XVII Legislatura

V Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Martedì 5 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Boccia Francesco , Presidente ... 3 

Audizione del Commissario straordinario per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale, Silvia Scozzese, sulla situazione debitoria di Roma Capitale (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Boccia Francesco , Presidente ... 3 ,
Scozzese Silvia , Commissario straordinario per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale ... 3 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 9 ,
Palese Rocco (Misto-CR)  ... 9 ,
Melilli Fabio (PD)  ... 11 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 14 ,
Ruocco Carla (M5S)  ... 15 ,
Saltamartini Barbara (LNA)  ... 16 ,
Marcon Giulio (SI-SEL)  ... 17 ,
Meloni Giorgia (FdI-AN)  ... 18 ,
Fassina Stefano (SI-SEL)  ... 20 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 21 ,
Scozzese Silvia , Commissario straordinario per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale ... 21 ,
Boccia Francesco , Presidente ... 24 

ALLEGATO: Documentazione depositata dal Commissario straordinario per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale ... 25

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FRANCESCO BOCCIA

  La seduta comincia alle 10.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Commissario straordinario per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale, Silvia Scozzese, sulla situazione debitoria di Roma Capitale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Commissario straordinario per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale, Silvia Scozzese, sulla situazione debitoria di Roma Capitale.
  Prenderà la parola la dottoressa Scozzese per una prima relazione, poi lasceremo, come sempre, la parola ai colleghi per le loro valutazioni e domande, quindi daremo spazio alla dottoressa Scozzese per una replica contenuta tra i quindici e i venti minuti.
  Do quindi la parola alla dottoressa Scozzese.

  SILVIA SCOZZESE, Commissario straordinario per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale. Buongiorno a tutti e grazie per questa opportunità. Io ho presentato una relazione che contiene sostanzialmente l'evoluzione della situazione e quelle che sono le prospettive, che illustro sinteticamente.
  Il primo piano di rientro dall'indebitamento pregresso del comune di Roma è stato presentato, come sapete, nel 2008 e individuava un disavanzo di poco più di 9,5 miliardi di euro derivanti da una differenza tra una massa attiva, cioè entrate, di 3 miliardi di euro, e una massa passiva di 12 miliardi e 800 milioni di euro.
  La costituzione di questa massa passiva del debito, dunque quello che in questa sede ci interessa, era composta: per il 28 per cento da debiti non finanziari, quindi pagamenti verso creditori, per una cifra di 3 miliardi e 600 milioni; per il 16,3 per cento da debiti verso la pubblica amministrazione, per 2 miliardi; per il 55,7 per cento da debiti finanziari, per uno stock di 7 miliardi e 128 milioni.
  Nel 2010 fu predisposto un nuovo piano di rientro, approntato in base alle disposizioni del decreto-legge n. 2 del 2010, che stabiliva che il Commissario del Governo doveva procedere a una definitiva ricognizione della massa attiva e della massa passiva, cui ha fatto seguito, sempre nel 2010, il documento di accertamento definitivo del debito.
  Tale documento ha fissato un disavanzo pari a 16 miliardi e 700 milioni di euro, risultante dalla differenza tra una massa attiva, che risulta di 5 miliardi e 700 milioni di euro, di cui 81 milioni in attesa di accertamento definitivo, e una massa passiva pari a 22,5 miliardi di euro, di cui 5,5 miliardi in attesa di accertamento definitivo.
  Questo aumento che registriamo tra i due piani, quello del 2008 e quello del 2010, è costituito sostanzialmente da una diversa rilevazione della spesa per interessi, Pag. 4 che nel primo piano non era rappresentata, per un valore di 6 miliardi e 700 milioni di euro, dall'emersione di nuovi debiti fuori bilancio per 413 milioni di euro e da 286 milioni di euro derivanti da contenzioso, che derivavano da una disposizione contenuta sempre nel decreto-legge n. 2 del 2010, che attraverso un'interpretazione autentica consentiva di individuare nuove partite che potevano passare dalla gestione ordinaria alla Gestione commissariale.
  Nel piano del 2010 abbiamo un'ulteriore novità. La principale è quella relativa alle procedure espropriative pregresse. Nell'analisi fatta nel 2010, ci si rende infatti conto che avevamo un insieme di procedure espropriative che non erano state ancora rilevate nel debito. Considerate che tali procedure sono valutate, in questo piano, per un valore di un miliardo di euro. Si tratta di circa 2.000 pratiche riferibili al periodo compreso tra il 1950 e il 1990. Questa parte evidentemente viene stimata così dagli uffici del comune e abbiamo la conoscenza di questo miliardo di euro, che rappresenta l'onere potenziale per regolarizzare queste posizioni aperte.
  Il documento di accertamento definitivo – nella relazione tale passaggio viene riportato in carattere corsivo, essendo un estratto del documento stesso – ci mostra anche qual è stata la procedura per valutare questo miliardo. Sono state assunte come elemento di analisi 115 posizioni e l'onere è stato quantificato in 568 milioni e 574 mila euro. Per le restanti 1.885 procedure, non disponendo di un dato certo che individuasse i creditori o i proprietari – vale a dire i punti di riferimento, i creditori di queste procedure – abbiamo una rilevazione induttiva che alla fine, attraverso un confronto tra gli uffici e il Commissario del tempo, è stata valutata in un miliardo di euro.
  Questo nuovo piano del 2010, l'ultimo che conosciamo, contenente quindi l'accertamento definitivo, comporta anche un aumento della massa passiva per circa 591 milioni di euro, che deriva da ulteriori partite che erano pagamenti e anticipazioni fatte dal comune di Roma per la Gestione commissariale. Vi ricordo che, nei primi anni della citata gestione, non c'era ancora un finanziamento diretto, quindi in quel caso il comune addirittura in qualche modo anticipò qualche pagamento per la Gestione commissariale.
  La questione di fondo qual è? La troviamo scritta nel documento di accertamento definitivo del 2010: abbiamo, sia per la massa attiva che per la massa passiva, delle componenti che sono definite «in attesa di accertamento definitivo». Quindi, evidentemente, né i piani di rientro finora redatti né il documento di accertamento definitivo del debito sembrano contenere una ricognizione analitica e una rappresentazione esaustiva della situazione finanziaria da risanare antecedente al 2008. Questo è contenuto nelle relazioni.
  In ogni caso, come anticipato, attualmente per il 43 per cento delle posizioni presenti nel sistema informatico del comune di Roma a cui fa riferimento il Commissario straordinario non è individuato direttamente il soggetto creditore. Quindi, abbiamo un documento informatico che evidentemente riporta tutte queste posizioni che sono state esaminate in questi anni. Sono presenti 12.000 posizioni per un valore complessivo di 3 miliardi e 224 milioni di euro. Qui parliamo sempre di un debito commerciale, cioè non del debito finanziario. Dunque, abbiamo una situazione che ci mostra che sono ancora aperte posizioni – o procedure o pratiche, chiamiamole come meglio ritenete – che fanno riferimento a creditori di cui per una parte manca una individuazione precisa dal punto di vista soggettivo, ma che sono in ogni caso quantificabili in 12.000 posizioni da esaminare e da analizzare. Di queste: 5.700 posizioni, per 257 milioni di euro, sono riferibili a creditori esterni alla pubblica amministrazione; 1.129 posizioni, per un valore di 1 miliardo e 20 milioni di euro, sono riferibili a creditori interni alla pubblica amministrazione; più di 5.100 posizioni sono infine riferibili a procedure non definite, in larga parte relative a procedure espropriative e a contenzioso, di cui abbiamo parlato prima, per un importo pari quasi a 2 miliardi di euro. Avevamo infatti Pag. 5ricordato in precedenza che un miliardo si riferiva agli espropri e un altro miliardo al contenzioso.
  Questa cifra, come avete ben inteso, non può essere considerata definitiva e attendibile, in quanto il dato, elaborato e ricevuto direttamente dagli uffici del comune, è stato dagli stessi uffici comunicato come meramente indicativo e suscettibile di variazioni.
  Veniamo ora alla parte finanziaria. La massa passiva dal punto di vista finanziario è costituita da 1.686 mutui e due contratti derivati; per quanto riguarda i mutui, 1.491 sono contratti con la Cassa depositi e prestiti e 195 con altri istituti. Per la massa attiva, invece, le posizioni creditorie sono 9.608, per un valore di 1 miliardo e 851 milioni di euro. Anche queste voci necessitano di un'approfondita analisi, perché il 77 per cento di queste posizioni si riferisce a creditori non identificati analiticamente, trattandosi in larga parte di liste di carico del patrimonio e di ruoli, per un valore del 29 per cento della massa attiva, pari cioè a 541 milioni di euro su 1 miliardo e 851 milioni complessivi.
  Qual è stata l'evoluzione di queste posizioni debitorie e creditorie? Dal 1° gennaio 2011 – solo da quel momento abbiamo dei dati analizzabili – sono stati liquidati 5 miliardi e 600 milioni di euro, di cui: 2 miliardi e 600 milioni, pari al 47 per cento del totale, per ammortamento dei mutui; 2 miliardi e 600 milioni, pari al 48 per cento del totale, per rapporti interni alla pubblica amministrazione; 300 milioni, pari al 5 per cento del totale, verso creditori terzi. Quindi, la gran parte dell'attività che è stata espletata ha riguardato sostanzialmente la liquidazione di partite interne alla pubblica amministrazione o il pagamento di rate di mutuo. I debiti commerciali, quelli che noi definiamo esterni alla pubblica amministrazione, si riferiscono invece, per la maggior parte, a crediti azionati attraverso azioni giudiziali, e quindi sostanzialmente sulla base di sentenze passate in giudicato. Ciò perché l'attuale prassi amministrativa della Gestione commissariale comporta che la liquidazione delle partite inserite nella massa passiva, propedeutica al pagamento delle stesse da parte del Commissario, sia effettuata dagli uffici di Roma Capitale. Analogamente, anche le richieste di integrazione della massa passiva passano oggi per gli uffici capitolini, dai quali vengono inoltrate all'attenzione della Gestione commissariale.
  L'ultima relazione al Parlamento, presentata nel 2015, sintetizza questa situazione. Infatti, essa riporta che la Gestione commissariale «ha processato, per le fasi di propria competenza (pagamento), i mandati emessi dai singoli uffici capitolini competenti senza entrare nel merito dei criteri di selezione operati da questi ultimi in fase di emissione». Dal 1° gennaio 2011 sono stati poi disposti, in ragione delle richieste di integrazione pervenute dagli uffici comunali, 730 nuovi inserimenti in massa passiva, per un valore di 330 milioni di euro. Nel corso del 2013, inoltre, è stata effettuata un'operazione di attualizzazione del contributo statale per un valore di quasi 570 milioni di euro. Questa anticipazione, insieme ad altre partite sospese del valore di 30 milioni di euro, è stata attribuita alla competenza della Gestione commissariale dal decreto-legge n. 16 del 2014.
  In sintesi, come vedete, la massa passiva è in evoluzione, perché ancora il flusso delle partite che devono essere esaminate da parte della Gestione commissariale è aperto, pertanto arrivano richieste sia di integrazioni che di variazioni da parte degli uffici comunali.
  Il debito finanziario, alla data del 30 settembre 2015, ha un valore nozionale di 5.825.219.135 euro – scusate, ma la precisione in questi casi è necessaria –, a cui corrisponde un valore attuale di circa 4 miliardi e 773 milioni di euro. Su questo debito residuo, il flusso futuro di interessi ha un valore di quasi 4 miliardi di euro.
  Per quanto concerne la tipologia degli interessi, il debito è così ripartito: a tasso fisso per l'82 per cento del capitale totale, a tasso variabile per il 17,4 per cento del capitale totale. Quindi, i titoli a tasso variabile rappresentano una quota largamente minoritaria e la quasi totalità dei debiti a tasso variabile è a cedola semestrale. Pag. 6 Titoli e mutui a tasso fisso sono in larga misura, invece, a cedola costante. Tra le passività a tasso costante una grossa fetta, un terzo circa, è rappresentata da un buono ordinario comunale (BOC) emesso per un ammontare di 1,4 miliardi di euro.
  La struttura del debito è insita nel debito finanziario ereditato. L'effetto di tale struttura sul servizio del debito è di mantenere elevato, sebbene non eccessivamente elevato, il costo del servizio del debito. Nella relazione, sono riportati i valori. Ovviamente la presenza di titoli a tasso variabile in questo momento abbassa un pochino l'onere per interessi, che è al 4,2 per cento nel 2016; il costo della spesa per interessi crescerà poi fino al 5,6 nel 2041, per diminuire nel 2048, quando l'unico debito residuo sarà la restituzione del BOC di cui abbiamo parlato.
  Per quanto riguarda la parte dell'ammortamento concernente il rimborso della quota capitale, tutto il debito finanziario prevede un piano di rimborso del capitale con pagamenti nel corso della vita del debito stesso, con l'eccezione del BOC. Per tale titolo sono stati chiusi i contratti derivati che trasformavano il rimborso in un'unica soluzione alla scadenza in un rimborso a rate annuali. Il BOC fu emesso in tre tranche: la prima di 600 milioni di euro a novembre del 2003, la seconda e la terza di 400 milioni di euro ciascuna, rispettivamente nel 2004 e nel 2005, per un valore nominale di 1,4 miliardi di euro.
  Il titolo è di tipo bullet, cioè prevede il rimborso del capitale in un'unica soluzione il 27 gennaio 2048 e il pagamento di un interesse fisso annuale pari al 5,345 per cento del capitale, per un valore di 74 milioni e 830 mila euro. La cedola è annuale, ossia il pagamento degli interessi è fatto in un'unica soluzione il 27 gennaio di ogni anno.
  Come si è verificato in molti altri casi di emissioni di titoli di tipo bullet da parte degli enti pubblici, l'emissione era affiancata da contratti derivati che consentivano sia di rendere l'emissione coerente con il requisito di legge che richiedeva il rimborso della quota capitale durante la vita del contratto, sia di trasformare il pagamento degli interessi da tasso fisso a step up.
  Questo prodotto, che era un prodotto normalissimo che fu usato in maniera molto diffusa dagli enti in quel periodo ovviamente per fare investimenti, era normalmente strutturato in questo modo: sia dal punto di vista finanziario, perché questa è un'operazione sana, sia dal punto di vista legislativo, perché la legge imponeva questo tipo di situazione, invece di immaginare un rimborso in un'unica soluzione che evidentemente per un ente pubblico rappresenta una operazione – ne spiegheremo dopo il perché – un pochino particolare, questo rimborso veniva spalmato negli anni di durata del prestito. Questa è un'operazione normalissima, che in questo caso troviamo, alla propria origine, sana ed equilibrata da questo punto di vista.
  Infatti, il BOC del comune di Roma era affiancato da quattro contratti derivati, stipulati con UBS, Dexia, JP Morgan e Barclays. I quattro contratti derivati che garantivano, come ho detto, questa trasformazione di pagamenti in quote capitale e di interessi, sono stati invece chiusi. Per l'esattezza, tre sono stati chiusi nell'esercizio 2011, per un valore nozionale complessivo di 1 miliardo di euro, e quello con UBS nel luglio 2012, per i residui 400 milioni. La chiusura, senza la costituzione contestuale di alternativi meccanismi di sinking fund, è stata resa possibile da un intervento di legge che ha consentito di derogare al vincolo di accantonamento, ai sensi dell'articolo 2, comma 9, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10.
  Il predetto vincolo era stato previsto dal legislatore per evitare che le amministrazioni in carica si indebitassero scaricando l'onere su generazioni future, facendo apparire la scelta di investimento come ininfluente sul bilancio corrente. La deroga nella specie concessa, di fatto, produce questo effetto: le somme all'epoca accantonate, circa 48 milioni di euro, sono state incassate nel 2011, mentre il rimborso e i maggiori interessi netti passivi, intesi come differenza tra interessi passivi e interessi Pag. 7attivi che sarebbero maturati sull'accantonamento, saranno pagati negli anni futuri.
  Alla luce di quanto risultante dalla documentazione agli atti della Gestione commissariale, quest'operazione si fonda sull'aspettativa di riacquistare sul mercato i titoli emessi dal comune di Roma a prezzo inferiore, in quanto il venir meno del versamento della garanzia reale avrebbe potuto spingere al ribasso il valore del titolo sul mercato a causa della percezione di un maggiore rischio di insolvenza. Non solo una tale diminuzione non si è verificata, ma il titolo ha incrementato progressivamente il suo valore ed è salito sopra la pari alla fine dell'aprile 2014.
  Alla data di insediamento della nuova Gestione commissariale, il 30 settembre 2015, il titolo valeva il 121,4 per cento del nominale e ricomprarlo ora a prezzi di mercato sarebbe costato quasi 1,7 miliardi di euro. Una possibile spiegazione di un tale aumento risiede nel fatto che il mercato percepisce come incondizionata la garanzia del debito della Gestione commissariale da parte del Governo italiano, sancita con l'approvazione di una legge in deroga agli obblighi di carattere generale previsti in materia di indebitamento.
  La Gestione commissariale ha, inoltre, ereditato dal comune di Roma nove contratti derivati. Si tratta di derivati di tasso, per i quali i consulenti del comune hanno calcolato un valore mark to market negativo per il comune di circa 147 milioni di euro. Questo dato è sempre contenuto nel documento di accertamento del debito del 2010.
  Di questi contratti solo due sono ancora aperti. Nell'esercizio in cui vennero chiusi gli altri derivati, il 2011, il valore mark to market di questi due contratti che sono ancora in piedi era negativo per la Gestione commissariale per poco meno di 19 milioni di euro. Ad una valutazione al 30 settembre 2015, il passivo è salito a 32 milioni di euro.
  In sintesi, il debito complessivo in carico alla Gestione commissariale, pur considerando le problematiche riscontrate nelle quantificazioni delle passività dei piani di rientro del 2008 e del 2010, risulta essere pari a 3 miliardi e 224 milioni di euro per il debito non finanziario e a 8 miliardi e 768 milioni di euro per il debito finanziario, considerato a valori attuali.
  Il documento di accertamento definitivo non prevedeva, tra le voci della massa attiva, un contributo stabile, come abbiamo detto prima. Il finanziamento strutturale è stato previsto con il decreto-legge n. 78 del 2010. Il contributo statale di cui la Gestione è destinataria trova copertura per 300 milioni di euro in un fondo del Ministero dell'economia e delle finanze e per 200 milioni di euro in un fondo alimentato con l'IRPEF dei cittadini romani.
  Per consentire operazioni di attualizzazione del contributo destinato alla Gestione commissariale, finalizzate ad aumentare nel breve periodo la disponibilità di liquidità rispetto a quella garantita dal contributo annuo, dal 2011 al 2040 sono stati interamente impegnati nel bilancio dello Stato i 15 miliardi di euro previsti nel trentennio. Parte di tali somme è stata anticipata con apposita operazione di attualizzazione, che ha determinato un assorbimento di risorse, a valere sui complessivi 15 miliardi di euro autorizzati, di 6 miliardi e 440 milioni, garantendo liquidità immediata per 4 miliardi e 500 milioni, interamente resa disponibile e introitata nel giugno 2014, con un costo netto dell'operazione di 2 miliardi di euro. Tale finanziamento impegna fino al 2040 una quota pari a 180 milioni e 200 mila euro del finanziamento di 500 milioni annui.
  Nell'estate del 2014 è stata aggiudicata la gara per una seconda operazione di attualizzazione, che consentirebbe di anticipare al 2016 liquidità per 5 miliardi di euro, assorbendo le residue somme disponibili fino al 2040, cioè 7,6 miliardi di euro, che corrispondono alla somma cumulata del residuo contributo pari a poco meno di 320 milioni di euro annui.
  La disponibilità di dati certi in merito alle consistenze, ai flussi relativi al debito finanziario e alle fonti di finanziamento consente di effettuare un'analisi di questa componente della massa passiva della Gestione commissariale, per poterne apprezzare le caratteristiche in termini di sostenibilità Pag. 8 delle posizioni debitorie e di gestione della liquidità.
  In prima istanza, si può ragionare tenendo conto soltanto della parte dei contributi futuri erosa dall'operazione di attualizzazione sopra descritta, per cui fino al 2040 i contributi ricevuti della Gestione commissariale saranno limitati a poco meno di 320 milioni di euro l'anno. Ciò nonostante, se confrontiamo il valore attuale del debito finanziario fino al 2048 con quello dei contributi previsti fino a tale data, otteniamo che il debito finanziario risulta sostenibile. Più nel dettaglio, il debito finanziario vale circa 8.768.000.00 di euro, mentre il valore attuale dei contributi futuri è circa 8.974.000.000 di euro quindi sopravanza di poco quanto ci serve per ripagare il debito. A questo saldo devono essere aggiunti 880 milioni di euro di contributi relativi all'ultimo triennio, che il Ministero dell'economia e delle finanze sta per versare alla Gestione commissariale. Questo eccesso di risorse è quindi destinabile alla copertura della componente non finanziaria, cioè dei debiti commerciali di cui abbiamo detto prima, per poco meno di 1,1 miliardi di euro. Quindi, dalla gestione finanziaria residuano 1,1 miliardi di euro che possiamo destinare al pagamento dei creditori che ancora devono essere pagati.
  Tuttavia, se si procedesse al tiraggio delle somme previste nella seconda operazione di anticipazione, il costo relativo supererebbe la disponibilità di risorse attualmente previste fino al 2048, ovvero il valore attuale delle risorse risulterebbe inferiore al valore attuale del debito finanziario, determinando una condizione di squilibrio per circa 200 milioni di euro. Ne consegue l'inopportunità di utilizzare tale strumento attualmente a disposizione della Gestione commissariale in assenza di un incremento del contributo.
  L'analisi della situazione di liquidità è un concetto distinto da quello della sostenibilità. Possiamo infatti pensare a una situazione sostenibile, in cui cioè il valore attuale delle entrate è superiore a quello delle uscite, ma di crisi di liquidità, perché per alcuni periodi le entrate non sono sufficienti a coprire le uscite. Questo è il caso del debito finanziario della Gestione commissariale di Roma.
  Se si esclude dal computo il contributo di 880 milioni di euro atteso dal Ministero dell'economia e delle finanze, notiamo che il saldo tra entrate e uscite si prospetta negativo fino al 2039. Chiaramente nei primi anni questo scenario di crisi verrebbe attutito dal versamento degli 880 milioni di euro, spostando le difficoltà di liquidità al 2020 e fino al 2035. Da qui in avanti il contributo erogato sarebbe in grado di coprire anche su base annua gli oneri del debito.
  L'analisi del timing del problema della liquidità si ribalterebbe nel caso – come detto impraticabile per questioni di insostenibilità – di ricorso all'anticipazione nel 2016. In tal caso la liquidità disponibile garantirebbe il pagamento delle rate, comprensive di interessi, fino al 2029, dopodiché si innescherebbe una crisi di liquidità fino al 2045, con un biennio di capienza delle risorse e poi l'ultimo anno con l'insolvenza parziale nel rimborso del bullet.
  L'analisi di questi flussi di cassa e la dimensione del fabbisogno netto annuo generato dal debito finanziario suggeriscono due considerazioni sulle cause di questi squilibri di liquidità, che possono essere utile guida per le scelte da operare in futuro. Si rileva infatti che lo sbilanciamento tra uscite ed entrate previsto fino al 2035 è sempre inferiore all'ammontare dei 180 milioni di euro, che è la somma che la Gestione commissariale paga a rimborso dell'operazione di attualizzazione del 2011. In secondo luogo, la pressione che si verificherà quasi sicuramente nel 2048 al momento del rimborso del bullet è ovviamente dovuta all'operazione di chiusura dei quattro derivati che ne cambiavano il piano di rimborso. La scelta di non chiudere questi derivati avrebbe spalmato questi requisiti di liquidità su tutto lo scadenzario.
  Si ricorda che l'analisi di liquidità, come quella di sostenibilità, ipotizza il pagamento dei soli debiti finanziari, senza considerare in alcun modo né l'ammontare né il profilo dei pagamenti netti dovuti al debito non finanziario, che chiaramente comporteranno un effetto peggiorativo Pag. 9sulla crisi di liquidità. È chiaro che affrontare questa crisi di liquidità richiede un cambiamento di filosofia dell'intervento. Affrontare la crisi di liquidità richiede oggi che un'eventuale operazione di attualizzazione dei contributi residui sostituisca i flussi di pagamenti futuri anziché aggiungersi ad essi.
  L'intervento è reso più arduo di quanto sarebbe stato in passato: si tratterebbe infatti di intervenire sui flussi di cassa in una fase di tensione finanziaria e in una situazione in cui il debito non finanziario rappresenta una variabile aleatoria rilevante, che può rendere più severa la crisi di liquidità.
  Dai caveat ricordati nell'analisi precedente appare chiaro che gli scenari di sostenibilità o di crisi di liquidità che si potranno effettivamente verificare saranno profondamente influenzati dall'incertezza dei pagamenti del debito netto non finanziario. Ricordiamo infatti che questi pagamenti sono incerti sia nella loro dimensione complessiva che nella loro distribuzione negli anni. Per quanto riguarda la sostenibilità, l'eccesso di risorse presente nel saldo del debito finanziario verrebbe completamente assorbito dal saldo netto delle partite non finanziarie, pari a 2 miliardi e 298 milioni di euro ipotizzando un incasso pari al 50 per cento della massa attiva – e considerate che dopo otto anni un comune svaluta all'80 per cento queste entrate – , lasciando così una posizione passiva netta di circa 1 miliardo e 200 milioni di euro.
  Tale analisi di sostenibilità si verifica, in linea teorica, ipotizzando che restino fermi i valori della massa attiva e della massa passiva e non considerando, quindi, le problematiche riscontrate nelle rilevazioni delle passività nei piani di rientro del 2008 e del 2010.
  Sul versante della crisi di liquidità, da un lato potrebbe verificarsi che l'ammontare complessivo dei debiti non finanziari possa essere più elevato della stima, generando uno squilibrio di liquidità maggiore di quello calcolato; dall'altro lato, potrebbe accadere che gran parte della spesa si concentri nel futuro prossimo, anticipando e approfondendo la crisi di liquidità relativa al debito finanziario.
  Per avere un quadro dello spazio disponibile per far fronte ogni anno a pagamenti di debito non finanziario, si riporta una proiezione delle disponibilità di cassa. L'analisi è stata fatta a partire dalla liquidità effettivamente in cassa a gennaio 2016 e aggiungendo le rate dei pagamenti obbligatori previsti per il 2014 e il 2015 del contributo di 880 milioni di euro atteso dal Ministero dell'economia e delle finanze. Su questa base, proiettiamo la liquidità aggregando per ogni anno il saldo tra i contributi riscossi e le spese attese.
  Nella tabella leggiamo che lo spazio per il pagamento dei debiti non finanziari si riduce velocemente, fino ad esaurirsi nel 2020, come si evince dall'analisi dei flussi di liquidità dei pagamenti finanziari. Ma questo orizzonte di crisi si potrebbe avvicinare se i pagamenti di debiti non finanziari si verificassero nei prossimi anni. Per esempio, già nel 2016 si potrebbe verificare una crisi di liquidità se emergessero nell'anno pagamenti per debiti non finanziari superiori a 539 milioni. L'anno successivo lo spazio per questi pagamenti si ridurrebbe di 163 milioni e potrebbe tollerare un ammontare di pagamenti annui di 375 milioni. Tenendo conto anche del trend registrato nei pagamenti del debito non finanziario, si evidenzia il rischio di veder compromessa la capacità di rimuovere situazioni debitorie per non incorrere in crisi di liquidità, né appaiono percorribili soluzioni del tipo di quelle finora approntate dell'anticipazione dei contributi, operazioni che andrebbero a definire una condizione di insolvenza complessiva del debito finanziario in carico alla Gestione commissariale.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Scozzese.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROCCO PALESE. Ringrazio la dottoressa Scozzese per la relazione, che peraltro è prevista anche dal decreto legislativo Pag. 10n. 61 del 2012, che parla di una relazione annuale da predisporre e portare a conoscenza del Parlamento.
  Qui emergono, in estrema sintesi, due spaccati: il primo è che siamo davanti a una vera e propria miniera di debiti, perché di questo si tratta; il secondo è che io non conosco quali siano state le motivazioni vere che hanno dettato la necessità, all'epoca, di concepire questa procedura straordinaria, uscendo fuori dalla procedura normale.
  Lo dico perché vorrei che, da questo punto di vista, le cose fossero chiarite per bene, altrimenti noi continuiamo a mantenere aperta una miniera di debiti a piè di lista.
  In effetti, se non ho capito male, da questa relazione o da quello che in maniera sintetica ha illustrato la dottoressa Scozzese – chiaramente lo ha fatto in pochi minuti e meglio non poteva fare – emerge in maniera chiara che ancora non abbiamo un orizzonte di chiusura.
  In questo contesto di orizzonte di chiusura, se fosse stata seguita la procedura normale che seguono tutti gli altri enti dissestati, noi forse avremmo avuto una prima certezza: il piano di risanamento, di riconoscimento e quant'altro che si dovevano fare a livello centrale. Il Ministero dell'interno e il Ministero dell'economia e delle finanze dovevano stabilire un punto fermo per il comune x e, nel caso di Roma Capitale, avere come obiettivo un piano di rientro calibrato e connesso a un bilancio di previsione annuale stabilmente riequilibrato. Facendo leva su che cosa? Poiché l'eventuale norma derogatoria concernente i mutui per pagare i debiti non è possibile, in considerazione del fatto che lo vieta il Titolo V della Costituzione, la procedura è quella delle addizionali, della copertura dei servizi a domanda individuale al 100 per cento, della alienazione di tutti i beni e della rideterminazione del personale.
  Non so se tra i compiti del Commissario rientrano anche questi aspetti oppure se nella procedura normale del bilancio ordinario del comune di Roma esistono queste cose. Lo dico perché, prima di andare a vedere la parte debitoria, il comune motu proprio deve procedere. Io ho notizia, così come l'abbiamo tutti, dell'aumento delle addizionali. Ora, non so cosa sia previsto rispetto alla copertura dei servizi a domanda individuale al 100 per cento, tuttavia sulla questione relativa all'alienazione dei beni e alla rideterminazione del personale c'è un buio assoluto.
  D'altro canto, questa procedura, cioè la procedura normale, se non sbaglio, avrebbe consentito il blocco di interessi nei confronti dei creditori, cosa che non è molto chiara rispetto a quello che poco fa la dottoressa Scozzese faceva emergere. Tutto ciò che è nella procedura ordinaria che io ho elencato e forse anche altre cose che ho dimenticato sono contemplati nella situazione della misura straordinaria?
  Vi è un secondo problema. Lei dice che «né i piani di rientro finora redatti, né il documento di accertamento definitivo del debito sembrano contenere una ricognizione analitica e una rappresentazione esaustiva della situazione finanziaria da risanare antecedente al 2008». Questo è un passaggio che va meglio precisato.
  Per quello che riguarda la procedura normale, a ogni debito fuori bilancio o a ogni cosa che si doveva pagare – fatture e quant'altro – era necessario fare la «risonanza magnetica», cioè, debito per debito occorreva fare l'accertamento che effettivamente il debito esisteva, l'accertamento che non esisteva duplicazione, l'accertamento del titolare del credito, l'accertamento della fornitura seguita. Poi, debito per debito, si doveva andare in Consiglio comunale, anche se la procedura commissariale, non avendo questi compiti, ho addirittura l'impressione che forse sia stata congegnata per evitare proprio questo.
  In merito, vorremmo sapere se, fino al 2008, tutto quello che era in pancia c'è analiticamente, cioè debito per debito, fattura per fattura, liquidazione per liquidazione, mandato per mandato. Inoltre, vorremmo sapere se c'è stato un riconoscimento da parte del Consiglio comunale e chi l'ha verificato, cioè chi è stato che ha verificato tutto ciò. Lo dico perché questo è un punto essenziale. Pag. 11
  Inoltre, a partire dal 2008 c'è anche una serie di situazioni che rimangono aperte. C'è una procedura qui ancora aperta, perché la dottoressa Scozzese giustamente ha detto che ci sono ancora sopravvenienze passive di richieste dei creditori e via dicendo.
  Riguardo alla procedura normale io ricordo, per essere stato autore forse del primo risanamento di un comune in Italia sulla base di quanto previsto dagli articoli 24 e 25 del decreto-legge n. 69 del 1989 insieme al direttore generale della finanza locale Antonio Giuncato, che sperimentammo un po’ tutto. Nella sperimentazione, però, io ricordo che all'epoca, in maniera molto artigianale e ancor più efficacemente, in quanto sulla base di quanto previsto dalla legge, si stabilì che, fatto il bando, entro 60 giorni oppure entro 80 o 100 giorni, i creditori decadevano di diritto. Inoltre, quella sperimentazione prevedeva altresì la sottoscrizione di transazioni, la rinuncia agli interessi e quant'altro, altrimenti non si faceva niente. Qui, insomma, non abbiamo notizie neanche di questo.
  Si tratta di una mia impressione? Lo chiedo alla dottoressa Scozzese, che si è spesa e che peraltro conosce molto meglio di me ed è molto più aggiornata di me in tema di procedure ordinarie e di gestioni commissariali.
  Per quanto concerne la situazione futura, ho l'impressione che vi sia la necessità di intervenire, ed ho visto che alla presente audizione partecipano anche taluni deputati candidati a sindaco di Roma. In effetti, scherzando dicevo che forse era il caso che qualcuno ci ripensasse pure, prima di continuare davanti a una situazione del genere. È evidente che – questa pure è una domanda che rivolgo alla dottoressa Scozzese – c'è la necessità di intervenire.
  Innanzitutto, ho sentito che più dei due terzi del debito esistente è stato contratto a tasso fisso e forse non so se occorre una ristrutturazione, visto l'ammontare della cifra. Pare evidente che dobbiamo cercare di farla, visto che uno degli aspetti positivi di questa crisi è insomma l'abbattimento dei tassi di interesse. Inoltre, la chiusura dei derivati è inevitabile.
  Tutto questo ovviamente ha un senso, se è accompagnato però da una esigenza di equità: non è che tutta la nazione deve pagare lo scempio di Roma. Lo dico senza se e senza ma, anche perché le risorse che vengono impegnate da parte dello Stato – ce ne sono e forse ne occorrono altre – non coincidono con l'interesse generale della nazione, cioè delle tasche di tutti i cittadini, e quindi l'alienazione dei beni, perlomeno di ciò che è alienabile, è importante e indispensabile.
  Prima di tutto si deve fare l'alienazione dei beni e ci si deve occupare del personale e delle partecipate, perché dobbiamo affrontare questi problemi. Certo, davanti a noi c'è un momento molto delicato di gestione elettorale, ma io penso che questi siano dei punti cardine, al di là di tutto il resto che non sto qui a elencare per brevità. Io ho parlato di «alienazione», ma vi è anche la questione degli spazi pubblici.
  Vorrei dire, avviandomi alla conclusione, che adesso si faranno le elezioni e vincerà chi vincerà, ma dopo io penso che il Parlamento abbia il sacrosanto dovere di porsi il problema, insieme a chi sarà eletto, di come intervenire, ma in via definitiva, non con questa procedura che ha aggravato infinitamente la situazione debitoria esistente, lasciando aperto tutto a piè di lista, con le sopravvenienze passive, con gli interessi che continuano, senza l'alienazione dei beni, senza la rideterminazione del personale, senza intervenire sulla partecipate e senza ristrutturare il debito, sul quale vengono corrisposti interessi a tasso fisso, con numeri che, ci dice la dottoressa Scozzese, sono spaventosi. Questi sono soldi pubblici, di tutti, e mi rendo conto che noi dovremmo cercare di affrontare queste cose subito dopo le elezioni.

  FABIO MELILLI. Ringrazio per aver chiesto l'audizione della dottoressa Scozzese e per la puntualità, con la dovuta sintesi, del suo intervento.
  Provo a fare qualche domanda legata a qualche considerazione.
  Al di là dei processi di liquidità, che sono stati determinati anche dalle difficoltà di liquidità dovute alle scelte che il Commissario ha compiuto, scelte che noi giudicheremo, Pag. 12 da un punto di vista economico-finanziario mi limito a dire che non mi sembrano brillanti perché togliere la garanzia dovuta ai derivati non mi sembra davvero un'ipotesi brillante.
  In secondo luogo, non mi spiego come un Commissario, che nella sua storia ha svolto un ruolo rilevante nella Cassa depositi e prestiti, non si ponga il problema, nell'intervento normativo successivo, di rinegoziare i mutui. Si tratta di una cosa che ha fatto il mio comune di 3.000 abitanti. Tuttavia, il comune di Roma con la Gestione commissariale continua a pagare il 5,5 per cento d'interesse alla Cassa depositi e prestiti. Ora, se fosse stato il Commissario che l'ha preceduta e che non è esperto della materia, avrei anche potuto comprendere, ma, visto che si è intervenuti normativamente nel 2010, parlo del debito finanziario naturalmente, si poteva fare quello che si è fatto per ogni comune italiano.
  Penso sia il caso, anche se il periodo della campagna elettorale non è il più adatto, di stabilire qualche verità.
  Il Commissario Scozzese sostiene che, al di là dei problemi di liquidità, il debito è sostenibile. Io faccio una domanda, anche per l'esperienza professionale della dottoressa Scozzese.
  Il comune di Roma ha una massa passiva complessiva che dopo due anni è diventata molto più alta e non si capisce perché i dirigenti del comune non calcolino gli interessi, quando gli viene chiesto qual è la massa passiva, ma questo fa parte della originalità della vicenda. C'è una massa passiva che gira intorno ai 18-19 miliardi di euro, se consideriamo il pagato del primo anno e il riletto del secondo anno. Un comune come quello di Roma – spesso lo dimentichiamo – ha una entrata corrente che è superiore ai 5 miliardi di euro, se non vado errato.
  In passato ai comuni italiani era consentito di indebitarsi pro rata per il 25 per cento delle entrate correnti. La norma che ha garantito al sistema di finanza locale e al sistema dei comuni di non sforare rispetto all'indebitamento, nel 2008 prevedeva il 25 per cento, dopodiché, con la crisi, siamo arrivati al 12 per cento, cioè gli interventi più duri del Parlamento italiano che hanno ridotto la capacità di indebitamento dei comuni italiani non sono andati sotto al 12 per cento delle entrate correnti. Poi, siamo arrivati anche al 10 per cento, quando c'era una situazione di default del Paese. Il 10 per cento, considerando il periodo di default, anche se nel 2008 non c'era questa condizione, corrisponde a 500 milioni di euro all'anno, è chiaro? Questa cifra è identica a quella che viene chiesta agli italiani e ai romani per risanare il debito di Roma.
  Noi abbiamo assistito negli anni passati a una scelta originale e peggiorativa rispetto alla normativa esistente, quindi rispetto ai dissesti o ai pre-dissesti, perché esiste anche il pre-dissesto. Certo, capisco che il dissesto della Capitale poteva sembrare nel 2008 una cosa esagerata, ma insomma esistono comuni in pre-dissesto che governano il rientro dal debito con grande tranquillità.
  Questo carico fiscale che viene posto ai romani e agli italiani vale una somma che per il comune di Roma dovrebbe essere normale come pagamento della rata di debito. Lo dico perché si può fare campagna elettorale in questo Paese, come sta capitando spesso, ma mai nella cultura economica della finanza locale è stato considerato un debito nel suo volume complessivo. Non esiste nel dibattito giuridico italiano, salvo in quello politico intorno alle campagne elettorali, che un comune si valuti per l'entità del suo debito.
  Come nelle famiglie normali, ci si indebita in relazione allo stipendio mensile che si riceve. Io faccio un mutuo per la mia casa e lo faccio se me lo posso permettere. Questo è stato il cardine su cui è stato costruito, giusto o sbagliato, il sistema di finanza locale italiano.
  Inoltre, il comune di Roma nel 2008 poteva permettersi di pagare con il 10 per cento, e non con il 25 per cento come il mio comune d'origine, il suo debito.
  Dovremmo, per essere onesti intellettualmente, analizzarlo nel dettaglio. In effetti, quando lo analizziamo nel dettaglio, ci accorgiamo che non c'è solo un debito finanziario, ma c'è anche un debito verso Pag. 13terzi, oltre che verso la pubblica amministrazione. Naturalmente, quando diciamo «verso la pubblica amministrazione» il debito è tutto interno – comune verso ATAC, ATAC verso comune, comune verso AMA; insomma parliamo di partite di giro, se le vogliamo definire con un po’ di fantasia – me ne rendo conto – in questo modo.
  Vorrei dire che, se tu costruisci una bad company sulla quale scarichi tutto lo scaricabile, è normale che gli uffici fanno un'operazione a pulire, quindi vanno a finire nella Gestione commissariale anche quei debiti che, se posso permettermi, stupendoci entrambi, non hanno il creditore. Non si possono iscrivere in bilancio, per legge, i debiti che non hanno i creditori. Evidentemente, lì dentro, si trattava di pulire i bilanci. I bilanci del 2008 erano così anche negli altri comuni italiani. Poi la restrizione delle norme di finanza locale li ha portati a diventare più limpidi, tant'è che siamo arrivati fino al pareggio, fino all'equiparazione del bilancio di cassa che ti impedisce di avere residui.
  C'è stato un processo nei comuni italiani che nel comune di Roma è stato fatto soltanto per il nuovo e non per il vecchio. Inoltre, assistiamo a una comica per cui nel debito monstre del comune di Roma abbiamo gli espropri delle Olimpiadi del 1960. Ora, se esiste un creditore, portatemelo, cioè io voglio conoscere fisicamente – potremmo fare un'indagine sui creditori del comune di Roma – chi sono i creditori dei terreni delle Olimpiadi del 1960.
  La verità è che si è fatta un'operazione forzata nella determinazione del debito che pure esisteva, ma che era sostenibile e che è sostenibile addirittura adesso, nonostante i problemi di liquidità che si affrontano in terreni diversi da quelli della copertura del debito, e si è costruito questo mito del grande debito del comune di Roma. Ora, un conto è il debito, un conto è la gestione efficiente del sistema.
  Fa bene Rocco Palese a richiamare una cosa che – vorrei dirlo per l'orgoglio di essere parlamentari di questa Repubblica in questo momento – abbiamo fatto con il decreto-legge cosiddetto «salva Roma». Noi abbiamo sostituito con il «salva Roma» il non aver aggredito la vicenda di Roma, da un punto di vista delle norme sul dissesto, imponendo al comune di Roma un piano di rientro. Qui, abbiamo una protagonista di quella stagione, per sua fortuna breve, che è stata quella della gestione del bilancio del comune di Roma, e che ha costruito le ipotesi di risanamento.
  Io vorrei fare una domanda riguardo a quanto ritiene la dottoressa Scozzese. Certo, come l'onorevole Palese ha detto, ne parleremo dopo le elezioni – qui ci sono autorevoli candidati – e bisognerà che il Parlamento se ne faccia carico. Complessivamente, al di là delle scelte e delle soluzioni che i romani daranno al governo della città, noi abbiamo la possibilità di ricostruire seriamente il rapporto tra debito e comune con un'operazione che non può essere quella che è stata fatta nel 2008, in cui il Commissario, per sua ammissione e naturalmente per ammissione derivante da una norma, si limitava a pagare.
  Noi paghiamo un Commissario – non me ne voglia dottoressa Scozzese – che ordina di firmare i mandati. Quindi che cosa accade? È normale, come in qualsiasi struttura, che, se tu sposti il debito in una bad company e se sei tu che determini il debito, il dirigente del comune di Roma non farà mai transazioni e non farà mai l'attività normale che si fa in un comune, ma aspetterà la sentenza con cui il debito passa in giudicato e lo girerà al Commissario che lo paga tre volte rispetto a una normale attività amministrativa di relazione tra debitore e creditore in qualsiasi comune italiano.
  Questo è successo fino adesso. In effetti, se voi leggete qualche passaggio della relazione, il Commissario ha pagato il 5 per cento dei debiti commerciali. Finora il Commissario non ha pagato il debito commerciale, ma ha pagato debiti e partite interni alla pubblica amministrazione, quindi stiamo parlando di un'operazione che nasce male all'origine e che il Parlamento ha il dovere, secondo me, al di là di chi l'ha proposta e della fantasia finanziaria che in quel momento vigeva nel Paese, di risistemare. Pag. 14
  Lo dico perché c'è il paradosso per cui il comune di Roma è l'unico comune italiano che non ha avuto accesso al decreto-legge n. 35 del 2013. I comuni italiani hanno stipulato mutui per pagare i debiti commerciali allo 0,97 per cento di interessi, anzi allo 0,973 per cento, se ricordo bene. Tuttavia, il comune di Roma non ne ha avuto accesso perché, di fronte a una richiesta del Commissario, il Governo rispose, legittimamente, che il Commissario non ne aveva titolo.
  Noi abbiamo una situazione in cui si potranno fare tutte le campagne elettorali del mondo, ma la verità è che l'errore è a monte: è nella definizione di una struttura commissariale che non ha nemmeno il diritto di analizzare il debito. Noi non abbiamo preso le pratiche di debito per trasferirle nella bad company e il titolare della bad company le ha analizzate e pagate. Il titolare del pagamento non è quello che analizza il debito. Questa è una follia da un punto di vista giuridico. Lo dico perché c'è una separazione di responsabilità e perché la separazione di responsabilità non porta mai alla trasparenza, altrimenti ci dovremmo domandare come ha fatto il comune di Roma, oltre alle sentenze passate in giudicato, a trasferire il debito al Commissario, cioè con quale ordine e con quale criterio.
  Io credo che noi avremo il tempo naturalmente per approfondire la questione, ma penso che questa sia stata una buona occasione per analizzare la vicenda, che non è assolutamente drammatica perché è una vicenda tipica debitoria che sta nei parametri. Mi permetta, presidente, di dire – e nessuno si offenda – che, se io emetto un BOC che viene restituito nel 2048, la legge ti dice che devi accantonare una somma per fare in modo, anche se è banale dirlo, che non si carichi tutto sul sindaco del 2048, che non so chi sarà. Per legge, questo Parlamento ha consentito al Commissario di togliere l'accantonamento, quindi c'è stata una forzatura dopo l'altra.
  Io credo che il ripristino di una condizione normale ci consenta di fare chiarezza sulle partite non identificate. Io non ho mai visto un creditore commerciale che dopo sette anni – lo dicevo alla collega – non bussa al comune per chiedere il pagamento, cioè non mi è mai capitato da sindaco di avere un creditore che non mi cercasse; solo a Roma accade. Evidentemente lì dentro c'è una partita debitoria che non c'è di fatto e che un'amministrazione oculata avrebbe dovuto governare e cancellare man mano.
  Mi domando come fanno a esserci espropri: vorrei fare una domanda da vecchio amministratore. Voglio dire che se c'è un esproprio, c'è un'opera pubblica o almeno a casa mia funziona così: si espropria per un'opera pubblica. Nell'opera pubblica, c'è il costo dell'esproprio che è basso. Col vecchio assessore Morassut, lo mettevamo basso di solito perché, se non avevi i soldi per fare un'opera pubblica, abbassavi il costo dell'esproprio; magari poi nasceva un conteggio. Tuttavia, c'è quel costo, per cui vorrei sapere quella cifra dentro l'opera pubblica, nelle partite delle opere pubbliche e nei faldoni, se è stata liquidata oppure no. Io credo di no, come è capitato di leggere a me nel mio comune, e probabilmente dentro il comune di Roma ci sono ancora risorse derivanti dal mancato accesso ai mutui. Lo dico, con ottimismo, all'onorevole Meloni. Dentro le partite dei mutui per i quali non è stato chiesto l'accesso totale, c'è sicuramente un residuo di soldi.
  Il tema è come affrontare con razionalità queste vicende. Chiederei alla dottoressa Scozzese se è possibile, in un tempo che sarà più sereno rispetto a quello attuale, di avanzare in una prossima audizione, se il presidente lo vorrà, anche una proposta per sistemare, ridare responsabilità e fare in modo che la Gestione commissariale si chiuda e non diventi eterna, come sono eterne le vicende italiane. Credo che si possa chiudere con grande serenità e con un po’ di oculatezza nella costruzione delle norme e della Gestione medesima.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Melilli. Nella replica sentiremo le valutazioni della dottoressa Scozzese sulle sue domande.

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  CARLA RUOCCO. Vorrei dire che tutto questo mi fa esprimere una totale indignazione nei confronti delle gestioni passate.
  Mi trovo ad assistere, come cittadina romana, allo spettacolo di una città ridotta in questo modo, cioè lasciata al degrado e all'abbandono, e contemporaneamente, a fronte di questo, a dover fare una sorta di ricognizione impossibile tra miliardi di euro di debiti, condotti in maniera così disordinata, e una gestione finanziaria per masse passive.
  Ritengo che, laddove non ci sia un diritto del cittadino di sapere a chi sono destinati quei soldi in modo dettagliato e analitico, non nasca neanche il dovere di pagare quelle cifre. Tuttavia, qui mi sembra veramente che sia tutto vago e che veniamo chiamati in causa soltanto quando dobbiamo porre rimedio a disastri che, come al solito, non hanno mai nome e cognome, ma soltanto degli importi. Peraltro, si tratta di importi talmente ingenti da mettere a rischio i bilanci futuri e a prefigurare il rischio di un dissesto continuo, quindi sono una spada di Damocle che pende sulla città di Roma.
  Questo è molto triste perché vedere una capitale del mondo ridotta in queste condizioni dovrebbe coprire di vergogna chiunque abbia maneggiato quei soldi che sono nostri. Tant'è vero che le domande che avevo preparato presuppongono delle risposte puntuali. Purtroppo, ad alcune di queste domande, già è stato risposto in modo vago nella relazione; comunque ci riprovo.
  Abbiamo detto che la gestione straordinaria si è avviata nel 2008 ed è stato già detto nel corso di questa audizione che nel 2008 c'era una massa non identificata, di cui è identificato solo il totale degli importi, quindi dei debiti e crediti del comune.
  L'unico dato certo ovviamente è il flusso finanziario che noi dobbiamo: in quanto cittadini italiani e in quanto cittadini romani, l'unica cosa che sappiamo è che dobbiamo dare 300 milioni, a carico del Ministero dell'economia e delle finanze, e 200 milioni, a carico di Roma Capitale, quindi la Gestione commissariale, grazie ad apposite disposizioni di legge, viene facoltizzata a scontare per trent'anni le fonti di finanziamento di cui abbiamo appena detto gli importi.
  La prima tranche di questo sconto è di 4,5 miliardi di euro e viene incassata nel 2012. Una seconda tranche, sul contributo residuo di 7,77 miliardi di euro, deve essere incassata nel 2016.
  La domanda è: cosa intende fare la Gestione straordinaria in relazione a questa seconda tranche di finanziamento?
  Relativamente all'anno 2015, la relazione ci dice fino a un certo punto. Le chiedo se ci può fornire informazioni molto più dettagliate per il 2015 e non al 2015, cioè per tutto il 2015, relative alla massa attiva e passiva, anche come differenza rispetto al dato che abbiamo del 2014, quindi un aggiornamento analitico dei dati.
  Cito anche, su questo passaggio, le conclusioni della relazione al Parlamento del 2014 del precedente Commissario Varazzani che, a pagina 29, afferma: «al termine del 2041, non sarebbe più necessario stanziare annualmente il contributo statale, rendendosi così disponibili nuove risorse per scopi diversi». Le chiedo quali sono, in maniera analitica, queste nuove risorse.
  Non oso domandare circa gli «scopi diversi», tanto alla vaghezza non c'è mai limite.
  Passiamo alla gestione 2011-2014, in particolare ai pagamenti, inferiori e superiori ai 250 mila euro. La Gestione commissariale, sempre in base al decreto-legge n. 112 del 2008 e al decreto-legge n. 2 del 2010, ha la possibilità di esercitare un potere transattivo e ha il potere di congelare azioni esecutive. Questa operatività ha trovato una conferma nella sentenza della Corte costituzionale n. 154 del 2013.
  La Gestione commissariale, sulla base del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 4 agosto del 2010, è autorizzata a effettuare transazioni per pagamenti superiori a 250 mila euro, con una riduzione di almeno il 10 per cento. Allora, la domanda è la seguente: le risultano dei divieti a procedere a transazioni per pagamenti inferiori a questa soglia, ossia a 250 mila euro? Pag. 16
  Dato che a noi non risultano divieti – poi me lo confermerà lei – e che finora la Gestione commissariale ha optato per non transigere queste partite, si chiede di conoscere se per il 2015 e in prospettiva si intenda seguire questo criterio.
  Sempre per i pagamenti sotto la soglia dei 250 mila euro si chiede di conoscere se nel corso del 2015 ed in prospettiva si ritiene ancora applicabile il criterio preferenziale indicato per il quadriennio 2011-2014, riportato a pagina 22 del rendiconto della Gestione commissariale per l'anno 2014, che consiste – ineffabile questa dicitura – nel salvaguardare i soggetti più esposti e tutelare l'immagine di Roma Capitale. Questo è il criterio che è analiticamente dettagliato nella relazione.
  Sempre relativamente al quadriennio 2011-2014, è noto che sono state chiuse – ne abbiamo ampiamente discusso qui – le operatività in derivati, quindi i sinking fund a supporto del cosiddetto «colosseum bond», un'obbligazione con scadenza 2048 che comporterà un controvalore di esborso di 1,4 miliardi di euro a carico del comune. Quale forma di ammortamento è stata posta in essere dalla Gestione commissariale per evitare che nel 2048 Roma Capitale debba rimborsare con risorse proprie, in un'unica soluzione, 1 miliardo e 400 milioni di euro aggiuntivi?

  BARBARA SALTAMARTINI. Farò alcune considerazioni all'inizio, giusto per inquadrare un po’ la situazione, anche rispetto agli interventi che ho sentito. Ho piacere che il collega del Partito Democratico, Melilli, ci dica quanto, secondo lui, è stata sbagliata la scelta della prima Gestione commissariale, quella del 2008. Sarei stata più contenta se il collega del Partito Democratico ci avesse detto come mai si era accumulato quel debito al quale bisognava in qualche modo porre rimedio.
  Detto questo, la relazione del Commissario è sicuramente molto analitica e presenta molti punti di cui eravamo a conoscenza, lasciando tuttavia inevase molte delle risposte che invece sarebbe utile avere oggi, soprattutto alla luce di una serie di operazioni che sono state fatte e sulle quali ancora oggi i romani non hanno alcuna chiarezza.
  Provo a farle alcune domande, probabilmente anche senza aver compreso totalmente la sua relazione, cercando tuttavia di vedere se effettivamente possiamo centrare di più e meglio quella parte della stessa in cui lei ci dice chiaramente che ad oggi non è ancora possibile capire esattamente le condizioni nelle quali ci troviamo.
  Ciò preoccupa chi vi parla, non solo come forza politica, ma anche in qualità di cittadino di Roma, perché tutti noi, ovviamente, stiamo pagando questo debito immane contratto fino al 2008 e i debiti successivi, al di là delle idee folli messe in atto in questi ultimi due anni. A una di queste idee faceva prima riferimento l'onorevole Melilli quando richiamava gli espropri che il candidato sindaco Marino aveva proposto proprio all'inizio della sua campagna elettorale. Riconosco al collega Melilli una grande onestà intellettuale e politica nel riconoscere che era veramente una grande buffonata. L'importante è riconoscere, a volte, anche gli errori che si commettono all'interno del proprio partito.
  Ciò detto, vorrei chiederle a quanto ammontava il valore dei derivati quando sono stati sottoscritti e soprattutto da chi sono stati sottoscritti i contratti derivati. Inoltre, vorrei sapere quelli che sono stati chiusi, come lei ci ha detto, in queste due Gestioni commissariali, a quanto ammontavano quando sono stati sottoscritti e a quanto sono stati chiusi, quindi qual è la differenza e, rispetto a questo, quanto abbiamo perso, nei calcoli che si possono fare.
  Inoltre, ci ha detto che quelli che sono rimasti aperti hanno perso rispetto alla precedente Gestione commissariale e ci ha detto anche quanto attualmente abbiamo perso. Però vorremmo sapere anche quanto abbiamo perso in generale, come romani, come cittadini di questa città, dall'inizio della stipula di questi contratti a oggi. È importante capire chi ha sottoscritto quei contratti, visto che siamo in un momento particolare della nostra città, senza entrare nella logica di una campagna elettorale che sarà complessa per tutti i Pag. 17candidati sindaco che si trovano a ereditare una gestione di questo tipo.
  Al di là di questo, credo sia importante oggi, più che mai, capire bene la situazione, anche alla luce di una scelta politica fatta anni fa, che io reputo valida, quando fu deciso di avviare una Gestione commissariale e quindi di procedere in un determinato modo nella composizione dei nostri bilanci. Fu una scelta compiuta anche rispetto ad anni di gestione evidentemente poco oculata di amministrazioni che precedettero quella del 2008, laddove appunto fu accumulato un debito – non si capisce bene per quali ragioni quel debito fu accumulato, lo ha detto bene l'onorevole Palese prima – in cui c'è tutto e il contrario di tutto.
  Non intendo sminuire ad oggi la figura del Commissario, che credo, sia il precedente sia l'attuale, non abbiano mai agito per un interesse personale, ma hanno lavorato per cercare di individuare le migliori soluzioni affinché i romani non debbano pagare magari le tasse più alte d'Italia, soprattutto rispetto a una gestione amministrativa di composizione del bilancio che spesso e volentieri non è stata oculata, nella misura in cui si è pensato che tanto poi sarebbe arrivato qualcun altro a ripianare il debito. Invece si sono lasciate tutte le difficoltà di questo debito e anche della sua gestione amministrativa solo sulle spalle dei romani.

  GIULIO MARCON. Grazie, presidente. Ringrazio ancora la dottoressa Scozzese per la sua relazione. Si tratta di una relazione che noi aspettavamo con ansia e con grande interesse. D'altronde, più di un mese fa avevamo sottoposto il tema in un question-time a cui aveva risposto la Ministra Maria Elena Boschi.
  Avevamo chiesto informazioni in merito alla relazione che chiedevamo fosse discussa in Parlamento, quindi quella odierna è sicuramente un'occasione importante per avere notizie più dettagliate e più congruenti rispetto a quelle che sono uscite sulla stampa nei mesi scorsi e che da questa relazione non solo vengono confermate, ma aggiungono elementi di preoccupazione e di ansia rispetto a una situazione, quella del debito del comune di Roma, che è molto pesante e significativa, pur con tutti i distinguo e tutte le precisazioni che ha fatto la dottoressa Scozzese e che poi, in altra forma, il collega Melilli ha ricordato nel suo intervento di questa mattina.
  La situazione è preoccupante soprattutto perché riguarda l'esposizione concreta e materiale, dal punto di vista economico e finanziario, non solo della comunità nazionale, ma dei cittadini romani. È stata ricordata più volte la cifra di 200 milioni di euro che i cittadini romani, attraverso l'imposizione fiscale, devono contribuire a versare per far fronte a questo debito. Ciò significa ovviamente una minore capacità del comune di Roma e delle prossime amministrazioni comunali di intervenire su questioni fondamentali che riguardano il benessere dei cittadini e la vivibilità di una città così importante, com'è la nostra capitale.
  Nel corso del tempo – ricordo il question-time del 1° marzo – abbiamo più volte posto la questione. L'abbiamo posta innanzitutto al nostro Governo, perché crediamo che questo Governo in carica, come i precedenti, abbia precise responsabilità. Per questo lo abbiamo investito della questione nel question-time di un mese fa.
  Oltre al contributo che la dottoressa Scozzese ci ha dato, è sicuramente importante per noi conoscere l'atteggiamento, l'orientamento e le iniziative che il Governo intende assumere nei prossimi mesi. La dottoressa Scozzese ci ha fatto una radiografia e un'analisi compiuta, di cui la ringraziamo ancora. Abbiamo però bisogno di sapere come il nostro Governo intenda affrontare la questione nei prossimi mesi. È vero che siamo in piena campagna elettorale e che la questione riguarda le posizioni politiche assunte in un periodo così importante e delicato, ma vorrei ricordare che il problema sarà decennale e abbiamo quindi bisogno di interventi immediati.
  Alcuni sono di buon senso e li ricordava il collega Melilli, come ad esempio la rinegoziazione dei mutui e dei tassi, su cui è intervenuto anche il collega Palese. Sarebbero elementi di buonsenso da considerare nelle decisioni che saranno assunte per Pag. 18limitare l'impatto finanziario di scelte sbagliate adottate in anni precedenti. La collega Ruocco, invece, ricordava la questione dei derivati. Se ho ben capito, porre termine agli ultimi due derivati in corso permetterebbe di evitare effetti dannosi che vanno fermati.
  Esiste tutta una serie di misure specifiche, che vari colleghi hanno ricordato, relative alla gestione di un debito che è diventato un mostro per via di scelte contingenti nella concreta gestione delle casse del comune di Roma. Il punto è evitare che, in base alla consapevolezza di questo debito così grande, vengano portate avanti scelte pesanti per la comunità romana.
  Penso a una politica indiscriminata di alienazione del patrimonio pubblico. Penso a una politica indiscriminata di privatizzazioni. Penso a politiche di riduzione dei servizi o di aumento delle tariffe che danno accesso a quei servizi. Penso a una serie di misure che potrebbero essere invocate e che andrebbero nella direzione di appesantire una situazione già drammatica di questa città sul piano dei servizi, ma anche rispetto ad altri ambiti, come il trasporto pubblico locale, che potrebbero essere danneggiati in modo pesante.
  Ricordo che nel question-time avevamo evidenziato alcune ipotesi al nostro Governo, chiedendo che cosa intendesse fare. Il Governo non ci ha risposto, ma saremmo interessati a conoscere anche la sua valutazione, dottoressa Scozzese, per capire quali siano le strade e le scelte possibili. Nel suo intervento durante il question-time, l'onorevole Fassina chiedeva – cito testualmente – «se il Governo non consideri necessario verificare l'effettivo tiraggio della seconda tranche di attualizzazione dei contratti di finanziamento relativi al debito di Roma» e, come seconda proposta, «qualora il tiraggio non fosse ancora avvenuto, intervenire in autotutela per bloccarlo, al fine di evitare eventuali rischi di danno erariale».
  È una proposta molto precisa, articolata in due punti, sulla quale la Ministra Boschi, se non ricordo male, non diede risposte, ma solo vecchie informazioni. È un elemento che vogliamo sottoporre all'attenzione della dottoressa Scozzese per avere la sua valutazione e capire quale sia, se non proprio l'orientamento, almeno la sua opinione su un'ipotesi che abbiamo chiesto al Governo di percorrere e sulla quale il Governo non ci ha risposto. L'obiettivo per noi è evitare che nei prossimi mesi e anni vi sia un bagno di sangue.
  Dobbiamo evitare al comune di Roma un bagno di sangue e dobbiamo evitare che questo bagno di sangue sia pagato dai cittadini, che pagherebbero un prezzo troppo elevato.

  GIORGIA MELONI. Presidente, la ringrazio e sarò molto breve. Vorrei solamente affrontare alcune questioni di contorno perché la vicenda oggetto della relazione della dottoressa Scozzese è di estrema complessità e servirà del tempo per andare più a fondo.
  È una buona notizia quello che accade questa mattina. Fino a ieri, non avevamo le idee chiarissime sulla condizione complessiva del debito a Roma. Poiché è in corso una campagna elettorale per il rinnovo del sindaco di Roma, immagino che i cittadini vogliano scegliere anche sulla base di quello che i candidati diranno di voler fare in relazione al bilancio e al debito pregresso dell'amministrazione capitolina.
  L'iniziativa di oggi della Commissione bilancio è estremamente importante e ringrazio il Commissario. Nelle Aule parlamentari e nelle Commissioni da varie parti era stato chiesto di avere alcuni elementi in più. Ricordo, in particolare, che, quando il Commissario Scozzese inviò la proposta di aggiornamento del piano di rientro, il Parlamento chiese di avere notizie su che cosa prevedesse quella relazione e la risposta della Ministra Boschi, a nome del Governo, fu che la relazione era un fatto interno. Non avevamo avuto i dati, quindi, e non avevamo potuto sapere che cosa prevedesse la relazione. Eppure, per noi è particolarmente importante conoscere tutto quello che riguarda una gestione così complessa.
  Molti di quei dati li ricaviamo questa mattina. Alcuni di quei dati sono impossibili da conoscere. Io, Commissario, sono rimasta molto colpita da una frase contenuta nella sua relazione a pagina 3: «Di Pag. 19conseguenza, né i piani di rientro finora redatti né il documento di accertamento definitivo del debito sembrano contenere una ricognizione analitica e una rappresentazione esaustiva della situazione finanziaria da risanare antecedente al 2008». Se ho ben capito, in queste tre righe è scritto che i romani – e non solo loro – stanno pagando un debito pregresso di quasi 20 miliardi di euro, ma in alcuni casi non sanno perché e sulla base di cosa stanno pagando quel debito.
  Penso che occorra studiare il più possibile questi dati per avere qualche elemento. Lo dico perché tutti quanti noi dobbiamo sapere che qualcosa non ha funzionato. Sono entusiasta dell'ottimismo dell'onorevole Melilli, che a un certo punto ci parla del «mito del debito». Le segnalo, collega, che non c'è un mito del debito, c'è un debito e la gente lo sta pagando e ne è perfettamente consapevole perché abbiamo l'addizionale IRPEF più alta d'Italia. L'aggiunta di quello 0,4 per cento serve a risanare quel debito fino al 2048.
  Quindi non c'è un mito, c'è un debito che è stato accumulato da gestioni molto allegre in anni nei quali c'erano più soldi di quelli che viaggiano adesso. Parliamo di amministrazioni che oggi vengono ricordate come discrete amministrazioni capitoline, e mi riferisco all'amministrazione Rutelli e all'amministrazione Veltroni. Come si dice dalle mie parti a Roma, a fare bene i sindaci, lasciando quasi 20 miliardi di euro di debito ai cittadini, eravamo «boni» tutti. Vale la pena di dire come stanno le cose, perché la situazione se, come si dice, non è drammatica, non è neanche entusiasmante.
  Al collega Palese, che parlava di dismissioni, dico che si tratta di un tema molto politico, al netto di tutto questo, e mi piacerebbe che su questo trasversalmente le forze politiche si trovassero d'accordo. Roma è il comune italiano più ampio, popoloso e complesso. Ogni giorno ospita, oltre ai propri abitanti, più di un milione di persone. Ha al suo interno la più grande università europea ed è il comune agricolo più grande d'Europa. Non devo dire a voi i dati di una città estremamente complessa, ma segnalo che oggi Roma viene gestita con i poteri di un comune di 1.000 abitanti. Questa è una cosa che accade solamente per Roma e per nessun'altra delle grandi capitali europee.
  È un problema oggettivo che Roma non possa andare avanti così, ma è un tema politico. Poiché c'è una campagna elettorale e ognuno si deve prendere le proprie responsabilità, dico che bisogna immaginare che Roma abbia uno status completamente diverso. Se riusciamo a confrontarci e ad addivenire tutti quanti a una soluzione, è possibile che le cose non peggiorino.
  Ho solamente due cose da dire nel merito della questione. La prima riguarda un tema politico. La seconda è una domanda specifica per il Commissario.
  Quanto al tema politico, noi sappiamo che stiamo rientrando da questo debito per 500 milioni di euro all'anno da qui al 2048. Quasi 200 milioni li mette l'amministrazione capitolina e 300 milioni li mette il Governo. Da questo punto vista, c'è un impegno, impegno che però formalmente scade alla fine del 2017. Da quello che so, sul piano normativo l'impegno del Governo scade alla fine del 2017. Se così è e se fosse confermato, servirebbe, sul piano normativo, un impegno del Governo anche per gli anni a venire e, secondo me, dovrebbe arrivare prima della fine della campagna elettorale.
  Sulla vicenda derivati, Commissario Scozzese, non ripeto le domande che le ha già posto la collega Saltamartini. Sappiamo che i derivati sono uno strumento finanziario abbastanza incerto, a volte considerato come una vera e propria scommessa. Lei oggi ci ha fornito alcuni dati più precisi di quelli che avevamo sia sui derivati che sono già stati chiusi sia sui due che rimangono ancora aperti.
  In alcuni casi è accaduto che questi strumenti finanziari siano stati considerati, anche dalla magistratura, aventi natura meramente speculativa e questo ha consentito ad alcune amministrazioni di rinegoziarli in via extragiudiziale. Le faccio l'esempio dell'amministrazione comunale di Milano, che lei ha seguito. L'amministrazione Pag. 20 comunale di Milano è riuscita a far scontare 450 milioni di euro dal suo debito perché quei derivati sono stati considerati di natura troppo «allegra».
  Poiché, se non mi sbaglio, alcuni degli istituti di credito con cui l'amministrazione di Roma ha stipulato quei derivati sono gli stessi, le chiedo se abbiamo verificato ogni possibilità circa la natura e l'entità di questi derivati, come diceva prima la collega Saltamartini, così da valutare la strada della rinegoziazione con gli istituti di credito di una parte di queste risorse, fare risparmiare qualche soldo ai romani ed evitare di dover continuare a regalare miliardi di euro alle banche.

  STEFANO FASSINA. Sarò breve. Mi scuso con il presidente, i colleghi e la dottoressa Scozzese, ma un impegno di carattere familiare mi ha impedito di seguire sin dall'inizio l'audizione.
  Come sapete e come ha ricordato il collega Marcon, all'inizio di marzo abbiamo interrogato il Governo nel question-time per cercare di capire meglio la situazione del cosiddetto debito storico del comune di Roma e la gestione finanziaria che lo ha caratterizzato. Vorrei ricordare alla collega Meloni che certamente il sindaco Alemanno, quando è arrivato, si è trovato una massa debitoria superiore a 20 miliardi, ma dall'analisi che abbiamo fatto della Gestione commissariale di chi ha preceduto la dottoressa Scozzese sono emersi dati davvero preoccupanti e in qualche misura inspiegabili, che spero piano piano riusciremo a capire meglio.
  Non c'è dubbio che il debito di Roma oggi rappresenti il maggiore ostacolo per una amministrazione che voglia far ripartire la città. Il piano di rientro, a mio avviso, è insostenibile per una città che voglia riavviare gli investimenti per finanziare i servizi necessari, dal trasporto alla pulizia della città, e quegli interventi strettamente utili a una riqualificazione, in particolare, delle nostre periferie. È anche tecnicamente insostenibile per un rilancio di politiche sociali che aggrediscano i mali, oramai purtroppo radicati, della disuguaglianza e della povertà.
  Quello che vorremmo sono le informazioni necessarie a conoscere i dettagli delle operazioni finanziarie svolte e non solo la massa debitoria esistente perché, per quanto ci riguarda, una ristrutturazione del debito capitolino è decisiva. È condizione necessaria per dare credibilità agli impegni che proponiamo agli elettori.
  Ho letto, seppur rapidamente, la sua relazione introduttiva. Tuttavia, credo che abbiamo bisogno di conoscere, oltre ai dettagli della massa debitoria, i dettagli delle operazioni finanziarie messe in atto. In particolare, mi riferisco al mutuo con Cassa depositi e prestiti, contratto per anticipare il flusso di finanziamenti previsti dal bilancio dello Stato e dall'addizionale comunale pagata dai romani. Lo spread che è stato previsto in quel contratto di mutuo è, a mio avviso, poco giustificabile, soprattutto alla luce del fatto che stiamo parlando di un flusso di finanziamenti certo, garantito da poste del bilancio dello Stato e dall'addizionale comunale pagata dai cittadini romani per circa 200 milioni di euro l'anno.
  La prima domanda, che non ripeto, è stata posta in modo puntuale dal collega Marcon ed era contenuta nel question-time rivolto alla Ministra Boschi, la quale non ha risposto. La seconda domanda è una sorta di consulenza che le chiedo e riguarda la possibilità di rinegoziare il mutuo con Cassa depositi e prestiti per quanto concerne, in particolare, lo spread di due punti percentuali, che su una massa di flussi finanziari di 7 miliardi di euro vuol dire circa 140 milioni all'anno. Significherebbe restituire al bilancio del comune di Roma due terzi dell'addizionale comunale, oggi dirottata al pagamento del debito storico.
  Non ho bisogno di sottolineare – e non voglio far perdere tempo alla Commissione e a lei – quanta differenza farebbe, in termini di politiche e interventi da finanziare e di tasse da ridurre, la disponibilità di 140 milioni di euro all'anno, che sono circa lo 0,3 per cento dell'addizionale comunale all'IRPEF.
  Questo passaggio è decisivo. Credo che sarebbe davvero utile se anche lei si attivasse Pag. 21 – noi lo abbiamo chiesto e continueremo a chiederlo – affinché il Governo trasmetta al più presto al Parlamento la relazione che lei ha consegnato. In un momento fondamentale per la democrazia di Roma è decisivo che i cittadini abbiano a disposizione tutte le informazioni possibili. Mi riferisco ai cittadini di Roma, ma anche ai cittadini del resto d'Italia, che concorrono al pagamento di quel debito.
  Anche da questa sede – e chiedo al presidente Boccia di farsene carico nella misura in cui lo ritiene utile – chiedo ancora una volta al Governo di rendere disponibile la relazione che lei ha presentato oramai due mesi fa.

  PRESIDENTE. I gruppi hanno chiarito le loro posizioni e le loro valutazioni. Do ora la parola alla dottoressa Scozzese, chiedendole di provare a dare tutte le risposte in cinque minuti. Aggiungo un'unica riflessione, nel ringraziare la dottoressa Scozzese per il lavoro fatto e rappresentato oggi alla Commissione.
  Penso sia inammissibile per qualsiasi città, non solo per Roma, avere un costo del debito finanziario che va dal 4,2 al 5,6 per cento. Credo sia un dovere collettivo di tutti i gruppi parlamentari, indipendentemente dalle ragioni politiche, dalle valutazioni e dalla genesi, affrontare il tema nel più breve tempo possibile, non facendolo diventare oggetto di strumentalizzazioni. Ritengo, però, che sia davvero inammissibile che la Capitale abbia un costo del debito finanziario così alto, in un momento storico come questo.
  Do ora la parola alla dottoressa Scozzese per la replica.

  SILVIA SCOZZESE, Commissario straordinario per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale. Presidente, cerco di sintetizzare. Onorevole Palese, lei ricorda benissimo il quadro normativo del dissesto e del pre-dissesto per gli altri comuni. Qui c'è un quadro normativo che ha indicato questa strada, scegliendo le norme da applicare alla Gestione straordinaria. È stata fatta una scelta e, dopo otto anni, io, che sono arrivata a gennaio, osservo il risultato di un percorso che, evidentemente, manca di quelle cose di cui lei parlava. In questa sede posso solo confermare che la sua analisi giuridica è perfetta, ma si deve a una scelta del legislatore che io rispetto da tutti i punti di vista. Non elenco le differenze, ma lei le ha individuate benissimo.
  Onorevole Melilli, figlia dell'osservazione dell'onorevole Palese è proprio la sua analisi. Io vado in giro con un pacchetto di norme alto così. Se volete ve lo mostro. Come sapete, provengo da questo mestiere e per la Gestione commissariale del comune di Roma abbiamo un pacchetto di norme alto così. Già quello, secondo me, è indice che forse qualcosa deve essere rivisto.
  Vi assicuro che, dopo vent'anni che faccio questo mestiere, non è stato facile capire quali norme si applicavano, quali non si applicavano e quali si applicavano a certe fattispecie. È stata una prova che mi ha fatto tornare a quindici anni fa. Sul piano normativo bisogna decidere quali sono i nostri obiettivi. Se volete, posso dare un contributo, ma bisogna fare chiarezza anche sul percorso normativo perché abbiamo avuto un affastellamento di norme che forse non hanno consentito di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione.
  Dal punto di vista dei numeri, molti di voi mi hanno chiesto cose che non fanno parte del mio ruolo di Commissario del debito di Roma insediatosi a gennaio, ma che fanno riferimento a relazioni presentate a questo Parlamento da chi mi ha preceduto e può spiegare tutto. Faccio solo un'osservazione sulla base della mia esperienza di studiosa di questa materia. I numeri sono stati dati. La sostenibilità finanziaria per il bilancio del comune oggi c'è, come c'era la sostenibilità finanziaria del debito del 2008.
  È ovvio che è stata fatta una scelta. I numeri ci sono e sono stati pubblicati. Ho trovato una relazione dell'ANCI del 2008 che diceva quali fossero i numeri del debito pro capite del comune. Non c'è bisogno di una scienza per esaminare la questione. È stata fatta la scelta di costituire una gestione stralcio per far ripartire questo comune Pag. 22 e non sta a me commentare. I numeri ci davano le quantità sia dei debiti verso la pubblica amministrazione, che, come ricordato, gli altri comuni hanno ripulito con il decreto legge n. 35 del 2013, sia del debito di natura finanziaria, che, in valori pro capite, era assolutamente inferiore a quello di molte città metropolitane di quel periodo. Qui, però, parliamo di altro.
  Per quanto riguarda le domande dell'onorevole Ruocco, risponderò a quelle che mi riguardano perché sono abituata a rispondere di ciò che faccio e dei miei intendimenti. Ritengo inopportuno il tiraggio dell'ulteriore anticipazione di liquidità. L'ho scritto in questa relazione – forse in maniera poco chiara – e ho spiegato il perché. L'ho spiegato da due punti di vista. Il primo motivo è l'inopportunità, perché renderebbe ancora più evidente la crisi di liquidità che in certi anni si potrebbe verificare.
  In secondo luogo, bisogna considerare che in campo finanziario non c'è nulla di buono o di brutto in assoluto, deve essere tutto valutato nel contesto in cui si fa. Un mutuo per comprare casa non è brutto perché rappresenta un debito; il problema è se ho i soldi per ripagarlo e cosa ci faccio. Questo è il tema. I comuni possono fare mutui solo per le opere pubbliche. È bene chiarirlo. È da sempre così e così sarà perché è scritto in Costituzione. Nella relazione ho scritto che, secondo me, il tiraggio della seconda tranche è inopportuno perché un'ipotesi di questo genere dovrebbe comportare una rinegoziazione dei mutui sottostanti, cioè una revisione delle rate. Fare un'altra liquidità per continuare a pagare quello che ho, con i tassi di interesse che abbiamo detto, è un'operazione finanziaria senza senso.
  Io non ho attivato questa possibilità e non intendo farlo. Oltretutto – e qui vengo alla risposta che, in base a ciò che ho letto, mi sembra sia stata data dalla Ministra Boschi nel corso del question-time – in questi anni non è ravvisabile tale esigenza finanziaria perché il Ministero dell'economia e delle finanze sta per erogare 880 milioni di euro di tranche delle tre vecchie annualità del contributo, erogate perché c'era in ballo la gara per avere un'ulteriore anticipazione. Questa gara è andata deserta e il Ministero dell'economia e delle finanze sta per erogare gli 880 milioni.
  Nei prossimi anni non avremo crisi di liquidità e quindi non c'è alcuna necessità di attivare l'anticipazione. Non la ritengo opportuna per la sua struttura e per tutto ciò che è stato detto dal punto di vista tecnico, in quanto tale anticipazione ha un costo abbastanza elevato e forse non più in linea con il mercato di oggi, e, in ogni caso, non c'è obiettivamente necessità che venga attivata.
  Sulla questione delle transazioni, la legge prevede solo che il Commissario indichi i criteri. Ci sono alcuni provvedimenti che hanno indicato le soglie e si tratta delle scelte di chi mi ha preceduto. Farò le scelte che riterrò opportune e le renderò pubbliche perché nella relazione al Parlamento verranno indicate le scelte e i criteri. Non c'è alcun divieto a transigere dal punto vista normativo. Vengo alla domanda posta sia dall'onorevole Ruocco sia dall'onorevole Saltamartini sui derivati. Vorrei chiarire un fatto. In questa relazione ho dato conto dei derivati di cui ho i contratti. Ho fatto richiesta degli altri contratti di derivati che sono stati chiusi, ma ancora non li ho. Senza leggere il contratto non si può fare alcuna valutazione del derivato. Faccio un inciso non come Commissario del debito, ma come esperta della materia. Come vedete dall'esempio rappresentato dalla situazione che stiamo esaminando, la valutazione assoluta del derivato è teorica e ha poco senso nella realtà. È come dire che assicurare il motorino per il furto sia un male. Il problema sta nel costo dell'assicurazione e nella probabilità che mi rubino il motorino, ma il fatto che io assicuri il motorino è normalissimo.
  A mio avviso, il problema, come in tutte le cose, è come si spendono i soldi e il motivo per cui si spendono. I derivati, in se stessi, sono assicurazioni. Dato che vengo da questo mestiere, vi spiego cosa è successo. I mutui a tasso fisso della Cassa depositi e prestiti, ma anche di altri istituti, a un certo punto erano molto alti. C'erano Pag. 23sette o otto punti di differenza tra i mutui a tasso fisso dei comuni e il valore, il costo del denaro. Sono quindi state fatte operazioni in cui l'esposizione debitoria è stata trasformata in assicurazioni. Era la legge stessa a stabilire che si doveva agire in tal modo. L'assicurazione, se fatta bene, – questo è il nodo, bisogna valutare come una cosa è fatta – garantiva il pubblico, quindi i cittadini, dal fatto che si potessero avere dei picchi di fabbisogno finanziario di pagamento.
  Come vedete, nel caso in esame c'è un BOC, che abbiamo descritto nel dettaglio, che serviva a finanziare un'opera pubblica. È come contrarre un debito per comprare una casa. Non è niente di sconvolgente. Il BOC, però, ha una struttura finanziaria che si paga in una sola soluzione e la legge prevedeva che occorrevano contratti che assicurassero di spalmare il pagamento della parte capitale e degli interessi per tutta la vita. Questi erano i derivati. Pertanto, in questo caso si trattava di derivati stipulati, secondo quanto previsto dal quadro normativo, per assicurare la sostenibilità dell'operazione finanziaria. Il quadro normativo, giustamente, imponeva questo percorso e quindi si trattava di derivati giusti.
  La distorsione è aver chiuso i derivati e aver lasciato che il debito fosse pagato in una soluzione unica alla fine della sua scadenza. In teoria la questione sembra complessa, ma in realtà è abbastanza semplice. Il problema è che a una struttura fatta in un certo modo è stato tolto un pezzo ed è rimasta con una gamba sola. Questa è stata la scelta, ma il punto non è se sia stato giusto o meno stipulare un derivato. Nel momento in cui avrò a disposizione tutte le carte, darò certamente conto di quello che c'è, della mia personale opinione e di quella dei tecnici che mi supportano. La situazione è questa. Di ciò che vedo ho dato conto in questa relazione e sono a disposizione per ogni approfondimento.
  L'altra questione posta dall'onorevole Meloni riguarda la durata del supporto al pagamento di questo debito. Il supporto dura fino al 2040, ossia le risorse statali del fondo allocato presso il Ministero dell'economia e delle finanze sono impegnate fino al 2040. Da questo punto di vista, tali risorse sono molto più sicure di tante altre, sia perché la legge dispone un contributo senza un termine sia perché l'impegno continua fino al 2040.
  Per questo nella relazione distinguo tra sostenibilità e liquidità. La sostenibilità c'è perché la struttura finanziaria ha le caratteristiche di prevedere un finanziamento costante per la vita del debito finanziario. Da questo punto di vista il debito pubblico è sostenibile e l'impegno fino al 2040 lo dimostra.
  In conclusione, ricordo che oggi avanzano circa 12 miliardi di euro. Siamo partiti da quelle valutazioni iniziali e oggi avanzano circa 12 miliardi di euro, costituiti da 3,224 miliardi di debito commerciale e da 8,768 miliardi di debito finanziario.
  Conosciamo il debito finanziario e dobbiamo gestirlo. Sono perfettamente d'accordo con quanto è stato detto. Questo debito finanziario deve essere gestito meglio perché risparmiare risorse è nostro dovere. Il debito commerciale deve anch'esso essere gestito, ma i mezzi per gestirlo sono diversi perché c'è bisogno che si aprano tutte le pratiche e si porti a compimento, in un tempo certo, l'analisi di chi ancora deve essere pagato dal comune di Roma. Questa incertezza implica un lavoro. Stiamo parlando di 3,224 miliardi di euro; non si tratta di una cifra incredibile. Questi 3,224 miliardi di euro, confrontati con i residui passivi di altri grandi comuni al tempo, sono addirittura inferiori.
  I residui passivi sono impegni presi e non pagati. È necessario un impegno per prendere in mano queste due partite, che necessitano di un lavoro diverso: la gestione finanziaria ha bisogno di un lavoro di ristrutturazione; la gestione delle partite creditorie ha bisogno dell'individuazione della situazione di debiti e crediti certi, liquidi ed esigibili e del pagamento delle partite sospese.
  Secondo me, è una questione di lavoro. Non c'è una particolare preoccupazione perché questi numeri, a cui forse non Pag. 24siamo abituati, fanno parte dell'equilibrio economico-finanziario di un comune, le cui risorse – che è dovere di tutti gestire al meglio – possono tranquillamente essere capienti.
  Resto a disposizione per altri approfondimenti. Come vedete, il quadro esposto necessita di lavoro e impegno, ma non di preoccupazione.

  PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Scozzese per il suo intervento e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato alla seduta odierna (vedi allegato). Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.

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