XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 17 di Mercoledì 17 dicembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Comandante Generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera, Ammiraglio Felicio Angrisano:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Angrisano Felicio , Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto ... 3 
Caligiore Aurelio , Capo del Reparto ambientale marino ... 5 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Scalia Francesco  ... 9 
Puppato Laura  ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Angrisano Felicio , Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto ... 9 
Caligiore Aurelio , Capo del Reparto ambientale marino ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Angrisano Felicio , Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera, Ammiraglio Felicio Angrisano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera, ammiraglio Felicio Angrisano, accompagnato dal capitano di vascello Aurelio Caligiore, Capo del Reparto ambientale marino, che ringrazio per la presenza.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se lo riterranno opportuno, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Cedo dunque la parola all'ammiraglio Angrisano.

  FELICIO ANGRISANO, Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto. Grazie, presidente. Rivolgo a lei e agli onorevoli parlamentari componenti della Commissione d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti un deferente saluto anche a nome del personale del Corpo delle Capitanerie di porto.
  Sono grato di poter offrire il contributo del Comando generale sulle tematiche oggetto della loro attenzione. Con il suo permesso vorrei strutturare il mio intervento partendo da un veloce inquadramento generale del ruolo e delle funzioni che l'ordinamento assegna al Corpo, per illustrare poi le specifiche competenze che la Capitaneria di porto esercita ai fini della salvaguardia dell'ambiente marino, del contrasto delle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, passando poi alla disamina di alcuni fenomeni e aspetti più prettamente tecnici, che lascerei al Capo del Reparto ambientale marino, capitano di vascello Aurelio Caligiore.
  Faccio questa premessa che potrebbe essere inutile però, se poniamo a fattor comune le funzioni del Corpo, credo che ne tragga vantaggio la chiarezza dell'esposizione, così come le attribuzioni, i compiti e soprattutto le responsabilità che l'ordinamento affida al Corpo.
  Il Corpo è organizzato a livello centrale dopo la legge n. 84 del 1994 sulla riforma del sistema portuale italiano in un Comando generale, mentre a livello periferico abbiamo uffici marittimi regionali, provinciali e locali. Pur essendo uno dei Corpi della Marina militare che svolge, ai sensi del Codice dell'ordinamento militare, funzioni principalmente riconducibili al concorso alla difesa marina e costiera, all'esercizio della polizia militare e alla protezione e allo sviluppo della squadra Pag. 4navale, le principali funzioni e quindi le relative responsabilità di ruolo vengono svolte e attengono agli usi civili e produttivi del mare, e incidono sul comparto marittimo e portuale del Paese.
  In regime di dipendenza funzionale dal dicastero delle infrastrutture e dei trasporti gravano le spese di funzionamento e quelle di investimento, necessarie per svolgere le attività di istituto, e in forza di diretta attribuzione di legge il Corpo è titolare di funzioni che lo stesso ordinamento militare ci elenca: autorità marittime e comandante del porto, governance dei porti maggiori condivisa con le autorità portuali, attività di ricerca e soccorso della vita umana in mare.
  L'Italia ha aderito alla Convenzione internazionale di Amburgo del 1979, che ha individuato un'area marittima di circa 600.000 chilometri quadrati, che è un'area di responsabilità SAR, non un'area di giurisdizione. Dico questo perché spesso si confonde la Guardia costiera come titolare della funzione solo nelle acque territoriali, mentre per la materia del soccorso così come per l'inquinamento quest'area di giurisdizione va ben oltre il limite delle acque territoriali, per cui è una responsabilità per area definita dalla convenzione.
  Disciplina, monitoraggio e controllo del traffico navale, prescrizioni tecniche e certificative per far sì che le navi siano in grado di navigare, la polizia marittima dei porti sul demanio marittimo, in più l'attività di safety e security svolta dopo i fatti delle Torri Gemelle intesa come un nuovo modello di difesa, laddove i porti e le navi devono poter continuare ad operare in presenza di un danno temuto o di una minaccia possibile.
  In materia di pesca dipendiamo dal Ministero delle politiche agricole, e l'Expo 2015 rafforza la nostra capacità di tutelare la filiera ittica. Nutriamo il pianeta con alimentazione sana, sostenibile e sufficiente. Sulla sufficienza di questo alimento noi esprimiamo il meglio della nostra capacità, a tutela dell'ambiente marino, dalla direzione delle attività di vigilanza e controllo alle applicazioni delle norme in materia di prevenzione e repressione di tutti i tipi di inquinamento marino.
  Anche in questo caso si fa molta confusione tra inquinamento in acque territoriali e inquinamento in alto mare. Anche in questa realtà non esiste una differenziazione, ma la capacità dello Stato chiamato a dare risposte si esplica nell'indicare con esattezza i profili di competenza. Il Capo del compartimento dell'autorità marittima è quindi competente per tutte le attività in materia di tutela dell'ambiente marino quando le risorse a disposizione per i piani locali antinquinamento siano sufficienti ad aggredire il fenomeno inquinante.
  L'ultima attività è quella della gestione dei cicli di rifiuto. Noi nasciamo tutori dell'ambiente dal 1965, con la legge sulla difesa sulla pesca marittima. La legge Merli ci attribuiva competenze di tutela dall'inquinamento delle acque del mare dagli scarichi diretti, partendo dall'attività autorizzativa.
  Ritengo che dopo trent'anni questa legge debba essere non rivista, ma rimodellata del titolo e che oggi si debba parlare di legge sulla tutela del mare, perché in Italia c’è chi difende e chi tutela. Noi tuteliamo nella complessità delle nostre capacità, che è tutela anche del sistema economico del Paese. Nel Ministero dell'ambiente è incardinato un nostro Reparto ambientale marino, retto dal comandante Caligiore.
  In ultimo, quello che consacra la nostra attività è il codice ambientale. Due articoli fissano le competenze del Corpo, il 195 e il 135. A questo affianchiamo una nostra capacità operativa e strumentale soprattutto con il telerilevamento. Ne sono testimoni i risultati che abbiamo ottenuto in Campania, dove grazie ai nostri aerei abbiamo individuato insediamenti produttivi soprattutto del mondo caseario che inquinavano le falde acquifere che poi portavano in mare.
  Vorrei infine soffermarmi su un fenomeno, di cui parlerà poi il comandante Caligiore, un fenomeno nuovo, che si sta verificando da qualche mese ed è legato Pag. 5all'attività migratoria. Negli ultimi due mesi abbiamo infatti rilevato che dalla Turchia i siriani che hanno disponibilità economica maggiore rispetto agli altri migranti stanno acquistando navi in ferro di 70-80 metri sulle quali viaggiano. Adesso stiamo verificando se queste navi fossero destinate alla demolizione o facessero parte di un'altra realtà.
  Qui si pone un problema che coinvolge l'ambito ambientale perché, superate le acque di responsabilità greca e maltese, non appena arrivano nelle acque di responsabilità SAR italiana (la suddetta fetta di mare di 600.000 chilometri quadrati) fermano i motori, li mettono fuori uso e chiedono di essere salvati.
  Ovviamente li salviamo, però spesso siamo in difficoltà per le condizioni del mare nel rimorchiare queste navi nei porti nazionali. Su otto casi, siamo riusciti a rimorchiarne sei, ma stiamo intasando i porti e c’è anche un problema economico, perché in un momento di sviluppo dei porti siamo costretti ad operare questa scelta. In due casi abbiamo dovuto abbandonare le navi.
  Questo è un fatto preoccupante, che ci porta a tentare (non da soli, perché non è possibile arrivare a soluzioni del genere) di cogliere l'essenza del problema, che si consacra poi con la motivazione che ha sorretto la concessione della medaglia d'oro al valore di Marina del nostro comandante De Grazia, che ha lavorato per la tutela dell'ambiente marino e la repressione dei traffici di rifiuti.
  Mi fermerei qui, lasciando la parola al comandante Caligiore, che negli aspetti tecnici e nel rispondere a eventuali vostre domande su casi particolari è molto più preparato di me.

  AURELIO CALIGIORE, Capo del Reparto ambientale marino. Grazie, signor presidente, ringrazio innanzitutto il comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera per l'opportunità che mi ha dato di affiancarlo durante l'audizione in corso.
  Devo fare una doverosa premessa. Io ho partecipato ai lavori della precedente Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti come consulente della Commissione stessa. Il Capo del reparto militare della Marina è sempre stato nominato consulente della Commissione, per cui mi trovo ad affiancare il mio Comandante generale; spero di essere, credo a breve, riconfermato nella nomina e quindi di far parte della famiglia della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti.
  Mi accingo a integrare le considerazioni del comandante generale, inquadrando in maniera precipua gli obiettivi e i compiti del Corpo nell'attività oggetto della presente audizione, ossia il contrasto degli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti. Dovrò dare purtroppo degli elementi anche statistici per evidenziare l'attività svolta dal Corpo nella sua interezza, sia a livello centrale, sia soprattutto con i colleghi dei comandi territoriali, che ovviamente sono in prima linea su questa attività.
  I dati presumibili dall'attività di polizia marittima e giudiziaria condotta dal personale del Corpo rappresentano un quadro il cui livello di aggressione ambientale è ancora molto elevato, con danni arrecati a tutte le matrici ambientali: acqua, territorio marino e atmosfera.
  Proprio a fronte di ciò, su specifica direttiva del signor Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le capitanerie di porto hanno condotto una campagna nazionale concentrata, che dalla fine del 2013 al maggio 2014 ha incentrato i controlli e le attenzioni investigative su sette macroaree.
  Oltre al contrasto dell'inquinamento proveniente da navi e da strutture a terra e al controllo dei depuratori e degli scarichi urbani industriali, questa ha riguardato la lotta alle discariche abusive del ciclo dei rifiuti, fenomeno i cui dati riscontrati sono assai rilevanti.
  Con specifico riferimento al ciclo dei rifiuti, sono state sottoposte a sequestro oltre 400 mila tonnellate di rifiuti di varia natura e provenienza, la maggior parte abbandonati in maniera incontrollata in aree demaniali e/o presso aree produttive ricadenti all'interno o adiacenti gli ambiti portuali industriali, 513 persone sono state Pag. 6deferite all'autorità giudiziaria per il reato di cui all'articolo 256 del codice ambientale e per aver esercitato attività illecite di trattamenti per lo smaltimento dei rifiuti.
  Nell'estate 2014 il Corpo ha svolto una nuova campagna di tutela ambientale, sempre richiestaci dal signor ministro dell'ambiente, che, sebbene incentrata maggiormente sul contrasto dell'abusiva utilizzazione del demanio marittimo e dell'apertura di scarichi illeciti in mare, tipici temi caldi dell'attività estiva che le Capitanerie di porto svolgono allorquando la pressione antropica sulla fascia costiera aumenta a causa dell'incremento delle presenze, ha consentito di porre sotto sequestro rifiuti precedentemente trattati per circa 10 mila tonnellate.
  In relazione alla tematica dei trasporti transfrontalieri di rifiuti, l'attività di contrasto ai traffici illeciti viene svolta dalle Capitanerie di porto negli ambiti portuali soprattutto grazie all'elaborazione e all'analisi della gran mole di dati che vengono trattati nella quotidiana azione amministrativa. L'Autorità marittima è competente, sebbene per i profili strettamente attinenti alla sicurezza della navigazione, a rilasciare le autorizzazioni all'imbarco e al trasporto ed il nullaosta allo sbarco di tutti i rifiuti che viaggiano via mare, siano essi in bolle, container, veicoli scarrabili, autocompattatori, che alla rinfusa.
  Tale competenza deriva per i rifiuti non pericolosi dal decreto ministeriale n. 459 del 31 ottobre 1991, per i rifiuti pericolosi dal decreto del Presidente della Repubblica n. 134 del 6 giugno 2005, per tutte le tipologie di rifiuti oggetto di trasporto transfrontaliero dall'articolo 208 del codice ambientale.
  Ogni spedizione di rifiuti, oltre alle formalità amministrative e documentali previste dal regolamento CE 1013/2006, le cui procedure autorizzatorie rientrano nella competenza delle regioni, delle province autonome e/o del Ministero dell'ambiente, è assoggettata dalle norme europee e nazionali al vaglio delle autorità marittime dei porti in partenza e sbarco, per le quali, come prima si accennava, valgono gli aspetti di sicurezza della navigazione e la compatibilità del singolo trasporto con le norme che mirano a evitare rischi per l'integrità della nave, l'incolumità degli equipaggi e la salvaguardia dell'ambiente marino.
  Tali norme sono molto stringenti soprattutto rispetto ai rifiuti pericolosi che, ai sensi dell'articolo 265 del codice ambientale, sono assimilati alle merci pericolose da cui hanno origine. È necessario un piccolo inciso. Mentre la disciplina del trasporto dei rifiuti per il tratto ferro, quindi il regolamento trasporto per ferrovie, o gomma, quindi autostradale, è già da anni conclusa, per quanto riguarda il trasporto dei rifiuti via mare purtroppo il Ministro dell'ambiente non ha ancora predisposto il regolamento attuativo.
  Nel corso della legislatura si potrebbe quindi giungere in tempi rapidi a un definitivo regolamento che disciplini il trasporto dei rifiuti via mare.
  Analizzando le domande d'imbarco e l'allegata documentazione di natura dichiarativa e autocertificativa è possibile per gli operatori del Corpo addetti alla vigilanza in ambito portuale effettuare i dovuti controlli, attivando, laddove ne ricorrano i presupposti, le sinergie a livello locale con le ARPA e con gli uffici dell'Agenzia delle dogane, enti con i quali esiste una forte, quotidiana e imprescindibile sinergia operativa, come accennava prima l'ammiraglio Angrisano.
  Le fattispecie più ricorrenti che vengono accertate si ricollegano sostanzialmente alla spedizione di rifiuti non trattati e/o di miscele indifferenziate di varia origine, che vengono dissimulate sotto le apparenze documentali di traffici di sottoprodotti e/o di materiali provenienti da operazioni di recupero e riciclaggio.
  Trattasi dunque di materie e/o sostanze, scarti industriali, rottami di varia natura ma sovente ferrosi che vengono presentati dallo speditore o come non rifiuti o come rifiuti cessati, in entrambi i casi per eludere i divieti e le complesse procedure autorizzatorie previste per legge.
  A testimonianza della metodologia adottata e della sinergia che lega il Corpo Pag. 7all'Agenzia delle dogane e alle ARPA cito fra le tante l'operazione condotta nell'agosto del 2013 presso il porto di La Spezia, laddove alcuni container in partenza per la Cina, presentati all'imbarco come contenenti parti elettriche, in realtà contenevano 400 tonnellate di rifiuti di apparecchiature elettroniche e di rottami metallici non trattati.
  Anche sul versante delle merci alla rinfusa l'attenzione degli uffici marittimi è elevata. Cito quale esempio il sequestro di circa 4.500 tonnellate di materiale ferroso alla rinfusa, sequestrato tra la fine del 2013 e i primi mesi del 2014 presso il porto di Gaeta, materiale che, sebbene presentato per l'imbarco quale prodotto ferroso, in realtà, come evidenziato dalla caratterizzazione effettuata dall'ARPA, altro non era che un insieme indistinto di rifiuti di materiali vari, prevalentemente ferrosi (ferro, alluminio, rame, plastica), che non rispettava assolutamente i parametri ambientali dettati dai regolamenti UE nn. 333 del 2011 e 715 del 2015, recanti i criteri che determinano quando alcuni tipi di rottami metallici e di rame cessano di essere considerati rifiuti.
  Lo smaltimento delle navi non più utilizzabili, tema richiamato dall'ammiraglio Angrisano, è recentemente in auge per questa ondata di migrazione di siriani che dalle coste turche si accingono a riversarsi in Europa dalla porta di ingresso principale che, come tutti sappiamo, è l'Italia.
  Un fenomeno che merita una notazione a parte, così come emerge dall'attività di polizia giudiziaria condotte da alcune Capitanerie di porto, è quello dello smaltimento illecito di navi mercantili ormai vecchie o comunque non più utilizzabili per i traffici marittimi delle merci. Queste vengono rimorchiate o condotte presso Paesi ove vengono demolite all'aria aperta, senza alcuna precauzione per l'ambiente e la salute umana.
  Tali pratiche, finalizzate a lucrare sui grandissimi risparmi che si ottengono sottraendo le navi e tutti i materiali a bordo dal ciclo regolare delle bonifiche e degli smaltimenti, vengono dissimulate presentando alle autorità del porto di partenza, l'ultimo porto italiano, richieste di autorizzazione per viaggi di trasferimento verso cantieri all'estero, ove sottoporre la nave a lavori di riparazione e/o di riassetto (cosiddetto refitting).
  Esaurite le procedure amministrative previste nei casi di specie ed ottenute le autorizzazioni a partire per recarsi in porti esteri, dove essere sottoposte a lavori di riparazione, le navi vengono condotte in località ove vengono smantellate per recuperare il ferro ed i materiali ancora utilizzabili e ove vengono smaltiti illegalmente a costo zero i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione.
  I siti dove tali smaltimenti illeciti avvengono sono collocati principalmente nel sud-est asiatico: India, Bangladesh, Pakistan totalizzano il 58 per cento di tale traffico mondiale, anche se le risultanze delle ultime indagini, ancora in corso sotto il coordinamento delle competenti direzioni distrettuali antimafia, stanno evidenziando anche la Turchia, segnatamente il porto di Aliaga sull'Egeo, come sito di destinazione delle navi.
  In tutti i casi esaminati è stato accertato che la documentazione prodotta dagli interessati presso le autorità marittime doganali nazionali prevedeva il trasferimento delle navi verso Paesi extra UE ovvero OCSE come la Turchia per la riparazione e per il reimpiego delle stesse. In tanti casi queste navi non ripartivano più, quindi venivano avviate in Turchia per la definitiva demolizione.
  In tutti i casi si è verificato dalle risultanze documentali e dai dati di monitoraggio del traffico disponibile in ambito europeo (Safety Net) che le navi sono state demolite, concretizzando così l'illecita spedizione transfrontaliera di rifiuti pericolosi per mare. Tali preordinate condotte illecite hanno portato la magistratura inquirente a configurare l'ipotesi di reato di cui all'articolo 259, traffico illecito di rifiuti, del decreto legislativo n. 152 del 2006, poi tramutato, stante la sussistenza dei relativi presupposti, nella più grave fattispecie delittuosa dell'attività organizzata Pag. 8per il traffico illecito di rifiuti, contemplata dall'articolo 260 del citato decreto legislativo.
  Sono diversi i motivi che stanno alla base del fenomeno dello ship dismantling: la variabilità del mercato navale (varie tipologie di unità, principalmente petroliere, portarinfuse e traghetti roll on e roll off), la diversità dei materiali contenuti nelle navi e il fatto che alcuni di essi sono difficilmente riutilizzabili (materiali composti) o vietati come l'amianto, il trattamento costoso del riciclaggio di certi materiali, l'assenza in Europa di un mercato del riciclaggio dell'acciaio per la costruzione delle navi, la diminuzione negli ultimi dieci anni del numero di impianti di demolizione da parte dell'Unione europea.
  La capacità di demolizione esistente nell'Unione europea e in altri Paesi OCSE (soprattutto la Turchia, che detiene il 9 per cento del mercato mondiale) riesce appena a soddisfare le esigenze ordinarie relativamente ad unità di piccolo e medio tonnellaggio. Questa capacità non copre il numero ben più cospicuo di navi mercantili di grande dimensione, petroliere e portarinfuse, che battono bandiera di uno Stato membro dell'Unione europea o che sono di proprietà di società con sede nell'Unione europea stessa.
  Il problema si è negli ultimi anni aggravato anche a seguito del ritiro di migliaia di petroliere a scafo unico, disposto a livello comunitario e internazionale a seguito dei pacchetti di norme entrate in vigore in seguito ai recenti disastri ambientali delle motocisterne Erika nel 1999 e Prestige nella costa gallega del 2002.
  Interconnessione alle banche dati e sinergia istituzionale. Sicuramente l'efficacia dell'azione di contrasto da parte delle capitanerie di porto potrà migliorare allorquando, in attuazione dell'articolo 8-bis del decreto-legge n. 92 del 23 maggio 2008, convertito in legge n. 125 del 24 luglio 2008, verranno emanati i decreti attuativi indispensabili per consentire agli uffici del Corpo di accedere al centro elaborazione dati del Ministero dell'interno.
  Tale collegamento, ad oggi non ancora operativo, consentirà agli operatori del Corpo addetti a tali specifici controlli di poter sapere se il soggetto imprenditoriale che richiede l'autorizzazione a imbarcare una determinata merce o un quantitativo di rifiuti abbia precedenti specifici e/o sia già indagato per i reati di cui agli articoli 259 e 260 del codice ambientale.
  Tale controllo preventivo sui soggetti speditori, tale filtro a monte ad oggi non è ancora possibile per gli uffici marittimi, i quali possono basarsi solo sulle informazioni già in loro possesso e sulla documentazione allegata alle domande d'imbarco.
  Se si considera poi che tutto ciò che esula dal trasporto di merci pericolose o di rifiuti non presuppone alcun onere amministrativo e dunque alcun controllo a monte da parte dell'autorità marittima per i profili amministrativi di competenza, è possibile affermare con certezza che l'accertamento di traffici illeciti di rifiuti è rimesso alle normali attività di controllo e vigilanza a campione e/o su segnalazione.
  Segnaliamo infine che in data 10 dicembre 2013, presso la sede della direzione nazionale antimafia in Roma, il Corpo ha siglato un protocollo d'intesa al fine di creare una forma stabile ed efficace di cooperazione per il contrasto alla criminalità organizzata nelle materie di pertinenza della Guardia costiera.
  In particolare, con la stipula dell'accordo il Corpo delle Capitanerie di porto fornisce il proprio supporto investigativo e operativo nel settore ambientale, con particolare riguardo ai fenomeni dell'inquinamento marino causato da navi e al traffico illecito nazionale e transfrontaliero di rifiuti, oltre che in altri ambiti quali il contrasto all'immigrazione clandestina e la vigilanza sulle frodi agroalimentari nel comparto della pesca e della commercializzazione dei prodotti ittici.
  La direzione nazionale antimafia provvede all'analisi e all'elaborazione dei dati e delle notizie acquisite dalle capitanerie di porto per le finalità investigative di competenza, fornendo tutte le informazioni e notizie in materia di criminalità organizzata Pag. 9non coperte da segreto istruttorio funzionali a rendere ancor più efficaci, puntuali e fruttuosi i controlli di polizia giudiziaria sul territorio. Sono stati all'uopo creati due gruppi di lavoro che si interfacciano con sistematicità per lo scambio di dati e informazioni.
  Tutte le descritte capacità e competenze sono preordinate alla costante, quotidiana e appassionata opera di salvaguardia e di tutela dell'ambiente marino e costiero.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Cedo la parola ai colleghi che intendano porre domande o formulare osservazioni.

  FRANCESCO SCALIA. Vorrei chiedervi quali siano in base alla vostra esperienza e alle operazioni che avete effettuato le principali tipologie di rifiuti spediti illecitamente all'estero e le mete di destinazione principali.
  Lei ha descritto il fenomeno delle navi da smaltire fingendo trasferimenti all'estero, ma non ho ben capito il recente fenomeno che descriveva l'ammiraglio Angrisano in merito alle navi di siriani provenienti dalla Turchia che giungono in acque interne e quindi devono essere smaltite da noi.

  LAURA PUPPATO. Vorrei verificare di aver compreso bene, anche se, essendo riportato nella vostra relazione, credo che non ci sia margine di dubbio.
  Per svolgere il vostro lavoro con gli strumenti che vi necessitano mancano il regolamento del trasporto rifiuti via mare e l'interconnessione alle banche dati relativo a una legge di sei anni fa, che non ha ancora i decreti attuativi. Ho compreso bene ?

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, vorrei porre io qualche domanda. Innanzitutto vorrei sapere come anche in missione trattiate i rifiuti prodotti dalle vostre navi.
  Noi siamo stati anche in missione con l'Interpol, per cui vorremmo conoscere il vostro rapporto non solo con le varie forze di polizia nazionali, ma anche con quelle esterne, perché crediamo che la lotta al trasporto illecito di rifiuti transfrontaliero debba essere affrontata in maniera internazionale. Ci colpisce questa mancanza di accesso ai dati, quindi vorremmo un focus su questo aspetto che riteniamo fondamentale.
  Do la parola al Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto, ammiraglio Felicio Angrisano, per la replica.

  FELICIO ANGRISANO, Comandante generale del Corpo delle capitanerie di porto. Io risponderò alla seconda domanda del senatore e poi parlerò delle nostre navi, per poi lasciare la parola al capitano Caligiore.
  Il fenomeno che stiamo verificando è questo: se queste navi da 70-80 metri in ferro che vengono impiegate dai siriani per raggiungere le nostre coste siano tra quelle partite da noi per essere trasformate. Nel momento in cui le navi arrivano nelle nostre acque territoriali, una volta salvati gli occupanti (sono navi senza equipaggio), per non abbandonarle in mare, come abbiamo invece dovuto fare solamente in due casi perché non è stato possibile rimorchiarle per questioni meteo-marine di sicurezza degli stessi migranti, queste navi sono sottoposte a sequestro e, non avendo un titolare, un proprietario, un armatore, sarà poi compito dello Stato smaltirle.
  Noi vogliamo capire se queste navi avessero una situazione diversa dall'autorizzazione, verificare da quali porti nazionali, europei o extra europei provengano e se fossero state destinate a porti dove la demolizione è più snella e sicuramente più pericolosa. Sono otto navi che di recente hanno iniziato questa traversata, si trovano attualmente nei porti di Augusta e di Siracusa, e stiamo già operando per cogliere se dietro di esse non si celi un'attività illecita con un notevole guadagno per l'attività criminale.
  I dati che abbiamo sono acquisti di navi intorno a 150.000 dollari, la capienza ordinaria di persone trasportate di circa 500 che pagano circa 5.000 dollari per Pag. 10passaggio. Lei capisce che ci troviamo di fronte a un fenomeno enorme e recente che già stiamo monitorando. Vogliamo quindi capire se questo non sia un riciclaggio.
  Volevo rispondere al presidente sulle nostre navi. Come Corpo della capitaneria di porto, ad eccezione di due navi molto recenti, siamo responsabili di attività di soccorso snello, salviamo i migranti ma salviamo anche i diportisti, i pescatori, e per gestire questa emergenza che va trattata come tale abbiamo solo due pattugliatori e un Supply Vessel, che seguono le regole ordinarie previste dalla norma per lo smaltimento dei propri rifiuti che sono modesti, perché l'equipaggio è composto di circa 35 persone, con una sosta operativa settimanale nei porti.
  Se trasportano i migranti c’è certamente tutta un'opera di bonifica, perché tutto il materiale che noi offriamo come lo offre la Guardia di finanza viene poi conferito a ditte autorizzate nei porti che provvedono allo smaltimento. Per le barche più piccole di 15-16 metri il rifiuto è molto ridotto, fanno missioni di un paio di ore e poi tornano in porto, quindi lo smaltiscono le ditte autorizzate.
  Anche per queste barche che raccolgono naufraghi o profughi, una volta offerta ai migranti assistenza, quindi giubbotti di salvataggio, coperte, vengono conferite a ditte autorizzate per il successivo smaltimento.

  AURELIO CALIGIORE, Capo del Reparto ambientale marino. Non mi rimane che rispondere alle domande sui rifiuti transfrontalieri. Su dati dell'Agenzia delle dogane, la maggior parte di questi trasporti intercettati e poi sequestrati hanno riguardato rifiuti o rottami metallici diretti verso i mercati del sud-est asiatico (Cina), che assorbono qualunque genere di scarto di produzione industriale, dall'elettronica ai metalli, alle plastiche, perché in Italia richiederebbero un costo aggiuntivo mentre nei porti asiatici hanno un valore residuale che copre abbondantemente i costi del viaggio e assicura un guadagno ai trafficanti.
  Segnalo che non si tratta soltanto di scarti e rifiuti prodotti nell'ambito nazionale, ma spesso vengono intercettati come segmento transfrontaliero. Un caso recente ha riguardato la Capitaneria di porto di Taranto con l'intercettazione di alcuni container provenienti dalla Grecia e diretti verso Singapore. L'Italia è quindi porto intermedio, non il destinatario finale, ma comunque nei nostri porti taluni container vengono intercettati anche se la destinazione finale più frequente è il sud-est asiatico.
  Come dicevo, ci manca il regolamento di trasporto rifiuti e allora l’escamotage del legislatore è quello di assimilare i rifiuti a merci pericolose. Esiste una convenzione internazionale, la MARPOL, che nasce in un contesto di agenzia ONU, l'International Maritime Organization, che raggruppa le tipologie di rifiuti prodotti dalle navi sia solidi sia liquidi.
  Le merci pericolose, che nel settore marittimo sono quelle tipologie di merci che possono in ipotesi produrre un pericolo per la sicurezza della navigazione medesima, viaggiano secondo i dettami e i criteri previsti dall'International Maritime Dangerous Goods (IMDG) Code, che ne disciplina le varie tipologie.
  In Italia manca questo strumento pertinente che è allo studio. Per onestà intellettuale ho l'obbligo di dire che c’è una commissione tecnica con varie figure istituzionali, dirigenti del Ministero dell'ambiente, della direzione generale tutela del territorio e delle risorse idriche, che dopo le recenti modifiche non esiste più, in quanto è stata creata una specifica direzione che si occuperà esclusivamente di rifiuti, mentre le risorse idriche e le bonifiche ambientali sono state a loro volta ripartite e quindi ci sarà una maggiore celerità, ci sono funzionari ISPRA, ci siamo noi del Reparto ambientale marino, ci sono i colleghi del Comando generale VI reparto, per cui è una tematica che stiamo affrontando e, una volta definita, probabilmente avremo una maggiore linearità nelle procedure autorizzatorie all'imbarco e allo sbarco di merci pericolose. Mi auguro di aver risposto ai quesiti posti.Pag. 11
  Interpol: esiste una struttura a livello comunitario, l'Europol. Nella attuale partecipazione troviamo l'Arma dei carabinieri e il Corpo della guardia di finanza. Noi come Capitaneria di porto non abbiamo un ruolo specifico, ma tuttavia come Reparto ambientale marino ci capita di collaborare con i colleghi del nord Europa (Germania, Olanda, Belgio), che però partono da un presupposto diverso.
  Non disponendo infatti di una Guardia costiera come quella italiana che fa mille cose, la maggior parte di questi controlli vengono fatti dalle loro Agenzie doganali, quindi c’è una sorta di interconnessione tra la dogana e la normale Gendarmeria. Noi come Guardia costiera forse riusciremo ad avere questo tipo di attribuzione grazie ai nuovi sviluppi che diceva prima il comandante generale che stiamo cercando di percorrere con l'Agenzia delle dogane, i cui primi risultati positivi li abbiamo avuto nella filiera della pesca, dei controlli dei prodotti ittici, e nulla vieta di avere altrettanti risultati positivi nel controllo del trasporto transfrontaliero e non transfrontaliero dei rifiuti.

  PRESIDENTE. Un'ultima domanda: cosa si potrebbe fare per essere più efficaci nel contrastare il traffico transfrontaliero illecito di rifiuti ?

  FELICIO ANGRISANO, Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto. A me verrebbe di dire una cosa ovvia, sciocca, che sarebbe piaciuta a Catalano di Quelli della notte: ci vuole maggiore lealtà e capire che violare la norma non è che produca poi questa ricchezza nel tempo.
  In materia ambientale o si crea un'educazione o le nostre coscienze verranno sempre graffiate dai disonesti. Poi è ovvio che dobbiamo sempre tener presente che una delle regole che governano anche la materia della sicurezza più propria che è quella degli attentati è che bisogna fare tutto nel miglior modo possibile per cercare di arrecare meno danno economico al sistema Paese.
  Lo sforzo quindi è complesso. Ho fatto questo intervento più da nonno che da Comandante generale, perché la mia nipotina mi ha detto: «nonno, ti lascio il mio patrimonio che è il demanio e il mare, restituiscimelo come una volta le banche con gli interessi». Certamente c’è tanto da fare, soprattutto capire che di fronte a un bene così prezioso devono scomparire le capacità delle forze: ognuno deve rinunciare a qualcosa, perché al centro di questo piatto c’è un interesse enorme e non possiamo essere egoisti e gelosi del nostro tempo.
  Ognuno di noi deve perdere un pezzo della capacità delle proprie forze e metterla a disposizione di un sistema. Credo che in questo modo riusciremo a tacitare le nostre coscienze di uomini delle istituzioni, di attenti vigilanti e a far crescere qualcosa dalle demolizioni.
  Demoliamo il fenomeno e facciamo crescere qualcosa da queste demolizioni, perché, se demoliamo solamente, ci saranno altri spazi, ci saranno nuove risorse, nuove intelligenze, soprattutto quelle criminali che sono molto più attive delle nostre.
  Se nel demolire dei fenomeni riusciremo a costruire qualcosa, fra qualche anno potremo essere più felici.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.