Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA POVERTÀ E SUL DISAGIO MINORILE
Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 2
Mordeglia Silvana , presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali ... 2
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 5
Mordeglia Silvana , presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali ... 5
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 8
Zampa Sandra (PD) ... 8
Iori Vanna (PD) ... 9
Blundo Rosetta Enza ... 9
Zanin Giorgio (PD) ... 10
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10
Mordeglia Silvana , presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali ... 10
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 12
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA
La seduta comincia alle 14,15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile, l'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali.
Ringraziamo per aver accolto il nostro invito la dottoressa Silvana Mordeglia, presidente del Consiglio nazionale; il dottor Gianmario Gazzi, vicepresidente; la dottoressa Annunziata Bartolomei, consigliere nazionale; e la dottoressa Chiara Giorgi, responsabile della comunicazione.
La scorsa settimana abbiamo già avuto un incontro, che è stato preparatorio anche per questa audizione, durante il quale la presidente dell'ordine mi ha esposto le linee guida del loro programma e della loro attività. È emerso chiaramente come in certi casi ci sia una scarsa conoscenza dell'attività che gli assistenti sociali svolgono. Non sempre vi è un giusto tributo di riconoscimento rispetto a questo lavoro. Abbiamo visto come, in alcuni casi che la cronaca ci ha portato all'attenzione, la figura dell'assistente sociale sia stata caratterizzata in un modo improprio.
Questo è un tema su cui abbiamo già avuto modo di riflettere, anche per capire come evitare che accadano episodi il cui effetto, non voluto, è di alterare la giusta percezione del grande lavoro che, invece, gli assistenti sociali svolgono.
Come sempre, in questi casi, il modo migliore è comunicare positivamente. Abbiamo quindi considerato l'eventualità di procedere, congiuntamente con la Commissione, in un'opera di valorizzazione delle best practice e del grande lavoro che viene svolto da questi professionisti, nella consapevolezza che dando una comunicazione comprensiva di tutta la professionalità, dello sforzo e dell'impegno che sottintende al loro lavoro, ciò risulterà certamente prezioso nell'interesse di tutti. Do quindi la parola alla dottoressa Mordeglia per lo svolgimento della sua relazione.
SILVANA MORDEGLIA, presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali. Ringrazio per l'invito il presidente e i componenti la Commissione. Per noi è importante poter essere qui oggi e relazionare su questo tema, che rappresenta tanta parte del lavoro di molti colleghi.
Abbiamo avuto modo di visionare la documentazione – che è a disposizione sul sito – riguardante le audizioni che si sono tenute in precedenza. Senz'altro ci sono spunti di grande interesse e anche una copiosa mole di dati. Anticipo che abbiamo limitato questo tipo di analisi a qualche punto che vogliamo mettere particolarmente in evidenza.Pag. 3
Io vorrei procedere con una breve introduzione rispetto alle tematiche tipiche del servizio sociale, in relazione alle questioni che riguardano l'infanzia e l'adolescenza, questioni che non possono che essere molto più allargate. Sono infatti allargate alle famiglie di questi bambini e di questi adolescenti e al contesto sociale di riferimento.
Anche rispetto alla presentazione della presidente Brambilla, mi preme sottolineare che l'attività professionale di tanti colleghi ci permette di avere un riscontro, non dico immediato, ma sicuramente diretto, rispetto alla situazione su tutto il territorio nazionale, con riferimento al fatto che gli assistenti sociali operano in diversi ambiti in modo diffuso sul territorio. Questo fa della professione un osservatorio privilegiato anche per quanto riguarda queste tematiche, oltre che per altre.
Nei luoghi dove esercitiamo la professione veniamo in contatto con storie di disagio importanti. Sono le stesse storie che leggiamo o sentiamo riportare dai media. Mi riferisco soprattutto alle trasmissioni televisive che – ahimé – non sono di taglio giornalistico, ma più d'intrattenimento: quelli non sono affatto gli spazi dove trattare questioni così dolorose e importanti, che hanno necessità di ricevere risposte in altri ambiti.
Oltre a queste situazioni difficili, mi preme sottolineare che incontriamo anche la grande dignità di un numero elevatissimo di famiglie con bambini o di adolescenti, i quali, da un lato per il timore di essere stigmatizzati, dall'altro, per via dell'eco mediatica, hanno paura di rivolgersi a quei servizi alla persona che il legislatore ha pensato come modalità di tutela rispetto alle difficoltà che possono emergere nella conduzione delle loro vite.
Questa, per noi, è una questione rilevante, che ci preoccupa molto. Spero non sembri che dico ciò tanto per dire. Questa questione ci preoccupa, non tanto e non solo per l'immagine della professione, ma proprio per le conseguenze che questo clima di diffidenza crea, impedendo, proprio a chi ha più bisogno, di avvicinarsi a servizi e a professionisti che invece possono dare quel sostegno che permette di riprendere o di condurre una vita su un crinale, rispetto alle difficoltà sociali e personali vissute. Sono esperienze che ciascuno di noi, nel suo percorso esistenziale, ha fatto.
Noi vogliamo ostinarci a cercare di capire dove possiamo trovare gli strumenti che ci permettano di rompere un sistema che – dobbiamo dircelo – toglie sempre più supporti e, con essi, la prospettiva di futuro a questi minorenni. Preferisco utilizzare il termine «minorenni» rispetto al termine «minori», proprio per l'accezione etimologica molto diversa: minore è qualcuno che parte svantaggiato, con minorenne si fa riferimento a un età anagrafica, quindi, è un termine meno giudicante. Magari, per brevità, utilizzerò anche l'altro termine, però c’è una differenza. Nomen omen: a volte, scegliendo un modo di dire le cose, ci portiamo dietro anche la cornice che queste parole ricordano.
Noi abbiamo la consapevolezza del fatto che un Paese il quale non investe sui bambini e sugli adolescenti, con un sufficiente sguardo verso il futuro, si troverà a fare i conti con dei processi di marginalità importanti degli adulti di domani. Le famiglie, che fino a qualche anno fa riuscivano a condurre una vita, non sempre agiata, ma comunque tranquilla, adesso sono molto diminuite.
Infatti, l'allarme sociale inerente alla povertà delle famiglie – e di conseguenza dei minorenni – è reale. Ci sono tantissime famiglie sotto la soglia di povertà (avete già a disposizione i dati). Questo significa che stiamo crescendo, non più una generazione, ma delle generazioni di bambini e di ragazzi che un domani – ciò è possibile ed estremamente plausibile – avranno una vita con difficoltà. Sappiamo bene – non sto qui a rimarcarlo più di tanto – che i processi di crescita influenzano in modo significativo – direi anche determinante – quella che sarà la nostra vita di adulti.
Riflettiamo, quindi, rispetto a quelli che saranno gli adulti di domani, che sono i bambini di oggi. Rispetto a questi, abbiamo un'enorme responsabilità. È per questo motivo che per noi è molto importante Pag. 4avere occasioni in cui poterci confrontare su queste questioni. Pensiamo che il principio da ribadire oggi sia quello relativo all'affermazione della giustizia e dell'equità sociale per tutti i cittadini, ma in particolare per gli oltre 100.000 minori e le circa 650.000 persone che ricevono degli interventi di servizio sociale professionale, nella rete dei servizi alla persona.
Questi sono i numeri che si possono trovare tra i dati del Ministero del lavoro. Teniamo conto del fatto che, in realtà, questi interventi di servizio sociale hanno un'amplificazione del tutto diversa. Pensiamo a tutti i minorenni e alle famiglie che vengono avvicinati in percorsi di prevenzione nei diversi ambiti. Purtroppo, questa parte del lavoro dell'assistente sociale, sia per la carenza di risorse e di personale, sia per le emergenze che ci portano a concentrarci sulle cose più urgenti, si realizza sempre di meno. Questo è grave, perché il modo migliore per supportare le persone è fare in modo che queste non arrivino mai ad avere bisogno del servizio sociale. Ormai, da tanto tempo, le attività di prevenzione rappresentano quasi un lusso. In questo modo, chiaramente, viene meno parte dell'efficacia dell'intervento.
A questo punto, a meno che non ci sia qualche richiesta specifica in tal senso, salterei quegli aspetti inerenti alle caratteristiche della professione e al modo in cui la professione interagisce rispetto alle questioni che riguardano i minorenni. Spero di avervi dato qualche spunto con questa parte introduttiva. Mi preme rimarcare, anche per quanto ha evidenziato la presidente Brambilla, che nella legge istitutiva dell'ordine professionale si evidenza il fatto che, per quanto riguarda tutti gli interventi su mandato, l'attività dell'assistente sociale ha una funzione tecnico-professionale. Penso che questo possa contribuire, non tanto al dibattito in questa sede – sono tra persone esperte – ma alla comunicazione con l'esterno, per chiarire quali sono le funzioni in questo settore.
Sappiamo che gli orientamenti della politica sociale negli ultimi decenni trovano un riferimento nella legge n. 328 del 2000, che ha al suo interno un riconoscimento del servizio sociale professionale, a livello di segretariato sociale. Penso, quindi, alla prima parte di lavoro svolta, cioè all'impatto con le persone che accedono ai servizi, una parte che, essendo fatta da assistenti sociali, permette una valutazione e un accompagnamento rispetto ad eventuali necessità; alla parte che riguarda il crisis management; infine, alla parte di programmazione e organizzazione del sistema dei servizi alla persona.
Come accennato all'inizio, siamo circa 40.000, chiaramente non tutti occupati con i minorenni. Molti di noi hanno a che fare anche con minorenni, perché, come sappiamo, l'Italia è molto lunga e, dunque, le situazioni che incontriamo sono estremamente diversificate. Operiamo negli enti pubblici, nei servizi sociali degli enti locali, nel servizio sanitario nazionale.
A questo proposito ci sarebbe da aprire una lunga parentesi su una necessità che dovrebbe essere scontata: l'integrazione tra gli interventi di tipo sanitario e gli interventi di tipo sociale, che nella pratica faticano ad essere applicati. Posso portare un esempio in riferimento ai trattamenti sanitari che riguardano i minorenni del circuito penale.
Ci sono poi i Ministeri (giustizia, lavoro, interno), l'INAIL, l'INPS e tutta l'area del privato sociale, che oggi ci impegna sempre di più. Abbiamo un serbatoio piuttosto ampio.
Riguardo all'accenno della presidente, abbiamo cercato di darci delle linee guida e dei regolamenti, oltre a quelli necessari, obbligatori e imprescindibili per qualunque professione, ovvero tutti gli aspetti collegati alla disciplina. La legge di riforma delle professioni del 2012 ha completamente cambiato il sistema disciplinare per tutti gli ordini, estromettendo quest'aspetto dai consigli nazionali e dai consigli regionali. Su questa questione, noi siamo a regime.
Anche rispetto ai problemi cui si accennava, riteniamo importante, in particolare per le persone con le quali lavoriamo, che l'esercizio professionale sia Pag. 5esercitato in modo corretto e attento. Abbiamo anche predisposto una linea di indirizzo (questo è il compito del Consiglio nazionale, che ha un ruolo più politico e di orientamento) per i nostri consigli regionali, che sono venti, uno per regione, affinché nel momento in cui, attraverso qualsiasi mezzo, essi vengano a conoscenza di fatti che potrebbero vedere implicati colleghi, segnalino queste questioni al Consiglio di disciplina. Ormai, non si aprono più i procedimenti disciplinari, ma si segnala. In questo modo, se effettivamente c’è la costanza di un intervento non corretto, si può procedere. Peraltro, per noi è molto importante avere degli elementi rispetto a come vengono presentate e trattate le questioni che riguardano in particolare questo ambito, anche per poterle riprendere noi stessi.
Un'altra questione importante è la formazione continua, che è diventata obbligatoria per tutti gli ordini professionali dal 2012. Dal 2008, abbiamo un sistema, a livello nazionale, di formazione continua obbligatoria per gli iscritti, per cui siamo avvantaggiati su questo aspetto.
Presidente, è fondamentale che in un settore come quello della marginalità in particolare, ci sia la possibilità di avere a che fare con professionisti competenti, perché la società muta e gli interventi devono essere necessariamente adeguati.
Faccio un accenno alle linee guida. Alcuni anni fa, sull'onda di una questione che determina grande sofferenza, ovvero gli allontanamenti dei minori dalle famiglie, abbiamo istituito un tavolo a cui hanno partecipato il Consiglio superiore della magistratura, l'Associazione nazionale dei magistrati per i minorenni e la famiglia, l'ANCI, il Ministero della salute e l'avvocatura, attraverso il Consiglio nazionale forense.
È nostra intenzione riaprire questo tavolo, non limitandolo soltanto alle questioni e alle procedure che riguardano gli allontanamenti (anche un solo allontanamento è estremamente doloroso, ma per fortuna essi rappresentano davvero un ambito residuale di intervento per quanto riguarda i servizi pubblici), affinché si possa trattare in modo più diffuso tutta la partita che riguarda i minorenni e le famiglie. Lanceremo questa iniziativa e ci terremmo molto se voi poteste aiutarci in questo. Auspichiamo un tavolo allargato, attento in particolare alle istanze delle famiglie. Infatti, uno dei principi fondanti per quanto riguarda l'esercizio della professione è proprio quello della partecipazione. La partecipazione dà la possibilità di interagire in modo concreto per capire come poter procedere. Scusatemi, ma vorrei sapere che tempi abbiamo, per potermi regolare.
PRESIDENTE. Termineremo la seduta intorno alle 15.00. Sicuramente ci sarà qualche domanda da parte dei colleghi. Riserviamo, quindi, un tempo congruo per darvi modo di rispondere alle domande che verranno poste.
SILVANA MORDEGLIA, presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali. Dato che per noi è molto importante poter interloquire, anche rispetto al taglio delle proposte da portare avanti, procederò per spot. Ci riserviamo, comunque, di inviarvi una memoria più articolata, basata anche sugli input che verranno dalle vostre domande.
Sappiamo che è più probabile che un bambino sia povero se nasce al Sud e se vive in una famiglia monoparentale o numerosa, in particolare se il capofamiglia è una donna. La questione di genere è rilevante non soltanto rispetto a questo tema, ma anche rispetto alla questione del maltrattamento. Le bambine e le adolescenti subiscono più azioni di maltrattamento rispetto ai bambini e agli adolescenti maschi, seppure sia un percorso che vede coinvolti anche questi ultimi.
La disabilità e il fatto di essere straniero sono altri elementi forti, che si rivelano soprattutto in determinati settori. Ho già fatto riferimento al settore penale. È più probabile che un minorenne straniero, avendo meno rete sul territorio, sia destinatario degli interventi di accompagnamento più pesanti, per esempio un collocamento in comunità piuttosto che una permanenza in casa come misura Pag. 6cautelare, perché molto spesso una casa significa per loro una o due stanze dove vivere insieme con una quindicina di persone. Questo è determinante e ha anche un'incidenza sul numero dei collocamenti. Dobbiamo considerare che c’è anche questa parte del penale. Ci sono delle ricerche, rispetto alle quali rimando alla memoria, sulla questione dei minori maltrattati e dell'incidenza globale del fenomeno su tutti i minorenni che sono seguiti dai servizi sociali. Per «bambini maltrattati» intendiamo quelli che subiscono violenze e abusi, ma anche quelli che sono spettatori di violenza assistita. È questo un fenomeno forse meno considerato ma altrettanto eclatante, perché il clima di violenza intrafamiliare, determinato anche da condizioni oggettive di difficoltà che i genitori vivono, è di grande significato.
Non vogliamo porre la questione in termini di soldi, ma dobbiamo parlarci chiaro: dobbiamo capire in che modo è possibile intervenire, investendo al meglio quelle poche risorse che sono disponibili. Ci sono delle ricerche che dimostrano ampiamente come il costo sociale di un intervento fatto al momento giusto sia, in modo esponenziale, inferiore rispetto al costo sociale di chi non può essere aiutato. Infatti, come dicevo prima, ci sono conseguenze che si portano avanti negli anni.
I bambini e i ragazzi fuori dalla famiglia rappresentano un altro dei punti di attenzione. I numeri sono già a vostra disposizione e ne avete parlato nelle precedenti audizioni. Chiaramente, si tratta di un numero significativo. Secondo i dati relativi al 2011, parliamo di quasi 30.000 minorenni, dei quali circa 15.000 sono in affidamento familiare, a parenti o a famiglie affidatarie esterne. Anche in questo caso ci sono delle differenziazioni. Anche nel settore del civile minorile, i minorenni stranieri sono più facilmente collocati in strutture che non in affido familiare.
Dobbiamo tuttavia evidenziare che, secondo una ricerca che è stata portata avanti e che ha dei riferimenti anche a livello internazionale, questo dato – che è assolutamente rilevante e che pensiamo debba essere davvero oggetto di attenzione – risulta non eclatante rispetto al dato numerico dei bambini fuori famiglia in altre nazioni d'Europa.
Riteniamo che questo rappresenti un esito dello sforzo di tanti colleghi. Prima di pensare ad un progetto di allontanamento, infatti, le provano tutte – concedetemi l'espressione poco bella – per cercare di mantenere i minorenni all'interno del loro nucleo familiare.
È una banalità, ma è anche una banalità vera il fatto che un bambino stia comunque meglio in una famiglia in difficoltà piuttosto che lontano da questa. Se isoliamo i casi di abusi e di maltrattamento, anche dei genitori in difficoltà rappresentano pur sempre l'affetto migliore per qualsiasi bambino e per qualsiasi adolescente. Si fa davvero di tutto per fare in modo che i ragazzi e i bambini possano rimanere all'interno del loro nucleo familiare.
Riguardo alle strutture e ai servizi residenziali, il sistema è disomogeneo. Dovete fare qualcosa a livello politico. C’è una linea di indirizzo nazionale, ma in realtà le regioni si organizzano. Ci sono senz'altro dei tentativi di omogeneizzare le questioni a livello interregionale. Non siamo esperti di questa materia, ma ci domandiamo se, per esempio, mettendo mano al titolo V, non sia possibile inserire qualche indicazione su questi aspetti. Non è pensabile che ci siano delle disomogeneità rispetto ai criteri che le strutture devono avere. Ciò vale per i minorenni come per gli anziani e per gli adulti. Noi viviamo nella pratica queste questioni. Gli assistenti sociali sanno davvero che cosa significa per un bambino stare in una struttura, piuttosto che per un anziano o per una persona con disagio mentale. Ci auspichiamo, quantomeno, che queste strutture siano più che adeguate. Penso che ciò sia un dovere di civiltà.
La settimana scorsa c’è stata la presentazione del rapporto del Garante dell'infanzia. Anche il Garante è ritornato sulla questione (vi rimando, quindi, alla memoria depositata) lanciando un allarme sulle povertà economiche e sociali. Anche noi, come Consiglio nazionale dell'ordine, Pag. 7ribadiamo il fatto che alla base di queste povertà, molto spesso, c’è anche una povertà di tipo relazionale, sia all'interno delle famiglie, sia anche al loro esterno.
Il sistema istituzionale non sta rispondendo, come dovrebbe da mandato, rispetto ai doveri dello Stato sanciti dalla Costituzione per la tutela dei minorenni. Le risorse economiche e le risorse professionali sono assolutamente insufficienti. C’è, inoltre, una forte frammentazione degli interventi che non aiuta.
Il Fondo nazionale per l'infanzia e adolescenza era di 44 milioni del 2009 e di 40 milioni nel triennio 2010-2011. Nella legge di stabilità per il periodo 2013-2015 è ulteriormente sceso a 39 milioni. Solo per il 2014 sono stati previsti 2 milioni a riduzione del taglio. Permettetemi di dire che non si può tagliare su queste questioni, perché si taglia sul futuro. Adottando un cambio di cornice, c’è la possibilità – noi assistenti lo sappiamo bene – di trovare il modo di non tagliare in questo settore. Non tagliare significa aumentare in modo esponenziale la possibilità di futuro di questa nazione. Occorrono, però, alcuni presupposti.
Programmare un piano di interventi per l'infanzia e per l'adolescenza che sia efficace e promozionale, vuol dire prevenire, innanzitutto, problemi individuali e sociali, perché una spesa oggi riduce i rischi di costi davvero ingenti per il futuro. L'investimento sui minorenni, per essere efficace, va indirizzato alle famiglie, proprio per la ragione che abbiamo detto: per quanto è possibile, è bene che i bambini stiano nelle loro famiglie.
Le situazioni di difficoltà e di disagio devono essere sostenute da un sistema di servizi, non a parole ma nei fatti. Mi spingo a dire che gli interventi economici sono i meno importanti per quanto riguarda gli assistenti sociali. Gli interventi economici, probabilmente, sono utilizzati con modalità non coerenti e non efficaci, quando ci troviamo in presenza di un ambiente familiare deprivato.
Io sono una vecchia assistente sociale e dunque mi ricordo le visite domiciliari di quasi trent'anni fa. Negli ambiti di edilizia residenziale pubblica, dove c'era una forte povertà, c'era comunque un grande televisore o un'automobile. Chi è in difficoltà e ha un gap culturale (non per sua colpa, ma perché le situazioni sociali sono davvero complesse) ha difficoltà di gestione. Anche risorse ingenti, se non si interviene su altri piani, sono poco efficaci. Di questo noi abbiamo tante dimostrazioni. Sarebbe quindi importante aumentare l'accesso a quelli che potremmo definire «servizi chiave», ad esempio i nidi, in modo che non siano un lusso, così come la scuola primaria, orientata a chiudere le sezioni a tempo pieno. Si tratta di un appoggio fondamentale per le famiglie. Anche questa è l'esperienza personale di tanti di noi: per dei genitori che lavorano, dei figli che escono da scuola alle 12.30, diventano «ingestibili» – mi si passi il termine infelice – perché bisogna pensare a delle alternative fuori casa. Non sempre ci sono i nonni in tutta Italia, anzi, a volte, le famiglie devono anche pensare ai nonni.
Peraltro, non si tratta soltanto di un appoggio alle famiglie: pensate che cosa significa poter fornire ai bambini un pasto e una merenda equilibrati nell'ambito di una scuola primaria a tempo pieno. Stiamo parlando di povertà infantile. Gli altri vi hanno già portato i dati, per cui non mi ripeterò. Pensate che cosa significa dare la possibilità a questi bambini, a scuola e nelle scuole dell'infanzia, di essere monitorati rispetto al loro stato di salute.
Mi rifaccio alla mia vecchia esperienza nel settore del civile minorile, per citare quel servizio che è ormai stato smantellato completamente da anni: la cosiddetta «medicina scolastica». Si trattava di un monitoraggio fortissimo, non tanto sui pidocchi, ma sullo stato di salute dei bambini. Da lì emergevano allarmi rispetto a eventuali maltrattamenti, ma anche rispetto a cose più semplici. Si davano consigli alle famiglie sui problemi, anche di ordine fisico, che venivano manifestati dai bambini visitati regolarmente all'interno della scuola.
Ci sono, quindi, servizi chiave per la prima infanzia, collegati a tutto il sistema dell'istruzione. Non apro altre parentesi, Pag. 8ma cito soltanto le politiche abitative, che si riallacciano al sociale, alle questioni di salute, ai servizi di prossimità e anche alla possibilità di lavorare con le persone.
Noi lavoriamo molto nel settore dell'auto mutuo aiuto. Anche noi, proprio per far fronte al depauperamento incredibile, ci siamo resi conto del fatto che si tratta, effettivamente, di una modalità che funziona molto.
Faccio solo un accenno alla questione della giustizia. Da tanti anni c’è la necessità di mettere mano a questa questione, per riunificare le competenze di tutela che riguardano i minorenni. Sappiamo che essere figli di genitori sposati o non sposati, in caso di separazione, fa la differenza, perché comunque l'approccio del tribunale ordinario rispetto a quello del tribunale per i minorenni è differente. Qualcosa bisogna pur fare.
C’è poi un'altra questione, presidente, che riguarda i cosiddetti «minorenni affidati ai servizi sociali», con la responsabilità del sindaco, che delega i colleghi degli enti locali a seguire le situazioni. È un istituto che non è mai stato regolato all'interno del nostro ordinamento.
A maggio siamo stati invitati da un gruppo di tutori regionali, che hanno svolto una ricerca su queste questioni. Conosciamo le regole nella pratica, però, effettivamente, è un ambito rispetto al quale anche le famiglie sono disorientate, perché non c’è scritto da nessuna parte che cosa significa.
Tralascio la questione della giustizia minorile. I nostri ragazzi del penale sono seguiti sulla base di un ordinamento penitenziario che è lo stesso degli adulti. Questa cosa non può continuare. C’è sempre il terrorismo rispetto alla chiusura o al depauperamento delle risorse del dipartimento, che comporterebbero lo smantellamento di uno dei sistemi che funziona meglio in tutto il mondo.
Un altro input riguarda la questione del sistema informativo. A noi non interessano i dati fini a se stessi. I dati ci servono perché ci permettono di ragionare su cosa funziona e su cosa bisogna cambiare. Ci servono anche come controllo. Quando ci viene chiesto di controllare le strutture, come facciamo se non abbiamo gli strumenti per poterlo fare ? Noi avevamo anche fatto una disamina per fasce di età. Presidente, mi dica lei se proseguire o se lasciare spazio alle domande.
PRESIDENTE. Mi piacerebbe che fossero poste alcune domande e che lei potesse replicare a conclusione di questa sua relazione. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
SANDRA ZAMPA. Sarò telegrafica, perché vorrei lasciare spazio ai colleghi. Il tempo incalza e sta per iniziare l'attività in Assemblea. Innanzitutto, vorrei ringraziarla della sua relazione. Io ho una curiosità in particolare. Lei ha fatto un cenno al Garante. Mi piacerebbe che lei ci desse una sua valutazione, altrettanto telegrafica, sul lavoro del Garante. Da circa due anni, abbiamo in Italia un Garante nazionale per l'infanzia. Dal vostro punto di vista, ciò quanto ha inciso ?
Lei ci ha invitato ad assumere tra le priorità la questione della disomogeneità sul territorio, che è un problema grandissimo. Nascere al Sud sta diventando, certamente, un'opportunità in meno, anche a parità di condizioni, perché significa, per esempio, non poter andare al nido.
Voglio ricordare che l'ultimo piano nidi vero, che abbia avuto un senso, è stato fatto dal Governo nel 2007, quando era Ministro Rosy Bindi. Allora, c'era un apposito Ministero che aveva fatto uno studio e si era reso conto di questo problema. Da allora, abbiamo assistito soltanto a tagli.
È evidente che questo trend va rovesciato. Credo che qui siamo tutti d'accordo sul fatto che non si possa continuare a considerare questo tema residuale e a tagliare soltanto su questo. Lei dice che non si può non intervenire sulla famiglia, quando si deve intervenire sul minore. Tuttavia, si è contraddetta quando osservava che spesso nelle famiglie povere si trova il televisore gigantesco, l'automobile e magari nient'altro. Mi viene in mente uno studio di Chiara Saraceno, che invece Pag. 9focalizzava tra i problemi irrisolti quello di riuscire a raggiungere i minorenni con le misure di sostegno, mentre lo si può fare per un anziano. Posto che tutto ciò che è indirizzato alle persone di età minore viene filtrato dalla famiglia, che decide anche come vanno spesi i soldi, nulla garantisce che tali risposte vengano spese per questo scopo. Ci sarebbero altri spunti, ma lascio la parola ai miei colleghi.
VANNA IORI. Sarò anch'io velocissima, perché purtroppo dovremmo già essere in Aula. Ho due riflessioni. Lei parlava dei minori in famiglia piuttosto che nella struttura. In linea teorica sono d'accordo, ma in pratica ci sono delle situazioni familiari davvero molto difficili per pensare di lasciare dei bambini in famiglia.
Per quella che è la mia esperienza, anche di lavoro, oltre che di riflessione teorica, come presidente di un ASP per minori, mi sembra che i servizi semiresidenziali possano essere una buona via di mezzo. I bambini, tornando a casa alla sera a dormire, hanno l'idea di non essere del tutto allontanati dalla famiglia, mentre di giorno sono accompagnati nei compiti e nelle altre attività educative. Mi interessa avere un suo parere su questo.
La seconda questione riguarda i servizi all'infanzia. Certamente i nidi non devono essere un lusso, ma è anche vero che in questo momento di difficoltà economica sono sempre meno le famiglie. Io sono di Reggio Emilia e conosco il dato della mia città: quest'anno abbiamo avuto 350 cento iscritti in meno ai nidi e 300 in meno alle scuole dell'infanzia. Questo, secondo me, è un dato che fa riflettere su una prospettiva, che è quella di «inventarci» (in realtà, ci sono già delle esperienze significative in questo senso) dei servizi integrativi e/o alternativi ai nidi, con una maggior flessibilità e con una capacità di andare incontro ai bisogni reali delle famiglie. In questo senso, il ruolo degli assistenti sociali mi sembra particolarmente significativo, perché essi hanno il polso dei problemi reali.
ROSETTA ENZA BLUNDO. Anche io sarò velocissima. Purtroppo, sono arrivata un po’ in ritardo perché l'attività presso la Commissione istruzione è risultata concomitante a quella di questa Commissione. Riguardo a ciò che lei diceva, cioè al fatto di mantenere il più possibile i figli all'interno delle famiglie d'origine, vorrei sapere quale valore ha e come può incidere un discorso di prevenzione, che personalmente ritengo abbastanza importante. Vorrei sapere se voi avete già sperimentato aspetti che, sotto questo punto di vista, hanno permesso di evitare di togliere un minore alla famiglia di origine.
Concordo con la collega sul discorso della semiresidenzialità, anche se a volte mi viene da pensare che comunque l'aiuto alla famiglia è necessario, perché rischiamo di tenere i bambini in un'oasi felice, per poi farli rientrare in una situazione pesante. Forse, questo è alienante anziché risolutivo. Credo che serva attenzione anche su questo aspetto.
Faccio un piccolo accenno a quanto lei ci diceva riguardo alla scuola a tempo pieno. Io sono un'insegnante di scuola elementare e le posso garantire che, più che la scuola a tempo pieno, l'ideale sarebbe la scuola a tempo prolungato, che però deve avere dei servizi adeguati, altrimenti essa rischia di diventare un momento penalizzante per i bambini, che devono restare più ore in un ambiente in cui fanno le stesse cose della mattina. In questo senso, andrebbe rivisto anche il sistema scuola. Io direi che il sistema scuola va molto integrato con il sistema sociale. In questo senso sto promuovendo un convegno, al fine di fare incontrare voi operatori del campo con le mie colleghe. Spesso ci troviamo a non capire cosa sta accadendo, visto che il numero dei bambini è notevolmente aumentato, così come emerge dai dati e non perché lo dico io.
Concludo dicendo che, anche secondo me, i tribunali minorili andrebbero utilizzati in tutte le situazioni di divorzi e separazioni, perché sono specifici e hanno un'attenzione diversa. A mio avviso, il ruolo dell'assistente sociale dovrebbe essere previsto in rete e non con un compito assegnato a una singola persona che, per quanto la vogliamo preparare a livelli alti, Pag. 10non si può caricare di una responsabilità notevole come quella di decidere per un minore. Mi dia il suo parere anche su questo. Grazie.
GIORGIO ZANIN. Vengo dalla Commissione difesa, dove abbiamo appena discusso di 17.000 appartamenti in dismissione. Ve lo segnalo. Passo alle domande, a tamburo battente: voi nel territorio sapete quello che dovete e potete fare.
Sul tema della scuola, è evidente che ci sarebbe un discorso lunghissimo, a partire dall'edilizia e dal modello d'integrazione col territorio. Anch'io sono un insegnante, per cui conosco l'argomento ma lo metto da parte per parlare di altri aspetti. Ci sono due questioni su cui mi interessa avere degli approfondimenti. Il primo è l'elemento di comparazione, a cui è stato accennato, tra i dati numerici sull'allontanamento italiani e quelli di altri Paesi d'Europa. Ci sono tante «Europe», per cui, forse, è il caso di precisare.
Oltre a questa indagine, ne abbiamo fatto un'altra sulla questione delle adozioni. Forse, voi che siete lo snodo vitale, potete darci dei messaggi anche su questo tema.
Vado al punto che più mi interessa, che è legato alla questione della residenzialità. Nelle regioni, visto il regime di spending review, si parla spesso di abbandonare il presidio attuale, laddove funziona, perché questo porterebbe risparmi di sistema. Come vedete l'ipotesi che siate voi i protagonisti di uno stimolo in termini di linea Maginot (anche se, in realtà, la linea Maginot è una metafora che non funziona, perché è stata aggirata dai tedeschi durante la Seconda guerra mondiale) ?
Dico questo perché, al di là della spesa, rilevo come queste strutture residenziali portino con sé un valore aggiunto legato alla professionalità, che, con tutta evidenza, non si inventa schioccando le dita. Chiedo a voi, vista la vostra presenza ramificata come ordine, se non sia necessario ribadire questo stimolo a 360 gradi, pur capendo che, come ci avete detto, c’è una disomogeneità nei territori.
Infine, una suggestione. C’è una legge nel nostro Paese che sta dando una prova ripetuta nel corso dei convegni annuali (l'ultimo si è svolto a Trieste nel mese scorso), ovvero la legge legata al tema degli amministratori di sostegno. Mi domando se un'idea simile, mutuate e adattate le forme, non possa essere ragionevolmente immaginata per quelle famiglie con minori a carico che si trovano in stato di necessità.
Questa idea del sostegno viene utilizzata con soggetti esterni e con persone che vengono integrate da parte della società civile, anche se adesso, con l'avanzamento dell'età pensionabile, avremo più difficoltà a trovare dei volontari benevoli. Dico questo perché sono problemi con cui voi vi misurate tutte le settimane. Lo dico in termini di suggestione, perché mi sembra che forse un surplus di attenzione a questi temi della povertà sia necessario, anche innescando processi di cittadinanza e di solidarietà nella prossimità.
PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Mordeglia per la replica.
SILVANA MORDEGLIA, presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli assistenti sociali. Grazie, presidente. Rispondo all'onorevole Zampa. Io ero alla presentazione della relazione del Garante e ritengo che, a parte le azioni concrete, l'esistenza del Garante sia una cosa positiva, anche rispetto ai ritorni che se ne hanno dal punto di vista dell'attenzione.
Forse, la cosa importante e di grande utilità sarebbe lo sviluppo dei garanti a livello regionale. Mi scuso, perché non ho il riferimento del dispositivo normativo. Un garante mi accennava che, a quanto pare, questa figura avrà più difficoltà ad essere mantenuta sul territorio. Io arrivo da una regione, la Liguria, che non ha mai avuto un garante per l'infanzia, per cui si fa riferimento al difensore civico in generale. Senz'altro, l'aderenza al territorio sarebbe molto importante.
Per noi è stato un interlocutore, soprattutto in riferimento ai tavoli che ci sono stati sulla questione dei LEP, una cosa che sentiamo molto, perché non è determinata solo dalla riflessione teorica ma anche dalla pratica: i livelli essenziali Pag. 11delle prestazioni ormai sono una chimera. Si è tornati a ragionare su queste questioni. La collega Bartolomei aveva fatto parte di questo tavolo. Si è chiuso il lavoro istruttorio e sarà messa a disposizione la riflessione che è stata fatta.
Forse, senza il Garante sarebbe stato più difficile portare avanti questo lavoro, perché – ahimè – a livello di organizzazione dei Ministeri, in questo come in altri Governi, la centratura sulle questioni che riguardano le famiglie e i ragazzi non è così evidente. Adesso dovrebbe ripartire l'Osservatorio, che però è stato in stand by per troppo tempo.
Sull'apparente contraddizione del raggiungere con contributi anche pratici i minorenni, nonostante le famiglie, rispondo che in realtà non è mai una questione solo economica, ma è una questione complessiva, che va presa nella sua complessità. Noi non possiamo pensare di eliminare questa complessità: dobbiamo prenderla in mano.
L'intervento economico in certe situazioni è fantastico, perché anche con interventi non pesanti si riesce a dare quel sollievo e quel respiro che, in una situazione determinata, è necessario. Tuttavia, se l'intervento economico non si accompagna ad un sostegno complessivo, i risultati nel tempo sono sempre scarsi. Ci ricordiamo le storie delle generazioni, che purtroppo sono ancora presenti.
Arrivo alla suggestione dell'onorevole Blundo, relativamente alla necessità dell'integrazione. Mi scuso se io l'ho dato per scontato: non esistono assistenti sociali che salvano il mondo (ci mancherebbe altro). L'assistente sociale è una professione che, tra le competenze specifiche, ha proprio quella di farsi carico di mettere in rete i soggetti che ruotano intorno a un disagio.
Ritorno sulle questioni. Riguardo all'osservazione dell'onorevole Iori, concordiamo pienamente: ci sono situazioni dove, dopo un assessment accurato e dopo ripetuti tentativi, a volte portati anche all'estremo (l'intento è sempre quello di evitare l'allontanamento), è importante avere anche questo strumento.
Non c’è uno strumento principe: non sono i contributi economici, non sono gli interventi di sostegno relazionale, non sono gli apporti professionali di altre professioni, e non sono solo – lo sono in parte – le strutture. Infatti, nel momento in cui c’è una sofferenza che non può essere spezzata se non con una distanza, anche fisica, bisogna saper contare su strutture di tipo familiare, che devono essere organizzate in un certo modo e devono essere in grado di accogliere, possibilmente per restituire.
Non ci nascondiamo dietro alle parole: sappiamo che ci sono situazioni di affido che non rientrano molto presto o non rientrano mai. Anche di questo forse, a livello di ordinamento, bisognerebbe prendere atto. Le leggi devono sicuramente partire dai princìpi, ma devono anche basarsi sulla realtà delle cose. L'obiettivo, laddove è possibile, è quello di un rientro.
Cerco di essere estremamente sintetica. Qualcuno di voi ha ricordato il fatto che se non si accoglie e se non si «cura» – passatemi il termine – la famiglia, le attività non funzionano. Questo è senz'altro vero, e lo è ancor di più quando ci sono delle situazioni forti, come i collocamenti di minorenni in affido familiare piuttosto che in casa famiglia. Ci deve essere la parte di lavoro con la famiglia, altrimenti ci troveremo sempre di fronte a situazioni irrisolte che non funzionano.
Io insisterei su questo ventaglio di risposte, in cui rientrano senz'altro i servizi semiresidenziali e l'educativa territoriale. Gli enti locali non ce la fanno più a sostenere questi servizi. A volte leggiamo o sentiamo dell'interesse dei colleghi piuttosto che dei magistrati per i collocamenti in struttura dei minorenni. Sappiamo benissimo che gli enti locali non sono in grado di assolvere ai costi che ha questo tipo di intervento. Gli enti locali chiedono ai professionisti di fare in modo che questo non avvenga, anche per questi motivi.
Senz'altro, ci sono strutture residenziali con rette costose, ma si tratta di quelle destinate ad adolescenti con disturbi di tipo psichiatrico, con una serie di difficoltà dovute alla comorbidità tra problemi di tossicodipendenza e problemi di salute Pag. 12mentale, per cui non si capisce mai dove cominciano gli uni e dove finiscono gli altri. Certamente, queste strutture sono molto costose ma, in linea generale, i costi delle strutture non sono quelli che leggiamo sui giornali. Le strutture rappresentano una risposta che ci deve essere e che deve essere di qualità nel momento in cui ce n’è bisogno, ma ci sono anche tutte le altre risposte a cui si è accennato.
L'istruzione è una parte dei servizi alla persona e non qualcosa che sta al di fuori. Un'altra questione importante è l'ambiente. Vogliamo parlare dei luoghi dove questi ragazzi e questi bambini vivono ? È tutto l'insieme che dovrebbe essere armonizzato.
A livello ideale, ci dovrebbe essere un Ministero che si occupi di tutte queste cose che ci riguardano (l'ambiente, le politiche abitative, le politiche sociali, la sanità), perché è tutto talmente connesso che, nel momento in cui vi è uno scorporo, anche per necessità oggettive e di finanziamenti, diventa tutto molto difficile. C’è una necessità di accessi diversificati, anche a soglia molto bassa: noi prendiamo lì le difficoltà, quando possiamo. Purtroppo, sull'emergenza diventa difficile.
L'onorevole Zanin ha parlato della linea Maginot. Noi, come assistenti sociali, ci siamo già. Ieri sono stata a un'iniziativa a Padova, dove due giorni fa è stato preso a pugni un collega ed è stato minacciato con un coltello un altro. La mia regione è la Liguria, dove qualche settimana fa un gruppo di famiglie di bambini, allontanati per questioni di abuso, è stato aggredito da un gruppo di familiari e di amici. Da un'altra parte, è stato distrutto un ufficio e quattro colleghi sono finiti all'ospedale. Noi sulla linea Maginot ci siamo, perché gli assistenti sociali sono lì dove lo Stato non risponde e dove le persone stanno male. Questo deve essere superato. Avrete modo, nella memoria, di riprendere anche gli altri punti, perché mi sembra di capire che abbiate urgenza di terminare in vista dell'inizio delle votazioni in Assemblea.
PRESIDENTE. Noi la ringraziamo. In effetti, tra cinque minuti l'Assemblea riprende i lavori con votazioni e quindi dobbiamo interrompere la seduta. Dalle sue parole, appare chiaramente l'impegno e la passione che vi contraddistingue. Gli argomenti di cui si può e si deve parlare, in realtà, sono tantissimi. Dato che il vostro ruolo è trasversale anche con riferimento alle altre indagini conoscitive che stiamo realizzando, per esempio, quella relativa alla prostituzione minorile, credo che la cosa migliore da fare sia acquisire la vostra memoria e riservarci di chiedervi una nuova audizione nel giro di uno o due mesi per le altre indagini conoscitive. È chiaro che con voi abbiamo un mondo intero da esplorare. Vi ringrazio a nome dei colleghi e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,20.