Audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti.
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Roberti Franco , Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo ... 3
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PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI
La seduta comincia alle 14.20.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti. L'audizione odierna, a qualche mese di distanza da quella svolta lo scorso 16 settembre 2015, è dedicata all'illustrazione della Relazione annuale della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, trasmessaci come di consueto dal procuratore, e che a seguire sarà oggetto dell'iniziativa pubblica fissata alle ore 15 presso la sala atti parlamentari del Senato, con la partecipazione di autorità e giornalisti.
Ringrazio per la consueta disponibilità il procuratore Roberti, lo ringrazio per la disponibilità a presentare in Commissione, ancorché brevemente oggi, potendo già contare sulla sua disponibilità per un'eventuale seduta di approfondimento della relazione con tutti i membri della Commissione, e lo ringrazio anche per l'attenzione dimostrata verso la Commissione, che diventa di fatto il foro pubblico attraverso il quale la relazione viene presentata alle istituzioni e a tutto il Paese.
Vi chiediamo, nel breve tempo che abbiamo a disposizione (circa mezz'ora), di illustrarci le linee principali della relazione, che ho trovato molto importante e interessante. Prego, procuratore.
FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Grazie, presidente, buongiorno a tutti, grazie per l'opportunità che ancora una volta quest'anno mi viene data di illustrare davanti alla Commissione parlamentare antimafia, che con i miei colleghi consideriamo il nostro interlocutore fondamentale e imprescindibile, la relazione sull'attività svolta quest'anno dalla Direzione nazionale antimafia e da quest'anno anche antiterrorismo, opportunità veramente importante.
Ho sottolineato relazione sull'attività e Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo perché la grande novità di quest'anno è stata l'attribuzione alla Direzione nazionale antimafia delle competenze in materia di coordinamento e di impulso nelle indagini contro il terrorismo.
Questa è stata la grande novità, e non per caso e con scelta assolutamente condivisibile e lungimirante il Governo e il Parlamento hanno attribuito alla Direzione nazionale antimafia le competenze in materia di antiterrorismo, non solo perché rispetto all'ipotesi alternativa, che era quella di costituire una Procura nazionale antiterrorismo ad hoc, autonoma rispetto alla Procura antimafia, la prima ipotesi, quella di ampliare le competenze della Procura antimafia, aveva il vantaggio di poter utilizzare una struttura già esistente, già collaudata in 23 anni di positiva operatività, una banca dati avanzatissima e quindi strutture già collaudate ed esistenti, ma anche perché a mio avviso il Governo e il Parlamento hanno ritenuto che la competenza accumulata in questi 23 anni dalla Direzione nazionale antimafia potesse essere messa a frutto anche nelle Pag. 4indagini in materia di terrorismo, dati i notori intrecci tra criminalità organizzata di tipo mafioso e terrorismo.
Su questi intrecci a noi ben noti per brevità non mi soffermo, ma basta pensare alla fenomenologia dello Stato islamico per rendersi conto di come lo Stato islamico sia da un lato uno Stato nascente, embrionale, con un suo ordinamento, con delle sue strutture burocratiche, con la sua territorialità, ma innanzitutto sia uno Stato mafia, che si muove come un'organizzazione di tipo mafioso transnazionale, potendo disporre per svolgere i propri traffici criminali transnazionali, con i quali si autofinanzia e si autoalimenta, di un territorio, di relazioni esterne all'organizzazione, di soggetti che lo rafforzano e di territori esterni a quelli di insediamento dello Stato islamico.
Non per caso la Corte di cassazione in sede cautelare, con sentenza emessa ad ottobre 2015 e depositata a dicembre 2015 ha affermato (e ce n'era bisogno) che lo Stato islamico è un'associazione con finalità di terrorismo internazionale. Ce n'era bisogno perché dal punto di vista del contrasto giudiziario sapere di perseguire gli affiliati a questa associazione e coloro che la sostengono all'estero e nel nostro Paese come reclutatori, come finanziatori dei foreign fighters, come soggetti che danno appoggio e fanno opera di radicalizzazione sul nostro territorio, sapere di doverci confrontare con un'associazione di terrorismo internazionale era importante, quindi questa sentenza è stata importante.
L'attribuzione delle nuove competenze alla Direzione nazionale ci ha imposto anche uno sforzo organizzativo e, non essendo nel frattempo ancora aumentato il numero dei magistrati del mio ufficio, che dovrà passare da venti a ventidue (quindi l'aumento è soltanto di due con i due nuovi aggiunti previsti dalla legge antiterrorismo di nomina del Consiglio Superiore della Magistratura, avendo lo stesso numero di magistrati e anzi anche qualche vuoto di organico) abbiamo avvertito la necessità di impegnarci sul versante del terrorismo, impegno che ha richiesto anche un nostro aggiornamento, un nostro studio e approfondimento personale della tematica del terrorismo, ma al tempo stesso di non distoglierci dalle attività di impulso e di coordinamento della materia antimafia.
Si tratta di uno sforzo notevole sia organizzativo che di impegno personale e di ufficio. Poiché riteniamo che per contrastare efficacemente il terrorismo sia indispensabile aumentare l'efficacia del contrasto dei reati di criminalità organizzata transnazionale, a cominciare dal traffico di stupefacenti, passando per i traffici di rifiuti, i traffici di esseri umani, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, i contrabbandi di merci, i contrabbandi di petroli, tutto ciò che alimenta le casse dello Stato islamico, riteniamo di dover incrementare i livelli di contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso.
A breve vi illustrerò i problemi su questo versante, ma voglio dire subito che per quanto riguarda l'organizzazione e il coordinamento delle indagini in materia di terrorismo abbiamo promosso a livello di ciascun distretto la stipula tra i magistrati delle procure distrettuali e delle procure dei «protocolli di indagine», strumento che abbiamo già positivamente collaudato nelle indagini di mafia e anche nelle indagini finalizzate alla proposta di misura di prevenzione.
Consiste nell'impegno dei magistrati a livello distrettuale, sotto l'egida del Procuratore nazionale e dei procuratori generali presso le corti d'appello, di scambiarsi le informazioni, di scambiarsi dati, di comunicarsi gli elementi di indagine con riferimento a quelli che noi chiamiamo i «reati spia», cioè quei reati che, come per le mafie sono sintomatici dell'agire mafioso anche se non sono immediatamente riconducibili al catalogo dei reati mafiosi, possono essere sintomatici dell'agire terroristico anche se non sono immediatamente riconducibili al paradigma dell'articolo 51, comma 3-quater del codice di procedura penale.
Vi è però una differenza: mentre per i reati di mafia il 51, comma 3-bis cataloga questi reati, il 51 comma 3-quater fa un Pag. 5puro e semplice riferimento, per fissare la competenza distrettuale, ai delitti con finalità di terrorismo, che non vengono specificati, per cui ci siamo dovuti «inventare» (mi sono impegnato anch'io) un catalogo di delitti che possano essere ricondotti al contenitore del 51, comma 3-quater.
L'ho fatto, l'ho diffuso, ho avuto anche l'approvazione del procuratore generale della Corte di cassazione, per cui oggi sappiamo a livello giurisprudenziale, a livello di uffici del pubblico ministero quali sono i reati con finalità di terrorismo e quali sono i reati spia dei delitti con finalità di terrorismo: stupefacenti, armi, falso documentale, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, tutto quello che può essere sintomatico dell'agire terroristico o a sostegno delle attività terroristiche.
Abbiamo fatto anche altre due cose. Scusate se vi parlo delle attività, ma la nostra relazione è sulle attività della Direzione nazionale più che sull'analisi del fenomeno, perché sull'analisi del fenomeno mafioso non ci sono novità rispetto allo scorso anno, l'azione di contrasto prosegue, la ricerca per la cattura di Matteo Messina Denaro prosegue intensamente.
Proprio ieri abbiamo fatto una riunione di coordinamento tra le procure di Palermo e Caltanissetta nel mio ufficio, atteso che ora anche Caltanissetta ha un titolo per ricercare Matteo Messina Denaro essendo stata emessa a suo carico una misura cautelare come mandante delle stragi del 1992, quindi ci siamo coordinati tra Palermo e Caltanissetta per ricercare il latitante.
Le indagini vanno avanti, ma ci siamo impegnati per quanto riguarda l'analisi del fenomeno della propagazione delle mafie al nord, soprattutto della ’ndrangheta, che è un fenomeno in espansione. Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria e Lazio sono le regioni attinte a vario livello, con vari gradi di infiltrazione, dall'insediamento mafioso vero e proprio che abbiamo riscontrato in Lombardia, in Piemonte e purtroppo anche in Emilia-Romagna, a infiltrazioni che possono riguardare più il riciclaggio, il reinvestimento, l'aspetto economico che non l'insediamento mafioso vero e proprio, quali per esempio nel Lazio, in Toscana, in Umbria e in Veneto.
Detto ciò, non vi sono altri aspetti di novità nel fenomeno mafioso tradizionale, anche se dedichiamo un capitolo anche alle mafie straniere e alle loro relazioni, con le mafie italiane.
Ci siamo quindi centrati soprattutto sulle nostre attività, ci è sembrato di dover sviluppare necessariamente il sistema delle cosiddette «segnalazioni di operazioni sospette». Sapete meglio di me che, in base al decreto legislativo 231 del 2007, che replica la Terza direttiva europea in materia di antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo (ora si sta elaborando un disegno di legge per introdurre la quarta direttiva europea nel nostro ordinamento), il meccanismo fondamentale di contrasto al riciclaggio attraverso il sistema bancario e finanziario, nonché al finanziamento del terrorismo è il sistema delle SOS, Segnalazioni Operazioni Sospette, dal mondo bancario, dal mondo finanziario, dal mondo delle professioni.
Con la normativa vigente questo sistema si era rivelato estremamente lento, farraginoso, inutile, per cui quando arrivava una segnalazione di operazione sospetta alla nostra attenzione erano passati anni rispetto all'elaborazione che ne faceva l'Unità di informazione finanziaria e poi la DIA o il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, quindi quando arrivava a noi era totalmente inutile.
Abbiamo pensato che, grazie allo sviluppo del nostro sistema informatico e dell'informatica in generale, avremmo potuto abbattere questi tempi tra la SOS proveniente dall'operatore finanziario o bancario e la nostra elaborazione, e li abbiamo abbattuti. Ho stipulato delle convenzioni con il comandante generale della Guardia di finanza per il Nucleo speciale di polizia valutaria e con il direttore della DIA per quanto riguarda l'attività della Pag. 6DIA (la DIA si occupa delle SOS mafiose, il Nucleo di polizia valutaria delle SOS di potenziale finanziamento al terrorismo).
Abbattiamo i tempi di elaborazione, nel senso che queste segnalazioni ci vengono immediatamente comunicate (parliamo di oltre 70 mila segnalazioni sospette all'anno che arrivano al nostro esame) dalla DIA e dal Nucleo speciale, noi incrociamo questi dati con la nostra banca dati e, come sempre avviene quando si incrociano i dati informaticamente, si accresce la conoscenza, per cui vengono fuori dati estremamente importanti che partono da una segnalazione e arrivano ai precedenti penali, alle precedenti frequentazioni, alle attività economiche sospette dei soggetti inseriti nella nostra banca dati.
Tenete presente che nella nostra banca dati sono catalogati 1.650 mila soggetti, tra indagati, imputati e testimoni, tutti soggetti che a vario titolo, attraverso il meccanismo della banca dati del sistema SIDDA/SIDNA, entrano nella banca dati, ne fanno parte e possono essere utilizzati per gli incroci quando sia necessario.
Attraverso questo meccanismo di incrocio immediato delle SOS con i dati che abbiamo, sono emersi atti di impulso investigativo presso le procure distrettuali, cioè noi elaboriamo la SOS, la incrociamo con i dati, ne vengono fuori dei riscontri molto importanti, che ci inducono a investire i procuratori distrettuali territorialmente competenti per l'ulteriore sviluppo investigativo. Finora abbiamo fatto una ventina di atti di impulso, estremamente importanti come basi di partenza per le indagini preliminari delle procure distrettuali. Questa è una cosa alla quale teniamo moltissimo, perché l'abbiamo creata d'intesa con la Guardia di finanza e con la DIA.
Passando alle altre aree tematiche e in particolare all'attività intensissima del Servizio cooperazione internazionale, la nostra organizzazione prevede la strutturazione in sezioni, le sezioni sono i luoghi in cui si elaborano le analisi sui fenomeni criminali, i servizi sono invece strutture che mettono la Direzione nazionale antimafia al servizio delle procure distrettuali, quindi elaborano forme di attività che possono essere utili alle procure distrettuali.
È fondamentale – tanto più ora che c’è la competenza sul terrorismo – il Servizio cooperazione internazionale, che tratta la materia delle rogatorie, su cui bisognerebbe aprire tutta una tematica che non apro, cioé quella dello scambio informativo a livello internazionale che, se è essenziale per la criminalità organizzata, tanto più lo è per il terrorismo, come abbiamo sperimentato, purtroppo con esiti non confortanti, dopo le stragi di Parigi, soprattutto con la strage del 13 novembre, quando abbiamo cercato di fornire informazioni ai colleghi francesi.
Sono venute fuori informazioni utili per i colleghi francesi, ma troppo tardi rispetto all'esigenza di inseguire i latitanti che magari erano stati in Italia qualche mese prima, come abbiamo saputo con ritardo o abbiamo verificato in banca dati attraverso l'incrocio con i dati dell'UIF, ma l'abbiamo fatto con ritardo. Lo scambio informativo in materia di terrorismo deve essere immediato, altrimenti è inutile.
Per potenziare questo scambio informativo abbiamo lavorato molto con il Servizio cooperazione internazionale, che si è impegnato in particolare per quanto riguarda il contrasto alla tratta di essere umani e il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Dopo la tragedia di Lampedusa del 2013 ci siamo chiesti cosa potessimo fare per coordinare meglio le indagini, che vedevano già impegnate alcune procure come Catania, Palermo, Reggio Calabria, Ragusa, Siracusa nel contrasto al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e al traffico di clandestini.
Abbiamo pensato che questo coordinamento potesse funzionare meglio se ci si metteva intorno a un tavolo e ci si scambiavano le informazioni, magari anche con uffici giudiziari di altri Paesi, che si occupavano delle stesse filiere di trafficanti di esseri umani (Olanda, Germania e Spagna).
Abbiamo fatto più riunioni di coordinamento anche con i colleghi stranieri per Pag. 7scambiare le informazioni, che si sono rivelate di estrema utilità per procedere nelle indagini e (nella relazione troverete anche i dati numerici che adesso non cito per brevità) per contrastare più efficacemente i trafficanti, perché l'obiettivo di tutti noi deve essere quello non di colpire l'immigrato clandestino (ho già detto pubblicamente che è inutile punire, colpire e sanzionare con una multa l'immigrato clandestino, perdiamo molto tempo sottraendo risorse ad altre indagini), ma di contrastare i trafficanti.
Per questo motivo abbiamo anche stipulato un accordo con il procuratore generale dell'Egitto, il compianto Hashem Barakat, che dopo la stipula dell'accordo che venne a firmare in DNA fu ucciso, saltò in aria in un attentato dei Fratelli Musulmani. Barakat venne perché all'epoca c'era una forte intesa tra il nostro Paese e l'Egitto e per essere uniti nel contrasto ai trafficanti stipulammo questo accordo, che ora dopo la morte del procuratore generale dobbiamo recuperare, perché gli accordi camminano anche sulle gambe degli uomini e quando cambiano gli uomini diventa più difficile, però ci stiamo provando.
Ho citato questo esempio dell'accordo con l'Egitto, ma ne abbiamo stipulati anche altri con altri Paesi, perché il nostro obiettivo è quello di facilitare lo scambio informativo e la collaborazione internazionale anche sul piano delle rogatorie.
L'obiettivo fondamentale soprattutto per quanto riguarda il contrasto dei traffici di immigrati, ma anche per quanto riguarda il contrasto alle mafie e al terrorismo più in generale è quello di pianificare il coordinamento. Cosa voglio dire ? Finora noi siamo intervenuti (questo è stato un limite non solo della DNA, ma del sistema) quando si creava l'esigenza, cioè laddove c’è l'esigenza di fare un atto rogatoriale all'estero, c’è una rogatoria che viene inoltrata all'autorità giudiziaria straniera, noi interveniamo per sollecitare, per favorire, per promuovere in tempi rapidi questa rogatoria.
L'obiettivo ambizioso, che passa naturalmente per una cooperazione internazionale serratissima, è quello di prevenire le attività rogatoriali, stabilendo in anticipo tra le autorità giudiziarie che procedono a indagini collegate su un fenomeno di criminalità transazionale cosa fare insieme e chi fa cosa, facendo poi le rogatorie in modo molto più ragionato e consapevole, sapendo come calibrarle, quando farle e a chi dirigerle, quindi tutta un'attività di predisposizione delle attività investigative.
In questo ci è utile il rapporto con Eurojust. Abbiamo apprezzato molto la scelta fatta dal ministro della giustizia di nominare un nostro magistrato, Filippo Spiezia, come membro italiano di Eurojust, perché il fatto che Spiezia sia passato dalla DNA a Eurojust senza soluzione di continuità crea un link molto più stretto con Eurojust, e il rapporto con Eurojust è fondamentale, come sono fondamentali anche i rapporti con altre autorità giudiziarie di Paesi non appartenenti all'Unione europea.
Vado avanti rapidamente perché il tempo scorre e aggiungo ancora quattro cose. La prima: Servizio misure di prevenzione in generale, aggressione ai patrimoni. Abbiamo ancora – e lo sottolineiamo – il problema di un'Agenzia nazionale per la gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati che fa tutto il possibile (vi garantisco, ho partecipato a una riunione del Consiglio direttivo dalle 10 di questa mattina) ma con mezzi estremamente esigui, con personale estremamente esiguo, senza la possibilità (mi riferisco a casi veri, anche se non posso citarli) di verificare nelle mani di chi vadano a finire veramente i beni, una volta confiscati e assegnati, perché il bene appartenuto al mafioso nella testa del mafioso non cessa mai di essere suo, anche quando glielo hai confiscato e fa parte del patrimonio dello Stato, anche quando lo hai destinato a una cooperativa o a un'associazione antimafia per la gestione.
Il mafioso non perde mai interesse per quel bene, lui o un altro sopra di lui. Chi va a vedere che fine faccia il bene dopo l'assegnazione ? Sarebbe importante vederlo, per verificare se il sistema funzioni. Pag. 8Chi fa le indagini ? Ne parlavo questa mattina con il prefetto Postiglione. L'idea per un'Agenzia degna di questo nome e della sua altissima funzione, perché si tratta di gestire risorse dello Stato spaventose, è una ricchezza immensa quella che abbiamo e che purtroppo non riusciamo a gestire come si dovrebbe, potrebbe essere dotarla anche di soggetti con professionalità investigative di intelligence, capaci di verificare che fine facciano i beni, che uso se ne faccia, perché sarebbe importante. Se però la legge di modifica del Codice antimafia non va avanti, non si può parlare di niente.
La mia preghiera, la mia sollecitazione al Parlamento è quindi che si metta in cantiere questo disegno di legge, che si arrivi a una definizione anche per quanto riguarda l'Albo nazionale degli amministratori giudiziari. È una cosa fondamentale, che non mi stancherò mai di segnalare come tale. Non mi soffermo oltre.
Sempre in tema di misure di prevenzione, però, abbiamo colto l'opportunità, attribuitaci dalla legge in materia di terrorismo, di fare proposte di applicazione di misure di prevenzione personali e anche patrimoniali. Finora il procuratore nazionale poteva fare proposte personali ma non patrimoniali, mentre con la legge antiterrorismo è stato inserito questo potere di proposta patrimoniale che vogliamo utilizzare, naturalmente in coordinamento con i procuratori distrettuali, senza andare a pestare i piedi ai procuratori distrettuali, senza sovrapporci ai procuratori distrettuali, ma vogliamo utilizzarlo.
Lo spunto ci viene (lo stiamo verificando con il MEF e con il Comitato di sicurezza finanziaria, del cui Consiglio direttivo siamo parte) dalle segnalazioni e dalle richieste di congelamento di beni nel nostro Paese che provengono dai Paesi terzi. Quando arriva al Comitato di sicurezza finanziaria una segnalazione con richiesta di congelamento amministrativo dei beni di presunti terroristi che si trovano nel nostro Paese, possiamo utilizzare queste segnalazioni d'intesa con il Comitato di sicurezza finanziaria per sviluppare indagini patrimoniali su quei beni, per arrivare a una misura di prevenzione giudiziaria patrimoniale, che non è ovviamente il congelamento dei beni richiesto al Comitato di sicurezza finanziaria. Si tratta di un'idea che stiamo elaborando proprio in questi giorni.
Avrei ancora cinque minuti ma, se devo concludere, mi fermo, presidente.
PRESIDENTE. Rinvierei il dibattito con il procuratore a un'altra seduta, salvo intervenire nella successiva fase pubblica che non esclude i vostri interventi. Alle 15 dobbiamo essere là, quindi facciamo finire il procuratore.
FRANCO ROBERTI, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Finisco rapidamente. Tema corruzione: come scriviamo e diciamo da tempo, la corruzione non è solo un grave reato contro la pubblica amministrazione, è un gravissimo reato contro l'economia. Quando poi la corruzione si incrocia con la mafia, diventa un reato devastante, non solo un reato contro l'ordine pubblico, 416-bis, laddove è risibile considerare il 416-bis solo un reato contro l'ordine pubblico, mentre dovrebbe essere concepito come il 270-bis, perché l'associazione con finalità di terrorismo internazionale è un reato contro la personalità dello Stato e anche l'associazione mafiosa è un reato contro la personalità dello Stato, contro gli assetti democratici del nostro Paese.
Quando poi si incrocia l'associazione mafiosa con la corruzione si constata (lo vediamo nelle indagini e nei processi, Mafia capitale per tutti, ma ce ne sono molti altri, specie quelli della mafia al nord) che la corruzione fa parte a pieno titolo del metodo mafioso. Oggi si spara meno, le statistiche degli omicidi sono precipitate negli ultimi anni, non perché le mafie non esistano più, ma perché le mafie corrompono di più, preferiscono pagare piuttosto che sparare.
La corruzione quindi fa parte del metodo mafioso, segna l'evoluzione delle mafie nel nostro Paese da quelle che erano a quelle che sono, più inclini a corrompere, Pag. 9a pagare e a riciclare piuttosto che a uccidere e a imporre con la forza di intimidazione.
Del resto, come dice benissimo la Cassazione su Mafia capitale, non è che la forza di intimidazione e il vincolo associativo non ci siano più: c’è nel patrimonio associativo una «riserva di violenza» (dice la Cassazione), per cui l'organizzazione mafiosa corrompe, avvicina, collude, influenza le scelte dei soggetti che all'interno delle pubbliche amministrazioni possono poi decidere gli appalti e le attribuzioni alle varie imprese di interesse, determina quindi collusione e corruzione e tiene la riserva di violenza come garanzia del rispetto dei patti corruttivi. Questa è la mafia oggi.
Se è così, potremmo pensare anche di sanzionare questa condotta. Nella relazione proponiamo quindi di collocare nell'articolo 416-bis, settimo comma, l'aggravante specifica della corruzione, quando si dimostri che la corruzione è stata per l'associazione mafiosa che viene perseguita lo strumento per acquisire appalti, commesse, vantaggi economici o addirittura per influenzare la scelta dei soggetti che determineranno l'acquisizione di questi benefici. Abbiamo addirittura fatto la formula normativa, che sottoponiamo al vostro esame.
Ultima cosa, la droga. I traffici di droga sono il cuore del problema, è inutile nasconderlo. Possiamo parlare di tutto ma, se non parliamo dell'incidenza dei traffici di droga sul potere economico della criminalità organizzata e sugli assetti ed equilibri economici non solo del nostro ma anche di altri Paesi, parliamo di poco.
I traffici di droga sono in aumento, è un problema planetario, che quindi richiederebbe un coordinamento, una cooperazione e una volontà politica a livello planetario, però si può cominciare a fare qualcosa almeno nel nostro Paese, visto che è vero che il mercato della cocaina è in leggera flessione per quanto sta succedendo in Sud America, ma tutto il mercato dei cannabinoidi è in aumento. L'Albania oggi si presenta come uno dei maggiori produttori mondiali di cannabinoidi.
Cosa si può fare per arginare questo fenomeno, visto che qui si fanno sequestri per tonnellate di droga di tutti i tipi, salvo che per le droghe sintetiche, rispetto alle quali segnaliamo che c’è una scarsa azione di contrasto e ne spieghiamo anche il motivo: le droghe sintetiche non sono appannaggio delle organizzazioni mafiose tradizionali, che si sono da molti anni infilate nei traffici di droga (pensate alla ’ndrangheta, che è una delle più importanti organizzazioni di trafficanti mondiali di droga).
I canali informativi anche informali, le rotte, i movimenti sono quindi poco noti alle forze di polizia per quanto riguarda le droghe sintetiche. I sequestri di droghe sintetiche sono dunque pochissimi, veramente esigui, mentre aumentano i sequestri di droghe naturali. I sequestri di droghe naturali rappresentano però meno del 10 per cento della droga che circola e l'aumento dei sequestri fa capire che è aumentata la circolazione della droga.
Come regolarsi di fronte a questo ? Probabilmente, come diciamo da qualche anno, bisogna anche cambiare il target investigativo: non basta seguire e arrestare i corrieri, sequestrare, ma bisognerebbe colpire i santuari finanziari che muovono i traffici di droga. Ci sono soggetti, società che non vedono in vita loro mai un grammo di droga, ma che muovono finanziariamente i traffici di droga.
Su questo versante non basta colpire le accumulazioni di ricchezza da droga a valle, ma bisognerebbe colpirle a monte. Per colpire a monte bisogna conoscere, per conoscere bisogna fare, come già disse la Convenzione di Palermo nel 2000, «nuove attività investigative», come ad esempio attività undercover, che però sono ancora sporadiche del nostro Paese, anche perché il coordinamento andrebbe affinato.
Noi proponiamo di affidare l'autorizzazione all’undercover, prima che sia individuato un ufficio di procura territorialmente competente (voi sapete che per i traffici di droga è difficile trovare subito la procura territorialmente competente), al Procuratore nazionale o a un altro magistrato Pag. 10centralizzato, che possa autorizzare le forze di polizia a fare operazioni sotto copertura.
Il grande tema delle intercettazioni telefoniche. Le intercettazioni telefoniche sono molto difficili da realizzare anche perché ormai i trafficanti hanno imparato e comunicano su Skype e sui social network, sui mezzi informatici di difficile o impossibile intercettazione, se non tramite attività rogatoriale, perché i server e i gestori di queste società di telefonia si trovano tutti all'estero, quindi per arrivare al server dobbiamo fare una rogatoria.
I tempi della commissione rogatoria sono però assolutamente incompatibili con le attività investigative connesse ai traffici di stupefacenti, che devono essere svolte immediatamente perché bisogna seguire la droga. Per seguire la droga devi utilizzare le intercettazioni, ma se aspetti la rogatoria non lo fai.
Il grande tema è quindi quello di imporre ai gestori di telefonia che vogliano esercitare la loro attività nel nostro Paese di aprire una sede legale nel nostro Paese. L'apertura di una sede legale ci farebbe saltare il passaggio rogatoriale e sarebbe un passo avanti straordinario.
Lo stesso discorso vale per le agenzie di money transfer, che oggi servono a finanziare il terrorismo e a riciclare, basti pensare a tutti i milioni e miliardi di euro che riciclano i cinesi dal nostro Paese, lo fanno attraverso i money transfer e nessuno sa niente, non possono essere controllati perché anche le società di money transfer che hanno le agenzie qui hanno sede all'estero, prevalentemente nel Regno Unito, per cui non solo rogatorie, ma esclusione delle agenzie di money transfer dall'obbligo di iscriversi nell'Albo dei gestori di attività finanziarie, che ci consentirebbe di imporre loro l'obbligo della segnalazione di operazioni sospette, cosa che non avviene.
Per questo i money transfer sono il veicolo attraverso il quale vengono riciclati i soldi e viene anche probabilmente finanziato il terrorismo. Mi fermo qui, grazie.
PRESIDENTE. Rinvierei gli approfondimenti a un'altra seduta, anche se naturalmente nella sede pubblica sono previsti interventi, quindi potete chiedere la parola. Da questo momento la relazione è a disposizione in archivio.
Nel ringraziare il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.55.