XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi

Resoconto stenografico



Seduta n. 46 di Martedì 4 novembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Variazione nella composizione della Commissione:
Fico Roberto , Presidente ... 3 

Audizione del direttore di Rainews24, Monica Maggioni:
Fico Roberto , Presidente ... 3 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 3 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 6 
Margiotta Salvatore  ... 7 
Pisicchio Pino (Misto)  ... 8 
Airola Alberto  ... 8 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 9 
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido (PD)  ... 10 
Fico Roberto , Presidente ... 10 
Lainati Giorgio (FI-PdL)  ... 10 
Fratoianni Nicola (SEL)  ... 10 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 11 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 11 
Fico Roberto , Presidente ... 13 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 13 
Fico Roberto , Presidente ... 13 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 13 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 13 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 13 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 13 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 13 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 14 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 14 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 14 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 14 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 14 
Liuzzi Mirella (M5S)  ... 14 
Margiotta Salvatore  ... 14 
Fico Roberto , Presidente ... 14 
Liuzzi Mirella (M5S)  ... 14 
Bonaiuti Paolo  ... 14 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 15 
Airola Alberto  ... 16 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 16 
Airola Alberto  ... 16 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 16 
Airola Alberto  ... 16 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 16 
Airola Alberto  ... 16 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 16 
Airola Alberto  ... 17 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 17 
Fico Roberto , Presidente ... 17 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 17 
Airola Alberto  ... 17 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 17 
Bonaiuti Paolo  ... 18 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 18 
Fico Roberto , Presidente ... 20 
Airola Alberto  ... 20 
Rossi Maurizio  ... 20 
Fico Roberto , Presidente ... 21 
Rossi Maurizio  ... 21 
Anzaldi Michele (PD)  ... 21 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 21 
Rossi Maurizio  ... 21 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 21 
Rossi Maurizio  ... 21 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 21 
Fico Roberto , Presidente ... 21 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 21 
Fico Roberto , Presidente ... 21 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 21 
Rampelli Fabio (FdI-AN)  ... 22 
Maggioni Monica , direttore di Rainews24 ... 22 
Fico Roberto , Presidente ... 22

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

  La seduta comincia alle 12.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Variazione nella composizione della Commissione.

  PRESIDENTE. Comunico che in data 3 novembre 2014 la Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione il deputato Nicola Fratoianni, in sostituzione della deputata Silvia Velo, entrata a far parte del Governo. Nell'esprimere il mio personale ringraziamento, anche a nome degli altri componenti della Commissione, alla deputata Velo per il suo contributo alla nostra attività, do il benvenuto, con l'augurio di buon lavoro, al collega Fratoianni.

Audizione del direttore di Rainews24, Monica Maggioni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore di Rainews24, Monica Maggioni, che ringrazio, anche a nome dei colleghi, per aver accolto l'invito della Commissione.
  La dottoressa Maggioni riferirà sullo schema di regolamento predisposto dall'AGCOM in materia di tutela del pluralismo e di comunicazione politica e parità di accesso ai mezzi di informazione nei periodi non elettorali.
  La Commissione è, inoltre, interessata a conoscere le valutazioni del direttore sul progetto di riposizionamento dell'offerta informativa della Rai nel nuovo mercato digitale elaborato dal direttore generale e illustrato alla Commissione nella seduta dello scorso 23 settembre.
  Do, quindi, la parola alla dottoressa Maggioni, con riserva per me e per i colleghi di rivolgerle, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimenti.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Onorevole presidente, onorevoli deputati e senatori, innanzitutto voglio ringraziarvi per questa opportunità di confronto, che ritengo fondamentale. Avete chiamato me e, prima di me, tutti i colleghi direttori dei telegiornali per discutere di pluralismo nel periodo non elettorale. È persino ovvio affermare – l'hanno fatto gli altri e lo ribadisco anch'io – che il pluralismo è e deve rimanere elemento fondante dell'informazione di servizio pubblico. Il pluralismo è innanzitutto rappresentazione di tutte le componenti della società, delle diverse anime di un Paese e delle sue diverse istanze. Il pluralismo, anche quando declinato in chiave politica, non è e non può ridursi a mera par condicio come da noi intesa nell'accezione di regolamentazione di spazio e tempo di parola in campagna elettorale. Prima di me i miei colleghi direttori Pag. 4hanno già evidenziato, e io concordo totalmente con loro, l'insensatezza dell'ipotesi di estensione di questa norma al quotidiano racconto della vita politica: questo è impensabile. Non sottolineerò, dunque, ancora una volta le storture che una misurazione puramente quantitativa dello spazio di parola produce. Mi limiterò a chiedere che la questione della pari opportunità di accesso ai mezzi di informazione tenga conto di fattori qualitativi, il che vale – dirò di più – anche per la campagna elettorale. Per me, quindi, il dibattito è assolutamente ribaltato: mi chiedo, cioè, se in campagna elettorale sia sufficiente continuare a tenere il cronometro in mano per determinare che ci sia stata equità di trattamento e di accesso ai mezzi di informazione del servizio pubblico. In ultima istanza, tutto questo deve rimandare alla responsabilità dei direttori e al rapporto col pubblico.
  Per venire alla mia esperienza quotidiana, vi garantisco che il rispetto cronometrico della par condicio su un canale che va in onda ventiquattro ore su ventiquattro si configura praticamente come un incubo: abbiamo cercato di mantenerlo in tutta la campagna elettorale, ma è stato veramente molto complesso. Quello che, invece, può e deve essere garantito in modo sistematico è un racconto plurale e inclusivo, aperto a tutte le voci e a tutte le anime del sistema politico e dunque della composita società italiana. Noi scegliamo di farlo ogni giorno in questo modo su Rainews, avendo deciso di privilegiare un racconto in diretta che eviti il classico pastone politico, ma segua la giornata politica nel suo svolgersi. Si tratta di un racconto spesso fatto di angoli, di singoli quadri, che poi arriva a una composizione, a una sintesi, solo la sera.
  Io temo, peraltro, che in futuro questo tipo di norme dovrà forse essere ripensato mettendo più seriamente in campo – come dicevo – l'elemento della responsabilità editoriale. È sufficiente capire quanto difficile possa essere misurare la par condicio sul web. Eppure è un dato di fatto che, proprio attraverso il web e i siti, sempre più italiani formano la propria opinione, anche quella politica. Mi chiedo quanto dovremo andare avanti a dibattere in modo miope, senza prendere in considerazione che c’è un'evoluzione in atto. Per esempio, quanto valgono le nostre misurazioni quando io ascolto i discorsi sul telefonino, in una giornata frantumata e nel momento in cui l'accesso all'informazione in generale e quindi anche a quella politica avviene attraverso modalità, mezzi e piattaforme che sono totalmente fuori da questo tipo di valutazione ? È chiaro che ci sono fattori diversi che bisognerà iniziare a prendere in considerazione e sui quali forse varrà la pena di fare un ragionamento tutti insieme.
  La responsabilità dei singoli giornalisti e quella dei direttori diventa ancora più importante, se possibile. Se oggi ha un senso – e per me lo ha, e molto – parlare ancora di servizio pubblico, occorre necessariamente chiamare in campo un luogo dell'informazione in cui il pluralismo e soprattutto l’accountability (che può significare affidabilità, ma è molto di più) siano, a questo punto, sempre più al centro. Questa è forse l'unica vera natura che si salvi del servizio pubblico, in una situazione in cui i mezzi di informazione sono totalmente – e lo saranno sempre di più – polverizzati. Anche se i dati ci dicono che la televisione al momento è ancora salda al centro, dobbiamo essere pronti a capire che quello che succede è dietro l'angolo e non necessariamente ha la televisione al centro della propria fruizione.
  Fare servizio pubblico per me significa, al di là del discorso del conteggio dei tempi, investire risorse per sentire che cosa pensano le persone che non corrispondono al «lo dicono tutti». Da una parte c’è l'essere mainstream, certo, ossia dire sempre quello che è centrale, ma si deve anche essere in grado di andare a cercare le storie nascoste, quei pezzi di Paese che non si raccontano normalmente, e illuminare le periferie del mondo. Ovviamente, il copyright – l'avete capito benissimo – non è il mio, ma il senso era chiaro. Fuor di retorica, a me piacerebbe davvero che la Rai tornasse al centro della Pag. 5conversazione degli italiani, perché, che piaccia o no, la Rai è ancora, e per me deve continuare a esserlo, una componente fondante di questo Paese e anche di quello che questo Paese potrebbe essere. Per questo motivo mi sento di dirvi che Rainews oggi è un luogo in cui essere plurali e che il pluralismo è parte integrante del mandato editoriale, non solo rispetto all'Italia o, peggio ancora, al dibattito italiano, ma rispetto al mondo.
  A dispetto della vulgata, vorrei dirvi che un canale all news ha una visione editoriale, una linea editoriale, che è quella che vi ho appena descritto: è la linea editoriale del mettere al centro le notizie che vale la pena pubblicare. Noi teniamo la testatina del New York Times con tutto quello che vale la pena di pubblicare al centro della nostra visione, ma vogliamo anche raccontare il mondo in un modo molto più ampio di quanto ormai si faccia d'abitudine sui media italiani. Questa è – ne converrete con me – una scelta piuttosto in controtendenza. Soprattutto, la nostra linea editoriale è quella che tiene conto della complessità. C’è uno sforzo preciso, di fronte a ogni fatto, a ogni evento che accade, di non avere una visione in bianco o in nero, ma di introdurre elementi di complessità e di riflessione, chiavi di lettura che possano dare una mano alle persone a farsi magari qualche domanda in più. Certo, magari possono dare loro qualche certezza in meno, ma possono aiutarle a farsi qualche domanda in più.
  Rainews oggi è uno di quei casi in cui la Rai guarda avanti e si richiama ai modelli internazionali, vivendo immersa nell'era digitale. Stiamo cercando ogni giorno di far convergere il nostro racconto sulle diverse piattaforme. È un cammino cominciato da troppo poco tempo, ma che sta già dando i suoi frutti grazie al lavoro di una redazione – lasciatemelo dire – che non si risparmia mai. Molti di loro voi li vedete ogni ora, ogni giorno, alla ricerca di opinioni, di notizie e di chiavi di lettura e di racconto. È una redazione che lavora moltissimo. È un cammino cominciato quindi da troppo poco tempo, ma che ha avuto grande collaborazione da parte di tutti i settori dell'azienda, dalla produzione all'ingegneria. La Rai di oggi, nonostante non riesca mai a diventare argomento di discussione all'esterno, perché è più facile attaccare, sminuire e denigrare, è comunque un'azienda – tenetene conto – che ha fatto un balzo in avanti in una manciata di mesi sul piano tecnologico e sul piano digitale. Nei corridoi della Rai di due anni fa si navigava tra le videocassette: credete a una che ci ha sempre lavorato un sacco. C'era veramente la sensazione che il gap da colmare non fosse di anni, ma molto maggiore, di decenni. Oggi, grazie ai meccanismi di digitalizzazione messi in campo e che sono stati compiuti e portati a termine, Rai è in grado di confrontarsi con il resto del mercato. Dieci anni fa sembrava veramente una follia pensare di poter arrivare a questo risultato. Ricordo le prime volte in cui trasmettevo dal deserto iracheno con una valigetta via satellite e mandavo i miei pezzi in FTP. Mi chiedevano: «Che cos’è l'FTP ?». Sembrava una cosa di là da venire. Dieci anni dopo questo è il modo in cui si trasmettono i pezzi, senza pagare centinaia o migliaia di euro ogni volta che si trasmette un pezzo via satellite secondo i modi tradizionali. Oggi queste cose in Rai sono all'ordine del giorno. Dieci anni fa erano immaginabili, ma ancora qualche anno fa lo erano. Il risultato della digitalizzazione, secondo me, ha un altro grandissimo vantaggio, che ci porta alla seconda parte cui accennavate. In realtà, non ero preparata a esprimere le mie opinioni, ma lo farò con grande piacere, su vostra sollecitazione. Secondo me, la digitalizzazione ci offre una grandissima opportunità, che è quella di ridisegnare il nostro futuro. Non l'avremmo potuto fare due anni fa senza la digitalizzazione. Avere oggi sistemi coerenti e convergenti dal punto di vista tecnologico ci offre l'opportunità di pensare a uno schema, a un modello, a una proposta organizzativa in modo assolutamente libero.
  Vi evito, invece, la descrizione puntuale di chi siamo e che cosa facciamo nella all news, anche perché spero che ogni tanto la vediate. Ribadisco che la questione centrale Pag. 6è proprio il tentativo di far convergere tutte le piattaforme. Non esito a dirvi che in questi quasi due anni ci sono stati alcuni step successivi di cambiamenti e di riaggiustamenti, ma il risultato è un prodotto che potete vedere e che è diverso da quello che fino a oggi era disponibile all'interno del panorama editoriale italiano e del servizio pubblico. Chiaramente si tratta di un passaggio, non un punto di approdo ancora oggi.
  Questo è il quadro di riferimento che volevo darvi. Sono a vostra disposizione per qualsiasi altra domanda. Vi ringrazio, fuor di retorica, per l'opportunità di incontro e di confronto, perché credo che in un momento come questo sia particolarmente importante.

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Ringrazio anch'io «la» direttore Maggioni. Mi scuso da subito se non riuscirò a rimanere fino al termine dell'audizione: Presidente, diventa sempre più complicato conciliare le sedute delle bicamerali con il lavoro delle Commissioni permanenti e questo riguarda anche gli altri colleghi, alla Camera e al Senato.
  La prima considerazione che faceva il direttore Maggioni era in riferimento al pluralismo, che è stato trattato anche in altre audizioni. Secondo me, questa riflessione, seppure renda ancora più complicato il lavoro della Commissione sulla risoluzione, ha una tale impronta che deve costringerci a un ulteriore approfondimento. Lei diceva che il pluralismo è quello che riguarda tutte le componenti della società e che, quindi, guardare al pluralismo con questa attenzione e con questa accezione, anche quando parliamo di pluralismo politico, non può consistere soltanto nel minutaggio, nel calcolo dei tempi. Me ne sto convincendo anch'io, già da prima del ciclo di audizioni. Lo dicevamo nell'ultima audizione: effettivamente conta di più un equilibrio che è necessario e che va garantito. Sono d'accordo col senatore Airola a proposito del minutaggio, ma conta di più quel minutaggio oppure la cosiddetta agenda-setting ? Non conta di più che temi entrino e rappresentino priorità all'interno della copertura informativa ? Paradossalmente, un partito magari non ha lo stesso minutaggio, ne ha un po’ di meno, ma i temi su cui si impegna e su cui farà la campagna elettorale sono i temi principali nel flusso continuo delle informazioni. Credo che questo aspetto abbia un impatto maggiore. Ragionare intorno a un concetto di pluralismo che abbia questi elementi credo debba essere un passo in avanti nella nostra riflessione.
  La seconda considerazione riguarda il fatto che la possibilità di essere informati, l'accesso all'informazione, ha ormai tantissimi strumenti, molti dei quali iniziano a essere maggioritari. Non lo sono ancora in generale, ma in alcune fasce d'età sono già oggi maggioritari. Informarsi attraverso il flusso continuo della rete e di strumenti che non sono la televisione, ma altri device, come tablet e cellulare, mi sembra di capire, per le più giovani fasce di età, sia già oggi la via maggioritaria. Questo comporta una riflessione su come venga garantito il pluralismo anche in questo ciclo continuo.
  Un'ultima riflessione riguardava il balzo in avanti in campo tecnologico, definito «impressionante». Ricordo anch'io – avveniva forse nella scorsa legislatura – la mappatura dei necessari interventi e poi le comunicazioni del direttore su quelli che erano stati compiuti. Con questo passo in avanti, con la digitalizzazione, oggi è possibile fare una riflessione anche rispetto al futuro dell'azienda e dell'informazione.
  Passiamo, quindi, al secondo punto. Anche se il relatore è il Presidente Pisicchio, mi permetto anch'io di fare una domanda. Visto che di questo progetto informazione si è parlato a lungo, le pongo una domanda che personalmente ho rivolto anche ad altri suoi colleghi perché non mi era chiara nell'illustrazione del direttore generale. Vorrei capire se, alla fine, riusciamo ad arrivare a un punto più preciso. Nella realizzazione, seppure in via intermedia, delle due newsroom c’è l'identificazione, da un lato, di TG1 e TG2 e, dall'altro, di TG3, Rainews24 e TGR. A Pag. 7prima vista, almeno a me, questa seconda newsroom non sembra del tutto omogenea. Pertanto, ho chiesto agli altri direttori se ci fosse una questione di compatibilità di piattaforme tecnologiche oppure di omogeneità dal punto di vista di linea editoriale. Vorrei sapere in merito anche l'opinione del direttore di Rainews.

  SALVATORE MARGIOTTA. Innanzitutto mi scuso per essere arrivato tardi, ma anch'io sono stato contemporaneamente impegnato in altre attività. Abbiamo in corso le Commissioni riunite sul decreto Sblocca Italia. Mi rifarò con la lettura dei resoconti, perché, da quello che ho ascoltato dai colleghi, la sua relazione è stata di grande interesse, cosa che non mi stupisce. Apprezzo il lavoro che lei svolge quotidianamente, ragion per cui immagino che avrà avuto modo di essere anche molto interessante e chiara nei temi che avrà affrontato.
  A proposito di pluralismo, mi ha molto colpito un'affermazione del direttore generale nella prima audizione, interessante, anche se complessa da mettere in pratica, concernente alcune polemiche che sono sorte tra i giornalisti Rai – in particolare credo ci si riferisse al CDR della testata del TG3 – i quali sostenevano che questo accorpamento avrebbe potuto – in realtà, è una domanda a cavallo tra i due temi – produrre una mancanza di pluralismo perché non vi sarebbero poi più state le stesse voci plurali. Il direttore generale, secondo me giustamente, diceva che il pluralismo deve essere garantito dall'obiettività del giornalista e non dalla divisione di forze, per cui ognuno ha la sua voce e alla fine si è plurali per questo. Credo che ciò valga tanto più per Rainews, che è un unicum, mentre le altre tre – se ragioniamo sullo stato di fatto attuale – sono testate giornalistiche più o meno equivalenti. Rainews è l'unica che sta ventiquattro ore su ventiquattro sulla notizia. Credo quindi che tocchi davvero ai giornalisti garantire il pluralismo e, per quanto mi riguarda, penso che Rainews faccia egregiamente questo lavoro.
  Sulla questione par condicio e minutaggio dico come la penso, in maniera anche molto brutale: è tempo di mettere mano alla par condicio, nata in un momento particolare della nostra vita politica. Ovviamente, si può mettere mano alla par condicio solo se si ragiona anche sul conflitto di interessi, ma anche quei trenta giorni di campagna elettorale determinano molto spesso situazioni grottesche, per cui Renzi non può andare alla partita di calcio altrimenti si vìola la par condicio. Un dirigente una volta mi ha addirittura raccontato che in occasione del funerale del papà di un personaggio politico candidato alle elezioni i giornalisti avrebbero dovuto trasmettere le immagini senza riprenderlo.
  In sostanza, si arriva a paradossi e a situazioni grottesche. Se persino durante quel periodo, secondo me, la par condicio va rivista, immaginiamoci in condizioni normali. Sarò tra coloro che proveranno a dire che regolare la questione in momenti non elettorali è veramente complicato, anche perché il giornalista sta dove c’è la notizia. Non può, alla fine della giornata, fare il conto di quanti minuti abbia dedicato alle diverse forze politiche, se alcune forze politiche quel giorno hanno fatto notizia e altre no. È ovvio, ci vogliono sempre il buonsenso e naturalmente la capacità di non far scomparire alcune forze politiche. Qui ce ne sono alcune che protestano molto e che credo lo faranno anche oggi: il collega Rampelli pone sempre questo tema.
  Passo alla terza questione e chiudo. L'ha già detto il collega Peluffo ed è un tema che abbiamo posto a tutti, ricevendo risposte insoddisfacenti da tutti. Per la verità, aggiungo un'altra questione rispetto a quelle poste da Peluffo. Una è ricalcata su quello che ha detto lui: perché TGR con Rainews e TG1 e TG2 con Rai Parlamento ? C’è un motivo, oppure è stata una scelta più o meno casuale ? Sono convinto che un motivo ci sia, ma mi ha molto stupito che tutti i direttori che abbiamo sin qui ascoltato, compreso il direttore generale, sulla vicenda siano stati un po’ evasivi.Pag. 8
  Inoltre, l'altra cosa che ci ha molto incuriosito a monte è perché, a questo punto, non portare all'esasperazione il processo e fare una unica newsroom, anziché due. Visto che, se pregio c’è in questo piano, è quello della semplificazione, perché non percorrere fino in fondo questa autostrada della semplificazione e arrivare direttamente al risultato finale ? Ci è stato detto che si tratta di un momento intermedio, ma anche su questo vorrei ascoltare la sua opinione.

  PINO PISICCHIO. Buon pomeriggio, direttora. Il termine non piace al collega, ma «direttrice» sembra una parola scolastica e, quindi, la eviterei. Dottoressa Maggioni, buon pomeriggio. Sarò molto breve, perché i colleghi hanno sviluppato argomenti in modo da me condiviso. Peraltro, ho ascoltato – e la ringrazio delle parole molto chiare che ha avuto – la sua comunicazione e riflettevo su un dato.
  Parliamo della par condicio. A volte non si rammenta che l'espressione par condicio viene estratta dalla nomenclatura linguistica leguleia, con riferimento alla par condicio creditorum. Ci è rimasta questa espressione. I creditori in questo caso sarebbero, nell'antica impostazione, i partiti, ma in realtà non è così e non può andare così. Condivido le sue sottolineature relative a una valutazione complessiva dell'andamento delle informazioni nell'ambito della rete, come condivido lo spunto – lo condivido particolarmente – che offriva l'onorevole Peluffo con riferimento all'attenzione alla qualità e all'importanza delle notizie, piuttosto che alla sfilata tralatizia, francamente poco eccitante, di tante facce per riempire il tempo. Il punto, però, è intendersi anche sulla tassonomia della qualità, cioè andarla a classificare, perché anche questo diventa complicato. Diciamo la verità: la valutazione può essere compiuta sui tempi medi e sui tempi lunghi. Non può avere senso il consumarsi fuori soprattutto dai tempi elettorali, dai tempi canonici, dove più o meno la questione si risolve con minore danno. Forse bisognerebbe attrezzarsi per una valutazione larga, su tempi larghi, ma la fattura di questa argomentazione sarà ben organizzata dal collega Peluffo. Questo potrebbe essere uno degli argomenti interessanti da includere nella nostra valutazione finale. Rispetto a questo, sulla valutazione larga e sui tempi vorrei sentire anche la sua opinione, dottoressa Maggioni.
  Svolgo la seconda considerazione e completo l'intervento. Anch'io sono molto interessato a capire come lei valuti il piano di riordino dell'informazione, con riferimento naturalmente ai percorsi anche di compatibilità tecnica che sono stati già evocati dai colleghi. Più semplicemente, mi permetto di domandarle: lei questo Piano come lo vede ? Da giornalista di grande e significativa esperienza, come lo valuta ? Funziona ? Può funzionare, può cambiare in modo tale da continuare a garantire alla Rai quella fondamentale attenzione che le viene riservata in Europa – è unica con quei livelli di share, che raggiungono per l'informazione il 40 per cento – oppure rischia di parcellizzare, di disperdere e forse anche di favorire la concorrenza ?

  ALBERTO AIROLA. Grazie, dottoressa Maggioni, di essere qui.
  Esprimo i dubbi che hanno espresso i miei colleghi e che ho manifestato personalmente anche agli altri direttori che sono venuti in audizione. Concordo che la misura del cronometro, come è stata chiamata, sia una misura estrema che cerca di regolamentare una situazione ormai degenerata. È chiaro che occorrerebbe una deontologia, un'etica professionale. Bisognerebbe puntare su quella. Il problema è che in Italia abbiamo un'informazione pubblica e un'informazione privata, il che è un'anomalia per il resto del mondo. Abbiamo avuto un partito che ha posseduto tre televisioni per vent'anni e adesso ci ritroviamo in un'altra situazione, in cui una governance che era pensata per rispondere a un dato tipo di spartizione politica non corrisponde più né al percorso in cui ipoteticamente si vuol portare oggi l'informazione, ossia il piano Gubitosi, né alla nuova compagine politica. Questa è un'osservazione che ho fatto più volte e mi Pag. 9è stato anche detto che volevo lottizzare. Non è vero, questo è un dato di fatto.
  Ritengo che il suo telegiornale sia fazioso e che più volte sia incorso in sovraesposizioni, specialmente del Presidente del Consiglio, ma non voglio parlare di questo adesso. Proprio in virtù dell'informazione e dell'obiettività, potremmo parlare per ore di un banner in cui viene espressa una frase e non un'altra e trovare poi quale sia il vero punto di equilibrio di un'informazione, ma richiederebbe un dibattito troppo lungo. Adesso mi vorrei chiedere più che altro, e vorrei chiederlo a lei, qual è il percorso che vogliamo fare, considerato che ritengo che quello dell’all news sia un settore molto particolare. Sicuramente potrebbe essere il sistema che meglio può traghettare l'informazione da un'informazione televisiva a un'informazione multipiattaforma, come lei l'ha definita, a fronte di investimenti ingenti che la sua testata ha ricevuto. Mi sembra, a grandi linee, che si tratti di 37,5 milioni nel semestre 2013, almeno nel piano di Gubitosi, ma me lo può confermare lei, e di circa una settantina di milioni di euro nel 2014.
  Abbiamo una multipiattaforma, sia Internet, sia televisiva, che ha performance molto basse. Ho con me alcuni dati. Per esempio, rispetto a un paragone, forse improprio – per carità – con Sky TG24, che ha circa 5 milioni di abbonati, in confronto al bacino di 17 milioni di abbonati Rai, più ovviamente tutti gli altri che potenzialmente possono guardarlo, Rainews ha delle medie piuttosto basse: 0,2 è la media di fascia (sono dati del 2 novembre) su Sky TG24 e 0,391 è la media di Rainews. Sono dati a disposizione. Lo dico anche relativamente al numero di risorse che sono state investite su Rainews.
  Lei diceva bene e giustamente della convergenza delle piattaforme. Su questo sono d'accordo: la Rai dovrebbe essere veramente la traghettatrice del popolo italiano verso un nuovo modo di gestire l'informazione, soprattutto di quella fetta che non ha accesso direttamente e che non ha la competenza per avere accesso all'informazione digitale. Vediamo, però, sul sito dell'Alexa, tra i ranking dei siti, che il sito TG24.Sky.it è 46o in Italia, mentre il sito di Rainews è 298o e il sito rai.it è 80o. In questo senso c’è da fare del lavoro, evidentemente. So che sono state unificate tutte le testate di TG in Rainews, ragion per cui il TG1 ha dovuto rinunciare al suo spazio web, come il TG2. Giustamente, può essere una scelta condivisibile, però perché poi castigare o mettersi in condizioni in cui rai.it è 80o e Rainews 298o ? Mi sembra che sia un'operazione che si può migliorare. Lo stesso vale anche per la competizione con altri canali all news.
  Aggiungo un'ultima considerazione. L’all news ha la peculiarità di essere un flusso continuo, che tende anche, se vogliamo, a diventare ripetitivo e ridondante. In questo senso forse rischia di perdere audience, perché, se io vedo la stessa notizia in flusso continuo, me ne stanco. Una cosa che ci è stata fatta notare e che, secondo me, potrebbe dare un grosso aiuto a Rainews è un ripristino – lei ha detto giustamente che ha una sua linea editoriale che tiene conto delle complessità e che vuole rifletterla – dell'approfondimento. A me sembra che da Rainews sia un po’ sparito, in particolare, ma non voglio fare impropri paragoni con la gestione precedente, negli ultimi tempi l'approfondimento dai nove ai quindici minuti.

  GIORGIO LAINATI. Gentile Presidente, mi consenta di fare una rapida premessa, in assenza del capogruppo del mio partito. Probabilmente se fosse stato qui, avrebbe testimoniato lui quanto sto per dirle a nome suo. Il senatore Gasparri si rammarica molto di non essere presente, ma l'anticipazione dell'audizione del direttore l'ha molto sorpreso e, avendo lui già una riunione molto importante in Senato, è molto dispiaciuto che ci sia stata questa anticipazione senza previa sua consultazione. Le testimonio questo suo disappunto.
  Per quanto riguarda l'incontro con la direttrice di Rainews24, mi tocca fare una rapida precisazione e un flashback, perché Forza Italia, in particolare con il direttore Pag. 10Corradino Mineo, oggi senatore dissidente del Partito democratico, ha avuto dei conflitti molto forti, giustamente. Per questo non ho ben capito le critiche del senatore Airola all'attuale direzione, ma tant’è.
  Perché dico «giustamente» ? A parte il fatto che Corradino Mineo ha fatto una direzione militante contro l'allora Centrodestra guidato da Berlusconi e quindi noi l'abbiamo molto contrastato, debbo dire che ha anche un po’ abbassato, a mio avviso, la qualità del canale. Ricordo queste simpatiche due o tre ore della mattina con il non modernissimo Mineo che sfogliava tutti i giornali, mettendo in enorme difficoltà il cameraman che doveva inquadrare i pezzi, sebbene vi fossero già allora touch screen e strumenti più moderni.
  Al di là di questa critica, che può sembrare banale, la linea politica della direzione Mineo noi l'abbiamo contrastata duramente. Nel corso della campagna elettorale – qui c’è il senatore Bonaiuti, che lo potrebbe testimoniare...

  VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Vorrei si richiamasse il presidente Lainati all'oggetto.

  PRESIDENTE. Il collega Lainati ha chiesto di fare una premessa. Conosciamo le premesse di Lainati.

  GIORGIO LAINATI. Ci sono stati momenti di contrapposizione tra la dottoressa e il presidente Berlusconi durante la campagna elettorale, ma tutto questo appartiene alla cronaca della politica televisiva.
  Per quanto riguarda l'introduzione della dottoressa, sinceramente io l'ho trovata assolutamente perfetta. Il quadro che lei ha fatto è totalmente condivisibile. Non trovo affatto che ci sia una sovraesposizione del Presidente del Consiglio, essendo lui il Presidente del Consiglio. Visto che è una persona molto giovane e dinamica, fa molte cose ed è giusto che una all news, sia essa pubblica o privata, ne dia testimonianza ai telespettatori. Da questo punto di vista io, anche da giornalista, ho questo convincimento e ho quindi opinioni diverse da quelle di altri.
  Per quanto riguarda le domande che hanno posto i miei colleghi, in particolare il presidente Pisicchio, impegnato in quest'opera impossibile di trovare una sintesi sulle scelte del riordino dei giornalisti e dell'assetto della programmazione giornalistica della Rai, anch'io vorrei capire da lei quale sia la sua opinione su questo progetto delle newsroom, che, più passano i giorni, più passano i mesi, prende sempre più una prospettiva di realizzazione assai complessa. Adesso il senatore Airola ha citato cifre su investimenti che riguardano il suo canale. Sinceramente non sono al corrente di queste scelte economiche e finanziarie, però, a suo avviso, poiché è stata annunciata dal direttore generale la possibilità di arrivare a dei risparmi, nel caso di realizzazione del progetto delle newsroom, è veramente così ? Che tipi di investimenti sono ?
  Ci furono molte polemiche, Presidente Fico, quando era direttore l'attuale senatore Mineo, il quale si lamentava soprattutto qui perché non aveva le tecnologie, perché, quando c'era un evento di cronaca arrivava prima, «brutalizzando» la notizia, Sky, con mezzi – lui sosteneva – più rapidi e moderni. Trattandosi di una all news, la questione diventava di una certa delicatezza. Tutto questo sforzo economico-finanziario come si può coniugare con le esigenze di una all news che, giustamente, dovrebbe dare ai teleutenti, in particolare a quelli del servizio pubblico, le notizie che sono in essere sullo scenario nazionale e internazionale ?

  NICOLA FRATOIANNI. Buongiorno a tutti e grazie per il benvenuto. Buongiorno al direttore. Intervengo molto rapidamente, anche perché i colleghi che sono intervenuti in precedenza, in particolare il senatore Airola, hanno posto alcune questioni che anch'io avrei posto. Anch'io ho informazioni simili. In particolare, sul tema degli ascolti, in presenza di quello che a me risulta essere un rafforzamento nel finanziamento e anche negli organici, c’è qualche elemento di criticità ? Naturalmente, Pag. 11lo chiedo per capire perché succeda, non per determinare un atto d'accusa a prescindere.
  Lo stesso vale per le altre questioni, compreso il tema del sito Internet, a proposito di multipiattaforma. Anche su quel tema mi pare di poter dire che ci sia forse qualche risultato sul sito unico al di sotto di quello che ci si aspettava al netto degli investimenti e dello sforzo che giustamente è stato prodotto. Su questo, però, si è già diffuso il senatore Airola. Io mi limito a sottoscrivere le questioni e mi aggiungo nella richiesta di un chiarimento.
  C’è solo una questione su cui invece vorrei tornare e che riguarda il tema del pluralismo, non tanto per fare l'elenco del minutaggio. Certamente questo non è la soluzione, sono d'accordo con lei, ma non è neanche una questione che può essere del tutto non considerata.
  Oggi siamo in presenza – si tratta di un dato generale che non riguarda soltanto Rainews – di una sovraesposizione significativa del Presidente del Consiglio, del Governo e del principale partito di maggioranza e di una sottoesposizione significativa di altre forze. Non mi riferisco alla mia, che è una piccola forza, e che pure è sottoesposta. Ci sono forze ben più rilevanti della mia all'opposizione che sono largamente sottoesposte. A me pare un problema generale. Forse, oltre che di tentare di fornire una risposta nella definizione di altri meccanismi che hanno a che fare con la qualità – tema, peraltro, molto scivoloso; l'ha accennato Pisicchio e io sono d'accordo: definire la qualità è un tema delicato, su cui bisogna andare molto di fino – si tratta forse anche di discutere di come funziona l'informazione pubblica in questo Paese.
  A me pare che forse lo spazio dedicato alla politica quotidiana e alle dichiarazioni sia un po’ troppo grande. Riprendo una delle questioni cui accennava il senatore Airola, un'altra delle questioni che vorrei anch'io discutere. A me pare che Rainews abbia ridotto significativamente lo spazio dedicato all'inchiesta, all'approfondimento. Vorrei sapere se è vero e se c’è una ragione, perché forse aumentare lo spazio dell'inchiesta e dell'approfondimento, del racconto del Paese e dei suoi punti di vista, è, se non una soluzione definitiva, una delle chiavi per provare a ragionare di qualità e di come superare il tema del puro calcolo quantitativo. È difficile sottrarsi al calcolo qualitativo se gran parte dell'informazione è dedicata al dibattito politico quotidiano. A quel punto, diventa difficile chiedere alle singole forze politiche di non misurare il proprio tasso di rappresentanza, perché, se quello è il centro dello sforzo informativo, allora diventa inevitabile che sia anche il metro di verifica del carattere plurale delle informazioni. Dunque, sviluppare ulteriormente e intensificare il lavoro d'inchiesta, che è un lavoro molto assente dalla TV di questo Paese da tanto tempo e che invece per il servizio pubblico dovrebbe essere un tratto determinante e potrebbe essere, anche dal punto di vista del pluralismo che tanto è al centro della discussione di questa Commissione, una chiave interessante di lavoro.

  FABIO RAMPELLI. Intanto ringrazio il direttore. Esistono alcune parole asessuate, alcune definizioni, alcuni titoli. Il presidente è il «presidente», non si dice «presidentessa». Penso che sia molto meglio «direttore» che «direttora», che è cacofonico, o «direttrice», che magari evoca altro.

  PRESIDENTE. Non pensavo che questa Commissione andasse così in crisi perché abbiamo un direttore donna, come avviene normalmente negli altri paesi.

  FABIO RAMPELLI. In questa seduta se ne è parlato varie volte ed è la prima volta che eccepisco: «direttora» non si può sentire.
  Grazie non solo per essere qui e per la relazione, che purtroppo ho potuto seguire soltanto in parte per via di concomitanti impegni in altra sede, ma soprattutto per il lavoro che svolge e per la sua qualità. Ritengo che il prodotto complessivamente commentato fin qui sia obiettivamente un prodotto positivo, perfettamente in grado Pag. 12di stare sul mercato e che, per la mia personalissima opinione, ha anche fatto notevoli passi avanti rispetto al passato, anche per un'evoluzione dal punto di vista tecnologico, per nuove professionalità e sensibilità introdotte nella gestione di questa rete così delicata, eppure così importante, perché attiene anche allo sviluppo del sistema complessivo.
  Penso che sia importante ragionare, come abbiamo fatto anche con gli altri direttori di testata, sul pluralismo dell'informazione e che sia importante anche capire, come abbiamo fatto sempre anche in altre circostanze, quale possa essere lo strumento più efficace per garantire il pluralismo dell'informazione, posto che la Rai, per definizione, deve attenersi a una capacità di essere neutrale, la qual cosa non sempre è possibile.
  Mi dispiace che se ne sia andato il collega Peluffo, ma vorrei ricordare che non possiamo affidarci completamente alla professionalità dei singoli direttori o dei singoli giornalisti, per la ragione semplicissima che la governance della Rai oggi è calibrata in un determinato modo. Vi è una sorta di lottizzazione, di spartizione, di equilibrio, di distribuzione di spazi (chiamiamola come preferiamo), che a monte non sempre è garanzia di professionalità e che non libera da possibili condizionamenti, almeno di carattere politico, chi opera nel mondo dell'informazione. Non possiamo far finta di nulla. Non possiamo immaginare di parlare in un contesto completamente diverso da questo. Questo è il contesto, con questa governance, questa capacità selettiva e questa sorta di potere da parte del Parlamento e dei partiti politici di assicurarsi ben precise posizioni che vengono nominate da questa Commissione con elezioni nel consiglio di amministrazione della Rai. Bisogna partire da qui, altrimenti staremmo a discutere di aria fritta. Se questo è, va da sé che penso sia indispensabile immaginare il ricorso a regole di ingaggio. Non è un caso che nei quaranta giorni di par condicio ci siano un maggiore equilibrio e una maggiore attenzione rispetto al cosiddetto minutaggio, che – per carità – è molto mortificante anche per noi che ci troviamo a citarlo, ma è comunque un parametro. Certo, non può essere l'unico parametro possibile, ma è comunque un parametro oggettivo.
  Voglio dire, per quello che riguarda Fratelli d'Italia e Alleanza Nazionale, che la presenza su Rainews del movimento a cui appartengo e di cui sono capogruppo, ad agosto è stata dell'1,03 per cento. Parlo del tempo antenna, perché, se andiamo al tempo parola, si riduce. Abbiamo poi l'1,63 a settembre, lo 0,75 a giugno, lo 0,97 a luglio, l'1,75 a maggio, l'1,45-1,69-0,61, secondo le varie settimane, a maggio. Dal 19 aprile al 2 maggio, a cavallo tra aprile e maggio, c’è stato un lieve incremento dovuto alla par condicio e siamo arrivati al 3 per cento. Ricordo che la mia forza politica ha conseguito il 2 per cento nelle elezioni del febbraio 2013 e il 4 per cento scarso alle elezioni europee di maggio: siamo quindi assolutamente, complessivamente e direi anche incomprensibilmente sottorappresentati.
  Siamo incomprensibilmente sottorappresentati perché solitamente, quando si invoca la professionalità e si esce dai discorsi di bilancino e di minutaggio, si presta anche una qualche forma d'attenzione alle nuove forme politiche. Questo accade, e l'ho riferito più volte, in altri sistemi occidentali. Non parlo del Burundi, ma di Paesi a democrazia avanzata, nei quali viene consentita un'esposizione maggiore ai nuovi prodotti di carattere «politico», una possibilità di essere presenti, di esibirsi, di raccontarsi e di verificare se esista o meno il gradimento da parte dei cittadini. Nelle democrazie c’è anche questo fattore che dovrebbe intervenire. Quando c’è un nuovo movimento, una nuova offerta, bisogna mettere i cittadini nella condizione di conoscerla per giudicarla, promuoverla o bocciarla. C’è anche questo aspetto, che ovviamente da noi non esiste, ragion per cui siamo al di sotto della rappresentazione fin qui conseguita. Qualcuno può dire che la notizia è più importante di qualunque tipo di minutaggio.Pag. 13
  Penso che al nostro movimento, per esempio, tutto possa rimproverarsi fuorché di non saper costruire una notizia, diciamo così. Abbiamo fatto di tutto: siamo stati presenti al dibattito politico, abbiamo preso posizioni parlamentari importanti, siamo stati originali a tal punto – pensi, direttore – che, in alcuni casi, abbiamo fatto proposte che sono decisamente risultate del tutto trasparenti agli occhi del circuito mediatico. Penso, per esempio, all'inserimento della soglia di tetto alle tasse in Costituzione o all'impignorabilità della prima casa. Finché l'abbiamo detto noi, non se n’è accorto nessuno. Quando l'ha detto qualcun altro, nella fattispecie il nostro amico e concorrente Berlusconi, capo di Forza Italia, improvvisamente la notizia è esplosa. La notizia, quindi, c’è o non c’è ? Oppure c’è quando la propone qualcuno non esiste e risulta trasparente quando la propone qualcun altro ? Su questo dovremmo intenderci.
  C’è un'altra anomalia, ossia che, a fronte dei fatti narrati – e mi avvio a concludere, Presidente, non si stranisca – ce ne sono altri che sono completamente anomali. Abbiamo una percentuale di presenza sulle reti citate (anche, ahimè, su Rainews) che a volte è ampiamente sopravanzata da forze politiche che non si sono mai presentate alle elezioni o che, se si sono presentate alle elezioni più di recente, sono al di sotto della nostra forza elettorale o addirittura nascono da scissioni parlamentari o da presenze all'interno del Gruppo misto e da altre situazioni di questo tipo. Anche questo non si capisce. Pur ontologicamente comprendendo le difficoltà dell'applicazione della par condicio in epoca non elettorale o addirittura immaginando e auspicando un superamento della par condicio, il paradosso è che la par condicio, pur in misura insufficiente, perché neanche essa comunque garantisce la rappresentanza, è l'unico ombrello, l'unico scudo capace di tutelare i movimenti politici di nuova costituzione o, se preferite, le minoranze.
  Penso che si debba anche garantire un equilibrio tra Governo, maggioranza e opposizione. Questo è un altro parametro che attiene a logiche non di bilancino, ma soprattutto di confronto democratico tra le parti in campo, tra le sensibilità, prima che politiche e partitiche, culturali.
  Finisco questa parte sul pluralismo di informazione, che archivio, facendole una domanda che non c'entra nulla...

  PRESIDENTE. Si avvii davvero a concludere, collega.

  FABIO RAMPELLI. Ho concluso. Questa è un'appendice.
  Nella sala stampa della Camera mi è capitato per caso di incontrare alcuni giornalisti Rainews che a volte si avvalgono di agenzie invece che dei fornitori classici di cui si avvale la Rai. Ovviamente, sono anche forme diverse, perché i fornitori Rai immagino abbiano oneri aggiuntivi rispetto a una semplice agenzia. Oltretutto, va rilevato e premesso che la presenza della Rai è sempre molto ben nutrita. Quando sono capitato io, c'erano ben cinque troupe Rai. Vorrei capire, quindi – se lei ha una risposta da darmi, altrimenti magari formalizzo un'interrogazione e ce la vediamo con calma – come mai, in alcuni casi, Rainews debba avvalersi di un altro fornitore o agenzia. Non so chi sia.

  PRESIDENTE. C’è una richiesta di chiarimento rispetto alla sua ultima domanda. Dovrebbe essere più specifico.

  FABIO RAMPELLI. In che senso più specifico ? La ricostruzione dei fatti non è abbastanza chiara ?

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Di che tipo di agenzia parla ?

  FABIO RAMPELLI. Di un'agenzia stampa.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Un'agenzia stampa può essere l'ANSA, l'AGI, l'Adnkronos, la Reuters...

  FABIO RAMPELLI. Qualcosa di simile.

Pag. 14

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Sono fonti primarie ?

  FABIO RAMPELLI. No, parlo di operatori.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Parla di operatori, quindi di un service di ripresa ? Mi dice meglio ? Ben volentieri le rispondo.

  FABIO RAMPELLI. Facciamo così. Prendiamo questo accordo tra noi: io approfondisco...

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Se lei precisa meglio con grande piacere le rispondo, perché almeno sappiamo di che cosa stiamo parlando entrambi.

  PRESIDENTE. Il collega approfondisce e poi faremo un quesito.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Perfetto.

  MIRELLA LIUZZI. Grazie, Presidente. Grazie al direttore. Io sono un deputato, quindi non mi chiamano «deputata».
  Ho ascoltato con un certo interesse la parte che riguarda la qualità contro la quantità. In effetti, è un discorso che dovremmo approfondire, soprattutto quando si parla di qualità, anche in relazione ai programmi che ci sono sulla Rai, non solo su Rainews, ma in generale. Anche da quel punto di vista ci dovrebbe essere una spinta del servizio pubblico.
  Il mio intervento era dettato dal fatto che sono incuriosita da un'interrogazione presentata in Commissione, a prima firma del Presidente, se non sbaglio, che riguardava la sua partecipazione al Bilderberg. Più che altro mi incuriosiva la risposta che è stata fornita dalla Rai. Per questo le faccio adesso questa domanda. La Rai dice che, «ancorché la partecipazione citata sia avvenuta a titolo personale, si ritiene assolutamente legittimo che, nell'ambito della propria attività professionale – si parla, quindi, di partecipazione personale, ma nell'ambito professionale – un suo dipendente possa partecipare, se invitato, e prendere parte ad eventi organizzati».
  Vorrei ben capire qual è la divisione. Dato che questa conferenza si tiene ogni anno, non è dato sapere di che cosa si parla. Sa bene quali sono le problematiche. Non è trasparente.

  SALVATORE MARGIOTTA. L'argomento è totalmente al di fuori dell'ordine del giorno.

  PRESIDENTE. È stato collegato al pluralismo.

  MIRELLA LIUZZI. Vorrei sapere se è collegata anche al suo essere giornalista, al suo essere direttore di Rainews. Se c’è un dato tipo di correlazione, questa è l'occasione giusta per poterlo finalmente dire.

  PAOLO BONAIUTI. Ho un dubbio di tipo tecnico e strategico. Quando si parla di all news che, se ben capisco, potrebbero entrare addirittura in concorrenza o in concomitanza con il sistema di Internet e col web, a me sorgono molti dubbi.
  Sul giornale di cui lei ha citato la testata, il New York Times, ho letto qualche mese fa, mi sembra che fosse ottobre o novembre addirittura dell'anno scorso, un'inchiesta che diceva come, in realtà, il principale settore televisivo che veniva ad essere colpito dall'afflusso di notizie in linea fosse proprio quello dell’all news, perché le all news si possono aggiornare immediatamente, se c’è una notizia di altissimo rilievo. A questo punto può intervenire anche la rete generalista, che interrompe i programmi. Se hanno sparato a qualcuno, è chiaro che vada in diretta. Altrimenti aggiorna ogni mezz'ora e, non potendo aggiornare ogni mezz'ora, che cosa succede ? Succede che in pratica è la prima che si mette sul piano della velocità contro la rete, ma la rete inevitabilmente la batte. Questo, sempre secondo quell'inchiesta, avrebbe portato proprio a una riduzione nei numeri dell’audience da parte delle all news, che, del resto, riscontriamo. Avete fatto un'indagine, Pag. 15una serie di focus per capire esattamente come contrapporsi, se ci si vuole contrapporre, ovvero incanalare, se si vuole prendere il meglio da parte della rete ?

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. L'impresa più complicata sarà rendere giustizia a tutte le domande e fornire le relative risposte. Per darmi un minimo di metodo, procederei, se siete d'accordo, prima a sgombrare il campo dalle risposte specifiche su Rainews, poi ragioneremo su un quadro più ampio, ovvero della riforma del settore dell'informazione.
  Innanzitutto togliamo subito l'argomento ascolti, perché mi sembra molto sentito. Partiamo dai dati di investimento, senatore Airola. Lei mi cita dei numeri colossali, che però corrispondono con grande verosimiglianza, ma li voglio andare a verificare, ai costi industriali che vorrei vedere comparati agli altri.
  Su Rainews la portata degli investimenti dell'ultimo anno e mezzo è nell'ordine di una decina di milioni di euro, e le spiego perché. Stiamo ancora lavorando con il server che c'era all'epoca del mio predecessore – non è cambiato niente – e il costo sostanziale di cui si è parlato anche sui giornali, ossia una decina di milioni, riguarda l'aggiornamento di tutto il sistema con il quale funzioniamo, che non è stato realizzato. È stato «freezato» proprio in prospettiva, per dire «muoviamoci in una direzione coerente, quando ci sarà da fare». Quello sarebbe stato l'investimento più significativo. Sono stati rifatti degli studi a un sesto dei costi medi del rifacimento degli studi dei telegiornali generalisti.
  Lei mi parla dell'incremento di persone. Sì, qualche persona è arrivata. Io la farei parlare con i cronisti di Rainews, che lavorano mediamente molto più di quanto previsto dal contratto di lavoro. Le comunico che 105 persone fanno ventiquattr'ore di canale. Non voglio essere qui a parlare di quante altre persone ci siano, invece, in telegiornali che riproducono ogni giorno tre o quattro ore di messa in onda, a fronte delle nostre ventiquattro. Sono molto di più di 100. Siamo tanti e siamo soprattutto molto belli, ma non siamo così tanti quanto sarebbe bello credere.
  Per quanto riguarda gli investimenti dal punto di vista dei mezzi, lei pensi che la mattina della messa in onda della Concordia, in cui sembrava che stessimo facendo il «mondo a colori» – mi permetta le virgolette – avevamo fuori cinque di quei mitici zainetti. Vi spiego cosa sono: sono semplicemente meccanismi di trasmissione che usano otto SIM in parallelo. Non sono il camion con quattro specializzati, con cinque riprese, con sette persone, con le pause e tutto il resto. Quello strumento, usato bene – perché la tecnologia a noi piace se usata bene – ci offre la possibilità di avere una sovrarappresentazione dei nostri mezzi su base quotidiana. Questi sono i mezzi che ha Rainews, ma con una voglia di fare pazzesca.
  Quanto agli approfondimenti, faccio due notazioni. In primo luogo, se lei considera approfondimento una persona che è in onda per tre ore, io lo accolgo come un invito, ma non ce la faccio più a stare in onda così tanto: ci tengo troppo a preparare il lavoro per gli altri. Pertanto, se l'approfondimento è quello, not in my name: non sarò io a stare in onda tre ore al giorno. Se l'approfondimento è andare su temi poco consueti, ricordo una vostra interrogazione sull'Ucraina. Credo fosse vostra. Era l'epoca in cui noi eravamo i primi a parlare di quello che stava succedendo sul campo. Lo stesso abbiamo fatto con Gaza, lo facciamo con Israele, lo facciamo con il resto del mondo e lo facciamo sull'Italia, in tutte le situazioni possibili e immaginabili.
  All'inchiesta abbiamo un po’ cambiato forma, a tratti, perché ho scoperto che quella che veniva in modo roboante definita la «redazione inchiesta» era composta di quattro persone. Ho fatto inchieste tutta la vita, perché sono la mia grande passione. Sono d'accordissimo con lei: vorrei un canale tutto inchieste e penso che in questa riforma una delle cose che si potrebbero chiedere sia la costruzione di un vero nucleo di inchiesta all'interno del Pag. 16servizio pubblico, in grado di affrontare in modo diretto le notizie, ma con il fact checking, ossia con le verifiche, con i dati, con i numeri. Occorre fare il giornalismo e sgombrare il campo da questo giornalismo delle opinioni, ma per me l'inchiesta non è una redazione di quattro persone. Usare il nome «inchiesta» è prendere in giro le persone, perché quattro persone non possono essere una redazione di inchiesta seria. Questo non esiste in alcun angolo del pianeta. Quello che sto tentando di fare, ma, le garantisco, con grande fatica, è di coinvolgere un numero sempre più largo di persone che possano a mano a mano identificare delle idee di inchieste, anche se fanno parte di una redazione che non ha la targhetta con scritto «inchiesta», e seguire dei percorsi.
  Un'altra cosa sulla quale penso che la Rai abbia un grosso problema in questa fase è la capacità di costruire delle inchieste immersive. Qualche programma riesce a farlo, ma più tipicamente sono programmi che non lavorano con interni Rai. A me piacerebbe immaginare che quel tipo di giornalismo immersivo, che significa staccarsi per due mesi e stare all'interno di un percorso di racconto, si possa fare. Oggi lo può fare Vice. Qualcuno parla di quindici giorni. No, quindici giorni non bastano sempre. Io ho fatto un documentario e ci sono voluti quasi due anni. Occorre magari la capacità di fare altre cose in contemporanea, ma accolgo la sottolineatura, non tanto in nome dei bei tempi andati, quanto per il valore che ha la sottolineatura che lei ha fatto, perché, secondo me, al centro del percorso giornalistico ci sono veramente la capacità e il dovere di fare inchieste, riportando magari in Italia un po’ di più il meccanismo del fact checking, ossia i numeri che sostanziano le opinioni, per uscire dal solito ambito dell'indistinto, in cui la differenza tra me e lei è che io tengo per l'Inter e lei per il Milan, o viceversa: no, non può essere questa la base del giornalismo.
  Lei citava dei numeri, senatore Airola. Mi dice per favore a che giorno e a che ora si riferiscono ?

  ALBERTO AIROLA. Dovrebbe essere la fascia...

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Non mi dica «dovrebbe». Mi dica il giorno e l'ora.

  ALBERTO AIROLA. Questa è la media fascia dei dati AudiRai del 2 novembre.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Da che ora a che ora ?

  ALBERTO AIROLA. È la media fascia giornaliera.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Media fascia vuol dire «da ... a». Cosa vuol dire ? È 0,2 quando viene tipicamente valutata a 1,59 ? Parla di novembre di quest'anno ? Lei ha scelto il giorno più basso di quest'anno e non sono certa che sia la giornata intera. Prima dell'altro ieri c'era, per esempio, sabato, quando abbiamo fatto lo 0,67 versus lo 0,2. Scegliere un giorno random in un anno non è significativo. Poteva scapparle di prendere il 16 settembre, quando abbiamo seguito la Concordia e per quattro ore di mattina abbiamo fatto il 5 contro lo 0,4.

  ALBERTO AIROLA. Ho presentato un'interrogazione perché mi sembrava che aveste parlato tutto il giorno di Concordia, quando c'erano altre notizie, ma non voglio trasformare questo in un dialogo.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Lei deve fare pace: o vuole che facciamo ascolti, o ci fa le interrogazioni contro. La mattina in cui lei ci ha presentato l'interrogazione sulla Concordia noi abbiamo fatto il 5, superando La7 e Rai3. Lei non vuole che trattiamo la Concordia, ma vuole che facciamo ascolti. Li abbiamo fatti quel giorno lì.
  Poi ci sono i giorni in cui trattiamo l'Iraq, Israele e il dissesto idrogeologico, attraverso il quale stiamo viaggiando per l'Italia. Comporre ventiquattro ore su un anno non è proprio banale. Il tema è capire che cosa uno ha in mente, se uno Pag. 17ha in mente di fare servizio pubblico o se ha in mente un giorno di far felice lei e un giorno di far felice il suo collega.

  ALBERTO AIROLA. Abbiamo diversi milioni di euro investiti dai cittadini con una rendita molto bassa.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Lei alza la voce. Io le chiedo, visto che sono sua ospite, innanzitutto di non alzarmi la voce contro.

  PRESIDENTE. Ricominciamo daccapo. Prego, continui con la risposta.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Grazie, Presidente. Sui diversi milioni che sono investiti mi piacerebbe dissertare più a lungo. A quel punto verifichiamo i costi industriali di tutto quello che viene fatto all'interno del sistema informativo. Questi milioni corrispondono al dare a questo Paese una all news di servizio pubblico che non sia uguale a una all news privata, perché il servizio pubblico, per sua stessa natura, non ha e non deve avere un'agenda. Forse a qualcuno fa più comodo che l'unica all news forte in questo Paese possa essere una all news privata. Io in questo non credo. Lei ritiene questi numeri risibili. Mi dice quanto fa la BBC su media annua ?

  ALBERTO AIROLA. Me lo dica lei.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. No, me lo dica lei, perché io immagino che, nel momento in cui mi attacca, abbia i dati di riferimento.
  La BBC su media annua fa 1,1. È la più alta in Europa. La ZDF, la televisione pubblica tedesca, la cui all news fa da riferimento all'agenda politica tedesca, fa lo 0,7.
  Perché un Paese sceglie di investire comunque sull’all news ? Poi magari questo ci permette di spostarci nell'ambito del discorso sulla riforma, che mi sembra una delle ragioni sulle quali abbia senso confrontarsi. Perché l’all news ha una grandissima particolarità, quella di esserci sempre. In merito mi permetto di confutare anche quello che il senatore Bonaiuti ha detto prima. È vero che il New York Times parlava della concorrenza reciproca tra all news e Internet, ma non lo faceva risalire alla velocità, bensì al tipo di clientela che ne fruisce, perché sostanzialmente si tratta dello stesso bacino di utenza. Che cosa si può fare ? Che cosa ha fatto, per esempio, BBC all'interno del suo sistema ? Ha usato l’all news come momento di grande news gathering, ossia come momento di grande raccolta di news, per cui la cittadinanza sa che in qualsiasi momento e in qualsiasi caso avrà delle informazioni in tempo reale. Da lì si dipartono servizi, organizzazioni di inviati e strutturazioni di lavoro quotidiano che servono anche a tutti gli altri. Ho avuto l'enorme privilegio di essere invitata, due settimane fa – non perché, come qualcuno ha detto, mi ci ha inviato la Rai; sono stata invitata – dalla BBC, insieme all'EBU, con un gruppo di 12 direttori delle news europee per discutere del futuro della nostra professione. Come potete immaginare, già che c'ero, ho cercato di vedere un po’ più in dettaglio come fanno loro, altrimenti ho la sensazione che tutte le volte continuiamo a invocare il modello BBC, ma poi non lo centriamo fino in fondo e non capiamo fino in fondo che cosa comporti. Questo loro news gathering in realtà produce da una parte l’all news, che c’è, ed è quell'1.1 che ha come mission di fondo di esserci per i cittadini. Dopodiché, su che cosa mettono un'attenzione incredibile ? Lo dicevo prima: sull’accountability, sul fatto di essere servizio pubblico, di essere affidabili.
  Le cito, perché è un dato uscito all'inizio dell'anno, un report fatto dalla Demos di Diamanti, in cui si dice esservi una sfiducia globale dei cittadini verso i tradizionali media, verso il modo tradizionale di porre le informazioni. Gli unici due telegiornali con il segno più sono Sky, con più 1.7, e Rainews, con più 5.4. Questo tipo di delta, questo tipo di gap indica che comunque le persone sanno che lì trovano l'informazione. È chiaro che pensare che Pag. 18sulle ventiquattro ore si possano raggiungere i numeri dei generalisti non sia l'obiettivo.
  Larry King, una persona in grado di modificare l'agenda politica americana, è un signore che faceva – da un anno e mezzo non conduce più la trasmissione – 650.000 ascoltatori, ma l'impatto che ha sulla società americana è determinante. Questo è il tema.
  Gli investimenti sono stati fatti ? Sì. È vero, abbiamo avuto una serie di cose in più, ma niente che abbia una proporzione neanche vaga con quello che diceva lei. Abbiamo cercato di ottimizzarli per dare questo racconto il più ampio possibile, questo sì, e questo su Rainews. Spero di non aver dimenticato nulla sulla questione Rainews.

  PAOLO BONAIUTI. Perché non lo spostate più avanti sul digitale ?

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Se lei è d'accordo, io sul telecomando lo metterei anche sul 5 domani mattina. Lei ha perfettamente ragione. Si cita la platea Sky. Chi di voi ha Sky sa che, quando l'utente accende Sky, va sul 100. Prima vede l’all news e poi va altrove. Quel primo contatto è un contatto misurato. È un discorso molto articolato quello delle numerazioni e comunque non è quella la base stessa per la quale abbia un senso mantenere l’all news: occorre renderlo il più possibile ricco e soprattutto affidabile.
  Prima di arrivare, ma ci sono arrivata in modo laterale, alla questione della riforma, le rispondo sulla questione Bilderberg. Ci sono andata come persona, autonomamente, ho preso dei giorni di ferie, mi sono pagata il viaggio, mi sono pagata l'albergo. C'era scritto, però, di fianco al mio nome «direttore Rainews». Non ci potevamo scrivere «NASA», perché continuo a lavorare a Rainews. Ho svolto tutta la mia professione giornalistica sul piano internazionale, ragion per cui è assolutamente ovvio che, nel momento in cui si organizzano i Bilderberg e si scelgono alcune persone che staranno in una stanza sia uscito anche il mio nome. La segretezza è legata soprattutto al «chi ha detto che cosa», non ai temi in agenda, perché i temi in agenda ci sono. Quanto al «chi ha detto che cosa», sappiamo tutti che esistono le regole di Chatham House, regole che non ha certo stabilito il Club Bilderberg, che garantiscono alle persone di confrontarsi in una stanza con la certezza di non vedersi pubblicato due minuti dopo quello che hanno detto. Da giornalista, questo è un invito che uno, ovviamente, accetta, perché vuole andare, vedere, sentire e capire. È un tentativo di capire in più, non certo la partecipazione ad alcunché, tantomeno a qualsiasi tipo di complotto. Dopodiché, se c’è un profilo legislativo o legale sul fatto di partecipare al Bilderberg, a quel punto se ne occupino altre autorità, ma non esiste.
  Quanto alla questione della riforma, in premessa non è una riforma che ho scritto io. Non è mia. Come premessa dunque dico: non è quello che forse avrei pensato io. Quando l'ho vista, che cosa ho pensato ? Ho pensato una primissima cosa: ci si muove, e il fatto di muoversi è una questione fondamentale in questo momento per la Rai. Il fatto di uscire dall'immobilismo è fondamentale. In questo momento stare fermi significa decidere di avere una Rai sempre più residuale, una Rai che utilizza le risorse dei cittadini per farsi concorrenza all'interno, perché avere in questo momento quattro strutture che producono news in modo concorrenziale e non coordinato significa avere concorrenza all'interno.
  La questione del pluralismo è fondamentale. Ho fatto questo passaggio in BBC, che noi citiamo sempre, dove di newsroom ce n’è addirittura una, ma rimangono i marchi e le autonomie editoriali di tutti coloro che afferiscono a questa news. Ciò significa che è l'autorevolezza editoriale di chi è dentro il grande sistema che determina il pluralismo e la capacità di fornire dei prodotti che non devono in alcuna misura perdere la loro forza di prodotto, il loro marchio. TG1, TG2 e TG3 oggi sono un elemento chiave di riconoscibilità per gli italiani e devono rimanere come tali, perché all'esterno non Pag. 19deve uscire una differenza. Forse deve uscire un miglioramento, quello sì. Dove bisogna andare a lavorare è nella razionalizzazione dei flussi, delle risorse.
  Perché avere due newsroom ? È quello che ho pensato quando ho letto questa proposta di riforma. In realtà cercare di fare un salto in un colpo solo non è immaginabile. La stessa BBC ci ha messo sei anni per arrivare da un sistema concorrenziale al suo interno a un sistema che non lo fosse, o che lo fosse di meno. Siamo stati immobili per trent'anni, di questo si tratta. Immaginare in un colpo solo di arrivare alla newsroom unica non mi sembra una cosa fattibile. Ho, invece, un grande sospetto, ossia che dire che abbiamo in mente una riforma migliore, che parte da un'altra direzione, globale, caschi un po’ in un certo ambito. La settimana scorsa c'era un pezzo molto carino che ha scritto Francesco Piccolo sul Corriere della Sera. Parlava del fatto che le riforme, forse per loro stessa natura, sono imperfette o comunque che sognare la riforma migliore di tutte porta poi a conservare l'esistente. Conservare l'esistente in questo momento per la nostra azienda vuol dire decidere che si vuole una Rai residuale, immobile e pesante, nel momento in cui – non sfuggirà certo a quest'aula – ci sono competitor stranieri assai più aggressivi, veloci e con interessi determinati che si stanno muovendo con un'agilità e una spregiudicatezza senza precedenti nel nostro mercato. È una scelta politica. Va bene ? La lasciamo ferma. Perfetto. Poi, però, non ci lamentiamo della Rai carrozzone. La Rai va messa in movimento. Questa è una riforma giusta ? Non lo so. Va sicuramente nella buona direzione ? Sì, perché ci sono dei modelli internazionali che corrispondono a questa logica.
  L'altra ragione per la quale l’all news e, quindi, un'idea di news gathering può essere centrale è proprio perché, in questo percorso in cui si va verso il digital first, che stanno facendo tutti, si va sempre più verso la produzione di un prodotto che non è, in sé, già il servizio del TG X o il pezzo del web. È un prodotto messo in un flusso che poi può essere ristrutturato e rimodellato, a seconda dell'utente finale. Questo è un passaggio chiave. Occorre rimettersi a lavorare, sì, in chiave di prodotto, ma non come ci piace dire, nel senso di: «lavoriamo in chiave di prodotto, così facciamo sessantasei convegni». No, lavoriamo in chiave di prodotto per capire che cosa in questo momento ottimizza le risorse e ci permette di andare a raccontare anche una serie di storie non raccontate.
  Assolutamente, nove troupe per me non vogliono dire solo un costo, ma vogliono dire sette od otto storie non raccontate. Vogliono dire otto possibilità di raccontare questo Paese o il mondo buttate via, ma pagate dai contribuenti. Questa è la Rai immobile.
  È giusta questa divisione in newsroom ? Non lo so, ma vedo sicuramente un TG1 e un TG2 a vocazione profondamente generalista, con una produzione di grande qualità – arrivo a dire – di chi sa che con quel telegiornale della sera, dell'ora di pranzo o del mattino orienta il Paese, ma l'orienta per le cose che dice e per come le dice. Lo fa perché ha tutti i mezzi a disposizione per riuscire a costruire un racconto che sia di eccellenza.
  Che cosa succede nella newsroom 2 ? E perché Rai 3 ? Ci ho pensato quando ho visto questa riforma e ho creduto di aver capito la ratio di chi l'ha scritta, nel dire che Rai 3 è sempre stata il luogo privilegiato per alcuni aspetti dell'informazione Rai, o di un dato tipo di informazione che fosse contemporaneamente locale e nazionale. Non a caso, i telegiornali regionali vengono trasmessi proprio su Rai 3.
  Forse è giusto andare verso questa commistione, in cui si mantiene comunque fortemente l'identità di un telegiornale. L'abbiamo detto: il label, il brand non può andare perduto. Quello è un dato di fatto preciso, sono risorse, spettatori e certezza di risultato. Senza mettere in discussione il brand pensare di inserirlo all'interno di un contesto in cui l'ottica glocal sia quella che determina le scelte – molto territorio e internazionale, molto approfondimento e molta velocità – può essere opportuno.Pag. 20
  Dieci giorni fa, Richard Sambrook, il signore che ha traghettato BBC dalla situazione di concorrenza interna alla situazione in cui è oggi – anche se siamo già in ritardo, perché loro stanno lavorando sul digital first del 2016 – ci spiegava che proprio la polarizzazione dell'informazione di oggi, che va verso la velocità assoluta e l'approfondimento assoluto, è la chiave che bisogna avere in mente nel ristrutturare i modelli informativi. Lo capiamo tutti, perché è il modello del web. C’è la velocità assoluta. Uno entra, naviga, cerca di capire, scende nei livelli sottostanti e, a quel punto, ha quello che serve in più.
  Quello che immagino io è che questa riorganizzazione permetta di andare un po’ più nella direzione in cui si stanno muovendo tutti gli altri o in cui si sono già mossi tutti gli altri, non avendo l'idea che noi tutte le volte dobbiamo reinventare l'acqua calda. In fondo ci sono percorsi tracciati, che si può, in modo più o meno serio, ripercorrere.
  Mi permetto di dirvi che, secondo me, è giusto e doveroso chiedere due passaggi all'interno di questo percorso di riforma. Il primo è che, nonostante si parta dall'informazione, anche le reti vengano coinvolte in tutto questo sistema e che da subito, si attinga molto di più ai giornalisti Rai per fare l'approfondimento giornalistico di rete. Non si capisce perché un pezzo debba essere rifatto diciotto volte prima dai TG e poi da giornalisti ad hoc. Questo potrebbe essere un passaggio.
  L'altro passaggio è una grande occasione per avere anche dentro la Rai dei sistemi di ricerca, di fact checking, di verifica dei fatti che ci diano la possibilità di essere un posto sempre più affidabile. Questo si può fare con la riforma, perché, nel recuperare risorse, forse si possono creare i famosi luoghi in cui si fa molta più inchiesta e molta più verifica. Alla fine, quando la televisione si sarà sgretolata in termini di audience, il che magari accadrà tra trent'anni, o magari tra cinque...Zerocalcare, che lei, senatore Airola, conoscerà, perché è un ragazzo – noi anziani abbiamo scoperto adesso Zerocalcare, un fumettista tra i più noti in questo momento – dice: «Quando mi troveranno cadavere, ci sarà il microfono della Rai» e nella striscia che disegna c’è Rainews. Zerocalcare è uscito l'altro giorno. Questo vuol dire che nell'immaginario collettivo, anche di gente sotto i trent'anni, ci siamo ancora, il che è una buona notizia.
  Detto questo, penso che l'unico modo per cui il servizio pubblico possa trovare una sua natura quando ci sarà quel tipo di frammentazione sia proprio nella credibilità e nell'affidabilità.

  PRESIDENTE. Ci sono altre richieste di chiarimento ?

  ALBERTO AIROLA. Volevo solo specificare che la mia obiezione era rivolta, anche in tema dei siti che poi non abbiamo visto, a uno sproposito, a mio avviso – ma questo ce lo confermerà coi dati – di risorse investite per un risultato che, per carità, non deve correre dietro all’audience, ma va visto rispetto a un competitor che ha una risibile quantità di risorse in confronto alla Rai ed è molto più performante. Tutto qui.

  MAURIZIO ROSSI. Mi scuso del ritardo. Devo dire che Rainews – non ho potuto ascoltare quello che si è detto prima – è il più grosso flop della Rai. Come si deve considerare il rapporto tra un'emittente e il costo ? È il rapporto naturale che si guarda: quanti dipendenti ha, quali costi ha e che risultato porta.
  Se prendo la tabella che ci è stata consegnata, vedo che Rainews avrebbe 122 giornalisti contro 147 del TG1, 140 del TG2, 103 del TG3 nazionale e 178 del TGR e 18 quadri impiegati dirigenti, insieme ad altri 49, per un totale di 186. I dati di ascolto di Rainews sono sotto lo 0,5 per cento. Un qualsiasi imprenditore la chiuderebbe immediatamente. È un totale flop.
  Riprendo i dati dell'alluvione di Genova, che rappresenta il momento in cui, secondo me, il servizio pubblico avrebbe dovuto essere presente. Penso che tutti dovremmo andarci a chiedere che cosa sia il servizio pubblico. Il servizio pubblico è Pag. 21essere vicino alla gente prima di tutto quando c’è la necessità. Dalle 23.30 gli ascolti di Rainews sono stati zero, zero, zero, ossia 0,34, 0,43, 0,08 fino alle 7.00 del mattino. L'unica emittente locale rilevata ha fatto 40, 33, 46, 42, 58, 44 e 39 per cento, l'unica emittente rilevata da Auditel sul minuto. Il giorno seguente i dati di Rainews sono comunque stati veramente disastrosi lo stesso.
  Penso che la totale riorganizzazione della Rai debba passare da un'analisi di quello che si vuole fare della Rai stessa. Il 6 maggio 2016 è la data fondamentale, quella della scadenza della concessione, per ricercare effettivamente come si debba fare servizio pubblico e che cosa si intenda per servizio pubblico. Andare a sommare ai tre telegiornali una quarta realtà come Rainews è stato sicuramente un grave errore, perché, come dicevo, è uno sperpero di investimenti per la Rai, la quale sappiamo che, peraltro, ne avrà sempre di meno.
  A me interesserebbe veramente capire non se una o due newsroom...

  PRESIDENTE. Collega Rossi, si dovrebbe avviare alla conclusione perché dobbiamo terminare la seduta. Peraltro, una parte di questi argomenti l'abbiamo già affrontata.

  MAURIZIO ROSSI. Vorrei solamente capire se non sia il caso di andare a rivedere totalmente l'assetto dei telegiornali.

  MICHELE ANZALDI. Vorrei solo una precisazione. Siccome nell'intervento il direttore ha citato il termine «spregiudicatezza» riferito ad alcuni concorrenti, vorrei sapere se ci sia qualche notizia che ci voleva segnalare.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. La considero troppo informato per essere io a fornirle questa informazione. La considero già perfettamente consapevole.
  Senatore Rossi, mi scuso perché so che ci sono problemi di Aula, altrimenti con grandissimo piacere ricomincerei daccapo sulla questione degli ascolti. Mi dice qual era l'emittente di Genova che è riuscita quella notte a fare gli ascolti ?

  MAURIZIO ROSSI. Primocanale.

  (Commenti)

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. È la sua in che senso ?

  MAURIZIO ROSSI. Io sono il proprietario. Ho dato in gestione le azioni, ma da sempre sono proprietario di Primocanale. Ho dato in gestione le azioni, come è noto, da tempo.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Mi scusi, non lo sapevo, senza polemica.

  PRESIDENTE. In ogni caso, non è mai una questione personale, quando i commissari fanno le domande a un direttore o a qualsiasi audito.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Era per capire perché non sapevo che emittente fosse.

  PRESIDENTE. Tutti senza ironia: sappiamo bene l'attività che svolge il senatore Rossi.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Senatore, il discorso è questo, molto in breve. Il tema degli ascolti noi l'abbiamo affrontato. A parte il fatto che ci sono 105 persone, perché le 112 contengono anche 7 persone di Evelina che producono servizi che vengono inviati a Bruxelles; ci sono dunque 105 persone che producono ventiquattro ore di televisione. Lei mi ha citato il TG1, che ne ha 140 e ne produce quattro. Lei è un esperto del settore, mi pare di capire, da quello che mi ha appena detto il Presidente, ragion per cui dovrebbe sapere che ventiquattro ore da produrre non sono esattamente uguali a quattro. Pertanto, ci sono 105 persone che producono ventiquattro ore a Pag. 22fronte di 140 che ne producono quattro. Lei vede che, se non inseriamo altri parametri, siamo fuori strada.
  Decidiamo di farlo numerico ? Bene, siamo tre gatti. Decidiamo di spostarlo su altri parametri ? Allora possiamo ricominciare a ragionare da capo.
  Sulla media dell’all news in generale non sto a tornare, perché tutti loro l'hanno sentito fin qui. Ho raccontato qual è il senso dell'avere comunque una news di servizio pubblico e quanto in un sistema ristrutturato e riformato potrebbe essere centrale rispetto alla produzione di contenuti che possano poi avere usi diversi su diverse piattaforme. Evidentemente, i referenti devono essere quelli delle stesse televisioni in giro per l'Europa, dove ZDF fa 0,7 e BBC fa 1.1. Le garantisco che se ancora una volta scendiamo sul piano dei numeri e andiamo a vedere quanto costa a BBC quell'1.1, ci sarebbe veramente da farsi venire i brividi. Tuttavia, c’è una scelta, politica, di contenuti e di prospettiva.

  FABIO RAMPELLI. Presidente, non so se mi sono distratto, oppure sono saltate le risposte su tutta la questione che riguarda l'informazione politica e il pluralismo. Volevo chiedere perché non ci sia stata alcuna risposta su un settore su cui diversi colleghi hanno fatto domande.

  MONICA MAGGIONI, direttore di Rainews24. Per quanto riguarda il pluralismo e il conteggio, in particolare, onorevole Rampelli, con riferimento proprio al suo partito, ogni volta in cui voi avete fatto qualcosa noi ci siamo stati. Ci avete chiamato e ci siamo stati. I conteggi, tra l'altro, vengono fatti, nel nostro caso, sulle ventiquattro ore, non tenendo dentro anche i contenitori di approfondimento, in cui venite ospiti anche piuttosto spesso e in cui magari uno parla mezz'ora: i conteggi vengono fatti quando parte e si chiude la sigla del telegiornale. Lei capisce che, ancora una volta, abbiamo bisogno di introdurre dei criteri di valutazione un po’ più complessi. Dopodiché, ripeto, secondo me, ogni volta che si può fare uno sforzo per muoversi nella direzione di una rappresentazione equa, e qui torno anche a quello che lei sollecitava come argomento, ciò è non doveroso, ma è alla base del nostro lavoro. Ogni volta che non copriamo una notizia, per esempio, è un errore che facciamo: non c’è dubbio su questo. Cerchiamo di stare molto orientati sul «sta succedendo questo, ci viene segnalata questa cosa e ci siamo». Gli approfondimenti e la parte di discussione più ampia sono un punto in cui cerchiamo di riequilibrare, ma che non viene calcolato. Detto questo, secondo me, poiché il criterio dell'equilibrio deve essere alla base del nostro lavoro, soprattutto perché siamo un servizio pubblico e non siamo altro, colgo l'occasione per dire che staremo ancora più attenti a questo piano.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Maggioni e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.25.