XVII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Giovedì 21 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE FORME DI RACCORDO TRA LO STATO E LE AUTONOMIE TERRITORIALI, CON PARTICOLARE RIGUARDO AL «SISTEMA DELLE CONFERENZE»

Audizione del Ministro dell'interno, Angelino Alfano.
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 2 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 2 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 5 
Borioli Daniele Gaetano  ... 5 
Gigli Gian Luigi (DeS-CD)  ... 5 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 6 
Alfano Angelino (AP) , Ministro dell'interno ... 6 
D'Alia Gianpiero , Presidente ... 7

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANPIERO D'ALIA

  La seduta comincia alle 8.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'interno, Angelino Alfano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'interno, Angelino Alfano.
  Nel ringraziare il Ministro Alfano per la sua disponibilità, gli do la parola per lo svolgimento della sua relazione.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Buongiorno, colleghi e presidente. Vi ringrazio dell'opportunità che mi viene data di fare alcune considerazioni, peraltro guidato dai vostri quesiti d'indirizzo, in riferimento a un tema molto delicato.
  Nella giornata di ieri è stato aggiunto all’iter del disegno di legge di riforma della Costituzione un altro importante tassello: il Senato, come ben sapete, ha approvato in seconda lettura il provvedimento di un testo identico a quello licenziato la scorsa settimana dalla Camera dei deputati.
  Manca ancora un passaggio per l'approvazione parlamentare della riforma, ma è senz'altro utile, a mio avviso, avviare fin d'ora un ragionamento sull'impatto che tale riforma inevitabilmente produrrà sul «sistema delle conferenze», in considerazione del nuovo ruolo del Senato della Repubblica che si viene a configurare in conseguenza della riforma medesima.
  Vi ringrazio – lo ripeto – di avermi dato l'opportunità, con questa audizione, di confrontarmi con voi su un tema che reputo di estrema importanza ai fini di un corretto dispiegamento dei rapporti tra Stato, regioni ed enti locali nel nuovo assetto costituzionale.
  Le mie riflessioni seguiranno la linea tracciata dai quesiti che mi sono pervenuti, ma nello stesso tempo non potranno non misurarsi con le modifiche apportate al testo originario.
  Come ha rilevato prima di me il Ministro Boschi, nel corso dell'audizione sostenuta la scorsa settimana, il disegno di legge ha subìto, in virtù di emendamenti d'iniziativa parlamentare, un significativo mutamento: il nuovo articolo 55 della Carta «riformata» prevede infatti che il Senato, accanto al ruolo di rappresentanza delle istituzioni territoriali e in perfetta coerenza con tale compito, venga a svolgere anche «le funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica», funzioni che peraltro, nel testo precedente, venivano assegnate anche all'altra Camera, limitandosi il Senato a concorrere al loro esercizio.
  Non mi sembra che vi sia dubbio che, in forza della modifica parlamentare, il raccordo con il sistema delle autonomie sia ora da considerarsi appannaggio esclusivo Pag. 3del nuovo Senato, in un sistema che vede, peraltro, il superamento del bicameralismo perfetto.
  È naturale chiedersi se e in che misura questo nuovo assetto venga a incidere sul sistema delle conferenze, le quali attualmente, nel loro insieme, rappresentano i luoghi privilegiati del confronto interistituzionale, in cui il principio della leale collaborazione trova concreta espressione.
  È evidente che la prima conseguenza, sottolineata anche negli ordini del giorno accolti dal Governo, risiede nella necessaria trasformazione del profilo funzionale delle conferenze. Infatti, con lo spostamento al Senato della funzione di raccordo interistituzionale, sembra corretto dedurne che, in futuro, le conferenze potranno conservare un ruolo certamente utile, per quanto limitato principalmente agli aspetti attuativi della legislazione, dunque agli aspetti amministrativi e tecnici.
  Mi sembra che sia una deduzione condivisibile, alla cui stregua sembrerebbero delinearsi due distinti ambiti del raccordo: il primo, che attiene ai «rami alti» e che investe il momento della decisione politico-legislativa, e il secondo, che invece verrebbe a riguardare le fasi discendenti o i livelli sottostanti, in cui il confronto è destinato a riferirsi a profili di dettaglio, tra i quali bisognerebbe includere la normazione secondaria e la regolazione tecnica.
  Un'ulteriore conseguenza – e con questo intendo rispondere a uno dei quesiti che mi sono stati posti – è che, limitatamente al primo ambito di raccordo, i rapporti tra i due rami del Parlamento non potranno che essere rimessi alle disposizioni regolamentari di rango costituzionale adottate da Camera e Senato.
  Naturalmente la scelta di perpetuare, sebbene in altra forma, l'esperienza delle conferenze lascia aperta la domanda se questo strumento conservi, almeno per la fase di secondo livello, una sua utilità e in quale misura.
  Credo che si possa rispondere affermativamente, tenuto conto del contributo costruttivo che le conferenze, pur con qualche criticità di funzionamento, hanno apportato alla coesione istituzionale e alla leale cooperazione tra i diversi livelli di governo.
  Non posso non ricordare, nella veste di presidente, l'esperienza della Conferenza Stato-città, in cui sovente trovano risposta concreta e immediata problemi di funzionamento delle amministrazioni locali. Anche attraverso tale organismo si manifesta la prossimità degli apparati governativi centrali rispetto alle istituzioni e alle comunità locali, obiettivo prezioso che non dobbiamo perdere di vista, se vogliamo mantenere efficiente il sistema di interlocuzione tra centro e territorio.
  Riguardo al raccordo tra lo Stato e gli altri soggetti dell'ordinamento repubblicano che il Senato sarà chiamato ad assicurare, è indubbio che presenti una sua valenza la questione, sollevata con uno dei quesiti, concernente l'eventuale presenza in seno all'Assemblea senatoriale dei presidenti delle Regioni.
  L'originario intendimento del Governo era nel senso di assicurare una forte rappresentanza delle Regioni attraverso la presenza di diritto dei loro organi di vertice. Tale presenza, come ha ricordato la collega Boschi, potrebbe avere, però, riflessi più politici che istituzionali, nel senso che, pur non incidendo formalmente sulla funzione di rappresentanza del Senato, finirebbe tuttavia per caratterizzarla in maniera più pregnante.
  È naturale che su questo tema l'ultima parola spetterà al Parlamento, nel momento in cui, portando a compimento ulteriore il processo di riforma, dovrà mettere mano alla legge elettorale del Senato, declinando il livello di rappresentanza regionale.
  In linea di principio, il livello di partecipazione non dovrebbe comunque avere conseguenze istituzionali sull'esercizio della funzione di raccordo esercitata dal Senato né su quella che potrebbe essere conservata in seguito al sistema delle conferenze.
  Passo ora al nesso che è stato adombrato tra il funzionamento della cosiddetta «clausola di supremazia» e il ruolo delle Pag. 4conferenze. La questione investe l'esercizio del potere legislativo allorché esso riguardi materie non riservate in esclusiva alla legislazione statale, che siano invece devolute alla competenza legislativa regionale di carattere a sua volta esclusivo o residuale.
  La riforma costituzionale in itinere stabilisce che, laddove si ricorra alla clausola di supremazia, il Senato, venendo evidentemente in rilievo l'interesse regionale, sia sempre chiamato a esprimersi, secondo la speciale procedura delineata dal nuovo articolo 70.
  La riforma, anzi, appresta garanzie a favore del Senato, stabilendo che la Camera dei deputati può non conformarsi al suo voto solo raggiungendo una maggioranza qualificata.
  In questo quadro, la funzione di raccordo interistituzionale sembra adeguatamente tutelata dagli stessi meccanismi di produzione legislativa.
  Peraltro, riguardando la questione quell'ambito della funzione di raccordo che ho definito «dei rami alti», mi sembra che nessun impatto di qualche significato sia destinato a prodursi sull'attività delle conferenze, il cui coinvolgimento potrebbe semmai ipotizzarsi per la fase attuativa o discendente.
  Mi soffermo, inoltre, sulla questione relativa al contributo della Conferenza delle assemblee legislative delle Regioni e all'esigenza di mantenerne viva la funzione collaborativa anche nel nuovo sistema di relazione tra Stato e Regioni.
  Vorrei precisare che siamo in presenza di un organismo che non ha diretti rapporti di interlocuzione con il Governo centrale né per questa ragione partecipa al sistema delle conferenze.
  Certamente il collegamento tra il livello sovranazionale europeo e quello regionale richiede di essere implementato e valorizzato, anche ai fini del miglior uso delle risorse finanziarie europee. È quindi nell'interesse stesso del sistema Paese che questo patrimonio di relazioni e rapporti non venga a risentire della diversa configurazione che in ambito domestico connoterà il raccordo tra Stato e Regioni.
  Sinceramente non credo che potranno scaturire dalla riforma contraccolpi significativi o di rilievo su tale versante. È lo stesso testo costituzionale, infatti, ad attribuire al Senato rilevanti funzioni di raccordo anche con le istituzioni comunitarie, sia nella fase di formazione degli atti normativi europei che nella valutazione e verifica dell'impatto delle politiche dell'Unione sui territori.
  L'impatto complessivo esprime una compiutezza e un'organicità che sembrano fugare, in definitiva, ogni preoccupazione circa l'adeguatezza del modello di raccordo interistituzionale con gli organismi di Bruxelles.
  Avviandomi alla conclusione, vorrei porre in evidenza che il modello rappresentato dal sistema delle conferenze, seppure immaginato e costruito ancor prima della riforma del Titolo V della Costituzione, risalente al 2001, ha avuto senz'altro il merito storico di assicurare il confronto tra Stato e autonomie, contribuendo al superamento delle cause di tensione e di conflitto. La stessa Corte costituzionale ne ha riconosciuto il contributo fondamentale nell'assicurare l'attuazione del principio di leale collaborazione.
  Non vi è nessuna predeterminata intenzione di abbandonare questo sistema, ma non è possibile nemmeno farsene condizionare oltremodo, nel momento in cui ci si proietta in una nuova fase costituente.
  Credo che la revisione del sistema delle conferenze sia ineludibile, anche alla luce della spiccata impronta regionalistica riconosciuta al nuovo Senato. Quali potranno esserne i contorni ? Io penso che alla fine sarà lo stesso processo di riforma a dirlo. Ciò avverrà a conclusione di un iter che andrà completato con altri passaggi essenziali, rappresentati proprio dall'adozione di una nuova legge elettorale per il Senato e, su un altro piano, dalla revisione dei regolamenti parlamentari.
  Io vi ringrazio per l'attenzione e vi ringrazio di nuovo per questa convocazione. Spero di aver risposto ai quesiti che mi erano stati posti. Rimango ovviamente a disposizione per ogni altra considerazione.

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  PRESIDENTE. Grazie, signor ministro. A nome della Commissione, la ringrazio vivamente per l'esauriente relazione.
  Noi abbiamo inteso avviare questa indagine conoscitiva proprio sentendo i massimi esponenti del nostro Governo su questo tema, perché è chiaro che il processo di attuazione della riforma costituzionale, se i cittadini confermeranno con il referendum la scelta del Parlamento, ha bisogno di una serie di percorsi di attuazione, tra cui quello di precisare esattamente le funzioni di raccordo del Senato nella sua concretezza, evitando che vi siano duplicazioni o sovrapposizioni anche rispetto al sistema delle conferenze.
  Pertanto, l'impostazione che lei ha dato alla relazione rispetto al ruolo che potrebbero avere le conferenze a nuova Costituzione vigente mi sembra un elemento utile di riflessione per la Commissione.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DANIELE GAETANO BORIOLI. Ringrazio il Ministro. Rispetto a un tema che ha a che fare con la legge elettorale per il nuovo Senato che sarà definita dal Parlamento, vorrei riprendere una considerazione che faceva la volta scorsa il senatore Dalla Zuanna, per chiedere al Ministro un'opinione in questa sede.
  Guardando all'esito finale della legge di riforma della Costituzione – così come è stata licenziata ieri dal Senato e se la Camera la ribadirà, come io credo, negli stessi termini – e guardando all’iter attraverso il quale si è arrivati a definire il tema dei meccanismi e dei princìpi di delegittimazione dei nuovi senatori, io mi domando – e domando al Ministro qual è il suo punto di vista in questo senso – se la presenza dei presidenti delle Regioni in Senato non sia un tema rilevante, che evoca un profilo di coerenza rispetto all’iter con cui si è arrivati a definire quell'impostazione.
  Si è passati dall'ipotesi iniziale del testo, che prevedeva l'elezione dei nuovi senatori in forma esclusivamente indiretta attraverso i consigli regionali, a una forma mista, che, pur tenendo fermo il principio che è il Consiglio regionale a eleggere i nuovi senatori, tuttavia lo vincola in maniera forte all'indicazione proveniente dal corpo elettorale.
  Da questo punto di vista, siccome immagino che la ratio di questa modifica sia quella di voler affidare direttamente ai cittadini l'indicazione forte dei nuovi senatori, personalmente trovo che sarebbe quantomeno difficile spiegare come, una volta scelta questa strada, si possa decidere di non prevedere la presenza nel nuovo Senato di coloro che, in quanto presidenti delle Regioni, nella gran parte delle quali vige l'elezione diretta, portano con sé la dote più forte di legittimazione popolare.
  Io la considererei una contraddizione, che naturalmente potrà essere ovviata, nel momento in cui legifereremo in questo senso, o attraverso la presenza scontata oppure lasciando alle Regioni la facoltà di disciplinare questo meccanismo, magari prevedendo, per il rispetto del ruolo delle minoranze, la presenza contestuale del primo dei non eletti dei candidati alla presidenza delle Regioni. Mi pare un tema di grande rilevanza.
  La seconda considerazione, collegata alla prima, è che a mio giudizio sarebbe molto importante evitare asimmetrie. Infatti, un Senato in cui per alcune Regioni fossero presenti i presidenti e per altre no creerebbe, in quanto forza di legittimazione, dei salti che a mio giudizio potrebbero interferire anche con il ruolo nella fase discendente di attuazione dei provvedimenti e che sarebbero piuttosto complicati nel rapporto tra nuovo Senato e le conferenze Stato-Regioni.

  GIAN LUIGI GIGLI. Vorrei ribadire una delle cose che ha detto il collega Borioli. Come abbiamo rilevato dall'inizio, si pone il problema della rappresentatività rispetto alle Regioni dei componenti del nuovo Senato.
  A parte questo aspetto, apprezzando la relazione del Ministro, vorrei sottolineare che sia lui sia il ministro Boschi nell'audizione della settimana scorsa hanno accentuato Pag. 6notevolmente la riflessione sull'opportunità, peraltro – lo ricordiamo ancora una volta – oggetto di un impegno del Governo, dietro presentazione di ordini del giorno di maggioranza, di trasformare la Conferenza Stato-Regioni in qualcosa che abbia competenza sugli aspetti di carattere amministrativo e tecnico dei provvedimenti, sganciata dalla possibilità di una valutazione d'impatto politico più generale sulle nuove leggi.
  In sede di discussione in Aula si era tentato di tradurre questo aspetto, prima che nell'ordine del giorno, in un emendamento al testo della riforma stessa. La risposta fu negativa, perché non lo si riteneva praticabile politicamente per i successivi passaggi, ma la giustificazione formale fu che si sarebbe dato rango costituzionale a una Conferenza Stato-Regioni che fino a quel momento non lo aveva.
  Accettiamo questo tipo di impostazione, ma la domanda che pongo è la seguente: non è opportuno a questo punto cominciare a lavorare perché queste riflessioni, che mi sembrano largamente condivise, vengano a tradursi in una normazione, attraverso una legge ad hoc che regolamenti il funzionamento futuro delle Conferenze Stato-Regioni ?

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Alfano per la replica.

  ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Sarò molto breve, anche perché i colleghi saranno chiamati al mio pari a esercitare la loro funzione legislativa, esattamente nei due momenti sollecitati dal senatore Borioli e dall'onorevole Gigli.
  Mi riferisco specificamente alla questione della rappresentanza delle Regioni attraverso il loro massimo vertice elettivo, ossia il presidente, e alla questione della funzione di raccordo e del rango da dare a essa relativamente alla rinnovata funzione, che sia derubricata o meno, delle conferenze.
  Per quanto riguarda il primo aspetto, è del tutto evidente che bisognerà occuparsi in sede legislativa, quando ci sarà la legge elettorale, di questa traslazione della rappresentanza, chiedendosi se il più titolato a rappresentare la Regione sia esattamente il presidente o invece, in forme differenti, espressioni della Regione che hanno una sovranità di secondo livello, rappresentata da un'elezione di altro tipo, per esempio da parte dei Consigli regionali o di listini. Mi riferisco agli aspetti che sono venuti in rilievo come possibili durante il dibattito, ma che dovranno trovare un loro consolidamento in questa fase successiva.
  Il punto non può che trovare una soluzione legislativa, fermo restando che a mio avviso, se si applicasse, per esempio, il meccanismo dei primi classificati dopo il vincitore, si occuperebbe la gran parte dello spazio del nuovo Senato, e questo comprimerebbe di molto la possibilità delle Regioni di esprimersi. In realtà, sarebbe una forma velata o non pienamente esplicitata di elezione diretta dei senatori da parte dei cittadini, che nell'eleggere il loro presidente, eleggono sia il primo che il secondo classificato.
  La seconda questione riguarda il tema posto dall'onorevole Gigli. Io credo di averlo illustrato abbastanza chiaramente nel mio intervento: le funzioni di raccordo, come da loro stessa natura, esprimono un raccordo tra istituzioni ed enti che hanno una fisionomia ben delimitata e ben delineata, che hanno una necessità di individuare un punto di congiunzione rappresentato nella fattispecie da varie conferenze che, in questi anni di progressivo sviluppo in fase di decentramento del nostro Paese, hanno giocato un ruolo, non solo importante ma a mio avviso anche positivo.
  Io ho fatto personalmente l'esperienza di presiedere la Conferenza unificata da lungo tempo, perché, come voi sapete, viene attribuita al Ministro dell'interno la funzione di presiedere la Conferenza unificata quando non è ricoperta la carica di Ministro per gli affari regionali. Pertanto io, da quando la collega Lanzetta non è più ministro, presiedo – ancora ieri l'ho fatto – la Conferenza unificata.
  Vi devo dire che, per la varietà dell'ordine del giorno e per la consistenza delle materie trattate, è una sede che tutto è tranne che ideologica; è una sede molto Pag. 7operativa di governo, dove vengono a galla esattamente tutte le questioni che non sono state risolte nei rispettivi e precedenti momenti di azione esecutiva sia delle Regioni, sia delle autonomie locali, sia addirittura del Governo centrale.
  Io ho potuto sperimentare in prima persona il ruolo delle conferenze. Tuttavia, nel momento in cui tali conferenze sono cerniera, sono coagulo, sono raccordo – chiamatelo come vi pare, ma il concetto mi sembra assolutamente evidente – la premessa perché si possa individuare il nuovo ruolo è capire fino in fondo quali sono i nodi da sciogliere in base alle competenze del nuovo Senato.
  Sarà un pieno delinearsi di tutte le competenze e un approfondimento su tutte le questioni che in modo neutro spostano l'equilibrio costituzionale fin qui esistente che ci darà la risposta alla domanda dell'onorevole Gigli. Noi avremo la risposta da questo quesito: stante che da questo assetto di equilibrio dei poteri tra lo Stato, il governo centrale, le autonomie locali e i governi delle Regioni è sorta la necessità dell'attuale uso delle conferenze, con il nuovo equilibrio cosa residua ?
  Infatti, se il ruolo, non di raccordo, ma di funzione topica a cui assolvevano le conferenze sarà assorbito dal nuovo Senato, è chiaro che bisognerà individuare ancor meglio, quasi lo si facesse con l'evidenziatore, i punti in cui questa complementarietà dei compiti tra le autonomie locali, il governo nazionale e il Parlamento nazionale richiede un momento ulteriore di contatto. Quello sarà esattamente il ruolo delle conferenze.
  Non mi viene da dire «lo scopriremo solo vivendo», perché il legislatore lo deve scoprire prima, ma credo che sia ancora necessario qualche ulteriore approfondimento per individuare esattamente qual è il compito.
  L'onorevole Gigli chiede un'altra cosa: una volta individuato questo compito, lo affidiamo alla prassi, che farà emergere i punti in cui si necessita dell'intervento delle conferenze, oppure legiferiamo in materia, provando a codificare quanto è necessario che le conferenze medesime abbiano come oggetto della loro azione ?
  Anche questo, a mio avviso, dipende dalla qualità e dalla quantità della materia: se la qualità e la quantità della materia, sul piano del pregio e del rango e sul piano della sua vastità, giustificheranno una legislazione, sebbene di dettaglio, in riferimento a questo, lo si farà. Altrimenti, potrà essere individuata una forma differente.
  Questa ovviamente è la mia opinione. Io suppongo che tutto il periodo che ci separa da qui alla fine della legislatura su questa materia andrà utilizzato, anche in connessione con la validazione definitiva che darà il popolo a questa riforma attraverso il referendum, per completare il disegno che, come la Costituzione repubblicana e le successive modifiche ci hanno insegnato, non si compie e non si conclude con il passaggio parlamentare, ma con tutta una normativa che discende dal nuovo assetto della Costituzione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, per la sua relazione e per il suo intervento.
  Ricordo che l'indagine conoscitiva proseguirà con l'audizione del Sottosegretario per gli affari regionali e le autonomie, Gianclaudio Bressa, nella seduta di giovedì 4 febbraio alle ore 8,00 e che mercoledì prossimo 27 gennaio alle ore 14,00 avrà luogo il seminario sul documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sugli statuti speciali presso la Sala della Regina a Montecitorio.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.40.