Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE SEMPLIFICAZIONI POSSIBILI NEL SUPERAMENTO DELLE EMERGENZE
Audizione di rappresentanti dell'Unione piccoli proprietari immobiliari (U.P.P.I.) e del Comitato SISMA.12.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3
Pucci Fabio , Segretario generale dell'Unione piccoli proprietari immobiliari (U.P.P.I.) ... 3
Mochet Jean Claude , Segretario della Commissione fiscale dell'Unione piccoli proprietari immobiliari (U.P.P.I.) ... 3
Tabacci Bruno , Presidente ... 7
Romagnoli Sandro , Responsabile della comunicazione Comitato SISMA.12 ... 7
Tabacci Bruno , Presidente ... 10
Morini Paolo , Coordinatore interregionale dell'Unione piccoli proprietari immobiliari (U.P.P.I.) ... 10
Tabacci Bruno , Presidente ... 12
Da Villa Marco (M5S) ... 12
Tabacci Bruno , Presidente ... 12
Mascioli Aureliano , Presidente del Comitato SISMA.12 ... 12
Romagnoli Sandro , Responsabile della comunicazione Comitato SISMA.12 ... 13
Tabacci Bruno , Presidente ... 13
Pucci Fabio , Segretario generale dell'Unione piccoli proprietari immobiliari (U.P.P.I.) ... 13
Tabacci Bruno , Presidente ... 14
ALLEGATO: Documento del Comitato Esodati del Terremoto di Moglia (Mantova): «Il punto sulla ricostruzione privata post sisma in Lombardia» ... 14
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI
La seduta comincia alle 15.10.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione di rappresentanti dell'Unione piccoli proprietari immobiliari (U.P.P.I.) e del Comitato SISMA.12.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Unione piccoli proprietari immobiliari (U.P.P.I.) e del Comitato SISMA.12.
Per l'Unione piccoli proprietari immobiliari sono presenti l'avvocato Fabio Pucci, segretario generale; l'ingegner Paolo Morini, coordinatore interregionale; il dott. Jean Claude Mochet, segretario della commissione fiscale. Per il comitato civico Sisma.12 sono presenti il presidente Aureliano Mascioli e il dottor Sandro Romagnoli, responsabile della comunicazione.
Rammento ai nostri ospiti che l'ordine che ci siamo dati per le audizioni dà priorità cronologica all'ascolto dei soggetti più da vicino coinvolti. Per questo siete qui oggi. In base alle indicazioni che ci perverranno da voi e dalle altre audizioni che svolgeremo nei prossimi mesi potremmo poi confrontarci con i vertici delle istituzioni direttamente interessate.
Vi ringrazio per la partecipazione a questa seduta e do la parola all'avvocato Pucci, segretario generale dell'Unione piccoli proprietari immobiliari.
FABIO PUCCI, Segretario generale dell'Unione piccoli proprietari immobiliari (U.P.P.I.). Signor presidente, la ringrazio per averci dato questa opportunità. Mi auguro che lei abbia sentito parlare della nostra associazione, che in fasi emergenziali è stata sempre molto presente in modo fattivo e concreto, com’è accaduto tanti anni fa per il terremoto dell'Umbria e poi per quello dell'Aquila. Per quanto ci riguarda, questo argomento sta, quindi, nelle nostre corde.
Noi rappresentiamo circa 500.000 iscritti e siamo il più grande sindacato della piccola proprietà immobiliare. Tra l'altro, siamo forse gli unici ad aver avuto un riconoscimento «istituzionale» da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai sensi della legge n. 311 del 1973.
Il mio vuole essere solamente un saluto a lei e agli altri componenti della Commissione. Cedo, quindi, la parola al dottor Mochet, che saprà esporre molto meglio di me la nostra relazione.
JEAN CLAUDE MOCHET, Segretario della Commissione fiscale dell'Unione piccoli proprietari immobiliari (U.P.P.I.). La ringrazio, presidente. Abbiamo lasciato agli atti una relazione dalla quale estrapolerei alcuni punti che ritengo molto interessanti.
Oggi, la semplificazione e la riduzione del prelievo fiscale costituiscono, insieme alla stabilità delle normative fiscali, gli obiettivi del piccolo proprietario immobiliare. Si tratta di obiettivi largamente interconnessi Pag. 4e interdipendenti. È evidente, infatti, che la semplificazione è lo strumento necessario per la modernizzazione del Paese, dal momento che la complicazione di alcuni aspetti della vita del cittadino è di per sé un'emergenza.
Abbiamo costruito l'intervento approfondendo l'argomento della stabilità e della certezza della tassazione. Capiremo, dunque, perché quando si parla di semplificazione non possiamo non puntare i riflettori sull'argomento fiscale.
I piccoli proprietari chiedono a gran voce certezza del prelievo fiscale, associata a una normativa stabile e di facile applicazione. In tal senso è andata la cedolare secca sugli affitti, che riteniamo abbia sicuramente semplificato la tassazione sulle locazioni immobiliari.
Purtroppo, però, la cedolare secca colpisce solo la tassazione sugli immobili abitativi, per cui oggi più che mai chiediamo l'intervento del legislatore per una tutela della tassazione delle locazioni a uso diverso (commerciali, alberghiere, artigianali), ulteriormente penalizzate da una legislazione che non è più adeguata ai tempi, oltre che da un'eccessiva tassazione.
Quindi, per semplificare, chiediamo l'intervento del legislatore attraverso l'introduzione di un sistema analogo a quello delle locazioni abitative, ovvero una cedolare secca, magari rimodulata in modo diverso, con una tassazione anche più alta in percentuale. Questo, peraltro, agevolerebbe soprattutto le locazioni nei piccoli comuni che sono in difficoltà, con canoni anche più modesti, anche per dare una spinta al settore del commercio nelle città italiane.
Come U.P.P.I., condividiamo quello che ha detto la Banca d'Italia, ovvero che il tasso delle imposte sulla casa promesso dal Governo influenzerà positivamente l'economia, ma solo se sarà percepito come permanente. Uno degli argomenti centrali della semplificazione è, infatti, proprio che ci sia una stabilizzazione della tassazione.
Per quanto riguarda il mondo delle detrazioni fiscali, abbiamo appreso solo qualche giorno fa dal Governo l'intenzione di prorogare per il 2016 la detrazione del 50 per cento sulle ristrutturazioni e sul risparmio energetico. Accogliamo questa notizia molto positivamente, anche se l'U.P.P.I. si aspettava una stabilizzazione di queste detrazioni anche per il futuro, senza che sia necessario dover prorogarle di anno in anno. Infatti, la stabilizzazione nel tempo di queste detrazioni renderebbe realmente appetibile tale scelta, scongiurando l'incontro tra domanda e offerta nell'economia sommersa, come dicono tutti i maggiori osservatori. Chiediamo, pertanto, che si faccia uno sforzo affinché si riesca a portare a regime queste detrazioni.
La semplificazione è chiesta dai cittadini, con la possibilità di interagire con il sistema fiscale, di modo che qualcuno li guidi e li aiuti nell'adempimento degli obblighi fiscali, soprattutto in un contesto di repentini cambiamenti legislativi.
In questi anni abbiamo assistito all'IMU, alla TASI, alla TARSU, alla TARES, alla TARI. Parlavamo anche di local tax. Insomma, vi chiediamo di sollecitare il Governo affinché chiarisca se la local tax si applicherà o meno per il futuro.
Recentemente abbiamo assistito allo split payment, al reverse charge e alla fatturazione elettronica. Noi che stiamo tutti i giorni in stretto contatto con i cittadini vi possiamo dire che non hanno apprezzato questi nuovi provvedimenti, non solo perché sono identificati con un nome che non è italiano, ma perché hanno complicato loro notevolmente la vita. Per di più, lo split payment ha un altro effetto negativo poiché ha ridotto notevolmente la liquidità delle piccole imprese, quindi non è una semplificazione. Chiediamo, dunque, al legislatore di intervenire anche su questo.
È ottima l'idea del Governo di portare da mille a tremila euro la soglia del contante, ma non dobbiamo dimenticare che abbiamo una normativa secondo cui i pagamenti delle locazioni abitative devono essere fatti, indipendentemente dall'importo, con moneta tracciabile e non più in contanti. Rischiamo, così, che si possa pagare una locazione a uso diverso dall'abitativo, Pag. 5quindi quella dell'ufficio, con 2.900 euro in contanti, mentre i 100, 150 o 200 euro di un canone abitativo in periferia devono essere pagati con moneta tracciabile. Ecco, ci sembra un'incongruenza.
Inoltre, oggi è complicato pagare le imposte. Anche il cittadino che ha la disponibilità di pagare con il modello F24, se deve versare più di 1.000 euro non può andare in banca, ma deve usare Entratel o i sistemi dell'Agenzia delle entrate. Vorremmo, dunque, una semplificazione anche su questo, agevolando colui che è corretto e ha la disponibilità di pagare le imposte. Oggi, se c’è una compensazione non si può utilizzare il modello F24, ma bisogna rivolgersi a un soggetto abilitato. Questo complica la situazione di tutti i cittadini che non hanno facilità di accesso al computer. Per contro, crediamo che il versamento delle imposte debba rimanere un'operazione facile e immediatamente fattibile da qualunque cittadino.
Abbiamo proposto, anche in altre audizioni, l'introduzione di una banca dati dei contratti di locazione. Riteniamo che il cittadino debba avere accesso via web alla sua situazione contributiva per poter vedere se il suo contratto di locazione è regolare o meno.
Oggi è difficile farlo. Le Agenzie delle entrate sul territorio non danno i dati, non comunicano gli identificativi e aumentano le difficoltà. Visto che la telematica sta avendo un sempre maggiore sviluppo, chiediamo che ciascuno possa controllare almeno la propria situazione fiscale, anche per permettere di regolarizzare le posizioni che vanno nell'indirizzo di aver ampliato gli istituti deflattivi o aumentato l'utilizzo del ravvedimento.
Insomma, dobbiamo dare al cittadino la possibilità di capire dove ha sbagliato, a volte anche involontariamente, a causa di una normativa complicata, e di potersi ravvedere. A questo fine, chiediamo, appunto, l'introduzione di una banca dati dei contratti che possa rendere accessibili a tutti le informazioni.
Abbiamo, inoltre, depositato un documento relativo alle problematiche tecniche che le sedi U.P.P.I. hanno riscontrato quotidianamente nell'applicazione della cedolare secca. Vi chiediamo di disciplinare alcune problematiche tecniche, come è giusto che il legislatore faccia.
Oggi l'Agenzia delle entrate sta dando delle interpretazioni; stanno intervenendo le commissioni tributarie, creando un grosso disagio ai cittadini. Ci sono delle cose facilissime, che non hanno impatto nel gettito. Occorrono cinque minuti per scrivere delle normative per semplificare e per far applicare meglio la normativa della cedolare secca. Nel 2011 si è fatto tutto di fretta. Oggi, nel 2015, andando verso il 2016, abbiamo tutto il tempo per poter migliorare, magari anche con la legge di stabilità.
Nel nostro documento sono illustrate le diverse problematiche e le soluzioni che vi prospettiamo.
Una su tutte è che non è più accettabile che un proprietario firmi e sottoscriva con l'inquilino un contratto di locazione a uso abitativo di fronte a lui, ma poi debba mandargli per posta la raccomandata per la cedolare secca. È un'incongruenza.
Ci sono, poi, tanti altri piccoli dettagli. Vi chiediamo, per esempio, di allargare anche all'uso foresteria, che oggi non può beneficiare della cedolare secca, là dove effettivamente l'immobile sia utilizzato per uso abitativo.
Vi chiediamo, ancora, di fare chiarezza, dal punto di vista normativo, su alcune piccole cose che, però, complicano notevolmente la vita al contribuente.
L'U.P.P.I., che è presente su tutto il territorio nazionale, ha osservato che le Agenzie delle entrate non si comportano tutte nella stessa maniera. Addirittura, a livello sanzionatorio, nell'ambito del mondo della locazione, non tutte applicano le stesse norme. Per esempio, alcune applicano il 30 per cento di esenzione, altre il 120 sulla risoluzione e sulla proroga contrattuale. Insomma, chiediamo al legislatore di fare chiarezza.
Relativamente alle emergenze, ci permettiamo di suggerire pochi punti, ma molto chiari. Quando ci troviamo in emergenza, dovuta a stati di calamità naturale, Pag. 6chiediamo di estendere a tutti i comuni coinvolti, anche se non sono ad alta densità abitativa, la possibilità di stipulare contratti a canone concordato, con le relative agevolazioni fiscali.
Sono già stati fatti provvedimenti in questo senso, per cui vorremo si proseguisse in questa direzione: quando un comune è disastrato o ha dei problemi dovuti alle calamità naturali deve essere equiparato a quelli ad alta densità abitativa. Le associazioni devono fare la loro parte, insieme all'ente, sottoscrivendo degli accordi territoriali per arrivare anche a calmierare il canone in quel settore, con un'agevolazione al proprietario che affitta a canone concordato.
Ovviamente, bisogna sospendere tutti gli adempimenti tributari. Anche qui, abbiamo già assistito ad alcuni provvedimenti, ma bisogna dare certezza. Bisogna dire che chi è in calamità naturale – poniamo – per un anno può sospendere tutti gli adempimenti fiscali per dedicare le energie alla ricostruzione dell'immobile.
Per facilitare il reperimento sul territorio, chiediamo delle deroghe alle normative attuali, proprio per consentire che gli immobili che non sono stati colpiti da calamità naturale possano essere immediatamente inseriti sul mercato delle locazioni. A questo proposito, chiediamo delle deroghe alla normativa delle locazioni, anche con contratti di natura transitoria, ma dobbiamo tutelare il proprietario.
Sulla riduzione della tassazione, posso dire che nel mondo della casa le tassazioni complessive sono arrivate a 42 miliardi. Negli ultimi tre anni, la tassazione locale è aumentata del 160 per cento, con l'introduzione dell'IMU e della TASI. È vero, tuttavia, che adesso la TASI sulle prime case verrà ridotta.
Come U.P.P.I., riteniamo che l'intervento dell'abolizione della TASI sull'abitazione principale, anche perché l'IMU era solo per gli immobili di lusso e i castelli, sia sicuramente una cosa positiva che va nella direzione di una riduzione della tassazione sulla casa. Visto, però, che i comuni in tutta Italia si stanno lamentando per problemi di gettito, chiediamo che non ci sia un incremento della tassazione sulle seconde case, intendendo come seconde case anche quelle date in uso gratuito a un familiare o in locazione a uso abitativo per abitazione principale.
Insomma, non vorremmo che dietro la riduzione della TASI sull'abitazione principale ci fosse l'aumento della tassazione sui terreni edificabili e sulle case sfitte, quindi vorremmo che questo aspetto sia tenuto in considerazione. La stessa Corte dei conti, recentemente, ha detto che la tassazione sulla casa ha raggiunto livelli insostenibili. Non lo dice, dunque, solo l'U.P.P.I.
Inoltre, chiediamo modifiche legislative sulla locazione a uso diverso, quindi nel settore commerciale, alberghiero e artigianale, perché stanno aumentando le morosità, ma il proprietario deve pagare le tasse, anche se non incassa il canone. Ecco, questo non ha più senso. Bisogna assolutamente intervenire.
Crediamo che, ovviamente, la prevenzione sia la migliore arma a nostra disposizione per combattere e per far fronte alle emergenze. In ultimo, vorrei dire che la normativa fiscale già improntata alla semplificazione, alla stabilità e alla riduzione della tassazione nella normalità consentirebbe, per un verso, di innescare ulteriori semplificazioni per i cittadini in condizioni di emergenza e, peraltro, di dedicare maggiori risorse economiche allo stato di conservazione dell'immobile.
In Italia, il proprietario di casa ha sempre risparmiato e investito nell'immobile. Se oggi gli si tolgono delle risorse per un'eccessiva tassazione, queste sono tolte alle manutenzione degli stabili e ai lavori di ristrutturazione. Quindi, ancora prima di quando avviene la calamità naturale, è importante che il proprietario faccia le manutenzioni corrette. Tuttavia, l'eccessiva tassazione ha – ripeto – distolto il proprietario da quegli interventi che ha realizzato negli anni passati.
In conclusione, chiediamo di intervenire su una semplificazione normativa e sulla riduzione della tassazione. Vi ringrazio.
PRESIDENTE. Vorrei segnalare che la maggior parte degli argomenti che avete illustrato fanno riferimento, più propriamente, alla legge di stabilità. Noi, invece, stiamo affrontando un tema specifico, che riguarda la gestione delle emergenze. Ho preso buona nota delle tre proposte che avete fatto, ma in questa serie di audizioni ci stiamo concentrando su quel tema particolare perché l'indagine conoscitiva ha uno scopo molto preciso e ben delimitato.
Do la parola al dottor Sandro Romagnoli, responsabile della comunicazione del comitato civico Sisma.12.
SANDRO ROMAGNOLI, Responsabile della comunicazione Comitato SISMA.12. Nel nostro contributo abbiamo voluto indicare i principali punti critici che rallentano la ricostruzione emiliana, dando una breve descrizione di questi e riportando in allegato una veloce documentazione in modo da rendere il giudizio meno soggettivo possibile.
Al di là delle molte problematiche specifiche – che, ovviamente, sono molto più di quelle che abbiamo riportato – due sono stati e sono tuttora i problemi fondamentali: in primo luogo il fatto che il terremotato sia stato estromesso completamente dal processo decisionale della ricostruzione e, in secondo luogo, la volontà di ben figurare da parte di quelli che questa ricostruzione hanno governato, cosa che ha fatto sì che la struttura commissariale abbia narrato una ricostruzione più affine ai propri desiderata che alla realtà e non abbia mai ammesso la criticità di alcune situazioni, rendendo impossibile la modifica delle stesse.
Abbiamo posto attenzione alla ricostruzione privata, mentre non ci siamo occupati della ricostruzione di opere pubbliche, non avendo a disposizione dati e strumenti adeguati per poterne discutere con sufficiente conoscenza. Possiamo dire, però, che l'utilizzo dello strumento della gara al massimo ribasso, di cui si è sempre fatto largo uso, è in antitesi con la ricerca di legalità che è stata dichiarata essere la prima preoccupazione di quanti governano la ricostruzione emiliana.
Nel ringraziare questa Commissione parlamentare per averci concesso l'opportunità di un'audizione, non possiamo che condividere e confermare – almeno secondo la nostra esperienza diretta – l'urgente necessità di una semplificazione nella gestione delle fasi successive alle emergenze, nonché quella di una legge nazionale che finalmente le regoli in modo univoco e semplice.
Pensiamo, tuttavia, che questa legge dovrebbe essere animata da uno spirito ben diverso da quello che animava l'articolo 2 del decreto-legge n. 59 del 2012.
Come anticipato, abbiamo fissato alcuni punti che riteniamo importanti e che abbiamo spiegato in maniera molto succinta, confidando nel fatto che, qualora qualcuno di questi dovesse riscontrare il vostro interesse, possa poi essere ampiamente approfondito.
Partiamo con lo stato della ricostruzione, anche per dare un giudizio su quanto avvenuto. I dati relativi alla ricostruzione privata in Emilia, dopo oltre tre anni dal sisma, risultano piuttosto sconfortanti. Cito i dati ufficiali al 30 aprile 2015. Su 14.065 edifici coinvolti nella ricostruzione, 2.803 (circa il 19 per cento) hanno concluso i lavori; 2.263 hanno iniziato i lavori e 2.303 hanno la pratica in istruttoria, cioè il geometra, l'ingegnere o l'architetto stanno discutendo con l'ufficio comunale se le pratiche possono andare avanti e qual è il modo migliore per portarle avanti.
Abbiamo, ancora, 5.058 edifici che hanno presentato una prenotazione. Non so se avete cognizione del concetto di prenotazione, ma, in pratica, la regione ha richiesto ai terremotati di confermare il fatto che vogliono effettivamente ricostruire la propria casa. Quindi, hanno presentato una documentazione corredata dalla relazione, a volte asseverata e a volte giurata, del tecnico che conferma il fatto di voler ricostruire la propria casa.
Vedendo i dati, ci rendiamo conto di come circa il 50 per cento degli edifici interessati ancora non abbia neanche iniziato le pratiche. Ora si può pensare che gli emiliani abbiano trovato piacevole stare Pag. 8diverso tempo in un camping o che si stiano divertendo, ma non è esattamente così. Si tratta di una circostanza che spiega bene quali sono le difficoltà che fanno sì che le persone preferiscano attendere e cercare di capire, prima di iniziare a mettere in piedi delle pratiche che possono portare a ricostruire la propria abitazione.
Uno dei punti critici sono le schede Aides. In particolare, abbiamo riscontrato una difficoltà nel loro utilizzo per la definizione del contributo alla ricostruzione, mentre queste erano state ideate proprio per una rapida determinazione del danno al patrimonio immobiliare del territorio colpito. L'inadeguatezza dello strumento e la situazione in cui ci si è trovati ad applicarlo – molte ispezioni sono state effettuate già nei primi giorni di giugno del 2012, con ancora scosse di magnitudo importanti, per cui le rilevazioni hanno risentito della gravità e della precarietà della situazione – hanno fatto sì che spesso l'edificio sia stato assegnato a una classe di danno inferiore rispetto alla gravità delle lesioni riportate. Ora, essere inseriti in una classe di danno piuttosto che in un'altra comporta una differenza del contributo al metro quadro che, appunto, è parametrato a seconda della gravità dei danni riscontrati.
Riguardo alle ordinanze, sono state troppe e con continue modifiche: al 16 settembre 2015 erano state emesse, dal commissario delegato, 385 ordinanze, con relativi decreti e linee guida. Tenendo conto delle integrazioni e successive modifiche che molte di queste – normalmente le più importanti – hanno subito, è intuibile la difficoltà che cittadini, tecnici privati e pubblici hanno nel rapportarsi a una normativa estremamente fluida.
Un esempio fortunatamente un po’ estremo, anche se non isolato, è costituito dall'ordinanza n. 57, che voi stessi avete riportato. Teniamo conto che essa è, di fatto, una delle più importanti che regolano l'impianto della ricostruzione.
Passando alla tempistica e alle sanzioni, la normativa sulla ricostruzione prevede tempistiche certe per ottemperare ai vari adempimenti. In realtà, ciò vale per il cittadino che ritardi nel presentare la documentazione richiesta entro il termine ultimo prefissato, anche di un solo giorno, rischiando fino alla perdita del diritto al contributo. Per contro, per gli uffici comunali il discorso è completamente diverso. Ciò vale sia per i tempi di risposta, sia per la protocollazione delle pratiche, che, in molte realtà, viene effettuata non alla presentazione della documentazione, come dovrebbe essere, ma alla prima richiesta di integrazioni, spostando i termini della risposta di parecchi mesi.
Altra pratica che tende ad allungare i tempi è, paradossalmente, la richiesta di supporto all’help desk regionale, che è un ufficio che è stato fatto apposta per risolvere le problematiche, se non i contenziosi, tra cittadini e uffici tecnici. Infatti, queste domande hanno tempi di risposta quantificabili in mesi, fermo restando che le risposte fornite hanno soltanto un valore indicativo in quanto l'ultima parola dipende sempre dall'ufficio tecnico comunale, per cui ha sostanzialmente una funzione consultiva, niente di più.
Abbiamo, ancora, la questione delle proroghe. Una caratteristica dalla normativa che regola questa ricostruzione è stata quella delle proroghe brevi, applicata per sollecitare gli aventi diritto a far presto (o almeno così ci è stato detto fin dall'inizio).
In realtà, lo stillicidio delle scadenze con proroga all'ultimo minuto – sul pagamento delle tasse in particolare – oltre alle inevitabili conseguenze sull'umore e sull'apprensione che i cittadini hanno perché non sanno mai bene come riferirsi rispetto alle stesse, che comunque hanno un carattere ultimativo, ha fatto sì che le imprese, in particolare quelle piccole, le attività artigianali e commerciali non siano riuscite a gestire in maniera congrua le uscite, attingendo di fatto alla liquidità fino ad esaurimento della stessa, con entrate sensibilmente compromesse dalla crisi economica, oltre che dall'abbandono dei centri storici.Pag. 9
Lo stesso destino hanno avuto le sospensive sui mutui delle case inagibili concordate più volte con l'Associazione bancaria italiana (ABI).
La scelta di ospitare gli sfollati nei moduli abitativi provvisori (MAP), con gara d'appalto al massimo ribasso, come confermato dalla stessa amministrazione regionale che ha volutamente risparmiato sulla qualità, ritenendo trattarsi di una soluzione che sarebbe stata rapidamente superata, è, di fatto, costato in denaro pubblico quanto la realizzazione di normali edifici in muratura, senza, però, garantire i comfort abitativi e precarizzando ulteriormente la qualità della vita di persone già duramente provate dal sisma.
Da questa previsione errata, è derivato anche il problema delle maxibollette dovute ad un gestore definito senza gara d'appalto tra le aziende eroganti energia, a carico dei residenti, in quanto tutto all'interno dei MAP è alimentato elettricamente, con consumi spropositati, vista la scarsa coibentazione della struttura.
Questo è un problema marginale, ma, nel momento in cui ha costretto a mesi di discussioni l'amministrazione e i cittadini, ha distratto da analoghe difficoltà importanti.
Abbiamo, ancora, il vincolo economico. A fronte di circa 13 miliardi di danni stimati, Cassa depositi e prestiti ha messo a disposizione 6 miliardi per la ricostruzione privata. Il fatto, peraltro non particolarmente pubblicizzato, è che queste risorse sono state rese disponibili con un plafond di soli 450 milioni annui.
Oltre a determinare, di fatto, un periodo di circa 12 anni per completare la ricostruzione, ciò comporta un consistente rallentamento alla concessione della cosiddetta «cambiale Errani» perché nell'ultima parte dell'anno, onde evitare lo sforamento del tetto massimo stabilito, le cambiali non vengono rilasciate. Si aspetta, dunque, di poter utilizzare il plafond per l'anno successivo.
Altro tema è la white list. Per salvaguardare il processo della ricostruzione dalle infiltrazioni malavitose si è estesa la richiesta d'iscrizione alla white list a tutte le imprese che partecipano alla ricostruzione privata. Dati i lunghi tempi necessari all'accertamento dell'idoneità, è stato deciso, in attesa del via libera della prefettura, di considerare sufficiente la richiesta d'iscrizione per poter lavorare.
Ora, nel caso l'impresa scelta dal committente, avendo già iniziato i lavori, non dovesse risultare in possesso delle caratteristiche di idoneità, ne deriverebbe la sospensione del cantiere per un periodo di tempo non quantificabile, con un altrettanto non quantificabile danno per l'incolpevole terremotato.
Riguardo ai pagamenti in base allo stato di avanzamento lavori (SAL), l'organizzazione amministrativa delle pratiche di rimborso del contributo prevede che il beneficiario dia soltanto il benestare al pagamento dell'impresa, che da parte sua anticipa i costi dei materiali e delle lavorazioni concordate, oltre ad avere l'onere della certificazione della regolarità dei pagamenti del salario dei propri lavoratori e del versamento dei contributi.
Tale rimborso avviene tramite banca, dietro rendicontazione (appunto, il SAL) del tecnico, controllo del comune e presentazione del Documento unico di regolarità contributiva (DURC) e di altre certificazioni richieste. La ripartizione del rimborso, in tre tranche, al 15 per cento, al 25 per cento e al 30 per cento dei lavori, più un saldo finale del 30 per cento, data la notevole distanza tra un rimborso e l'altro, risulta particolarmente onerosa, specie per le piccole imprese che spesso si trovano in carenza di liquidità e interrompono i lavori.
Questa è una situazione che a 40 mesi dal sisma si sta verificando in maniera molto pericolosa all'interno del cratere. Infatti, moltissime imprese o interrompono o comunque rallentano di molto i lavori proprio perché non hanno la liquidità per poter acquistare, di fatto, i materiali. Del resto, oggi come oggi, in quell'area – nel mercato dell'edilizia in particolare – l'acquisto deve essere fatto sostanzialmente in contanti, per cui se non c’è liquidità, il problema è grande.Pag. 10
La nostra proposta è di suddividere mensilmente le anticipazioni dei rimborsi, mantenendo comunque la rendicontazione a SAL. Infatti, un'impresa, quando inizia i lavori, ha, di fatto, già definito il budget, per cui sarebbe piuttosto semplice definire l'ipotetica durata dei lavori e, conseguentemente, dividere mensilmente le somme. Questa ripartizione darebbe la possibilità di avere un esborso economico molto più limitato e quindi una maggiore facilità per l'impresa stessa.
Da ultimo, c’è la criticità degli uffici tecnici comunali. Il sisma del maggio 2012 ha colpito un'area caratterizzata da comuni piuttosto piccoli, con degli uffici tecnici dimensionati per un'attività quantitativamente non elevata. Stiamo parlando di comuni che hanno mediamente 5, 6, 7.000 abitanti; il più grande arriva a 15.000. Di conseguenza, stiamo parlando di uffici tecnici con 2-3 addetti, più un responsabile.
Ora, con la ricostruzione il personale è diventato numericamente insufficiente, specie nel caso di comuni che hanno avuto il 65-70 per cento del patrimonio immobiliare se non distrutto, fortemente danneggiato.
Inoltre, i tecnici aggiuntivi, assunti con i contratti interinali, mancano quasi sempre di esperienza sul campo, pur essendo incaricati di controllare, approvare o fare osservazioni sui progetti di professionisti con esperienza pluriennale. Ciò comporta, normalmente, che tutte le pratiche vengano ulteriormente controllate dal responsabile dell'ufficio tecnico, con un inevitabile ulteriore rallentamento. Insomma, è come se ci fosse un solo tecnico. Peraltro, questo controllo plurimo avviene nonostante il tecnico privato sia tenuto a presentare relazioni asseverate o giurate, cioè con una piena assunzione di responsabilità, delle quali, però, non viene tenuto alcun conto.
Un altro problema è la continua e ripetuta richiesta di integrazioni al progetto, anche 6, 7 o più volte, mentre un più attento esame iniziale dello stesso da parte della struttura tecnica comunale – questo rientra negli articoli delle ordinanze – potrebbe portare al massimo a un paio di revisioni, con una considerevole velocizzazione dell’iter della pratica.
Lo stesso dicasi per le modifiche al computo metrico estimativo al progetto, con la bizzarra richiesta fatta dai tecnici di togliere dal computo le voci del progetto non ammesse a contributo, cioè, di volta in volta che viene detto che quella voce non è ammessa a contributo, pur facendo parte del progetto e quindi della logica della ricostruzione, deve essere cancellata.
In sostanza, questi lavori sarebbero a totale carico del terremotato. Il risultato è perdere, dopo pochi passaggi, il senso del progetto stesso, per cui alla fine ci ritroviamo con dei progetti che non si capisce bene per quale motivo hanno delle lavorazioni, ma non altre.
Da ultimo, nominare i sindaci vicecommissari ha, di fatto, conferito totale autonomia agli uffici tecnici dei singoli comuni, determinando i presupposti per una difformità interpretativa che sarebbe evitabile con la creazione di un ufficio territoriale ad hoc.
Ora, come anticipavo, ci siamo limitati a citare i punti fondamentali. Se c’è l'intenzione o l'interesse di approfondire alcuni di essi, avete gli allegati ed, eventualmente, possiamo parlare.
Grazie dell'attenzione.
PRESIDENTE. Grazie a lei. Avverto che i rappresentanti del Comitato SISMA.12 hanno consegnato una memoria redatta dal Comitato esodati del terremoto di Moglia (Mantova), che si intitola «Il punto sulla ricostruzione privata postsisma in Lombardia» e che allegheremo agli atti della seduta odierna (vedi allegato).
Do ora la parola a Paolo Morini.
PAOLO MORINI, Coordinatore interregionale dell'Unione piccoli proprietari immobiliari (U.P.P.I.). Ritengo di aggiungere qualcosa non solo per il mio ruolo istituzionale presso l'U.P.P.I., ma anche come professionista perché lavoro a Firenze, che è stata colpita, il 3 marzo e il 1 agosto, da eventi atmosferici che hanno creato ingenti danni.Pag. 11
Personalmente, come ingegnere, mi sto occupando del recupero di dieci fabbricati che hanno avuto dissesti ad agosto e di tre che, invece, sono stati colpiti a marzo. Questa è la premessa.
Il problema, abbastanza complesso, è dovuto al fatto che Firenze, come gran parte del territorio nazionale, è sottoposta a vincolo paesaggistico. Questo è un grossissimo problema, forse il più grave. Infatti, mi trovo in una situazione anomala, ma non sono il solo, perché al cittadino, per ricostruire una copertura, che essendo danneggiata anche nelle strutture necessita di una manutenzione straordinaria, viene imposta – giustamente – dalla normativa nazionale la realizzazione di linee vita, ma anche di coibentazione per il contenimento energetico.
Siccome, secondo i disposti di legge, lo spessore dell'isolante minimo è 8 centimetri e siccome, rifacendo la struttura, abbiamo bisogno di un massetto, l'estradosso della copertura – cioè la parte esteriore – diventerà sicuramente più alta dello stato originario. Là dove questo si verifica, per il vincolo paesaggistico, il progetto deve essere portato o in commissione edilizia integrata all'interno del comune o addirittura in Soprintendenza.
Ecco, questo è un paradosso. Infatti, rialzare la falda di 2-3 centimetri non è certo un rialzamento dell'estradosso della copertura, ma è solo un tecnicismo derivato da altre leggi altrettanto valide, quale quella del contenimento energetico.
Ebbene, di questi dieci fabbricati, otto sono in vincolo paesaggistico, per cui i lavori sono bloccati da agosto. Insomma, la situazione è grave. Bisognerà certamente superare l’impasse di presentare un progetto volto all'ottenimento di un nullaosta, che è dovuto. Infatti, fare progetti costa, non solo per la parte professionale, ma anche per i diritti di segreteria.
Opportunamente, nel comune di Firenze – è auspicabile che questo venga fatto di default anche in altre amministrazioni – l'occupazione di suolo pubblico per porre in opera i ponteggi per il risanamento della copertura non viene corrisposta, visto che, normalmente, è un onere abbastanza elevato per gli interventi che vi ho citato.
Personalmente, ho seguito lavori a Firenze, dove c’è una codifica e una procedura, con tanto di schede conoscitive a firma dell'interessato, in cui si fa riferimento all'evento avverso e ai danni, rimandando poi a una perizia giurata di un professionista abilitato. Ecco, credo che questa sia la strada. Là dove si debba ricostruire un manufatto, seppure in zona paesaggistica, con i disposti di legge attuali, ritengo che debba essere data una semplice comunicazione all'amministrazione comunale, con una relazione asseverata di un tecnico, per poi iniziare subito i lavori.
Con il vincolo paesaggistico, il regolamento edilizio del comune di Firenze, ma non quello dei comuni limitrofi, prevede l'inizio dei lavori con una semplice comunicazione, avvertendo l'amministrazione comunale che si è in situazione di pericolo e di imminente disagio, dopodiché nei 15 giorni successivi si presenta il progetto. Ci sono, però, comuni, anche a distanza di 15 chilometri da Firenze, che non hanno questa norma.
Proporrei, pertanto, di fare sempre in modo di poter iniziare i lavori con una semplice comunicazione. Inoltre, quando si tratta di coperture, non si dovrebbe neanche fare un progetto, perché dovrebbe bastare la relazione asseverata di un tecnico, che afferma che la copertura verrà ricostruita così com’è, con gli adempimenti necessari per i contenimenti energetici.
L'altro accertamento è se l'immobile sia o meno dotato di assicurazione, perché è evidente che questo ha un peso. Infatti, se il cittadino può essere remunerato da un'assicurazione si fa un certo tipo di discorso, ma qualora non lo sia, ovviamente si dovrebbe far carico del ripristino del proprio fabbricato.
In questo caso, trattandosi di manutenzione straordinaria, pare strano che si possa evocare la detrazione fiscale del 50 per cento, per rimanere nei termini attuali, e non del 100 per cento, qualora non ci fosse la copertura assicurativa.Pag. 12
Ho riportato la mia esperienza di tipo professionale in relazione all'emergenza per eventi che, secondo me, saranno sempre più numerosi in Italia perché il clima sta cambiando. Tornando indietro di 30 o 40 anni fa, non ricordo eventi di questo tipo, mentre nel giro di sei mesi a Firenze se ne sono verificati già due.
Questo è un aspetto che ci tenevo a evidenziare. Credo, infatti, sia molto importante, anche se non sarà semplice, visto che la normativa regionale, a livello urbanistico, prevale sulla nazionale, ma una strada va certamente trovata.
PRESIDENTE. Ringrazio gli ospiti che hanno preso parte a questo avvio della discussione. Chiedo, ora, al collega Da Villa se ha qualche osservazione da svolgere.
MARCO DA VILLA. Grazie, presidente. Ringrazio i rappresentanti dell'Unione piccoli proprietari immobiliari e del Comitato Sisma.12 per questo prezioso contributo all'indagine conoscitiva che riguarda le emergenze, che, purtroppo, stanno diventando un po’ ordinarie nella nostra vita di cittadini italiani.
Sono di Venezia e l'8 luglio ho vissuto il problema, forse più puntuale di un terremoto, del tornado che ha distrutto una parte della Riviera del Brenta, con conseguenze molto pesanti. Il mio territorio si sta, quindi, confrontando con le difficoltà di una ricostruzione.
Le relazioni sono state molto interessanti. In particolare, chiederei un approfondimento al comitato Sisma.12 sulla parte che riguarda i pagamenti SAL e su quella che riguarda gli uffici tecnici comunali che, più volte, emergono come punto di criticità nel poter affrontare in maniera compiuta e completa il problema della ricostruzione.
Infatti, ne fate cenno rispetto sia alle tempistiche, per cui il cittadino si trova a dover rispettare scadenze assolute, non condizionate dai ritardi delle singole amministrazioni, senza che ci sia una vera regia di questo tipo di interventi, sia al problema dell'inadeguatezza non in senso tecnico, ma di personale a disposizione per affrontare i problemi.
Ascoltando le vostre relazioni, mi viene in mente la possibilità di creare una sorta di unioni di comuni finalizzate a questo tipo di interventi. Spesso, per esempio, i comuni si accordano sul servizio di polizia municipale; ebbene, potrebbe realizzarsi una cosa simile anche in questo caso, magari con un coordinamento della regione.
Questa, ovviamente, è una riflessione che faccio a caldo, ma mi piacerebbe sentire da voi un approfondimento su questi passaggi.
PRESIDENTE Ringrazio il deputato Da Villa, che, tra l'altro, avendo richiamato la vicenda della riviera del Brenta, è tornato all'origine di quest'indagine conoscitiva che prende le mosse proprio da quell'esperienza sul terreno, in seguito alla quale uno dei nostri componenti, l'onorevole Prataviera, aveva sollevato il tema specifico su cui ci stiamo concentrando.
Do ora la parola agli auditi per una breve replica.
AURELIANO MASCIOLI, Presidente del Comitato SISMA.12. Parto dalle domande sugli uffici tecnici e sul ruolo che stanno svolgendo nella ricostruzione. Secondo noi, semplificazione e certezza del diritto sono due cose che vanno di pari passo, per cui non ci può essere l'una senza l'altra. Invece, quelle oltre 300 ordinanze sono tutte interpretabili, quindi ognuno può intenderle come vuole. Manca, insomma, la certezza del diritto nell'elaborazione delle leggi dell'emergenza.
Venendo meno questa certezza, ogni ufficio tecnico si sente in dovere e in diritto di agire sulle pratiche come gli sembra logico e come ha sempre fatto, il più delle volte scavalcando il parere del professionista che ha fatto una perizia giurata in merito al reale danno o al progetto di ricostruzione.
In tutti questi casi, quello che manca è un impianto normativo che determini da subito quali sono i diritti del cittadino che ha subito il danno. Poi, in base a questi Pag. 13diritti si va a costruire una legislazione. Nel nostro caso, ma non solo in questo, è stata un po’ improvvisata. Anche nella Riviera del Brenta hanno avuto lo stesso problema, come nelle alluvioni di Parma, con i cui cittadini siamo in contatto, con i terremotati dell'Aquila e così via.
Tra noi ci chiamiamo i «tossici» delle ordinanze. Aspettiamo sempre la prossima ordinanza per vedere se ci siamo o meno, se va bene o male. Ebbene, in uno Stato di diritto questo è quanto di più dannoso ci possa essere. Dobbiamo, quindi, semplificare, ma con la certezza del diritto. Questo è l'appello che facciamo alle istituzioni. Lascio ora la parola al collega Romagnoli per le questioni più tecniche.
SANDRO ROMAGNOLI, Responsabile della comunicazione Comitato SISMA.12. Mi riallaccio all'ordinanza n. 51, che naturalmente è stata modificata, per dire che noi abbiamo estrapolato due articoli, il 4 e il 5, di cui leggerei alcuni punti per esplicitare il disequilibrio tra gli adempimenti ai quali i cittadini debbono necessariamente e forzatamente fare riferimento e quelli che, pur citati nelle ordinanze, vengono – passatemi l'espressione – allegramente bypassati dagli uffici tecnici.
Secondo l'articolo 4 dell'ordinanza n. 51, «entro il 31 dicembre 2012, i soggetti legittimati e individuati dall'articolo 2, comma 1 (praticamente i terremotati), debbono depositare, a pena di decadenza, apposita domanda diretta al sindaco del comune dove è ubicato l'immobile...». Al comma 4 si dice poi che «qualora vengano accertate carenze nella compilazione della domanda, il comune entro 20 giorni dalla prescrizione della stessa richiede per una sola volta le necessarie integrazioni che devono essere prodotte entro e non oltre i 10 giorni successivi al recepimento della richiesta, a pena di decadenza della domanda».
Ci ritroviamo, dunque, di nuovo in questo discorso: la richiesta dei 10 giorni è assolutamente tassativa, mentre i 20 giorni del comune, di fatto, non esistono in quanto queste domande non sono protocollate. Il comune aspetta, infatti, la prima integrazione, dopo aver esaminato la domanda, che è il momento in cui deve dare per forza una risposta al cittadino, dopodiché protocolla.
Ora, considerando che il comune dovrebbe dare una risposta entro i 60 giorni successivi al deposito della domanda corredata dall'autorizzazione (articolo 5, comma 5), ciò significa che il comune riesce a dare risposta alla domanda dopo 5, 6 o 7 mesi. A questo punto, si capisce il perché, come ho riportato all'inizio, circa la metà dei cittadini aventi diritto ancora non ha presentato la domanda per la richiesta del contributo.
Di fatto, la ricostruzione viene interrotta da questi meccanismi. Inoltre, nel caso di integrazioni della domanda, ovviamente il procedimento viene sospeso. Questo è un piccolo esempio, che ritengo estremamente chiarificatore. In realtà, ce ne sono molti altri. In sostanza, però, è un problema di volontà politica. Infatti, non è tanto un discorso di problematiche tecniche o di numero degli addetti perché la risposta deve essere comunque data entro quei termini, altrimenti si fa in un altro modo. Non dare una risposta, invece, è cosa completamente diversa.
PRESIDENTE. Do la parola al rappresentante dell'Unione piccoli proprietari immobiliari per una breve replica.
FABIO PUCCI, Segretario generale dell'Unione piccoli proprietari immobiliari (U.P.P.I.). Noi, a volte, ci troviamo a essere vittime e altre, invece, soccorritori. Mi spiego meglio. Due o tre eventi sismici che si sono verificati in Italia hanno visto, come dicevano i colleghi che mi hanno proceduto, una situazione di incertezza per coloro che sono stati vittime del terremoto. Si parla ancora di contributi non concessi, di altre situazioni molto complicate e così via.
Il tema della certezza, dal punto di vista sia fiscale sia del diritto, è il Leitmotiv che ci accompagna. Quando ci troviamo a essere vittime del terremoto, dobbiamo affrontare delle situazioni molto Pag. 14complicate e difficili che, forse, potrebbero essere affrontate con una maggiore accortezza da parte degli enti preposti, soprattutto quelli che intervengono durante e dopo l'evento sismico o altri fenomeni.
Invece, siamo soccorritori quando, a un certo punto, veniamo a volte saccheggiati (uso un termine sgradevole) nella proprietà, che è libera, ma viene considerata impropriamente come una casa per le vacanze e anche requisita o comunque fatta oggetto di una grandissima attenzione. Su questo, potremmo indicare delle agevolazioni.
Per noi, il problema fondamentale è sintetizzato nell'espressione «la gestione successiva a tali eventi», spesso molto gravosa per cittadini, aziende e così via.
Insomma, c’è una fase iniziale che è quella terribile, in cui effettivamente l'evento colpisce alla cieca e ci troviamo in una situazione complicatissima. Tuttavia, la seconda fase, quella della ricostruzione, è importantissima per la semplificazione, come diceva chi mi ha preceduto. Poi, ce n’è un'altra ancora, che è quella dell'avvio e della messa a disposizione degli immobili anche a breve termine, non per 6, 7 o 10 anni, come è avvenuto, per esempio, per il terremoto in Umbria o in parte anche per L'Aquila.
Chiediamo, quindi, una maggiore certezza su tutto il campo, dal punto di vista sia fiscale sia urbanistico, ma soprattutto in merito alla restituzione della contribuzione che servirà alla ricostruzione.
PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il prezioso contributo e dichiaro chiusa l'audizione.
Ricordo che questa settimana la Commissione tornerà a riunirsi mercoledì e giovedì, per procedere alle audizioni di rappresentanti dei sindacati e dei dottori commercialisti.
La seduta termina alle 16.05.
ALLEGATO
Documento del Comitato Esodati del Terremoto di Moglia (Mantova).
«IL PUNTO SULLA RICOSTRUZIONE PRIVATA POST SISMA IN LOMBARDIA».
Ad oggi, non sono a noi noti i dati pubblici ufficiali della regione Lombardia, riassuntivi la ricostruzione privata post sisma di tutto il basso mantovano. Ci è quindi difficile fare una stima sulla situazione generale della ricostruzione, ma è possibile un'analisi parziale dei singoli comuni del cratere. Analisi comunque significativa e rappresentativa.
Se prendiamo nello specifico il comune più colpito di tutto il cratere mantovano (Moglia), vediamo che il totale delle richieste finanziarie per la ricostruzione per immobili privati ammonta a 92 mln di euro e a Giugno ’15 ne erano stati erogati solo circa 10 mln.
Dall'ultimo Elenco Istanze RCR in Elaborazione, aggiornato al 29.09.15 e qui allegato (fonte sito web Comune di Moglia), vediamo che su un totale di 267 domande presentate (un quinto dei danni in tutta la provincia su 1359 domande totali), a 39 mesi dal sisma solo 97 sono state accolte (il che non significa che i lavori di ricostruzione siano di fatto terminati e le persone finalmente rientrate nelle proprie case) e 123 sono ancora in istruttoria. Lo stesso elenco aggiornato al 31 agosto 2015 riportava 94 domande accolte e 126 in istruttoria, solo 3 in meno rispetto al mese di settembre.
Volendo così ipotizzare i tempi di fine lavori della ricostruzione, siamo nell'ordine di un'ulteriore decina d'anni circa. Non sappiamo quante domande di preciso siano tutt'ora senza copertura finanziaria dopo i 205 mln annunciati dal Presidente Renzi a Moglia durante la sua visita del 19 aprile scorso. Denari di fatto non ancora disponibili e comunque insufficienti per coprire l'intero ammanco finanziario.
Sottolineiamo inoltre il fatto non casuale che la maggior parte delle domande presentate a fine anno 2014 siano di classe E, la classe più alta per gravità ed entità del danno subito dal terremoto e di conseguenza più complessa da analizzare.
A noi sembra anche che non ci sia una piena consapevolezza da parte delle istituzioni di cosa sia una Classe E e dei numerosi e variabili ostacoli Tecnici, Finanziari e sociali che queste pratiche possono incontrare durante il loro percorso di ricostruzione.
Ricordando che il termine ultimo di presentazione dalle domande in Lombardia risale al 31.12.14, mentre in Emilia al 31.12.15, è evidente che se a Giugno ’15 l'Emilia era a un 17 per cento circa della propria ricostruzione privata per un gioco forza di soli numeri la nostra ricostruzione oggi dovrebbe essere già finita, quando invece siamo appunto a discutere di domande senza copertura finanziaria.
Tutto ciò a fronte di circa 185 Ordinanze/Decreti/Note/Avvisi emessi dalla regione Lombardia da agosto 2012 a settembre 2015, come da sito web della regione stessa.
In conclusione, possiamo affermare che in Lombardia, più che di ricostruzione, si debba purtroppo parlare di non-ricostruzione post sisma. A più di 3 anni dal terremoto, circa 450 famiglie mantovane sfollate ne sono ancora oggi la testimonianza. Famiglie lasciate senza una certezza della data di rientro nelle proprie uniche e prime case.
Siamo per tanto a domandarci se le nostre istituzioni abbiano un'effettiva volontà di ricostruire e in che termini.
Crediamo che sia giunto il momento di affrontare urgentemente questioni come:
semplificazione delle norme al fine di Velocizzare i tempi di istruttoria delle domande, diminuendo le inutili e dannose lungaggini;Pag. 15
formare un gruppo di tecnici esperti che svolgano il proprio lavoro sui luoghi interessati e solo sul territorio (dove il terremotato ha più facilità di consultazione e comunicazione) e non per consulenze a distanza;
comunicazione efficace e il più possibile serena con la popolazione terremotata;
collaborazione obiettiva e costante coi Comitati dei cittadini terremotati, scrigni di testimonianze reali sulle varie problematiche e criticità della ricostruzione affrontate giornalmente da più di 3 anni dagli sfollati.
Non chiediamo alle varie istituzioni preposte di pensare al possibile, ma all'impossibile, come il vero compito della politica comporterebbe.
Comitato Esodati del Terremoto di Moglia (MN)
https://www.facebook.com/esodatimoglia