Proposta di istituzione dei comitati di cui agli articoli 3 e 7 della legge 19 luglio 2013, n.87:
Bindi Rosy , Presidente ... 3
Mirabelli Franco ... 3
Bindi Rosy , Presidente ... 4
D'Uva Francesco (M5S) ... 4
Bindi Rosy , Presidente ... 4
D'Uva Francesco (M5S) ... 4
Molinari Francesco ... 4
Mirabelli Franco ... 4
Bindi Rosy , Presidente ... 4
Audizione del segretario generale della Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli:
Bindi Rosy , Presidente ... 4
Garofoli Roberto , segretario generale della Presidenza del Consiglio ... 5
Vecchio Andrea (SCpI) ... 9
Garofoli Roberto , segretario generale della Presidenza del Consiglio ... 9
Bindi Rosy , Presidente ... 14
Garofoli Roberto , segretario generale della Presidenza del Consiglio ... 14
Bindi Rosy , Presidente ... 14
D'Uva Francesco (M5S) ... 14
Mirabelli Franco ... 15
Vecchio Andrea (SCpI) ... 15
Mattiello Davide (PD) ... 16
Vaccari Stefano ... 16
Sarti Giulia (M5S) ... 17
Garavini Laura (PD) ... 17
Ricchiuti Lucrezia ... 18
Gaetti Luigi ... 18
Bindi Rosy , Presidente ... 18
Garofoli Roberto , segretario generale della Presidenza del Consiglio ... 19
Bindi Rosy , Presidente ... 22
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI
La seduta comincia alle 20.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Proposta di istituzione dei comitati di cui agli articoli 3 e 7 della legge 19 luglio 2013, n. 87.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di istituzione dei comitati di cui agli articoli 3 e 7 della legge 19 luglio 2013, n. 87.
Propongo l'istituzione di alcuni comitati ai sensi degli articoli 3 e 7 della legge istitutiva della Commissione; tale proposta è stata approvata all'unanimità dall'Ufficio di presidenza nella riunione del 14 gennaio 2014. I comitati di cui si propone l'istituzione sono i seguenti:
I. Lotta alla criminalità mafiosa su base europea e internazionale; semestre di presidenza italiana della UE;
II. Infiltrazioni mafiose nelle regioni centro-settentrionali e nell'economia legale;
III. Infiltrazioni mafiose nelle istituzioni territoriali e negli enti locali (oppure Relazioni con le regioni e gli enti locali);
IV. Beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e loro gestione e destinazione;
V. Cultura della legalità, scuola, università e informazione;
VI. Regime degli atti.
In merito alla composizione, la scelta dei coordinatori avverrà secondo una prassi di condivisione all'interno dell'Ufficio di presidenza tra i vari gruppi, nel rispetto delle richieste, delle sensibilità e delle competenze delle persone.
Comunico altresì che l'Ufficio di presidenza ha ritenuto che alcuni argomenti di particolare interesse possono essere trattati attraverso la costituzione di gruppi di lavoro informali. Mi riferisco in maniera particolare a temi come quello segnalato del rapporto tra mafia e professioni, ai testimoni di giustizia e alla criminalità internazionale nei fenomeni migratori.
La differenza tra i comitati e i gruppi di lavoro consiste prevalentemente nel fatto che alcuni di questi temi sono stati già ampiamente trattati. Penso in maniera particolare ai testimoni di giustizia, sui quali il lavoro fatto nelle commissioni precedenti è già maturo per una proposta conclusiva e per alcune modifiche legislative. Allo stesso tempo il tema delle mafie e delle professioni può costituire un oggetto specifico e molto mirato. Altrettanto si può dire per il tema della criminalità internazionale nei fenomeni migratori, che in parte può rientrare naturalmente nel primo comitato.
Questa è la proposta che sottopongo alla Commissione, in maniera tale che se i Gruppi fanno pervenire presto il nome dei partecipanti e le proposte dei coordinatori si può procedere alla loro costituzione e all'inizio dei lavori. Questo solleva la plenaria da un tipo di approfondimento che può essere meglio svolto all'interno dei comitati.
FRANCO MIRABELLI. Scusi, presidente. Concordo, ma mi chiedevo se non ritenga utile formalizzare un altro gruppo, con una durata limitata, sulla terra dei fuochi. Penso che, al di là delle questioni che affronterà la Commissione sul ciclo dei rifiuti, sia utile che il lavoro fatto dalla Pag. 4nostra Commissione produca un documento, e che ci sia quindi un gruppo per farlo.
PRESIDENTE. Io non ho niente in contrario.
FRANCESCO D'UVA. È molto bello che ci sia questa sensibilità. Siccome dovremo istituire altri comitati, noi non siamo favorevoli a questa proposta, a meno che non si voglia concludere velocemente i lavori del comitato per fare una breve relazione, perché ci sarà l'apposita Commissione e noi abbiamo tantissimo lavoro da fare.
PRESIDENTE. È solo un gruppo di lavoro.
FRANCESCO D'UVA. Avevo capito male. Pensavo si parlasse di un altro Comitato e non mi sembrava assolutamente il caso. Chiedo scusa, se si tratta di un gruppo, va bene.
FRANCESCO MOLINARI. A me va benissimo, ma non so se allargarlo allo smaltimento illegale dei rifiuti. Nelle dichiarazioni di Schiavone, oltre che della terra dei fuochi, si parlava anche della regione Calabria e delle operazioni che avevano illegalmente portato i rifiuti.
FRANCO MIRABELLI. Vorrei circoscriverlo molto. Sono d'accordo sul fatto che aggiungere un altro comitato sarebbe una cosa eccessiva, tanto più che sarebbe un doppione della Commissione, che si dovrebbe prima o poi costituire. Tuttavia credo che sia utile che il lavoro fatto porti ad un pronunciamento della Commissione. Valutiamo insieme se parlare esclusivamente della terra dei fuochi o della terra dei fuochi e altri territori, però io mi limiterei alla terra dei fuochi, perché abbiamo effettuato una missione e abbiamo approfondito la questione.
PRESIDENTE. Sull'istituzione di un gruppo di lavoro che sostanzialmente completi la missione che abbiamo fatto non ho niente in contrario, anzi lo ritengo opportuno. Tenete conto che il 30 di questo mese entrerà in vigore la legge istitutiva della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati. Io credo che noi non dobbiamo abbandonare questo argomento, perché mentre nelle legislature precedenti la Commissione sul ciclo dei rifiuti ha fatto un ottimo lavoro per quanto riguarda l'aspetto rifiuti in sé, il collegamento con il fenomeno mafioso è rimasto un po’ in ombra, perché questa Commissione non se ne interessava per rispetto dell'altra, e l'altra non aveva questa competenza. Devo dire che questo aspetto non è stato sufficientemente indagato.
Penso che trovando un accordo con l'Ufficio di presidenza della Commissione sul ciclo dei rifiuti, una volta costituita, potremmo anche dividerci i compiti, in base alle funzioni che le leggi istitutive ci hanno assegnato. Rinvierei questo aspetto, anche per una questione di correttezza nei rapporti fra le due Commissioni, mentre mi sembra giusto formare il gruppo di lavoro che riassuma le attività svolte sulla terra dei fuochi.
Pongo in votazione la proposta di istituzione dei sei comitati.
(È approvata all'unanimità).
Propongo altresì di formare i quattro gruppi di lavoro menzionati.
(La Commissione concorda).
Audizione del segretario generale della Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, Roberto Garofoli. L'audizione ha per oggetto le risultanze della commissione per l'elaborazione di proposte in tema di lotta anche patrimoniale alla criminalità, istituita Pag. 5con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il 7 giugno 2013 e presieduta dal dottor Garofoli.
Ricordo che in base agli accordi intercorsi l'audizione del dott. Garofoli è stata prevista per consentire alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, di conoscere anticipatamente le risultanze del lavoro della commissione da lui presieduta, in via propedeutica rispetto alla programmata audizione del Presidente del Consiglio dei Ministri, da me invitato, a nome della Commissione, con lettera del 22 dicembre 2013.
Ringrazio molto il dottor Garofoli di essere qui questa sera. Siamo davvero molto interessati a conoscere i risultati del lavoro della Presidenza del Consiglio, perché una parte importante del programma della Commissione consiste appunto nel fare una valutazione sulla legislazione antimafia e sulle politiche di lotta alla mafia che sono state realizzate in questi anni. Il nostro Paese, infatti, si caratterizza per essersi dotato di strumenti che ci hanno consentito di raggiungere risultati molto importanti, di una legislazione e di politiche che messe alla prova in questi anni hanno mostrato una grande efficacia, ma anche alcuni limiti. Riteniamo quindi che si possa intervenire e fare proposte per alcune modifiche della legislazione.
Ci è sembrato di capire dalle parole del Presidente del Consiglio che l'oggetto del lavoro della commissione da lei presieduta è molto simile ai nostri intenti. Di conseguenza, acquisirne i risultati per noi è molto importante, affinché, nel corretto rapporto tra Governo e Parlamento, si decida di procedere con proposte legislative concordate e con iniziative che possano vedere un accordo istituzionale tra Parlamento e Governo, in maniera particolare tra questa Commissione e la Presidenza del Consiglio. A sua volta la Presidenza del Consiglio ha una funzione di coordinamento tra i vari Ministeri direttamente competenti, in particolare il Ministero dell'interno e il Ministero della giustizia, che noi abbiamo audito e torneremo presto ad audire.
Voglio raccomandare a tutti i commissari la riservatezza verso le cose che ascolteremo questa sera dal dottor Garofoli, perché domani è prevista una conferenza stampa nella quale il Presidente del Consiglio illustrerà i risultati di questo lavoro e credo che sia corretto che l'istituzione che si è fatta carico di svolgere un lavoro così importante sia anche quella che lo comunichi all'esterno. Allo stesso tempo è giusto che noi, prendendo in esame i risultati di questa commissione, incontriamo il Presidente del Consiglio, in modo da sviluppare insieme una collaborazione istituzionale.
Ricordo, infine, che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera. Avverto il nostro ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che se lo riterrà opportuno potrà chiedere che i lavori della Commissione proseguano in seduta segreta. Vista la temporanea riservatezza del testo che ci illustrerà questa sera, i lavori si svolgono senza nessuna pubblicità all'esterno del luogo della nostra riunione.
Do la parola al Segretario generale della Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli.
ROBERTO GAROFOLI, segretario generale della Presidenza del Consiglio. Presidente, grazie a lei e a voi tutti. Come lei diceva, questa commissione di studio e di analisi è stata istituita dal Presidente Letta a giugno ed è composta da alcuni colleghi magistrati – Gratteri, Cantone e Elisabetta Rosi – dalla dottoressa Bianco, dirigente della Banca d'Italia, e dal professor Spangher, professore di procedura penale all'università La Sapienza di Roma.
La commissione ha avuto l'incarico dal Presidente Letta di elaborare proposte su misure di contrasto, anche patrimoniale, alla criminalità. È una commissione di studio, anzi una commissione il cui intento è quello di sottoporre al dibattito istituzionale e al vaglio delle autorità di governo alcune analisi e alcune proposte, nella Pag. 6consapevolezza della delicatezza della materia e nella consapevolezza del fatto che sulle materie di cui vi parlerò di qui a poco vi è un ampio dibattito e vi sono posizioni divergenti. L'obiettivo è soltanto quello di consegnare all'autorità di Governo alcune riflessioni e alcune proposte.
Innanzitutto noi abbiamo delimitato l'ambito della nostra analisi, a fronte del decreto istitutivo che faceva riferimento a proposte di contrasto alla criminalità e alla criminalità organizzata in particolare. Abbiamo ritenuto di restringere quest'ambito sulla base di una pluralità di valutazioni, non ultima quella del tempo datoci dal Presidente e quella della specificità della materia. Abbiamo ritenuto di occuparci in specie della criminalità organizzata di tipo mafioso, e non anche della criminalità organizzata tutta, nella consapevolezza della distinzione concettuale e, come è noto, di disciplina delle due forme di criminalità organizzata. Non devo dire qui che il nostro ordinamento prevede la definizione dell'una, la mafiosa, e non prevede espressamente una definizione dell'altra, la criminalità organizzata tutta. Naturalmente alcune delle proposte che noi abbiamo formulato possono sortire un effetto di contrasto anche nei confronti della criminalità organizzata intesa in senso più esteso, ma è alla prima che abbiamo volto lo sguardo.
Allo stesso modo non ci siamo occupati di una serie di fenomeni delinquenziali che, pur non estranei all'attività delle organizzazioni criminali, hanno senza dubbio una loro autonomia. Faccio riferimento agli illeciti ambientali e ai reati societari, anche se siamo consapevoli che sono sottoposti a una disciplina che potrebbe richiedere un rafforzamento.
Naturalmente abbiamo svolto una serie di audizioni istituzionali, ma anche audizioni di alcuni esperti in talune specifiche materie e in taluni specifici settori. Vengo subito ad illustrare i principali capitoli. Mi direte voi il livello di dettaglio al quale devo attenermi.
L'analisi ha preso le mosse dalla consapevolezza che il fenomeno mafioso è un fenomeno che va apprezzato non soltanto come classico fenomeno criminologico, ma prima ancora come fenomeno dalle grandi dimensioni economiche.
Ad avviso della commissione, questa consapevolezza è confermata: da una serie di dati, che attengono appunto alla dimensione del fenomeno e alla dimensione dei ricavi economici delle organizzazioni mafiose; da alcuni studi, anche della Banca d'Italia, dell'attitudine e della capacità di queste organizzazioni criminali di sortire un effetto di freno allo sviluppo di intere aree del nostro Paese; dalla forte capacità di queste organizzazioni di insinuarsi nel tessuto dell'economia, inquinandone e distorcendone le regole, anche le regole concorrenziali; dalla capacità, anche questa attestata da alcuni dati, delle organizzazioni mafiose di insinuarsi non solo nel tessuto economico, ma anche nel tessuto istituzionale.
Su ciascuno di questi quattro punti – dimensioni economiche, incidenza sullo sviluppo di alcune aree, capacità di infiltrarsi nel sistema economico e capacità di infiltrarsi nel sistema istituzionale – nella parte dedicata all'analisi il rapporto reca alcuni dati a riscontro.
Muovendo da questa consapevolezza, la Commissione ha ritenuto che una politica di contrasto alla criminalità mafiosa debba essere condotta non soltanto mirando alla repressione di tipo personale, che pure presenta margini di rafforzamento – al riguardo abbiamo anche formulato alcune proposte – ma anche e prima ancora intervenendo sul fronte patrimoniale e sul fronte dei legami tra le organizzazioni mafiose e il tessuto economico-istituzionale.
Volendo schematizzare, abbiamo ripartito il nostro lavoro in cinque aree.
La prima è quella che attiene al contrasto ai patrimoni delle organizzazioni mafiose. Abbiamo articolato questo primo capitolo in tre sezioni. La prima è quella riguardante la messa a punto del sistema di prevenzione patrimoniale. La seconda è quella riguardante la disciplina del 12 sexies, la cosiddetta confisca allargata. La terza è quella riguardante la disciplina della gestione e destinazione dei beni confiscati, Pag. 7nella consapevolezza che l'aggressione ai patrimoni deve essere finalizzata al conseguimento di beni che devono costituire occasione per la riaffermazione della legalità e il rilancio socio-economico nelle aree maggiormente afflitte dal fenomeno.
Il secondo capitolo è quello nel quale si propongono alcune innovative misure, ancorché oggetto di un più che decennale dibattito dottrinale e istituzionale, volte a recidere i legami tra organizzazioni mafiose e sistema economico. Ci siamo soffermati sulla questione relativa all'attualità degli odierni 648-bis e 648-ter, quindi alla possibilità di introdurre nuove fattispecie di reati che, come è noto, sono presenti in altri ordinamenti e la cui introduzione è stata a più riprese auspicata da organismi anche internazionali. Il riferimento è alle fattispecie di autoriciclaggio e di autoimpiego.
Il terzo capitolo è quello riguardante l'individuazione di misure volte ad incidere sui rapporti tra organizzazioni mafiose e istituzioni pubbliche. Abbiamo articolato questo capitolo in due principali sezioni. In primo luogo, ci siamo occupati della disciplina degli scioglimenti, cercando di formulare alcune proposte di irrobustimento di questa regolamentazione. Nella seconda sezione di questo terzo capitolo, nella consapevolezza che il Parlamento è ormai in uno stadio avanzato di elaborazione sul punto, ci occupiamo della fattispecie di scambio politico-mafioso, di cui all'articolo 416-ter.
Il quarto capitolo è, invece, quello più classico della repressione personale e dei sistemi più collaudati di contrasto alla criminalità. È il capitolo nel quale ci occupiamo del livello delle pene di cui al 416-bis, della disciplina dei collaboratori di giustizia e anche, ancorché in maniera marginale, del regime detentivo speciale di cui al 41-bis.
Nel quinto e ultimo capitolo, nella consapevolezza che vi è un legame tra la criminalità, questa volta tutta e non soltanto mafiosa, e l'arretratezza urbanistica e socio-educativa che affligge aree importanti del Paese, si propongono alcune misure volte per l'appunto a intervenire, almeno in via sperimentale, in modo organico e strutturato su queste aree di degrado urbano, socio-economico e culturale.
Questo è il rapporto. Ciascuna di queste sezioni è preceduta da un'analisi della disciplina vigente, da un'analisi dello scenario internazionale e delle raccomandazioni internazionali e, per quanto possibile, da un'analisi dei profili sovranazionali e comparatistici.
Presidente, se lo ritiene, passo in rassegna, capitolo per capitolo, le principali misure che la commissione propone. Per quel che riguarda in particolare il contrasto di tipo patrimoniale, come dicevamo, ci siamo soffermati innanzitutto, sull'attuale sistema della prevenzione patrimoniale, nella consapevolezza dell'importanza fondamentale di questo sistema di contrasto ai patrimoni della criminalità organizzata. L'importanza è attestata dai numeri: nel 2012 i dati dicono che le confische di prevenzione ammontano a 1,2 miliardi di euro, mentre le confische allargate ad alcune decine di milioni di euro, anche se si tratta comunque di un dato significativo.
Passo ad illustrare alcune idee della commissione, partendo dalla potestà di indagine e di proposta. Come è noto, l'attuale sistema attribuisce la titolarità della proposta della misura di prevenzione patrimoniale a tre soggetti diversi: il procuratore, il questore e il direttore della DIA territoriali. La Commissione, anche tenendo conto di alcune sollecitazioni emerse nel corso delle audizioni che abbiamo svolto, ha evidenziato la mancanza di momenti di raccordo tra questi soggetti, che parallelamente sono titolari di un potere di indagine e di proposta. È una mancanza che costituisce una criticità del sistema, considerato che innesca il rischio di indagini parallele, e talvolta anche di esiti contrastanti.
La seconda idea è quella con cui si propone di trapiantare quello che il codice antimafia già prevede per le misure di prevenzione personale sulle misure di prevenzione patrimoniale, considerando che anche per queste ultime il procuratore Pag. 8nazionale antimafia, nei limiti e nell'esercizio delle sue potestà di coordinamento ex articolo 371-bis, abbia un potere di proposta che si aggiunga alle legittimazioni già contemplate. Al riguardo la commissione propone pure di istituire un registro unico delle misure di prevenzione, oggi mancante. Naturalmente io sto facendo una mera carrellata di misure che la commissione propone.
Per quanto riguarda la parte sostanziale, si propone di intervenire sull'articolo 25 del codice antimafia, che prevede la confisca di prevenzione per equivalente. La disciplina dell'articolo 25 del codice antimafia è difforme dalla disciplina delle confische per equivalente del codice penale, il 322-ter e ormai molte altre. È difforme nel senso che è possibile disporla soltanto quando emerge la finalità di elusione posta in essere dal proposto. Questo ci è sembrato indebolire l'istituto dalla confisca di prevenzione per equivalente e la commissione propone di rafforzarla, eliminando questa condizione per la disposizione della stessa.
Il secondo fronte, sempre per quel che riguarda le misure di prevenzione patrimoniale, è il fronte di tipo processuale. I dati dicono che il processo applicativo della misura patrimoniale di prevenzione è un processo ancora molto lungo, che dura mediamente sette o otto anni. Questo, come è evidente, comporta un rischio di enormi costi di gestione del bene sequestrato e anche un rischio enorme di depauperamento del bene stesso nel lasso temporale che intercorre tra il sequestro e la possibile confisca definitiva. La commissione ha provato a individuare le principali criticità che determinano questo ritardo processuale e di proporre talune misure. La principale criticità che la Commissione ha ritenuto di identificare, tra le altre, è quella che attiene all'eccepibilità e rilevabilità dell'incompetenza territoriale, sulla base di una giurisprudenza abbastanza diffusa, in ogni stato e grado del procedimento. La commissione propone di contenere nel tempo, fino e non oltre la definizione del giudizio di primo grado, la possibilità di dedurre, eccepire o rilevare l'incompetenza territoriale.
Le altre misure di tipo processuale consistono nell'estensione al processo applicativo delle misure di prevenzione dell'articolo 132-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, la cosiddetta trattazione prioritaria. La commissione suggerisce anche una maggiore specializzazione dei collegi giudicanti che si occupano di una materia che, come è noto, è piuttosto complicata. Essendomene occupato tempo fa, quando facevo il magistrato penale, direi che è una materia trasversale, che richiede competenze non soltanto penalistiche, ma anche processualistiche e di altro tipo.
Quelle che ho appena citato sono le principali misure riguardanti la prima sezione del primo capitolo, le misure di prevenzione patrimoniale. La seconda sezione nell'ambito dell'aggressione ai patrimoni è quella riguardante la confisca allargata. Come è noto, quello dell'articolo 12-sexies del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, è un istituto di grande efficacia. Per introdurre l'illustrazione della prima delle proposte che la commissione ha formulato, dico anche che si tratta di un istituto di cui è stata molto dibattuta la natura giuridica, alcuni ritenendo che si tratti di misura di sicurezza, altri invece che si tratti di misura avente carattere afflittivo e quindi propriamente penale. Questo dibattito a proposito della confisca allargata si è svolto per dirimere la questione riguardante l'applicabilità retroattiva delle norme che introducono la confisca allargata. Come è noto, l'applicabilità retroattiva è consentita per le misure di sicurezza e non è ammessa invece per le pene. C’è anche un problema di compatibilità con le norme della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU). Ad oggi la giurisprudenza è ferma nel ritenere la riconducibilità della confisca allargata nel novero delle misure di sicurezza e non delle pene.
Sono partito da questa premessa, forse di tipo abbondantemente teorico, per evidenziare che la prima misura che la Pag. 9commissione propone al riguardo concerne l'applicabilità della confisca allargata anche nel caso in cui il processo, in specie il processo di impugnazione, a seguito di una sentenza di condanna di primo grado, come è noto la confisca allargata presuppone la condanna per talune tipologie di reato, sia concluso con declaratoria di estinzione per prescrizione. La commissione propone che anche nell'ipotesi di definizione con sentenza di prescrizione del processo di impugnazione il giudice possa applicare ugualmente la confisca allargata, naturalmente a condizione che in quel processo si sia svolto un accertamento riguardante la responsabilità del reato, ancorché non ai fini della condanna, ma ai fini dall'applicazione della misura di sicurezza. Siamo consapevoli della delicatezza del tema e del fatto che, per altre tipologie di confisca, la possibilità di un'applicazione della confisca in caso di estinzione del processo per prescrizione è stata messa in discussione, anche di recente nel caso Varvara della Corte EDU dell'ottobre 2013. Tuttavia siamo pervenuti a questo esito sull'assunto della natura di misura di sicurezza, e non di pena, di quella confisca, diversamente da altre confische che la Corte EDU ha ritenuto pene. Il riferimento è alla confisca urbanistica che ha interessato a più riprese la Corte EDU, nel caso Punta Perotti.
La seconda misura, in linea con un orientamento giurisprudenziale che è già, se non consolidato, piuttosto ripetuto, è quella con cui si propone di consentire l'applicazione della misura in questione, la confisca allargata, anche nell'ipotesi di decesso del proposto, naturalmente a condizione che il proposto sia stato già ritenuto condannato, con sentenza passata in giudicato. In quest'ipotesi il processo applicativo della confisca allargata proseguirebbe in contraddittorio con gli eredi del de cuius. Si propone anche un coordinamento tra la confisca allargata e il codice antimafia, nella parte in cui disciplina la gestione e la destinazione dei beni confiscati. C’è un problema di coordinamento. Non c’è una totale estensione della disciplina del codice antimafia riguardante la gestione e la destinazione dei beni confiscati ai beni confiscati per effetto dell'applicazione dell'articolo 12-sexies. Anche per il 12-sexies proponiamo un'applicazione della disciplina che riguarda la trattazione prioritaria e la specializzazione dei collegi.
ANDREA VECCHIO. Che significa confisca allargata ?
ROBERTO GAROFOLI, segretario generale della Presidenza del Consiglio. La confisca allargata è l'istituto previsto dall'articolo 12-sexies del decreto legge n. 306 del 1992. È un istituto nato quasi per caso nel nostro ordinamento, per effetto della declaratoria di incostituzionalità dell'articolo 12-quinquies, che prevedeva come fattispecie di reato, e non come fattispecie di confisca, l'ipotesi del soggetto che, trovato in possesso di patrimoni sproporzionati rispetto alle sue capacità reddituali, non fosse stato in grado di dimostrarne la legittima provenienza. Il 12-sexies è la confisca prevista in danno del soggetto condannato per talune tipologie delittuose, che sia trovato nella disponibilità di determinati patrimoni, in proprio o per interposta persona, che abbia un patrimonio non coerente con le capacità reddituali, e che, infine, quarta condizione, non sia in grado di dimostrare la lecita provenienza di questo patrimonio nei limiti della sproporzione. È un istituto molto applicato, che nel 2012 ha consentito la confisca di beni per un valore di 34 milioni di euro, con un netto innalzamento rispetto agli anni precedenti, 2011 e 2010.
Una sezione del primo capitolo alla quale la commissione ha prestato una particolare importanza è quella della gestione e della destinazione dei beni confiscati. Al riguardo ci sono dati che definirei preoccupanti, senza fare allarmismi. Sono dati che attengono tanto alla struttura dell'agenzia, alla sua operatività e funzionalità quanto agli esiti della gestione dei beni, dalla fase del sequestro alla fase della confisca definitiva.
Uno dei dati più preoccupanti è quello che riguarda le aziende. Nel corso delle Pag. 10audizioni ci è stato riferito che il 90 per cento delle aziende sequestrate giungono in fase di decozione al momento della confisca definitiva. È inutile evidenziare che si tratta di perdite di occasioni importantissime per la riaffermazione della legalità e per il rilancio socio-economico delle aree afflitte dal fenomeno mafioso. Infatti, tutta la gestione è finalizzata a una successiva destinazione del bene, disciplinata in modo diverso dall'articolo 48 del codice antimafia, perché la destinazione degli immobili diverge dalla destinazione delle aziende. Anche sul tema della destinazione abbiamo fatto alcune proposte, ma prima di arrivare alla destinazione ci siamo soffermati su alcune criticità che attengono alla struttura dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e poi anche alla gestione degli immobili e soprattutto delle aziende. Per quanto riguarda la struttura dell'Agenzia, ricordo a me stesso, come sento dire dagli avvocati, quando faccio il magistrato, che l'Agenzia si è vista moltiplicare i compiti dalla recente legislazione rispetto alla vecchia Agenzia del demanio. L'Agenzia del demanio subentrava soltanto dopo la confisca definitiva. L'Agenzia, invece, si è vista riconoscere competenze importanti già nella fase del sequestro, dovendo coadiuvare già da questa fase l'amministratore giudiziario e dovendo prendere in carico il bene dalla fase della confisca di primo grado. A fronte di quest'ampliamento di competenze, non si è registrato un ampliamento della struttura dell'Agenzia. L'Agenzia del demanio disponeva di un organico di 100 unità, mentre l'attuale Agenzia dispone di un organico di 30. Il prefetto Caruso ci dice che di questo organico di 30, oggi è in funzione una sola unità. Naturalmente a questo si accompagna la possibilità di avere i comandati, ma anche per questi ultimi il prefetto ci ha riferito alcune criticità, afferenti soprattutto alla difficoltà di tenerli alla scadenza del comando, mancando una serie di misure incentivanti volte, se non alla stabilizzazione, per lo meno alla conferma nella posizione. È bene osservare che questa Agenzia corrisponde forse all'idea del legislatore di un'agenzia snella che funzionasse da cabina di regia rispetto alla rete delle prefetture e soprattutto rispetto alla rete dei nuclei nelle prefetture. Occorre però constatare che questi nuclei presso le prefetture hanno mostrato anch'essi alcune criticità funzionali, essendo spesso composti da due soli funzionari, non adibiti full-time all'esercizio di queste competenze gravosissime, ma gravati anche dalle attività ordinarie che competono loro.
Per quanto riguarda l'Agenzia, la commissione ha proposto innanzitutto un maggior coinvolgimento dei Ministeri interessati. L'attività dell'Agenzia chiama in causa competenze diverse: primariamente la competenza del Ministero dell'interno, ma anche quella di altri Ministeri quali il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'economia e il Ministero della giustizia. C’è una trasversalità di ambiti in cui afferiscono le competenze dell'Agenzia. La commissione propone pertanto che ci sia un coinvolgimento maggiore degli altri ministeri e anche della Presidenza del Consiglio nella formulazione di indirizzi e anche nel monitoraggio dell'attività della struttura. La commissione suggerisce, inoltre, un rafforzamento dell'organico e una rivisitazione della platea delle professionalità dalle quali, in astratto, è possibile attingere nella selezione del direttore dell'Agenzia. Si suggerisce anche un ampliamento del consiglio direttivo dell'Agenzia, in modo che ne facciano parte soggetti che abbiano le competenze, sia tecniche che istituzionali, di cui l'Agenzia necessita. Noi proponiamo che entrino a far parte di questo consiglio direttivo esperti nella gestione di fondi europei, esperti in materia di gestione aziendale, un rappresentante dell'ANCI e anche un rappresentante delle associazioni del terzo settore, potenzialmente destinatarie del bene all'esito della gestione e all'atto della destinazione.
Proponiamo anche un rafforzamento delle competenze dell'Agenzia. Talvolta accade che non c’è un monitoraggio continuativo e costante sulla coerenza tra utilizzo del bene dopo l'assegnazione e la Pag. 11destinazione, e l'effettiva finalità indicata all'atto dell'assegnazione stessa. Questo monitoraggio, ad avviso della commissione, è un'attività che andrebbe svolta con maggiore convinzione, anche avvalendosi delle forze sul territorio, ossia della rete dei prefetti e delle forze di polizia.
Nell'ambito di questa terza sezione, dedichiamo un capitolo importante alla gestione delle aziende, muovendo da quel dato molto critico che ho riferito in apertura, in forza del quale addirittura il 90 per cento delle aziende sequestrate non ce la fa ad arrivare al momento della confisca definitiva. Naturalmente siamo consapevoli delle enormi criticità che le aziende incontrano dal momento del sequestro. Innanzitutto stiamo parlando di un settore importantissimo. Talvolta taluni tendono a banalizzare il tema. Parliamo di aziende dal valore enorme. Ad esempio, un'azienda confiscata nel 2013, credo nel settore sanitario, ha un valore di un miliardo di euro. Parliamo di un fenomeno importante, che presenta una serie notevolissima di criticità. Spesso all'atto del sequestro dell'azienda si interrompono i flussi di finanziamento ai fornitori e, non potendo più confidare nella vecchia copertura, spiccano azioni esecutive e azioni monitorie. Inoltre, l'azienda deve sostenere oneri robustissimi correlati alla riemersione alla legalità, alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro, al pagamento degli oneri contributivi, all'adozione delle misure previste dalla disciplina antinfortunistica e così via. Le criticità sono quindi fortissime. Al riguardo la commissione, pur nella consapevolezza della difficoltà del tema, propone che siano adottate alcune misure di sostegno alla fase della riemersione alla legalità. Sono misure che la commissione propone, tenendo conto di ciascuna delle criticità che ho provato a riassumere.
La commissione, peraltro, è consapevole che tutte queste criticità sono ampliate e potenziate dall'enorme lasso temporale che intercorre dalla fase del sequestro alla fase della confisca. Talvolta si arriva a 15 anni. Come potete condividere, si tratta di un tempo insostenibile per la gestione statuale di un'azienda che ha queste criticità. La commissione, pur nella consapevolezza dell'estrema delicatezza, anche di tenuta costituzionale, della proposta che formula, ha suggerito la possibilità di una vendita anticipata a partire dalla confisca di primo grado, previo incidente nel processo volto alla stima del valore dell'azienda, in modo che quel valore possa essere poi restituito, nell'ipotesi in cui la confisca di primo grado non fosse confermata e non si trasformasse in confisca definitiva. La commissione è consapevole della delicatezza del tema, ma il codice già oggi consente forme di vendita anticipata dei beni sequestrati e confiscati in primo grado, mentre non prevede esplicitamente la vendita anticipata dell'intera azienda.
Il secondo capitolo sul quale ci siamo soffermati è quello delle misure volte a recidere i legami tra organizzazione criminale ed economia. Per uscire dal vago, ci siamo occupati soprattutto dell'autoriciclaggio. Come è noto, l'odierna disciplina, come ripetutamente interpretata dalla giurisprudenza di legittimità, non consente – al di fuori dei casi di concorso nel reato presupposto nell'incipit del 648-bis e del 648-ter, che prevedono rispettivamente il riciclaggio e l'impiego di denaro di provenienza delittuosa in attività economica e finanziaria – che il reato possa essere integrato, nell'ipotesi in cui a commetterlo sia l'autore del reato presupposto, che utilizzi il ricavato della fattispecie delittuosa presupposta. Si tratta di un'impostazione codicistica, che è il frutto dell'idea secondo cui il riciclaggio o l'impiego commessi dall'autore del reato presupposto costituirebbero una prosecuzione dell'attività precedente, e quindi un post factum non punibile, salvo violare il ne bis in idem sostanziale. Si tratta di un'impostazione che, però, oggi, in base a un ampio dibattito dottrinale, si ritiene di dover superare. Si tratta di un'impostazione non in linea con una serie di raccomandazioni. In Commissione Antimafia già nel 2007 Draghi aveva suggerito l'introduzione della fattispecie di autoriciclaggio. Si tratta di una fattispecie la cui introduzione è auspicata Pag. 12da organismi internazionali, quali il Fondo monetario e l'OCSE. Secondo una commissione speciale che ha lavorato fino all'ottobre 2013 presso la Commissione europea, si tratta di una fattispecie presente in molti Paesi: Stati Uniti, Regno Unito e Belgio. Esiste anche in Francia, ancorché sulla base non di un'espressa previsione incriminatrice, ma di un'estensione di tipo pretorio e giurisprudenziale. La commissione ha, quindi, proposto l'introduzione dell'autoriciclaggio e anche dell'autoimpiego.
La commissione è più che consapevole, naturalmente, dell'estrema delicatezza del tema. Del resto, la delicatezza del tema è confermata dal dibattito e dalla pluralità di proposte che al riguardo sono state formulate. Noi abbiamo analizzato tutte le proposte delle precedenti commissioni che si sono occupate del tema. L'ultima è la commissione istituita dal Ministro Severino e coordinata dal collega Francesco Greco, che peraltro si concluse con la formulazione di due distinte opzioni riguardanti l'autoriciclaggio e l'autoimpiego. La delicatezza del tema è data dalla difficoltà di introdurre una fattispecie di autoriciclaggio e, ancor più, di autoimpiego che eviti di punire davvero una mera prosecuzione della precedente attività del delitto presupposto. Vi è, quindi, la difficoltà di un'introduzione di queste fattispecie che davvero non entri in rotta di collisione con un fondamentale principio di ne bis in idem sostanziale. Su questo la commissione ha fatto un esercizio. Ha fatto un esercizio per l'autoriciclaggio e ha fatto un esercizio per l'autoimpiego. Consegniamo il rapporto recante queste riflessioni.
Il terzo settore – vado un po’ più rapidamente; credo di approfittare troppo della pazienza dei commissari – è quello dei rapporti tra criminalità e istituzioni. Noi ci siamo soffermati sull'articolo 416-ter del codice penale. In realtà, è stato uno dei primi capitoli su cui ci siamo impegnati e l'abbiamo fatto prima ancora che i lavori parlamentari subissero l'accelerazione che conosciamo. Nella proposta finale non abbiamo formulato un articolato al riguardo, ma le idee espresse dalla commissione sono in larga parte in sintonia con l'ultima formulazione del Senato. La commissione propone un ampliamento dell'oggetto dello scambio punibile, non limitato soltanto all'erogazione di denaro.
La commissione, al contempo, però, si pone il problema – ma è soltanto uno stimolo di idee, come tutto questo rapporto – della necessità di calibrare il trattamento sanzionatorio della fattispecie in questione, nella consapevolezza della distinzione strutturale che esiste e resta tra lo scambio e il concorso esterno nell'associazione mafiosa. Si tratta di una distinzione strutturale che si coglie principalmente nel fatto che nello scambio difetta, rispetto al concorso, stando all'elaborazione – questa sì consolidatissima – della giurisprudenza, da Carnevale a Mannino in poi, il requisito strutturale dell'efficienza causale.
La commissione si pone, quindi, il problema del livello sanzionatorio della fattispecie, come ampliata, di scambio. È un suggerimento che la commissione, peraltro, formula in modo problematico. Quanto al livello sanzionatorio, la commissione formula alcuni suggerimenti riguardanti la pena del 416-bis, ossia la pena del concorso esterno, che, come, se ritenete, dirò di qui a poco, la commissione suggerisce di rivedere.
L'aspetto su cui ci siamo soffermati di più nella seconda sezione di questo capitolo riguardante i rapporti tra istituzioni e organizzazioni criminali è quello degli scioglimenti. Si tratta di un istituto importante e di grande applicazione. Credo siano 229 gli scioglimenti intervenuti dal momento in cui è entrato in vigore, 24 nel 2012.
C’è un dato territoriale che attesta che si tratta ormai di scioglimenti che non riguardano più solo le tradizionali aree infiltrate e interessate dal fenomeno mafioso. C’è un dato che dimostra come qualche criticità la gestione commissariale la presenti, perché gli scioglimenti si ripetono, interessando gli stessi comuni. La commissione ha formulato, quindi, alcune proposte di innovazione della disciplina. Si Pag. 13tratta di proposte che attengono all'ambito soggettivo di riferimento. La commissione pone la questione dell'estendibilità dello scioglimento non soltanto all'ente territoriale, ma anche ai soggetti cui l'ente partecipa. Parlando di enti, mi riferisco, per esempio, alle strutture societarie a partecipazione pubblica o ai consorzi. Altre misure attengono proprio alla fase della gestione commissariale e altre ancora alla fase del post-gestione. In particolare, quanto alla fase della gestione commissariale, la commissione ritiene che si debba fare uno sforzo nel tentativo di assicurare una più spiccata professionalità nella gestione di amministrazioni comunali difficilissime da gestire perché interessate da fenomeni gravi di infiltrazione mafiosa. Ritiene, peraltro, che al di sopra di certe soglie di popolazione questo debba essere un impegno non part time, ma full time. Ritiene ancora che in quel periodo di gestione pulita si debba fare di tutto per garantire l'ingresso in quelle realtà amministrative di personale «fresco». Pertanto, la commissione propone che si indicano e si gestiscano durante quella fase concorsi pubblici per l'assunzione del personale, nei limiti o in deroga ai noti vincoli di finanza pubblica. Quanto alla fase post-commissariale, invece, la commissione propone innanzitutto un'utilizzazione della stazione unica appaltante per un lasso temporale robusto successivo alla conclusione della gestione commissariale. Propone anche un'estensione della durata dell'incandidabilità che oggi colpisce i soggetti, in modo da portarla allo stesso livello dell'incandidabilità che, come è noto, la legge Severino prevede per altri soggetti, ossia un'incandidabilità che si estenda per due turni elettorali e per non meno di sei anni, come prevede appunto la legge Severino.
Per quanto riguarda la repressione personale, o meglio gli istituti più classici, la commissione pone un problema innanzitutto di ragionevolezza e proporzionalità tra i livelli sanzionatori rispettivamente contemplati dall'articolo 416-bis del codice penale per l'associazione di cui ci stiamo occupando e dall'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 per altri fenomeni associativi, in particolare per l'associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Come è noto, i livelli edittali di pena dell'articolo 74 sono molto più elevati. La commissione pone al dibattito e alle autorità di governo di valutare che questo consistente divario di livelli sanzionatori abbia una persistente ragionevolezza. Questo è il riferimento che facevo prima, quando ponevo il problema del rapporto dei livelli sanzionatori fra scambio, come ampliato, e concorso esterno. Ancora qualche riflessione la commissione svolge – ma mi fermerei – sui collaboratori di giustizia. Sono riflessioni che rappresentano il seguito di alcune indicazioni che alcuni soggetti che abbiamo sentito ci hanno riferito, primo fra tutti il capo della polizia. Il fenomeno dei collaboratori di giustizia è un fenomeno che interessa ormai un numero robustissimo di persone. Al 31 luglio 2013 i collaboratori erano 1.124, cui si aggiungono 4.179 familiari, e i testimoni erano 83, con 268 familiari. È un fenomeno quantitativamente importante. Quello che le forze di polizia lamentano è un eccessivo dispendio delle forze di polizia negli accompagnamenti dei collaboratori e dei testimoni di giustizia, in particolare dei primi, nelle vicende processuali. Oggi non è previsto un obbligatorio utilizzo dell'esame a distanza per il collaboratore di giustizia che intervenga in veste di imputato. Questa, quindi, è una proposta che la commissione formula, in linea con la sollecitazione del prefetto Pansa.
Inoltre, la commissione – anche questo su sollecitazione del procuratore Roberti, che abbiamo ascoltato nel ciclo di audizioni – pone all'attenzione la questione della rigidità del termine che oggi la disciplina prevede per la conclusione del rapporto, ossia per raccogliere nel verbale illustrativo le dichiarazioni, ancorché si tratti di un termine la cui inosservanza non sempre produce inutilizzabilità assoluta, sulla base di un orientamento giurisprudenziale seguito dalle Sezioni unite. La commissione, quindi, propone alcune Pag. 14misure volte a incidere su questa rigidità normativa. Presidente, se lei ritiene, io mi fermerei.
PRESIDENTE. Può svolgere un accenno all'ultimo capitolo, il quinto.
ROBERTO GAROFOLI, segretario generale della Presidenza del Consiglio. L'ultimo capitolo è un capitolo che, in realtà, non attiene direttamente o in via esclusiva alla politica di contrasto alla criminalità organizzata. Non c’è dubbio, però, che ci sia una connessione, senza con questo voler dire che questa sia la causa del fenomeno criminale. Lungi da noi individuarla soltanto in quella. È vero, comunque, che esiste una connessione tra alcune forme di degrado, non soltanto urbano, ma anche socio-educativo e, talvolta, familiare. Il radicarsi o lo svilupparsi di fenomeni criminali è un dato non dico acquisito, ma molto probabile.
Molti dei componenti della commissione sono magistrati. Noi magistrati abbiamo visto – io quando facevo il magistrato penale, ma Cantone e Gratteri tuttora – che i cognomi degli imputati per talune fattispecie delittuose si tramandano per generazioni. Questo dimostra che c’è una connessione tra forme di degrado familiare, ma anche di contesto urbano e socio-educativo, e i fenomeni delinquenziali. Noi sappiamo che si tratta di forme di degrado su cui l'ordinamento ha già provato a intervenire. Il riferimento è all'utilizzo dei PON, dei fondi europei. Il suggerimento che la commissione formula in queste pagine finali del rapporto è quello di sperimentare per talune aree, che possono essere le più note, connotate da questo degrado – Zen, Scampia, ma anche molte altre meno note – forme più organiche di intervento volte a intervenire su questo degrado che utilizzino anche la nuova programmazione 2014-2020 e che vedano coinvolti non soltanto i livelli territoriali, ma anche, con un più convinto intervento, lo Stato e il Governo.
PRESIDENTE. Grazie. Credo che abbia fatto uno sforzo di sintesi non indifferente. La ringraziamo molto. Io penso che sia stato molto utile questo incontro. Prima di dare la parola ai colleghi che l'hanno già chiesta, farei alcune domande. La prima è se c’è un collegamento tra la commissione da lei presieduta e la commissione Fiandaca soprattutto sugli aspetti processuali che riguardano gli interventi sulle persone o su altri. Anche il loro lavoro è entrato molto nel merito di alcune questioni alle quali lei ha fatto riferimento. Più in particolare, volevo capire che tipo di utilizzazione intende fare la Presidenza del Consiglio di questo lavoro, cioè se l'interlocutore è il Parlamento, se sono i ministeri competenti, se si ha in animo una sorta di progetto di legge organico che tocchi tutte le materie oppure interventi puntuali. Faccio questa domanda anche perché, a parte il 416-ter, nella nostra Commissione è presente il relatore della legge sulla confisca dei beni, onorevole Mattiello. Vorremmo, quindi, capire come si intrecciano i percorsi. Anche noi avremmo già pronta una proposta alle commissioni competenti per l'istituzione del reato di autoriciclaggio. Francamente, avvicinarsi al semestre europeo senza colmare questa lacuna ci sembra inaccettabile. Più in particolare, mi chiedevo se avete iniziative sulla corruzione. Finora nelle nostre audizioni il tema del rapporto tra i reati tipicamente mafiosi e quelli che si chiamano reati spia è avvertito dai suoi colleghi in maniera molto urgente. Nell'ultima audizione i magistrati di Palermo ci hanno detto che in Italia è più facile perseguire un mafioso che un corrotto. Venendo da una zona, quella di Trapani, dove c’è una zona grigia molto consistente, questo era un aspetto al quale loro hanno voluto dare una forte sottolineatura. Mi chiedevo, inoltre, se anche sulle banche ci sia qualche cosa in questo senso. A noi è sembrato un altro punto molto delicato. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
FRANCESCO D'UVA. Grazie, presidente. Dottor Garofoli, grazie per essere qui. È stata una buona idea, o perlomeno Pag. 15una cortesia istituzionale, venire a esporci il lavoro della sua commissione prima di fare una conferenza stampa. È bello anche sapere che il Governo, prima di ammorbarci di decreti, ascolti degli esperti. Forse è la prima volta, non mi risulta che in passato l'abbia fatto e, se l'ha fatto, non mi risulta che fossero tanto esperti. Penso ai decreti che sono passati dalla Commissione cultura, come il bonus maturità e altre cose incredibili. È un bene che prima di ammorbarci di decreti si faccia questo. Io non voglio metterla in difficoltà, ma credo che non lo farò, perché lei conosce sicuramente meglio di me il diritto, come anche le istituzioni. Le chiedo un'opinione: secondo lei, la Commissione Antimafia a cosa serve ? Dopo aver saputo che esisteva questa commissione presso la Presidenza del Consiglio, personalmente sono rimasto un po’ disincantato. Mi chiedo davvero cosa stiamo facendo qui noi, deputati e senatori, e tutti gli uffici. Mi riferisco al metodo e non al merito, dal momento che nella relazione finale avete elaborato proposte degne di nota, a dir poco. Vorrei conoscere, però, la sua opinione al riguardo. Grazie.
FRANCO MIRABELLI. Io avrei un'opinione, ma ne discutiamo un'altra volta, sul ruolo della Commissione Antimafia, che credo ci sia. Sulla base delle attività che abbiamo svolto e degli elementi che abbiamo raccolto dai territori in queste settimane io volevo porre alcune questioni, per capire. Sulla confisca dei beni ci sono due questioni, oltre a quelle che lei ha già sottolineato, che vorrei capire se la commissione ha preso in esame. Una è la questione dei custodi giudiziari, che mi pare essere una questione seria rispetto alla regolamentazione della loro attività e al controllo, alla durata e anche al limitare degli incarichi che possono pendere su un unico custode giudiziario. In secondo luogo, vorrei sapere se c’è una riflessione su come sia possibile coinvolgere risorse private per arrivare a utilizzare beni confiscati, che spesso non possono essere utilizzati o valorizzati perché mancano le risorse anche semplicemente per ristrutturarli, per metterli nelle condizioni di essere messi a disposizione della collettività. Ancora, mi pare che ci sia un corpo di questioni – il presidente affrontava già la questione delle banche – che riguarda le infiltrazioni nell'economia e un ruolo, dentro una zona grigia sempre più larga, che soprattutto al Nord abbiamo rilevato, dei professionisti e delle professioni. Volevo capire se c’è un ragionamento aperto su come intervenire per evitare situazioni che abbiamo visto al Nord e al Sud rispetto al ruolo che hanno avuto e a come vengono utilizzati i professionisti dalla criminalità organizzata, in particolare dalla ’ndrangheta. L'ultima questione è più tecnica. Dentro questo ragionamento noi abbiamo avuto messaggi chiari soprattutto al Nord sul fatto che dentro questa grande zona grigia siamo di fronte a una situazione – ci hanno detto – in cui ormai è l'impresa che si rivolge alla ’ndrangheta. Dentro questo quadro cresce una situazione di omertà e si confondono spesso vittime e complici. Alcuni magistrati ci hanno raccontato che estendono il 416-bis, facendo ovviamente una forzatura, per rispondere a queste figure, che, di fronte all'evidenza, negano di essere state vittime di crimini acclarati della criminalità organizzata. Volevo capire se su questo tema c’è una riflessione.
ANDREA VECCHIO. Voglio ringraziarla per la chiarezza dell'esposizione, anche se, citando dei numeri, mi mette un po’ fuori strada, perché io non sono un cultore della materia come lei. Io volevo partire da una considerazione sulle aziende che sono sequestrate e in attesa di confisca. Lei dice che si incontrano tante difficoltà nella gestione di queste aziende, come la mancanza di liquidità e l'aumento degli oneri di gestione. Questo è chiaro e pacifico. L'azienda mafiosa opera in un'area protetta. È come se fosse in vitro e, quindi, quando la si mette a contatto con la realtà normale, tutte le difficoltà arrivano. Le difficoltà che gli operatori economici normalmente trovano sul loro percorso questa azienda le incontra raddoppiate, perché non ha la preparazione, Pag. 16la struttura e l'organizzazione per affrontare queste difficoltà. Io credo – è una riflessione che faccio io – che la soluzione migliore al momento del sequestro di un'azienda, sempre fatte le opportune valutazioni, sia liquidarla e chiuderla. Non è depauperare l'economia del territorio chiudere quell'azienda, non è mettere degli operai e dei lavoratori in mezzo alla strada, ma è creare altre opportunità. Un'azienda che ha lavorato, che è nata ed è cresciuta in questo ambiente protetto chiaramente non può confrontarsi con la realtà. Non è attrezzata. Crea un danno e una diseconomia per la società complessiva. Invece, chiudere l'azienda immediatamente, liquidarla e dare l'opportunità ad altri soggetti di subentrare a queste attività dismesse credo sia l'occasione migliore per la nostra società.
DAVIDE MATTIELLO. Grazie al dottor Garofoli per questa impegnativa descrizione. Io mi sono trovato, insieme all'onorevole Dambruoso, a essere relatore anche sul 416-ter. Dico «anche» perché adesso sono, in Commissione giustizia, relatore sulla proposta n. 1138 sulle aziende confiscate. Rispetto all'articolo 416-ter del codice penale sono molto interessato alle vostre valutazioni, in particolare sulla questione a cui stava alludendo lei, ossia la proporzionalità delle pene in relazione alle condotte e all'opportunità che questa sia tale, ossia una proporzionalità delle pene in relazione alle condotte. Mi interessa molto questo aspetto. Mi interessa anche la riflessione che avete fatto sul rapporto tra la descrizione della condotta e il fondamento probatorio della stessa. Tra Camera e Senato uno dei punti di dibattito più vigorosi è quello relativo al «consapevolmente» e al termine «promesse». C’è una descrizione della condotta che diventa più o meno problematica in rapporto alle prove che vanno trovate. Mi interessa molto sapere che riflessione avete fatto su questo. In secondo luogo, rispetto alla questione dei testimoni di giustizia, chiedo se nel vostro lavoro avete incrociato il lavoro del Ministro D'Alia, in particolare la questione dell'inserimento obbligatorio nella pubblica amministrazione dei testimoni di giustizia e se sapete qualcosa di quanto stia avvenendo adesso in termini di decreto attuativo di quelle norme. Cosa vi aspettate che accada, cosa auspicate che accada, in modo tale che lo possiamo tenere presente ? La norma è passata, ma adesso, come lei sa bene, si tratta di attuare quella norma e ci sono punti di vista, come è normale, differenti che si stanno confrontando. Finisco sulla questione che anche lei ha trattato per ultima e che a me è molto cara, quella del rapporto con le nuove generazioni e, quindi, con i sistemi di reclutamento, di passaggio di consegne all'interno delle organizzazioni mafiose e, più generalmente, di un contesto socio-culturale. La domanda è molto specifica. Chiedo se avete approfondito il business del brand mafioso. Chi ci guadagna nel nostro Paese sfruttando commercialmente e, quindi, culturalmente il brand mafioso ? C’è un'economia attorno alla mafiosità e all'esibizione della mafiosità, con tutto ciò che questo poi comporta in termini di seduzione pedagogica. C’è un sistema economico che gira attorno a questo, da certe fiction a certe produzioni discografiche. Mi chiedevo se aveste approfondito questo aspetto. Grazie.
STEFANO VACCARI. Grazie dottor Garofoli per le cose che ci ha detto. Chi mi ha preceduto mi ha tolto alcune sottolineature e domande che volevo farle. In particolar modo, a me interessava capire, rispetto alle misure che lei ha indicato come necessarie sul tema della gestione delle aziende confiscate per sostenerne l'emersione alla legalità, se siete entrati ancor più nel merito delle proposte concrete, come quelle che abbiamo sentito in alcune audizioni, a partire dal direttore dell'Agenzia, ma non solo. Mi riferisco all'idea che si possa pensare, a partire da un diverso utilizzo del Fondo unico giustizia (FUG) e della sua capacità, di avere a disposizione un fondo di rotazione che metta a disposizione risorse fresche, sia per garantire questa emersione, sia per consentire di non depauperare, come giustamente Pag. 17lei sottolineava, i beni in un lasso di tempo molto lungo e di fare, attraverso quelle risorse, anche la necessaria manutenzione. Sempre su questo vorrei sapere se avete preso in considerazione anche proposte e idee di fiscalità di vantaggio, eventualmente, per queste aziende, visto che abbiamo riscontrato diversi esempi di aziende, anche di notevoli dimensioni, che, attraverso misure temporanee, ma necessarie per il tempo di gestione, potrebbero avere, da questo punto di vista, una spinta e un sostegno maggiori. La seconda questione integra quella che citava in precedenza l'onorevole Mattiello sul tema dei collaboratori di giustizia. Ovviamente, per sintesi, lei non ha potuto entrare nel merito. Chiedo se ci dice qualcosa di più su come avete ipotizzato di ridurre sensibilmente i ritardi istituzionali che ci è stato ampiamente riferito esistere nel tutelare i testimoni di giustizia nel risarcimento dei danni che essi hanno subìto da parte della criminalità, per evitare, come abbiamo sentito nel caso di Bentivoglio a Reggio Calabria, di farli diventare evasori e, quindi, di vederli poi pignorati nei beni personali. La terza e ultima domanda riguarda sempre la questione che Mirabelli aveva accennato prima, cioè il legame tra la criminalità organizzata e l'economia. Domando se avete messo in campo o valutato proposte sulla tracciabilità finanziaria delle stesse. È sicuramente una delle questioni che possono fare ulteriormente da argine a questo legame.
GIULIA SARTI. Grazie, presidente. In realtà, tante domande sono già state poste dai miei colleghi commissari. Chiedo solo un'ultima precisazione, ossia se ci può fare un cenno alle riflessioni che voi avete fatto in tema di regime di 41-bis. Ho solo questa, come curiosità. Per il resto, penso che la maggior parte delle proposte che ci ha spiegato adesso, anche se in sintesi, siano da condividere. Non solo, alcune di queste il nostro Paese le attende da tanto tempo. Spero che il vostro lavoro possa servire anche in concreto per dare possibilità sia a questa Commissione, sia al Parlamento stesso di arrivare ad alcune riforme, come è già successo con il 416-ter. Ci sono davvero tanti argomenti che hanno bisogno di un cambio di rotta e di maggiore concretezza. Ben vengano, quindi, tutte le considerazioni fatte da voi. Mi associo, però, anche alle considerazioni che faceva prima il mio collega D'Uva sul ruolo della nostra Commissione. In questo senso forse ci doveva essere una maggiore collaborazione, per come la penso io, anche in precedenza. Avendo coscienza di ciò che stavate svolgendo voi, anche noi ci saremmo potuti indirizzare verso comitati di lavoro e verso un lavoro maggiormente condiviso proprio in sede di nostre proposte. Grazie davvero per la sua esposizione.
LAURA GARAVINI. Grazie, presidente. Nel ringraziarla e nel complimentarmi per il lavoro che questa sera lei ci ha sinteticamente presentato, vorrei chiederle se ritiene che, in riferimento al semestre di presidenza italiana che ci apprestiamo a iniziare, da parte del Governo ci sia la possibilità e l'intenzione di approfittare della presidenza italiana per agire anche a livello europeo nei termini di una sensibilizzazione e di un'armonizzazione nei limiti del possibile, chiaramente come input nei confronti della Commissione europea. In caso affermativo, in che modo ? Chiedo, inoltre, se siano state predisposte anche iniziative ad hoc finalizzate proprio a questo obiettivo, se si è ragionato in questi termini e, se ci sono, o se lei vede, margini di manovra anche nei pochi mesi che ci distanziano dall'inizio del semestre per dotarci di una serie di provvedimenti che a livello europeo, purtroppo non sono ancora stati recepiti e che a ogni convegno internazionale ci vengono non dico rinfacciati, ma segnalati. Faccio l'esempio del GAI n. 783 del 2006, che, tra l'altro, è un provvedimento la cui adozione sarebbe molto proficua per il nostro Paese. Faccio riferimento al riconoscimento reciproco di sentenze di confisca. Potrebbe essere estremamente proficuo per il nostro Paese perché già oggi noi viviamo in una situazione assurda, laddove ci sono Paesi che si sono adeguati e che hanno, a loro volta, Pag. 18ratificato questa decisione quadro. Si verifica la situazione per la quale noi potremmo usufruire di beni che vengono confiscati in altri Paesi – faccio un esempio: la pizzeria confiscata in Germania – rispetto a una sentenza emanata da un tribunale napoletano, siciliano o torinese. Tuttavia, questi beni, il cui valore in parte verrebbe al nostro Paese – la decisione quadro prevede che metà del bene confiscato spetti al Paese che ha emanato la confisca – non siano ancora confiscabili proprio alla luce della mancanza del principio di reciprocità. Nonostante la Germania, per esempio – è un esempio a caso – si sia dotata di questo recepimento, la stessa cosa non vale per il nostro Paese. Dunque, noi addirittura rinunciamo a risorse che potremmo, invece, andare a incamerare alla luce di un'eventuale ratifica. Così come questo provvedimento, ce ne sono altri. Penso, per esempio, all'implementazione delle squadre investigative comuni, la cui applicazione, però, potrebbe essere addirittura superata se andassimo ad adottare la Convenzione del 29 maggio 2000 relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale. Lei ritiene che ci siano margini eventualmente anche per un'azione in termini di decreti da parte del Governo che possano supplire in tempi celeri, anche in vista del semestre europeo, ad adozioni di provvedimenti così utili e così proficui per il Paese ?
LUCREZIA RICCHIUTI. Vorrei chiederle se avete previsto sanzioni severe per i professionisti come commercialisti, revisori dei conti, notai e avvocati che non segnalino le operazioni anomale all'Unità di informazione finanziaria (UIF) presso la Banca d'Italia. Chiedo inoltre se non ritenete il caso di considerare la possibilità di licenziare i dipendenti dei comuni sciolti per mafia o delle Asl commissariate che sono parenti, affiliati alla mafia, così come la possibilità di licenziare i dipendenti corrotti nelle amministrazioni pubbliche che abbiano subìto un procedimento. Nella realtà questo non succede. Ho l'esperienza nel mio comune di dipendenti che sono stati condannati per corruzione e purtroppo li abbiamo ancora al loro posto di lavoro anche se in altre posizioni. Infine, chiedo se avete previsto lo scioglimento per mafia delle regioni.
LUIGI GAETTI. Esprimo una breve considerazione. Ha sfiorato il tema del rapporto fra mafia e istituzioni pubbliche e l'incandidabilità di alcuni soggetti. In virtù della legge elettorale che andremo a discutere, cosa pensa del fatto che come MoVimento Cinquestelle abbiamo raccolto migliaia di firme per due mandati poi a casa ? Lo chiedo in quanto alcuni suoi colleghi dicono che già questa norma sarebbe veramente molto utile in quei territori in cui questi non sarebbero più candidabili; si interromperebbe la possibilità di ricandidarsi come sindaci, consiglieri regionali, provinciali, al Parlamento e via dicendo. Alcuni sostengono che sarebbe già questa di per sé una buona interruzione. Vorrei sapere quale sia il suo pensiero e se abbiate preso in considerazione una simile proposta.
PRESIDENTE. Mi sembra che non possiamo chiedergli di leggerci tutta la relazione. Penso che il dottor Garofoli conosca bene quali sono le competenze di questa Commissione ma proprio questa sera ci siamo articolati in comitati che sono sostanzialmente i cinque capitoli di questa relazione. C’è sicuramente un dato interessante e importante. Ad ogni modo, penso che non necessariamente nella relazione vi saranno le stesse proposte. Inoltre, se il Governo ci anticipasse non mi dispiacerebbe. È chiaro che dobbiamo fare da stimolo, e dato che i consulenti sono gli stessi, gli auditi sono gli stessi, è difficile che venga fuori un lavoro diverso. Tuttavia, vedrete che quando tutto questo si tradurrà, ad esempio, in proposte normative, inizierà tutta un'altra vicenda. Penso soltanto alla riorganizzazione dell'Agenzia dei beni confiscati; abbiamo già sentito due o tre proposte diverse tra di loro. È chiaro che siamo dentro una materia nella quale io già mi sento rassicurata sul fatto che abbiamo individuato praticamente tutti gli stessi percorsi e le stesse criticità. Pag. 19Credo, quindi, che ci possa essere una collaborazione tra questa Commissione, il Governo e le commissioni di merito, perché – come voi sapete – noi non abbiamo neanche la proposta di iniziativa; possiamo stimolare, possiamo certo proporre, ma non lo facciamo come Commissione, lo fanno poi le commissioni competenti. Mi sembra, però, che questa sintonia sia già molto importante da registrare e penso sempre che quando gli obiettivi degli organismi sono in qualche modo perseguiti, ce ne poniamo altri e andiamo oltre, perché oltre questo lavoro c’è anche molto altro da fare.
ROBERTO GAROFOLI, segretario generale della Presidenza del Consiglio. Innanzitutto vi ringrazio a mia volta per i ringraziamenti, ma sono io che ringrazio voi per l'occasione che ci avete dato e poi per la pazienza di avermi ascoltato. Faccio alcune piccole puntualizzazioni. Innanzitutto, risponderei alle domande nella mia veste di presidente della commissione e non nell'altra mia veste più ingombrante di segretario generale della Presidenza del Consiglio. La seconda precisazione riguarda il fatto che noi non ci siamo occupati di tutto, naturalmente. Abbiamo operato una selezione di alcuni temi, anche perché avevamo un mandato che ci riconosceva un tempo abbastanza stringente. Dovevamo chiudere i nostri lavori in modo da offrire al Presidente del Consiglio e poi al Governo – adesso arrivo ai rapporti con le altre commissioni – alcuni spunti di riflessione e di proposta. Le domande sono tantissime. Io oggi deposito il rapporto. Per alcune domande, soprattutto quelle che richiedono una risposta più tecnica – sempre che le domande siano coperte dal rapporto – se voi mi consentite, io mi limiterei a indicarvi il capitolo del rapporto o la sezione nella quale il tema è esaminato. La presidente Bindi ha già risposto alla domanda relativa a cosa serva la Commissione; io devo dire che per la Commissione parlamentare antimafia ho un rispetto profondissimo, anche perché molti miei colleghi ci hanno lavorato in veste di consulenti. Peraltro, il fatto che il Presidente Letta, appena ha iniziato a ricoprire il ruolo che oggi riveste, abbia voluto adottare tra i suoi primi atti quello della istituzione della commissione è stato un segnale importante e credo che quindi ci sia oggi una collaborazione fra Governo, Commissione parlamentare e altre commissioni che si occuperanno di questi temi; non credo che ci possono essere divisioni su questo tema e su questo settore del contrasto alla criminalità. Devo anche dirvi, se posso spezzare una lancia in mio favore, che i lavori di questa commissione si sono svolti in assoluta riservatezza, perché è mia abitudine personale farlo, non ne abbiamo parlato a nessuno, salvo l'annuncio iniziale del Presidente, ma abbiamo lavorato sodo, ciascuno preso tra i suoi plurimi impegni professionali. Abbiamo lavorato in maniera serrata e intensa, ma in un lavoro caratterizzato da assoluto silenzio e riservatezza; penso che questo, tutto sommato, non sia un demerito. Ciò posto, per quanto riguarda i rapporti con le altre commissioni, rispondo che presso il Ministero della giustizia hanno lavorato altre commissioni, fra queste la commissione Fiandaca che si è occupata di alcuni temi e che credo abbia presentato il rapporto negli ultimi giorni. Su alcuni di questi temi le due commissioni c’è una sovrapposizione oggettuale, per così dire, dei lavori di analisi e di proposta. Inutile dire che, all'esito di questi rapporti, saranno poi gli uffici a raccordare, a armonizzare e ad assumere le necessarie decisioni. Quindi c’è una pluralità di spunti di riflessione provenienti da personalità diverse, anche per estrazione. Infatti, la commissione Fiandaca, pur non mancando di magistrati, prefetti e operatori, è una commissione anche di professori e di accademici; la nostra è un po’ più una commissione di magistrati e altro. Quindi è bene che ci sia una maggiore ricchezza di spunti, ferma la necessità poi per il Governo e per gli uffici di coordinarli e valutare che cosa farne. Il presidente mi ha posto una domanda relativa al tipo di utilizzo della relazione; nella mia veste non dovrei rispondere; nell'altra posso dire che il Governo sta Pag. 20lavorando a questo tema, sta lavorando all'elaborazione di alcune idee di intervento normativo. Non le so dire, presidente, esattamente i tempi. Il Presidente Letta nell'ultimo discorso sulla fiducia ha fatto riferimento a questo; annunciò che per i primi mesi del 2014 il Governo sarebbe intervenuto sul tema del contrasto alla criminalità, per cui gli uffici stanno lavorando ed è un lavoro complicato, non c’è dubbio; molto più complicato, forse, dell'analisi e della formulazione delle proposte. Sulla corruzione, non c’è dubbio che ci sia un nesso fra fenomeni di criminalità mafiosa e fenomeni corruttivi, come c’è però un nesso anche fra criminalità mafiosa e reati societari, e anche illeciti ambientali. Come dicevo in premessa, noi non ci siamo occupati di quei fenomeni delinquenziali che, pur non estranei all'attività delle organizzazioni mafiose, hanno però – non c’è dubbio – una loro autonomia, coincidono con l'ambito dei reati satelliti delle organizzazioni. Noi non ci siamo occupati dei reati satelliti, dei reati-fine, ma soltanto di quelli relativi all'articolo 416-bis, oltre a quello che ho provato ad illustrarvi. Non vorrei dire altro su questo. C’è stato già un intervento, com’è noto, della legge Severino; siamo ancora in attesa – io da studioso, in particolare – delle motivazioni delle sezioni unite della Corte di Cassazione sul discrimen tra gli articoli 317 e 319-quater, tra concussione dopo la riscrittura e l'indebita percezione. Capiremo anche dalle sezioni unite che cosa è successo dopo la legge Severino, dopo lo spacchettamento dalla fattispecie della concussione che ha costituito l'oggetto più importante, forse, anche se non unico – ma il più discusso – dell'intervento di riforma della Legge n. 190 del 2012. Quanto alle banche, questa domanda me la pone la presidente ma mi è stata già posta anche la questione sulla tracciabilità finanziaria e sui professionisti. Noi dedichiamo una sezione a questo tema; se n’è occupata soprattutto Magda Bianco, che è un dirigente della Banca d'Italia che ha fatto parte della nostra commissione; quindi ci sono alcune riflessioni sul tema e anche alcuni spunti e suggerimenti. Vengo al punto successivo.
La cosa migliore da fare per le aziende sequestrate è liquidarle... diceva l'onorevole Vecchio. Parto da qui perché è la premessa, se condividessimo questo assunto non parlerei di tutto il resto. È un assunto che la Commissione non ha condiviso. Il procedimento di gestione delle aziende a partire dal sequestro prende le mosse proprio da una valutazione che il giudice e l'amministratore sono tenuti a fare circa la concreta proseguibilità dell'attività dell'azienda. Una opzione che il giudice deve valutare da subito è proprio quella della liquidazione ma è un'opzione subordinata ad una valutazione di non proseguibilità dell'azienda e noi riteniamo che questa valutazione debba essere rafforzata. Proponiamo, infatti, come commissione che il giudice e l'amministratore che il giudice nomina debbano fare una valutazione più dettagliata, una valutazione prognostica più concreta della effettiva proseguibilità. Tuttavia, quando questa proseguibilità fosse positivamente apprezzata, l'idea dalla commissione è che non si debba disperdere un valore aziendale e che quindi si debba proseguire in una efficace gestione nella prospettiva di una vendita. Condivido il fatto che – ho cercato di dirlo prima – il lasso temporale che intercorre tra il sequestro e la confisca non possa essere così ampio, però questo attiene alla gestione dei meccanismi processuali. Nella consapevolezza di questa criticità la commissione propone – convinta della delicatezza della proposta – di anticipare il momento o dell'affitto dell'azienda ai soggetti che dopo possono essere potenziali destinatari o addirittura il momento della vendita anticipata, in modo da, brutalmente, far cassa subito, posto che la destinazione principale delle aziende, come è noto, è quella della vendita o dell'affitto. Anzi, noi anche su questo interveniamo proponendo di ovviare a una rigidità del sistema odierno riguardante la destinazione delle aziende che non prevede per nulla – se non in talune ipotesi – la destinazione sociale delle aziende. Cisiamo Pag. 21occupati anche di un coinvolgimento dei privati nella gestione delle aziende; in realtà non sub specie di partecipazione finanziaria – questo è un tema al quale la commissione non ha lavorato – ma sub specie di tutorship da parte di soggetti imprenditoriali accompagnati da quei tavoli di coordinamento di cui proponiamo un ampliamento in termini di rappresentanza interna. Si tratta di tutorship da parte di soggetti imprenditoriali che operino in aree settoriali omogenee rispetto all'azienda sequestrata da gestire, salvo poi a riconoscere a questo accompagnamento del tutor una qualche forma di ricompensa, ad esempio con una prelazione, compatibile con il sistema in sede di destinazione e quindi di vendita o di affitto dell'azienda. Per quanto riguarda il 416-ter, confermo che noi ci siamo occupati di questo articolo. Devo dire che nella parte finale, consapevoli dello stadio avanzato cui il Parlamento è pervenuto, non dico che ci siamo fermati, ma abbiamo ridimensionato l'approfondimento delle analisi e delle proposte. Quello che dicevo è che una riflessione che poniamo è quella riguardante la proporzionalità, ma su questo credo di aver già detto. Ancora non ce ne siamo occupati, ma evidenziamo come una politica antimafia non possa passare se non anche per il rafforzamento delle misure a favore delle vittime di mafia e delle vittime del dovere, non soltanto di mafia. Non ci siamo, però, occupati quanto ai testimoni di giustizia dell'inserimento obbligatorio, cioè della disciplina attuativa del decreto D'Alia, quindi del decreto n. 101 del 2013. Il Governo lo sta seguendo e lo seguiremo, ma non ce ne siamo occupati come commissione. Tornando, invece, alle aziende – scusate l'ordine sparso con cui sto procedendo, ma sto cercando di seguire l'ordine delle domande – direi che nel rapporto troverà una serie di proposte concrete che riguardano le misure di sostegno alle aziende dal sequestro in poi. Alcune sono quelle di cui lei parlava, quello di istituzione di fondi, salvo individuarne le modalità di alimentazione. Anche noi proponiamo il FUG, nella consapevolezza, però, che non è così semplice attingere da questo fondo, perché come sapete c’è già una ripartizione in atto che prevede quote del 49 per cento, 49 per cento e 2 per cento tra i ministeri. Tuttavia, salvo a rimetterci poi alle decisioni del Governo per quel che concerne le concrete modalità, prevediamo l'istituzione di più fondi, così come prevediamo anche alcune misure di vantaggio. Ci poniamo anche il problema – ed è un problema che credo il Governo dovrà porsi – di evitare che queste misure di sostegno all'impresa sequestrata tornino all'imprenditore nell'ipotesi in cui il sequestro non sia confermato in confisca. Si intende evitare che tornino all'imprenditore, pure naturalmente assolto, come indebito vantaggio. Credo, dunque, che a fronte della previsione di misure di sostegno, si debbano anche individuare meccanismi di recupero per l'ipotesi in cui, per effetto di un esito favorevole della vicenda processuale, l'azienda sequestrata torni nella disponibilità dell'imputato o del proposto, a seconda delle provenienze. Sono senz'altro convinto – parlo sempre da presidente della commissione – che il semestre europeo possa essere un'occasione per il nostro Paese. Noi ci siamo occupati di alcuni di quei temi. Io mi sono limitato a fare una rassegna delle principali questioni ma poi ci siamo occupati anche di altro. Della questione della reciprocità, dell'eseguibilità delle confische all'estero, della questione delle squadre investigative comuni, noi ci occupiamo. In particolare, il tema ci è stato con forza posto dal comandante Gallitelli nella audizione che abbiamo svolto, quindi sono d'accordo con lei e anche sul fatto che il semestre europeo debba essere un'occasione che il Governo non può farsi sfuggire anche su questi temi. Vi sono poi alcune domande anche insinuose. Riguardo allo scioglimento, sì, noi proponiamo un'espressa previsione di licenziamento per i dipendenti dei comuni sciolti che siano stati coinvolti, è una delle nostre proposte. Nell'analisi – non nelle proposte – noi evidenziamo come alcune vicende processuali abbiano attestato un interesse per le organizzazioni mafiose a essere presenti e Pag. 22rappresentate anche negli enti regionali, non soltanto nei comuni e nelle province. Non abbiamo formulato al riguardo una proposta, perché occorre conciliare la previsione di strumenti di prevenzione e di repressione, di strumenti rimediali in relazione a quegli enti con l'autonomia costituzionalmente agli stessi assicurata, ma abbiamo rimarcato ed evidenziato il problema. Quanto all'incandidabilità, probabilmente qualcosa è sfuggito. Noi ci siamo occupati dell'incandidabilità a seguito di scioglimento e abbiamo proposto un tendenziale allineamento della disciplina oggi prevista per l'incandidabilità di quei soggetti operanti all'interno degli enti sciolti per mafia con la disciplina sopravvenuta della legge n. 190 del 2012, che prevede una durata minima, cioè il doppio mandato e comunque non oltre i sei anni. È una proposta che è contenuta nel rapporto al quale, se mi consentite, rinvierei. Perdonerete il disordine col quale probabilmente ho esaminato le vostre domande, e anche forse alcune lacune nelle quali sono incorso.
PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Garofoli. Ci auguriamo che sia una prima occasione di collaborazione e che non sarà l'unica, se il lavoro prosegue come auspichiamo. Acquisisco il testo della relazione che sarà a disposizione da domani dopo la conferenza stampa che si svolgerà a Palazzo Chigi.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 21.55.