Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SALUTE PSICOFISICA DEI MINORI
Audizione della professoressa Letizia Leocani, associato di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 3 ,
Natali Sora Maria Grazia , neurologa e neuropediatra presso l'Ospedale San Raffaele di Milano ... 8 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 9 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 9 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 10 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 10 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 10 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 11 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 11 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 11 ,
D'Incecco Vittoria (PD) ... 11 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 11 ,
Natali Sora Maria Grazia , neurologa e neuropediatra presso l'Ospedale San Raffaele di Milano ... 12 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 12 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 12 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 12 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 12 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 13 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 13 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 13 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 13 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 13 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 13 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 14 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 14 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 14 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 14 ,
Leocani Letizia , professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano ... 14 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 14
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MICHELA VITTORIA BRAMBILLA
La seduta comincia alle 14.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione della professoressa Letizia Leocani, associato di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano.
PRESIDENTE. Comunico che, ove nulla osti, la vicepresidente Sandra Zampa parteciperà in rappresentanza della Commissione a un convegno a Bologna il 21 marzo prossimo, in occasione della Giornata Mondiale del servizio sociale, sul tema «Promuovere la comunità e la sostenibilità ambientale», mentre il prossimo 6 aprile si recherà in missione ad Urbino per un convegno sui minori stranieri non accompagnati.
L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori, l'audizione della professoressa Letizia Leocani, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano.
La professoressa Leocani è accompagnata dalla dottoressa Maria Grazia Natali Sora, neurologa e neuropediatra presso la medesima struttura.
Dottoressa Leocani, le do la parola per la sua relazione. Poi, se la dottoressa Natali Sora vuole aggiungere qualcosa potrà farlo e i colleghi porranno le loro domande.
Attraverso l'impianto a circuito chiuso garantiamo la registrazione degli atti, per i colleghi commissari che non assistono all'intera seduta o comunque sono assenti.
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Buongiorno. Ringrazio moltissimo per questo invito e per questa opportunità.
In questa breve relazione considereremo gli aspetti della neuromodulazione che si basano sulla possibilità di potenziare la plasticità cerebrale, che è così sviluppata proprio nell'età infantile che è oggetto di questa audizione. Parleremo della definizione del danno e delle sue caratteristiche, che vanno conosciute per un approccio di questo tipo, che consiste nell'applicare diverse strategie personalizzate di potenziamento del recupero.
Abbiamo già evidenze di efficacia e un buon profilo di sicurezza di questo tipo di approccio, che a oggi, almeno in Italia, è confinato all'aspetto sperimentale e non è riconosciuto dal Servizio sanitario nazionale. Dunque, gli aspetti organizzativi saranno fondamentali per implementare e divulgare questa metodica.
Si tratta di una metodica che ha consentito adesso di rivoluzionare le conoscenze sul funzionamento del cervello, non Pag. 4solo di quello patologico, ma di quello sano, dunque pone delle variazioni di atteggiamento anche nello sviluppo psicofisico del bambino normale.
È normale che la maggioranza degli studi siano stati effettuati nell'adulto, proprio per motivi di sicurezza, che richiedono diversi test prima di passare al bambino. Nonostante, però, questo sia un campo in crescita esponenziale nella letteratura internazionale, ancora meno del 3 per cento degli studi è dedicato ai bambini. Sarebbe ormai tempo, viste le migliaia di persone che sono già state sottoposte a questo tipo di terapia, di passare a una fase organizzativa più applicabile nell'immediato, nel breve termine.
Dobbiamo considerare che a qualsiasi età il deficit neurologico a seguito di un danno è conseguenza del bilancio fra i meccanismi di evoluzione del danno e quelli di riparazione. È importantissimo definire la riserva funzionale del cervello che è stato leso e sapere come utilizzare quanto è rimasto, il che è la base fondamentale della neuroriabilitazione, ci tengo a dire, «moderna», laddove ormai la neuroriabilitazione è una scienza perché si basa proprio su conoscenze neurobiologiche ormai acquisite.
La combinazione della stimolazione fisica, chimica e comportamentale – in quella fisica includo la neurostimolazione – può migliorare il recupero, soprattutto se combinata. Non mi soffermo a spiegare nel dettaglio tutte le fasi che sottendono un danno neuronale. Pensiamo a un ictus acuto. Per poter trattare al meglio una lesione cerebrale come l’ictus dobbiamo già considerare in che fase ci troviamo rispetto all’ictus.
Mentre nelle fasi iniziali abbiamo un'esagerata attività neuronale, nelle fasi subacute e croniche abbiamo una ridotta attività neuronale, dunque dobbiamo approcciare la terapia conoscendo: prima di tutto, la fase del danno che si è instaurato; poi, l'entità della lesione, perché in uno stesso cervello una lesione piccola darà luogo a un disequilibrio tra l'area lesa e le aree circostanti.
Noi abbiamo – questo è un esempio schematizzato di lesioni in un'area motoria – due emisferi che sono in cooperazione e talvolta in antagonismo fra loro, dunque l'estensione della lesione determina quanto del tessuto circostante potrà partecipare al recupero e quanto coinvolgerà anche l'emisfero opposto e porterà un disequilibrio fra i due emisferi. Dunque, bisogna conoscere l'entità del danno nella singola persona.
Infine, bisogna sapere in che età ci troviamo, perché nella fase dello sviluppo il cervello è in continua evoluzione non solo per meccanismi biologici, ma anche per l'ambiente in cui si trova, e abbiamo adesso la tecnologia per mostrare come anche le connessioni fra aree cerebrali e le proiezioni tra area motoria e midollo spinale non solo si evolvono durante l'apprendimento e durante l'accrescimento, ma cambia il tipo di interazioni fra due emisferi. Riusciamo ormai a vedere le connessioni fra aree motorie che solo nell'adolescenza inizieranno ad avere un aspetto che è quello completo dell'adulto.
Dunque, nell'approcciare la plasticità sinaptica, dobbiamo anche sapere in che fase dell'evoluzione del bambino ci troviamo, perché avremo davanti un cervello diverso.
Adesso abbiamo la tecnologia per saper identificare questi meccanismi. Pensiamo che una stessa lesione in un soggetto adulto darà luogo a una emiplegia, perché tutta l'area motoria di un emisfero è andata perduta, mentre un bambino che ha ancora un potenziale di plasticità enorme può andare incontro a una riorganizzazione tale da poter controllare con un emisfero i movimenti di entrambe le mani. Noi, appunto, abbiamo la possibilità di vedere, anche con tecniche non solo di neuroimmagini strutturali che vedono le connessioni fra aree, ma anche funzionali, come le diverse aree si attivano in concerto fra loro in modo non invasivo.
Possiamo anche vedere come un'area è collegata al movimento delle mani, perché le tecniche di neurostimolazione, che adesso vediamo subito, consentono di attivare un'area del cervello e vedere gli effetti nell'immediato. Questa attivazione non è invasiva, Pag. 5non è dolorosa. Abbiamo la possibilità di attivare i neuroni con campi magnetici, con correnti elettriche. Dunque sono, in teoria, abbastanza semplici da maneggiare, perché è semplice lo strumento.
Quello che invece è molto complesso – e ci tengo a dirlo fin da subito – è il cervello umano, dunque non basta conoscere le istruzioni per l'uso della macchina per manipolare un cervello, ma occorre essere dei professionisti che conoscono come il cervello funziona. Un cacciavite è uno strumento estremamente semplice, ma se lo si deve utilizzare per aggiustare un computer è bene che sia un esperto a farlo.
La comunità scientifica internazionale adesso sta prendendo posizione contro, ad esempio, questi tentativi del fai da te della neurostimolazione, che va assolutamente ostacolato. Ci sono siti internet in cui vendono apparecchi per l'autoneurostimolazione. Questo va assolutamente osteggiato, perché si tratta invece di un approccio scientifico da gestire in modo serio.
Con la stimolazione possiamo anche vedere le connessioni, nel singolo soggetto, tra l'area cerebrale e le aree delle mani, e infatti siamo in grado di studiare la plasticità fin dall'età evolutiva e vedere come le diverse nostre attività motorie andranno a manipolare il nostro cervello.
Pensiamo al cervello di una persona sana che tende a usare la sua mano destra. L'area della mano destra in chi usa nelle attività quotidiane, molto spesso, più la destra che la sinistra, dunque non è un soggetto mancino, è più espansa rispetto all'altra. Questo si può studiare in modo non invasivo stimolando i diversi punti del cervello e vedendo le risposte muscolari.
Un pianista, che ha iniziato a suonare prima dei dieci anni, ha già una riserva motoria diversa, perché la sua mano sinistra sarà molto più efficiente e bilanciata rispetto alla destra. Dunque, pensiamo anche solo alla riserva motoria, alla riserva cognitiva che possiamo creare già nell'età dello sviluppo, esponendo i bambini ad attività diverse, motorie, che potranno espandere le loro funzionalità motorie, dando luogo a una riserva maggiore in caso di malattia.
Addirittura alcuni studi hanno dimostrato che il voto preso in età scolare, alle scuole medie, prevede l'età di insorgenza della malattia di Alzheimer. Dunque, studiare molto e andare bene a scuola da piccoli previene lo sviluppo del danno cognitivo che si ha durante l'invecchiamento.
È vero che noi ci preoccupiamo molto delle patologie dell'invecchiamento, che sono sempre più prevalenti in una popolazione che invecchia, ma garantire uno sviluppo ottimale nel bambino è proprio quello che servirà a prevenire le patologie dell'invecchiamento. Quello che succede dopo un ictus acuto è che si perdono i contatti tra l'area lesa e i nostri muscoli, e si va incontro a una ipereccitabilità diffusa dell'emisfero intatto, che in qualche modo ritorna bambino e cerca di trovare nuove connessioni con le aree superstiti.
Pertanto, anche sapere qual è lo stato del cervello che andiamo ad approcciare è fondamentale. Queste tecnologie ci consentono di farlo e di sapere esattamente se vogliamo aumentare l'eccitabilità di un'area cerebrale, cosa che si può fare con la stimolazione a corrente diretta, applicando appunto gli elettrodi sulle aree di interesse, che in questo caso sono motorie, perché l'utilizzo è quello di migliorare la funzione motoria. Ma noi possiamo, a seconda della direzione della corrente, decidere di aumentare l'attività di un'area motoria che vogliamo potenziare o, al contrario, diminuire l'attività motoria dell'emisfero, ad esempio, antagonista nel caso in cui sia iperattivo.
Dunque, sapere esattamente come stanno dialogando in concerto i due emisferi è importantissimo per utilizzare questa metodica al meglio e sapere quale area potenziare e quale invece inibire. Vi ricordo che questa metodologia è già stata applicata addirittura anche ai bambini sani, che imparano a eseguire dei compiti in precisione motoria, come spostare dei pioli da una bacinella a dei fori di piccole dimensioni; parliamo di bambini sani che devono fare questo test con la mano sinistra, che è quella meno efficiente in tutti i destrimani. Dopo già tre giorni di tentativi, la performance è nettamente migliore nell'apprendimento Pag. 6 in chi ha ricevuto la stimolazione sull'area motoria interessata. Questo apre dei notevoli orizzonti su tutto quello che è il ritardo nell'apprendimento.
Vorrei tuttavia sottolineare come la stimolazione è utile per potenziare una plasticità la cui direzione è data comunque dal riabilitatore e da chi fa effettuare gli esercizi. Noi cerchiamo di potenziare la plasticità, ma la direzione della plasticità, che deve essere positiva e non in negativo, viene data dallo specialista che si occupa di rimodellare il cervello con i compiti più utili.
Da qui, invece, deriva proprio la necessità di far collaborare l'esperto di neurostimolazione con l'esperto di riabilitazione cognitiva. Questo è un esempio nell'adulto, nel nostro laboratorio, in cui abbiamo visto, dopo un ictus, qual era la percentuale di pazienti che migliorava dopo la sola neurostimolazione: abbiamo soltanto un 30 per cento. È sempre meglio di niente, ma è il 30 per cento. Diverso, invece, se noi abbiniamo la neurostimolazione all'attività motoria. Prendiamo il caso del potenziamento della funzione dell'arto inferiore colpito dall’ictus. Ebbene, semplicemente abbinando la stessa identica stimolazione che noi applichiamo con degli apparecchi di nuova generazione – che consentono di arrivare anche in aree profonde come quella del piede, che sono lontane dal cranio e difficili da raggiungere – con una semplice cyclette riusciamo a raddoppiare la percentuale di pazienti che beneficiano di questo trattamento. Dunque, non è sufficiente usare lo strumento giusto, nell'area cerebrale giusta, nel momento giusto, ma bisogna anche accoppiarlo all'esercizio giusto.
Le applicazioni sono innumerevoli. Ho qui una breve lista delle applicazioni che hanno avuto anche una controparte nell'età dello sviluppo. Partiamo dalla paralisi cerebrale infantile, disturbi del movimento, con applicazione anche sull'autismo, sull'epilessia. Non dimentichiamo infatti che queste metodiche possono essere usate anche per inibire un'area che è iperattiva. Ad esempio, nell'epilessia il nostro scopo non è di potenziare l'attività cerebrale, ma è invece di attenuarla e ridurre la frequenza di attacchi epilettici.
Ancora, trauma cranico, dolore, perché la stimolazione di particolari aree, soprattutto motorie frontali, può interagire con i centri di controllo cerebrali del dolore, dunque avere effetti positivi anche su questo tipo di sintomo.
Ci sono applicazioni, per ora su gruppi ristretti di soggetti, ma molto promettenti come nel recupero e nel miglioramento dell'abilità linguistica. Già in bambini adolescenti dislessici questa terapia è stata applicata. Vi ricordo che negli Stati Uniti questa terapia è già stata approvata dalla Food and Drug Administration, ed è rimborsabile dalle assicurazioni americane, nel caso di depressione maggiore che non abbia risposto a una singola terapia farmacologica. Dunque, già dopo la mancata risposta a un primo farmaco, lo psichiatra americano è autorizzato a prescrivere questa terapia a un paziente con depressione maggiore.
Ci sono studi ovviamente molto più ristretti – perché un'altra necessità è la possibilità di unire diversi centri per avere le numerosità adeguate – comunque molto promettenti, anche nel bambino, in cui ricordiamo una grande attenzione va riservata anche alla necessità di somministrare diversi farmaci che vanno a interagire anche a livello sistemico – pensiamo a fegato, reni – dunque non solo terapie che diamo per il miglioramento di una funzione cerebrale, ma che interagiscono con diversi sistemi anche questi in via di sviluppo.
Vi è un'altra applicazione promettente. Laddove purtroppo in diversi Paesi sta diventando una situazione anche dell'età infantile e adolescenziale, ci sono anche delle evidenze di un miglioramento nella terapia delle dipendenze da abuso di alcol, di sostanze e non da ultimo di cibo. Dunque, anche l'obesità infantile un giorno potrebbe beneficiare di questo tipo di approccio, che già nell'adulto ha mostrato dei dati promettenti.
Pertanto, le applicazioni sono ben sistematizzate. Vi ho fatto una lista di studi che sono già stati pubblicati, però ce ne sono anche altri in corso. Noi vediamo solo la punta dell’iceberg quando consideriamo quanto è stato pubblicato, ma, soprattutto Pag. 7a livello internazionale, in particolare nel mondo anglosassone (Stati Uniti e Regno Unito), abbiamo studi che cercano di espandere le evidenze ottenute nell'adulto in piccoli gruppi di soggetti pediatrici espandendo appunto le applicazioni sulle patologie già listate in precedenza.
Il profilo di sicurezza a oggi è piuttosto rassicurante, se vogliamo usare un gioco di parole. È vero che ci sono effetti collaterali. Ricordo – non l'ho accennato – che tutti gli studi di cui sto parlando hanno un gruppo placebo, quindi questa terapia deve essere utilizzata e testata con la stessa serietà che si ha con i farmaci. Dunque, vi è un gruppo placebo e il confronto degli effetti collaterali va effettuato confrontando chi è stato sottoposto alla stimolazione reale, con effettivo passaggio di corrente o erogazione di campo magnetico al cervello, e chi a una stimolazione placebo, che produce la stessa sensazione cutanea o lo stesso rumore della stimolazione (la stimolazione magnetica fa un rumore) in modo da dare la stessa illusione.
Noi sappiamo che la stimolazione elettrica, che è quella più facilmente maneggiabile anche dal punto di vista dell'operatore, perché consiste nell'applicare degli elettrodi sul capo del soggetto, provoca un fastidio che, quando applicata ai bambini, può essere comparabile a un lungo viaggio in auto. Dunque, è sicuramente meno fastidiosa di una puntura. Ci possono essere delle reazioni cutanee date dal passaggio di corrente, che sono transitorie e possono essere migliorate cambiando la concentrazione di soluzione salina usata per il contatto tra gli elettrodi e la cute.
La stimolazione magnetica richiede delle cautele per ridurre il surriscaldamento dello strumento, ma ormai ci sono sistemi di raffreddamento che eliminano questo problema; fa un rumore intorno ai 120 decibel, che si può attenuare con una protezione auricolare, dunque non sono segnalati casi di danno uditivo.
C'è la possibilità di crisi epilettiche, ma è stato un caso su più di mille bambini che sono stati sottoposti a questo tipo di stimolazione; due casi di sincope, ma erano a digiuno, dunque si raccomanda l'apporto di acqua e di non essere a digiuno durante questi trattamenti; cefalea transitoria, che è il fenomeno più frequente, ma è passeggera e solo in un caso ha portato il bambino a non volersi sottoporre al trattamento.
Ci sono aspetti organizzativi da considerare. È vero che l'intervento è promettente e ben tollerato, ma non si può prescindere dal contesto in cui il bambino vive. Ho fatto l'esempio dei tre giorni, però un trattamento ideale deve durare tre settimane, un mese, dunque si deve inserire in modo ottimale nelle attività quotidiane del bambino, a partire dalla scuola.
Quello che noi facciamo è lavorare su una plasticità anormale, ma cerchiamo di fare quello che comunque anche la scuola fa, ossia lavorare sullo sviluppo della plasticità del bambino sano. Dunque, questo tipo di trattamento va integrato con l'attività scolastica.
Bisogna correlarsi con gli specialisti di riferimento, non solo i pediatri ma anche i riabilitatori, e considerare che vanno previsti dei sostegni alla famiglia, perché le procedure sono protratte nel tempo, dunque richiedono anche accessi all'istituto. Occorre coinvolgere le società scientifiche in modo che il processo venga diffuso nel Paese e reso disponibile a tutti.
Vorrei farvi vedere, se è possibile, un esempio di un'applicazione. Abbiamo una ragazza affetta da sclerosi multipla con lesioni demielinizzanti nel midollo spinale. Studiava pianoforte e non era in grado assolutamente di manipolare la tastiera. Con un approccio integrato tra riabilitazione, proprio sulla tastiera, e neurostimolazione abbiamo avuto la possibilità, dopo tre settimane di queste sedute, di vederla suonare ancora. Il video del nostro approccio riabilitativo non è disponibile perché lei rifiutava di farsi riprendere in questa impossibilità di muovere.
Come aspetti organizzativi, vista la complessità del cervello umano, occorre individualizzare la diagnosi e la terapia, ma gli strumenti adeguati li abbiamo già. Abbiamo già la tecnologia, la neurofisiologia, le neuroimmagini che ci consentono di ben caratterizzare il danno prima ancora che si Pag. 8sviluppi – è il caso di malattie genetiche – e dunque siamo in grado di individualizzare al meglio l’iter riabilitativo e di neurostimolazione da intraprendere.
Vorrei invitare la dottoressa Natali a farci un esempio dell'applicazione delle tecniche di individualizzazione e di detezione precoce di un danno prima ancora che si possa vedere ad esempio alla risonanza, che è quello del ritardo dello sviluppo della normale plasticità in caso di bambini prematuri.
MARIA GRAZIA NATALI SORA, neurologa e neuropediatra presso l'Ospedale San Raffaele di Milano. Grazie per questa opportunità che consente di trasferire, in un ambiente sicuramente di enorme rilevanza, l'esperienza di anni di studi e di attività clinica su bambini, adolescenti e neonati che possono avere problematiche neurologiche.
L'esempio che abbiamo pensato di portare è quello del soggetto prematuro, in primo luogo perché è molto frequente la prematurità, soprattutto negli ultimi anni. Inoltre, con le tecniche di assistenza all'infertilità, ad esempio, i parti gemellari sono in continuo aumento e il parto gemellare è una delle cause di prematurità.
Non ho voluto portare un gruppo di neonati prematuri con patologia. Questi sono neonati prematuri sani, quindi hanno solo la prematurità; gli esami ecografici, l'esame di risonanza, l'elettroencefalogramma sono normali per l'età gestazionale.
Lavorando in un istituto scientifico quello che la professoressa ha esemplificato sono concetti che poi si imparano e si applicano anche in altri campi. Quello che abbiamo voluto provare e ipotizzare è sorvegliare la maturazione fisiologica di un prematuro, sapendo che ci sono finestre temporali in cui maturano le varie funzioni, in modo da cogliere il momento in cui si presentava una disarmonia – quindi la tappa della posizione seduta a sei mesi, magari, non era raggiunta – e inserire immediatamente la correzione, addirittura anticipando la tappa. In questo modo, noi potevamo ottenere un miglioramento sfruttando la plasticità del momento, perché in quel momento il cervello fisiologicamente era preparato per raggiungere quell'obiettivo, quella tappa motoria.
In questo modo abbiamo creato un gruppo di persone – psicologi, neurologi, riabilitatori – per intervenire al meglio e intercettare al meglio tutte le complesse funzioni maturative del neonato. Il neonato non parla, dunque abbiamo fatto dei test cognitivi nelle varie epoche; il neonato non cammina, per cui abbiamo controllato l'acquisizione regolare delle tappe motorie. Quello che abbiamo ottenuto e anche imparato – perché ha dato molte più soddisfazioni di quelle che avevamo ipotizzato – è questo: innanzitutto abbiamo dimostrato (come è noto, è un dato in letteratura) che i bambini prematuri, con una prematurità media o grave, quindi inferiore alla trentaquattresima settimana, effettivamente in percentuale non irrilevante, che si assesta sul 15-20 per cento, acquisiscono sì le tappe di sviluppo, però con delle lievi compromissioni sul versante motorio e cognitivo che poi li rendono meno efficienti a livello scolastico nelle tappe di apprendimento e anche a livello motorio.
Per fare un esempio, sono bambini che, se non identificati precocemente, tenderanno magari ad acquisire una deambulazione sulle punte, che va corretta successivamente. Se invece si intercetta precocemente, questo non avviene. Sono bambini che nelle tappe scolastiche potranno avere disturbi dell'apprendimento, ma invece di identificare a otto anni un disturbo dell'apprendimento è molto più precoce un intervento fatto sapendo che si tratta di un prematuro, intercettando e correggendo prima, sfruttando la finestra di plasticità, per la loro correzione.
L'ultimo risultato, che abbiamo ottenuto sempre in questa casistica, è che la prematurità è vissuta dalla mamma e dai genitori come uno shock emotivo. Il bimbo nasce improvvisamente prima dell'epoca attesa. Questo crea due aspetti: depressione e ansia. Per il genitore, se seguito con queste tappe, è anche un percorso di apprendimento, quindi stimola in modo corretto il bambino ed è quasi una fisioterapia o una terapia cognitiva naturale. Pag. 9
In secondo luogo, se il tasso d'ansia materna diminuisce, anche la relazione mamma-bambino ne beneficia. Questo l'abbiamo visto sulla valutazione psicologica emotiva finale, che è altrettanto importante. Questi semplici accorgimenti ci hanno concesso di acquisire risultati semplicemente modificando la tempistica in cui intervenire, invece che raccogliere i dati successivamente. Non solo, abbiamo anche pensato di non sottoporre inutilmente a stress prematuri sani. Ho citato prima una percentuale del 15 per cento. Siamo riusciti, forse proprio perché siamo un istituto scientifico, a rileggere quegli esami che di norma si fanno con l'obiettivo di vedere se ci sono emorragie o quant'altro, in una chiave diversa, identificando quali sono i soggetti a rischio, quindi non indiscriminatamente tutti i prematuri, ma quelli che siamo riusciti ad identificare che hanno effettivamente una probabilità maggiore di danni. Pertanto, si tratta di riutilizzare gli esami che già si fanno con una lettura diversa.
Questo era proprio l'esempio che vede un'interazione tra le diverse figure – il ricercatore, il clinico e lo psicologo – che in un istituto di ricerca come il nostro è fortunatamente possibile, la conoscenza approfondita della patologia, non solo clinica, ma anche di ciò che sta a monte della conoscenza (quindi non solo il momento della diagnosi, ma anche conoscenze un pochino più complete della neurologia), e l'integrazione con la famiglia. Aggiungo anche, come ha detto la professoressa Leocani parlando adesso di modelli di patologia, che è molto importante che ci sia questo passaggio di conoscenza tra chi fa le diagnosi, chi riabilita e le associazioni dei genitori che intervengono a supporto dei loro figli, che però hanno bisogno, in alcune iniziative, di essere guidati affinché il risultato sia effettivamente di alto livello.
PRESIDENTE. Molto bene, grazie. Rivolgo io a voi la prima domanda per approfondire e chiarire ulteriormente alcuni aspetti che avete toccato.
Intanto le modalità: voi ci parlate di intervento con elettrodi o con la corrente, ma qual è la differenza tra queste due modalità? Quando una e quando l'altra? Una è più invasiva dell'altra?
Inoltre, tre giorni, tre settimane, cioè per quanto tempo devono essere effettuate queste terapie e, con gli elettrodi o con la corrente, quanto durano le sedute? I giorni devono essere consecutivi? Alla fine del ciclo di terapia – ci direte voi quanto debba durare – l'effetto per quanto tempo si protrae e quindi per quanto tempo il riabilitatore può cogliere l'opportunità che la plasticità cerebrale gli offre?
Ultima curiosità: voi andate in tutte le aree del cervello, ma riuscite ad arrivare anche al cervelletto?
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Grazie per queste domande che riflettono quelle che si pone la comunità scientifica anche sull'applicazione di questa terapia nell'adulto.
Premetto che sono, in parte, ancora in fase di domanda, perché per rispondere a ciascuna occorre effettuare gli studi in cui si confrontano le diverse terapie e le diverse durate dell'approccio. Premetto anche che, mentre la stimolazione elettrica dà meno sensazioni cutanee e ha avuto meno segnalazioni di effetti collaterali che possono preoccupare soprattutto in fase di sviluppo, come la crisi epilettica, che è stata riportata più frequentemente con la stimolazione magnetica per un motivo di maggiore intensità dei campi coinvolti, i confronti fra le due terapie di fatto non ci hanno fornito sufficienti dati, nel senso che ciascuna terapia viene in genere confrontata con i placebo, ma non disponiamo di abbastanza dati di confronto tra l'approccio con la corrente elettrica e l'approccio con la stimolazione magnetica.
Quella che ad oggi è stata approvata, ma probabilmente per motivi storici, perché si hanno più numeri, è la stimolazione magnetica nella depressione maggiore. Ma un vero e proprio confronto col meglio del ciclo di trattamento che si ha con la stimolazione elettrica e con quello che si è dimostrato più efficace di stimolazione magnetica Pag. 10 non si ha a disposizione. Dunque, di fatto ci troviamo davanti a delle scelte che possono essere anche organizzative, perché la stimolazione elettrica ad esempio è più maneggevole, più facile da tollerare, perché non ha rumore, ad esempio, come quella magnetica. Di fatto si tratta di scelte personali, come quando si deve scegliere un farmaco antidepressivo.
I farmaci quando vengono approvati vengono confrontati col placebo. Per nuovi farmaci, una volta che ci sono delle terapie ormai già di uso corrente o comune, le nuove terapie vengono confrontate con la terapia in uso. Ma in questo caso si tratta di terapie entrambe innovative che a oggi vengono confrontate col placebo.
Circa la durata, molti studi e analisi statistiche per calcolare quale sia la dimensione dell'effetto, sono difficili da fare proprio perché c'è eterogeneità nelle durate. Sappiamo, mettendo insieme i diversi studi, che una terapia diventa efficace, soprattutto se vuole promuovere il miglioramento dopo un danno cerebrale e un recupero motorio, ad esempio, se ha una durata di almeno due settimane. Questo ha delle implicazioni logistiche. In media, una terapia che ha una durata di tre settimane-un mese si è dimostrato che ha un effetto che dura intorno a un mese senza terapia. Dopodiché bisognerebbe ripetere dei cicli, ma tutte queste evidenze sulla durata richiedono poi il passaggio della terapia a una maggiore fruibilità, in modo che si possa valutare su grandi popolazioni qual è la durata ideale.
PRESIDENTE. Quanto dura la seduta?
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. La seduta dura da un quarto d'ora a mezz'ora, ma dipende anche dal tipo di approccio che si vuole dare. Se si fa una stimolazione elettrica in concomitanza con la terapia riabilitativa, una mezz'oretta è necessaria; però l'erogazione della corrente o del campo magnetico normalmente va da un quarto d'ora a venti minuti, non di più. Anche questo ha un basso impatto sulla giornata del bambino: se consideriamo che qualsiasi attività sportiva o formativa richiede sempre almeno un'ora e se consideriamo che questo si può combinare comunque con l'attività motoria, di fatto si possono ottimizzare i tempi in questo senso. Questo aspetto è fornito di più dalla stimolazione elettrica, sicuramente, perché si può fare in simultanea.
Per quello dico che, al di là del confronto tra l'efficacia, che non c'è ancora oggi in letteratura, una scelta si può fare proprio in base alla situazione logistica. Pertanto, se si vuole affrontare una neuroriabilitazione che già deve durare un'ora, può essere anche comodo pensare di utilizzare la stimolazione elettrica, ad esempio.
PRESIDENTE. E il cervelletto?
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Possiamo arrivare al cervelletto. Ci sono già dati, sull'adulto, della possibilità di manipolare il cervelletto con accorgimenti tecnici, nel caso della stimolazione magnetica, proprio per la posizione che ha. Dunque servono degli stimolatori con una conformazione particolare, ma siamo già riusciti ad arrivare.
PRESIDENTE. E con la corrente?
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Con la corrente è ancora più facile, perché non è necessario modificare la conformazione, trattandosi di elettrodi di superficie che si applicano con delle spugne, elettrodi di gomma o elettrodi metallici coperti da un tessuto che si può bagnare con della soluzione salina, in modo da consentire il passaggio della corrente. Dunque, Pag. 11 è più semplice arrivare in diversi punti, ma segnalo che, essendo corrente, le regioni più profonde nel cervello sono più difficili da raggiungere. Se io volessi puntare a una terapia mirata a migliorare il cammino, la funzione degli arti inferiori, l'approccio migliore, a mio avviso, sarebbe quello con i campi magnetici, perché si possono manipolare in modo da arrivare in profondità, cosa che non avviene con la corrente.
PRESIDENTE. Però ha la controindicazione dell'epilessia.
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Ha la controindicazione dell'epilessia nel senso che, se data per potenziare un'area celebrale e somministrata proprio in un'area che è epilettogena, nel caso che il soggetto sia già epilettico, può scatenare crisi epilettiche. Però segnalo che la dimensione del fenomeno riguarda alcuni soggetti su migliaia e comunque si tratta di episodi in chi già ha una predisposizione, episodi sporadici che di fatto non innescano un'epilessia, ma la crisi epilettica nell'ambito della stimolazione.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
VITTORIA D'INCECCO. Grazie, presidente. Volevo chiedere se queste terapie si fanno solo in ospedale o sono possibili anche nel territorio. E sono accessibili con il sistema sanitario nazionale oppure no? Alla lunga si ottengono risultati non dico risolutivi ma almeno migliorativi? Da quanto ho sentito, i cicli devono essere ripetuti, anche molto ravvicinati. Quindi, qual è effettivamente l'obiettivo?
Prima ho sentito parlare del caso del bambino che cammina in punta di piedi. È solo il bambino prematuro che lo fa o può succedere anche nei bambini normali? Grazie.
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Quanto alla possibilità di accesso a questa terapia, lei tocca un tasto dolente, in quanto non è una terapia riconosciuta dal Servizio sanitario nazionale. C'è adesso una richiesta da parte della Società italiana di neurologia di consentire almeno la fruibilità di questa terapia per quella indicazione che è già in essere in altre nazioni – pensiamo agli Stati Uniti, dove è rimborsabile – che è la depressione maggiore. Nemmeno per quella, però, abbiamo la possibilità di accedere tramite il sistema sanitario nazionale; neppure per la depressione, che è ormai assodato sia un'indicazione che può beneficiare di questo trattamento. Tra l'altro, nella depressione maggiore non c'è necessariamente l'indicazione di dover ripetere, ma può essere anche risolutiva.
Dunque, dovrei circostanziare meglio anche la risposta data precedentemente alla presidente. L'evidenza che l'effetto terapeutico abbia una durata, in media, di circa un mese riguarda negli studi disponibili l'adulto, in cui è stata applicata a situazioni con lesioni cerebrali, che nell'adulto hanno un margine di recupero sicuramente minore rispetto al bambino.
È facile ipotizzare, anche se non abbiamo i dati, e per questo la fruibilità della terapia ci darà più informazioni, che in un cervello in via di sviluppo potenziare la plasticità in questa fase così delicata, ma così ricca di potenzialità, possa dare degli effetti che hanno una durata maggiore, se non permanente. Già dare una direzione diversa alla velocità di sviluppo e al livello che il bambino può acquisire può dare un bagaglio di plasticità cerebrale, ma una riserva anche cognitiva e motoria che si può portare per tutta la vita. Mi rifaccio all'esempio del voto preso alle scuole medie, che ci proteggerà dall'Alzheimer quando avremo 70 anni.
Non sto dicendo che l'effetto di questa terapia dura un mese; dico che i dati per noi disponibili vanno fino a uno, tre mesi. Pag. 12Avremmo bisogno di più dati nel bambino, in modo da mostrare gli effetti a lungo termine, che però sulle basi neurobiologiche ci possiamo aspettare senz'altro.
MARIA GRAZIA NATALI SORA, neurologa e neuropediatra presso l'Ospedale San Raffaele di Milano. Quanto alla domanda sul bambino che cammina in punta di piedi, l'acquisizione del cammino ha bisogno di una serie di fattori. Uno è la stenia, la forza, un altro è il controllo, quindi la maturazione del movimento, infine l'equilibrio. In ogni bimbo devono essere presenti tutti e tre i fattori, ma può maturare un po’ prima uno o prima l'altro. C'è il bimbo che usa più la forza, però servono tutti e tre gli elementi. Quindi è normale che molti bimbi nell'acquisizione del cammino possano anche fare dei passi sulle punte.
Quello a cui mi riferivo, invece, era un bambino che acquisisce la deambulazione solo e sempre in punta. Questo è dovuto ad una sofferenza legata alla prematurità. Poi lì bisogna distinguere cause materne, cause fetali eccetera. Questi bimbi sono ipereccitabili dal punto di vista motorio e hanno un tono muscolare aumentato. Il fatto di acquisire una deambulazione solo sulle punte, al di là del fatto che nel tempo crea deformazioni delle articolazioni e altro, quindi richiede correzioni anche chirurgiche. Se noi preveniamo questo, vedendo che il bimbo tra i 6 e i 9 mesi ha un ipertono, con delle manovre molto semplici, ma nel momento in cui c'è questa particolare finestra, abbiamo un vantaggio enorme.
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Per riassumere le difficoltà oggettive che ho nel rispondere alle vostre domande molto interessanti e pertinenti, vorrei dire che le mie difficoltà si basano sulla mancanza di numeri adeguati. Per avere l'approvazione di un farmaco e per poterlo somministrare tramite il Servizio sanitario nazionale occorrono evidenze, occorrono numeri. Nel caso del farmaco, questo è reso possibile da investimenti di cui si fanno carico le case farmaceutiche.
Nel nostro caso, tutti i dati che vi ho presentato, a parte il caso della terapia per la depressione che era sponsorizzata dall'azienda che produceva lo stimolatore magnetico, sono tutti studi dell'accademia. L'accademia lavora con le proprie risorse, fondi pubblici, ma non ci sono aziende che producono questi strumenti che possano farsi carico di valutare e ottenere le centinaia di casi che servono per avere un'approvazione. Occorre uno sforzo per ottenere i numeri che si ottengono solo con studi multicentrici. La coordinazione scientifica per noi non è un problema, però per avere i numeri e le risposte occorre anche uno sforzo organizzativo che non può prescindere dall'aspetto del finanziamento, un aspetto che avevo accuratamente evitato di menzionare. Però, questi sono tutti dati ottenuti per motivi scientifici. Da lì, per passare all'applicazione clinica occorre questo sforzo.
PRESIDENTE. Professoressa, mi viene una domanda conseguente a quello che lei ha detto. Se prendiamo questo primo inizio del 2017, quanti bambini – circa, non pretendo il numero giusto – hanno bene o male usufruito di questo tipo di terapia, al di là della durata, e che costi hanno sostenuto? È un qualcosa di abbordabile per tutte le famiglie, visto che il Servizio sanitario nazionale al momento non se ne fa carico, o è proibitivo?
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. È molto importante anche questo. Sulle numerosità, da una metanalisi del maggio 2016, posso dire un migliaio di bambini. Però c'è da dire che si tratta di studi scientifici e dunque non sono a carico della famiglia del partecipante, ma a carico dell'accademia che li organizza.
PRESIDENTE. Quindi, sempre e solo in trial.
Pag. 13 LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Sì, e questo perché ancora non è rimborsabile dalle assicurazioni e dal Servizio sanitario nazionale. Quanto ai costi, possiamo dire che possono dipendere dal costo del tempo del personale impiegato. Si possono quantificare abbastanza facilmente, se però teniamo conto che in un approccio integrato va considerato anche il costo della riabilitazione. Non è detto che il costo netto alla fine vada a sommarsi. La neurostimolazione può essere effettuata in prospettiva – certo, con la supervisione del neurologo – anche, volendo, con le appropriate istruzioni da parte di un operatore sanitario o del familiare (rispondo a una domanda a cui non avevo risposto prima), perché con le istruzioni adeguate la stimolazione elettrica, ad esempio, potrebbe essere qualcosa di praticabile al domicilio, con le dovute cautele, sempre evitando il fai da te.
Dunque, se noi potessimo ridurre la durata del trattamento riabilitativo, potremmo alla fine, ragionando su grandi numeri, arrivare a un risparmio oggettivo. Se riduco le terapie sintomatiche e riduco il tempo impiegato dal riabilitatore, posso alla fine arrivare a un risparmio, con uno strumento che, se si considera la stimolazione elettrica, non è particolarmente costoso.
PRESIDENTE. Un suo collega ci aveva parlato della camera iperbarica e dei suoi effetti. È più o meno lo stesso tipo di effetto? In altre parole, il potenziamento della plasticità e della facilità di creare connessioni che ci dicevano essere proprio della camera iperbarica, è più o meno lo stesso meccanismo rispetto al vostro?
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Questo approccio, a differenza della camera iperbarica che ha effetti su tutto il corpo, e dunque come effetto indiretto può vedere il potenziamento di alcune attività metaboliche, è proprio mirato ai meccanismi di plasticità del cervello.
Possiamo non solo selezionare il cervello rispetto ad altre parti del corpo, ma selezionare le aree che vogliamo e il tipo di effetto che vogliamo sull'area. Possiamo potenziare un'area, inibirne un'altra, dunque abbiamo una selettività di regione e anche di direzione dell'effetto che non ha confronti a oggi.
PRESIDENTE. Però se tu inibisci un'area perché vuoi togliere un focolaio dell'epilessia togli anche delle funzioni da quell'area, immagino.
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Sì, questo è vero, ma se io do un farmaco per ridurre l'attività di quell'area, il farmaco comunque diffonde in tutto il cervello e dunque gli effetti collaterali saranno associabili agli effetti che il farmaco ha in tutto il cervello. È vero che riesco a essere selettivo per ora in un'area, ma non nel singolo neurone, dunque andrò a colpire anche un neurone vicino che non era affetto dalla patologia, ma pensiamo a quello che facciamo con un farmaco: si agisce su tutte le aree cerebrali, comprese quelle che con il focolaio epilettico non c'entrano. Il farmaco, in teoria, è ancora meno specifico. È vero che c'è il limite nella regione, se andiamo a pensare al neurone, ma la bellezza di questo approccio è che posso agire su un'area del cervello ma non sulle altre.
PRESIDENTE. Ottimo. Vi anticipo che prima dell'estate presenteremo i risultati di questa indagine conoscitiva con un evento nel quale vogliamo dare ampio spazio a tutte queste tematiche. Uno degli aspetti che più ci hanno colpito è certamente il fatto che ci sia molta non conoscenza, in questo ambito, dei vari aspetti della vita dei Pag. 14minori con disabilità e questo li porta a essere gli ultimi degli ultimi.
Noi vorremmo dare un ampio risalto ai risultati di questa indagine anche per dare un altoparlante ulteriore – ad esempio a voi che sicuramente sarete invitati, insieme agli altri relatori – nel promuovere questo tipo di approccio.
Il professor Cioni ci ha parlato di un trial che stavano effettuando allo «Stella Maris» di tre giorni di terapia e poi ci ha detto – forse lo saprete già – che a maggio dovranno cominciare con un trial di sette giorni. Ha chiarito che questo primo di tre giorni era limitato solo a verificare i profili di sicurezza. Mi verrebbe da dire, però, che mi dispiace per quei bambini che si sottopongono a terapia e gli tocca il placebo.
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Dal punto di vista etico è previsto anche questo. È previsto dall'estensione in aperto a tutti, proprio per sopperire a questo limite etico. Dunque, anche dal punto di vista della comunità scientifica c'è questa interazione con i comitati etici.
PRESIDENTE. Però i trial che voi oggi state svolgendo presentano questo aspetto.
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Noi offriamo la possibilità di avere una estensione in aperto a chi lo chiede, in modo da evitare di partecipare e ricevere solo il placebo. Secondo, il placebo è comunque associato a una terapia riabilitativa, dunque partecipare può comunque consentire di avere un trattamento che è quello standard.
Devo dire che la soluzione migliore è quella di offrire il trattamento in aperto dopo, in modo da garantire a tutti una terapia.
PRESIDENTE. La terapia riabilitativa la fanno i vostri riabilitatori?
LETIZIA LEOCANI, professoressa associata di neurologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, e responsabile del Centro di stimolazione magnetica intracerebrale (MagICS) dell'Ospedale San Raffaele di Milano. Sì.
PRESIDENTE. Vi ringrazio. Verrò a trovarvi al San Raffaele.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14.55.