XVII Legislatura

Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 15 di Mercoledì 30 aprile 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Di Salvo Titti , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA FUNZIONALITÀ DEL SISTEMA PREVIDENZIALE PUBBLICO E PRIVATO, ALLA LUCE DELLA RECENTE EVOLUZIONE NORMATIVA ED ORGANIZZATIVA, ANCHE CON RIFERIMENTO ALLA STRUTTURAZIONE DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Audizione di rappresentanti della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA).
Di Salvo Titti , Presidente ... 3 
Di Niola Stefano , Responsabile del dipartimento relazioni sindacali della CNA ... 3 
Di Salvo Titti , Presidente ... 6 
Santini Giorgio  ... 6 
Di Niola Stefano , Responsabile del dipartimento relazioni sindacali della CNA ... 6 
Di Gioia Lello (Misto-PSI-PLI)  ... 6 
Di Niola Stefano , Responsabile del dipartimento relazioni sindacali della CNA ... 6 
Di Salvo Titti , Presidente ... 7 

ALLEGATO: Documentazione presentata dalla CNA ... 9

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE TITTI DI SALVO

  La seduta comincia alle 8.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della Confartigianato, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla funzionalità del sistema previdenziale pubblico e privato, alla luce della recente evoluzione normativa ed organizzativa, anche con riferimento alla strutturazione della previdenza complementare.
  Do quindi la parola al responsabile del dipartimento relazioni sindacali della CNA, dottor Stefano Di Niola.

  STEFANO DI NIOLA, Responsabile del dipartimento relazioni sindacali della CNA. Grazie, presidente, dell'invito a partecipare a questa audizione.
  Prima di svolgere qualsiasi riflessione in materia, è opportuno ricordare che ogni azione legislativa diretta a incidere sulla disciplina previdenziale non può porsi in contrasto con l'articolo n. 38 della nostra Costituzione, che contiene il programma del sistema previdenziale repubblicano e che, come è noto, stabilisce il diritto di tutti i lavoratori autonomi e dipendenti a vedersi assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia.
  Uno dei princìpi fondamentali legati al sistema previdenziale è infatti quello dell'adeguatezza delle risorse per l'età anziana. In Italia, dove il sistema previdenziale è ancora tradizionalmente pubblico, la maggior parte di queste risorse deriva dal cosiddetto «primo pilastro», la previdenza obbligatoria.
  Questo pilastro tuttavia per le nuove generazioni sarà meno generoso che in passato, per effetto delle ultime e più rilevanti riforme, in particolare quella Dini del 1995, quella Maroni del 2004 e quella Fornero del dicembre 2011.
  Mentre per le generazioni più vicine alla pensione si prospettano limitati problemi di adeguatezza, per i futuri pensionati la copertura pubblica non sarà sufficiente a garantire la sicurezza economica nell'età anziana, come dimostrano tutte le proiezioni dei tassi di sostituzione, tramite i quali si calcola l'importo della pensione in rapporto ai redditi della fase finale della vita lavorativa.
  Ulteriore aspetto di cui occorre tener conto è quello legato all'equilibrio della spesa previdenziale. Le riforme di sistema susseguitesi dal 1995 ad oggi hanno mirato a contemperare i due aspetti citati, adeguatezza dell'importo delle prestazioni ed equilibrio del bilancio previdenziale.
  L'insieme delle riforme citate e ad oggi vigenti in materia, pur riconoscendo la necessità di controllare la pendenza Pag. 4della spesa pubblica per la previdenza del nostro Paese, registra ancora forti limiti di base. Il primo attiene alla mancanza di separazione tra spesa previdenziale e assistenziale, elemento per noi fondamentale.
  Riteniamo infatti non più accettabile che, come si evince anche dall'analisi del bilancio dell'INPS, la mancata separazione tra le due partite si trasformi di fatto in un onere sociale posto a carico di imprese e lavoratori. Le spese per l'assistenza andrebbero poste totalmente a carico della fiscalità generale, e questo aiuterebbe a fare dei ragionamenti complessivi sulla previdenza nel nostro Paese.
  Tale evidente squilibrio genera falsi allarmi sui conti previdenziali, che, sommati ad altri fenomeni come quello dei mancati versamenti per i dipendenti pubblici da parte dello Stato, hanno portato a valutazioni complessive, non da ultimo nel 2011 quella di elevare l'età pensionabile in maniera non sostenibile per le imprese né per i lavoratori, che si troveranno a vivere una condizione professionale estremamente complessa e un invecchiamento attivo di cui dovremmo tenere conto.
  Sulla governance degli istituti Inps e Inail rileviamo come il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (CIV) non riesca a sopperire alle prerogative un tempo assegnate al Consiglio di Amministrazione e che i poteri assunti dal Presidente, ancorché il suo operato sia costantemente controllato dal magistrato della Corte dei Conti, dal Collegio dei Sindaci e dall'organismo indipendente di valutazione, siano squilibrati rispetto a quanto opportuno per il buon funzionamento degli istituti.
  Andrebbero pertanto ripristinati un Consiglio di Amministrazione composto da esperti in materia e dalle parti sociali, andrebbero ridefiniti nel dettaglio i poteri del direttore generale e rafforzati il ruolo e la funzione del Consiglio di indirizzo e di vigilanza sia dell'Inps che dell'Inail. Le funzioni di vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dovrebbero essere maggiormente concentrate sugli aspetti legati all'applicazione delle normative.
  A tal proposito, però, corre l'obbligo di ricordare come la legislazione oggi esistente in materia (soprattutto in materia previdenziale, ma in materia di lavoro in generale) necessiti spesso di chiarimenti immediati, che garantiscano l'operatività della norma e come altrettanto spesso le circolari e i messaggi emanati dai due istituti servano a sopperire a una mancanza di operatività delle norme. Da questo punto di vista, quindi, si rileva un effetto positivo.
  Con questo meccanismo c’è tuttavia il forte rischio di creare di una sorta di legislazione parallela, che potrebbe non rispondere pienamente alle funzioni di vigilanza attribuite al Ministero del lavoro, che oggi opera in termini di vigilanza soprattutto sugli aspetti legati agli andamenti e al bilancio.
  In tema di previdenza complementare, va rilevato che nel 2011 la forma pensionistica Artifond, istituita dalla CNA e dalle altre organizzazioni datoriali dell'artigianato, CGIL, CISL e UIL, è stata trasferita presso altro fondo di previdenza complementare, ossia Fonte. In tale percorso l'interlocuzione con la Covip, con la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, è stata fattiva e ha aiutato ad evidenziare i migliori percorsi per condurre a termine il procedimento.
  Rispetto al più generale controllo pubblico sul sistema previdenziale, la fusione tra Inps e Inpdap ha evidenziato un profondo squilibrio nei conti dell'istituto previdenziale per i dipendenti pubblici. Non ne capivamo il motivo, ma poi abbiamo rilevato il mancato trasferimento delle risorse dovute dallo Stato all'istituto, grave mancanza a cui non ha corrisposto una fattiva azione di contrasto.
  È noto come il tema della previdenza complementare sia strettamente legato a quello della previdenza pubblica e come in Italia sia stata avvertita la necessità di dotare il sistema pensionistico del cosiddetto «secondo pilastro», in grado di garantire alla fine della vita lavorativa un accettabile livello di reddito.
  Altrettanto note sono le ragioni che hanno indotto gran parte dei Paesi occidentali Pag. 5a scelte di questo genere. In particolare, il variare sempre più accentuato del rapporto tra popolazione attiva e pensionati, dovuto all'aumento dell'età media della popolazione, al crollo del tasso di natalità insieme alle trasformazioni del mercato del lavoro e alle crisi occupazionali, hanno contribuito in maniera decisiva a rendere insufficienti i generali livelli previdenziali garantiti dalle prestazioni pensionistiche obbligatorie.
  In Italia completano il quadro brevemente descritto alcune scelte che il legislatore ha compiuto. Parliamo ovviamente di scelte passate, che risalgono agli anni ’60 e che poi sono state modificate, quali l'abolizione del tetto massimo di pensione, l'introduzione di un sistema di calcolo basato sull'ultima retribuzione e l'introduzione di una pensione di anzianità il cui godimento prescinde dall'età fisica.
  Questi meccanismi hanno spinto il nostro sistema pensionistico a una forte crisi finanziaria, aggravatasi con il tempo, che ha poi portato alle riforme prima citate.
  La crisi del sistema previdenziale pubblico non esaurisce le riflessioni legate allo sviluppo della previdenza integrativa, anzi il carattere multiforme della materia ci impone riflessioni che vanno ben oltre il noto tema della crisi di sistema del nostro welfare State, così come di quelli occidentali, con la connessa emersione di nuovi bisogni e nuove domande sociali da tutelare.
  Su quest'ottica si fonda una certa letteratura che pone in rilievo le relazioni tra economia e previdenza complementare, il cui ruolo propulsivo rispetto all'intera economia nazionale potrebbe produrre effetti di benefica rilevanza, ma anche negative implicazioni, difficili da prevedere.
  Rispetto ai meccanismi positivi di un rilancio del sistema previdenziale complementare nel nostro Paese, mi preme sottolineare come nel nostro Paese alla nascita della previdenza complementare non si sia tenuto conto di un aspetto fondamentale, ovvero del fatto che i TFR che provenivano da imprese poco strutturate, che rappresentano la spina dorsale del nostro sistema economico, venissero solitamente impiegati in operazioni mobiliari, come la legge impone ai fondi di previdenza complementare.
  Se andava bene, quelle azioni appartenevano a imprese appartenenti alla filiera dell'impresa da cui proveniva il TFR, se andava male, erano di un'impresa concorrente dell'impresa madre in cui l'impresa era in filiera, fatto che non ha generato meccanismi di positività.
  Andrebbe fatto un ragionamento complessivo, ma oggi non voglio dilungarmi su questo argomento, anche perché non mi sembrava che nella griglia delle vostre domande ci fosse un focus particolare su questo, ma siamo eventualmente disponibili a parlarne successivamente in altra sede.
  I molteplici aspetti legati alla previdenza complementare riportati provano dunque il carattere eterogeneo della materia e valgono a confermare le voci di dissenso nei confronti dell'opinione comune che vede nella previdenza complementare solo l'alternativa al crollo del sistema previdenziale pubblico.
  Se è vero che l'incentivazione delle forme previdenziali integrative è stata da molti considerata come una sorta di alternativa alle disfunzioni del pubblico, vero è anche che già da tempo andava emergendo una sorta di delegittimazione dello Stato come interprete assoluto dei bisogni meritevoli di tutela. Emergeva da parte dei singoli l'esigenza di riappropriarsi della facoltà di decidere in merito, in questo caso attraverso i TFR, aspetto che non abbiamo valutato negativamente.
  In ogni caso, non si possono sottacere due aspetti. La riforma Fornero del 2011 ha inciso e inciderà notevolmente, attraverso le misure citate in precedenza, sulle disfunzioni finora evidenziate dal sistema previdenziale pubblico. Le misure in essa contenute, inclusi gli incrementi delle aliquote previdenziali previste per gli artigiani e commercianti, che passano dal 20 per cento nel 2011 al 24 per cento nel 2018, appaiono adeguate al perseguimento di un sostanziale equilibrio della spesa previdenziale e soprattutto dell'equità tra generazioni.Pag. 6
  Sarebbe inoltre rischioso accettare che la previdenza complementare rappresenti l'alternativa al crollo del sistema previdenziale pubblico, perché verrebbero meno i precetti costituzionali sui quali si fonda il nostro sistema di sicurezza sociale.
  Concludo il mio intervento, rimandando eventuali approfondimenti alla relazione che lascio agli atti della Commissione, con una notazione sul welfare sanitario.
  Il welfare sanitario nel nostro Paese si sviluppa attraverso contrattazione collettiva di categoria, che, al fine di supportare meglio i lavoratori del comparto di riferimento, decide negli anni di strutturare meccanismi in grado di erogare prestazioni ad alta frequenza, anche a fronte di una sanità pubblica che, nonostante l'ottimo livello registrato nel confronto con altre nazioni OCSE, spesso difetta di tempestività e capillarità.
  Si tratta di una scelta che le parti hanno operato e operano in una condizione negoziale che le vede scambiare grandezze, ciascuno nell'interesse dei propri rappresentati. Un sistema come quello dei fondi di previdenza complementare mal si attaglierebbe quindi a strumentazioni simili a quelle di cui parliamo e rischierebbe di ingenerare una profonda confusione di ruolo tra il pubblico e il privato.
  Altra cosa sarebbe invece una regolamentazione minima dei fondi, come peraltro già avvenuto con il decreto ministeriale del 27 ottobre 2009, il Decreto Maroni sui fondi sanitari, volta a creare condizioni di maggiore vantaggio, quali l'eliminazione del contributo di solidarietà pari al 10 per cento per i fondi sanitari integrativi istituiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio per il contributo e ricordo che per iniziativa di questa Commissione, che ha visto accrescere i propri compiti in seguito alle recenti modifiche apportate dalla legge di stabilità, è stato istituito un tavolo tecnico per approfondire il tema relativo all'utilizzo delle risorse finanziarie dei fondi per il rilancio dell'economia del Paese. Anche gli elementi da voi proposti costituiscono quindi degli indirizzi di riflessione dei quali terremo conto.
  Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  GIORGIO SANTINI. Rispetto all'Inail, vorrei sapere come stia andando la vicenda dell'abbattimento premi, perché ho sentito voci contraddittorie.

  STEFANO DI NIOLA, Responsabile del dipartimento relazioni sindacali della CNA. Noi ci aspettavamo che il taglio approvato con la legge di stabilità non fosse un taglio lineare e che, nello spirito di mutualità dell'istituto, operasse per comparti, perché oggi le aliquote e le contribuzioni vengono stabilite per comparti, ed auspichiamo che in futuro possa essere ripristinato un meccanismo di questo tipo, anche se si tratta comunque di una riduzione di costi.

  LELLO DI GIOIA. Vorrei una precisazione. Ci risulta che nella vostra associazione vi siano spinte affinché i professionisti che rappresentate escano dall'Inps e costituiscano una Cassa delle professioni; le chiederei quindi una sua considerazione in merito.

  STEFANO DI NIOLA, Responsabile del dipartimento relazioni sindacali della CNA. La ringrazio, presidente, perché mi offre l'occasione di parlare di una questione che non è tanto da ascrivere a una relazione o interrelazione tra la previdenza complementare e quella pubblica, ma la ricondurrei a quest'ultima, perché i professionisti che rappresentiamo e che lei citava, ossia professionisti senza Ordini professionali perché altrimenti avrebbero le loro Casse, rivendicano un trattamento simile a quello ordinistico dal punto di vista previdenziale.
  Sappiamo che la gestione separata INPS, al netto dei parasubordinati tout court che a volte rappresentano un altro mondo piuttosto che i professionisti, è una gestione in profondo attivo, quindi andrebbe Pag. 7valutato un meccanismo che possa contemperare le esigenze di bilancio dell'Inps rispetto a una richiesta politica che ha suscitato attenzione, perché è indubbio che il grande attivo di bilancio nella gestione separata si giustifica con aliquote più alte rispetto al tiraggio della stessa gestione.
  Noi stiamo facendo dei ragionamenti su questo, c’è un'interlocuzione forte all'interno del Parlamento e dell'Istituto e ci rendiamo conto che non tutto quello che è in attivo può essere reclamato per ridurre i costi. In tale ottica peraltro siamo consapevoli di uno squilibrio della gestione artigiani, quindi proprio per gli imprenditori, ma sappiamo che le aliquote sono state aumentate del 4 per cento, quindi non di poco, e passeranno dall'attuale 20 per cento al 24 per cento nel 2018.
  Questo tuttavia ci consentirà di riportare in equilibrio quella gestione, quindi non abbiamo valutato negativamente l'aumento di costi per gli imprenditori autonomi, gli imprenditori artigiani. È necessario un ragionamento complessivo, tenendo conto della necessità di contemperare queste esigenze anche per la previdenza relativa ai professionisti della gestione separata.

  PRESIDENTE. Ringrazio il responsabile del dipartimento relazioni sindacali della CNA, Stefano di Niola, dispongo che la relazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.30.

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ALLEGATO

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