XVII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Giovedì 15 gennaio 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA FISCALITÀ NELL'ECONOMIA DIGITALE

Audizione dei rappresentanti di Confindustria cultura Italia.
Capezzone Daniele , Presidente ... 3 
Polillo Marco , Presidente di Confindustria cultura Italia ... 3 
Capezzone Daniele , Presidente ... 6 
Pisano Girolamo (M5S)  ... 6 
Villarosa Alessio Mattia (M5S)  ... 7 
Carbone Ernesto (PD)  ... 8 
Pisano Girolamo (M5S)  ... 8 
Carbone Ernesto (PD)  ... 8 
Causi Marco (PD)  ... 8 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 10 
Boccadutri Sergio (PD)  ... 10 
Capezzone Daniele , Presidente ... 11 
Polillo Marco , Presidente di Confindustria cultura Italia ... 11 
Attanasio Piero , Dirigente dell'Associazione italiana editori (AIE) ... 11 
Polillo Marco , Presidente di Confindustria cultura Italia ... 11 
Mazza Enzo , Presidente della Federazione italiana dell'industria musicale (FIMI) ... 12 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 13 
Mazza Enzo , Presidente della Federazione italiana dell'industria musicale (FIMI) ... 13 
Polillo Marco , Presidente di Confindustria cultura Italia ... 13 
Gallavotti Mario  ... 13 
Capezzone Daniele , Presidente ... 13 
Gallavotti Mario  ... 13 
Mazza Enzo , Presidente della Federazione italiana dell'industria musicale (FIMI) ... 14 
Gallavotti Mario  ... 14 
Capezzone Daniele , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal presidente di Confindustria cultura Italia Marco Polillo ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DANIELE CAPEZZONE

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti di Confindustria cultura Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla fiscalità nell'economia digitale, l'audizione dei rappresentanti di Confindustria cultura Italia.
  Ringraziamo i nostri ospiti di oggi, ossia il presidente, dottor Polillo, il direttore di Confindustria cultura Italia, dottor Del Giudice, il presidente della Federazione italiana industria musicale, dottor Mazza, il dirigente dell'Associazione italiana editori, dottor Attanasio, e il consulente dell'ANICA, dottor Gallavotti.
  Questa è la seconda audizione che la Commissione svolge nell'ambito dell'indagine conoscitiva che abbiamo avviato sulla fiscalità nell'economia digitale. La prego, presidente Polillo, di illustrarci rapidamente la vostra posizione e di rendersi poi disponibile a rispondere a qualche domanda.

  MARCO POLILLO, Presidente di Confindustria cultura Italia. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Noi abbiamo preparato due documenti, che vi abbiamo già consegnato. Vi leggerò il più sintetico dei due, in modo da fornirvi lo spunto per le domande e le osservazioni che vorrete sottoporci e alle quali saremo disponibili a rispondere.
  Confindustria cultura Italia riunisce le associazioni di categoria delle industrie creative, ossia quelle che operano nel settore dei libri e delle riviste specializzate, dell'editoria musicale, dell'industria discografica e della produzione audiovisiva, cinematografica e televisiva oltre che dell’home entertainment, degli spettacoli dal vivo e dei videogiochi. Rappresenta circa 17.000 imprese, conta 300.000 occupati e produce un valore aggiunto di 16 miliardi di euro.
  Noi siamo, da tempo, un'industria digitale. La rete Internet è pervasiva e caratterizza l'intera economia, come sottolineato anche dai colleghi di Confindustria digitale nel corso della loro audizione presso questa Commissione. Ciò tanto più è vero per industrie come le nostre, i cui prodotti sono digitali nell'intero processo produttivo e distributivo.
  I contenuti creativi sono un elemento strategico dello sviluppo della rete, cruciale in termini di crescita e occupazione, non solo grazie al patrimonio artistico e culturale del passato, ma anche e soprattutto attraverso la valorizzazione della creatività del presente. Film, fiction, libri, musica, giornali, riviste e videogiochi sono un'eccellenza del made in Italy da promuovere e incentivare in Italia e all'estero.
  I dati della produzione culturale europea sono stati oggetto negli ultimi mesi di indagini promosse dalla Commissione europea, di cui abbiamo prodotto una sintesi che lasciamo a vostra disposizione. Mi Pag. 4limito qui a ricordare che, in Europa, le nostre industrie valgono il 4,5 per cento del PIL e danno lavoro a oltre 7 milioni di persone.
  Nella stessa sintesi abbiamo riportato anche alcuni dati essenziali sulle industrie culturali italiane, in linea con quanto accade a livello europeo, evidenziando in particolare come tutti i nostri settori giochino un ruolo chiave nello sviluppo del digitale nel nostro Paese. Si tratta, peraltro, di un ruolo spesso misconosciuto – come emerge dai documenti e dalle azioni politiche dell'Agenda digitale italiana – sebbene sia di grande importanza.
  Veniamo al tema specifico della fiscalità. Noi conveniamo con quanto sostenuto dai colleghi di Confindustria digitale che l'idea di Internet come luogo di disintermediazione è un'idea ingenua. Assistiamo, invece, a fenomeni di meta-intermediazione che caratterizzano gran parte della rete, le quali generano situazioni di monopolio o semi-monopolio.
  Le catene del valore delle nostre industrie ne sono fortemente colpite e rimodellate secondo schemi del tutto nuovi e le nostre imprese si trovano a competere con i nuovi giganti della rete. È persino ovvio che, se i concorrenti che operano in uno stesso mercato pagano imposte molto diverse tra loro, ne consegue che la concorrenza è falsata. È il tema bollente degli Over-the-top, delle grandi imprese che mediano il traffico in Internet gestendo motori di ricerca, social network e grandi negozi online e che legalmente, con le norme attuali, riescono a ottimizzare il loro carico fiscale, come si dice utilizzando un eufemismo creato per evitare di utilizzare il termine «elusione».
  Va, tuttavia, sfatato un mito, ossia che queste grandi imprese siano quasi monopolistiche a causa dell'inerzia degli operatori europei. Per fare un esempio, quando Amazon è sbarcato in Italia, c'erano già 7 importanti librerie online italiane. Si è affermato nel mercato degli e-book con quote di mercato che lo pongono largamente in posizione di leadership.
  Come ci è riuscito ? Certamente con una grande abilità commerciale e un elevato livello dei servizi, ma anche con due elementi che chiamano la politica a una riflessione. Ricordo innanzitutto il tema dell'ottimizzazione fiscale, mentre del legame artificioso tra negozio e strumento di lettura parlerò più avanti, nel corso della mia relazione. Fino al 1o gennaio di quest'anno ciò ha riguardato anche l'IVA e ancora oggi riguarda le imposte sul reddito.
  Come porre rimedio a questa situazione ? Tra le metodologie che sono state proposte, ci sembra – e anche su questo aspetto siamo d'accordo con Confindustria digitale – che il concetto di presenza significativa in un Paese, in sostituzione del concetto di stabile organizzazione, e un diverso e più efficace trattamento delle transazioni infragruppo siano strumenti utili per contrastare le asimmetrie fiscali.
  Ci preme, tuttavia, sottolineare l'obiettivo che tutti i concorrenti di uno stesso mercato paghino le stesse tasse. È quasi una banalità, che tuttavia sembra una chimera. Il fisco può essere utilizzato anche per incentivare l'innovazione o alcuni consumi. Abbiamo appena concluso la discussione sull'IVA agevolata sugli e-book, la quale può essere inserita nel più ampio tema della fiscalità di vantaggio per il consumo o per la produzione culturale. In merito, mi corre l'obbligo di rivolgere un ringraziamento a tutto il Parlamento, perché in tempi estremamente rapidi è riuscito a varare una norma accolta con favore da tutti e, a nostro parere, estremamente importante, non soltanto in chiave italiana ma anche in una prospettiva europea.
  Lo strumento fiscale è efficace perché si applica in modo neutro ed evita, quindi, discrezionalità da parte del pubblico, le quali sono particolarmente delicate in ambito culturale. Tradizionalmente l'IVA agevolata si applica ai libri e ai periodici, mentre alla produzione cinematografica e musicale si applica il tax credit. Si tratta allora di ricalibrare queste misure alla nuova realtà.
  L'equiparazione dell'IVA sugli e-book a quella applicata ai libri cartacei costituisce un primo passo in avanti ma vale la pena Pag. 5di fare un ragionamento a più ampio spettro. Ad esempio, come bisognerebbe regolamentare, dal punto di vista fiscale, la produzione multimediale, la quale, per definizione, non ha un prodotto analogo nel mondo analogico, oppure le piattaforme di dati per le famiglie e le riviste scientifiche, comprese quelle ad accesso aperto ? La musica, le opere audiovisive e i videogame non meriterebbero un unico agevolante sistema di fiscalità sul web e, soprattutto, siamo sicuri che l'unico criterio possibile sia quello di applicare le regole dell'analogico, estendendole ai nuovi mercati ? Non dovremmo, invece, ragionare secondo le logiche proprie del digitale ?
  In un'indagine che abbiamo condotto pochi anni fa insieme con Nielsen, abbiamo trovato puntuale conferma dell'importanza dei consumi culturali digitali, i quali sono correlati ad un uso più avanzato delle tecnologie. Chi consuma più libri, giornali, musica o audiovisivi, è anche un utente più consapevole sia dei servizi di e-government sia dei servizi di commercio elettronico e accede più spesso a occasioni di formazione online. Stimolare i consumi culturali in Internet significa, quindi, avere anche utenti della rete più consapevoli, i quali siano «più cittadini» e meno meri consumatori.
  Le politiche fiscali non esauriscono peraltro il tema dello sviluppo dei mercati digitali. Devono essere accompagnate da altre, alle quali vorremmo brevemente accennare, ricordando, in particolare, l'urgenza di politiche pro-competitive in mercati che si caratterizzano per naturali tendenze alla creazione di posizioni monopolistiche.
  Abbiamo molti esempi del passato da cui poter partire. Pensiamo a quanto fatto sul mercato delle telecomunicazioni con le regole sull'interoperabilità dei sistemi e sulla portabilità dei numeri, nonché sui divieti di bundling con altri servizi.
  È invece oggi quasi un elemento naturale dell'economia di Internet il legame tra negozi online e device, o sistemi operativi. Le tecnologie sono spesso usate per chiudere i mercati tramite l'adozione di formati proprietari non interoperabili con altri, cosicché i consumatori, una volta acquistato uno strumento di accesso, possono acquistarne i contenuti solo da uno specifico negozio. È quella che Gino Roncaglia, che è da tempo uno studioso di queste questioni, ha brillantemente definito «la sindrome del falegname pazzo», che pretende di obbligare il lettore ad acquistare i libri solo da lui perché gli ha costruito una libreria.
  Politiche a favore dell'apertura dei mercati sono oggi essenziali. Garantire l'interoperabilità dei sistemi tramite l'utilizzo di standard e la portabilità dei contenuti è la strada da percorrere. La storia del commercio elettronico è illuminante a questo proposito. Non si riflette mai abbastanza sul perché sia iniziato nel settore librario.
  Agli albori di Internet – erano gli inizi degli anni Novanta – l'industria del libro era l'unica ad avere un'infrastruttura digitale basata su standard per la gestione delle catene commerciali. Ciò ha consentito ai nuovi soggetti che entravano nel settore di acquistare una licenza d'uso della banca dati dei libri in commercio, raccogliere gli ordini sul web e comunicarli elettronicamente a un grossista per la loro evasione.
  La lezione che se ne trae è semplice: quando un'industria è basata su standard di prodotto e di comunicazione, la concorrenza è facilitata ed è singolare che i nuovi soggetti commerciali, i quali sono entrati nel settore negli anni Novanta e sono poi diventati degli Over-the-top, tentino oggi di chiudere il mercato tramite l'uso di sistemi proprietari. Forse hanno imparato una lezione, a seguito del rovesciamento dei ruoli.
  In Europa, come in Italia, si parla da tempo, senza alcuna evidenza scientifica, di come il diritto d'autore costituisca un freno all'innovazione e allo sviluppo tecnologico. Questo pregiudizio, in realtà, non è sostenuto da elementi di fatto. Al contrario, vi sono prove lampanti che solo la valorizzazione dei diritti d'autore consente lo sviluppo di mercati dei contenuti digitali Pag. 6basati sull'innovazione di prodotto e meno dominati da pochi player della meta-intermediazione.
  Ci piace usare il termine «valorizzazione» dei diritti, anziché quello di «protezione» degli stessi, per sottolineare che l'obiettivo è quello di creare nuovo valore dai prodotti culturali e non certo di impedire l'accesso ai contenuti dei prodotti stessi, come talvolta ci si accusa di fare. Sarebbe come accusare un commerciante di non voler aprire il suo negozio per tenere per sé tutti i prodotti.
  Usiamo il termine «valorizzazione» anche per chiamare, in primis noi stessi, a nuove responsabilità, in relazione alle nuove forme di gestione dei diritti d'autore. Alle sfide del digitale si deve rispondere con l'uso del digitale. È questo un campo di innovazione molto importante, che deve vedere Europa e Italia giocare da protagoniste.
  Oggi nel Regno Unito con il Copyright Hub, un servizio web attualmente in fase di sviluppo per rendere più semplice l'acquisizione di licenze d'uso di contenuti digitali, si ha l'esperienza più avanzata, nata grazie a corposi investimenti pubblici e sviluppata secondo modalità standard. Si tratta di cercare soluzioni simili a livello nazionale ed europeo e noi riteniamo che l'Italia non possa restare indietro in questo campo.
  Infine, e con questo mi accingo a concludere, in questa sede vorrei spendere qualche parola sulla confusione, che si fa spesso, tra i compensi per le copie private e l'imposizione fiscale. Si tratta di cose diverse. Quando si paga il compenso per la riproduzione privata, al momento dell'acquisto di un device, non si versa una tassa alla SIAE bensì un compenso a fronte di un diritto di copia privata, il quale va ai diversi soggetti che hanno partecipato alla creazione e alla produzione dei beni culturali.
  Questo non è un sistema perfetto per definizione, perché non si paga per quanto effettivamente si copia, ma si paga forfetariamente per l'astratta possibilità di copiare. È, tuttavia, un sistema adottato da tutti i maggiori Paesi industrializzati perché infinitamente più semplice di sistemi alternativi e va sottolineato che è impossibile pensare a una sua abolizione senza danneggiare seriamente autori, artisti e produttori, finché non saranno maturi sistemi di remunerazione alternativa.
  Grazie per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, presidente Polillo. Per parte mia, non faccio domande; esprimo soltanto, a titolo assolutamente personale, una grande attenzione per tutto ciò che ho ascoltato ma accompagnata dal netto dissenso per la parte conclusiva della sua relazione, sul tema della «copia privata». È emerso, da tutte le ricerche svolte su questo tema, che solo il 4-5 per cento degli utenti usa il tablet o lo smartphone per trasferire copia privata. Pertanto, il 95-96 per cento degli utenti paga quella che, certo non è tecnicamente una tassa, ma una quota, per un uso dell'apparecchio che non farà. D'altronde, non ci voleva un genio per scoprire che un intervento di questo tipo sarebbe ricaduto sui consumatori, come poi il caso Apple ha chiaramente dimostrato. La mia posizione su tali questioni è peraltro già nota.
  Do quindi la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIROLAMO PISANO. Ringrazio il presidente Polillo per l'interessante relazione. In sostanza, il problema fondamentale che lei ha posto è quello del gap fiscale. Si tratta, tuttavia, di un problema che riguarda tutti i settori. Ne ho parlato non più di qualche ora fa col Vicepresidente della Commissione europea. Non è un problema che riguarda esclusivamente la gestione del copyright dell'industria della cultura, bensì un problema che riguarda l'Italia e tutti i Paesi dell'Unione europea.
  Purtroppo, c’è una nazione che fa concorrenza sleale. Questo è un problema gravissimo, perché ha causato un depauperamento del settore industriale mostruoso negli scorsi 5-7 anni. È come, in un certo senso, la scoperta dell'acqua calda.
  È inutile dire che non è questa la sede nella quale si potrà porre rimedio a questo Pag. 7problema. È molto interessante, invece, il suo ragionamento sul capovolgimento del ruolo del fornitore. Ricordo che, su tale aspetto della questione, in passato vi sono state guerre commerciali proprio tra Apple e Amazon. Apple cercava, infatti, di attirare gli scrittori e i produttori di beni, in particolar modo di libri, verso la sua piattaforma, a scapito di Amazon, che invece era un pioniere.
  In merito vorrei aggiungere un'altra considerazione. In realtà, la questione riguarda anche i produttori dei contenuti, perché adeguarsi a un dato sistema di distribuzione proprietario non è obbligatorio. Tanto è vero che molti contenuti sono disponibili sia sulla piattaforma Apple, sia sulla piattaforma Amazon, sia sulla piattaforma Google.
  Il problema è che non c’è un'altra piattaforma al di fuori di queste. Non ci sono piattaforme di distribuzione, di pari dimensioni e diffusione, che siano libere e nelle quali non ci sia una visione dello strumento proprietario, bensì una visione dello strumento come libero, per consentire a chiunque di fruire del canale di vendita.
  Il discorso è chiaro: nel momento in cui fallisce la struttura materiale della libreria, l'alternativa digitale non è nient'altro che un'applicazione. Pertanto, probabilmente ciò che andrebbe fatto nelle vostre associazioni di categoria è un investimento di gruppo su un'applicazione da fornire al sistema Windows, e poi al sistema Google e al sistema Amazon.
  È un problema notevole. D'altro canto, la stessa Amazon ha prodotto il contenuto Kindle via software e lo ha creato anche per Apple e per piattaforme come Windows. Secondo me, questo è più un discorso di adeguamento del settore degli associati di Confindustria, che non di vera e propria monopolizzazione del canale.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. La ringrazio, presidente Polillo, per le informazioni molto interessanti che la sua relazione ci ha fornito e che non sono facilmente rintracciabili sulla rete Internet.
  Io mi trovo assolutamente d'accordo con lei su uno dei temi e dei problemi fondamentali che lei ha affrontato. Spesso discuto in questa Commissione sulla mancanza di tax ruling, ossia di un fisco uguale per tutti, almeno all'interno dell'Unione europea.
  Questo discorso vale, in modo particolare, per il settore dei beni intangibili, i quali rappresentano veramente un grande problema. Per quanto riguarda i prodotti intangibili, il problema riguarda sia chi li valuta sia la concorrenza sleale che si viene a creare nel mercato. Se un'azienda ha una pressione fiscale dello 0,29 per cento, come alcune fonti giornalistiche hanno dichiarato riferendosi al Lussemburgo – anche grazie ad accordi presi dal nostro nuovo Presidente della Commissione europea – è evidentemente molto avvantaggiata. Capiamo bene che, se uno ha una pressione fiscale del 40, del 50 o del 60 per cento sullo stesso prodotto, con forme di produzione e di struttura societaria che sono pressoché uguali, è difficile competere. Anzi, è praticamente impossibile e questo lo sappiamo tutti.
  Passo alla mia domanda. Il Movimento 5 Stelle si è quasi sempre opposto agli accordi contro le doppie imposizioni che l'Italia ha concluso. Voi che cosa ne pensate ? Non ritenete che sarebbe preferibile attendere, posto che anche il Presidente della Commissione europea, il quale è lo stesso che avrebbe concluso gli accordi che ho appena citato, dice che nei prossimi mesi e nei prossimi anni riusciremo a risolvere questo problema ? Lo stesso Vicepresidente della Commissione europea Katainen stamattina ha detto la stessa cosa. Tutti dicono che questa politica fiscale differenziata nei diversi Paesi europei non può andare avanti.
  Non sarebbe quindi meglio aspettare un po’ prima di stipulare questi accordi ? Non sarebbe meglio aspettare che sia prima l'Europa a trovare una soluzione a questo problema ? Riflettiamo sul fatto che il Lussemburgo, nei prossimi giorni, entrerà nella white list. È in Europa ed è un Paese in cui vige il principio del libero scambio, ma fino a poco tempo fa era Pag. 8compreso nella black list. Oggi è entrato improvvisamente nella white list e, quindi, opererà tranquillamente con l'Italia, seppure con una normativa fiscale e con regole societarie sulla proprietà completamente differenti da quelle vigenti in Italia. Che giudizio date su questo ?

  ERNESTO CARBONE. Ringrazio i nostri ospiti per la relazione e per le preziose informazioni che questa ci ha fornito.
  Faccio una brevissima considerazione in merito alla questione della copia privata, di questa tassa che il dottor Polillo ha giustamente chiamato un compenso alla SIAE. Io mi riconosco assolutamente nelle sue parole quando dice che il diritto d'autore serve a valorizzare il lavoro degli autori e sono anche piuttosto convinto dell'utilità di questo compenso alla SIAE.
  Il problema, secondo me, è a monte e, lo dico da tempo – ho anche presentato diverse interrogazioni parlamentari su questo tema – è rappresentato dalla SIAE. Quando il 50 per cento dei compensi è deciso a tavolino da un Consiglio di amministrazione e nel 2015 si dovrà ancora compilare a mano un borderò con le canzoni che si sono ascoltate in una festa privata o in un locale pubblico, è evidente che c’è qualcosa che non funziona, a prescindere dalla tassa o dal compenso.
  Io non ho domande ma formulo degli auspici. Ho seguito, anche con alcuni di voi, la giusta battaglia che è stata condotta sull'aliquota IVA da applicare agli e-book, rispetto alla quale, presidente Polillo, sono completamente d'accordo con le sue opinioni. Vi chiedo, però, la stessa passione e lo stesso impegno che avete messo in questa battaglia anche su altri due temi.
  Credo infatti che ci siano due battaglie culturali serie da fare in questo Paese. Una riguarda la lotta alla pirateria. Purtroppo, dal punto di vista culturale, passa il messaggio che lo «scaricare» musica o un libro dal computer non sia illegale e che si stia semplicemente facendo una cosa che fanno tutti. Credo fermamente che vada fatta una battaglia culturale su tale questione.
  Quanto all'altra tematica che vorrei sottoporle, io non sono convinto di ciò che diceva il mio collega prima, ossia che i Paesi europei dovrebbero avere un sistema di tassazione uguale o perlomeno delle regole uguali in materia fiscale. Io sono sempre stato convinto che una sana competizione in tale ambito – anche tra i 28 Paesi attualmente facenti parte dell'Unione europea – sia positiva. Ritengo, però, che alcuni aspetti vadano rivisti e, in questo senso credo che anche su tale questione andrebbe condotta una battaglia culturale.
  A mio avviso il nodo centrale della questione è quello che lei ha richiamato quando ha fatto riferimento alla stabile organizzazione d'impresa. Le norme vigenti in Italia in materia di stabile organizzazione d'impresa risalgono a circa trent'anni fa, quando c'era un computer ogni dieci persone – che peraltro veniva usato come una macchina da scrivere – e la rete non esisteva.
  Credo che anche su questo fronte sia quindi necessario un cambiamento culturale. Bisogna arrivare a dire che, se un'impresa ha un solo dipendente in Italia e ha un fatturato di X, ma trasmette i dati da Lugano, 10 chilometri oltre il confine, e operi e realizzi degli utili in Italia, semplicemente, debba pagare le tasse in questo Paese.
  Adesso non riusciamo a risolvere una serie di problemi relativi alla tassazione perché abbiamo sempre impostato la questione partendo dalle singole imposte: l'IVA, l'IRPEF, l'IRAP e via elencando.
  Io credo che sia necessario fare un passo in avanti. Quando si può dire che un'azienda ha una stabile organizzazione in Italia ?

  GIROLAMO PISANO. (fuori microfono). È stato definito dagli accordi.

  ERNESTO CARBONE. Si tratta di un aspetto che ancora non è completamente definito. Secondo me, si può fare qualcosa in più.

  MARCO CAUSI. La ringrazio, presidente Polillo, per il vostro contributo, che Pag. 9è molto interessante. Informo i nostri ospiti che abbiamo aperto questa indagine conoscitiva sull'economia digitale perché vorremmo fare in modo che il Parlamento e, in generale, la classe dirigente del nostro Paese si attrezzino per affrontare tutta una serie di novità che prossimamente si concretizzeranno.
  Poco fa parlavamo dell'OCSE, il quale sta mettendo in campo un progetto, il BEPS, che riguarda appunto l'economia digitale, nel cui ambito ritengo che, ragionevolmente, dovrebbe aver luogo, nell'arco dei prossimi dodici mesi, una revisione delle definizioni storiche e internazionali di «stabile organizzazione» e una ridefinizione del transfer pricing. Si tratta di questioni piuttosto importanti, di cui abbiamo discusso qualche settimana fa nel corso dell'audizione dei rappresentanti dell'Agenzia delle entrate, i quali seguono questi temi in ambito internazionale.
  Anche rispetto alle associazioni di imprese, è molto importante seguire gli sviluppi di questa materia alla luce delle decisioni prese durante le ultime riunioni Ecofin del semestre di presidenza italiana dell'Unione europea. Si tratta, infatti, di decisioni importanti, grazie alle quali è stato compiuto un bel passo in avanti, non soltanto sul tema dell'armonizzazione, con lo sblocco del vecchio regolamento, che era bloccato, ma anche sul tema BEPS.
  Peraltro si tratta di un dossier fiscale – e questa è una nota politica che dovrebbe essere di un certo interesse – e sui dossier fiscali, compreso quello sull'armonizzazione, diversamente da altri, c’è una piena alleanza fra Italia e Germania. Le dichiarazioni del Governo tedesco, e del Ministro Schäuble in particolare, sono molto avanzate in questo senso. Mentre su altri dossier Italia e Germania mantengono posizioni distinte, su questo dossier anche i vostri omologhi in Germania hanno posizioni convergenti, e non divergenti.
  Pongo tre domande. La prima domanda è la seguente: pochi minuti prima che voi entraste in quest'Aula noi abbiamo avviato l'esame dello schema di decreto legislativo recante attuazione dell'ultima direttiva del Consiglio sul luogo delle prestazioni di servizi, che voi avete citato anche nella vostra audizione. Vorremmo una vostra valutazione su questa nuova direttiva. In particolare, vorremmo sapere che impatto avrà la direttiva sulla prestazione di servizi e se richiederete al Parlamento, nella fase in cui esprimerà il suo parere, di intervenire, modificare e chiarirne taluni aspetti.
  So che soprattutto in tema di e-commerce è in corso, fra gli addetti ai lavori, una discussione nell'ambito della quale ci si chiede se il modo in cui l'Italia ha recepito la direttiva europea sia pienamente conforme alla stessa direttiva ovvero se si possa aggiungere qualcosa per semplificare la vita delle imprese. Vorrei un vostro parere su questo.
  La mia seconda domanda è invece implicita nella premessa che ho appena fatto. L'armonizzazione è positiva. Peraltro, bene ha fatto la presidenza italiana dell'Unione europea a sbloccare il regolamento e bene facciamo a esercitare una fortissima pressione politica sul Lussemburgo e sugli altri Paesi perché il percorso verso l'armonizzazione vada avanti. Occorre peraltro tenere presente che l'armonizzazione è un concetto che riguarda comunque la vecchia economia. Vi sono poi i nuovi concetti, che si stanno studiando in ambito BEPS, in merito alla definizione di stabile organizzazione. Voi che cosa ne pensate ?
  Infine, la terza domanda è un po’ la stessa che ho rivolto ai vostri colleghi di Confindustria digitale. A me sembra che l'impatto delle nuove tecnologie e delle nuove modalità di produzione e di distribuzione di contenuti culturali, il quale è molto pervasivo, strutturale, storico – e al quale non ci si può opporre con semplici strumenti protezionistici – implichi anche un aspetto non strettamente fiscale: una modifica del funzionamento del mercato. Vorrei sapere come valutate voi queste modifiche e come le regolamentazioni nazionali e comunitarie possono essere d'aiuto in quest'ambito.
  Per esempio, noi abbiamo condotto una battaglia sulla questione dell'IVA da applicare agli e-book ma c’è un'altra problematica, Pag. 10che però riguarda una questione di diritto privato, non un problema di diritto pubblico, nell'ambito della quale forse qualche forma di regolamentazione potrebbe essere d'aiuto. In effetti, quando si commercializza un contenuto digitale, si commercializza un file. Pertanto, le regole di commercializzazione, le quali sono nate per commercializzare prodotti di tipo fisico, cambiano totalmente.
  Quando gli editori europei combattono una battaglia per veder riconosciuti, nell'ambito della commercializzazione digitale, costi di distribuzione molto più bassi di quando si commercializzavano prodotti fisici, fanno, secondo me, una battaglia sacrosanta. È illogico, infatti, pensare che distribuire un file costi quanto distribuire un prodotto fisico. Da questo punto di vista vorrei chiedervi: quali sono i profili di regolamentazione della concorrenza, nonché di politica industriale, che dovrebbero essere affrontati, anche al di là degli aspetti fiscali ?

  GIOVANNI PAGLIA. Grazie per gli spunti che ci sono stati forniti. Vorrei porre una domanda. Noi abbiamo provato ad aprire un dibattito sulla questione della tassazione e della ridefinizione del concetto di stabile organizzazione già durante la discussione parlamentare delle ultime due leggi di stabilità. Forse ciò è stato fatto in un modo un po’ grezzo e, in parte, improvvisato ma con l'intento di introdurre la cosiddetta web tax. Il dibattito sulla web tax riguardava soltanto alcuni tipi di prodotto, ma intendeva porre al centro dell'attenzione la valutazione di quali potessero essere gli strumenti normativi per vincolare la tassazione al luogo di effettiva produzione del valore, più che al luogo di residenza dell'impresa.
  Affrontando la questione soltanto dal punto vista della stabile organizzazione, credo peraltro sarà difficile sostenere che Google abbia una stabile organizzazione in Italia. Potrebbe anche non averla. Google realmente vende dal luogo in cui risiede.
  È appunto questo il problema che si pone con i prodotti digitali. Non si può affermare che un'azienda non risieda in un dato luogo, perché magari vi risiede realmente e può benissimo fare a meno di avere strutture fisiche in altri Paesi. Ciò non significa, però, che il valore non lo produca realmente nel Paese in cui ha la sua maggior mole di vendita. Io credo che sia quello che va colpito. Vorrei sapere da voi, rispetto a tale questione, quale sarà la vostra posizione in futuro, perché credo che questo tema verrà esaminato di nuovo.
  Aggiungo una battuta sulla SIAE. È un sistema che qui viene ricordato come positivo, ma che andrebbe, invece, completamente riformato, per le ragioni che citava l'onorevole Carbone, sulle quali io concordo. Peraltro, all'interno della SIAE, c’è anche un problema di distribuzione delle entrate. Esse infatti non vengono distribuite in modo equo, bensì secondo altre logiche, non andando quindi a beneficio di ogni singolo produttore che opera nell'industria culturale.
  Come ultimo punto, vorrei segnalare che ci sono anche studi sulla cosiddetta pirateria che vanno in direzione opposta a quella che tradizionalmente si segue su questo tema. Ultimamente sono state pubblicate ricerche secondo le quali la pirateria andrebbe, complessivamente, a vantaggio della diffusione dell'industria culturale, seppur entro taluni limiti. La libera fruizione di contenuti farebbe infatti crescere complessivamente il mercato. Si tratta di studi che io ho sempre trovato piuttosto convincenti e mi chiedevo quale fosse la vostra idea e, comunque, se li abbiate valutati.

  SERGIO BOCCADUTRI. La mia domanda riguarda la questione prospettata al punto h) delle proposte inserite nella vostra relazione. Vi chiedo: avete delle idee su come sostenere in futuro questi nuovi investimenti ? Inoltre, sempre con riferimento ad essi, come potrebbero eventualmente intrecciarsi con la disciplina del diritto d'autore ?
  In secondo luogo, relativamente al tema degli e-book, che è posto, anche fisicamente, al centro del vostro documento, vorrei conoscere la vostra opinione relativamente ad alcuni aspetti attinenti alla Pag. 11tutela dei diritti del consumatore. Da un lato, c’è infatti la campagna Unlibroèunlibro, totalmente condivisibile, dall'altro il Digital Rights Management (DRM), il quale impedisce ai consumatori di questi prodotti di portare un e-book da un device all'altro o costringendo il consumatore a farlo, eventualmente, in violazione delle regole in materia stabilite dal contratto di acquisto dell’e-book per leggere lo stesso libro su due device che magari sono differenti e non sono configurati fra di loro.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MARCO POLILLO, Presidente di Confindustria cultura Italia. Vi ringrazio innanzitutto per le vostre domande e osservazioni.
  Per quanto riguarda la piattaforma alternativa, oggetto della prima domanda, io chiederei di rispondere a Piero Attanasio, dirigente dell'Associazione italiana editori.

  PIERO ATTANASIO, Dirigente dell'Associazione italiana editori (AIE). Esistono piattaforme alternative nazionali e in Italia ce ne sono 7-8. In genere, quelle italiane e quelle nate in Europa sono caratterizzate da interoperabilità e da portabilità e non creano problemi di spostamento dei file da un sistema a un altro.
  Vorrei inoltre precisare, e così facendo rispondo anche all'ultima domanda che è stata posta, che questo fenomeno non dipende dai DRM in sé, ma soltanto da alcuni specifici DRM che non sono interoperabili. Ci sono anche DRM interoperabili, i quali consentono di spostare i file. Inoltre, i problemi di spostamento dei file sono dovuti non solo ai DRM, ma anche ai formati utilizzati; Amazon, ad esempio, non utilizza il formato standard ma altri formati.
  Per quanto riguarda il problema della concorrenza tra piattaforme, esso è stato sollevato anche nella relazione del presidente Polillo. La questione riguarda il fatto che, se le piattaforme, le quali già godono, in un'economia che viaggia su Internet, del tipico fenomeno che si verifica sulla rete – ossia della crescita del valore per il fatto stesso di essere tutti sulla stessa piattaforma – vengono vieppiù chiuse, creando i cosiddetti giardinetti chiusi (walled garden, come vengono chiamati nel gergo internazionale), per cui il consumatore è imprigionato da uno strumento, le nuove piattaforme si trovano nella sostanziale impossibilità di competere ad armi pari con le piattaforme preesistenti.
  Per rispondere anche all'onorevole Causi: la nostra proposta, dal punto di vista della regolamentazione di questi aspetti, è quella di intervenire con norme pro-competitive che impediscano la mancanza di interoperabilità e che, quindi, forzino l'interoperabilità e la portabilità delle piattaforme.
  Come un po’ tutte le domande hanno evidenziato, è chiaro che viviamo in un mondo in cui parlare del tema solo a livello italiano è complicatissimo. Tuttavia, l'Italia è un pezzo molto importante dell'Europa. Ogni volta che andiamo all'estero ce ne rendiamo conto: io mi occupo delle questioni europee per conto dell'Associazione italiana editori e percepisco che la voce dell'Italia è importante. Credo, quindi, che in questo momento sia particolarmente importante fare in modo che la voce dell'Italia si senta, per indirizzare anche il dibattito europeo.

  MARCO POLILLO, Presidente di Confindustria cultura Italia. Per quanto riguarda le domande concernenti gli accordi contro le doppie imposizioni e le questioni conseguenti, nonché la lotta alla pirateria, passerei la parola al dottor Enzo Mazza, Presidente della Federazione italiana dell'industria musicale (FIMI).
  Quanto alla lotta alla pirateria, vorrei dire che noi la condividiamo. Esistono due tesi contrapposte su questo fenomeno; noi abbiamo svolto, in accordo con Confindustria digitale, già negli anni passati un lavoro molto ricco e approfondito che ha favorito l'approvazione del Regolamento Agcom sul diritto d'autore. Su questi argomenti, cederei la parola al presidente Mazza.

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  ENZO MAZZA, Presidente della Federazione italiana dell'industria musicale (FIMI). Per quanto riguarda tutti gli aspetti fiscali e, in generale, anche il tema, già sollevato, della prestazione dei servizi, noi riteniamo che si debba tener conto del luogo in cui il servizio viene prestato effettivamente al consumatore. È ciò che è avvenuto, a partire dal 1o gennaio 2015, con la direttiva sull'IVA, secondo la quale l'IVA sul consumatore finale si applica nel Paese di destinazione del prodotto stesso.
  Se questo concetto fosse applicato, più in generale, alle attività che vengono svolte e ai servizi prestati dalle piattaforme che sono collocate in un qualsiasi Paese del mondo, ma che forniscono il servizio all'interno dei diversi Paesi, queste realtà dovrebbero determinare i contributi fiscali rispetto ai ricavi che vengono realizzati nei Paesi di destinazione.
  Non comprendo infatti perché tale principio, noto da quando, molti anni fa, fu approvata la direttiva sull'IVA, non possa essere applicato, mutatis mutandis, alla generalità dei servizi che vengono prestati, tenendo conto di quello che già aveva stabilito la direttiva Bolkestein e dello schema di decreto legislativo in materia attualmente all'esame del Parlamento.
  È evidente che vi sono delle problematiche che non possiamo cercare di risolvere a livello nazionale, perché concernono materie sulle quali è necessario raggiungere un consenso unanime tra i Paesi dell'Unione europea. Tuttavia, il principio è il seguente: esiste una prestazione che viene realizzata nei confronti del consumatore ed è facilissima da identificare, non solo nel settore business to consumer (al livello di consumatore finale), ma perfino in quello business to business, in cui, attraverso meccanismi di identificazione dei contatti alla rete, delle carte di credito o dei meccanismi di pagamento, si è in grado di stabilire da dove avviene l'acquisto. Ci sono, quindi, gli elementi per determinare l'imponibile delle società che operano in un determinato Paese e che devono, di conseguenza, contribuire al gettito fiscale in tale Paese. Si tratta di un'impostazione su cui dovremo lavorare in maniera molto approfondita, anche in collaborazione con gli altri Paesi membri dell'UE.
  Per quanto riguarda il tema della pirateria, ci sono due aspetti rilevanti. Io posso portare l'esempio della musica. Non è solo con il contrasto alla pirateria che abbiamo ottenuto dei risultati. A ciò ha contribuito infatti anche l'introduzione di modelli di business innovativi che hanno attratto i consumatori. Vi faccio un esempio: già dal 2013, nel settore della musica, in Italia, il numero di utenti che accedevano a un servizio legale ha superato il numero di quelli che accedevano a una piattaforma illegale. Ciò è avvenuto grazie al fatto che sono nate piattaforme digitali legali che hanno attratto consumatori i quali prima utilizzavano piattaforme illegali. Parlo di YouTube, Spotify e Deezer, i quali oggi rappresentano i nostri maggiori partner nel settore della musica e che contribuiscono allo sviluppo del mercato digitale.
  Quando diventa possibile ottenere, da una piattaforma digitale legale, lo stesso identico servizio fornito da una piattaforma pirata, magari anche con una qualità maggiore, e in modo gratuito grazie alla pubblicità, è evidente che i consumatori scelgono le piattaforme legali, le quali garantiscono una maggiore affidabilità. Questo è il modello sul quale noi ci stiamo indirizzando.
  Inoltre, come ha detto il presidente Polillo, l'intervento dell'Agcom e altre iniziative di enforcement hanno sicuramente consentito tale mercato. Non sono d'accordo, invece, sui risultati delle ricerche prima ricordate: se fosse vero che la pirateria ha incrementato il settore dei contenuti legali, avremmo delle aziende ricchissime nel settore. È evidente che, se la pirateria fosse un fattore positivo, a più pirateria corrisponderebbero maggiori introiti per le imprese che producono contenuti digitali. In realtà, le imprese hanno perso il 75 per cento del proprio fatturato e il 50 per cento dei propri dipendenti, a livello globale.Pag. 13
  Se fosse vero che la pirateria ha determinato la crescita delle vendite di alcuni prodotti, in determinati settori, dovremmo poter registrare il risultato di tale meccanismo, con l'aumento del numero di prodotti acquistati. Purtroppo, non è stato così e il settore è stato fortemente penalizzato dal mercato delle copie illegali. Questo meccanismo è cambiato, invece, quando abbiamo sviluppato modelli di business alternativi.

  GIOVANNI PAGLIA. (fuori microfono). Il fenomeno della pirateria ha dunque, in qualche modo, incentivato lo sviluppo di modelli di business alternativi.

  ENZO MAZZA, Presidente della Federazione italiana dell'industria musicale (FIMI). È stata data una risposta al problema della pirateria introducendo modelli innovativi ma non è vero che la pirateria abbia favorito lo sviluppo. Semplicemente si sono sviluppate aziende innovative le quali, insieme alle industrie che hanno inventato dei nuovi servizi, riscuotono oggi grande successo tra i consumatori.

  MARCO POLILLO, Presidente di Confindustria cultura Italia. Passerei la parola all'avvocato Gallavotti, per un breve intervento sulla questione della copia privata. Il tema SIAE è certamente da approfondire, magari in occasione di un altro incontro.
  L'ultimissima questione su cui rispondo riguarda il punto h) della nostra relazione, cioè il tema del copyright hub. Si tratta di uno strumento davvero importante e innovativo, che permette di risalire alla proprietà dei diritti di molte opere, le quali possono essere le più svariate (opere letterarie, fotografiche, ovvero di altro genere), attraverso tecnologie web di gestione delle informazioni sui diritti, grazie al quale saranno sempre meno le opere orfane, cioè quelle di cui non si riesce a trovare il titolare dei diritti.
  Sul tema della copia privata, passerei la parola all'avvocato Gallavotti.

  MARIO GALLAVOTTI. Consulente dell'Associazione nazionale industrie cinematografiche, audiovisive e multimediali (ANICA). Sulla questione della copia privata, mi pare che si possa aggiungere poco. È interessante, però, sottolineare che non si tratta di un compenso riconosciuto alla SIAE. La SIAE è l'ente che raccoglie e distribuisce. Possiamo discutere se sia legittimo che vi sia una sua intermediazione, ma questa è la norma nonostante molti ritengano la SIAE un monopolista. Sul tema ci sono molte questioni aperte.
  Su tale tematica devo dire tuttavia che, pur trattandosi di un sistema imperfetto, soprattutto nell'attuale periodo di contrazione delle risorse economiche provenienti dal mercato, esso continua a essere una fonte importante di ricavi, non tanto per i produttori, quanto per gli autori che contribuiscono alla creazione di contenuti. Si tratta di una quota di ricavi molto importante alla quale oggi certamente questi soggetti non possono rinunciare.
  I criteri di suddivisione di tali ricavi sono in favore degli autori, mentre l'industria percepisce una piccola percentuale. Sicuramente non è un modello perfetto. Peraltro, anche Paesi che non l'avevano adottato – mi riferisco, per esempio, ai Paesi anglosassoni – stanno invece introducendo il compenso di copia privata, anche se con modelli distributivi diversi.

  PRESIDENTE. Senza che vi sia una società come la SIAE.

  MARIO GALLAVOTTI. Consulente dell'Associazione nazionale industrie cinematografiche, audiovisive e multimediali (ANICA). Sì. Si tratta di una questione relativa alla modalità di distribuzione. Essendo vietato per legge copiare i contenuti protetti dal diritto d'autore, per derogare a tale divieto si è introdotto un sistema il quale, per quanto imperfetto, funziona.
  Questi compensi non sono stabiliti dalla SIAE. Sono stati faticosamente concertati dalle categorie interessate con la mediazione del Ministro dei beni culturali, il quale, con suo decreto, li aggiorna periodicamente. Mi pare si tratti più di un problema ingigantito dai media che di un problema effettivo.

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  ENZO MAZZA, Presidente della Federazione italiana dell'industria musicale (FIMI). Se posso aggiungere un elemento a questa discussione, ricordo che la previsione del compenso di copia privata non ha avuto alcun impatto sulle vendite di prodotti tecnologici. Come avrete saputo leggendo le più recenti ricerche di mercato, tra cui l'ultima sulla distribuzione nel periodo di Natale, le vendite di smartphone sono cresciute del 5 per cento. La misura è quindi assolutamente neutrale rispetto alle vendite di telefoni cellulari, smartphone e tablet. Gli allarmi relativi a questo rischio sono stati dunque smentiti a livello globale, come da noi previsto.

  MARIO GALLAVOTTI. Consulente dell'Associazione nazionale industrie cinematografiche, audiovisive e multimediali (ANICA). Possiamo anche ricordare che in alcuni Paesi il compenso di copia privata è più alto rispetto all'Italia mentre i prezzi dei device sono più alti in Italia che non in altri Paesi. Si è fatta quindi un'analisi non corretta della situazione.

  PRESIDENTE. Non mi faccia fare l'avvocato dell'accusa e salutiamoci con un sorriso: infatti, non c’è stato un impatto sulle vendite, ma sugli acquirenti.
  Grazie davvero ai nostri ospiti e buon lavoro.
  Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal dottor Polillo (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.

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ALLEGATO

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