XVII Legislatura

Commissioni Riunite (III-XIV Camera e 3a-14a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 18 dicembre 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 

Comunicazioni del Governo sul prossimo Consiglio europeo del 19-20 dicembre 2013:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 
Moavero Milanesi Enzo , Ministro per gli affari europei ... 4 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 7 
Mogherini Federica (PD)  ... 7 
Carinelli Paola (M5S)  ... 8 
Buttiglione Rocco (PI)  ... 9 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 11 
Ricciatti Lara (SEL)  ... 11 
Prataviera Emanuele (LNA)  ... 12 
Chiti Vannino  ... 13 
Guerrieri Paleotti Paolo  ... 15 
Galgano Adriana (SCpI)  ... 16 
Moavero Milanesi Enzo , Ministro per gli affari europei ... 16 
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 18

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI FABRIZIO CICCHITTO

  La seduta comincia alle 13.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sul prossimo Consiglio europeo del 19-20 dicembre 2013.

  PRESIDENTE. Possiamo cominciare, perché abbiamo tempi piuttosto stretti. Saluto innanzitutto i presidenti e i colleghi della Commissione affari esteri e politiche dell'Unione europea di Camera e Senato. Nel ringraziare il Ministro Moavero Milanesi per la consueta disponibilità, segnalo che a seguire le Commissioni affari esteri e difesa di Camera e Senato audiranno, altresì, i Ministri Bonino e Mauro, anche in considerazione del fatto che il primo punto all'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo concerne la Politica di sicurezza e di difesa comune.
  Colgo l'occasione per rendere noto che la Presidenza della Camera ha trasmesso a tutti i Presidenti delle Commissioni permanenti una lettera del Ministro Moavero Milanesi che auspica un proficuo e sistematico uso degli strumenti di partecipazione del Parlamento all’iter legislativo in sede europea come previsti dalla legge n. 234 del 2012. Credo di interpretare il sentimento di tutti i colleghi commissari nel manifestare vivo apprezzamento per tale sensibilità istituzionale.
  Poiché non parlerò alla fine, voglio fare alcune brevi considerazioni ora. Oggi abbiamo l'onore di ascoltare, uno dopo l'altro, alcuni autorevoli ministri che vengono a parlarci, al di là dell'occasione specifica, di una questione fondamentale che è l'Europa. Vista l'importanza del tema, ci auguriamo di ascoltare non solo relazioni sulle questioni specifiche che stanno sul tappeto, ma anche riflessioni politiche nel senso più proprio del termine. Rischiamo, infatti, di trovarci di fronte a due alternative, una del tutto disastrosa e l'altra comunque negativa.
  La prima è quella costituita dal fatto che, se prevalessero i populismi antieuropeistici e si uscisse dall'euro e dall'Europa, le conseguenze sarebbero disastrose. In primo luogo, dovremmo fare i conti con una fortissima svalutazione. Se, però, non vengono corretti alcuni meccanismi, tra cui una politica economica e monetaria restrittiva, una BCE che non è ancora un prestatore di ultima istanza nella pienezza dei suoi poteri, come sono la FED per il dollaro, la Banca d'Inghilterra per la sterlina e la BOJ per lo yen, noi saremo sempre costretti a misurarci con una situazione recessiva e con un'assenza di crescita che sono una, ma non la sola, delle ragioni della crisi del sistema politico e del conseguente e paradossale rafforzamento proprio delle tendenze populiste e antieuropeiste.
  Voglio anche aggiungere, con tutto il rispetto per i ministri che oggi sentiremo, che su questo terreno c’è un ministro altrettanto decisivo di quelli con i quali oggi ci confrontiamo, cioè il ministro dell'economia, Pag. 4il Ministro Saccomanni, che deve quotidianamente misurarsi non solo con il condizionamento costituito dal nostro elevatissimo debito pubblico, ma anche con due pesanti poteri burocratici, quello dell'Unione europea e anche quello costituito da quei settori del Ministero dell'economia e della Ragioneria che hanno la tendenza ad affermare una loro autonomia con una forte propensione per le politiche restrittive.
  Diciamo questo perché ci auguriamo che il semestre italiano abbia un altro profilo, che non può non essere ispirato a un progetto di rinegoziazione del trattato che, alla luce delle esperienze di questi anni, superi le molteplici contraddizioni finora emerse.
  Non so se il Presidente Casini vuole intervenire. Forse lo farà alla fine.
  Detto questo, invito il Ministro Moavero Milanesi a svolgere la sua relazione.

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Grazie, presidente. L'obiettivo è di fornirvi un quadro naturalmente sintetico, per ragioni di tempo, di quello che si apprestano a discutere a partire da domani pomeriggio i Capi di Stato e di Governo dei ventotto Paesi in questo vertice di dicembre. Per tre snodi particolari, che vi sottolineerò, esso si presenta come particolarmente importante e soprattutto ricco di implicazioni per la realtà operativa degli Stati membri.
  Come indicato dalla lettera del Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy ai Capi di Stato, inviata una settimana fa per inquadrare politicamente il vertice, il tema prioritario è quello relativo al completamento dell'Unione bancaria.
  Voi ricordate che il progetto dell'Unione bancaria lanciato per migliorare i meccanismi di governo dell'Unione economica e monetaria prevede tre assi, o tre pilastri, a seconda del termine che preferite. Il primo è la vigilanza unica affidata alla Banca centrale europea, che è stata in buona misura varata e sarà resa operativa nel corso del 2014 per le banche cosiddette sistemiche, ossia le maggiori.
  Il terzo riguarda un livello di garanzia unico a livello europeo per i depositi dei risparmiatori, individuato in 100.000 euro. Questo è attivato attraverso due direttive che stanno finendo l’iter di approvazione al Parlamento europeo.
  Il secondo pilastro è quello più delicato e riguarda il meccanismo di risoluzione delle difficoltà e delle crisi bancarie, ossia che cosa si fa e come si interviene quando le banche sono in difficoltà.
  Non dimentichiamoci che la crisi economico-finanziaria globale che ci ha afflitto e che continua ad affliggerci, in particolare negli ultimi anni, inizia nel mondo finanziario. Inizia come una crisi di insolvenza di numerosi istituti di credito, soprattutto quando rimbalza in Europa. Ricordiamo le vicende in Gran Bretagna e in Irlanda, ma non solo, anche in Spagna e nella stessa Germania per alcuni istituti, e l'intervento degli Stati per salvarli, che determina un aggravio nei conti pubblici e nei debiti pubblici.
  Questo porta gli investitori e i mercati internazionali a focalizzare il debito pubblico come un elemento di crisi e Paesi come il nostro, che non hanno avuto un particolare incremento di debito pubblico a causa della crisi, ma che lo avevano già alto, perché se lo portavano dietro da anni passati, si sono trovati nell'occhio del ciclone.
  Si cerca ora di spezzare questo circuito di difficoltà dell'istituto finanziario – di una banca in particolare, ma non solo – salvataggio da parte dello Stato ed esposizione dei contribuenti, più o meno consapevoli di questo fatto, per cercare di risolvere la crisi, con aggravio delle situazioni sovrane.
  L'obiettivo è sostanzialmente quello di stabilire un meccanismo soprattutto preventivo. Questo va sottolineato. Non è solo la situazione finale, la più disgraziata dell'eventuale bancarotta, che va identificata. C’è anche la prevenzione, che prevede una migliore collaborazione fra le Autorità di vigilanza, meccanismi di sorveglianza coordinati in rete e decisioni che via via verrebbero prese quando una Pag. 5banca entra in situazione arancione e poi via via sempre più rossa. Non c’è, quindi, solo l'esito finale.
  Rispetto a questo l'idea è di operare in rete fra i diversi organismi di vigilanza, di coinvolgere un Consiglio di risoluzione con rappresentanti di tutti gli Stati membri, nonché la Commissione europea e anche il Consiglio dei ministri dell'economia e delle finanze. È un sistema un po’ laborioso, ma che tende a garantire i livelli politici e tecnici della vigilanza preventiva.
  Al momento dell'eventuale salvataggio o dell'eventuale intervento si applicherebbe l'accordo che hanno già raggiunto i ministri dell'economia nelle loro riunioni di fine novembre e dicembre, da cui poi l'importanza, a cui faceva riferimento il Presidente Cicchitto, di avere una regolare interlocuzione con le Commissioni parlamentari competenti e con i ministri.
  A me ancora ieri qualcuno chiedeva di questo accordo. L'hanno stipulato nell'Ecofin di fine novembre – inizio dicembre, in un Consiglio economia e finanza, e contiene l'opzione del cosiddetto (col termine inglese) bail-in. Ci sarebbero in primis gli azionisti delle banche e i detentori di obbligazioni, poi interverrebbe un fondo di garanzia e, infine, in un'ultima analisi, a cui raramente si arriverebbe, i depositanti con depositi superiori a quelli garantiti dei 100.000 euro.
  Resta, però, ancora tutta una serie di questioni da decidere: il Fondo di garanzia europeo o reti di fondi nazionali, l'intervento decisionale della Commissione nel meccanismo, la rete di sicurezza, quello che col termine inglese viene definito il backstop, unico o, ancora una volta, di meccanismi nazionali coordinati. I ministri dell'economia si sono riuniti ieri sera, hanno finito alle tre di notte e hanno ripreso questa mattina i lavori per definire più compiutamente questo punto, probabilmente il principale che sarà poi portato, per risolvere alcuni nodi residui, all'attenzione dei Capi di Stato e di Governo.
  Il secondo punto importante è sempre collegato all'Unione economica e monetaria e al suo buon funzionamento. Uno dei gangli vitali è rappresentato dalle riforme che devono essere fatte in tutti i Paesi. Questo lo sappiamo, perché tutti gli Stati presentano, il nostro incluso – è coinvolto anche il Parlamento – un Piano nazionale delle riforme ogni anno, il quale poi si traduce in raccomandazioni al Paese. Tutti i Paesi ricevono alcune indicazioni, che sono vere e proprie liste di riforme che dovrebbero attuare e che sono raccomandate.
  L'idea è di rendere questo meccanismo delle raccomandazioni più cogente. Si è partiti da un'idea tedesca che mirava a imporre alcuni vincoli attraverso accordi che avrebbero impegnato gli Stati e si è planati, dopo una lunghissima trattativa ieri, al Consiglio affari generali, a cui ho partecipato io, all'idea di avere alcuni meccanismi di partenariato. Gli Stati interessati a portare avanti determinate riforme, che verrebbero individuate con un processo nazionale, coinvolgendo parti sociali e Parlamento, potrebbero stipulare partenariati con l'Unione europea e riceverebbero degli incentivi. Tali incentivi possono essere di natura finanziaria o di natura non finanziaria. Devono essere ancora individuati.
  Per definire meglio il sistema, sulla base di un accordo che nelle grandi linee dovrebbe essere raggiunto domani, ci sarebbero lavori fino al mese di giugno del 2014. Di questi partenariati – questa è la nuova denominazione per quelli che erano diventati un po’ più noti col nome di contractual arrangement, accordi contrattuali – la prima applicazione potrebbe avvenire, se ci si mette d'accordo su tutti gli elementi, dopo giugno 2014. Di qui ad allora si lavora.
  Questo è un risultato, sia quello di avere più tempo per i lavori, sia quello di avere un rigoroso parallelismo fra l'impegno eventuale e il meccanismo di incentivo, che io penso di poter ascrivere al nostro Paese, al nostro Governo.
  L'altro elemento importante è una proposta che verrebbe dal livello nazionale. Non si tratta di un'imposizione europea, che pure non è un livello terzo, bensì un livello che ci coinvolge, una proposta che partirebbe a livello nazionale e che riguarderebbe Pag. 6tutti gli Stati, non solo uno, due o determinati altri, salvo quelli che sono sotto programma, come la Grecia e il Portogallo, che hanno già un programma in cui vengono loro imposte alcune riforme per il risanamento.
  Questi sono i due punti principali che riguardano il buon funzionamento dell'Unione economica e monetaria.
  C’è poi un terzo punto, del quale parlerete in modo più particolare col Ministro Mauro e col Ministro Bonino, che riguarda la politica di sicurezza e di difesa comune. Fa parte dei punti tematici che Herman Van Rompuy ha voluto fossero all'ordine del giorno di tutti i Consigli a partire dal mese di giugno di quest'anno, per evitare di dare sempre all'opinione pubblica l'impressione che si parli unicamente di questioni economiche e monetarie e, quindi, per mostrare che c’è un'attività europea che va anche al di là di queste ultime.
  L'idea è di dare – ve lo dico in due parole, perché poi avrete l'approfondimento – una visibilità maggiore all'azione della politica di sicurezza e di difesa comune, soprattutto tenendo presente ciò che accade in aree geopolitiche vicine all'Europa, e di effettuare importanti investimenti nella collaborazione industriale transfrontaliera tra industrie europee, soprattutto quelle che svolgono le attività nei cosiddetti settori dual-use, vale a dire militare ma con possibilità di utilizzazione civile.
  Si tratta di meccanismi di comunicazione satellitare e dei cosiddetti meccanismi della cyber difesa. Si parla di sistemi marittimi, di sistemi di rifornimento aereo, dello sviluppo dei cosiddetti droni, tutto in un'ottica di dare una spinta anche alla ricerca e allo sviluppo e alla possibilità di produzione industriale proprio per determinare un miglioramento occupazionale e di competitività.
  Il quarto punto importante che vi segnalo riguarda l'allargamento. A dicembre, classicamente, gli Stati dell'Unione europea fanno il punto sull'allargamento dell'Unione stessa. Voi avete visto dalle vicende più emotive che esiste ancora una domanda di Europa. La domanda di Europa scende drammaticamente nei Paesi che ne fanno parte probabilmente anche per una delusione sulla capacità dell'Europa di risolvere i problemi legati alla crisi economica e su un eccesso di tecnicismo dell'Europa stessa. Nei Paesi che sono fuori – l'Ucraina insegna, in questi giorni – c’è, invece, un'emotivamente coinvolgente domanda di Europa che ci deve far riflettere, nel momento in cui noi dall'interno ce ne allontaniamo.
  In ogni modo, l'allargamento di cui si parla in questi giorni non riguarda ancora naturalmente Paesi come l'Ucraina, ma i Balcani occidentali, più particolarmente la Serbia, con cui ieri al Consiglio affari generali si è presa la decisione di aprire i negoziati nel mese di gennaio, e l'Albania, Paesi verso i quali noi sentiamo una responsabilità storico-politica e geografica. Per il riconoscimento dello stato di candidato ci siamo battuti e avremo con l'inizio dell'anno prossimo un approfondimento delle discussioni in materia. L'allargamento riguarda poi gli altri Paesi sempre dell'area balcanica che sono a livelli diversi del percorso di avvicinamento all'Unione europea.
  Infine – è l'ultimissimo punto che vi segnalo – ci sarà la menzione, ma anche un altro pezzo di discussione, della questione delle migrazioni. Questo è stato un altro punto importante che siamo riusciti, come Italia, come Governo italiano, a ottenere che fosse all'ordine del giorno per la seconda volta del Consiglio europeo. Abbiamo anche fissato un importantissimo appuntamento a giugno 2014 per guardare l'insieme della politica migratoria e dell'accoglienza, comprese le questioni relative all'asilo e a dove queste persone vanno.
  Sono stati stanziati alcuni fondi per il miglioramento dei centri di accoglienza. È veramente deplorevole che le immagini che abbiamo tutti visto siano uscite proprio nei giorni in cui da parte dell'Unione europea venivano stanziati questi fondi. C’è comunque un'inedita attenzione, veramente dovuta all'azione italiana, del vertice europeo e dei diversi leader dei Paesi Pag. 7su questa questione, con un'ottica di solidarietà e di condivisione del carico, il cosiddetto burden sharing.
  Appuntamento ancora, quindi, domani e dopodomani e poi a giugno. Nel periodo tra le due date di dicembre e di giugno la Commissione europea e la task force che è stata costituita renderanno periodico rapporto al Consiglio affari interni, che è quello più direttamente competente per questa questione.
  Per chi è attento anche ad aspetti regionali segnalo, infine, che su iniziativa italo-francese il vertice affermerà l'importanza delle macroregioni e, in particolare, della macroregione alpina, che coinvolge tutte le nostre regioni dell'arco alpino e quelle dei Paesi dell'altro versante delle Alpi.
  Grazie, signor presidente.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Moavero della relazione assai lucida che ci ha fatto.
  Noi abbiamo come tempi circa 35-40 minuti in cui possiamo discutere. Procederemo nel solito modo, cioè dando priorità a un rappresentante per Gruppo per poi lasciare intervenire gli altri colleghi.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICA MOGHERINI. Grazie, presidente. Innanzitutto vorrei ringraziare il Ministro Moavero, così come poi i Ministri Bonino e Mauro per l'audizione successiva, di questo appuntamento. Questa legislatura si sta caratterizzando per la buona abitudine di avere alcuni appuntamenti, o in Aula o in Commissione, non soltanto di comunicazione, ma anche di discussione degli orientamenti che il Governo assume in occasione dei Consigli europei. Io penso che come procedura di metodo questa sia estremamente importante.
  Credo anche che sia da cogliere la sollecitazione che ci veniva data dal Ministro Moavero adesso di usare il più possibile nella fase cosiddetta ascendente dei provvedimenti il potere che il Parlamento ha di influire sui meccanismi decisionali a livello europeo. Credo di cogliere in questo anche un riferimento che faceva il Presidente Cicchitto: ormai la dimensione europea non è più in alcun modo ascrivibile come una dimensione altra dalla nostra dimensione domestica. Le politiche europee fanno parte pienamente delle nostre politiche e, quindi, effettivamente c’è bisogno di una maggiore consapevolezza del nostro Parlamento nazionale nell'utilizzare tutti gli strumenti che può avere a disposizione per influire su quelle decisioni politiche, chiaramente in rapporto dialettico con il Governo e nella sua distinzione di competenze. Credo che sia una questione assolutamente fondamentale.
  Nel merito, posto che approfondiremo il tema difesa ed esteri in un passaggio successivo, ci tengo a dire qui con il Ministro Moavero che penso che sarà nostro specifico dovere, per il peso che abbiamo messo nel determinare di avere questo punto all'ordine del giorno del Consiglio di domani e dopodomani, immaginare che il prossimo semestre di presidenza italiano rilanci i parziali, o forse ottimi – lo discuteremo dopo – risultati che ci saranno sul settore difesa e politica estera del Consiglio stesso. Io credo che, da questo punto di vista, l'Italia abbia una sua credibilità e una sua responsabilità e che, quindi, questo possa e debba essere un punto qualificante dell'azione dell'Italia per la presidenza dal luglio del 2014.
  Quanto ai punti in discussione nel Consiglio dei prossimi giorni noi crediamo sia fondamentale che l'Italia mantenga una posizione ferma sull'avanzamento dell'Unione bancaria. Sappiamo bene che la questione è complicata, sappiamo bene che ci saranno dinamiche complesse da gestire in Consiglio, ma questo è un punto qualificante per avanzare sul progetto di integrazione. Solo quello può essere la risposta efficace – speriamo non necessaria – a eventuali crisi future.
  Sappiamo anche bene che il motivo per cui l'Europa ha retto poco o male all'impatto della crisi è stato anche un deficit di Pag. 8integrazione, non solo dell'Unione bancaria, ma anche dei passaggi successivi. Esprimo, quindi, pieno sostegno al Governo e alla sua volontà di ottenere un risultato su questo punto. D'altra parte, anche stamattina il Presidente Letta alla Conferenza degli ambasciatori ha citato questo come un punto qualificante dell’input italiano nel Consiglio e in questo senso ritengo che vada sostenuto pienamente.
  Sul tema dei contractual arrangement credo possa essere positivo avere un po’ più di tempo per capire i meccanismi di incentivo e la forma che potranno assumere, se finanziaria o non finanziaria. Penso che avremo bisogno di un po’ di tempo, forse qualche mese, per discuterne anche tra di noi in Parlamento. Credo, però, che sia fondamentale uscire dal Consiglio dei prossimi giorni stabilendo nel modo più chiaro possibile il nesso tra incentivi e riforme. Se su questo punto la posizione del Consiglio non sarà esplicita, il risultato per noi potrà essere più complicato da ottenere nei mesi successivi.
  Faccio tre brevissime ulteriori considerazioni. Una è una sottolineatura positiva dell'inclusione della dimensione sociale in agenda. Credo che la proposta di introdurre un quadro di valutazioni di indicatori occupazionali e sociali possa iniziare a rispondere, se non altro come punto in agenda, al rischio che abbiamo di fronte per il 2014-2015 di avere una crescita senza occupazione. Mettere a fuoco questo problema a livello di Consiglio europeo sarebbe già una parte della consapevolezza che ci può portare ad alcune risposte.
  Sul tema dell'allargamento vedremo meglio. Adesso lei ci ha fornito alcune informazioni, ma io penso che, trattandosi di due Paesi, l'Albania e la Serbia, con i quali abbiamo storicamente, geograficamente, economicamente e culturalmente legami molto forti, un posizionamento forte dell'Italia, che sono certa non sia mancato nei mesi scorsi ma che ancora nelle prossime ore può essere utilmente affermato, sia fondamentale.
  Sulla questione dei flussi migratori io penso che proprio in una giornata come oggi non possiamo tacere le notizie delle agenzie rispetto alle dichiarazioni del Commissario Malmström e alle vicende di Lampedusa. Io sono convinta del fatto che non si tratti tanto di solidarietà europea, ma di fare un salto culturale che consenta a tutti, soprattutto ai nostri partner europei, di capire che questo è un problema comune, che va gestito insieme. È un passaggio culturale ulteriore che richiede, perché noi si possa porre in modo credibile anche ai Paesi europei che più fanno fatica ad accettare questo passaggio culturale da parte nostra, la massima trasparenza, la massima serietà e il massimo rigore nell'accoglienza. Soltanto questo ci può dare la credibilità per chiedere agli altri Paesi europei non la solidarietà, ma la piena e condivisa gestione dell'accoglienza e dei flussi migratori. Si tratta, infatti, di frontiere comuni e come tali vanno gestite.

  PAOLA CARINELLI. Sarò più breve della collega che mi ha preceduto, anche perché diversamente stiamo qui fino a domani. Concentrerò, quindi, le mie riflessioni su un paio di punti.
  Ringrazio ovviamente il ministro, come al solito, per la sua disponibilità. A proposito della legge n. 234 del 2012, che è stata citata, io volevo riferirmi in particolare a due articoli, all'articolo 4 e all'articolo 9.
  L'articolo 4 dispone che il Governo illustri alle Camere la posizione che intende assumere, la quale tiene conto degli eventuali indirizzi dalle stesse formulati. Purtroppo, in questo caso non abbiamo la possibilità di fare atti di indirizzo, come abbiamo fatto, invece, le altre volte, quando nei mesi scorsi è intervenuto il Primo Ministro in Aula. Di questo ci dispiacciamo, perché siamo sicuramente convinti che il ministro terrà conto degli orientamenti qui espressi oralmente. Converrà con me, però, che non è la stessa cosa che avere un atto formale, con una risoluzione che impegna il Governo.
  Con questo mi collego all'articolo 9, sempre della legge n. 234 del 2012, nel quale si afferma che le Camere possono Pag. 9trasmettere all'Unione europea anche alcuni atti, ossia che possono essere considerati atti di indirizzo anche i dibattiti che si sono avuti nelle Commissioni competenti. È scritto, infatti: «Le Camere possono far pervenire alle Istituzioni dell'Unione europea ogni documento utile alla definizione delle politiche europee». Non so se eventualmente possiamo considerare anche il resoconto stenografico di questa Commissione come un documento che si può inviare all'Unione europea.
  Sempre a proposito di coinvolgimento del Parlamento, volevo fare due esempi, uno sulle TTIP, le Transatlantic Trade and Investment Partnership, e l'altro sugli accordi di partenariato. In entrambi i casi noi abbiamo visto che il coinvolgimento del Governo nei confronti del Parlamento è stato praticamente assente, perché sugli accordi di partenariato verremo a conoscenza di quale sarà l'assetto definitivo soltanto quando saranno appunto definitivi e non si potrà fare nulla. In questi mesi abbiamo provato ad avere un po’ di informazioni, ma sempre molto vaghe, niente di ufficiale. Lo stesso dicasi per gli accordi transatlantici.
  Nei mesi scorsi noi abbiamo richiesto più volte che le informative della rappresentanza permanente ci fossero trasmesse, ma non siamo riusciti ancora oggi a leggerle. Tutto questo per dire che sappiamo che i negoziati spesso sono molto lunghi e laboriosi, ma che il Parlamento di questi negoziati non riesce a sapere nulla. Ci fa piacere avere un resoconto del ministro con quello che ci ha detto oggi, in modo ovviamente molto stringato, anche per una questione di tempo, perché non può certo raccontarci come sono andati i negoziati di questi mesi. Ci sembra importante, però – scusatemi se insisto ma noi ci teniamo in maniera particolare – che il Parlamento possa essere maggiormente informato e coinvolto nelle posizioni che il Governo prende in sede europea. Diversamente ci troviamo a essere messi al corrente soltanto alla fine, senza poter influire minimamente. Abbiamo visto che anche per la condizionalità macroeconomica è stato così. Ci rallegriamo se, invece, per i contractual arrangement c’è stata una revisione della posizione. Rimane il fatto, però, che noi non riusciamo a influire sull'attività del Governo.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor ministro, prima di tutto io intendo felicitarmi con lei per i risultati che ha raggiunto la politica europea del Governo, forse non sufficientemente apprezzati dalla pubblica opinione. Abbiamo vissuto una situazione di crisi drammatica e io credo che si possa dire che con il contributo determinante dell'Italia ne stiamo uscendo.
  Io sono politicamente poco corretto e, quindi, dirò una cosa che molti non condivideranno: le politiche di austerità stanno funzionando. Il mercato interno ha sofferto terribilmente, ma le imprese italiane, stimolate da questa situazione, hanno aumentato enormemente le esportazioni. Noi siamo davanti a una ripresa dell'economia italiana trainata dalle esportazioni. Mi auguro che questo divenga un cambiamento strutturale, perché quello europeo è un modello in qualche misura trainato dalle esportazioni.
  Credo che questo vada detto. L'Irlanda sta uscendo, il Portogallo è avviato bene, la Spagna è avviata ancora meglio dell'Italia e perfino la Grecia sta venendo fuori. Tutti quelli che hanno detto che le politiche di austerità erano destinate ad affossare l'Europa forse avranno ragione dal punto di vista della comunicazione, ma non stanno avendo ragione dal punto di vista della fuoriuscita dalla crisi. Su questa affermazione generale, su cui mi piacerebbe sentire il suo commento, vorrei innestare alcune osservazioni in merito ai punti in discussione.
  La crisi bancaria è stata drammatica. Va bene il lavoro che è stato fatto. Io credo, però, che sia sbagliato, ma non so se sia possibile ancora tornare sul tema, trattare tutte le banche allo stesso modo. Ci sono banche che hanno profili di rischio molto elevati, come le banche d'affari e le banche che fanno anche legittimamente impresa speculativa, e ci sono Pag. 10banche che sono, invece, vincolate al territorio, all'esercizio tradizionale dell'attività bancaria.
  Liikanen, nel suo recente rapporto, ha proposto di distinguere questi due profili. È sufficiente distinguerli dentro la banca ? Non andrebbero privilegiate le banche che hanno bassi profili di rischio – penso alle nostre banche popolari – chiedendo loro coefficienti patrimoniali diversi e minori ? Un'iniziativa del genere libererebbe enormi risorse per il sostegno dell'economia italiana. Se una banca deve avere riserve e capitale proprio per l'8-9 per cento dei propri impieghi, può prestare molto meno di una banca che è tenuta ad avere il 6-7 per cento di riserve e capitale proprio.
  Vedo che avete ottenuto un importante elemento a difesa delle piccole imprese, ossia il coefficiente specifico per le piccole imprese. Mi pare che sia, però, meno di quello che si potrebbe ottenere qualora ci fosse la serenità di riesaminare questo aspetto.
  La seconda osservazione verte sul meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie. Circola voce e c’è molta preoccupazione ancora in giro su sofferenze in quantità rilevante non adeguatamente dichiarate. Fino a quando non riusciamo a fare chiarezza su questo punto, sarà impossibile ottenere un backstop soddisfacente. Questo significa che alla fine, quando proprio tutte le altre risorse sono esaurite, a pagare è un fondo di garanzia dell'Unione delle banche fra di loro, non il singolo Stato. Questo è un elemento molto importante per garantire soprattutto le banche degli Stati più deboli.
  Io credo che in questa direzione vadano fatti sforzi ancora maggiori. Per poter chiedere una garanzia unica dobbiamo farci carico della preoccupazione che i nostri amici ci esprimono sul fatto che c’è in giro una massa di debito ancora non chiarita. Noi – dicono – non vogliamo dare la nostra garanzia fino a quando non sappiamo che i dati che risultano agli atti sono effettivamente quelli dai quali possiamo essere minacciati.
  Su questo credo che uno sforzo più intenso sia possibile, mentre ritengo che andrebbe avversata una soluzione che faccia ricadere l'ultimo livello di garanzia sulle spalle dello Stato nazionale. Questo genererebbe inevitabilmente differenziali competitivi fra le banche, perché il cliente delle banche degli Stati più deboli non si sentirebbe garantito come quello delle banche degli Stati più ricchi.
  Svolgo un'osservazione su quelli che erano una volta i contratti per le riforme strutturali e che adesso sono diventati contratti di partenariato. Come li finanziamo ? Mi pare chiaro che vanno finanziati fuori del bilancio ordinario dell'Unione, ma come ? Se si riuscisse a fare quello che mi pare lei abbia adombrato in un recente discorso, cioè a finanziare questi contratti con degli eurobond, per esempio con i growth and development bond che noi avevamo chiesto già un paio d'anni fa, finanzieremmo la crescita complessiva dell'Unione in un modo coordinato, generando un vero e proprio debito pubblico europeo. È possibile ? Lei pensa che questa proposta possa essere rilanciata ?
  Io ho l'impressione che, non usando assolutamente la parola eurobond, ma lavorando bene, oggi ci siano condizioni che ci possono permettere di ottenere il risultato. Credo che vada formalizzato, ma mi pare che siate già avviati in questo senso, un meccanismo di raccomandazione della Commissione. Lo Stato prende posizione sulle raccomandazioni e indica quali è disposto ad accogliere in modo tanto vincolante da impegnarsi in modo semicontrattuale per avere un finanziamento comune, un cofinanziamento o comunque un sostegno che può avere anche altre forme. La cosa migliore sarebbero gli eurobond.
  Quanto a sicurezza e difesa comune, a quale mercato della sicurezza pensiamo ? Pensiamo a un mercato della sicurezza europeo o a un mercato della sicurezza transatlantico ? Le politiche che noi facciamo sono molto diverse a seconda se consideriamo il primo o il secondo orizzonte. Un mercato della sicurezza transatlantico, Pag. 11però, chiede una capacità negoziale con gli Stati Uniti per ottenere che ci aprano il loro mercato della sicurezza. Loro possono concorrere sul nostro, ma anche noi dobbiamo potere concorrere sul loro.
  Se vogliamo andare avanti superando tante difficoltà, io credo che il tema della cybersecurity sia quello che presenta meno difficoltà. È un tema decisivo, un tema dual-use che, quindi, sostiene anche la capacità competitiva del sistema europeo in generale. È anche un tema su cui gli Stati maggiori hanno strutture esili e che per il futuro è assolutamente predominante.
  Infine, c’è l'allargamento. Portiamo avanti Serbia e Albania insieme, non lasciamo che la Serbia vada avanti, per mille ragioni, sia perché noi abbiamo un interesse particolare sull'Albania, sia per ragioni di equilibrio balcanico. Bisogna che le due nazioni camminino di conserva e anche, se possibile, che lo facciano rapidamente.

  PRESIDENTE. Io ho diversi colleghi iscritti a parlare e mi sento impegnato a farli parlare tutti. Li pregherei, pertanto, di impiegare un qualche potere di sintesi.

  LARA RICCIATTI. Buon pomeriggio a tutti. Ringrazio i presidenti e il ministro per averci nuovamente accordato queste occasioni di confronto, di crescita e soprattutto di reciproco scambio di informazioni. È un modo di fare che io penso debba essere d'esempio soprattutto e a maggior ragione rispetto a quello che c’è fuori di qui e a un sentimento diffuso e dilagante proprio di antieuropeismo. Provare a praticare posizioni od opinioni che vengono poi prodotte in sede europea all'interno di Commissioni congiunte, cercando di confrontarsi in questa maniera trasversale, a mio avviso può essere una buona risposta e soprattutto un buon punto di partenza e un buon metro di lavoro.
  Rispetto ai punti all'ordine del giorno che affronteremo e che affronteranno al prossimo Consiglio europeo noi pensiamo che rispetto all'Unione bancaria, se, da una parte, è vero che può essere lo strumento utile per provare ad affrontare le crisi che nel futuro immediato potremmo doverci nuovamente trovare a fronteggiare, dall'altra, siamo anche convinti che non possa essere solo ed esclusivamente quella la soluzione a un palese ed evidente deficit di integrazione strutturale e anche politica. Affrontiamo adesso il tema dell'Unione bancaria cercando comunque di tenere con molta attenzione il punto all'ordine del giorno, che deve essere un'integrazione reale dell'Unione politica.
  Ovviamente siamo d'accordo anche sul fatto che, quando l'Unione europea raccomanda agli Stati membri di fare riforme e produrre Piani, gli Stati membri dovrebbero farsi carico molto di più della raccomandazione che parte dalla sede europea. Anche questo deve stare in un contesto di forte europeismo e di forte convinzione che sia ora più che mai necessaria l'integrazione.
  Io ho letto nel documento che si parla di sostenere gli Stati membri in difficoltà, soprattutto in momenti di difficoltà economico-finanziaria. Va benissimo, ma rischiamo di essere arrivati un po’ troppo in ritardo, anche perché abbiamo visto che c’è stato il precedente della Grecia, che è stato un precedente di non buona politica europea.
  Noi siamo convinti anche che provare ad affrontare il tema dell'Europa cercando soprattutto di coniugare il tema economico-finanziario con quello della dimensione sociale dell'Unione europea debba essere il punto di arrivo e non il punto di partenza. È per questo che leggiamo con preoccupazione i dati che ci proponiamo come roadmap per cercare di definire la dimensione sociale dell'Unione europea. Leggiamo di disoccupazione, di disoccupazione giovanile, di giovani che a oggi non cercano più neanche un lavoro – i famosi NEET – di redditi lordi disponibili molto bassi, di rischio povertà e di disuguaglianze.
  Poiché stiamo parlando di Europa, io penso che ogni tanto fare un passo avanti per trovare soluzioni strutturali a questo Pag. 12problema, soprattutto in sede europea e, quindi, avere il coraggio di sollecitare i due rami del Parlamento per provare a prendere in esame le proposte di legge depositate da più Gruppi parlamentari, come quello del reddito minimo garantito, che è di impostazione prettamente europea, possa essere una risposta e una soluzione concreta. Non vale a niente andare ai Consigli europei e confrontarsi rispetto ai tassi di disoccupazione giovanile o porre il tema del reddito all'interno di una dimensione economica e sociale, se poi, come Italia, non portiamo il nostro contributo, a maggior ragione oggi che ci accingiamo ad affrontare il semestre di presidenza italiana.
  Prestiamo, dunque, attenzione al tema dell'allargamento, che leghiamo anche rispetto alle politiche di macroregione. Va benissimo e siamo d'accordo, purché non si leggano i temi dell'allargamento e della costituzione di queste macroregioni solamente in termini di apertura di nuovi mercati finanziari, ma si provi anche a guardare tutta la partita dei diritti e della cooperazione.
  Chiudo con il tema della cooperazione perché – scusatemi se chiedo un attimo la vostra attenzione – ci siamo indignati tutti davanti al servizio del TG 2 che parlava di Lampedusa. Torniamo a casa dicendo che siamo stati bravi perché, come Italia, porremo per la seconda volta all'ordine del giorno il tema dell'immigrazione e di quello che succede. Facciamo attenzione, però. Io penso che qui ci siano politici ben più navigati di me e di altri appartenenti al mio Gruppo politico, e lo dico con religioso rispetto, ma ritengo che la risposta italiana in quella sede non possa essere quella di chiedere più finanziamenti per i Centri di accoglienza, bensì quella di avanzare una pretesa. Questo non è un problema italiano, ma un problema europeo e la pretesa deve essere quella di urlare: «Vergogna !».
  Io mi sento molto europea ed europeista quando l'Europa dice, minaccia e dichiara di aprire una procedura di infrazione contro l'Italia per quello che si sta perpetrando sotto gli occhi di tutti. Penso, però, che ormai sia ora di fornire risposte e soluzioni ben più concrete e ben più coerenti con quello che pratichiamo da tempo.

  EMANUELE PRATAVIERA. Grazie, presidente. Parto dall'ultimo punto per arrivare al primo. Sono tutti e tre punti fondamentali per il futuro dell'Europa, questo è vero. Mi riservo la trattazione del secondo, nel senso che è una materia assolutamente tecnica, ma dalle enormi prospettive.
  Sul terzo punto, la questione immigrazioni, riprendo l'argomento dell'onorevole Ricciatti, che mi ha appena preceduto. Condivido le sue preoccupazioni: noi non possiamo continuare ad andare in Europa con l'atteggiamento di chi chiede aiuto. Questa è una questione che o è europea e la si risolve non, come è scritto in questo documento, nel giugno 2014 ma il 31 dicembre 2013, tra una settimana, oppure probabilmente continueremo a parlare, ma non ad affrontare i problemi.
  Inoltre, se è vero – la ringrazio anche per la sensibilità che lei ha manifestato nella sua sincerità – che Van Rompuy ha chiesto di inserire questi due punti ulteriormente al primo, che è quello più importante, di una maggiore integrazione nelle politiche bancarie dell'Unione, io credo che si debba andare verso tutta una serie di revisioni delle direttive. Questo potrebbe essere un buono spunto che io mi sento di suggerire, come rappresentante della Lega Nord, al Governo. Suggerisco cioè che si vada a Bruxelles chiedendo che si rivedano tutta una serie di direttive che vanno non a integrare l'Unione, ma ad aumentare le disparità all'interno dell'Unione stessa, in particolare quando si parla di lavoro.
  Prima si discuteva della mancata possibilità che ci è stata data in questa occasione di poter, con una serie di risoluzioni o di mozioni, chiedere al Governo di muoversi in un determinato ambito. Ci è stata negata. Diciamo che non c’è stata l'opportunità di poterlo fare. Se ci fosse stata questa occasione, noi avremmo proposto la mozione che è, peraltro, iscritta Pag. 13all'ordine del giorno – non so se lei ha avuto modo di vederla – per rivedere tutto il meccanismo della Bolkestein.
  Se da qualche parte bisogna iniziare, lo si faccia da qui. Se parliamo tutti di turismo come dell'unica vera materia prima che abbiamo nel nostro territorio, lo si curi salvaguardando da prima le nostre attività, le nostre imprese e i nostri lavoratori proprio valorizzando la specificità che il nostro sistema Paese ha a differenza di altri.
  Una direttiva che vuole con un'unica visione risolvere le difficoltà che ci sono in Danimarca, in Olanda, in Portogallo o in Italia non funziona. La si rivede, ma la si riveda subito. Il Governo ha adottato una sorta di salvaguardia fino al 2015, se non sbaglio, ma il 2015 è dopodomani. Io non credo che si possa aspettare il semestre di presidenza italiana, perché è un tempo troppo esteso.
  Mi scuso per aver divagato. Ci terrei solo a fare un passaggio molto concreto sulla riforma del sistema bancario. Prima l'onorevole Buttiglione riprendeva una parte del dibattito che noi ieri abbiamo sviluppato in Commissione XIV. Ci sono banche di un tipo che operano con clienti di un tipo e banche di un altro tipo che operano su altri mercati. Parlare di banche in questo momento e nei prossimi anni sarà sicuramente parlare del futuro vero dell'Europa, quello basato sul lavoro e sulla capacità di competere non tanto tra singoli Stati.
  Io ho paura che anche noi siamo scivolati verso un terreno di scontro all'interno dell'Unione. Io voglio considerare i tedeschi miei amici e miei fratelli, non voglio considerarli nemici perché fanno gli interessi delle loro aziende e del loro sistema economico e produttivo. Tuttavia, se noi andiamo in Europa con un atteggiamento costruttivo, dobbiamo farlo difendendo il nostro tessuto economico. Dobbiamo scacciare con tutte le forze chi vuole difendere un sistema bancario che va a favore di una visione delle imprese in Europa costituite da più di 10.000 dipendenti e da miliardi di euro di fatturato all'anno. Noi dobbiamo assolutamente scappare da questa logica, perché il nostro sistema economico e produttivo non è questo e non lo sarà nemmeno nei prossimi dieci anni, quantomeno. Lo potrà essere di più in futuro, ma nel frattempo ci saremo lasciati alle spalle qualche milione di morti viventi, che sono, peraltro, qui fuori e chiedono di poter vivere.
  Spero che si sia capito il senso di quello che sto dicendo e che non ci si soffermi sul senso stretto etimologico delle parole. Comprendendo l'intelligenza politica del ministro e visto che ci confrontiamo ormai da qualche mese e abbiamo imparato anche a conoscerci, credo che lui abbia capito che cosa sto dicendo.

  VANNINO CHITI, Presidente della 14a Commissione del Senato. Ringrazio anch'io il ministro per la sua relazione chiara ed efficace. Anch'io avrei posto la questione che ha sollevato l'onorevole Carinelli. Me l'ero posta come riflessione anch'io, tanto che mi hanno chiesto se ci fossimo messi d'accordo. Invece non ci siamo neppure incrociati.
  Il problema è vero e riguarda sia le Commissioni, sia il Governo. Se lei, ministro, o il Presidente del Consiglio venite in Aula, alla Camera e al Senato c’è una risoluzione ed essa è impegnativa. Se, invece, venite in una riunione congiunta di Commissioni, per l'arretratezza del nostro Regolamento e per altri motivi, non c’è una risoluzione, ma un indirizzo affidato alle parole.
  Io penso che il Governo dovrebbe far sapere per tempo se verrà in Aula o in Commissione, in modo che noi lo possiamo sapere prima. In questo caso, sapendolo prima, quando si fanno le Commissioni congiunte – i Regolamenti nostri sono arcaici, ma sono quelli – possiamo preparare una risoluzione comune, che poi venga votata singolarmente, come il Regolamento impone, nelle nostre singole Commissioni, in modo che rimanga comunque un indirizzo. Altrimenti è difficile mantenerlo anche quando si riferirà.
  Affronto tre punti in modo schematico. Io penso che in questo Consiglio europeo noi dobbiamo chiedere al Governo che Pag. 14spenda tutto il peso dell'Italia per determinare, come il ministro diceva, il raggiungimento dell'accordo sul meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie, che ha un aspetto anche di prevenzione e che dovrebbe entrare in vigore nel gennaio del 2015 almeno. C'era un impegno perché venisse completata l'attuazione dell'Unione bancaria entro questa legislatura del Parlamento europeo. Ci sono grandi Paesi che non sono d'accordo. Io penso che noi dobbiamo determinare tutto il peso che possiamo perché, invece, si mantenga questo impegno, come, del resto, il ministro diceva.
  Anch'io sono convinto che, come sottolineava il collega Buttiglione, il nostro Paese stia operando bene ora a livello europeo, invertendo anche una tendenza in termini di credibilità e autorevolezza. Bisogna spendersi, però, perché questi obiettivi siano raggiunti.
  Come seconda questione, noi non ci saremo ma, come Senato, abbiamo fatto insieme alla Commissione affari esteri e alla Commissione difesa un'indagine conoscitiva sui temi della sicurezza e della politica di difesa. Io penso che da questo Consiglio europeo debba uscire – mi pare che l'abbia richiesto il Parlamento europeo e credo che i Parlamenti nazionali dovrebbero fare altrettanto – un impegno chiaro sulle priorità e sugli obiettivi della politica di sicurezza dell'Unione europea, insieme a un calendario di tempi per un maggiore coordinamento e raccordo di queste politiche. Non ci possiamo permettere di avere una somma di spesa di ventotto Stati membri superiore a quella della Russia, del Giappone o della stessa Cina, ma che non determina nessun risultato perché spesso si opera tutti negli stessi campi e si fanno doppioni.
  L'altro aspetto molto importante, che non abbiamo discusso, è che ci sia, anche attraverso una cooperazione rafforzata, un ruolo più efficace dell'Agenzia europea per la difesa per avere un coordinamento e un indirizzo sul problema degli armamenti, che è un problema di grande rilievo, sia industriale, sia democratico.
  La terza e penultima considerazione riguarda l'aspetto che il ministro sollevava sul Programma nazionale di riforme. Il punto è quello che citava già l'onorevole Buttiglione. Occorre stabilire il Programma di riforme che, per poter essere realizzato, ha bisogno di sostegni e di solidarietà.
  Ora si parla di partenariato e di convergenza. Le parole vanno bene, ma il problema di fondo è quali sono le risorse, dove sono queste risorse, se devono essere aggiuntive a quelle del quadro finanziario pluriennale e, al tempo stesso, dentro il bilancio, altrimenti non avrebbero un controllo. Secondo me, non avrebbero un controllo e un indirizzo. Io sono convinto che dovrebbero essere sia aggiuntive, sia dentro il bilancio dell'Unione europea, così come credo che l'Italia dovrebbe recuperare la proposta, che è rimasta sospesa, della capacità fiscale, della fiscal capacity, che è molto importante per l'Eurozona e farne uno dei temi su cui può sviluppare un'azione la stessa nostra presidenza.
  L'ultimo punto è la questione dei centri di accoglienza, che è già stato richiamato. C’è un problema di continuare con forza perché l'Unione europea si faccia carico di queste impostazioni e delle migrazioni, ma c’è anche un problema nostro serissimo. Aspettiamo che il Vicepresidente del Consiglio, come ha detto, compia alcune verifiche sulla vicenda di Lampedusa, individui le responsabilità e che le responsabilità siano colpite.
  Io so che, quando si parla di Commissioni di indagine, si rizzano i capelli a noi, figuriamoci al Paese, ma questo è un tema: siamo proprio sicuri che questo sia un fatto circoscritto a Lampedusa ? Io non credo. Forse su questo, dopo che il Governo avrà risposto sulla situazione specifica, avere la possibilità di svolgere una Commissione di indagine, anche bicamerale, rapida, che faccia un accertamento della situazione nei centri di accoglienza e del rispetto delle normative europee potrebbe essere utile.
  Diversamente, ha ragione l'Europa. Si possono chiedere risorse, si devono chiedere ma, se siamo al di sotto dei livelli Pag. 15riconosciuti per il trattamento degli immigrati, è del tutto evidente che siamo in procedimento di infrazione, oltre che in vergogna nazionale. Io penso che non si possa essere né silenti, né assenti.

  PAOLO GUERRIERI PALEOTTI. Ringrazio anch'io il ministro. Molto brevemente, per stare nei tempi, intervengo sui due punti che ha citato come di straordinaria importanza.
  Sull'Unione bancaria io sono molto meno ottimista dell'onorevole Buttiglione. La crisi non è finita. Noi godiamo di tempo che ci è stato messo a disposizione dalla Banca centrale europea con le operazioni di un anno fa e di una grande liquidità che ci sta dando del tempo da spendere. La crisi si supererà proprio se si riuscirà a completare l'Unione bancaria e a dare in fase embrionale una forma all'Unione fiscale. Questa sarà l'uscita dalla crisi europea.
  Gli appuntamenti di questa settimana sono molto importanti perché condizioneranno la possibilità dell'Europa. Dobbiamo, però, intenderci: Unione bancaria non vuol dire qualunque accordo, non vuol dire un accordo dove a una sorveglianza unica si unisce un meccanismo di risoluzione frammentato a livello nazionale. Noi faremmo un pezzo di un processo che poi fermeremmo a metà. Avremmo la sorveglianza efficace, ma non i mezzi per poter reggere una sorveglianza più penetrante.
  Sappiamo che c’è stato un avvicinamento, ma poiché non ci sono posizioni che soddisfano un Paese come l'Italia, per noi è vitale questo accordo sull'Unione bancaria. Non ci sarà ripresa senza una vera Unione bancaria, perché non è pensabile che il credit crunch, la stretta creditizia, possa essere allentato se le banche italiane non godranno di questa cintura – come si dice – di sicurezza a livello europeo.
  Io le chiedo fino a che punto noi possiamo e pensiamo di spingerci. Ci sono alcuni Paesi che sono sulle nostre posizioni e soprattutto c’è un Paese, lo sappiamo, la Germania, che non è sulle posizioni di tutti gli altri e che continua a insistere per un processo da rimandare nel tempo. Parlare di un meccanismo che sarà a pieno regime di qui a cinque o sei anni non significa fare l'Unione bancaria.
  Noi dobbiamo distinguere quello che andrà bene una volta superata la crisi e quello che ci serve oggi, perché ci sono problemi che dobbiamo affrontare. Non commettiamo lo stesso errore di quando abbiamo fatto un'Unione monetaria senza la parte economica, un processo lasciato a metà. Abbiamo visto quello che è successo. Un'Unione bancaria che sia solo sorveglianza può causare danni peggiori di quelli che in realtà non avrebbero meccanismi nazionali.
  Immaginiamo che cosa succederebbe se, a un certo punto, dopo lo stress test, nascessero situazioni di banche in crisi e non avessimo i mezzi per intervenire. Addirittura solo gli stress test potrebbero rendere la stretta creditizia più grave.
  In merito credo che l'Italia si possa rifare a un accordo del giugno 2012 sottoscritto da tutti. Noi usammo l'arma del potere di veto allora per poter ottenere quello che poi fu sottoscritto, anche se stiamo mettendo nero su bianco solo adesso i termini di quell'accordo.
  Il secondo punto velocissimo riguarda i contractual arrangement. Intendiamoci, si è parlato di bastone e carota, di carrots and stick. Io per ora ho visto il bastone, cioè quello che dovremmo fare come Paesi. Non ho ancora capito quali siano le carote. Bisogna intendersi, perché a noi contractual arrangement che siano solo l'ennesimo bastone per costringerci non interessano. Sinceramente non vedo quale interesse potremmo avere.
  Noi dobbiamo dichiarare senza mezzi termini che non ci sarà un accordo se non viene messo sul tavolo con precisione quali sono queste carote. Le carote sono i mezzi finanziari per poter aiutare i Paesi, ma questi mezzi finanziari sono un embrione di fiscal capacity, di fiscalità comune. Questo è l'unico scambio che a un Paese come l'Italia o ad altri può interessare. Aggiungere un ennesimo vincolo a quelli che già ci sono e che facciamo fatica a enumerare Pag. 16tutti io credo che a noi non interessi. Bisogna dire chiaramente che questi contractual arrangement, così come si sono per ora ventilati, sinceramente a un Paese come l'Italia non possono interessare.
  Le chiedo quali possono essere le richieste, per rimanere sempre in questo tema, sul piano dei benefici. Questo naturalmente sarebbe molto importante. Una fiscal capacity embrionale è configurabile ?

  ADRIANA GALGANO. Sarò telegrafica. Grazie, ministro, per la continua opera di raccordo che fa con il Parlamento e anche per i risultati che ha ottenuto a livello europeo.
  Io volevo consegnarle, da parte del mio Gruppo, un forte mandato a concludere il meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie. Rispetto a questo faccio una segnalazione ai miei colleghi parlamentari. È chiaro che la posizione dell'Italia è tanto più forte quanto in Europa avranno la percezione che dietro ci sono 60 milioni di italiani. È molto importante, dunque, che il Parlamento dibatta di questi temi e che da parte del Parlamento venga un'indicazione che dia forza alle posizioni italiane. Questo rispetto al primo punto.
  Il secondo punto è, invece, sugli strumenti di convergenza degli squilibri macroeconomici. Finora si è sempre parlato di questo strumento per squilibri in negativo. Io vorrei far notare che, invece, funziona anche per squilibri in positivo. Gli squilibri, sia che siano in positivo, sia che siano in negativo, non sono una situazione ottimale per un gruppo di Paesi qual è l'Unione europea.
  Pertanto, io le chiedo di portare con forza al tavolo europeo anche il tema degli squilibri delle esportazioni tedesche ed eventualmente – lo dico con un po’ di ironia – delle riforme che i tedeschi dovranno attuare per ridurre questi squilibri.

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro per gli affari europei. Io penso – lo dico con sincerità e me l'ha già sentito dire chi era presente in precedenti occasioni – che questi incontri siano estremamente utili. Sono estremamente utili a me perché, al di là delle linee di indirizzo formale, raccolgo alcune linee di indirizzo politico e anche specifico che sono fondamentali e che guidano l'azione nella meccanica democratica che io cerco di svolgere come membro del Governo della Repubblica. Inoltre, sono estremamente ricchi di spunti, ciascuno dei quali meriterebbe un approfondimento molto più ampio di quello che in generale i tempi, necessariamente ristretti, delle audizioni permettono.
  Questo è il motivo per cui intervengo, non tanto per avere – scusate la citazione – materialmente scritto quegli articoli della legge n. 234 del 2012, ma anche perché credo sia fondamentale che ci sia questa interazione tra Parlamento e Governo, soprattutto per consentire al Governo di trarre spunto, vantaggio e indirizzo dalle linee che emergono nel Parlamento e al Parlamento di seguire passo dopo passo le importantissime azioni, che ormai, in una capillarità molteplice di settori, vengono portate avanti a livello di Unione europea.
  Quando noi scorriamo le norme delle leggi europee con cui recepiamo la normativa dell'Unione, vediamo che sono tutte norme che portano il nostro Paese a una sfida di modernizzazione e di cambiamento che da soli forse o non riusciamo a darci oppure è anche superfluo che ci diamo, visto che esiste la normativa dell'Unione. Questa normativa dell'Unione è anche nostra, in quanto noi partecipiamo a renderla operativa.
  Veniva citata prima la direttiva Bolkestein, che suscita molte inquietudini. Non dimentichiamoci mai che uno dei motivi del «no» francese al trattato costituzionale fu proprio un'intervista radiofonica dell'allora Commissario Bolkestein che descriveva tra gli effetti della sua direttiva l'arrivo competitivo dell'idraulico polacco in Francia, che divenne un archetipo di dumping sociale. Da noi questo fece molto sorridere e anche qualcosa di più, ma non provocò un dibattito politico. Adesso, a qualche anno di distanza da una direttiva che la stragrande maggioranza dei membri italiani del Parlamento europeo approvò e Pag. 17che l'allora Governo italiano approvò col voto in Consiglio, ci si pongono una serie di interrogativi.
  Io vedo la direttiva Bolkestein, al di là dei suoi snodi problematici e dell'obiettivo di favorirne un miglioramento e una modifica, che comunque richiederà dei tempi, proprio come il caso test di come non si debba partecipare alla creazione di normativa europea.
  Questo è un esempio nel passato, ma nell'oggi ne abbiamo tantissimi. Uno viene in considerazione proprio nella nostra audizione di oggi, perché è legato al meccanismo dei cosiddetti contractual arrangement o, con una nuova denominazione, più palatabile, partenariati per la crescita, l'occupazione e la competitività.
  Io vorrei subito rassicurare su due o tre punti e poi, come avevo avuto modo di scrivere anche tre settimane fa, sarei lieto di fare un'audizione di fronte alle Commissioni che riterranno opportuno averla per entrare nel dettaglio di questa questione, che seguo anche direttamente al tavolo del negoziato.
  Prima di tutto il meccanismo dei partenariati rappresenta il segno visibile e tangibile di quella svolta politica dell'Unione europea che non persegue più unicamente il lato rigore e disciplina, ma vede necessario mobilitare alcuni strumenti di solidarietà e di compensazione. Ne rappresenta proprio plasticamente l'equilibrio.
  Non ci saranno impegni se non ci sono effettivamente reali incentivi. Il bastone e la carota devono andare insieme, questo è il senso di questo strumento, altrimenti non c’è lo strumento. Abbiamo messo in chiaro noi questo in un momento, per essere espliciti, in cui nessun altro Paese lo faceva e, nell'arco di tre o quattro mesi – questi sono i tempi delle discussioni non solo in Italia, ma anche in Europa – abbiamo convinto il resto del sistema.
  Gli incentivi si potranno configurare in termini finanziari o in altri termini. Il meccanismo è lasciato aperto. Si è affermato che una solidarietà politica che mostri a un Paese che deve affrontare una riforma difficile che parallelamente stanno affrontando anche tutti gli altri Paesi europei potrebbe costituire un incentivo. Si possono pensare anche altre forme.
  Sotto il profilo finanziario noi non vediamo favorevolmente un meccanismo che crei un fondo con contributi in base al PIL, anche perché in base al PIL noi sappiamo di essere contribuenti netti. Noi vediamo molto meglio un meccanismo collegato eventualmente a una capacità finanziaria, se non a un'intera capacità di bilancio della zona euro, con emissioni di titoli.
  Tuttavia, si può pensare anche ad altri sistemi. È stato creato l'ESM (European Stability Mechanism). Noi mettiamo 54 miliardi nel Meccanismo europeo di stabilità. Esiste la BEI (Banca europea per gli investimenti). La BEI movimenta risorse finanziarie superiori alla Banca mondiale, anche se pochi lo sanno. Ebbene, questi due strumenti potrebbero costituire forme di garanzia che permettano a Stati, che per affrontare riforme devono raccogliere risorse sul mercato, di acquisirle a tassi di interesse inferiori a quelli che pagherebbero normalmente sui titoli di debito pubblico.
  Su tutto questo si apre dall'indomani del Consiglio europeo di giovedì e venerdì, quindi di domani e dopodomani, ossia da gennaio, per collocarla in termini temporali più reali, una grossa riflessione a livello di Unione europea per arrivare poi a giugno a prendere decisioni su basi più concrete. Io vorrei che, per parte italiana, questa riflessione la conducessimo insieme, non solo venendo io a raccontarvi ciò che accade, cosa che farò ben volentieri, ma anche con un'interazione di ritorno sugli elementi.
  Per l'Unione bancaria la maggior parte delle cose che sono state dette fanno parte degli elementi base nei lavori, nella seduta attualmente in atto del Consiglio dei ministri dell'economia a Bruxelles. È nostra ferma determinazione arrivare a un risultato sull'Unione bancaria che sia equo e operativo. Lo ha dichiarato ancora pochi minuti fa – mi facevano vedere qualche Pag. 18secondo fa un tweet – il Presidente del Consiglio. Siamo determinati ad arrivare a un risultato che sia equo.
  Naturalmente, noi dobbiamo tenere presente che l'Unione bancaria apre a un nuovo modo di gestire fenomeni che sono, peraltro, antichi come l'esistenza stessa delle banche, cioè il rischio della bancarotta bancaria, in ultima analisi, la gestione dei momenti difficili nell'esercizio del credito – scusate il riferimento costituzionale, ma è fondamentale – e la tutela del risparmio. Queste sono, secondo noi, le stelle polari dell'esercizio.
  Ogni Paese ha le sue esigenze. Ai tavoli europei, come ai tavoli politici nazionali, ci si siede col proprio bagaglio di interessi, di cui ci si fa portatori. Io credo che noi non dobbiamo indignarci del fatto che la Germania tuteli legittimamente nei tavoli europei l'interesse tedesco. Dobbiamo, invece, armarci di argomenti tali da convincere idealmente la Germania stessa, e si può fare, sui contractual arrangement. Scusate se lo dico esplicitamente, ma io credo di esserci riuscito. Il disegno originario tedesco è cambiato notevolmente. Si può discutere e si può anche convincere l'interlocutore, che oggi è la Germania e un domani può essere la Francia, o un altro Paese, per esempio il Regno Unito. Si possono creare evidentemente gruppi di Paesi e maggioranze per arrivare al risultato.
  Sono meccanismi complessi, ma che non hanno niente di diverso da quelli che conosciamo nella nostra quotidianità politica nazionale. Bisogna, però, essere operativi, portare le idee. Nessuno nega a noi, come Italia, la visione ideale di lungo periodo. Qualche volta ci viene rimproverata la mancanza di proposta concreta nel breve e nell'immediato e molto spesso ci viene rimproverato uno iato tra ciò che diciamo, ciò che vorremmo e ciò che poi in realtà facciamo.
  Questo aspetto ha molti riferimenti. Quello di maggiore attualità, che fa parte anche del nostro incontro di oggi, è quello relativo alle migrazioni. Sono stati stanziati 30 milioni – non è una somma gigantesca – per l'ammodernamento dei centri di accoglienza nelle settimane passate. È davvero triste quello che poi abbiamo visto nelle immagini a cui avete fatto e abbiamo fatto tutti riferimento.
  Dobbiamo metterci al passo e poi, sulla base di questo, parallelamente, non in un poi di tempo, ma di logica, dobbiamo chiedere, come abbiamo chiesto e come abbiamo ottenuto, che l'Europa consideri le migrazioni un problema europeo. Queste persone non arrivano a Lampedusa, non arrivano in Italia: arrivano in Europa.
  Sappiamo benissimo che alcuni Paesi d'Europa – ieri ne discutevo con il ministro svedese – come loro ci spiegano, accolgono molte più persone migranti di quanto facciamo noi. È vero, ma noi abbiamo l'impatto di primo arrivo. Sono due asimmetrie e due esigenze che meritano entrambe rispetto e solidarietà reciproca. Non è nuovo nella realtà dell'Europa il fatto di risolvere queste asimmetrie. Si tentava di lasciare questa a lato, ma noi ci siamo impegnati a portarla avanti a fondo.

  PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro Moavero Milanesi, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.40.