XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Mercoledì 20 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE SEMPLIFICAZIONI POSSIBILI NEL SUPERAMENTO DELLE EMERGENZE

Audizione della Sottosegretaria di Stato ai Beni e attività culturali e al turismo Borletti Dell'Acqua Buitoni.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Borletti dell'Acqua Ilaria Carla Anna (PD) , Sottosegretaria di Stato ai Beni e attività culturali e al turismo ... 3 
Tabacci Bruno , Presidente ... 5 
Tosato Paolo  ... 5 
Montroni Daniele (PD)  ... 5 
Taricco Mino (PD)  ... 5 
Prataviera Emanuele (Misto)  ... 6 
Tabacci Bruno , Presidente ... 6 
Borletti dell'Acqua Ilaria Carla Anna (PD) , Sottosegretaria di Stato ai Beni e attività culturali e al turismo ... 6 
Tabacci Bruno , Presidente ... 9 
Prataviera Emanuele (Misto)  ... 9 
Borletti dell'Acqua Ilaria Carla Anna (PD) , Sottosegretaria di Stato ai Beni e attività culturali e al turismo ... 9 
Tabacci Bruno , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 8.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione della Sottosegretaria di Stato ai Beni e attività culturali e al turismo Borletti Dell'Acqua Buitoni.

  PRESIDENTE. È all'ordine del giorno, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle semplificazioni possibili nel superamento delle emergenze, l'audizione della Sottosegretaria ai beni e alle attività culturali e al turismo Borletti dell'Acqua Buitoni, che ringrazio per la disponibilità.
  La sua audizione è tra quelle conclusive dell'indagine conoscitiva: la settimana prossima ascolteremo il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, e il Sottosegretario alla semplificazione e alla pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.
  Abbiamo, infatti, ritenuto opportuno dare priorità cronologica all'ascolto della società civile, in modo da incanalare le audizioni dei soggetti istituzionali sulla base delle indicazioni provenienti dai soggetti più da vicino coinvolti.
  Nel tracciare il programma dell'indagine conoscitiva, avevamo ben presenti le complicazioni derivanti dalle esigenze di tutela di un patrimonio culturale che, per fortuna, è capillarmente diffuso; queste complicazioni ci sono state confermate ed evidenziate nel corso dell'indagine.
  Da ultimo, il 16 dicembre dell'anno scorso, i tre dirigenti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo venuti in audizione hanno saputo – con competenza e passione – spiegarcene le ragioni e indicarci alcuni correttivi. In particolare, sono emerse tre priorità: un maggiore coordinamento tra le amministrazioni preposte alla tutela e gli altri soggetti competenti nell'emergenza; una cornice normativa che consenta di affrontare le emergenze in maniera uniforme, magari graduandole in base alla loro intensità; la necessità di semplificare gli adempimenti dei proprietari di beni sottoposti a tutela, già colpiti nel profondo dalle calamità.
  Nel documento conclusivo che la Commissione dovrà approvare entro il 28 febbraio, il capitolo dei beni culturali avrà senz'altro il suo spazio: da questo punto di vista, la Sottosegretaria Borletti dell'Acqua Buitoni, cui cedo la parola, saprà offrirci, dall'alto della sua esperienza, utili spunti di riflessione.

  ILARIA CARLA ANNA BORLETTI DELL'ACQUA, Sottosegretaria di Stato ai Beni e attività culturali e al turismo. Grazie, presidente. Ho il piacere di essere invitata presso questa Commissione che nello scorso mese di dicembre ha accolto con favore – come ho saputo – gli interventi di alcuni valenti tecnici dell'amministrazione dei beni culturali, che hanno riferito in merito agli eventi emergenziali che hanno interessato il patrimonio culturale nazionale e internazionale nell'ultimo decennio.Pag. 4
  Come sapete, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nelle emergenze nazionali è in grado di agire con tempestività, in ragione di una struttura periferica molto articolata sul territorio. Tuttavia, agisce con grosse difficoltà, come peraltro è stato già sottolineato dai tecnici che avete udito, dovute al fatto che le risorse umane e strumentali presenti a regime nelle singole strutture periferiche non sempre sono in grado di assicurare quel supporto straordinario che gli eventi calamitosi richiedono, dovendo nel contempo continuare a operare nello svolgimento delle ordinarie attività dell'ufficio.
  So che sono state diffusamente illustrate le disposizioni operative che negli ultimi anni il Segretariato generale ha impartito, sia per armonizzare l'organizzazione e lo svolgimento delle attività interne agli uffici del Ministero che per coordinare i rapporti con le altre istituzioni presenti in sede locale, ovvero i Vigili del fuoco, la Protezione civile e gli enti locali.
  Ciò ha consentito di avere – una volta per tutte – strumenti operativi e disciplinari univoci e omogenei da porre in essere in ogni situazione emergenziale, evitando così di diramare ogni volta disposizioni frammentarie e favorendo invece l'individuazione di una struttura operativa a rete, all'interno delle strutture ordinarie del Ministero, in grado di garantire il coordinamento con le strutture esterne, vale a dire una struttura operativa per il monitoraggio e il coordinamento delle attività necessarie per fronteggiare le emergenze derivanti da calamità naturali.
  Il lavoro dei tecnici e del personale amministrativo coinvolti nelle situazioni emergenziali è enorme e va coordinato e condiviso tra diverse amministrazioni, sia a livello centrale che periferico.
  Noi ci stiamo attualmente muovendo, per quanto è nelle nostre competenze. In merito, mi trovo d'accordo con il prefetto Fabio Carapezza Guttuso, con l'ingegner Paolo Iannelli e l'architetto Carla Di Francesco, in quanto occorre procedere sulla base di precise linee di azione.
  Posso sin d'ora assicurare il sostegno dell'amministrazione dei beni culturali al proseguimento degli obiettivi che saranno individuati come necessari ai fini della prevenzione, anche attraverso l'attuazione di opportune soluzioni gestionali e la partecipazione a specifici tavoli interistituzionali.
  In tale prospettiva, intendiamo fra l'altro avviare lo studio di strumenti normativi, d'intesa con le altre amministrazioni interessate, che siano capaci di consentire il più possibile l'attivazione di automatismi al prodursi delle emergenze e di superare quelle difficoltà, talvolta banali ma non meno rilevanti, che hanno impacciato l'azione amministrativa e che sono state specificatamente ricordate dai dirigenti precedentemente ascoltati.
  Aggiungo – e concludo – che un fattore cruciale è rappresentato dall'aggiornamento e dalla formazione mirata del personale a vari livelli. In tal senso, l'immissione che dovrebbe avvenire nel 2016 di 500 unità di personale tecnico altamente qualificato e motivato, prevista dall'ultima legge di stabilità, consentirà un salto di qualità sui vari fronti di impegno dell'amministrazione, compreso quello delle emergenze nel territorio.
  Vorrei anche aggiungere che il Ministero sta sempre di più premendo per un'opera di monitoraggio del rischio che alcuni beni culturali presentano di fronte alle emergenze, per esempio, di carattere sismico; ciò al fine di comprendere se all'interno di un museo sussista un rischio, per riportare un caso pratico, nel caso di un terremoto. Voi sapete che i terremoti non sono prevedibili, quindi questo è un problema – ahimè – irrisolvibile. Tuttavia, la nostra attività si sta orientando per sapere quanto rischio ci sarebbe, nel caso si verificasse un evento sismico di una certa gravità.
  In tal senso, vorrei citare il recente caso della pietà di Michelangelo sul nuovo piedistallo realizzato da Michele De Lucchi a Milano: è stato compiuto un intervento scientificamente esemplare affinché, anche di fronte a un terremoto di entità particolarmente grave, quello straordinario capolavoro Pag. 5non potesse subire dei danni, quindi su questa strada, cioè quella di prevenire e valutare, il Ministero si sta impegnando con le forze che ha e lo sta facendo in maniera molto specifica. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PAOLO TOSATO. Purtroppo non ero presente sin dall'inizio, quindi non ho potuto ascoltare la parte iniziale della relazione.
  Vorrei porre un problema che esula dai temi dell'indagine. Recentemente a Verona, presso il Museo di Castelvecchio, c’è stato un furto di 17 opere di straordinario valore. La mia domanda è diretta: vorrei capire se esiste un protocollo o un sistema per monitorare il livello di sicurezza del nostro patrimonio nei musei, se esso sia di esclusiva competenza delle singole città e se possa esserci un sistema che accomuni tutti i nostri musei e luoghi d'arte, affinché si realizzi un adeguato sistema di sicurezza.
  Dico questo perché noi abbiamo un patrimonio di grande valore, per cui vorrei capire se, nella semplificazione delle norme da attuare per la sua tutela, possa realizzarsi un sistema unitario per impedire che accadano episodi del genere, che sono di una gravità straordinaria.
  Facciamo già fatica a tutelare il patrimonio di cui disponiamo, pertanto se esso ci viene sottratto in questo modo così paradossale, credo che tutti gli sforzi risulteranno vanificati.

  DANIELE MONTRONI. La ringrazio per l'intervento e per l'esposizione molto chiara e per noi utile. Lei giustamente ha sottolineato che nelle situazioni di emergenza occorre anche assicurare l'ordinaria attività, che è considerevole, e che c’è un impegno vostro, sottolineato anche nel corso dell'audizione dei dirigenti del Ministero, relativamente all'attività che avviene nelle situazioni di emergenza.
  Io le chiedo se, oltre all'impegno che il Governo ha assicurato nell'assumere ulteriori forze e risorse, voi state sviluppando anche un'attività relativa alla semplificazione della parte ordinaria. Occorre, infatti, concentrare risorse ed energie umane sul versante della prevenzione e degli interventi nel caso del verificarsi di situazioni di emergenza, tuttavia credo sussista anche uno spazio per poter recuperare sul fronte della semplificazione dell'attività ordinaria, che credo rappresenti un'esigenza molto sentita dalle nostre comunità.

  MINO TARICCO. Anch'io la ringrazio per la disponibilità e per i contenuti che ci ha illustrato nella sua relazione.
  Mi ricollego all'intervento del collega per fare una considerazione. Una decina di giorni fa, ho avuto la possibilità di svolgere alcuni ragionamenti con un funzionario della soprintendenza piemontese, che mi ha fornito dei numeri che a me sono suonati enormi. Questo funzionario mi ha detto che l'anno scorso ha firmato e vagliato qualcosa come 1.600-1.700 pratiche concernenti richieste di autorizzazione e via discorrendo.
  Io non ho idea di quanti siano i funzionari presso la soprintendenza piemontese, ma credo saranno all'incirca una ventina. Ciò vuol dire che sono state autorizzate più o meno – vado ad intuito – 30 mila richieste. Mi chiedo: siamo sicuri che ci siano in Piemonte 30 mila pratiche che necessitano di una autorizzazione e che invece non ce ne siano molte, tra quelle 30 mila, che per un qualche percorso burocratico devono comunque seguire quella procedura ma che in realtà non attengono a beni da tutelare ? Lo dico perché non credo che abbiamo in Piemonte 30 mila beni da tutelare, ragion per cui quel numero mi sembra un po’ esagerato.
  Ho la sensazione – lo dico con tutta la prudenza del caso – che probabilmente tra le cose che riteniamo necessario assolutamente tutelare ci sia una certa ridondanza. Vorrei capire se è una percezione mia, e quindi un problema mio, oppure se c’è oggettivamente la necessità di svolgere Pag. 6un piccolo ripensamento sui diversi livelli di tutela necessari. Sentita quella cifra, mi sono detto, mentre tornavo a casa in macchina, che mi sembrava un numero enorme. Ho la sensazione di vivere in un luogo in cui, guardandomi intorno, non vedo 30 mila beni da tutelare. Certo, ci sono tante cose e si tratta di luoghi belli, ma quei numeri mi hanno lasciato basito.

  EMANUELE PRATAVIERA. Anch'io vorrei agganciarmi ai due interventi precedenti. Siamo in sintonia, il che un po’ stupisce, ma oramai, dopo mesi di audizioni e di confronti, credo che la Commissione intera stia viaggiando lungo lo stesso binario, o così almeno mi pare, visto che siamo quasi alla conclusione di questa indagine conoscitiva.
  Detto questo, è vero che c’è una fase emergenziale sulla quale stiamo ragionando, però c’è anche la gestione ordinaria.
  Vorrei chiedere, per non essere ridondante, se è intenzione del Governo anche ragionare sulle condizioni del mercato o sull'esigenza moderna declinata rispetto al suo settore di attività.
  Credo che non ci sia più nessuno disposto ad acquistare castelli per viverci. Chi li acquista lo fa come un investimento di natura commerciale, quindi mi chiedo se un imprenditore – parlo in termini generali – che vuole compiere un'operazione immobiliare, perché non vuole lasciar decadere quell'immobile, abbia poi gli strumenti per poterlo fare, creando magari una residenzialità di lusso, quindi frazionando quell'immobile e così via. Fare questo implica, infatti, uno sforzo immane dal punto di vista burocratico.
  Di questo tema ho avuto modo di discutere, a differenza del collega Taricco, non con un funzionario bensì con un imprenditore, che, rispetto al territorio da cui provengo, il Veneto, che è ricco di molte ville di pregio, mi ha detto che è un'operazione impensabile sotto tutti i punti di vista, ed innanzitutto quello burocratico, per via non tanto delle soluzioni ingegneristiche casomai da adottare, quanto, per esempio, delle pratiche necessarie ad ottenere il riconoscimento all'edificio della classe A. Il costo che viene applicato è enorme, non per gli interventi in sé, ma a causa degli uffici che richiedono tutta una serie di adeguamenti e via discorrendo.
  La mia domanda specifica è dunque la seguente: è possibile – glielo sottopongo come un input – ragionare attorno alle condizioni di mercato, cioè far vivere l'immobile adeguandolo alle esigenze di oggi ? Glielo chiedo perché altrimenti l'alternativa è che avremo dei grandi ruderi che non avranno nessun tipo di valore storico, architettonico, paesaggistico e, soprattutto, culturale.

  PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi.
  Cedo la parola alla Sottosegretaria Borletti dell'Acqua Buitoni per la replica.

  ILARIA CARLA ANNA BORLETTI DELL'ACQUA, Sottosegretaria di Stato ai Beni e attività culturali e al turismo. Cercherò, presidente, di svolgere un intervento breve, ma non sarà facile perché avete toccato molti argomenti.
  Per quanto riguarda il furto di Verona, ricordo che si tratta di un museo civico. Certo, è stato un furto indubbiamente di una gravità assoluta, ma anche di un'eccezionalità assoluta. Per quello che riguarda quello specifico furto, il nostro Ministero ha garantito di assumersi il restauro di eventuali opere che potessero essere state danneggiate, se verranno recuperate, e soprattutto ha messo a disposizione il nucleo di Carabinieri che si occupa del recupero delle opere trafugate, che è considerato uno dei migliori del mondo, non solo in Italia. La nostra parte, in questo senso, è stata assolta in termini di vicinanza alle istituzioni civiche, dal primo momento in cui è avvenuto il furto.
  In merito al fatto di stabilire degli standard per la sicurezza, vorrei precisare che ciò non è facilissimo. Noi abbiamo beni culturali dentro le chiese, per cui lì si entra in casa di un altro padrone, e abbiamo beni culturali dentro palazzi privati. Inoltre, abbiamo beni culturali dentro strutture moderne e altri dentro strutture Pag. 7magari antiche e fatiscenti, quindi l'individuazione di standard risulta certamente complicata.
  Di solito la sorveglianza dei nostri musei non è, come avviene all'estero, affidata alle macchine. All'estero di solito non c’è personale, ma ci sono monitor ovunque e ci sono sistemi di controllo ovunque. Noi abbiamo ancora una presenza del nostro apparato di custodia durante la notte abbastanza rilevante, se paragonata a quella di un museo di un altro Paese europeo, che io ritengo, anche se questa è una mia valutazione, sia assolta in maniera abbastanza qualificata, visto che non mi risulta che i grandi furti, fatta eccezione per quello che lei ha considerato, siano avvenuti anche in musei di competenza statale.
  Certo, è un patrimonio immenso e non dobbiamo negarlo. Sono 400 i soli musei statali, ma pensiamo anche alle aree archeologiche, che possono essere anch'esse oggetto di tentativi di furto, anzi lo sono in generale, e a tutto quello che è stato descritto prima.
  Io credo che noi a un certo punto dovremmo arrivare – concordo con lei – a stabilire degli standard minimi di sicurezza con la coscienza onesta di dirci che, per la peculiarità del nostro patrimonio, è molto difficile che questi standard siano applicati a degli immobili o a dei proprietari che sono diversi, rispetto ai quali, quindi, l'aspetto omogeneo risulta estremamente limitato.
  Per quanto riguarda i vostri interventi, vorrei precisare che l'argomento è complesso; quindi parlerò anche della questione delle ville venete, di cui mi sono personalmente occupata.
  Il Ministero sta cercando di semplificare la propria macchina. È stata adesso varata una riforma che non solo ha unito le soprintendenze per le belle arti e il paesaggio in un'unica struttura, ma vi ha incluso anche quella archeologica, quindi l'interfaccia del cittadino che si rivolge all'amministrazione sarà costituita da una persona che avrà il dovere di coordinare i tre pareri tecnici. Questo rappresenterà senz'altro una semplificazione.
  Lei ha citato un numero di beni che le è sembrato enorme per la sua regione. In realtà, non è enorme perché io sono convinta che, se andiamo a prendere le chiese, le pievi, i palazzi notificati, il contenuto dei musei e via elencando, alla fine si arriva a una lista assai lunga, cui va aggiunta anche tutta la parte paesaggistica.
  Il Piemonte è sulla buona strada per l'approvazione di un Piano paesaggistico. Il Piano paesaggistico semplificherà enormemente il lavoro delle soprintendenze perché naturalmente non ci sarà più la necessità di ricorrere a richieste continue, laddove la richiesta è già inglobata nel Piano paesaggistico.
  L'amministrazione – così rispondo in modo puntuale alla sua domanda – all'interno sta andando verso un percorso di semplificazione. Certo, lo sta facendo con fatica. Tuttavia, non dimentichiamo che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è una macchina di circa 19.700 persone, quindi è abituata a certe strutture. All'esterno lo sta facendo con i Piani paesaggistici, concepiti in regime di co-pianificazione con le regioni, per cui si dovrebbe arrivare finalmente anche a una semplificazione per quello che riguarda il numero delle pratiche.
  Mi permetto di dire una cosa che forse le potrà sembrare polemica: se noi non fossimo in un Paese in cui il tasso di abusivismo è alle stelle, il consumo del suolo è il più alto d'Europa e l'uso improprio anche di beni notificati ci vede in cima alle classifiche, forse non ci sarebbe bisogno di avere un Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che qualche volta agisce in maniera, per così dire, «poliziesca».
  Io credo che noi, se avessimo già considerato l'enorme valore, anche in rapporto allo sviluppo economico, del nostro patrimonio culturale e paesaggistico – le due questioni sono infatti connesse – e lo avessimo tutelato a partire da venti o trenta anni fa, forse oggi non ci troveremmo con un apparato così burocratico e così frustrato.
  A tale proposito, mi sento anche di dover spezzare una lancia a favore delle Pag. 8soprintendenze che non hanno i funzionari e non hanno le macchine, ragione per cui le chiedo come si fa a girare per un territorio senza macchine. Certo, adesso con le nuove assunzioni le cose cambieranno. Tuttavia, vorrei precisare che hanno avuto il 40 per cento dei fondi decurtati negli ultimi dieci anni, cioè il bilancio del Ministero fino a questa ultima legge di stabilità è sceso verticalmente nell'ordine del 40 per cento.
  Penso che, se tutto ciò cambierà, come mi pare sia nelle intenzioni del Ministro e del Governo, alle vostre giustissime sottolineature in merito alla farraginosità del rapporto con il Ministero arriveranno delle risposte molto precise.
  Il tema affrontato dall'onorevole Prataviera è molto importante dal punto di vista della valorizzazione del patrimonio. Il patrimonio privato vincolato è un patrimonio cui, una volta, il Ministero assegnava dei contributi, per cui, se tu volevi restaurare il tetto della Villa della Rotonda, parlavi con la soprintendenza e si stabiliva l'intervento da parte del Ministero.
  Questi contributi si sono fermati al 2012 per una ragione molto semplice: non c'erano più i fondi. Adesso si è ricominciato ad erogare quelli del 2012. Tuttavia, quando abbiamo proposto noi del Ministero con alcuni colleghi di non inserire i beni privati notificati all'interno delle cosiddette «case di lusso», c’è stata, come voi sapete, una rivolta.
  Mi permetto di dire che è stata una rivolta estremamente cieca perché il circuito delle ville venete, che sono oltre 3.000, potrebbe essere ben più importante di quello dei castelli della Loira. Certo, non si può pretendere che un proprietario privato valorizzi la propria villa veneta facendo magari nella «barchessa» un centro di accoglienza, se il suo bene viene trattato come un appartamento nel centro storico di Roma, perché non ce la fa.
  Lei ha toccato un tasto dolente, per cui spero che, anche con i colleghi, si possa avviare una battaglia seria. Lo dico perché, se noi mettiamo insieme il grande patrimonio monumentale e artistico in mano privata, il quale è vincolato, con tutto ciò che questo comporta, per cui, ad esempio, non è possibile dipingere una tapparella senza il beneplacito della soprintendenza, ma non diamo anche la possibilità materiale di mantenerlo e di valorizzarlo, il nostro Paese perderebbe una possibilità straordinaria di sviluppo diffuso su tutto il territorio, nonché materialmente un pezzo importante del nostro patrimonio.
  In quel caso è stato fatto, per demagogia, un errore assolutamente enorme cui bisogna cercare di rimediare, ed in tale direzione furono anche presentate delle proposte emendative. Tuttavia, come sapete, qualche volta si crea un clima di questo genere, anche se non si capisce quale possa essere la gioia di un proprietario ad avere sulle spalle un castello medievale di 3.000 metri quadrati per cui, quando cambi il tetto, devi ricorrere a mutui milionari. Quel castello potrebbe piuttosto favorire, in quella determinata località, uno sviluppo diffuso e occupazionale che potrebbe essere utile, per cui ritengo lei abbia sottolineato le difficoltà di un ambito importante.
  Detto questo, vorrei concludere specificando che per questi beni, come per una qualunque delle ville venete, che sia la Rotonda o che sia la Malcontenta, dove abbiamo soffitti del Tiepolo e disegni del Palladio, ovviamente la soprintendenza deve vagliare affinché un simile patrimonio non venga snaturato.
  Sono stata presidente del FAI e posso dirvi che, quando restaurammo Villa dei Vescovi, ho avuto anche degli scontri molto accesi con la soprintendenza. Alla fine, il risultato è stato però un restauro impeccabile, quindi posso dirle che dipende anche molto da chi è il soprintendente.
  In questo quadro, la vera responsabilità oggi non è del Ministero, che forse ha alcuni funzionari più severi e filologici ed altri meno, bensì risiede nel fatto che non si capisce che in questo Paese il patrimonio privato vincolato può costituire una straordinaria forma di sviluppo, mentre lo si penalizza, accostandolo a un altro tipo di patrimonio, cosiddetto «di lusso», con Pag. 9cui non ha assolutamente nulla a che vedere e che si è voluto in qualche modo allargare ad una categoria che invece doveva essere trattata, a mio parere, in un'altra maniera. Grazie.

  PRESIDENTE. Do nuovamente la parola all'onorevole Prataviera.

  EMANUELE PRATAVIERA. Io che provengo da quel territorio posso dire che noi abbiamo, ad esempio, Villa Pisani, che è famosa quanto alcune splendide regge, anche se era una residenza patrizia e privata veneziana, che ora è diventata, di fatto, uno dei maggiori musei a cielo aperto ed è invidiata in tutto il mondo.
  Tuttavia, quando mi reco per esempio a Vienna, noto che in tutti i musei dei castelli di Vienna c’è vita, o meglio ancora la vita della città è integrata all'interno del polo museale, come avviene al Belvedere. In Italia, forse l'esempio che funziona di più è quello di Villa Manin, che fa vivere la comunità e crea attorno a sé una vita, una socialità. Perché non è possibile incentivare tale approccio anche in altri casi ? Per esempio a Villa Pisani c’è un bar bellissimo, ma è completamente nascosto dal contesto della villa, quando ci sarebbero viceversa gli spazi per poter svolgere veramente delle attività all'aria aperta, sfruttando le domeniche. Certo, vi si tengono delle mostre. Io ho presentato in merito un'interrogazione parlamentare e mi è stato risposto che ci sono delle mostre che tengono comunque in considerazione, per i residenti del comune di Stra, che conta circa 10-12 mila abitanti, l'accesso gratuito di domenica, però, visto che la Villa ha un parco enorme e degli spazi enormi, si potrebbero ospitare matrimoni e altri eventi che già si possono fare, per carità, anche se la trafila delle domande è tale da scoraggiare.
  Per esempio, sono andato a Vienna due anni fa a vedere i suoi mercatini e sono rimasto impressionato dall'integrazione che c’è nella comunità. Sono i viennesi a far festa all'interno del parco. Mi chiedo perché non lo possiamo fare anche noi, visto che in Italia abbiamo migliaia di esempi come Villa Pisani.

  ILARIA CARLA ANNA BORLETTI DELL'ACQUA, Sottosegretaria di Stato ai Beni e attività culturali e al turismo. Io non voglio assolutamente nascondere il fatto che la vocazione del nostro Ministero – fondato, come lei sa, da Giovanni Spadolini – era soprattutto volta alla tutela. Ora, io non voglio dire che questa non sia importante perché, in un Paese come il nostro che possiede un quarto del patrimonio culturale europeo, l'aspetto della tutela è importantissimo, ma questa percezione è tuttavia cambiata con l'ultimo Ministro o con gli ultimi Ministri, cioè quando si è cominciato a dire che la tutela andava bene ma bisognava puntare anche alla valorizzazione.
  La valorizzazione, mantenendo un forte rapporto con la tutela – e su questo punto sono estremamente rigida – è una mentalità.
  Io ricordo che a Villa dei Vescovi, quando abbiamo proposto alla soprintendenza di realizzare due appartamenti nella parte alta della Villa per ospitare i turisti, visto che quegli spazi erano già destinati a degli appartamenti cosiddetti «di servizio», abbiamo avuto degli scontri epocali su questo argomento. Alla fine, abbiamo fatto gli appartamenti, che vanno benissimo. Certo, è anche importante farli bene.
  Quello che voglio dirle, non per giustificare qualcosa che io ritengo sicuramente carente, è che la testa del Ministero è cambiata. Inoltre, se vede la riforma dei grandi musei e tutto quello che sta succedendo, noterà che si vuole andare verso una valorizzazione.
  Il corpo di questo Ministero, che pure ha delle eccellenze straordinarie, deve ancora entrare in una certa mentalità. Per il soprintendente, in fondo, quello che conta è alla sera chiudere a chiavi il bene, vedere che sia tutto in ordine e poi andare via, con la certezza che non vi sia niente di rotto e sia tutto a posto.
  Ritengo che per cambiare questa mentalità – che io rispetto, perché era quella per cui il Ministero è nato, ossia la conservazione Pag. 10di un patrimonio collettivo – ci voglia nuova gente e ci vogliano persone più giovani. Lei sa che l'età media dei nostri soprintendenti è di 56 anni ? Certo, io ne ho di più, quindi non è che voglio dire che siano vecchissimi, ma si tratta della mentalità di chi per trent'anni non ha pensato a vendere più biglietti o a usare quel bene, ma a conservarlo bene. Senz'altro li ringraziamo per quella funzione, però dobbiamo riconoscere che il salto era ormai necessario.
  Ed oggi, io ritengo che il Ministero abbia fatto quel salto, anche in maniera molto visibile.

  PRESIDENTE. Ringrazio la Sottosegretaria Borletti dell'Acqua Buitoni.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.50.