XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 101 di Mercoledì 18 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Bratti Alessandro , Presidente ... 2 

Audizione della direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità, Loredana Musmeci:
Bratti Alessandro , Presidente ... 2 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 2 ,
Puppato Laura  ... 4 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 4 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 4 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 4 ,
Puppato Laura  ... 4 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 4 ,
Nugnes Paola  ... 4 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 4 ,
Nugnes Paola  ... 5 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 5 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 5 ,
Puppato Laura  ... 6 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 6 ,
Puppato Laura  ... 6 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 7 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 7 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 8 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 8 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 8 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 9 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 9 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 9 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 9 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 10 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 10 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 10 ,
Cominelli Miriam (PD)  ... 10 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 11 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 11 ,
Musmeci Loredana , direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità ... 11 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 14.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

Audizione della direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità, Loredana Musmeci.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione dell'Istituto superiore di sanità, Loredana Musmeci, che ringrazio per la sua presenza.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo di depurazione delle acque.
  L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sulla regione Veneto, con particolare riferimento alla situazione di criticità che sta interessando larghe fasce di popolazione residente, per il presunto inquinamento – un po’ più che presunto – da sostanze perfluoroalchiliche, anzi possiamo dire che sia quasi accertato, ecco.
  Abbiamo già concluso la relazione territoriale sul Veneto e, nel frattempo, avevamo rilevato alcune indicazioni su questa problematica nel corso delle missioni. Alla luce delle vicende, amplificate giustamente dai media, abbiamo deciso di fare un approfondimento sull'argomento.
  Avverto la nostra ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Chiederei, quindi, alla dottoressa Musmeci di fare un breve inquadramento delle problematiche e di come sono state gestite fin dall'inizio, ma anche quali sono gli ultimi provvedimenti o comunque suggerimenti o indicazioni che avete dato o mandato al sistema degli enti locali nel suo complesso, alla Regione o anche al Ministero, per eventualmente definire intanto dei limiti e poi dei limiti magari più precisi, rispetto a quello che era lo stato dell'arte fino a poco tempo fa.
  Cedo la parola alla dottoressa Musmeci per lo svolgimento della relazione, al termine della quale seguiranno eventuali domande e richieste di chiarimento da parte dei commissari.

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Sulla vicenda della presenza dei PFAS nelle acque sotterranee, superficiali e potabili di alcune aree della regione Veneto, noi siamo stati coinvolti sin dall'estate del 2013, quando è emerso il problema.
  Il problema, come voi sapete, è emerso da uno studio del CNR, commissionato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del Pag. 3territorio e del mare. Il Ministero evidenziò la problematica immediatamente alla regione che si recò al Ministero della salute. Il Ministero della salute consigliò, alla regione stessa, di rivolgersi all'Istituto per un supporto tecnico-scientifico su come affrontare la materia e soprattutto su come affrontare la prima emergenza che era la presenza di queste sostanze, comunque nelle acque potabili, riscontrata.
  In quel caso, essendo non definito un limite, la procedura, prevista dal decreto legislativo n. 31 relativo alle acque da destinare al consumo umano, è quella per cui l'ente territoriale si rivolge al Ministero della salute e il Ministero della salute all'Istituto. L'Istituto dà un proprio parere che normalmente viene sottoposto al Consiglio superiore di sanità. Poi, se il Consiglio lo condivide, il Ministero della salute lo fa suo e lo comunica all'ente che l'ha richiesto.
  Da quel momento, per quell'area per cui è stato richiesto il parere, quel limite ha l'equivalenza di una cogenza normativa. Certo, non ha una valenza nazionale. Il Ministero ne potrebbe fare, come in alcuni casi fa, un decreto che si aggiunge, a quel punto, a un'evidenza pubblica e una cogenza di norma ovviamente più esplicita e che poi si applica su tutto il territorio.
  In questo caso, il limite era specifico per quell'area.
  Noi abbiamo dato due pareri, uno immediato nel 2013 e un altro che non ho portato e che, semmai, vi invierò perché ho un po’ di documentazione con me. Poi, ne abbiamo dato un altro che è quello più completo nel gennaio 2014 perché quello del 2013 diceva «le sostanze sono, ancora oggi, tutto sommato poco studiate e non c'è una grande letteratura in merito». Vi abbiamo anche detto «l'EFSA sta valutando le sostanze e l'EPA statunitense ha fissato dei valori», ma, visto il breve tempo in cui ci era stato richiesto, vi abbiamo precisato «per ora, dovete comunque raggiungere il limite tecnologico, dato dalle migliori tecnologie, a oggi, disponibili», cioè le cosiddette «BAT».
  A seguito di questo primo parere interlocutorio dell'ISS, la regione ha dato obbligo ai gestori di installare dei filtri a carbone attivo. A gennaio 2014, l'Istituto ha fatto un documento, direi anche una disamina tossicologica, sulle sostanze, fissando dei limiti per le acque potabili.
  Si tratta sempre di limiti di performance. Noi li chiamiamo «limiti di performance» perché non basta dire che sono dei limiti sanitari, cioè sono anche a cautela della salute perché, prima di arrivare alle conclusioni di dare il limite, facciamo appunto una valutazione anche degli aspetti tossicologici delle sostanze. Tuttavia, siccome sono sostanze per le quali c'è ancora qualche elemento di dubbio dal punto di vista scientifico, noi abbiamo preferito parlare di limite di performance perché a oggi con le tecnologie disponibili, sempre a costi sopportabili ovviamente, ma comunque elevati, abbiamo ritenuto che queste ottemperavano al principio cautelativo e, nello stesso tempo, fossero raggiungibili, quindi abbiamo dato un limite per i PFOS di 0,03 microgrammi per litro. Questo è il limite e penso sia il più basso che è riscontrabile anche in base ai dati di letteratura. Parliamo solo di acque potabili. Poi, per il PFOA il limite è di 0,5 microgrammi per litro e per gli altri PFAS, quindi anche quelli a catena corta, è sempre di 0,5 microgrammi per litro.
  Queste, come sostanze persistenti PFOS, hanno, però, una particolarità, cioè sono inquinanti organici persistenti perché hanno una parte di lipofilia, quindi assorbono la parte lipofila, ma sono anche idrosolubili perché hanno anche una parte idrosolubile che è la componente data dalla presenza del fluoro.
  Questo dà ai PFOS, anche in termini tossicologici, alcune particolarità perché, una volta che sono immessi nell'ambiente permangono, si diffondono anche per la parte solubile e così anche nell'organismo, quindi una volta che sono entrati nell'organismo umano, l'escrezione di queste sostanze non è così semplice. In particolar modo, nel genere maschile i PFOS permangono con tempi maggiori rispetto al genere femminile appunto per il loro meccanismo di trasporto, interno all'organismo umano. Pag. 4
  Questi sono i limiti che noi abbiamo dato per le acque potabili. Io sento, ancora oggi, da parte di molti dire «non ci sono i limiti?». Il limite è stato dato per le acque potabili perché la procedura che prevede la norma nazionale è questa, quindi non è che l'Istituto assurge a rango di norma, ma è il Ministero della salute che, facendo proprio il parere dell'Istituto, fa sì che quel valore diventi norma. Certo, ripeto che sarebbe auspicabile un decreto perché avrebbe una forza forse maggiore, però i limiti ci sono e, in base ai dati che a noi poi ci pervengono, direi che sono rispettati dagli acquedotti.

  LAURA PUPPATO. Questa notizia è per noi di valore straordinario. Abbiamo ascoltato, nelle audizioni che abbiamo fatto in questi giorni, anche gli stessi consorzi acquedottistici e i gestori delle acque. Sembrerebbe che, in alcune aree d'Italia, con similari industrie e imprese, non vi sia garanzia dell'esistenza o meno di perfluoralchilici per il semplice fatto che non vengono ricercati.

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Il problema è questo. Non vengono ricercate queste sostanze perché non fanno parte dei parametri della norma, del decreto legislativo n. 31. In Veneto, li hanno ricercati perché è scattato l'allarme con lo studio del CNR, quindi, da lì, si è creata una situazione particolare.
  Forse non sono stata chiara. Nelle aree contaminate di Verona, Padova e Vicenza, quindi in quelle aree servite dagli acquedotti, dove si era riscontrata la presenza, in generale, di PFAS, oggi, a seguito dei parametri e dei limiti dati dall'Istituto e dal Ministero della salute e all'installazione di questi filtri a carboni attivi, le acque distribuite sono a norma, cioè rientrano in questi limiti. Certo, ci sono stati alcuni sforamenti fino all'anno scorso. In base agli ultimi dati che a noi pervengono, tutti rispettano questi limiti, però in altre aree d'Italia, dove vi può essere presenza di PFOA, chiaramente, se non li cercano, non li trovano.

  PRESIDENTE. Visto che lo studio del CNR non riguardava solo il vicentino, ma riguardava tutta l'asta del Po, segnalando anche alcune situazioni di altro genere e individuando anche probabili produzioni, per esempio, nell'area delle concerie toscane, quindi per quelle zone è vero perché abbiamo visto delle tabelle dove si dice che queste sostanze non sono state rilevate.

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Questo accade perché non le cercano. In effetti, da questo punto di vista, se il Ministero ne facesse un decreto...

  LAURA PUPPATO. Anche alla luce di quanto lei ha testé detto. Cioè che l'Istituto superiore di sanità si è comportato secondo i criteri da applicare in questi casi; che le sostanze vengono quantificate in limiti di performance non sanitari, perché non si ha «la valutazione sugli aspetti pienamente tossicologici, le quantità eccetera» e che si è ragionato con il principio di precauzione. Alla luce della ricerca del CNR, non sarebbe stato opportuno già dal 2013-2014 fare un'esplicita richiesta affinché vengano ricercati anche in altri ambiti territoriali?

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Sì, noi abbiamo specificato quali sono i limiti, poi è il Ministero della salute che, attraverso i suoi organi e il Consiglio superiore di sanità, decide. Noi purtroppo non abbiamo potere normativo.

  PAOLA NUGNES. Com'è nato questo studio del CNR? Nel 2013, si era evidenziata qualche problematica di tipo sanitario e ambientale, per cui il CNR ha provveduto a questa relazione? Da cosa è scaturita la relazione, c'è stato un evento scatenante oppure no?

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Che io sappia è stato commissionato, in base alla Pag. 5direttiva n. 60 sulle acque, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Si trattava di uno studio che doveva servire a dare un quadro, anche perché sono dei dati che dobbiamo fornire alla Commissione europea, anche se noi siamo sempre indietro nel fornire i dati alla Commissione europea.

  PAOLA NUGNES. Questo studio non doveva essere limitato al Po, ma doveva essere su tutto il Paese...

  PRESIDENTE. Lo studio è su tutto il Paese. Io ho visto che la cartina prima aveva individuato dalle aree critiche, una era nella zona delle concerie e poi forse c'è anche un'altra area nel Meridione. Comunque, per ora abbiamo il lavoro da fare. Poi, ascolteremo anche i rappresentanti dell'ISCM.

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. A questo punto, il Ministero della salute e la Regione, nella sua interlocuzione con il Ministero e con noi, hanno ritenuto necessario, ma anche che noi abbiamo consigliato vivamente di fare questo studio, valutare l'esposizione, cioè capire quali erano le aree maggiormente esposte.
  Il problema qual è, rispetto a quello che si è evidenziato? Il problema è che, a questo punto, i dati, anche di esposizione attraverso il consumo di acque potabili, sono dei dati che vanno dal 2013 in poi. Prima del 2013, non c'erano dati, se non qualche dato fatto fortuitamente su acque sotterranee, ma sulle acque potabili non avevamo dati, quindi il Ministero della salute ha ritenuto necessario che la regione desse mandato all'Istituto per fare uno studio di esposizione.
  Noi abbiamo fatto uno studio di biomonitoraggio umano per individuare e valutare quanta fosse l'esposizione della popolazione, anche in seguito al consumo di acqua contaminata presumibilmente da dieci o quindici o vent'anni, quindi presumibilmente da un lungo periodo. Anche questo avrebbe permesso, poi, di meglio delineare la zona a maggior rischio, per poi concentrarsi su eventuali misure, vuoi di mitigazione di interventi, quindi di prevenzione primaria, vuoi di prevenzione secondaria, quindi di eventuale presa in carico della popolazione.
  A questo punto, è stato fatto un accordo di collaborazione con la regione Veneto e abbiamo eseguito uno studio di biomonitoraggio umano, cercando individuare delle aree sulla base dei dati che, nel frattempo, ci pervenivano sulle acque potabili, ma anche sulle acque sotterranee e superficiali. Abbiamo georeferenziato e mappato tutti questi dati e, a questo punto, sono state individuate le aree a maggior contaminazione che sono quelle che si riferiscono alle ULSS 6 e le ULSS 5 che, in base ai dati, dovevano essere quelle a maggior contaminazione.
  Per queste ULSS, abbiamo arruolato anche popolazione di aree sicuramente non esposte, in base ai dati che vi ripeto noi conosciamo – poi, vi dirò un altro elemento – e si è deciso di fare questo studio di biomonitoraggio prelevando il sangue, perché ci serve il siero per poter vedere la presenza di queste sostanze, di circa 620-630 persone, di cui 120 allevatori che possono essere potenzialmente considerati degli iperesposti, perché sono esposti attraverso eventualmente il consumo di acqua potabile o di acque di pozzo e poi attraverso gli alimenti che vengono coltivati, utilizzando queste acque.
  Quello studio è ancora in corso e non è terminato. Non abbiamo ancora finito di raccogliere i dati perché non abbiamo ancora terminato le analisi, ma lo faremo a breve, mentre abbiamo terminato, da circa un mese, lo studio sulle 504 persone delle aree esposte e non esposte, che ha fatto emergere che la ULSS 5, che è l'area immediatamente sotto la Miteni, è quella maggiormente contaminata e con il maggior numero di esposti. È emerso anche che la ULSS 6, che è sotto la ULSS 5, idrogeologicamente e geograficamente parlando, è meno contaminata.
  La cosa importante, che penso emerga da questo studio, è di tutti i PFAS analizzati abbiamo riscontrato prevalentemente i Pag. 6PFOA, che sono anche quelli prevalentemente riscontrati nelle acque potabili perché più solubili rispetto ai PFOS.
  Riguardo ai PFOS, ne abbiamo riscontrati di meno, cioè le concentrazioni sono più basse. Adesso, stiamo riesaminando tutti i dati, anche alla luce della loro valutazione. Si trattava di dati che evidenziavano una forte esposizione della popolazione, per cui abbiamo ritenuto importante renderlo pubblico. Le analisi sono terminate il 13 aprile, quindi il 18 aprile abbiamo comunicato i dati alla regione e il 20 aprile abbiamo fatto una conferenza stampa, rendendo pubblici i dati.
  Non avevamo ancora elaborato tutti i questionari perché per lo studio di biomonitoraggio, alle persone arruolate viene sottoposto un questionario di varie pagine, rilevando stili di vita, abitudini eccetera, per valutare eventuali altre esposizioni.
  Adesso, valutando questi questionari, dovremmo ragionare ancora, con gli enti territoriali con la regione, con le ASL e con le ARPA, per meglio definire queste aree di contaminazione. Perché abbiamo riscontrato dei valori elevati di PFOS, anche in quelle che erano aree, per noi, di bianco, dove quelle persone non hanno bevuto acqua contaminata.
  La domanda che adesso ci poniamo è: e gli alimenti? La regione adesso ha dato un ulteriore mandato all'Istituto di predisposizione di un piano di monitoraggio per gli alimenti che, nel frattempo, era stato predisposto dall'ISS in collaborazione con l'ARPA. Questi hanno analizzato in modo né sistematico né particolarmente ragionato, ma comunque hanno fatto un primo campionamento indicativo di circa 200 prodotti alimentari e, dove è stata riscontrata la presenza dei PFAS, è stata riscontrata anche quella dei PFOS.
  In effetti, una volta immesso nell'ambiente, è quello che più facilmente biomagnifica. Noi l'abbiamo ritrovato nelle uova di un allevamento casalingo, e nel coregone che è un pesce che in quella zona non viene consumato perché è più da pesca sportiva.
  Vi ripeto che, nelle uova e nel pesce, come era presumibile, l'abbiamo riscontrato. Ora, questo fatto che nelle aree a monte della Miteni, a nord della Miteni, nel siero della popolazione non esposta attraverso acque potabili, rileviamo delle concentrazioni che sono superiori a quello che è un valore di fondo oggi riscontrabile nella popolazione italiana, ci rafforza nell'idea che sia necessario indagare la filiera alimentare, sia per il consumo locale che per il consumo non locale, perché con questo può andare dappertutto.

  LAURA PUPPATO. Vorrei chiederle due cose velocemente.
  Prima, lei ha accennato alla differenza tra il genere maschile e quello femminile. Lo avevo anche letto perché anche noi ci stiamo attrezzando per la situazione, vista la novità. Le chiedo se le risulta sia vero e in qualche modo verificabile o se può verificare che c'è un passaggio per la parte placentare e se per la donna in gravidanza questo passaggio placentare risulterebbe particolarmente problematico.

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Su questo non c'è certezza.

  LAURA PUPPATO. Il tema alimentare è – uso questo termine – sorvolato nelle preoccupazioni, in particolare dei sindaci della zona che abbiamo ascoltato lunedì e lei capisce cosa significa questo. In realtà, non è neanche un problema solo della zona perché, lì, abbiamo appunto una situazione anche agricola che distribuisce in tutta Italia e anche all'estero.
  Mi chiedo che elementi abbiamo per non creare né allarmismo, ma neanche permetterlo. Lo dico anche perché è facile che uno stesso produttore serva uno stesso grossista e che quel grossista, per la catena alimentare e per le modalità di vendita che esistono oggi commercialmente, venda, per esempio, normalmente quella produzione a una determinata area, per cui potrebbe non esserci quella diffusione che, in qualche modo, riduce il rischio individuale, ma potrebbe esserci quella produzione, che venduta in un certo modo e in una certa area, incrementa il rischio individuale. Non Pag. 7so se mi sono spiegata. Le chiedo che precauzioni si pensa di dover o poter prendere per questa situazione.

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Questo è grande problema. Stiamo cercando, con i colleghi del dipartimento per gli alimenti, di affrontarlo. Loro stanno predisponendo un piano sulla base della conoscenza del fenomeno di contaminazione ambientale, a oggi, per noi nota e mappata in modo georeferenziato. Sulla base di questo e del dato di biomonitoraggio, bisogna valutare, per esempio, anche aziende che non sono soltanto nell'area di maggior contaminazione, ma anche in quelle che noi riteniamo aree di bianco.
  Tuttavia, noi oggi non abbiamo, su basi della letteratura e delle conoscenze ed esperienze specifiche maturate a livello nazionale, nozione precisa del passaggio nella catena alimentare. Questo è il problema.
  Anche per me è un problema enorme comunicarlo. Il 7, io sarò di nuovo in un convegno pubblico, dove mi massacreranno; ho difficoltà a dare una risposta perché mi verrebbe da dire «interrompiamo tutta la produzione agricola», di un'area, peraltro, ad alta vocazione agricola, quindi con un enorme impatto sull'occupazione eccetera, a fronte di un'assenza di certezza, ma nello stesso tempo il principio di precauzione mi imporrebbe di interrompere tutto.
  Noi, infatti, abbiamo dato un limite allo scarico, molto contestato, che è pari a quello delle acque potabili. Lo abbiamo fatto perché, a questo punto, noi da qualche parte dobbiamo intervenire per interrompere questo loop. Non possiamo depurare a vita con i carboni attivi tutte le acque sotterranee e le acque superficiali di quella zona, quindi bisogna intervenire. Certo, quel limite allo scarico è estremamente conservativo, quindi creerà una serie di problemi.
  La regione ci ha chiesto di nuovo un altro parre dicendoci «come lo dobbiamo applicare?» e noi abbiamo risposto che deve essere applicato immediatamente.

  PRESIDENTE. Chiudiamo la questione sulle acque superficiali, sulle acque sotterranee e sulle acque allo scarico per avere il quadro generale e sapere se ci sono dei limiti o dei valori obiettivo da raggiungere.

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Sugli scarichi abbiamo dato un parere ad aprile 2016, mutuandolo da quello delle acque potabili, quindi abbiamo gli stessi valori delle acque potabili. Questo è estremamente conservativo.
  So che c'è molta polemica sul punto, con noi e tra la regione e il Ministero dell'ambiente, per cui non entro nel merito di questioni politiche né a chi attiene fissare i limiti dello scarico perché ci sono le leggi, quindi basta leggerle; c'è poco da dire. Chiaramente il Ministero le fissa a livello nazionale, ma la regione le può fissare a livello territoriale. Comunque, non entro nel merito sul punto.
  Il limite, giusto o sbagliato, è molto conservativo. Io ho avuto riunioni con tutti gli enti territoriali per spiegare la finalità del nostro limite. La finalità del nostro limite è che noi dobbiamo avere un obiettivo chiaro e conservativo perché dobbiamo intervenire. Qui, c'è una situazione di loop che non si interromperà mai perché le acque sono contaminate e non possiamo depurare i fiumi e le falde sotterranee totalmente. Per queste acque sotterranee poi, per fortuna, c'è una forma di autodepurazione nel tempo, ma non dobbiamo continuare a immettere.
  Queste acque vengono prelevate dalle aziende. Qui, non parliamo solo della Miteni, ma di qualunque azienda, come le stesse aziende conciarie o aziende di trasformazione alimentare. Ora, qualunque azienda prenda l'acqua sotterranea o superficiale che contiene questi PFAS e la scarica, per cui, se non c'è il limite, alla depurazione quelli passano indenni e vengono reimmessi, quindi si crea un loop che non finisce mai e da qualche parte bisogna intervenire.
  Noi abbiamo detto che sugli scarichi bisogna intervenire inesorabilmente, cioè è la prima cosa da fare. Sarebbero dovuti Pag. 8intervenire vent'anni fa, sulla Miteni magari. Indubbiamente questo è stato detto a voce, ma adesso lo scriveremo. Noi abbiamo detto alla regione «questo è un valore obiettivo e potete dare, nell'applicazione, una tempistica e una deadline» perché, se lo applichiamo tra un anno, dovrà essere il doppio o il triplo, ma ci deve essere un obiettivo chiaro per andare verso uno scarico al minimo di queste sostanze, in una situazione di contaminazione delle acque potabili e di forte esposizione della popolazione.
  Abbiamo fatto noi lo studio e possiamo dire che l'esposizione è ai livelli dell'Ohio. Le posso dire che ci sono alcuni singoli casi che superano anche il dato più alto dell'Ohio, quindi come valore mediano siamo confrontabili con il valore della contaminazione dell'Ohio.
  Tra l'altro, per fortuna, queste sono sostanze che, in qualche modo, sono state prese in considerazione dall'Unione europea già da un po’ di anni; infatti il PFOS è una sostanza presente nel regolamento dei POP.
  Noi avevamo fatto uno studio, in base appunto a un altro lanciato dalla Commissione europea, per valutare quale fosse l'esposizione media italiana a queste sostanze, quindi è stato fatto un biomonitoraggio nel 2008-2009, o forse un po’ dopo, dall'Istituto.
  Il biomonitoraggio costituisce un po’ la linea di base per ciò che concerne la presenza di queste sostanze nella popolazione. Queste sostanze sono ormai ubiquitarie, vengono utilizzate moltissimo come repellenti o, per esempio, per la produzione di Gore-Tex, ma anche nella concia delle pelli; quindi hanno un largo utilizzo. Inoltre, per le caratteristiche di persistenza e di idrosolubilità nello stesso tempo, le riscontriamo, con un valore di fondo per l'esposizione media della popolazione italiana che, in base al nostro studio del 2011-2012, è di qualche nanogrammo per grammo di siero.
  Ovviamente per i non esposti il valore mediano dei PFOA è confrontabile con il valore medio italiano, mentre per gli esposti questo valore sale. Questo è valido per il valore mediano, ma, se andiamo a vedere i singoli, in alcuni casi sono veramente elevati. Dunque, avendo prodotto e avendo, in casa, dei dati che indicano una contaminazione ambientale certa e un'esposizione della popolazione che mediamente è almeno 10 o 15 volte più alta del dato di fondo nazionale attuale, è ovvio che, come Istituto superiore di sanità, non possiamo che essere iperconservativi. Noi non siamo mai talebani, ma conservativi sì, cioè cerchiamo sempre di avere un approccio pragmatico ai problemi. In questo caso, bisogna intervenire necessariamente.

  PRESIDENTE. Sui valori obiettivo che ci sono sulle acque superficiali e in falda sono stati dati dei limiti o, allo stato attuale, ci sono acque potabili, scarichi e basta?

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Abbiamo dato, nell'ambito delle bonifiche, anche i limiti per acque sotterranee e per i suoli. Poi, c'è il recepimento della direttiva sulle acque che fissa anche per il PFOS il limite nelle acque superficiali.

  PRESIDENTE. Ci sembrava, da un'occhiata che avevamo dato, molto ristrettivo e molto conservativo anche quello. Si trattava di 0,4 nanogrammi per litro che è un valore bassissimo.

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Sì, ma quello è un valore europeo. Ho con me questi pareri che posso lasciare. Si tratta dei pareri per le acque, per gli scarichi e per le bonifiche. Poi, ho anche quello sul biomonitoraggio o meglio ho una relazione che non è pubblica.

  PRESIDENTE. Possiamo decidere di metterla agli atti come riservata perché, se la facciamo pubblica, chiunque può chiederla.

Pag. 9

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. La facciamo riservata perché si tratta dei dati di biomonitoraggio umano, su cui c'è tutta una problematica anche di codice etico da rispettare.

  PRESIDENTE. Allora, la facciamo fortemente riservato perché c'è un problema di privacy.

  ALBERTO ZOLEZZI. Lei ha qualche dato sulla percentuale di assunzione per mezzo degli alimenti? Vorrei chiederle anche se ritenete che possa esserci anche un'esposizione inalatoria, vista la caratteristica delle molecole.
  Poi, l'Istituto superiore di sanità ha elaborato i limiti sulla base delle direttive o sulla base di altri studi? Sappiamo che lo IARC sta analizzando la questione, anche se per ora si tratta di dati ancora parziali.
  Dal punto di vista laboratoristico ormai una buona specificità e riuscite ad analizzare? Ci sono costi molto elevati per questi dosaggi sia umani che ambientali?
  Vorrei chiedere poi, sulla questione fanghi di depurazione, se avete preso qualche iniziativa. Il fango è un argomento mediamente controverso nelle regioni padane, in cui la gestione spesso è con lo spandimento al suolo e con l'esportazione nelle regioni vicine.
  A volte, una regione passa il rifiuto organico solido urbano e un'altra passa i fanghi. Su queste aree impattate dai perfluoralchilici, che lei sappia, ci sono, almeno in divenire, le misure di cautela o no?
  Per quanto riguarda i nuovi perfluoralchilici a catena corta, vorrei chiedere cosa ne pensate. Ci sono valori più o meno cautelativi sull'inquinamento pregresso, però l'azienda principalmente accusata di aver inquinato e anche aziende che poi fanno manifattura stanno utilizzando questi perfluoralchilici a catena corta. Oggi, li stanno producendo e sono molto più solubili, per cui si diffonderanno comunque nell'ambiente e sul una popolazione peraltro già esposta.

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Tutti i nostri pareri si basano, in primis, su dati tossicologici e di classificazione europea e dello IARC. Poi, abbiamo cominciato a valutare le proposte dell'Agenzia di protezione ambientale statunitense, l'EPA, e di tutti quei Paesi europei ed extraeuropei che comunque, a vario titolo, avevano fissato dei limiti per queste sostanze. Il nostro parere, che appunto ho lasciato agli atti e che potete valutare, è quello del gennaio 2014 che fa un po’ la sintesi, almeno a quella data, su tutta questa conoscenza.
  La IARC, come lei sa, classifica, come 2B, le sostanze possibili cancerogene per gli umani. Purtroppo, io mi rendo conto che non è facile, per chi non è del mestiere e non è addentro alla problematica, capire la distinzione tra possibile e probabile cancerogeno.
  Ieri sera, è stata fatta una pessima informazione al cittadino attraverso Ballarò. Quella è stata veramente una pessima trasmissione, dove l'unica voce che minimamente riportava al centro la questione era quella di Chicco Testa e dove, invece che possibili cancerogene, è stato detto che sono cancerogene. Non è così perché un 2B della IARC non vuol dire che la sostanza è cancerogena, perché prima del 2B ci sono altri tre livelli della IARC.
  Il possibile cancerogeno vuol dire che, su dieci studi, ne ho nove che dicono che non lo è e uno che dice che lo è, per cui, in via conservativa, dico che è un possibile cancerogeno. L'ho tradotto in modo estremamente semplicistico, però questo vuol dire.
  A oggi, la IARC è l'unica che le ha classificate. Le altre organizzazioni non le hanno classificate. Vi ripeto che gli studi evidenziano più una non cancerogenicità che una cancerogenicità. Ora, siccome alcuni studi condotti sui topi che hanno, per questo tipo di sostanze, un meccanismo di trasporto estremamente diverso rispetto a quello umano, quindi non è trasferibile il dato dal topo all'uomo, la IARC in ogni caso, in via conservativa, le ha classificate come 2B e questa è l'unica classificazione. Pag. 10
  Certo, sono sostanze che vanno ulteriormente studiate e giustamente, come dice lei, adesso ci siamo tutti spostando sui perfluoralchilici a catena corta, ma siamo sicuri che questi non hanno impatto sulla salute umana? A oggi, posso dirvi di no, però purtroppo per gli studi tossicologici occorrono anni per arrivare a delle conclusioni.
  Ora, molti studi si stanno concentrando sui perfluoralchilici a catena corta appunto per poter accelerare e capire se è possibile spostare tutta la produzione sui perfluoralchilici a catena corta perché questi giustamente sono ancora più mobili nell'ambiente. I perfluoralchilici a catena corta sono più piccoli perché la molecola è più piccola per grandezza e come solubilità, quindi si diffondono ancora di più e più facilmente. Ecco perché su questi bisogna concentrarsi.
  Comunque, anche sui perfluoralchilici a catena corta non possiamo dire «non stabiliamo dei limiti». In base ai dati che ci sono, anche sui perfluoralchilici a catena corta, noi abbiamo dato il limite.

  ALBERTO ZOLEZZI. Per ora, voi suggerite di comprenderli nella somma di tutte le sostanze perfluoralchiliche o di fare una differenziazione?

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Per ora, li abbiamo messi tutti sulla somma di tutti gli altri, però li abbiamo fissato e poi vedremo cosa succederà perché qui c'è una valutazione step by step necessariamente, man mano che arrivano i dati e anche le conoscenze. Ora, anche a livello internazionale, ci si sta concentrando su queste sostanze, quindi è in continua evoluzione anche il dato scientifico.
  Per quanto riguarda il rischio inalatorio, ci può essere anche questo rischio che sicuramente andrà meglio valutato.
  Sui fanghi, rimangono due problemi per i quali noi continuamente ritorniamo in tutti gli incontri che facciamo con gli enti territoriali e con la regione, i quali hanno detto che li stiamo stressando, però debbo dire che sono dei dati che occorrono per avere un quadro completo della situazione.
  Il punto è se, nei fanghi che vengono utilizzati, sono state o meno analizzate queste sostanze. La regione ci ha detto e ci continua a dire che a breve avremo tutti i dati che ci servono per poter fare il piano di campionamento degli alimenti e che i fanghi che vengono utilizzati sono analizzati e non contengono queste sostanze, ma noi dobbiamo avere ancora i dati.
  Ci hanno detto che li stanno raccogliendo, quindi, se così è, speriamo di averli a breve, così almeno abbiamo sgombrato il campo da questa problematica. Rimane, invece, il grosso problema dei pozzi privati, che nel Veneto, ma sembra essere una caratteristica evidentemente italica, sono maggiormente, abusivi. Probabilmente non si tratta della maggior parte nel Veneto, ma di buona parte, per cui rimane questo grosso problema.

  ALBERTO ZOLEZZI. Sull'esposizione alimentare, ci può dire se è stato fatto un calcolo percentuale e se quello che si trova negli organismi deriva più dall'acqua potabile o dagli alimenti?

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Questo è appunto quanto dobbiamo fare con la predisposizione del piano e poi con l'esecuzione dello stesso, per capire di quant'è la prevalenza. Noi riteniamo, dai dati sulle acque e sul biomonitoraggio e questi primissimi dati sugli alimenti, che la via prevalente sia quella dell'ingestione delle acque potabili, però ancora un timbro su questo con la parola «fine» non si può mettere.

  MIRIAM COMINELLI. Vorrei capire se avevate pensato di affrontare anche il problema del bioaccumulo della sostanza?
  Prima, lei parlava di pesci e sappiamo che un pesce mangia l'altro pesce eccetera. Le chiedo se avete affrontato anche questo aspetto e se c'è già una soglia limite per quanto riguarda il bioaccumulo perché la sostanza sia pericolosa. Pag. 11
  Poi, le faccio una seconda domanda che eredito dalla senatrice Puppato. Le chiedo se sono stati evidenziati dei valori particolari per quanto riguarda gli allevatori. Prima, lei diceva che c'era stato analizzato un campione di allevatori.

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Per gli allevatori, ancora dobbiamo finire lo studio di biomonitoraggio perché non sono terminate le analisi purtroppo. Stiamo terminandole in questi giorni. Penso che entro la fine di maggio dovremmo avere il dato completo, quindi, a oggi, non le posso dire altro. I primi dati evidenziano un'esposizione maggiore, in effetti.
  Per quanto riguarda l'altra domanda sul bioaccumulo, posso dirle che verrà preso in considerazione nel piano di monitoraggio, sicuramente, perché è quello il problema per i PFOS, soprattutto, che sono più bioaccumulabili.

  PRESIDENTE. Vorrei chiedere io una cosa. Quello che è successo su questa categoria di prodotti è che tra l'altro, al di là della cancerogenicità, passano per essere dei forti interferenti endocrini o almeno, se non ricordo male, così era scritto nella scheda.
  Queste forme di inquinanti emergenti sono attive a dei livelli bassissimi rispetto a quelli tradizionali perché si parla di nanogrammi o picogrammi.
  In qualche modo, come Istituto superiore di sanità, come vi state predisponendo nei confronti non tanto dell'arrivo di queste sostanze, perché probabilmente queste già sono presenti in diverse matrici, ma presumo, dalle indicazioni che ci sono, che prima o poi richieste di normazione e di limiti arrivino o, comunque sia, vengano indicati, per cui la domanda è: siamo pronti su questo versante?
  Certo, sarà un tema tutto ambientale questo, però mi chiedo se anche da un punto di vista sanitario si è pronti ad affrontare la ricerca, l'analisi, gli studi e in un qualche modo anche l'informazione. Lo dico perché voi, come Istituto superiore di sanità, avete, se non sbaglio, anche quest'aspetto, cioè quello dell'informazione nei confronti della cittadinanza, rispetto a queste nuove sostanze che in un qualche modo arriveranno sul mercato o che si andranno a ricercare.
  Qui siamo in una tipica situazione che rischia, al di là dello specifico, di essere prodromica a tutta una serie di situazioni che nel tempo ci si potrebbe trovare di fronte, cioè questi nuovi inquinanti che, fino a oggi, non erano normati, ma che da oggi in poi lo potrebbero essere. Mi riferisco non solo ai glifosati, ma a tutto l'ampio spettro degli interferenti endocrini, su cui molto probabilmente gli studi sono in qualche modo all'inizio.
  Io credo – se sbaglio, mi corregga – che nel mettere oggi un nuovo prodotto sul mercato ci sia l'onere della prova da parte del produttore e che ci sia un po’ rovesciato quella che era la filosofia di una volta, se non erro. Questo forse ovviamente può aiutare.
  Insomma, la domanda era un po’ questa perché ci sembra che questa vicenda, al di là della sua specificità, possa in qualche modo essere anche prototipale rispetto a una serie di situazioni che si possono rischiare di trovare poi nel tempo. Vorrei capire se un po’ questi ragionamenti si stanno facendo anche al vostro livello, nel rapporto che avete con il Ministero o coi Ministeri, perché questi sono problemi che, se non si affrontano in maniera adeguata, rischiano di diventare delle emergenze continue su tutti i territori.

  LOREDANA MUSMECI, direttrice del dipartimento ambiente e prevenzione primaria dell'Istituto superiore di sanità. Direi che questo è un discorso generale che non riguarda solo l'ambiente, come lei diceva, però, una volta prodotte le sostanze, poi comunque in qualche modo nell'ambiente ci arrivano.
  Io direi che un primo problema è che bisognerà sempre di più cercare di riconiugare quello che è stato diviso con un referendum tanti anni fa: ambiente e salute debbano andare di nuovo insieme. Non è possibile fare valutazioni meramente ambientali disgiunte da quelle sanitarie. Penso Pag. 12che questo sia l'unico modo per poter comunicare correttamente con cittadini e per cercare di ricomporre i numerosi conflitti ambientali che ormai abbiamo.
  Giustamente il cittadino non può più sentirsi dire «ma quel tale impianto o quel tale alimento rispetta il limite?». Non si tratta solo questo e non è più sufficiente il rispetto del limite. Ci vuole anche il limite, ma mi garantisce la mia salute? Comunque, noi dobbiamo riconiugare la collaborazione a livello territoriale tra le ASL e le ARPA e a livello centrale il rapporto tra il Ministero dell'ambiente e il Ministero della salute deve essere il più stretto possibile.
  Stamattina, ero dal capo di gabinetto del Ministero della salute che appunto dovrà parlare su una serie di problemi, come quello della RIS dentro la VIA e tutto il problema della componente sanitaria non c'è, ma dentro le AIA poi ci viene chiesta. Insomma, si potrebbero aprire mille fronti, ma bisogna innanzitutto di riconiugare questo.
  Per rispondere alla sua domanda specifica, onorevole Bratti, posso dire che è indubbiamente la disciplina REACH, guarda caso, coniuga ambiente e salute anche, cioè fa anche valutazioni ambientali perché c'è la classificazione per l'ecotossicità, ma poi c'è tutta la classificazione per la tossicità per l'uomo, quindi la disciplina REACH forse è la prima, dalla quale poi deriva il regolamento 1272 sulla classificazione di etichettatura e di imballaggio delle sostanze e preparati pericolosi, che appunto coniuga tutti gli aspetti ambientali e sanitari.
  Indubbiamente questo è un grande passo in avanti che si è fatto per l'immissione al consumo di nuove sostanze perché c'è l'onere della prova a carico di chi immette al consumo e poi la Commissione attraverso gli esperti e gli Stati membri valuta i vari dossier.
  Per quanto riguarda l'Istituto, noi abbiamo istituito un centro che prima era dentro il dipartimento ambiente, cioè il centro per le sostanze chimiche. Da circa sette anni, c'è e continuerà a esserci, anche con il nuovo riordino dell'Istituto, un centro per la valutazione delle sostanze chimiche e la salute dei consumatori. Questo centro verrà anche potenziato con il nuovo riordino perché si ritiene di estrema importante. Questo centro dialoga con tutti i vari dipartimenti e centri in cui si riorganizza l'Istituto di sanità, appunto per dare una valutazione sempre più esaustiva di questi dossier. In particolar modo, noi lavoriamo molto su tutti i dossier per i fitofarmaci.
  Poi, mi permetta di concludere dicendo che, però, le risorse all'Istituto superiore di sanità vengono tagliate ogni anno. Noi negli ultimi sette anni abbiamo perso 30 milioni di finanziamento, che sono un'enormità. Noi così non andiamo avanti. Mi dispiace se devo fare questa riflessione, però è la realtà.
  Su questo, può sentire anche il mio presidente, il professor Ricciardi. Il presidente è veramente una persona eccezionale e sta cercando di fare di tutto per non dico aumentarli, ma per recuperare quello che abbiamo perso. Di certo il Ministero della salute a sua volta ha avuto dei tagli e quindi c'è stato un taglio dopo l'altro, però tagliare sulla ricerca non si dovrebbe.

  PRESIDENTE. Terremo conto anche di questa indicazione che ci ha dato, per quello che sono le nostre prerogative, ma credo che insomma, in questa Commissione, su certe cose la pensiamo tutti allo stesso modo.
  Ringraziamo la dottoressa Musumeci e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.25.