Comunicazioni della presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 3
Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy , Presidente ... 4
Seguito del dibattito sulle comunicazioni della presidente:
Bindi Rosy , Presidente ... 5
Lumia Giuseppe ... 5
Fava Claudio (SEL) ... 8
Giarrusso Mario Michele ... 10
Bindi Rosy , Presidente ... 11
Di Maggio Salvatore Tito ... 11
Bindi Rosy , Presidente ... 11
Sarti Giulia (M5S) ... 11
Bindi Rosy , Presidente ... 12
Di Maggio Salvatore Tito ... 12
Mirabelli Franco ... 13
Buemi Enrico ... 14
Bindi Rosy , Presidente ... 14
Sarti Giulia (M5S) ... 15
Bindi Rosy , Presidente ... 15
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI
La seduta comincia alle 16.20.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Comunicazioni della presidente.
PRESIDENTE. Ricordo che lunedì 9 e martedì 10 dicembre saremo a Reggio Calabria e in quella circostanza audiremo il Ministro della giustizia, Annamaria Cancellieri, e il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti.
Successivamente ci soffermeremo sui problemi locali, attraverso l'audizione del procuratore della Repubblica del tribunale di Reggio Calabria, a cui abbiamo chiesto di essere accompagnato dai magistrati, dai sostituti e dagli aggiunti della direzione distrettuale antimafia (DIA).
Audiremo anche il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro insieme ai sostituti procuratori della locale direzione distrettuale antimafia, in particolare in merito alla vicenda che ha riguardato l'ex sindaco di Isola Capo Rizzuto e il prefetto di Crotone.
Audiremo il prefetto di Reggio Calabria e la commissione prefettizia che presiede al comune di Reggio, che è stato disciolto per infiltrazioni, il prefetto di Vibo Valentia in particolare per il caso del comune di Nardodipace, in cui sono stati recentemente rieletti tutti gli esponenti della giunta precedente, che era stata a sua volta disciolta per infiltrazioni.
Come ricorderete, nell'ultima riunione dell'Ufficio di presidenza avevamo deciso di audire in sede nazionale il presidente della regione Calabria, così come il presidente della Regione Lombardia, che intendiamo convocare a Roma.
In quella circostanza comunque audiremo alcune realtà locali particolarmente emblematiche, non le associazioni di dimensione nazionale, che convocheremo qui a Roma per una panoramica generale. Abbiamo infatti individuato alcune realtà simbolo della città di Reggio e non solo, in particolare associazioni di volontariato, sacerdoti che operano in questo settore, cooperative che gestiscono beni confiscati, vittime di mafia, il sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi, una donna che resiste in un contesto particolarmente complicato.
Segnalo che la segreteria della Commissione, insieme ai militari della guardia di finanza addetti all'archivio, ha predisposto un dossier di documentazione che è in distribuzione. Ovviamente il dossier contiene soltanto i documenti liberi, mentre l'eventuale documentazione riservata acquisita nelle passate legislature può essere richiesta direttamente all'archivio.
La missione a Milano lunedì 16 e martedì 17 presso i locali della prefettura prevede l'audizione del vicepresidente del Consiglio e Ministro dell'interno, onorevole Angelino Alfano, del direttore della direzione investigativa antimafia, Arturo De Felice, nonché del procuratore nazionale Roberti.
Audiremo il prefetto di Milano insieme alla commissione prefettizia incaricata dell'amministrazione del comune di Sedriano, interloquendo anche sul problema dell'Expo, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano, il coordinatore della locale direzione distrettuale antimafia, il sindaco di Milano e le figure del comune che si interessano Pag. 4di antimafia come il presidente della commissione, l'assessore con la delega beni confiscati, i sindaci di alcuni comuni locali impegnati nel contrasto al gioco d'azzardo, il presidente del comitato di esperti istituito presso il comune di Milano per lo studio e la promozione di attività finalizzate al contrasto dei fenomeni di stampo mafioso e della criminalità organizzata nel territorio milanese anche in vista dell'Expo.
Audiremo anche il commissario unico delegato per il Governo sull'Expo, oltre a ulteriori soggetti in grado di offrirci testimonianze inerenti al tema della nostra missione. In quella sede vorremmo ascoltare anche la figlia di Lea Garofalo, testimone di una delle vicende più inquietanti legate al fenomeno mafioso.
Per le audizioni del Ministro Alfano e del direttore della DIA si darà una pubblicità aggiuntiva dei lavori via audio, con le stesse modalità previste per il Ministro Cancellieri e per il procuratore Roberti a Reggio Calabria.
Ricordo che per la missione a Milano le adesioni dovrebbero pervenire entro domani, 6 dicembre. Comunico altresì che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto sull'opportunità di svolgere una missione a Caserta sul tema della cosiddetta «Terra dei fuochi», che si svolgerà venerdì 13 dicembre. Ai fini dell'organizzazione, le adesioni dovranno pervenire entro mercoledì 11 dicembre. Trattasi in questo caso di una missione, quindi ci dovrà essere assicurata una rappresentanza di tutti i Gruppi, ma non è prevista la partecipazione in plenaria della Commissione.
Giovedì 19 dicembre, alle ore 14.30, si procederà all'audizione del procuratore generale di Torino, Giancarlo Caselli, sui temi dell'infiltrazione delle mafie al Nord e dell'economia legale. Ricordo infatti che in questi giorni si è concluso il processo Minotauro.
Lo stesso 19 dicembre alle 11.30 si svolgerà un incontro di studio in occasione della celebrazione dei cinquant'anni di attività della Commissione parlamentare antimafia, che iniziò i suoi lavori il 6 luglio 1963. Verranno invitati tutti i presidenti delle commissioni precedenti e il programma prevede gli interventi dell'attuale presidente, del presidente Violante e del presidente Pisanu, che saranno sollecitati anche dai tre giornalisti, Giovanni Bianconi de Il Corriere della sera, Attilio Bolzoni de La Repubblica e L'Espresso e Francesco La Licata de La Stampa.
Il 18 dicembre alle ore 11.00, presso la sala Aldo Moro di Palazzo Montecitorio, si svolgerà l'annuale conferenza stampa di fine d'anno organizzata dalla DIA, a cui tutti gli interessati sono invitati a partecipare. Saranno presenti il Presidente della Camera, il capo della polizia, Alessandro Pansa, e il direttore della DIA, Arturo De Felice.
Comunico altresì che l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto sull'opportunità che la Commissione si avvalga come di consueto della collaborazione di alcuni ufficiali di collegamento, designati secondo la prassi dai corpi di polizia delle rispettive appartenenze.
Gli ufficiali di collegamento presenti ai nostri lavori sono pertanto per la DIA il tenente colonnello Giorgio Pieraccini, per la guardia di finanza il Colonnello Tommaso Luigi Solazzo, per i carabinieri il colonnello Paolo Giovanni Maria La Forgia, per la polizia di Stato il primo dirigente Giuseppe Cannizzaro.
Chiederei anche alla Commissione di formalizzare l'inserimento tra i consulenti, a titolo gratuito e a tempo determinato, della dottoressa Rinaldini la quale curerà la comunicazione della nostra Commissione.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Seguito del dibattito sulle comunicazioni della presidente.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno prevede il seguito del dibattito sulle comunicazioni che ho effettuato nella scorsa seduta.
Do quindi la parola al senatore Lumia.
GIUSEPPE LUMIA. Signor presidente, siamo a cinquant'anni dall'inizio dei lavori della Commissione parlamentare nel luglio del 1963, quindi è giusto chiederci dopo la presentazione del programma come questa Commissione possa dare un contributo innovativo.
La mia esperienza mi suggerisce una regola d'oro che può fare la differenza e può aiutarci anche in questa legislatura a compiere un decisivo passo avanti di qualità e di impegno: sentirci commissari prima ancora che rappresentanti dei nostri rispettivi gruppi, quindi pronti a spogliarci delle nostre appartenenze e ad acquisire quella nobile funzione di inchiesta che la Commissione esercita con i suoi poteri importanti, delicati, molto vasti.
Questi permettono alla Commissione di offrire al Paese una valutazione aggiornata, vera, reale, e nello stesso tempo di supportare le varie sfere dello Stato con indirizzi che sul piano legislativo e pratico siano in grado di garantire quel salto di qualità che non si è ancora realizzato.
Il nostro Paese è infatti diventato abbastanza bravo sull'antimafia del giorno dopo, ma è ancora indietro sull'antimafia del giorno prima, cioè non ha ancora scelto di rendere la lotta alle mafie una grande priorità. Se il Paese in questa fase di drammatica crisi riuscisse a fare questo salto di qualità, riprenderebbe con fiducia un cammino di crescita, potrebbe guardare con occhi diversi alle nuove generazioni e colpire le mafie alla radice, dichiarando loro guerra senza limitarsi a contenerle.
Con questo approccio possiamo offrire alla discussione una serie di spunti in grado di dimostrare in questa legislatura al Paese che nella lotta alle mafie vogliamo finalmente dotarci di un approccio progettuale sistemico, per dichiarare alle mafie che è arrivata la loro ora, perché siamo in condizioni di colpirle per tempo, di anticipare le loro mosse, di chiarire il sistema delle collusioni con politica ed economia, che è l'aspetto più importante da appurare con la nostra inchiesta, di offrire al Paese una serie di scelte che lo preparino al semestre di Presidenza europea.
La Commissione parlamentare antimafia europea finalmente ha fornito un quadro positivo, la Presidente ha partecipato con il presidente Alfano all'iniziativa del report, e sarebbe importante che il nostro Paese nel semestre di presidenza europea fornisse una serie di indicazioni per fare un salto di qualità che sarà possibile creando uno spazio antimafia comune, in grado di raccogliere le migliori proposte elaborate nel nostro Paese e di fare quanto non abbiamo ancora fatto.
Ho appuntato quindici cose che sul piano legislativo il nostro Paese non ha ancora fatto e potrebbe fare. Sappiamo della legge antiriciclaggio, su cui dobbiamo necessariamente presentarci a testa alta in Europa, mentre oggi siamo diventati il fanalino di coda.
Ricordo a tutti i commissari la necessità di una legge più stringente sulla corruzione, perché è l'anticamera o il veicolo diretto dei rapporti collusivi tra mafia, politica, burocrazia, imprese. Non siamo riusciti ancora ad approvare il 416-ter e non abbiamo pene sufficienti a evitare quanto sta avvenendo. Basterebbe acquisire attraverso i nostri ufficiali di collegamento i nomi di tutti i boss mafiosi che per fine pena sono tornati nei nostri territori.
Ecco perché è necessario avere una durata delle pene che vada da vent'anni all'ergastolo: questa sarebbe una dichiarazione di guerra e avrebbe un'efficacia reale nel contrasto a una presenza che nel caso di molti boss vede una terza condanna, anche se a fine pena riprendono immediatamente il loro cammino, Pag. 6perché l'appartenenza alle mafie è totale e se ne esce solo con la collaborazione o la morte.
Come spesso evidenziato dalle procure più impegnate, abbiamo bisogno di una revisione del processo di mafia, al fine di avere un doppio binario e impedire tempi lunghi e aggiramento delle pene previste dalle normative antimafia. Dovremmo inasprire il carcere duro del 41-bis e verificare perché non si applichi la normativa che potrebbe consentire la riapertura di Pianosa e dell'Asinara, prevedere l'obbligatorietà della denuncia per gli operatori economici che ricevano richieste estorsive, che troverebbero una straordinaria convenienza fiscale e contributiva nel denunciare, con penalità amministrative in grado di ridurre a zero i rischi, scatenando contro le mafie quella energia che le associazioni antiracket e la stessa Confindustria hanno maturato in questi anni di duro lavoro.
Si dovrebbe inoltre prevedere l'introduzione del conto dedicato non solo per le aziende che lavorano negli appalti pubblici, ma anche per quelle che svolgono grandi lavori privati; la riforma dello scioglimento dei comuni per rafforzarne la gestione e la capacità di promuovere legalità e sviluppo.
A ciò si aggiungano l'applicazione corretta della legge recentemente approvata sui collaboratori di giustizia, trascurati, abbandonati, spesso in condizioni di totale marginalità, la riforma dell'Agenzia nazionale dei beni confiscati, che attualmente è un carrozzone che non garantisce ottimi risultati e che dobbiamo rendere moderna, snella, in grado di valorizzare il lavoro svolto sui bene confiscati da Prefetture e associazioni.
Sono necessari inoltre una legge che incida sull'incandidabilità dei politici collusi alle elezioni sia politiche che amministrative, un insieme di collaborazioni dirette con i Paesi del Sud America (Messico, Colombia, Perù, Bolivia) per combattere i cartelli dei narcotrafficanti, la legge sulla contraffazione dei prodotti agroalimentari per garantire la qualità delle produzioni italiane e colpire le organizzazioni mafiose, una legge più stringente sul gioco d'azzardo, recependo le mozioni approvate sia al Senato che alla Camera, il recepimento di tutte le direttive europee (tantissime) che ancora non abbiamo recepito, prima fra tutte quella sulle squadre investigative comuni.
Selezionando le priorità, potremmo prepararci e predisporre quel salto di qualità che prima richiamavo. Non abbiamo mai fatto delle relazioni globali sulle organizzazioni mafiose. Sulla ’ndrangheta, su cosa nostra, sulla camorra e in particolare sui casalesi abbiamo delle ottime relazioni, abbiamo la relazione Figurella e quella Forgione che intervengono però sulla ’ndrangheta presente in Calabria, mentre è necessaria una visione d'insieme della ’ndrangheta in Calabria, in Italia e nel mondo, che ci restituisca quella visione unitaria che adesso la ’ndrangheta possiede.
Mentre tutte le letture ci presentavano infatti un'organizzazione solo orizzontale, abbiamo capito che in questi anni la ’ndrangheta ha dato lezioni ad altre organizzazioni mafiose e ha imparato sul modello di cosa nostra a darsi un profilo, seppure originale e peculiare, per avere una capacità unitaria di gestione soprattutto dei grandi traffici e delle grandi strategie. Lo stesso è necessario per cosa nostra e i casalesi, così da realizzare tre relazioni in grado di fornire al Paese una visione unitaria su queste organizzazioni mafiose.
Come lei ha già annunciato, verrà immediatamente realizzata un'inchiesta sulla Terra dei fuochi. Il 13 dicembre la Commissione vi si recherà in missione e penso che nel giro di poche settimane la Commissione potrebbe arrivare per tempo, fare chiarezza, non sottovalutare l'allarme, definire la minaccia reale che in quel territorio deriva da sversamenti decennali, che forse continuano ancora. Ieri il Governo ha adottato un'importante misura per individuare le responsabilità istituzionali ed economiche dell'utilizzo criminale e devastante della Terra dei fuochi.
Apprezziamo che lei, presidente, abbia scelto di recarsi a Palermo e di chiedere ai Pag. 7Commissari siciliani di accompagnarla, perché sulla stagione delle stragi del 1992-1993 non dobbiamo solo scrivere una verità processuale, ma anche individuare le responsabilità politico-istituzionali. Ecco perché è importante che la Commissione torni su quei territori, anche se abbiamo a disposizione un materiale straordinario, laddove nella passata legislatura la Commissione aveva addirittura notizie che le stesse procure di Palermo, Caltanissetta, Firenze, e la stessa procura nazionale antimafia non avevano.
Con i nostri poteri d'inchiesta potremmo aiutare il Paese a capire di più e a non creare zone d'ombra sul sistema degli apparati e sul ruolo dei servizi, potremmo finalmente capire cosa realmente avvenne nel 1992-1993 e delineare meglio la stagione delle trattative. Non a caso uso questa espressione al plurale, perché stiamo apprendendo quanto avvenne nella trattativa dopo la strage di via D'Amelio, ma ci furono anche altre fasi e altre trattative (una addirittura prima della strage di Capaci).
Nella passata legislatura abbiamo fatto un buon lavoro con la relazione introduttiva del presidente Pisanu, di cui però non ho affatto condiviso le conclusioni, in quanto sono state inadeguate e accolte con profonda delusione. Abbiamo però un apparato che in poco tempo potrebbe aiutarci a delineare le questioni essenziali, irrisolte, di pertinenza della Commissione parlamentare antimafia, che per legge appartengono alla nostra mission.
Non c’è solo una questione che riguarda una ferita aperta, quella del 1992-1993, che non permette ancora di guardare con occhi limpidi allo sviluppo del nostro Paese dopo quella stagione, ma ci sono anche le minacce attuali, perché quella stagione è ancora aperta. Ha fatto bene quindi a recarsi a Palermo, presidente, dove due giorni fa il Comitato per l'ordine e la sicurezza ha evidenziato un serio livello di minaccia. Pochi minuti fa, un'altra agenzia ha chiarito ulteriori dettagli della minaccia pronunciata da Salvatore Riina in modo chiaro e netto. Cosa agita oggi cosa nostra ? È compito nostro capire perché uno Stato democratico con il suo apparato non sia in grado di catturare Matteo Messina Denaro, a venti anni e sei mesi della sua latitanza, chi lo protegga, quali siano i suoi rapporti con la politica e con i servizi, i suoi rapporti internazionali, laddove ha diversi gradi di parentela con tutte le famiglie newyorkesi.
Ci chiediamo quindi perché non siamo stati capaci di assicurare alla giustizia questo importante latitante, ma anche cosa agiti cosa nostra e perché Riina formuli quelle minacce. Sicuramente non può spaventarlo un processo importante come quello sulla trattativa, perché Riina ha decine di ergastoli sulle spalle, quindi non si comprende perché abbia deciso di esprimere minacce a un livello senza precedenti, perché anche quando anni fa accusò alcuni esponenti delle istituzioni non si espresse in modo così chiaro e diretto.
Forse Riina teme che nell'indagine sulla trattativa possano emergere sue responsabilità, che cesserebbero di farlo apparire come il capo che, a differenza di Provenzano, rifiutava di trattare.
Ci chiediamo quale sia il livello di minaccia che oggi cosa nostra può rappresentare per magistrati come il giudice Di Matteo e gli altri magistrati che con lui stanno facendo queste indagini. Ecco perché è necessario con il nostro rigoroso taglio di inchiesta fare in modo che su quella stagione il punto di vista della Commissione parlamentare antimafia sia completo e che ci sia uno sguardo attuale sul perché della agitazione di cosa nostra, quali siano le sue strategie, per provare a colpirla prima che possa organizzare un attentato nei confronti di rappresentanti delle istituzioni, farle capire che questa volta lo Stato è in grado di reagire per tempo, anticiparne le mosse e stroncarne qualunque possibilità stragista.
Su questi temi, presidente, potremmo realmente essere utili, usare i nostri poteri d'inchiesta, fare un salto di qualità, organizzare una moderna risposta, svegliare le istituzioni, capire dove siano al nord, al centro, al sud e in Europa i gangli che Pag. 8rendono forti le organizzazioni mafiose e i collegamenti con le organizzazioni mafiose internazionali, dimostrando che questa Commissione nel suo cinquantesimo anno di lavoro è ancora utile, autorevole e libera dai condizionamenti, in grado di fare cose che nel nostro Paese ancora non si sono fatte e di dare una progettualità moderna ed efficace.
CLAUDIO FAVA. Farò alcune sottolineature di elementi ben evidenziati nel programma che ci ha proposto nell'ultima riunione, partendo da una constatazione che è la virtù e la tragedia di questa Commissione, che è carica di aspettative che vanno ben oltre il nostro mandato istituzionale.
Noi siamo infatti una Commissione d'inchiesta che deve farsi carico di dare una risposta alle emergenze, deve testimoniare la presenza dello Stato sul territorio, deve dimostrare (ed è forse la sfida più urgente) che è utile avere una Commissione d'inchiesta sulla mafia a cinquant'anni dalla sua prima edizione.
Faccio tre sottolineature su aspetti che lei aveva già ben presenti nel programma di lavoro che ci ha proposto. Siamo chiamati a sviluppare ed evolvere la qualità del nostro ragionamento sul rapporto tra mafia e politica, che è un rapporto ormai profondamente diverso, in quanto è cambiato negli anni, ha assunto nuove forme di complessità.
Oggi è la politica che si serve della mafia, e la politica mette a disposizione della mafia non soltanto risorse economiche e percorsi finanziari, ma anche la vita dei cittadini, il territorio, la qualità della salute, entra pesantemente nel ciclo della vita quotidiana degli italiani, e questo ci induce a interrogarci sulle conseguenze di questo rapporto che vanno ben oltre ciò che può essere trattato dai magistrati, avendo come strumento di riferimento il Codice penale.
In questo senso siamo chiamati a esercitare una funzione che ha un mandato ben più vasto, perché il nostro limite non si ferma alle prescrizioni del Codice penale, ma ha a che fare con le conseguenze della patologia di questo rapporto sulla società italiana e sulla qualità della vita degli italiani.
Il secondo punto riguarda l'aggiornamento di alcuni nostri strumenti, come già anticipato dal senatore Lumia. Dobbiamo immaginare una terza stagione della legge La Torre e con grande urgenza, e credo che una proposta debba partire innanzitutto dal lavoro sul campo che questa Commissione è in grado di fare, assumendo punti di vista concreti di cui può fare tesoro.
Dobbiamo investire il Parlamento di questa riforma e dimostrare che la lotta alla mafia, e dunque la confisca dei beni alla mafia e l'attività repressiva a vantaggio della società civile sono convenienti, perché oggi sta invece passando il messaggio che non ci sia alcuna convenienza: 1.500 aziende sequestrate, ma più di 1.400 fallite nel corso degli anni sono un messaggio chiaro, forte, devastante, che riguarda non solo la letteratura dell'antimafia, ma anche la vita di decine di migliaia di dipendenti di queste aziende che hanno perso il lavoro.
Discutevamo con il senatore Giarrusso del caso dell'azienda Riela, azienda sequestrata a Catania che aveva 250 dipendenti e adesso ne ha 12 e continua a chiederci se, attraverso una rimodulazione degli obiettivi della legge La Torre, si possa garantire la sopravvivenza lavorativa a queste 12 persone.
Dobbiamo probabilmente prevedere per queste aziende percorsi di avviamento alla legalità, da realizzare con grande rigore ma anche grande franchezza. Non possiamo immaginare che un bene o un'attività lavorativa confiscata alla mafia possa stare alle regole del mercato del lavoro esattamente come le altre aziende, perché, se così fosse, le aziende non continuerebbero a chiudere.
È necessario mettere a loro disposizione strumenti che in questo momento non ci sono, dare ascolto a realtà molto isolate sul territorio, che hanno bisogno di trovare un punto di riferimento operativo-istituzionale nel lavoro di questa Commissione.Pag. 9
Altro strumento da riconsiderare è lo scioglimento degli enti locali. Credo infatti che non sia sufficiente sciogliere le amministrazioni e i consigli comunali, perché in molti casi l'elemento della patologia, la capacità di penetrazione di cosa nostra va ben oltre l'attività amministrativa dei consigli o delle giunte, all'interno di uffici comunali che da quello scioglimento non vengono sfiorati.
Bisogna capire come prevedere che questa legge permetta a chi entra in un comune con un progetto di bonifica che in diciotto mesi dovrebbe restituire alla legalità quel comune di intervenire anche negli uffici comunali che dal decreto di scioglimento non sono toccati, perché probabilmente in un ufficio tecnico ci sono più legami malavitosi di quanti possano essercene nel vertice di un assessorato.
Andremo in Calabria a raccogliere la testimonianza di un comune sciolto per mafia, che ricandida e rielegge lo stesso sindaco. Il caso di Taurianova è identico: due volte lo stesso sindaco sciolto e rieletto, mentre il comune è stato sciolto per tre volte e la legge non dice nulla in questo senso.
Il problema è non tanto impedire a quel sindaco di candidarsi, quanto spezzare quel rapporto di consenso che permette a quel sindaco di sopravvivere a uno scioglimento, perché evidentemente il nodo del consenso non viene interrotto soltanto dall'intervento di scioglimento.
Credo che, tra gli strumenti da verificare e mettere al centro della nostra attenzione, dovremmo fare una valutazione anche sull'uso, sull'utilità, sull'efficacia e sulla gestione del 41-bis perché la vicenda di Riina ci impone di farlo. Personalmente nutro qualche preoccupazione sull'estensione all'infinito di uno strumento che comunque è una limitazione dei diritti umani dei detenuti, e lo dico consapevole di ciò che dico, ma sapendo che di questo problema dobbiamo farci carico. Al tempo stesso, ci rendiamo conto che il 41-bis non ha l'efficacia che dovrebbe avere.
Mi chiedo se non sia utile estendere il nostro campo di audizioni ai servizi di intelligence, che sono un convitato di pietra spesso presente nel nostro lavoro e che probabilmente è anche presente nella gestione della detenzione dei capimafia ristretti al 41-bis.
Mi chiedo se saremo in condizione di comprendere profondamente la sollecitazione che abbiamo ricevuto dagli uffici giudiziari di Palermo laddove, se è vero che esiste un protocollo che lega sul piano operativo i vertici dei servizi al DAP nella gestione di alcuni detenuti sottoposti al regime del 41-bis, credo che le forme e gli obiettivi di questo protocollo debbano essere un punto di urgente attenzione di questa Commissione, perché sappiamo perfettamente come alcuni protocolli operativi con finalità positive possano essere poi virati su altre intenzioni.
Abbiamo la sensazione di essere alla vigilia di un'altra stagione di stragi e sarebbe bene che questa Commissione assumesse questo tema, questa emergenza, questa preoccupazione non come una delle tante varie ed eventuali di cui occuparsi, ma come un tema che riguarda la qualità e la permanenza della democrazia in questo Paese.
Dobbiamo condividere le preoccupazioni manifestateci dai vertici degli uffici giudiziari di Palermo, preoccupazioni corroborate da elementi di fatto. La sensazione è che siamo di fronte a uno snodo nella strategia di cosa nostra, che le scelte operative di Matteo Messina Denaro, di Provenzano di un abbassamento del livello di conflitto con lo Stato stiano per essere accantonate.
La crisi morde anche cosa nostra, l'idea di tornare un uomo forte solletica l'orgoglio dell'organizzazione, la preoccupazione di un disvelamento dei rapporti che l'hanno legata a pezzi e apparati dello Stato è una preoccupazione reale e attuale, che riguarda non ciò che già sappiamo, ma ciò che potremmo sapere.
Tutto questo genera una situazione di allarme. Il Ministro dell'interno, tornando da Palermo, ha detto cose che non ci saremmo aspettati di dover sentire, parlando di un'urgenza fuori dall'ordinario e fuori da ogni prevedibilità. Noi non abbiamo Pag. 10gli strumenti per difendere la vita e la sicurezza di questi magistrati che sono a disposizione del Ministero dell'interno, però abbiamo strumenti politici, laddove il primo tassello di fragilità di chi si trova esposto in queste frontiere avanzate è quello di sentirsi isolato. Da questo punto di vista, la Commissione antimafia, che rappresenta un mandato parlamentare, può svolgere un lavoro positivo.
Questo è un tema trasversale da affrontare nel corso di tutta l'attività della nostra Commissione e che considero urgente, perché non vorrei che ci trovassimo il giorno dopo con il disagio di non aver fatto tutto quello che poteva essere fatto il giorno prima per denunciare il livello di allarme che in questo Paese si sta registrando. Grazie.
MARIO MICHELE GIARRUSSO. Mi ricollego all'ultima questione posta dal vicepresidente Fava. Siamo in un momento di passaggio della nostra storia, in cui le mafie sembrano valutare nuovamente un cambiamento di strategia e la ripresa di un'iniziativa forte contro lo Stato.
Condividiamo tutti che la vera, grande barriera che possiamo ergere a protezione di chi la mafia la combatte, dei servitori dello Stato, è far comprendere che il prezzo e le conseguenze di un'azione scellerata e irresponsabile sarebbero elevatissimi per la mafia, e questo lo possiamo fare noi, presidente.
Possiamo infatti aumentare il numero delle macchine e degli uomini di scorta, ma le mafie avranno sempre la possibilità di mettere in campo un'azione più forte. L'unico limite che le mafie comprendono è il costo di un'azione scellerata.
Come diceva il vicepresidente Fava, la Commissione deve lanciare un segnale chiaro dimostrando che il costo per la mafia sarebbe elevatissimo in termini di aggravamento delle pene, di predisposizione di mezzi straordinari per combatterla.
Dalla Chiesa in una delle sue ultime interviste disse una frase che è ancora attuale:«chi vuole combattere la mafia non si può limitare a cercarla o a indagarla a Palermo». Ho molto apprezzato la sua relazione perché ha messo l'accento sul fatto che la mafia si è globalizzata ed è un fenomeno transnazionale. Credo quindi che uno dei comitati debba indagare il fenomeno delle transnazionalità delle mafie, perché indagare le ’ndrine sul loro territorio senza comprendere i collegamenti che hanno con la Germania, con l'Australia, con il Canada, significa considerare soltanto una parte del problema.
Credo che questo sia uno degli elementi su cui dobbiamo basare la nostra azione e un campo di elezione per una Commissione d'indagine, perché noi abbiamo quell'agilità che la magistratura e le forze dell'ordine potrebbero non avere in questo campo.
L'altro elemento su cui dobbiamo focalizzare l'attenzione con un apposito comitato è quello delle risorse economiche messe in campo dalle mafie nel nostro Paese. È necessario indagare sulle possibilità e sulle capacità, su cosa stia accadendo nel nostro sistema finanziario e bancario, visto che secondo il rapporto di Bankitalia la prima attività economica-finanziaria di questo Paese è il riciclaggio dei soldi illeciti.
Un ulteriore ambito che sconcerta noi e tutti i cittadini di questo Paese è il pensiero che a vent'anni dalla strage di Borsellino e degli uomini della sua scorta nei tribunali si stia ancora cercando la verità sugli esecutori materiali della strage. Abbiamo dei capitoli da scrivere sulle stragi, e questo deve essere un elemento di indagine di questa Commissione. All'interno di questa indagine c’è tutto il rapporto fra le varie trattative e gli effetti che queste hanno determinato nelle decisioni stragiste della mafia.
Un altro elemento su cui dovremmo organizzare un comitato è quello della predisposizione di strumenti di contrasto diversi da quelli attualmente utilizzati, perché a cinquant'anni dall'istituzione della Commissione antimafia dobbiamo realisticamente ammettere che c’è qualcosa che non abbiamo fatto e dobbiamo fare.
Raccogliendo quindi le esperienze sul campo di chi opera, dobbiamo allestire al Pag. 11più presto un pacchetto di proposte operative diverso, che non sia più un'operazione di potatura della mafia che poi continui a svilupparsi e a crescere, ma sia finalmente un'operazione di sradicamento, che richiede strumenti diversi da quelli attuali.
Questo deve essere realizzato a stretto contatto con chi combatte le mafie tutti i giorni e che meglio di noi immagina quali strumenti siano necessari per questi scopi.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola alla deputata Sarti, vorrei informare la Commissione che sono state diffuse delle agenzie che contengono nuove minacce di Totò Riina al pubblico ministero di Palermo, Antonio Di Matteo.
Secondo quanto le agenzie riportano, suonerebbero in questo modo: «questo Di Matteo non ce lo possiamo dimenticare», «Corleone non dimentica». Dinanzi all'obiezione del mafioso pugliese che gli chiedeva come avrebbe potuto eliminarlo se l'avessero portato in località riservata, Riina avrebbe risposto: «tanto sempre al processo deve andare» secondo alcune agenzie, «deve venire» secondo altre.
Credo quindi che sia stata quanto mai opportuna, tempestiva e utile la presenza della Commissione a Palermo, con l'intento di esprimere solidarietà e vicinanza, che oggi rinnoviamo a tutta la procura, al giudice Di Matteo in particolare, e attraverso di loro a tutti i magistrati in prima linea.
La nostra presenza in quella circostanza è stata tempestiva e opportuna, e non mancheremo di continuare a prestare attenzione a questo aspetto. Riteniamo che sia stata opportuna anche la visita di ieri del Ministro degli interni alla procura di Palermo e l'assicurazione da parte dello stesso Ministro e di tutto il comitato di sicurezza nazionale di garantire tutta la protezione necessaria a chi è particolarmente esposto e minacciato.
SALVATORE TITO DI MAGGIO. Scusi, presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Prima di andare avanti, visto che da più parti è stata paventata questa nuova stagione stragista della quale avete appreso nel vostro viaggio di Palermo, forse lei ci potrebbe relazionare sull'incontro che avete avuto a Palermo, in maniera da poter capire meglio di cosa stiamo parlando. Grazie.
PRESIDENTE. Senatore Di Maggio, non ho alcuna difficoltà a riferire in maniera sintetica quanto abbiamo appreso in quel contesto, sebbene quella visita avesse un contenuto assolutamente riservato.
Prima darei però la parola all'onorevole Sarti e anche a lei, perché non vorrei venire meno all'ordine del giorno di questa riunione, che è la discussione sul programma. Nella replica non mancherò di fare riferimento anche a questo aspetto.
GIULIA SARTI. Sarò breve per dare anche agli altri la possibilità di intervenire e a lei di replicare alla fine.
Dopo queste notizie si rende ancora più necessaria la creazione di un comitato ristretto che indaghi specificamente sul periodo stragista e su tutto ciò che ne consegue, soprattutto, come diceva il senatore Lumia, in riferimento alle responsabilità politiche. Una delle finalità dovrebbe essere quella di acquisire tutta la documentazione esistente, prodotta nelle scorse legislature, e di cercare di ribaltare le conclusioni non condivisibili della relazione Pisanu.
Oltre a questo aspetto su cui ci siamo già spesi, ribadisco con forza l'esigenza di istituire questo comitato. Poiché si parla tanto dei legami tra mafia e politica, vorrei ricordare l'arresto eclatante di questi giorni in seguito all'ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Carolina Girasole, ex sindaco di Capo Rizzuto e consigliere comunale all'opposizione.
Questo è un elemento su cui riflettere anche a Reggio Calabria, senza ovviamente interferire con i lavori la magistratura, in quanto dobbiamo considerare l'esigenza di spezzare il legame tra mafia e politica, laddove l'accusa di corruzione elettorale rivolta a Carolina Girasole per le elezioni amministrative del 2008 rappresenta un dato eclatante che ci deve far riflettere sulle riforme da portare avanti.Pag. 12
Invito tutti a sollecitare i rispettivi gruppi parlamentari a riprendere la proposta di modifica dell'articolo 416-ter in modo adeguato, non ribaltandone completamente l'impianto come si tentava di fare. Dinanzi a questo arresto eclatante tornano alla mente le parole che Carmine Schiavone pronunciò nel 1997 davanti alla Commissione di inchiesta sulle ecomafie: «noi facevamo i sindaci» nei 106 comuni nel casertano. Sono felice quindi che questa Commissione abbia deciso di effettuare una missione nella Terra dei fuochi, missione in cui avrete tutto l'appoggio del Movimento 5 Stelle.
C’è infine un ultimo tema su cui mi piacerebbe che questa Commissione si spendesse, i grandi appalti e subappalti per le grandi opere pubbliche, con particolare riferimento all'Expo 2015. Anche per questo è importante la nostra missione a Milano e abbiamo chiesto la riapertura dell'ufficio DIA dell'aeroporto di Malpensa.
PRESIDENTE. L'onorevole Bossa fa notare che i comuni in provincia di Caserta sono 104 e non 106, ma era una correzione nei confronti di Schiavone.
SALVATORE TITO DI MAGGIO. Condivido l'impianto organico che lei ha voluto dare alla sua relazione e credo che abbiamo molto da riflettere e da lavorare.
Il prossimo 19 dicembre celebreremo i cinquant'anni della Commissione, ma devo dirle che questi cinquant'anni di storia non mi sembrano adeguati alle funzioni che questa Commissione deve svolgere e che credo abbia svolto in modo poco proficuo.
Per evitare di ripetere gli errori commessi in cinquant'anni, le pongo una questione di metodo, domandandole se vogliamo essere quelli che leggono e interpretano le carte e le iniziative degli altri o essere uno strumento propositivo come Commissione.
Credo che questo sia il distinguo sul quale dobbiamo muoverci, perché, se vogliamo ripetere quanto è accaduto nell'ultimo lavoro svolto dalla Commissione sulla trattativa Stato/mafia presentato dal presidente Pisanu nella scorsa legislatura e quindi semplicemente essere un centro di raccolta, credo che questa Commissione avrà scarsa utilità. Se invece questa Commissione vuole creare condizioni che possano essere di aiuto a chi giornalmente cerca di contrastare il fenomeno mafioso, questa sarebbe la strada più interessante sulla quale investire il nostro tempo.
Propongo quindi di valutare se attraverso le nostre conoscenze possiamo creare degli strumenti utili per le forze dell'ordine piuttosto che per la magistratura, perché credo che questo sia il compito assegnato alla politica. Per fare questo, però, è fondamentale riuscire a dare una lettura veritiera dei fatti che hanno attraversato questi cinquant'anni della nostra storia, fatti che, come molti colleghi hanno ricordato, presentano ancora lati oscuri.
Per tornare all'argomento più in voga in questo momento, quello della trattativa Stato/mafia, dovremmo chiederci dove fosse, da che parte stesse e chi fosse lo Stato in quel periodo, perché in questa vicenda abbiamo difficoltà di non poco conto.
Credo che sulla base di questo si possa evidenziare una serie di prospettive nuove per la nostra Commissione. Ci sono aspetti che vanno sicuramente corretti e approfitterò del nostro prossimo incontro a Reggio Calabria con il Ministro di grazia e giustizia per sollevare una serie di questioni di notevole importanza.
Uno degli elementi fondamentali sui quali la mafia ha sempre giostrato la propria forza è il modo in cui i reclusi operano all'interno delle carceri, e una domanda che mi attanaglia da molto tempo è come mai da circa vent'anni gli uffici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria siano sempre affidati a magistrati provenienti dalla Sicilia, se ci sia una particolare predisposizione nella gestione di quegli uffici da parte della magistratura siciliana o vi sia qualcosa su cui è meglio intervenire.
Una serie di questioni, che riguardano argomenti trattati anche dal commissario Pag. 13Fava rispetto all'utilizzo di strumenti quali il 41-bis, devono essere verificate e indagate. Data la portata estremamente importante delle questioni da affrontare, suggerirei di istituire dei comitati ai quali anche lei ha fatto riferimento e che credo possano essere uno strumento per effettuare le verifiche che il lavoro di questa Commissione comporta.
FRANCO MIRABELLI. Vorrei aggiungere alcune riflessioni a quelle già fatte. Noi condividiamo l'impostazione del programma di lavoro qui proposto e le basi su cui è costruita l'ipotesi di lavoro, che parte dalla consapevolezza di come la questione della criminalità organizzata sia una grande questione, che ha assunto e assume sempre di più una dimensione nazionale e internazionale.
Sapendo che nell'attività di questa Commissione vengono riposte grandi aspettative da chi è impegnato nel contrasto alle mafie e da chi pensa che questo Paese debba fare di più nella lotta contro la criminalità organizzata, dobbiamo impegnarci a non deludere queste aspettative, e questo si fa solo se definiamo chiaramente gli obbiettivi ai quali possiamo realisticamente tendere in una legislatura che, come più volte ha ricordato il presidente, probabilmente non avrà un tempo infinito.
Condivido quindi l'esigenza di definire alcuni obiettivi e alcune priorità e considero giusto dare da subito un segnale, così come si è dato con la visita a Palermo, che lo Stato non abbassa la guardia, che la politica e le istituzioni sono a fianco di chi combatte sul campo la mafia e la criminalità organizzata, che non rinunciamo a fare luce su una stagione oscura e sulle responsabilità di quella stagione.
Considero assolutamente condivisibile il ragionamento su cui è stato costruito il programma della Presidente, secondo cui non partiamo da zero, ma ci sono alcune questioni che necessitano di ulteriori approfondimenti. Si tratta in particolare della ’ndrangheta come forma di criminalità organizzata in espansione, che ha un rapporto originale con la politica e che ormai ha forme di internazionalizzazione, non solo di diffusione su tutto il territorio nazionale; della questione del nord, di quanto e come la criminalità organizzata si stia radicando nelle regioni settentrionali, e della questione dell'economia.
Sono d'accordo sull'esistenza di una grande questione democratica legata alla mafia al sud e all'esigenza di fare luce sulla stagione stragista, c’è una grande questione democratica che viene sollevata nel momento in cui i capitali di provenienza mafiosa inquinano l'economia di questo Paese, tanto più in tempo di crisi, come è stato detto, nel momento in cui ci sono pochi soldi e nessun investimento, mentre dall'altra parte c’è una forza criminale organizzata che ha molti soldi da mettere sul mercato.
La quarta questione mi sembrava fosse la dimensione europea con l'obbiettivo di dare un contributo alla Presidenza italiana del semestre europeo, per attrezzare anche l'Europa politica e istituzionale a fare fronte a un fenomeno di criminalità organizzata che ha ormai superato i confini nazionali.
Questo mi sembrava un fronte della proposta, mentre l'altro era quello di dare concretezza al nostro lavoro perseguendo modifiche legislative su ciò di cui abbiamo già verificato il mancato funzionamento, in particolare la legge sullo scioglimento dei comuni per mafia, ma anche la legge sull'Agenzia per i beni sequestrati.
C’è il problema non solo di garantire la gestione economica, altrimenti quei beni non ritorneranno mai alla collettività, ma anche di evitare che, come ormai troppo spesso succede, quei beni tornino nella disponibilità delle stesse famiglie a cui sono stati tolti. Servono quindi modifiche legislative e credo che questo debba essere l'altro obbiettivo.
Il presidente ha proposto di dar vita a un numero limitato di comitati e credo che dalla prossima volta dovremo cominciare a definirli e ad assegnare le responsabilità per far partire il lavoro. Credo non sia un disvalore realizzare nei territori le audizioni che normalmente avremmo fatto qui, perché questo significa che la Commissione Pag. 14non solo va in visita, ma fa le audizioni dei ministri sui territori, individuando dove impegnarsi e approfondire.
ENRICO BUEMI. Desidero esprimere condivisione sull'impostazione del Presidente perché, pur non avendola sentita in questa fase, ne abbiamo parlato abbondantemente in sedi diverse. Si tratta quindi di accelerare la messa a punto degli ulteriori strumenti di lavoro: i comitati.
A fronte delle notizie che il Presidente, i colleghi e gli organi di stampa mettono in risalto, c’è l'esigenza di dare un segnale forte ai protagonisti della lotta alla criminalità organizzata, in particolare nei territori che presentano maggiori elementi di rischio e di compromissione complessiva, perché ci sono ambienti in cui è più facile far crescere determinate attività.
Registrando la mia inesperienza in quanto sono alle prime armi in Commissione, sento la necessità di impostare un'azione che consenta di condividere le sensazioni, perché i colleghi hanno parlato di sensazioni, non di dati di fatto. Queste sensazioni, che sicuramente sono motivate, dovrebbero essere quindi verificate e condivise nei loro elementi sostanziali, al fine di evitare che l'azione di questa Commissione possa essere catalogata come un elemento individuale, quasi personale.
Auspico che la Commissione nel suo insieme possa essere come una grande falange (per usare un termine abusato in altre epoche) e rappresentare un cuneo forte dentro una realtà che, pur essendo meno eclatante in questa fase, ci fa registrare grande preoccupazione.
Sono consapevole di come la mafia agisca attraverso atti e sensazioni, e crei le premesse perché le sensazioni diventino elementi di forte pressione. Dovremmo avere quindi la capacità di passare oltre quella fase, e alcuni strumenti sono già in atto, altri devono essere attivati, in quanto, se c’è condivisione, il rischio si attenua, mentre, se la sensazione è solo di alcuni, possono crearsi situazioni di particolare disagio.
Rispetto alla questione delle banche e degli investimenti finanziari, bisogna considerare non solo i capitali illeciti, ma anche i capitali apparentemente leciti, perché certi investimenti inducono un imprenditore come me a nutrire sospetti che mi piacerebbe verificare.
Vorrei inoltre comprendere la motivazione della disponibilità delle banche, anche se non voglio citare casi di cronaca eclatanti, che hanno caratterizzato la storia del nostro Paese per lungo periodo. Sicuramente lì c’è bisogno di attivare un'attenzione particolare, quindi è necessaria una verifica sugli investimenti non coerenti.
Per quanto riguarda le aziende confiscate, in base alla mia esperienza imprenditoriale non tutte le aziende hanno la possibilità di rimanere sul mercato e questo vale in particolare per le aziende colluse con la mafia, che spesso hanno altre finalità.
Per non rischiare di introdurre un ulteriore elemento di distorsione nel mercato, quindi, dovremmo evitare di mantenerle forzatamente in vita. Se ci sono le condizioni di mercato, le aziende devono vivere, altrimenti non possono vivere solo perché ci sono dei lavoratori: bisogna dare risposte diverse a quei lavoratori.
Se le aziende non sono in condizione di stare sul mercato normalmente, ci rimangono perché hanno risorse aggiuntive di concorrenza «sleale» oppure per il fenomeno dell'autosfruttamento. Il permanere di un'azienda confiscata alla mafia non può essere una finalità assoluta, in quanto le aziende devono rimanere sul mercato se sono in grado di permanervi, e abbiamo sperimentato in passato che operazioni diverse producono distorsioni e peggioramenti della situazione, coinvolgendo anche imprenditori e aziende che invece stanno sul mercato senza supporti aggiuntivi.
PRESIDENTE. Vorrei chiedervi se riteniate opportuno dedicare un'altra riunione a una discussione generale sul programma o considerarla conclusa e quindi intendiate formalizzare la costituzione dei comitati durante le due sedute in trasferta o in una seduta lampo.Pag. 15
A questo punto, quindi, posso provare a ricapitolare, dandovi la possibilità di un'ulteriore riflessione sull'organizzazione dei nostri lavori attraverso alcune linee organizzative sulle quali possiamo deliberare. Questo consentirà di dare un'organizzazione definitiva ai lavori della nostra Commissione prima della pausa natalizia, per trovarci poi a gennaio pronti a lavorare, sempre auspicando la presenza del plenum della Commissione.
Abbiamo raggiunto il numero di 33 partecipanti alla missione a Reggio Calabria, un numero significativo che ci consentirà di lavorare con spirito unitario, anche perché si registra una partecipazione dei parlamentari della Calabria appartenenti a tutti i gruppi, fatto che considero di buon auspicio.
GIULIA SARTI. Poiché saremo 33, per cercare di essere il più efficienti possibile, sarebbe forse opportuno raccogliere le domande e farle porre soltanto da un membro di ogni gruppo parlamentare, altrimenti rischiamo di non realizzare queste audizioni nel migliore dei modi.
PRESIDENTE. Credo che il suggerimento della deputata Sarti sia opportuno per l'organizzazione dei nostri lavori, senza naturalmente togliere la possibilità di intervenire a ciascun commissario. Questo ci consentirà di lavorare meglio, quindi la ringrazio per questa sottolineatura. Tra l'altro, mi dicono che siamo 34, quindi sembra raggiunta la composizione definitiva.
Vorrei ringraziare tutti gli intervenuti perché mi sembra che sia stata espressa una sostanziale condivisione delle linee programmatiche e del metro di lavoro che avevo indicato nella mia introduzione, ma ci sono stati anche notevoli arricchimenti che ci consentiranno di organizzare al meglio i nostri lavori.
Prima di ricordare i grandi temi intorno ai quali organizzare i nostri comitati, mi preme interloquire sulla domanda del senatore Di Maggio e anche su alcune sottolineature che riguardano la nostra presenza a Palermo e le conseguenze del processo di Palermo sui nostri lavori e sulla necessità di capire cosa sia accaduto in quegli anni, che sono stati anni fondamentali nella lotta alla mafia, ma le cui tragedie ci hanno segnato.
La nostra visita a Palermo, che è stata una visita di solidarietà, ci ha consentito di condividere la preoccupazione della procura. Vorrei ricordare un aspetto che è stato oggetto anche dell'incontro di ieri tra il Comitato di sicurezza nazionale, il Ministro degli interni e quella sede giudiziaria: alle minacce indirizzate al procuratore Di Matteo vanno aggiunte le minacce alle quali sono quotidianamente sottoposti i magistrati delle misure di prevenzione in una città in cui tali misure sono state particolarmente applicate e hanno dato straordinari risultati.
Questa Commissione intende assumere il tema delle stragi e manifestare non soltanto con le visite di solidarietà, ma anche con il proprio lavoro la vicinanza a tutti coloro che nell'esercizio delle loro competenze giudiziarie sono in prima fila per combattere la mafia.
Dobbiamo farlo con gli strumenti di conoscenza di cui disponiamo, dobbiamo farlo proprio mentre celebriamo i nostri cinquant'anni di attività, andando alla ricerca di tutti gli elementi del passato che possano aiutarci a capire cosa sia realmente accaduto nel nostro Paese. Dobbiamo farlo però rivolgendo particolare attenzione a quanto sta avvenendo oggi e al legame tra quanto è accaduto in passato e ciò che può accadere oggi.
Per riprendere le parole del senatore Lumia, noi non vogliamo rappresentare l'antimafia del giorno dopo, ma vogliamo rappresentare quella di oggi e possibilmente quella di domani, cosa che dobbiamo tenere assolutamente presente.
Ciò che mi preoccupa maggiormente di quanto abbiamo ascoltato a Palermo è l'esigenza di capire quali possano essere le conseguenze nell'oggi. Vorrei quindi che la nostra Commissione si muovesse con questa preoccupazione. Lo dico anche per la Terra dei fuochi, in quanto abbiamo il dovere di capire perché oggi, dopo alcuni anni, Schiavone rilasci un'intervista; dobbiamo Pag. 16fare luce sui legami tra la camorra e la gestione dei rifiuti, indagando più di quanto sia avvenuto in passato, anche perché l'argomento, presso in esame soprattutto dalla Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, non è stato, anche per un rispetto di reciproche competenze, preso in esame in maniera particolare da questa Commissione.
Dobbiamo indagare a fondo il legame tra i poteri mafiosi e la gestione dei rifiuti nel nostro Paese, ma anche capire perché questo tema torni oggi di attualità, perché oggi si riapra quel capitolo.
Vorrei che adottassimo questo approccio per quanto riguarda sia il tema della Terra dei fuochi, sia il tema della trattativa, perché credo che sia giusto indagare il passato, ma anche cercare di capire cosa stia cambiando oggi nelle strategie dei poteri mafiosi e come possiamo aggredirli.
Proporrei a questa Commissione innanzitutto di nominare un relatore sul tema della trattativa per fare una ricognizione degli elementi di conoscenza di cui già disponiamo, di effettuare una lettura obbiettiva, critica dei lavori fatti dalla precedente Commissione e di decidere come impostare il nostro lavoro.
Faccio questa proposta perché abbiamo bisogno di condividere l'approccio a questo tema che intendiamo fare nostro con gli strumenti della Commissione. Non possiamo ignorare che è in corso un procedimento giudiziario, con cui non intendiamo interferire, e dobbiamo capire quali strumenti ci consentano di capire il passato, ma soprattutto il presente, perché lo considero l'aspetto più importante.
Sono certamente interessata a capire quali siano stati in passato i rapporti tra mafia e politica, ma vorrei anche avere la capacità di capire quali siano oggi, perché credo che questa sia la nostra principale responsabilità. Siccome lo strumento del depistaggio in questa materia è molto utilizzato, stiamo attenti a non cadere nel tranello.
Ciò non toglie naturalmente che chiunque si trova in prima linea a combattere la mafia, da qualunque parte lo faccia, ha diritto alla solidarietà, alla vicinanza e a tutti gli strumenti di sicurezza necessari.
Fatta questa premessa, vi chiedo di rinviare all'Ufficio di presidenza l'individuazione di un eventuale relatore su questa materia, che poi vi proporremo e al quale comunque non potremo chiedere di offrirci il primo risultato prima dell'interruzione natalizia, perché credo che nessuno sarebbe in grado di farlo.
Insieme alla Terra dei fuochi, sulla quale cominceremo ad acquisire elementi di conoscenza nella visita del 13 dicembre, alla ripresa avremo a disposizione due prodotti sui quali la Commissione potrà organizzare il proprio lavoro. Considererei però questi due temi come un percorso parallelo che la Commissione intende intraprendere rispetto alle linee programmatiche, individuando un metodo nella mia introduzione, che ho trovato sostanzialmente condivisa dai vostri interventi.
Con la consapevolezza di avere davanti a noi un tempo non lunghissimo, abbiamo individuato alcuni obbiettivi, che ci consentono di ottenere dei risultati che possiamo trasformare in proposte da formulare al Parlamento e al Governo. Mi sembra di poter proporre un piano di lavoro intorno al semestre europeo. L'Europa ha fatto suo il tema della lotta alla mafia con una risoluzione estremamente significativa del Parlamento europeo, ieri sono stata a Bruxelles per dedicare una sala della Commissione a Falcone e Borsellino e credo che con questo atto ieri la Commissione abbia riconosciuto che l'Italia è la terra della mafia ma anche la terra della lotta alla mafia e che fa parte del patrimonio europeo attraverso Falcone e Borsellino e insieme a loro tutti coloro che hanno combattuto e combattono le mafie o hanno sacrificato la propria vita per combatterle.
Attraverso loro e tutti gli altri, l'Europa ha accettato il riconoscimento di un ulteriore aspetto dell'Italia come Paese fondatore, che è quello del principio della legalità, della libertà e della sicurezza.
Chiediamo al nostro Governo che nel semestre in cui avremo la guida dell'Europa il tema della lotta alla criminalità Pag. 17organizzata, alla corruzione, all'illegalità venga messo al primo posto. Non ci sarà crescita economica, se non faremo dei passi avanti nella lotta ai poteri mafiosi, che oggi minano insieme alla corruzione la nostra economia e la nostra possibilità di crescita. Accompagneremo quindi il semestre europeo e in questo piano di lavoro che può diventare un comitato possiamo anche inserire il fenomeno internazionale delle mafie e la lotta globale ai poteri mafiosi.
Un altro settore del nostro lavoro dovrà essere il tema dei beni confiscati e della loro utilizzazione, fondamentale strumento a nostra disposizione. Tra l'altro, su questo tema la Commissione europea darà vita a una direttiva insoddisfacente, perché ci sono forti resistenze da parte di alcuni Stati.
Qualcuno si è infatti probabilmente accorto che in tempi di crisi l'illegalità può anche premiare, ma noi dobbiamo assolutamente combattere questa convinzione, laddove sul tema della confisca abbiamo maturato una grande esperienza e siamo dotati di un grande impianto legislativo e di grandi strumenti, che però vanno perfezionati e in parte cambiati, come va cambiato anche l'approccio.
Darei vita a un filone di lavoro che ci consenta di ottenere in tempi brevi un risultato. Sappiamo che il Governo sta già lavorando, ci sono varie idee che credo debbano diventare oggetto del nostro lavoro. Non dobbiamo avvicinarci a questi argomenti con pregiudizi, in particolare i temi economici esigono il contrario.
Un altro punto importante è quello dello scioglimento degli enti locali, che è stato un grande strumento di contrasto, ma che ora sembra inadeguato e insufficiente, come l'esperienza dimostra, perché è uno strumento repressivo privo dei poteri necessari. Dobbiamo capire di quali poteri ci si debba dotare nel procedere allo scioglimento degli enti locali, e intervenire di più sull'aspetto preventivo.
Sono due temi sui quali si possono fare comitati, ma ai quali potremmo dare anche la veste di gruppi di lavoro, per dare il senso di un lavoro che vuole ottenere presto dei risultati, perché qui la riflessione è matura.
Un altro grande tema è quello della penetrazione dei poteri mafiosi nell'economia legale, di cui oggi è stata ribadita l'importanza. Credo che l'argomento richiederà un lavoro più complesso, perché attraverso un unico comitato dovremo affrontare molti temi: il riciclaggio, la corruzione, gli appalti, le banche, il racket e la capacità di penetrare nelle aziende alla luce della grande crisi che stiamo vivendo, non dimenticando che l'unica economia in attivo nel Paese è quella mafiosa.
L'usura, il gioco d'azzardo, i compro oro, il riciclaggio costituiscono un grande settore per il quale c’è necessità di intervenire sulla legislazione, ma anche di capire molti aspetti. Un altro settore che ritengo importante è quello delle mafie e delle professioni. C’è un silenzio intorno alla penetrazione e alla complicità che si crea tra i poteri mafiosi e l'esercizio di alcune professioni come quelle degli avvocati, dei commercialisti e dei notai.
Un altro tema non meno importante è il rapporto tra mafia e politica oggi. In passato la Commissione si è dotata di un Codice antimafia su cui credo dobbiamo tornare, dobbiamo essere molto più esigenti nei confronti della politica e dell'amministrazione, se vogliamo evitare che i poteri mafiosi penetrino nella politica, nell'amministrazione e nella società.
Sappiamo bene che c’è un comportamento patologico, illecito, penalmente perseguibile che richiede la presenza della magistratura, ma credo che la politica debba esprimere un parere su se stessa, e questo è un compito che spetta a noi e che nel rapporto con la mafia spetta in particolare a questa Commissione.
Ci sono molti altri temi sui quali ci possiamo soffermare, alcuni dei quali sono legati al cambiamento delle varie tipologie mafiose, all'aggressività della ’ndrangheta, al cambiamento di cosa nostra, ai mutamenti verificatisi nei poteri camorristici, ai fenomeni presenti soprattutto in Puglia, Pag. 18riconducibili alla sacra corona unita, ma anche alla diversa caratteristica che assumono nei vari territori.
Da questo punto di vista, ci sono alcuni territori su cui dobbiamo focalizzare la nostra attenzione, la Calabria (e la presenza a Reggio non è casuale), Roma, dove sembra che si stia attuando un modello assolutamente inedito per il rapporto e il patto spartitorio esistente tra mafia e criminalità organizzata, il sud del Lazio, alcune zone della Puglia e soprattutto il nord (saremo a Milano anche per questo).
In parte, il tema del nord intreccerà il tema dei rapporti con l'economia, però considero necessaria questa attenzione ai fenomeni che si manifestano nei vari territori. Emergeranno poi singole tematiche (qualcuno richiamava il calcio e il gioco d'azzardo) e saremo pronti a prestare attenzione da questo punto di vista.
Non ci sfugge il tema generale della giustizia e credo che nell'audizione con il Ministro della giustizia a Reggio Calabria avremo la possibilità di prendere in esame il processo di riforma che si è aperto in particolare al Ministero della giustizia. Abbiamo presentato alcuni emendamenti alla legge finanziaria e, come sottolineato da alcuni interventi, in particolare da quello del senatore Lumia, ad alcune modifiche dell'attuale legislazione possiamo pervenire in maniera unitaria in tempi brevi.
Credo che tutto il nostro lavoro di studio, di approfondimento, di conoscenza possa essere accompagnato da interventi mirati, che ci consentano di raggiungere dei risultati nel breve periodo.
Vi ringrazio. Ci diamo appuntamento a Reggio Calabria, dove acquisiremo ulteriori elementi di conoscenza, che ci consentiranno dopo la missione a Milano di prendere le nostre decisioni e di organizzare i nostri lavori.
Dichiaro conclusa la seduta.
La seduta termina alle 18.10.