Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE SEMPLIFICAZIONI POSSIBILI NEL SUPERAMENTO DELLE EMERGENZE
Audizione del Direttore Centrale per l'emergenza e il soccorso tecnico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, Giuseppe Romano.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3
Romano Giuseppe , Direttore Centrale per l'Emergenza e il Soccorso Tecnico del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco ... 3
Tabacci Bruno , Presidente ... 6
Taricco Mino (PD) ... 6
Tabacci Bruno , Presidente ... 7
Romano Giuseppe , Direttore Centrale per l'emergenza e il soccorso tecnico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ... 7
Tabacci Bruno , Presidente ... 8
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI
La seduta comincia alle 8.15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione del Direttore Centrale per l'emergenza e il soccorso tecnico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, Giuseppe Romano.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle semplificazioni possibili nel superamento delle emergenze, del Direttore centrale per l'emergenza e il soccorso tecnico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, Giuseppe Romano.
Ricordo all'ingegner Romano che la Commissione ha già audito, tra gli altri, il Capo del Dipartimento della Protezione civile e il prefetto Carlo Boffi, Vice Capo del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno. Il prefetto di Genova, Fiamma Spena, ha inviato un'articolata relazione. Al termine del ciclo saranno auditi anche i Ministri più direttamente interessati al tema.
Do ora la parola all'ingegner Romano affinché svolga la sua relazione.
GIUSEPPE ROMANO, Direttore Centrale per l'Emergenza e il Soccorso Tecnico del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco. Buongiorno. Ho letto il programma approvato dalla Commissione e in particolare il riferimento ai casi dell'Aquila e in parte dell'Emilia Romagna. La mia relazione sarà centrata sull'esperienza aquilana.
Io sono stato a l'Aquila due volte in due vesti differenti: una prima volta come direttore regionale dei vigili del fuoco e quindi come responsabile della struttura dei vigili del fuoco per la regione Abruzzo; la seconda volta, a distanza di un anno, come soggetto attuatore per la rimozione delle macerie, su disposizione di un'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri (OPCM) che prevedeva l'istituzione di questa figura per la soluzione del problema delle macerie all'Aquila.
La soluzione del problema delle macerie può intendersi in due attività differenziate, seppure convergenti. La prima è la rimozione delle macerie già prodotte dai crolli e dal terremoto. La seconda è la rimozione delle macerie conseguenti alla ricostruzione.
Mi riferirò in primo luogo all'esperienza come direttore regionale dei vigili del fuoco e al programma approvato dalla Commissione.
Per i vigili del fuoco, al verificarsi di calamità come quella del terremoto dell'Aquila o del terremoto dell'Emilia Romagna, l'attesa delle ordinanze comporta uno stato di incertezza. L'ordinanza in genere stabilisce gli ambiti operativi dei vigili del fuoco, al di là di quelli previsti dalla norma ordinaria, e stabilisce anche le risorse alle quali si può fare riferimento. Non di rado – ritengo che questo sia avvenuto anche nel caso dell'Aquila, Pag. 4anche se non lo ricordo – la disponibilità di risorse viene decisa dopo che l'attività dei vigili del fuoco è avviata. Anche l'inquadramento delle attività svolte, se del caso, viene riaggiustato dopo l'evento.
Faccio l'esempio dell'alluvione del beneventano di poche settimane fa. Lì i vigili del fuoco sono intervenuti e hanno lavorato per alcune settimane. Se avessero dovuto fare conto soltanto sulle proprie risorse avrebbero potuto fare ben poco. Sono stati previsti fondi per il ristoro di parte dell'attività svolta e questo ha consentito di proseguire, ma è avvenuto dopo che l'attività era iniziata. La parte iniziale è quindi sempre di grande incertezza. Un provvedimento che consentisse di sapere, sin dal verificarsi dell'evento, su quali fondi si può fare affidamento ed entro quali limiti sarebbe per noi estremamente importante.
Nel caso dell'Aquila, inoltre, i provvedimenti hanno anche ampliato l'ambito di intervento dei vigili del fuoco alla messa in sicurezza degli edifici con puntellamenti, ispezioni e così via, attività che, essendo fuori dall'urgenza, non necessariamente sono a carico dei vigili del fuoco. Questo è riferito all'esperienza di vigile del fuoco.
L'esperienza di soggetto attuatore, quindi fuori dalla struttura del Corpo, è stata ben diversa e assai calzante rispetto al programma della Commissione. Il problema delle macerie all'Aquila si può riassumere in una valutazione che mi pare fu fatta da Legambiente. A quel tempo Legambiente aveva calcolato, sulla base della velocità di rimozione, cinquant'anni per rimuovere le macerie dell'Aquila. Questo non era accettabile e quindi fu prevista la figura del soggetto attuatore per la rimozione.
Faccio una premessa più generale. In genere, le ordinanze di protezione civile, al verificarsi di calamità, quali sono state le ordinanze dell'Aquila e dell'Emilia Romagna, tendono a semplificare. Tendono cioè a rimuovere, ammorbidire o fluidificare i sistemi amministrativi che si dimostrano non adeguati a funzionare in emergenza.
Il problema non è tanto l'ordinanza quanto il ritorno dall'ordinanza alla condizione normale. Lì può verificarsi discontinuità e si possono produrre incertezze di natura normativa, che, come nel caso ambientale e nel caso del trasporto delle macerie – che ricordo sono rifiuti –, sono incertezze anche piuttosto rischiose.
Come dicevo, nel caso dell'Aquila vigili del fuoco e CNR stimarono insieme che le macerie da rimuovere erano 3 milioni di tonnellate. Quando fui nominato soggetto attuatore – spesso è stato usato il termine «commissario» in modo semplificativo, ma non si trattava di un commissariamento bensì solo del compito di seguire il tema –, la prima azione fu quella di individuare il modo di gestire questa rimozione delle macerie. Con i vigili del fuoco e l'esercito cominciammo a lavorare alla rimozione delle macerie già esistenti, cioè quelle prodotte dai crolli. Fu impostato il lavoro e si proseguì sperimentando anche sistemi di monitoraggio e di controllo.
Le macerie, come ripeto, sono rifiuti speciali ai sensi della legge e faccio presente che l'abbandono di rifiuti speciali è punito penalmente. L’«abbandono» per qualche anno di un milione di tonnellate di macerie conseguenti al terremoto non pesò molto sul sistema, ma l'Aquila era una discarica a cielo aperto, lasciata così per tre anni prima di cominciare la rimozione. Dal 2009 al 2011 c’è stato abbandono di rifiuti speciali. Le intemperie cui erano esposte dilavavano le macerie e hanno portato via di tutto, cospargendo il terreno circostante. Trattandosi di rifiuti speciali non pericolosi, le macerie non creano un grave problema di inquinamento, ma sono rifiuti speciali in ogni caso.
Quando cominciammo a rimuovere le macerie che erano state prodotte dai crolli, il primo problema fu come rimuoverle perché le norme per la rimozione di rifiuti non sono adatte alla gestione di un'emergenza. Fu necessaria una norma che consentisse ai camion dei vigili del Pag. 5fuoco di trasportare rifiuti malgrado non fossero iscritti all'albo dei trasportatori. Il problema non era tecnico perché i camion dei vigili del fuoco sono gli stessi che usano i trasportatori di rifiuti speciali. Sono i motocicli che vediamo trasportare le macerie dei lavori che si fanno negli appartamenti. Nulla di particolare, ma bisogna essere iscritti all'albo dei trasportatori e i camion dei vigili del fuoco e dell'esercito non lo erano. Fu necessaria, quindi, una deroga per questo.
Le analisi dei rifiuti, fatte sul posto assieme alle ASL e all'Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente (ARTA) dell'Abruzzo, e il ciclo di lavorazione del rifiuto, che invece di essere portato a una discarica veniva raccolto in un'area di recupero ambientale, cioè una vecchia cava in cui queste macerie venivano lavorate e pulite, hanno richiesto anch'essi una deroga ai procedimenti ordinari, in modo da renderli semplicemente più veloci.
Inoltre, abbiamo impostato sui vigili del fuoco e sull'esercito, e poi esteso a tutto il resto, il sistema di controllo. Quando si è cominciato a lavorare sul tema delle macerie e dei rifiuti, chiesi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare se era possibile anticipare l'applicazione del Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI). È evidente che per l'Aquila questo è un sistema molto importante perché, con 3 milioni di tonnellate di rifiuti, si rischiava di trovare macerie dietro ogni cespuglio dell'Abruzzo e probabilmente anche più in là. Era quindi necessario avere un forte controllo della movimentazione delle macerie.
La movimentazione delle macerie non poteva essere fatta, come si era pensato all'inizio, soltanto dai vigili del fuoco e dall'esercito perché – allora sì – si sarebbero impiegati cinquant'anni. Bisognava consentire anche ai privati di svolgere questo lavoro, ma in maniera controllata. Fu realizzato, quindi, un sistema di monitoraggio e di controllo che ci ha consentito per alcuni anni di monitorare ogni tonnellata trasportata. Di ogni chilogrammo trasportato di macerie, trasporto per trasporto, era visualizzato su internet chi lo produceva, il codice, il trasportatore, la targa dell'automezzo, l'orario di trasporto e la destinazione.
Tutto questo era controllabile da chiunque avesse accesso a internet, dove, trasporto per trasporto, era registrato tutto, compreso il tragitto, che tuttavia non era accessibile, ma era conservato a disposizione delle autorità, degli organi di controllo e delle forze di polizia. Il tragitto non era accessibile al pubblico, ma tutto il resto sì.
Partire con questo sistema non fu facile perché ci fu la resistenza delle associazioni di categoria, che lo vedevano come un appesantimento rispetto ai compiti ordinari, che non furono eliminati. La bolla di trasporto prevista dalle norme fu mantenuta perché non era possibile eliminarla. Quando l'ordinanza avesse terminato i propri effetti, si sarebbe tornati alle condizioni ordinarie, ripartendo con il sistema precedente. Si pensò quindi di non interrompere il sistema precedente.
Dopo queste resistenze, quando il sistema partì, fu accolto molto bene perché fu un controllo reciproco tra le parti. Il trasportatore non accettava rifiuti perché in caso di controlli avrebbe commesso una violazione in più. Il produttore dei rifiuti, cioè il cantiere, non consegnava se il trasportatore non era registrato. Il ricettore dei rifiuti, cioè l'impianto di smaltimento, non accettava materiale se non erano stati registrati sia l'origine sia il trasporto.
Questo sistema alla fine diventò un sistema di contabilità di cantiere. Sia i produttori sia i trasportatori sia gli impianti che ricevevano questi prodotti si erano alleggeriti di un compito perché in automatico su internet, accessibile prima a loro che a tutti gli altri, potevano monitorare tutto il lavoro che era stato fatto in un dato cantiere. Ha funzionato talmente bene che, alla fine dell'ordinanza – l'ordinanza cessò di essere operativa con la fine dello stato di emergenza, alla fine del Pag. 62012 –, il sistema ha continuato a funzionare. Sia i produttori sia i trasportatori sia gli impianti hanno continuato a utilizzare questo sistema malgrado nessuna norma lo rendesse più obbligatorio.
Abbandonare questo sistema e ritornare a quello ordinario poteva essere fatto da chiunque in qualsiasi momento e penso che sia avvenuto. Mi pare che sia stato adottato un provvedimento, non so se dal sindaco o dal presidente della regione, per cercare di mantenerlo. Io non ho più seguito la vicenda dopo un certo periodo di tempo.
Il sistema era fatto in modo che registrandosi si poteva ricevere, alla fine di ogni giornata, un tweet con le tonnellate di macerie trasportate quel giorno. Quando il sistema non è stato più manutenuto ed è stato lasciato andare, non ho più ricevuto questo tweet. Penso quindi che, almeno in parte, non sia più operativo. Il ritorno all'attività ordinaria ha comportato la perdita di uno strumento di controllo efficace, che, tra l'altro, fu abbastanza facile ed economico da realizzare e gestire.
Traggo le conclusioni di ciò che ho detto in questi termini. Le ordinanze di Protezione civile in emergenza, come dicevo all'inizio, almeno in parte servono a semplificare e a ridurre tempi e passaggi di processi amministrativi. Per quanto riguarda la mia esperienza, questo si è tradotto nel semplificare i procedimenti, accorpare i momenti decisionali di più enti in unica decisione e così via.
L'ideale sarebbe fare in modo che l'insieme dei provvedimenti adottati nelle varie ordinanze – se si guardano le varie ordinanze, sono essenzialmente gli stessi ripetuti – diventasse norma ordinaria e non richiamata volta per volta. In tal modo la necessità di un'ordinanza non sarebbe più tale e si potrebbe affrontare un'emergenza con norme già note e non create lì per lì. Creare le norme sul momento giustifica il fatto che queste norme siano così numerose perché, una volta avviate, ci si dimentica qualcosa e quindi si tende a correggere o integrare.
Il disegno di legge delega al Governo per la nuova organizzazione del sistema di Protezione civile prevede, ad esempio, un passaggio relativo alla gestione delle macerie e dei rifiuti. Faccio presente che rifiuti come macerie e terre da scavo ci sono in tutte le calamità. Dai terremoti alle alluvioni, si verificano sempre produzioni elevate di macerie e di rifiuti. Queste non possono essere gestite con le norme ordinarie che regolano la raccolta quotidiana dei rifiuti, ma hanno bisogno di norme speciali, che dovrebbero fare tesoro di quanto è avvenuto fino a oggi e trarre da quegli insegnamenti l'indicazione per una norma ordinaria di gestione delle emergenze.
Non mi riferisco solo ai rifiuti. Come dicevo prima, andrebbe anche fornita l'indicazione delle risorse destinate alle strutture di emergenza come i vigili del fuoco e andrebbero chiariti i compiti. All'Aquila ci fu dato il compito di mettere in sicurezza gli edifici e demolire gli edifici pubblici. In altre situazioni lo stesso compito non ci è stato dato.
Questo crea incertezza e impedisce di pianificare risorse, formazione del personale, attrezzature, metodi e procedure destinati alla gestione di questi eventi.
PRESIDENTE. Grazie, ingegner Romano.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MINO TARICCO. Ringrazio l'ingegner Romano per il quadro che ci ha fornito. È stato molto concreto. Chiedo una conferma, che è nelle sue parole.
Il ragionamento che ha animato il percorso avviato da questa Commissione ha proprio come obiettivo quello di intervenire in modo strutturale in questo campo per superare le incertezze cui lei faceva riferimento. Mi pare di avere colto dalle sue parole un'indicazione molto precisa in questa direzione, sia per quel che riguarda norme specifiche che hanno a che fare con Pag. 7i rifiuti speciali sia soprattutto per quel che riguarda le procedure attuative da mettere in campo in seguito a eventi calamitosi e naturali che creano una situazione di emergenza.
Vorrei porle un quesito. In altre audizioni è emersa la possibilità/necessità, proprio per predisporre una norma ordinaria immediatamente applicabile, di categorizzare gli eventi naturali in modo da attuare una data procedura a fronte di un dato evento. Poiché una classificazione formale degli eventi, tale da innescare una serie di conseguenze normative chiare ed esplicite, richiede comunque un certo lasso di tempo, in base alla sua esperienza sarebbe possibile immaginare in tutti gli eventi calamitosi, in attesa della classificazione dell'evento e della definizione del quadro normativo che entrerà in vigore, una serie di interventi standardizzati, che abbiano norme per intervenire immediatamente ?
Se oggi si verifica un terremoto o un'alluvione, prima di individuare puntualmente il quadro normativo previsto, potrebbero passare cinque o sei giorni nei quali il soggetto preposto prende atto della situazione. Si potrebbe immaginare un quadro normativo di prima emergenza, a prescindere dall'evento ?
Vorrei la sua opinione su questo tema per capire come definire questo tipo di percorso.
PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.
GIUSEPPE ROMANO, Direttore Centrale per l'emergenza e il soccorso tecnico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Nel caso delle macerie all'Aquila – quello che ho vissuto più direttamente, oltre all'attività di vigile del fuoco che vivo quotidianamente e che sento in maniera meno acuta come problema –, gran parte della risposta a questa domanda è nella pianificazione.
Per la gestione delle macerie dell'Aquila fu fatto un piano per le macerie, come previsto dall'ordinanza. Quando abbiamo fatto questo piano, ho cercato che cosa c'era di simile in giro per il mondo e di piani sulla rimozione delle macerie in giro per il mondo ne ho trovati soltanto due: uno negli Stati Uniti per l'uragano Katrina e uno in Giappone per lo tsunami. Entrambi furono approntati dopo gli eventi.
Dopo lo tsunami in Giappone e dopo Katrina negli Stati Uniti, i piani per la rimozione di macerie sono diventati uno strumento di pianificazione ordinaria in quei Paesi. Spero lo diventino anche da noi perché, come ripeto, questo problema c’è sempre, con qualsiasi evento. Nel beneventano, in seguito alla recente alluvione, non so come siano stati gestiti i materiali prodotti dall'alluvione e portati via, ma certamente questo problema è stato molto grosso.
La prima risposta alla sua domanda sono i piani. Se facessimo piani di emergenza e piani di gestione delle calamità, vedremmo subito cosa è necessario e in gran parte potremmo superare le difficoltà normative che ci sono, chiarendo nel piano chi deve fare che cosa, in modo che lo si sappia prima e che certi procedimenti si possano accelerare in maniera più facile.
Semplicemente facendo dei buoni piani riusciremmo a superare gran parte delle necessità che sono manifestate dalle ordinanze. Naturalmente questo non basta perché occorre fare chiarezza, come dicevo prima, sui compiti delle strutture. Penso che nelle varie ordinanze che sono state emesse nel corso degli anni si trovino essenzialmente gli stessi argomenti ripetuti.
Il tempo necessario a classificare un'emergenza nella maggior parte dei casi è abbastanza breve, se l'analisi del rischio di un territorio è ben fatta. L'Italia deve fare bene questa analisi. Non ci sono altre scelte né altre strade da percorrere. Per un cambiamento vero, bisogna fare l'analisi del rischio del territorio in cui si vive o che si amministra o che si gestisce come vigili del fuoco e altre strutture.Pag. 8
Se si riuscisse a fare per bene questa analisi, la risposta alla sua domanda sarebbe sì almeno nel 90 per cento dei casi. Nel 90 per cento dei casi sapremmo quali sono i possibili eventi del territorio e quindi potremmo, al verificarsi dell'evento, classificarlo non immediatamente, ma certo entro qualche ora. Oggi gli strumenti, dalla rete sismica all'impiego di droni per il monitoraggio del territorio, ai sensori di tutti i tipi, sono così potenti che io non vedo grossi problemi. Il vero problema sono la consapevolezza e la pianificazione.
Con la consapevolezza e con piani semplici, non complessi, ma che rendano evidenti gli eventi che possono accadere, risolveremmo il 90 per cento di queste difficoltà.
PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Romano per la sua testimonianza e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 8.40.