portando alla progressiva introduzione di strumentazioni tecnologiche è sicuramente molto più in grado rispetto alle norme eccezionali e punitive di favorire la semplificazione degli adempimenti nei rapporti tra fisco e contribuenti. La dichiarazione precompilata ne è un esempio. Andrebbe assolutamente estesa e rafforzata in tema di ampliamento delle detrazioni fiscali.
Ad esempio, noi abbiamo due sistemi molto importanti, il sistema fiscale e il sistema previdenziale, che potrebbero costituire la vera banca dati dell'economia italiana, dove ci sono numerosissime informazioni che, se integrate, potrebbero essere veramente rilevanti sia per semplificare la vita dei cittadini e delle imprese sia per migliorare l'andamento del gettito tributario e previdenziale. Infatti, migliorerebbe il sistema di riscossione nonché il Pag. 5supporto all'azione di accertamento e di recupero dell'evasione.
Faccio qualche esempio. Le due banche dati si rivolgono ad ampie platee di soggetti; interfacciano le stesse imprese, ma con modalità e procedure distinte; presentano procedure di dichiarazione, riscossione e accertamento analoghe ma gestite in modo diverso. Sono due sistemi che non si parlano. Sono rilevanti strutture tecnologiche che, se fossero integrate, potrebbero essere anche ottimizzate e efficientate con soluzioni avanzate estensibili a costi marginali. Essendo in contatto con milioni di cittadini e imprese per servizi di informazione, potrebbero essere integrate per introdurre nuovi modelli di servizio innovativi e avanzati.
Questo secondo noi è un tema molto importante, che richiede naturalmente investimenti consistenti, ma che avrebbe delle ricadute molto rilevanti.
Adesso lascio la parola all'avvocato Betti, che è il nostro esperto fiscale, per le proposte specifiche aggiuntive rispetto a quelle che abbiamo letto negli atti.
ROBERTO BETTI, Esperto fiscale di Federmanager. Per parlare di proposte specifiche occorre fare secondo me due premesse.
Innanzitutto, come diceva il dottor Cardoni, secondo noi la semplificazione deve essere normativa prima ancora che amministrativa, perché altrimenti non si va da nessuna parte. Semplificare amministrativamente qualcosa che è normativamente complesso chiaramente è un'impresa disperata, mentre non è vero il contrario: semplificare normativamente rende automatica la semplificazione degli adempimenti e quant'altro. Questo è il primo punto.
In secondo luogo do un suggerimento, se mi posso permettere, a questa Commissione, che è quello di guardare anche a lavori che sempre in ambito tributario ma in altri contesti sono stati fatti recentemente, che sono particolarmente brillanti e particolarmente incisivi.
Mi riferisco al lavoro, attualmente in corso, della commissione istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze per la redazione della Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva. La commissione sta terminando di redigere un documento, su cui è stato chiesto peraltro anche il parere delle categorie professionali, tra cui la nostra, in cui viene fatta un'analisi molto precisa per la prima volta in Italia sulle varie aree di evasione fiscale, il cosiddetto «tax gap», cioè le tasse che sono state pagate rispetto a quelle che in base all'economia sostanziale si presume dovessero essere pagate.
Questo è un lavoro molto importante, che secondo me, se messo insieme al lavoro della semplificazione, potrebbe avere una grandissima utilità.
Il secondo lavoro che credo sia di estremo interesse e da prendere in considerazione da questa Commissione, che è leggermente più risalente ma ancora attualissimo, è quello che fu fatto nel 2011 dalla cosiddetta «commissione Vieri Ceriani» sulle tax expenditure. Si trattava di una commissione composta da funzionari, esperti e rappresentanti di categorie professionali, alle quale io personalmente partecipai nel 2011, che si occupò appunto del fenomeno delle tax expenditure. Per tax expenditure si intendono tutti i fenomeni legislativi che comportano delle deviazioni rispetto alla tassazione ordinaria.
Faccio un esempio. In quest'ottica, un'aliquota agevolata IVA è una tax expenditure, una detrazione fiscale per il lavoro dipendente o per i mutui prima casa è una tax expenditure che tende in qualche modo a deviare l'imposizione rispetto al criterio generale di imposizione sulle aliquote normali.
Questa commissione, che ultimò i suoi lavori verso la fine del 2011, monitorò una serie di ben 250 possibili deviazioni rispetto al sistema normale, che poi, analizzando e ulteriormente raffinando il lavoro, diventarono oltre 600. Trovammo quindi 600 aree in tutto il comparto tributario, dall'imposizione diretta alle accise e quant'altro, in cui c'erano delle deviazioni più o meno giustificate. Per carità, alcune erano assolutamente giustificate rispetto al sistema.
In sintesi, la commissione, esaminando anche i dati quantitativi di questo lavoro, Pag. 6arrivò alla conclusione che sotto il profilo numerico il 3 per cento delle tax expenditure monitorate recavano un possibile risparmio d'imposta pari all'80 per cento di quella che era considerata l'elusione complessiva, che era di 150 miliardi di euro.
Perché, quindi, non se ne fece nulla di quel lavoro? Non se ne fece nulla perché toccare questo 80 per cento voleva dire toccare le aliquote agevolate IVA, quindi intervenire in modo pesante, un po’ a gamba tesa, su un settore particolarmente delicato sotto il profilo economico prima ancora che sotto il profilo fiscale, e voleva dire toccare le detrazioni sul lavoro dipendente e sulla prima casa. Tanto per farla breve, quel 3 per cento tipologico di tax expenditure era ritenuto sostanzialmente intoccabile o molto difficilmente toccabile.
Ripensando a quell'esperienza, mi viene però in mente che adesso siamo in un contesto diverso. In questa sede non stiamo parlando di recupero di evasione, ma di semplificazione, per cui quel lavoro è già di per sé un lavoro pronto per questa Commissione per andare a disboscare questo mare immenso di deviazioni rispetto al sistema, ma non con l'ottica di recuperare gettito, che comunque peraltro si recupererebbe. Infatti, in base a un calcolo molto a spanne, se su quel 20 per cento residuo di guadagni fiscali toccabili si potesse lavorare, bene o male, oltre che semplificare, ne potrebbe derivare addirittura un risparmio fiscale pari a una quindicina di miliardi di euro. Sono cifre molto rozze, che però tengono conto dei dati di quel lavoro.
Mettere insieme la semplificazione con l'analisi del documento sulle tax expenditure secondo me è una cosa estremamente utile. Come dicevo, è un lavoro fatto, che va semplicemente finalizzato e raffinato in relazione agli obiettivi di questa Commissione.
Oltretutto, quel lavoro fornisce un ulteriore spunto di riflessione quando andiamo a pensare (cosa che hanno fatto in molti) a un possibile ridisegno delle aliquote IRPEF. Si è parlato spesso di ridisegnare le aliquote IRPEF, di flat tax, di portarla su due o tre scaglioni invece di quelli attuali. Non se ne è fatto nulla perché chiaramente i problemi sono sempre quelli del gettito, non sono quelli della sostanza.
Tuttavia, una riflessione che si può fare è che oggi come oggi, proprio tenendo conto di quel possibile risparmio che si potrebbe fare anche sulle tax expenditure cosiddette «intoccabili», ci sarebbe la possibilità di finanziare una revisione delle aliquote IRPEF.
Per dirla in «soldoni», se fossero tolte – dico qualcosa che potrebbe essere contrario alle categorie dei lavoratori dipendenti, ma è un esempio – le detrazioni per il lavoro dipendente che pesano qualcosa come 50 miliardi di euro nell'ambito delle tax expenditure, ma nello stesso tempo fossero ridotte significativamente le aliquote IRPEF, cosa succederebbe? Succederebbe che comunque il contribuente non avrebbe un danno, anzi ne avrebbe un vantaggio e si semplificherebbe enormemente il sistema, perché non ci sarebbe più necessità neanche per l'erario di andare a verificare quali e quante detrazioni spettano. Tutto un sistema amministrativo verrebbe enormemente semplificato, senza danno per l'erario, ma addirittura con un vantaggio per l'erario e per il fisco stesso.
Peraltro, la stessa dottoressa Orlandi, quale direttrice dell'Agenzia delle entrate, diceva che in effetti l'Italia, in base a una statistica dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), è il Paese che ha il maggior numero, sotto il profilo tipologico, di detrazioni al mondo, il che è un aspetto significativo. Tante sono di poco peso e tante sono state fatte in momenti storici in cui potevano avere una certa utilità mentre adesso ce l'hanno di meno.
Mettere insieme il monitoraggio delle tax expenditure e l'analisi di quali detrazioni possano essere abolite a vantaggio di una rimodulazione delle aliquote IRPEF, secondo me, sotto il profilo della sostanza delle semplificazioni potrebbe essere un lavoro di una straordinaria importanza e di uno straordinario interesse per il nostro legislatore.
Questo per quanto riguarda in particolare questo comparto. Ci sono altri aspetti che riteniamo importante sottolineare. Sono Pag. 7sempre aspetti di carattere generale, che poi diventano aspetti specifici.
Uno, ad esempio, è il contenzioso tributario. In pochi hanno parlato del contenzioso, dimenticandosi che il contenzioso è la parte terminale del sistema tributario, non c'è niente da fare. Non dico che tutti i rapporti con l'amministrazione finanziaria finiscano nel contenzioso, ma tanti sì. L'attuale contenzioso tributario è motivo di non semplificazione, perché tenere dei rapporti pendenti per cinque, sei o dieci anni che cosa vuol dire, se non rendere intricato il rapporto tra fisco e contribuente, sia sotto il profilo teorico dell'interpretazione delle norme – infatti, il contenzioso, oltre che applicare, interpreta –, sia sotto il profilo della riscossione delle imposte e in generale sotto il profilo della certezza del diritto? Tenere un contenzioso aperto, piccoli o grandi contenziosi, per decenni che senso ha? Potremmo semplificare, ma semplificare e poi arrivare al contenzioso potrebbe avere molto poco motivo di essere.
So peraltro che disegni di legge sulla riforma del contenzioso tributario ci sono, anche se sono adesso un po’ dormienti, da quanto mi risulta.
Semplificare anche il contenzioso tributario potrebbe aiutare enormemente il processo di riscossione delle imposte. Semplificarlo come? Sono tante le possibili aree, ma un'area potrebbe essere quella vincente. Oggi come oggi nel processo tributario, anche i procedimenti di minimo valore come una controversia da 500 o da 1.000 euro, è trattato da un collegio di tre giudici. Che senso ha? Non esiste nel nostro sistema, in materia civile o in materia penale, un giudice monocratico? Certo che esiste. Esiste dappertutto, perché non deve esistere per le piccole controversie? Questo libererebbe enormi risorse nell'ambito del processo tributario sotto il profilo temporale e sotto il profilo qualitativo.
Si potrebbe mettere, al limite, un blocco superiore di valore alle controversie, facendole decidere da un giudice monocratico. Sembra un po’ l'uovo di Colombo ma, per motivi che francamente a me non sono noti, non viene ancora concretamente rilevato a livello normativo.
Ci sono altri aspetti tecnici, ma rimando alla relazione scritta per non essere troppo pesante. Un ultimo aspetto su cui, invece, vorrei porre l'attenzione di questa Commissione è quello del possibile preventivo di imposta, che renderebbe a nostro avviso estremamente più agevole e semplice il rapporto tributario nel suo insieme. Che cosa vuol dire «preventivo d'imposta»? Vuol dire ipotizzare un sistema normativo in base al quale il contribuente e l'amministrazione finanziaria si accordano, ovvero si mettono a tavolino prima di un certo periodo di tempo (triennale, quinquennale o quello che sia) e determinano in assoluto quale sarà il carico fiscale di quell'impresa, di quel professionista o quant'altro per i prossimi anni con un numero di anni da determinare.
Questo che cosa vuol dire? Vorrebbe dire che verrebbero liberate enormi risorse dell'amministrazione finanziaria ai fini dell'accertamento, perché questi soggetti non sarebbero accertabili. Inoltre, ci sarebbe un gettito certo, perché non ci sarebbe il dubbio della determinazione della base imponibile in un modo piuttosto che in un altro. Inoltre, darebbe soprattutto la possibilità al fisco di acquisire risorse immediate piuttosto che eventuali e suscettibili di contraddittorio.
Dovrebbe essere un sistema facoltativo, non obbligatorio. Si tratterebbe di riportare un po’ a tutte le aziende quello che adesso è avvenuto per i giganti del web. Mi riferisco agli accordi che vengono fatti con Google per forfettizzare in qualche modo la tassazione in base a un reddito che viene «concordato» tra le parti del rapporto tributario.
Se questa fosse una procedura generalizzata, sia pure, come dicevo, in termini facoltativi – non si può obbligare nessuno a concordare un certo importo – secondo noi potrebbe essere positiva sotto il profilo del gettito nonché sotto il profilo dell'accertamento e della liberazione di risorse dell'amministrazione.
Ho fatto una sintesi, ma potrete esaminare ulteriori dettagli, come ho già detto, nella nostra relazione.
PRESIDENTE. Ringraziamo la delegazione di Federmanager per il contributo che ci ha fornito, soprattutto quello scritto ma anche quello di spiegazione dei documenti, e per il richiamo che è stato fatto al lavoro della commissione a suo tempo istituita.
Dichiaro conclusa l'audizione.
Audizione di rappresentanti
della Consulta nazionale dei Caf.
PRESIDENTE. Procediamo ora all'audizione della Consulta nazionale dei CAF (centri di assistenza fiscale).
Sono presenti i coordinatori Massimo Bagnoli e Mauro Soldini, dai quali ci aspettiamo un contributo importante. Infatti, l'esistenza stessa dei CAF è evidente sintomo delle difficoltà del sistema fiscale italiano e della necessità di un'intermediazione.
Do la parola ai nostri ospiti, cominciando dal dottor Soldini.
MAURO SOLDINI, Coordinatore della Consulta nazionale dei Caf. Buongiorno, presidente e componenti della Commissione. Abbiamo stilato una breve relazione, che se ritenete opportuno leggiamo oppure possiamo descrivere e poi consegnare agli atti.
Come Consulta nazionale dei CAF, che rappresenta il 94 per cento di tutti i CAF presenti in Italia che svolgono l'attività di assistenza fiscale, siamo ovviamente concentrati in particolar modo su ciò che riguarda la semplificazione avvenuta negli ultimi tre anni con il decreto legislativo n. 175 del 2014, relativa anche alla dichiarazione precompilata, ma sostanzialmente a un cambio di paradigma vero e proprio per quanto riguarda l'attività della dichiarazione.
In questi tre anni abbiamo avuto modo di sperimentarne sia i vantaggi sia quelli che secondo noi sono elementi che con un consuntivo triennale andrebbero corretti. Va detto che questi tre anni sono stati lunghi anche per altri elementi che poi citerò all'interno di cambi di normativa.
Di fatto si può dire che sicuramente, attraverso un'evoluzione molto collaborativa e dialettica con l'Agenzia delle entrate, c'è stato un lavoro su cui la consulta dei CAF è riuscita a impegnare tutte le proprie risorse, tutte le energie di tutti i CAF che noi rappresentiamo, che sono circa 55, per fare questo passaggio.
Sicuramente ciò è stato agevolato dal primato del fisco italiano sul piano telematico, che in questi vent'anni i CAF hanno sostenuto anche in maniera fattiva e concreta, perché molto dell'invio telematico è passato appunto per le nostre strutture.
Passiamo ai risultati positivi per quanto riguarda la dichiarazione precompilata. La distinguo dalla dichiarazione cosiddetta «on line», perché la dichiarazione precompilata, come voi ben sapete, è stata messa a disposizione in questi anni per ogni anno a più di 30 milioni di contribuenti, e questo ha permesso, attraverso un sistema complesso di delega del contribuente, di portare in crescita questo utilizzo della dichiarazione precompilata. La dichiarazione precompilata, come è noto, i primi anni aveva alcuni dati e in questa stagione di dichiarazioni che sta concludendosi il 24 luglio ha visto un grande incremento. Questo grande incremento è avvenuto perché nel 2015 circa 11,2 milioni, ossia il 60 per cento delle dichiarazioni precompilate messe a disposizione dall'Agenzia, sono state scaricate dai CAF. Nel 2016 e nel 2017, cioè nell'anno corrente, siamo oltre i 14,5 milioni.
Questo significa che la dichiarazione precompilata ha avuto un grande successo, portando a circa 14,5 milioni e mezzo le dichiarazioni precompilate scaricate dagli intermediari e a circa 2,5 milioni le dichiarazioni precompilate scaricate direttamente dai contribuenti.
Va sottolineato, però, che sicuramente questo ha avuto anche un impatto dal punto di vista dei modelli organizzativi. C'è stata la necessità di adattare l'attività anche per quanto riguarda il rapporto col contribuente. I contribuenti erano abituati a presentarsi agli intermediari, a proporre i loro documenti e ad avere un risultato. Oggi cambia il paradigma, quindi c'è un elemento importante su cui fare riscontro Pag. 9nella dichiarazione precompilata sia per gli intermediari sia per l'amministrazione.
È importante per gli intermediari, perché, come vedremo, collega anche alla necessità di una maggiore precisione, dato che è prevista una sanzione molto pesante, quindi c'è un confronto immediato tra la documentazione che si ha e il precompilato.
Per l'amministrazione noi abbiamo svolto in questi tre anni un ruolo di controllo di qualità, cioè abbiamo verificato quale fosse la qualità dei dati che venivano inviati dai vari soggetti chiamati a comporre la precompilata, che fossero i sostituti d'imposta, il sistema creditizio o le assicurazioni.
Ci pare di poter dire che fino all'anno scorso – adesso quest'anno non abbiamo i dati aggiornati – c'era un margine di errore piuttosto elevato, che si avvicinava al 50 per cento. Noi in qualche maniera con questo processo aiutavamo quel tipo di passaggio.
Comunque, in questa stagione – stiamo facendo delle stime che sono date dalle statistiche che leggiamo sul sito dell'Agenzia, quindi ci stiamo affidando a quei dati – noi chiuderemo le dichiarazioni dei redditi con un equilibrio di circa il 10 per cento svolto dalle dichiarazioni on line e il 90 per cento svolto ancora dai CAF e dai professionisti abilitati.
Dunque, nove dichiarazioni su dieci nel 2017, dopo i tre anni di sperimentazione, sono gestite ancora degli intermediari, nonostante il fatto che quest'anno ci siano stati due elementi importanti nel miglioramento della struttura: la qualità della soluzione software, che è più facile, più friendly, più accattivante e più utile per il contribuente; la quantità e la qualità dei dati, come dicevo prima.
Sicuramente, però, ci sono due elementi che secondo noi sono il vero nodo di difficoltà dello sviluppo della dichiarazione on line fatta autonomamente.
Il primo è sicuramente la complessità del nostro sistema fiscale, un sistema, per quel che riguarda le categorie sociali, legato molto a detrazioni e deduzioni. Questa è una situazione che crea grande confusione nel cittadino medio.
Possiamo portare l'esempio del fatto che quest'anno per la prima volta l'Agenzia delle entrate, insieme alla Consulta dei CAF, ha stilato la circolare per il visto di conformità. Il visto di conformità è l'elemento essenziale per verificare che la documentazione sia corrispondente alle dichiarazioni. Sono 300 pagine, mentre la circolare dei calcoli ne porta 500. È evidente che il cittadino sia portato ad affidarsi a coloro che da più di vent'anni svolgono questa attività.
L'altro elemento è il digital divide. Come ben sappiamo, c'è un digital divide importante nel nostro Paese, una difficoltà di accesso alla rete, ma anche alla cultura della gestione informatica. Questo è un elemento molto importante in questa difficoltà.
Va sicuramente considerato però un fatto: in questa nuova dimensione per quel che ci riguarda e per quel che riguarda l'amministrazione finanziaria c'è un diverso e più solido rapporto con il Garante per la protezione dei dati personali. La trasmissione dei dati personali ovviamente, con le credenziali a disposizione dei singoli cittadini, è un elemento molto delicato.
Una grande attenzione dovrà però essere esercitata nell'accesso e nell'esercizio della dichiarazione on line, perché è possibile che il gap tecnologico cui accennavo prima venga sfruttato da un esercizio abusivo da parte di terzi dell'attività di assistenza fiscale, attraverso un uso massivo delle credenziali personali.
Noi abbiamo sentore – e l'Agenzia stessa ha fatto delle dichiarazioni ben specifiche su questo – che ci sia in qualche modo la cessione delle proprie credenziali a chi ne sa di più, sia dal punto di vista normativo sia dal punto di vista tecnologico, per farsi fare la dichiarazione on line. Questo è un rischio molto grosso, perché si incorre ovviamente in reati sanzionati in maniera considerevole.
Per cercare di essere più succinti – la relazione scritta che lasceremo entra maggiormente nel particolare – noi pensiamo che per quanto riguarda la semplificazione in termini generali di questo sistema si debba certamente cercare di trovare delle Pag. 10soluzioni che escano dalla sperimentazione intesa sia come temporalità sia come metodologia.
Noi quest'anno abbiamo misurato ancora una volta la difficoltà dei tempi che intercorrono tra il momento in cui vengono consegnati all'Agenzia i dati da parte dei soggetti terzi al momento in cui vengono messi a disposizione dei cittadini e degli intermediari questi dati nella dichiarazione precompilata e al momento in cui chiudiamo questa fase.
Fino all'anno scorso la scadenza, come sapete, era il 7 luglio, mentre quest'anno è il 23, che cade di domenica, però con una rigidità per cui entro il 7 luglio l'80 per cento dei 730 da trasmettere deve essere inviato, pena sanzione per gli intermediari.
Noi crediamo che un elemento sicuramente centrale del valore del 730, cioè i rimborsi nella mensilità di luglio o di agosto per quel che riguarda lavoratori dipendenti e pensionati, potrebbe avere un passaggio al primo anno leggermente complesso, ma che poi andrebbe a regime.
Noi pensiamo – e l'abbiamo anche proposto al tavolo delle semplificazioni con il viceministro dell'economia Casero nel luglio dello scorso anno – che andrebbe fatta un'approfondita riflessione sul fatto di spostare la scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi al 30 settembre, mantenendo però i tempi per quel che riguarda sostituti d'imposta e soggetti che devono fornire i dati. Questo darebbe sicuramente agli intermediari, che gestiscono il 90 per cento delle attività, la possibilità di utilizzare in pieno la dichiarazione precompilata, facendone una verifica piena, con la possibilità di dare tempi leggermente più ampi alle persone.
Allo stesso tempo ci ritroveremmo, come purtroppo succede già per molti oggi, ad avere il primo anno i rimborsi – perché parliamo soprattutto di andata a credito – a settembre anziché a luglio o ad agosto, ma sostanzialmente si potrebbe passare a regime dall'anno successivo.
Questo aprirebbe anche una riflessione sulle scadenze, ad esempio, dell'ex Unico, oggi modello redditi, che potrebbe essere in qualche modo appaiato.
Questo è uno dei primi elementi che noi ci sentiamo di proporre, perché riteniamo che un tempo più ampio possa permettere a tutti i soggetti (Agenzia, sostituti d'imposta, dipendenti e pensionati, intermediari) di gestire con più tranquillità, con più pulizia e con più razionalità il tutto.
L'altro elemento è un'apertura di riflessione su quello che è oggi la dichiarazione dei redditi per dipendenti e pensionati e su quello che è l'utilizzo del modello redditi, ex unico, per una serie di categorie di lavoratori autonomi che non sono tenutari di partita IVA e che potrebbero accedere in maniera più semplice anche loro al 730. Parliamo di circa 4 milioni di persone che oggi ricevono la dichiarazione precompilata dall'Agenzia e poi decidono se dirigersi – parlo in questo caso dell’on line – verso il 730 o verso l'Unico.
Nella nostra valutazione noi apriamo addirittura una riflessione sul fatto che ci troviamo in una fase ormai totale di dematerializzazione della dichiarazione, mentre i modelli nascono in un momento in cui vigeva solamente il cartaceo, tranne la trasmissione.
In questo senso, proponiamo una riflessione più ampia anche sul fatto di modificare il sistema pensando a un intermediario o a un cittadino singolo che inserisca dei dati e al sistema dell'Agenzia che li direzioni verso l'ex Unico (modello redditi) o verso il modello 730. Questo potrebbe riguardare un'area ancora più larga, quella delle partite IVA persone fisiche. Potrebbe essere un elemento di grande allargamento della platea per quel che riguarda un adempimento, quello della dichiarazione dei redditi, che incanalato in questo modo potrebbe creare più semplificazione, più facilità e anche più controllo dal punto di vista dell’input dichiarazione precompilata e dell’output dichiarazione del soggetto.
In ultimo, quest'anno per il primo anno ci sarà una nuova fase di controlli e di sanzioni per il cosiddetto «visto infedele», cioè dichiarazioni fatte con documentazione non adeguata. Dobbiamo tenere in considerazione – penso che sia stato detto in altre audizioni dall'amministrazione finanziaria – che c'è una crescita di comportamenti Pag. 11 dolosi per quanto riguarda le richieste di rimborsi. C'è un aumento dell'attività ispettiva da parte dell'Agenzia e c'è un'attenzione anche da parte della Consulta verso il corretto comportamento dei propri associati.
Non vorremmo che questo fosse anche dovuto al fatto che il citato decreto legislativo n.175 nel 2014 ha introdotto un altro cambio veramente pesante nel rapporto tra contribuente e Stato, cioè il cosiddetto «danno erariale». Noi praticamente dalla dichiarazione 730 del 2015 (redditi 2014), come CAF e come professionisti, siamo chiamati a rispondere in caso di errori e a restituire noi, non più il cittadino, anche l'imposta che in un rimborso è stata data in maniera non giusta perché la documentazione evidentemente non c'era o era poco chiara.
Questo può trascinare dei comportamenti di tipo doloso da parte del contribuente, che a questo punto non ha più una chiamata a responsabilità, soprattutto se trova degli elementi di complicità all'interno del grande sistema articolato degli intermediari.
Rispetto a questo, noi pensiamo che il danno erariale, come abbiamo detto in molti casi, sia un problema dal punto di vista costituzionale, perché per l'articolo 53 e per l'articolo 3 della Costituzione ci sono elementi che legano la responsabilità individuale del contribuente al pagamento dell'imposta, mentre in questo caso noi ci sostituiamo al cittadino.
Da questo punto di vista, noi non rinunciamo a una battaglia per modificare questo elemento, anche perché questo mette a rischio il sistema proprio in caso di comportamenti dolosi, ma anche in caso di non sostenibilità da parte delle società. Infatti, i CAF – sono delle S.r.l. – e i professionisti hanno dei bilanci e dei capitali molto limitati, per cui si rischia alla fine di non veder restituire al fisco ciò che era stato chiesto in maniera non precisa.
Su questo abbiamo anche inserito una proposta, che è quella di creare un ciclo di domiciliazione pieno all'intermediario da parte del contribuente sia sugli avvisi dell'Agenzia sia sugli avvisi dell'ex Equitalia, oggi Agenzia delle entrate riscossione, perché noi pensiamo che in questo caso potremmo evitare un elemento che il decreto legislativo n. 175 portava in sé.
L'idea del decreto legislativo n. 175, tra le altre cose, era quella di abolire un numero enorme di comunicazioni dall'amministrazione finanziaria, che fosse agenzia o fosse Equitalia, al cittadino, sostanzialmente rivolgendo queste comunicazioni al CAF o al professionista, che a quel punto se ne faceva parte verso il contribuente.
Diventa un'intermediazione nella disintermediazione, ma di fatto comporta che comunque ci siano dei rischi, come dicevamo prima.
Se il problema è quello di non vessare con comunicazioni e con richieste il cittadino e, quindi, di dare responsabilità al CAF in questo senso, questo è un elemento che noi pensiamo sia opportuno e giusto. Pensiamo che si possa fare utilizzando anche normative già presenti.
Si potrebbe chiudere un ciclo in cui noi rappresentiamo e tuteliamo il cittadino a 360 gradi, comprese le comunicazioni. Dall'altra parte, però, si ridarebbe al cittadino l'onere di rispondere effettivamente a quanto gli è stato concesso dallo Stato e non gli spettasse.
Mi fermo qui e vi ringrazio per l'attenzione.
MASSIMO BAGNOLI, Coordinatore della Consulta nazionale dei Caf. Non voglio prendere tempo perché tra l'altro il collega ha riassunto in modo puntuale e articolato quanto è riportato nel documento.
C'è soltanto una riflessione che vorrei condividere con lei, presidente, e con la Commissione. Come avete avuto modo di percepire e di comprendere, la Consulta ritiene che la semplificazione sia un valore, al punto tale che in questi tre anni il sistema dei CAF si è impegnato a portare avanti questo progetto di precompilato. È evidente che tutto questo, però, deve avere anche un'efficacia in tutto l'agire e in tutto il progredire.
Faccio questa affermazione perché, nel momento in cui si è avviato il progetto precompilato, si è anche immaginato dove Pag. 12avrebbe potuto portare la precompilata in termini di semplificazione.
Se andiamo a vedere le elaborazioni fatte dall'estensore della norma e dall'amministrazione finanziaria, l'ipotesi accreditata era che nei primi tre anni il precompilato, ossia la dichiarazione gestita in proprio dal contribuente, avrebbe potuto raggiungere una percentuale del 60 per cento.
Oggi, sulla base di quella proiezione, avremmo dovuto parlare di 730 e di precompilata gestita direttamente dal contribuente, non nel numero di 2 milioni com'è attualmente, ma nel numero di 7-8 milioni.
C'è, quindi, un problema, che il collega ha riassunto puntualmente: noi abbiamo un sistema fiscale talmente complesso che probabilmente non aiuta questo processo.
Tutto quello che ho detto brevemente richiama anche un altro aspetto: nel momento in cui noi abbiamo immaginato e abbiamo anche condiviso quella che poteva essere la proiezione della precompilata gestita direttamente dal contribuente, sono stati anche stimati quelli che potevano essere i compensi riconosciuti ai CAF in questo triennio.
Tuttavia, c'è un aspetto, che voi sicuramente conoscete. Con la legge di stabilità del 2016 questi compensi sono stati fortemente ridotti rispetto agli importi stabiliti dal decreto iniziale, proprio in questa logica: diminuiscono i 730 da parte dei CAF e aumentano i 730 gestiti direttamente dai contribuenti. Questo equivale a dire che è sufficiente riconoscere ai CAF un monte compensi inferiore rispetto a quello stabilito inizialmente. Siccome questa proiezione non si sta confermando, come avete avuto modo di leggere e di sentire anche in altre circostanze, i CAF soffrono fortemente la riduzione dei compensi. I CAF di fatto stanno sostenendo con la loro struttura, con la loro organizzazione e anche con le loro risorse un processo di semplificazione di precompilata che effettivamente sta facendo fatica ad affermarsi.
Ritenevamo giusto rappresentare questo alla Commissione.
PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti della Consulta nazionale dei CAF, Massimo Bagnoli e Mauro Soldini, per le relazioni che hanno svolto e per il documento che ci hanno lasciato e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 9.10.