XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 26 di Mercoledì 15 aprile 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brandolin Giorgio , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione del sindaco di Como, Mario Lucini.
Brandolin Giorgio , Presidente ... 3 
Lucini Mario , Sindaco di Como ... 4 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 6 
Lucini Mario , Sindaco di Como ... 6 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 8 
Lucini Mario , Sindaco di Como ... 8 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 9 
Fasiolo Laura  ... 9 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 9 
Campana Micaela (PD)  ... 10 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 10 
Lucini Mario , Sindaco di Como ... 10 
Campana Micaela (PD)  ... 10 
Lucini Mario , Sindaco di Como ... 10 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 10 
Lucini Mario , Sindaco di Como ... 10 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 11 
Lucini Mario , Sindaco di Como ... 11 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 11 
Lucini Mario , Sindaco di Como ... 11 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 12 
Lucini Mario , Sindaco di Como ... 12 
Brandolin Giorgio , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIO BRANDOLIN

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del sindaco di Como, Mario Lucini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del sindaco di Como, Mario Lucini, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui flussi migratori in Europa attraverso l'Italia.
  La ringrazio per la sua presenza di oggi. Lei sa che la presidente Ravetto è in rappresentanza del partito di Forza Italia ai funerali di Stato. Si scusa, la saluta e la ringrazia per la sua disponibilità.
  Prima di darle la parola, avrei tre argomenti da sottoporle. Ovviamente lei li svilupperà come meglio ritiene.
  Lei sa che stiamo svolgendo questa indagine conoscitiva con l'obiettivo di approfondire le problematiche connesse al massiccio flusso di migranti sul nostro territorio nazionale, in particolare nel 2014 e nei primi mesi del 2015.
  Notizie di stampa riportano che, per esempio, dal 10 al 12 aprile sono sbarcati nel Canale di Sicilia 5.629 migranti. Il 12 aprile la Guardia costiera ha soccorso 22 unità, tra gommoni e barconi fatiscenti.
  Per far fronte a questo notevole flusso di migranti, in una situazione che vede i centri di accoglienza, in particolare quelli del Sud Italia, quasi al limite della loro capienza, i prefetti sono stati invitati dal Viminale a reperire nuove strutture nei territori di loro competenza.
  Sul ruolo svolto dai comuni nell'accoglienza dei profughi e nella gestione dei migranti abbiamo già audito l'onorevole Fassino, presidente dell'ANCI, e rappresentanti di diversi enti territoriali (Milano, Udine, Gradisca d'Isonzo e Lampedusa).
  Risulta al Comitato che nella provincia di Como l'immigrazione presenti riferimenti percentuali leggermente superiori alle realtà lombarde, sia per questioni legate alla domanda locale di manodopera sia per la prossimità del confine svizzero. Ciò ne fa una meta per chi approda in Italia, in attesa di stabilirsi in Svizzera o in altri Paesi della Comunità europea.
  A tale proposito, segnalo che la presidente, attraverso il Comitato, ha preso contatto col presidente della Commissione per la politica estera del Consiglio nazionale della Confederazione svizzera, il deputato Carlo Sommaruga, che si è detto pronto a partecipare a un incontro finalizzato ad approfondire le problematiche incontrate da ciascuno dei due Stati nella gestione dei flussi migratori.
  Alla luce della sua esperienza nella gestione del fenomeno, le chiediamo la sua valutazione sull'adeguatezza delle procedure di accoglienza e integrazione attualmente previste a livello locale, dal punto di vista sia economico sia amministrativo, tenuto conto del contesto di difficoltà sociali ed economiche in cui le amministrazioni si trovano oggi a operare.
  Sarebbe, quindi, utile per il Comitato conoscere l'entità della presenza di migranti Pag. 4nel comune di Como, quale sia la proporzione tra comunitari e non comunitari, i loro tassi di occupazione e le prospettive di una loro integrazione.
  Vorremmo, se possibile, informazioni sul numero di alunni stranieri nella scuola primaria e su quali siano le attività a favore di questi stranieri attivate dal comune e dai suoi servizi.
  Il secondo argomento che le pongo sono le competenze da ripartire tra tutti i comuni in materia di accoglienza.
  Il prefetto Morcone, capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, che abbiamo audito quindici giorni fa, se non sbaglio, ci ha raccontato che nel 2014 sono state accolte in Italia 80.000 persone, 77.000 tra adulti e famiglie e 13.000 minori non accompagnati, un argomento di cui parlerà anche lei. Di queste, 20.500 sono state accolte nel cosiddetto «SPRAR», gestito dagli enti locali.
  Il prefetto Marcone ha riferito al Comitato di considerare lo SPRAR e le relative procedure come la via maestra all'assistenza e ha osservato che tale sistema riguarda, però, soltanto 500 comuni sugli oltre 8.000 presenti nel nostro Paese.
  Il prefetto ha fatto balenare la possibilità di passare dalla volontarietà dei comuni a effettuare l'accoglienza, presentando progetti al Ministero, a una competenza ripartita fra tutti i comuni con una quasi obbligatorietà a prendere una parte di questi migranti, per arrivare a distribuirli sull'intero territorio nazionale e non soltanto su alcuni comuni.
  Le chiediamo di fornire al Comitato, alla luce della sua esperienza sul territorio e nei limiti delle sue competenze, maggiori e più dettagliate informazioni sui criteri di ripartizione utilizzati finora per la distribuzione nel territorio regionale della Lombardia dei profughi nell'ambito dello SPRAR e una sua valutazione sull'opportunità, fattibilità e sostenibilità della soluzione prospettata dal perfetto Morcone.
  Il terzo problema – ne parlavamo poc'anzi io e lei – è quello dei minori stranieri non accompagnati, che coinvolge tantissimo i comuni. Nel sistema nazionale di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, le regioni e gli enti locali svolgono un ruolo essenziale, le prime essendo competenti a definire gli standard di accoglienza delle comunità per minori, i secondi essendo responsabili della presa in carico del minore e, dunque, dell'attivazione di tutte le azioni in cui si articola la sua protezione.
  I dati relativi ai minori stranieri che sono stati raccolti e illustrati al Comitato mostrano che il fenomeno della presenza dei minori non accompagnati rappresenta una componente costante, e addirittura in crescita, dei flussi migratori in Italia. Anche percentualmente, sono sempre di più i minori rispetto al totale.
  Poiché i minori necessitano, come ben sappiamo, di forme di assistenza particolari, di interventi sanitari specifici e di personale specializzato, diverse amministrazioni hanno segnalato la difficoltà di farsi carico di questi costi.
  Da un comunicato dell'ANCI del 25 marzo di quest'anno, abbiamo appreso che la Conferenza unificata Stato-regioni ha approvato uno schema di decreto del Ministero dell'interno, che prevede la creazione di 1.000 nuovi posti SPRAR per minori stranieri non accompagnati. Si tratta di un impegno che per il 2015 significa 32,5 milioni di euro, di cui l'80 per cento a carico dello Stato e il restante, come lei ben sa, a carico dei comuni.
  I comuni, quindi, per la prima volta dovrebbero poter accedere a un sistema nazionale, finanziato con tante risorse dello Stato, per l'accoglienza di tutti i minori stranieri non accompagnati, non solo richiedenti o titolari di protezione internazionale.
  Per quanto di sua competenza, le chiediamo di fornire al Comitato ulteriori e più approfonditi elementi di informazione riguardo a questo argomento.
  Do la parola a Mario Lucini, sindaco di Como, per lo svolgimento della sua relazione.

  MARIO LUCINI, Sindaco di Como. Grazie, presidente. Io ho preparato un po’ di appunti con gli uffici sulla situazione, per Pag. 5avere qualche numero più preciso. Cercherò anche di rispondere alle sue domande, fin dove riesco con i dati che ho, ma ovviamente c’è tutta la disponibilità e l'impegno a integrare in termini numerici i dettagli in cui non riesco a entrare in questa occasione.
  Il comune di Como è impegnato da tempo nell'accoglienza dei cittadini stranieri, sia in termini quotidiani sia a fronte di particolari eventi che si verificano nel mondo.
  Dal 2004 al 2014 i residenti stranieri nella città di Como sul totale della popolazione sono passati dal 6,44 per cento al 13,44 per cento. Adesso sono circa 11.700 i cittadini stranieri residenti a Como, su una popolazione di circa 85.000 abitanti. Sono una presenza consistente.
  Le comunità più numerose sono i filippini, i turchi, i rumeni, i marocchini e gli albanesi, però abbiamo un'ampia gamma di presenze. Vi ho dato l'elenco.
  In termini di integrazione e di vita sociale quotidiana non si sono mai registrate situazioni di particolare conflittualità o di particolare rilevanza dal punto di vista della convivenza.
  È certo che la maggior parte di queste persone rientrano nella componente più fragile delle nostre comunità, quella più bisognosa, anche nella vita quotidiana, di sostegno, supporto sociale e tutela dei figli. Nel 2014 i due terzi dei nuclei familiari in carico ai servizi sociali del comune di Como erano composti da cittadini stranieri. Questo è un altro dato significativo.
  Non ho i numeri sulle scuole primarie e sugli interventi precisi, ma ve li mando sicuramente. C’è una componente rilevante. Soprattutto a livello delle scuole primarie sono molte le classi in cui sono più numerosi i bambini di seconda generazione, che sono già italiani però di origine straniera, rispetto a quelli di origine italiana.
  C’è in campo una fitta rete di interventi da parte del comune a livello di politiche sociali in termini di mediazione culturale per seguire la famiglia e i bambini.
  I problemi più grossi che stiamo vivendo in questi tempi, almeno sul nostro territorio, riguardano la relazione all'interno delle famiglie tra i bambini di seconda generazione e i genitori, perché si creano spesso delle condizioni di conflittualità, di disconoscimento delle origini e di disconoscimento del ruolo dei genitori.
  È una condizione che richiede molto impegno da parte della comunità, per cercare di portare a un'integrazione complessiva, salvaguardando le radici e, quindi, il rispetto dei genitori e della cultura d'origine, e la libertà dei figli di inserirsi nella società. È un processo molto delicato, sul quale è molto impegnativo dare un supporto concreto ed efficace.
  Dal 2002 il comune gestisce, in convenzione con la prefettura, l'accoglienza dei richiedenti asilo. A tal fine c’è una struttura comunale che accoglie prevalentemente, per come si è sviluppato l'afflusso, una popolazione maschile.
  Le rare famiglie ospitate negli anni hanno nella quasi totalità ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato e sono rimaste in città. Tuttavia, molte di queste, purtroppo, sono in difficoltà, perché trovare lavoro non è semplice e spesso c’è la perdita dell'abitazione. È una situazione di fragilità evidente.
  Nella prima pagina della tabella trovate un quadro della distribuzione negli ultimi anni dei richiedenti asilo. Inizialmente, nel 2011 avevamo una convenzione per 25 posti di ospitalità, che sono saliti a 50 dalla metà del 2012 e continuano a essere tali.
  Un dato significativo che potete leggere nella seconda colonna sono i contributi pro capite che arrivano dallo Stato, che sono passati dai 55 euro del 2011 a 40.
  In media c’è un'accoglienza di 60-70 persone all'anno. Trovate la distribuzione dell'esito della permanenza: alcuni sono stati respinti e hanno avuto il rimpatrio, altri sono stati trasferiti agli SPRAR, alcuni hanno ottenuto la protezione sussidiaria per cinque anni o quella umanitaria per un anno, pochi hanno ottenuto lo status di rifugiato, una certa quota ha lasciato il centro, mentre abbiamo avuto un solo rimpatrio su richiesta.

Pag. 6

  PRESIDENTE. La commissione territoriale è a Como ?

  MARIO LUCINI, Sindaco di Como. Sì. Abbiamo una commissione territoriale per i rifugiati con la prefettura.
  Nella relazione sono riportati i Paesi di provenienza, un dato che può essere interessante. Le presenze maggiori sono provenienti dal Pakistan.
  Per quanto riguarda, invece, le emergenze, ovvero i profughi che arrivano con i trasferimenti all'interno del nostro Paese, pochissimi comuni della provincia hanno risposto all'appello del prefetto di Milano, che allora coordinava, per quanto riguarda l'emergenza Nord Africa del 2011-2012, mettendo a disposizione strutture e alloggi.
  In pratica, nella provincia aveva dato la disponibilità solo il comune di Como. Questo ha determinato un sovraffollamento della struttura di cui disponiamo.
  Questo è stato compensato, in termini di risposta a questa esigenza, da una forte mobilitazione del privato sociale (Caritas, ACLI, parrocchie e Croce Rossa). Oltre cento persone sono state ospitate dal privato sociale e circa 60-70 dal comune di Como.
  C’è stato un altro elemento, che ci sarà anche in questi tempi di difficoltà: le modalità di accoglienza sono state molto disparate. Alcuni sono stati ospitati in albergo, alcuni in abitazioni nelle parrocchie, altri nelle strutture comunali. Ci sono situazioni diverse.
  Avevamo casi in cui le modalità di accoglienza non erano particolarmente omogenee. C'erano, per esempio, alcune strutture che accoglievano avendo un certo risparmio perché il personale era volontario e davano in mano una quota dei soldi ai profughi per le schede telefoniche e le sigarette. Noi li spendevamo per pagare il personale. La Caritas, per esempio, pur avendo dei risparmi, non dava in mano soldi ai profughi, ma accantonava quello che eccedeva per dare loro un aiuto terminato il periodo di accoglienza, affinché avessero un minimo di spunto per affrontare l'esterno una volta usciti dall'ospitalità.
  Tutti i profughi ospitati dal comune di Como per l'emergenza Nord Africa del 2012 hanno lasciato la struttura e la città. Sono rimasti alcuni nuclei accolti nelle parrocchie, anche se l'inserimento è tutt'altro che facile e tutt'altro che completato. A noi rimane ancora in carico un profugo definito «vulnerabile» secondo le classificazioni, perché ha problemi di salute.
  L'altro problema è che, deciso a livello centrale che l'emergenza Nord Africa fosse chiusa il primo marzo 2012, nella sostanza, come credo sia successo dappertutto, si è detto: «Tutti fuori, un anno di permesso umanitario e 500 euro in mano e si salvi chi può».
  Molte di queste persone alla fine ritornano a essere in carico alle comunità locali, perché certamente non c’è stato un percorso che ha potuto portare a un inserimento pieno.
  Nella seconda pagina trovate i dati dell'emergenza Nord Africa riguardo alle nostre ospitalità.
  Anche nell'operazione Mare Nostrum del 2014 il privato sociale ha svolto un ruolo determinante per affrontare l'emergenza. Nella nostra struttura sino a novembre 2014 abbiamo ospitato 69 profughi.
  La prefettura li ha ricollocati a novembre 2014, perché noi dovevamo rifare il bando per la gestione della struttura. Siccome eravamo, su deroga della prefettura, assolutamente in soprannumero rispetto a quanto autorizzato, questi profughi sono stati ricollocati, affinché noi potessimo fare il bando e finalmente ricevere i contributi dallo Stato. Infatti, in assenza di bando, fino a novembre dell'anno scorso abbiamo anticipato, perché eravamo fuori norma. In seguito ci sono stati reintegrati i fondi, però c'era questa esigenza.
  Nella provincia di Como attualmente sono presenti 472 profughi. Altri quindici sono arrivati ieri sera, quindi siamo a quasi 490. Altri arriveranno stasera. Allo stato attuale sono tutti gestiti dal privato sociale, con convenzioni fatte dalla prefettura.Pag. 7
  Come vedete, all'inizio per l'accoglienza dei profughi dell'emergenza Nord Africa c'erano 46 euro al giorno pro capite di contributo dello Stato.
  Nel 2014 noi abbiamo ricevuto un rimborso di 30 euro. In seguito è stato fatto un bando a 30 euro, ma non ha risposto nessuno. Adesso hanno rifatto un bando a 35, per cui sono riusciti a ricollocare un po’ di persone, distribuite sul territorio.
  Tuttavia, di fatto – lo ripeto – nessun comune al di fuori del capoluogo ha risposto a questo bando.
  Arriviamo ai minori, che allo stato attuale sono uno degli aspetti più delicati per la gestione da parte dell'ente locale, perché, come da normativa, la responsabilità è in capo al comune nel quale vengono individuati e identificati. Di fatto, nelle province l'identificazione viene effettuata praticamente sempre dalla questura, per cui tutti i minori della provincia di Como sono a carico del comune di Como.
  La difficoltà risiede nel farsi carico degli oneri, perché è abbastanza impegnativo gestire numeri di questo genere, che poi vi dirò, e anche nel costruire dei percorsi di inserimento nella società che siano effettivamente validi e possano dare un buon esito.
  Questo diventa ancora più difficile quando i minori che arrivano sono prossimi alla maggiore età. Noi abbiamo avuto un periodo – in seguito vi spiegherò – con un afflusso di minori, a intervalli regolari e con numeri importanti, tutti di 17 anni.
  Noi abbiamo una struttura interamente dedicata all'accoglienza dei minori non accompagnati. Ci sono due comunità gestite da una cooperativa, per un totale di venti posti. Nel 2014 la gestione di questa struttura ha comportato una spesa di 567.000 euro, che si sono sommati alle risorse che il comune ha speso per i minori che eccedevano questo numero e che sono stati collocati in comunità esterne. C’è un costo al giorno pro capite per il comune sulla struttura di circa 75 euro.
  Peraltro, c’è una grande rigidità delle aziende sanitarie locali sui numeri, per cui abbiamo controlli continui. Ci starebbero due o tre ragazzi in più nelle nostre strutture e questo consentirebbe anche di ottimizzare il lavoro e le risorse, ma siamo continuamente diffidati dall'eccedere questi numeri e, quindi, dobbiamo usufruire di altre comunità presenti sul territorio, dove i costi variano da 75 a 110-120 euro al giorno.
  È importante su questo aspetto verificare l'ultima tabella, soprattutto i dati relativi al periodo successivo al 2012. Noi avevamo 71 minori non accompagnati, di cui 53 accolti nelle nostre strutture. In quelle comunità avevamo una situazione un po’ borderline. In parte, erano ospitati nell'altro centro di accoglienza dei richiedenti asilo, cosa assolutamente non ottimale, ma era l'unico modo per affrontare il problema. Avevamo un costo di 844.000 euro e un rimborso del Ministero di 57.000 euro.
  Il dato interessante, sul quale credo che si debba riflettere anche a livello statale, è che di questi ragazzi sedici provenivano dall'Albania e undici dallo stesso Paese, Lushnjë. Poi c'erano altri ragazzi albanesi e otto dal Pakistan.
  Nel 2013 siamo arrivati a 118 minori, di cui 90 accolti nelle nostre strutture e 23 in comunità esterne, con un costo di 1 milione e 420 mila euro e un rimborso dal Ministero di 278.000 euro. Quarantanove di questi ragazzi provenivano dall'Albania, di cui 22 da quello stesso paesino.
  Il grosso flusso dei ragazzi provenienti dall'Albania, dalla cittadina di Lushnjë in particolare, ci ha spinto a valutare le motivazioni di base della migrazione. Siamo andati all'origine. Solo pochi provenivano da famiglie problematiche o particolarmente povere. I più sono arrivati a Como per vivere una nuova esperienza in un contesto comunitario, in cui si ritrovavano sempre tutti insieme, senza partecipare a progetti educativi e commettendo reati.
  Ci siamo posti il problema di quale senso abbia un'accoglienza di questo tipo da Paesi che non sono in condizioni di guerra o di pericolo di vita. Questi minori si spostavano in modo organizzato, spesso arrivavano in taxi davanti alla questura. A Pag. 8nostro avviso, erano tutt'altro che non accompagnati, nel senso che avevano persone a Milano.
  Questo ci ha creato diversi problemi, perché quando ci sono concentrazioni di gruppi etnici o addirittura dello stesso paese in un centro dove ci sono altre nazionalità è facile il formarsi di clan e il verificarsi di prepotenze e di soprusi. È stata una situazione molto difficile da gestire.
  Noi l'abbiamo gestita in questo modo. Non era solo una questione di accoglienza, ma anche una questione di serietà. Abbiamo capito che bisognava spezzare un po’ questa catena, per cui abbiamo fatto ricorso con maggiore frequenza alle comunità esterne. Abbiamo offerto accoglienza, però non abbiamo più consentito una concentrazione di ragazzi dello stesso paese. Abbiamo cominciato a mandarne uno in una struttura a Pavia, uno in un'altra struttura.
  Pertanto, si è spezzato un po’ il clan e anche questo afflusso settimanale di persone sulle quali c’è da porsi davvero il senso dell'accoglienza. Un conto sono i minori che arrivano sui barconi con le famiglie, quelli che arrivano dall'Afghanistan piuttosto che dalla Nigeria, e un altro sono quelli che arrivano dall'Albania piuttosto che dalla Romania.
  È una questione di condizioni del Paese, non di etnia. Sia chiaro. Non sto facendo un discorso specifico sulla provenienza.

  PRESIDENTE. Lo avete fatto da soli come comune ? Non avete allertato la prefettura, il Ministero o qualcun altro ? Lo avete fatto autonomamente ? Bravi.

  MARIO LUCINI, Sindaco di Como. Abbiamo avuto tanti confronti con la questura, perché questi ragazzi non arrivavano col paracadute da Lushnjë e non entravano in Italia a Como, bensì a Brindisi o dal Nord Est, però si presentavano alla questura di Como.
  Abbiamo chiesto alla questura di vedere, anche in collegamento con le altre questure, se c'era la possibilità di controllare un po’ questo flusso.
  Noi abbiamo fatto il confronto: 118 minori erano più di quelli che ospitava l'intera regione Liguria nel 2013. Stavamo diventando proprio un punto di riferimento, con dei costi insostenibili e anche con un esito di accoglienza certamente non soddisfacente neanche per loro.
  Abbiamo un po’ ridotto questo fenomeno. Non abbiamo abbattuto tanto i costi, perché ricorrendo alle comunità esterne abbiamo speso un po’ di più, però abbiamo un po’ fermato il flusso.
  Da parte del Ministero l'anno scorso c’è stata una prima tranche di 30 euro e poi ci sono state nuove disponibilità, e siamo riusciti quasi a compensare. Questa volta è stato importante e positivo il contributo a livello dello Stato.
  Come vedete, gli altri numeri di minori sono molto piccoli: ce ne sono uno dal Pakistan, uno dal Senegal eccetera. Quella condizione era un po’ particolare e andava gestita, perché anche a livello di vissuto della comunità che stava intorno al centro di accoglienza dei minori cominciava a diventare problematica, in quanto si stavano costituendo delle bande.
  Visto che c'era un clima positivo di disponibilità e di accoglienza da parte della popolazione, lasciare innescare fenomeni pericolosi, che avrebbero potuto anche incidere sullo stato d'animo generale di accoglienza degli stranieri, era rischioso, per cui abbiamo voluto trovare un rimedio.
  Noi abbiamo un'altra struttura, un dormitorio comunale, che ha 60 posti, di cui dieci per le donne. È aperto tutto l'anno e all'inizio ospitava quasi solo stranieri. Adesso, purtroppo, con i tempi che corrono, sono molti anche i cittadini italiani che usufruiscono del dormitorio.
  Proprio per ricollocare evitando miscugli non positivi, abbiamo ottenuto recentemente dal Ministero, attraverso la prefettura, le risorse per riaprire una struttura che era stata chiusa nel 2011, che destineremo ai richiedenti asilo. Ci sono 500.000 euro per la ristrutturazione, messi a disposizione dal Ministero, e abbiamo Pag. 9già predisposto la convenzione con la prefettura, per una gestione diretta da parte di quest'ultima.
  In tal modo, noi potremo ritrasferire i richiedenti asilo e i profughi in quella struttura e recuperare la nostra, utilizzata attualmente, per riportarla alla condizione originaria, che era quella di supporto per affrontare le emergenze abitative, che riguardano stranieri e non stranieri, gli sfratti e situazioni di questo tipo.
  Infatti, come saprete, se ci sono minori in famiglie sfrattate, il comune deve garantire l'ospitalità e far fronte ai periodi di difficoltà per trovare un alloggio.
  Se riusciamo a far funzionare il nostro centro per far fronte, con tempistiche contenute, a queste emergenze, riusciamo a contenere anche i costi. Altrimenti, se dobbiamo mettere una famiglia in una struttura, ci costa anche 500 euro al giorno e diventa problematico.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA FASIOLO. Io mi scuso, perché alle 16.00 dobbiamo essere in Aula. Oggi anticipiamo rispetto alla solita ora delle 16,30.
  Vorrei esprimere un vivissimo apprezzamento per quanto riuscite a fare, anche autonomamente, e per come riuscite a gestire, in quanto ente locale, l'aspetto organizzativo.
  Quello che mi ha sorpreso è vedere certi numeri. A fronte di un tot di uscita, ci sono entrate e contributi veramente...
  Lo scorso anno si sono salvati, ma guardavo i dati dell'anno in corso, come ha detto Giorgio Brandolin, che conosce bene queste cose. Peraltro, è stato anche il presidente della mia provincia.
  Devo dire che sono evidenti queste sofferenze del comune, che evidentemente si aggiungono alle sofferenze legate ai tagli. Avete certamente un'organizzazione ottima.
  Un aspetto su cui mi interesserebbe che lei mi desse una risposta è la situazione sanitaria. Nella nostra realtà, il Friuli-Venezia Giulia, sono stati individuati diversi casi di TBC. Qual è la situazione delle vaccinazioni ? Sono ragazzi vaccinati ? Credo di no.
  Questo aspetto è assolutamente da monitorare. Noi lo vediamo come un problema. Vorrei capire come l'avete affrontato.

  MARIA CHIARA GADDA. Innanzitutto, voglio esprimere anch'io un ringraziamento al sindaco di Como per la presenza oggi e un apprezzamento particolare al lavoro che viene svolto giornalmente e alla disponibilità, perché non è scontata, come abbiamo visto. Le risposte da parte degli enti locali non sono omogenee su tutto il territorio.
  Vorrei porre alcune domande. La prima è una curiosità. Se è possibile, vorrei avere una percentuale sulla composizione uomini-donne. Vorrei sapere se si riesce ad avere un quadro e se questa diversa percentuale semplifica o meno la gestione delle persone in arrivo e in transito.
  Ho un'altra domanda più specifica, che è legata alle modalità di accoglienza. Abbiamo capito oggi che le modalità di accoglienza sono le più disparate e che c’è una sovrapposizione tra una gestione diretta da parte dell'ente locale e una forte mobilitazione del privato sociale.
  La mia domanda è relativa agli operatori sociali che si confrontano con le persone che arrivano da diversi Paesi. Di fatto, non esiste un operatore sociale chiaramente identificato. Vorrei capire se può essere opportuno prevedere una formazione specifica e in che modo. Di fatto, questa figura non esiste. Vorrei capire se possono essere definiti dei criteri, anche minimi, di specializzazione. Questo vale in generale, ma credo che valga più nello specifico per quanto riguarda i minori.
  La terza domanda riguarda le ultime persone che probabilmente provengono da fronti di guerra. Vorrei capire se ci sono eventualmente dei casi dove è necessario Pag. 10anche un supporto psicologico o più specifico rispetto agli arrivi più tradizionali.

  MICAELA CAMPANA. Anch'io mi associo ai ringraziamenti. Lei non è il primo sindaco che viene in audizione. Spesso l'atteggiamento degli enti locali è la sofferenza e la solitudine nei confronti di un sistema nazionale.
  Io vorrei concentrare le mie domande sul tema dei rifugiati, coloro i quali vengono da Paesi in guerra. Le operazioni di questo ultimo weekend sono quasi 48. Parliamo di 10.000 persone tratte in salvo e di diverse vittime ancora non quantificate.
  Probabilmente da qui ai prossimi giorni, con condizioni meteo più favorevoli, gli arrivi nel nostro Paese aumenteranno. I dati che sia le organizzazioni non governative sia l'Europa a oggi stanno stimando sono in linea con gli arrivi dello scorso anno, relativi a Mare Nostrum, però cominciamo con la curva superiore.
  Anche rispetto a questo e visto il documento votato nella Conferenza Stato-regioni del luglio scorso, vorrei sapere se esistono difficoltà nel rapporto con la regione di appartenenza e col presidente della regione perché, a fronte del fatto che, come diceva lei nell'audizione, gli altri comuni della provincia non accolgono i profughi noi abbiamo dei comuni, come in questo caso, che sono in sovrannumero rispetto a comuni della provincia o ad altri comuni che invece non accolgono.
  Vorrei sapere se rispetto a questo avete fatto una richiesta di intervento al Ministero e alla prefettura.
  Sempre in tema di rifugiati, vorrei delle informazioni sulla modalità con cui la prefettura sta organizzando l'accoglienza dei rifugiati. Noi abbiamo saputo, anche da altri sindaci, che spesso la modalità di accoglienza cambia da prefettura a prefettura e, quindi, c’è una disomogeneità di intervento rispetto al sistema nazionale SPRAR. Vorrei sapere se lei ha verificato nel suo comune una difformità rispetto ad altri.
  Inoltre, vorrei sapere se la commissione di verifica delle richieste di asilo politico nel suo comune sta utilizzando la modalità che il Ministero sta indicando, che è una modalità nuova, in cui gli operatori all'interno delle commissioni sono formati in modo diverso e sono un numero minore rispetto al passato, anche per una questione economica.
  Se non sbaglio, lei faceva riferimento al pocket money, ovvero a quei pochi euro che si danno al rifugiato. Vorrei capire se è stata una scelta fatta dagli operatori sociali in quella struttura oppure un'indicazione politica del comune.

  PRESIDENTE. Do la parola a Mario Lucini, sindaco di Como, per la replica.

  MARIO LUCINI, Sindaco di Como. Per quanto riguarda la composizione tra donne e uomini, sul totale c’è una distribuzione abbastanza equilibrata. Gli stranieri residenti sono 5.500 uomini e 6.100 donne.

  MICAELA CAMPANA. Immagino si tratti di ricongiungimenti.

  MARIO LUCINI, Sindaco di Como. Tanti sono arrivati anche come famiglie.
  Per quanto riguarda gli arrivi, invece, la netta maggioranza è di uomini. A volte arrivano famiglie. Quando ci sono le famiglie, c’è anche un coinvolgimento diretto del comune, mentre sugli uomini c’è solo un'ospitalità.
  L'esito dei tempi di permanenza dipende anche dalla provenienza. Per esempio, quando c’è stato il boom di afflusso dalla Siria, quest'autunno, i siriani da noi non si sono fermati più di una notte, ma sono spariti il giorno dopo.

  PRESIDENTE. Ce lo diceva anche il sindaco di Milano.

  MARIO LUCINI, Sindaco di Como. Avevano i collegamenti fuori. Invece le persone di provenienza subsahariana si fermano, non hanno collegamenti nel Nord Europa, se non raramente. Per quanto Pag. 11concerne i siriani, ne sono arrivati tanti nel giro di quindici giorni, però non si sono neanche visti in pratica.

  PRESIDENTE. Sapevano già dove andare.

  MARIO LUCINI, Sindaco di Como. Sapevano già dove andare e anche come andarci.
  Per quanto riguarda il supporto psicologico e l'assistenza sanitaria, nelle strutture gestite da noi, ma anche in quelle gestite dal privato sociale, c’è una collaborazione efficace da parte dell'ASL per i controlli, per le campagne, per l'assistenza medica eccetera. Questo aspetto è assolutamente curato.
  Dal punto di vista degli operatori sociali, c’è tutta la rete di cooperative che, anche per conto nostro, gestiscono. Gli stessi nostri uffici magari non sono così forniti, ma qualcuno c’è. Sul territorio ci sono tanti mediatori culturali, spesso anche stranieri formati sul nostro territorio.
  C’è una rete di attenzione per quanto riguarda gli aspetti di cui parlavamo poc'anzi e sui quali lei è ritornata, ovvero l'affiancamento psicologico e l'assistenza per l'inserimento, forniti attraverso attività di supporto che sono previste. Dipende dal percorso di permanenza e dai tempi di permanenza, però questo aspetto è certamente presente e curato.
  Per quanto riguarda la prefettura, vi ho allegato un piccolo report. Il documento intitolato «Emergenza migranti al 13 aprile 2015» è stato steso dalla prefettura.
  La prefettura, per adesso, si è mossa prevalentemente con queste emergenze sul privato sociale. Ha attivato un tavolo di cui fanno parte i comuni principali (noi, Cantù, Mariano Comense ed Erba) e le associazioni di volontariato.
  Per ora, mi sembra che si sia mossa in modo efficace, trovando risposta, attraverso questo tavolo, in diversi interlocutori, che hanno potuto far fronte al bisogno.
  Non so quanto siamo alla soglia. Non glielo so dire, perché io non ho il quadro generale della provincia. Ovviamente ce l'ha il prefetto.
  Torno al tema che aveva sollevato, che mi ha richiamato anche una domanda del presidente che avevo tralasciato, circa volontarietà e obbligatorietà. In primo luogo, devo dire che il fatto che il comune di Como si faccia carico della situazione è comunque doveroso, perché, oltre a essere il capoluogo, è il comune più grosso della provincia. Non metto medaglie su questo e ci mancherebbe che non lo facessimo.
  Nel nostro territorio ci sono comuni molto piccoli, che certamente non hanno la stessa possibilità ed elasticità che abbiamo noi, però ci sono anche comuni abbastanza grandi che potrebbero fare qualcosa.

  PRESIDENTE. Non tutti i capoluoghi si comportano come il suo.

  MARIO LUCINI, Sindaco di Como. Il fatto che ci sia solo la volontarietà non mi sembra giusto a questo punto. Servirebbe buonsenso. Anche l'obbligatorietà potrebbe essere ottusa.
  Si vanno a vedere, senza nascondere le carte, quali sono le possibilità e disponibilità sul territorio e, se c’è bisogno, si dice al comune: «Caro comune, è inutile che ne mettiamo venti uno sopra all'altro nello stesso posto, perché tu non vuoi. Magari te ne prendi solo quindici, invece di farne prendere 150 agli altri. Se ne prendi quindici, li puoi gestire, ed è una cosa che fa crescere anche la tua comunità in termini di corresponsabilità».
  Non ho ricette, perché altrimenti farei un altro mestiere, però lasciare totalmente alla volontà, alla facoltà e al buon cuore delle persone non mi sembra giusto, perché siamo organismi istituzionali e abbiamo delle responsabilità. Non è una cosa che facciamo se ci piace.
  Ma ci sono comuni che non hanno proprio la possibilità, le risorse e gli spazi. Non si può obbligarli.
  Tuttavia, occorre far crescere un po’ la corresponsabilità, in primo luogo a livello europeo. Penso che questa sia una vostra battaglia, perché chiaramente l'Italia non può farcela da sola ad affrontare questa situazione. A livello regionale devono esserci Pag. 12solidarietà e una distribuzione ragionevole dello sforzo. Lo stesso va calato nel territorio passo per passo.

  PRESIDENTE. Io avevo posto una domanda. Le faccio anch'io i complimenti per la serietà e per la semplicità che lei mette in quest'operazione che sta facendo, piena di valori importanti che altri amministratori forse non mettono.
  Le chiedevo se questi numeri importanti che lei ha citato sono legati o meno alla presenza del confine con la Svizzera. Penso al discorso che faceva poc'anzi sugli albanesi. Forse Como è un punto di partenza, ad esempio, per la Svizzera.

  MARIO LUCINI, Sindaco di Como. Penso di no – vado a sensazione – per due motivi. Innanzitutto, gli albanesi non arrivavano certamente dalla Svizzera o non arrivavano per andare in Svizzera. Arrivavano per venire lì.
  Ribadisco che non sto parlando degli albanesi in generale. Mi riferisco a quei ragazzi albanesi. Sia chiaro che il mio discorso non ha nessuna connotazione etnica. Era un giro un po’ così. Questi ragazzi non venivano per andare in Svizzera, né certamente erano entrati da lì.
  Non credo che il fenomeno sia molto influenzato da questo, perché gli svizzeri sono abbastanza attenti e rigidi sul loro confine. Non ho dati, però, a quanto mi dicono, i punti di uscita dal nostro Paese sono più sul Brennero e da altre parti.
  C’è stata, secondo me, questa componente forte molti anni fa – era l'89, se non sbaglio – quando ci fu la crisi del Libano. Allora a Como arrivarono tantissimi libanesi, perché avevano molti parenti in Svizzera. Tanti hanno cercato di passare il confine e tanti sono stati rimandati indietro.
  Adesso mi sembra che questi arrivi non siano guidati da questa circostanza. Non ho dati, quindi magari dico una sciocchezza. Tra le vie di transito e di uscita verso il Nord Europa, non credo che siano prioritarie quelle sul nostro confine. Infatti, abbiamo pochissimi respingimenti. È molto raro che ci torni qualcuno dalla Svizzera. Questo vuol dire che di lì ne passano pochi.

  PRESIDENTE. Signor sindaco, ringrazio sentitamente lei e i suoi collaboratori per il lavoro che fate, augurandomi che anche altri sindaci e altri comuni nel nostro Paese comincino ad avere la sua sensibilità.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.