XVII Legislatura

III Commissione

COMITATO PERMANENTE SUI DIRITTI UMANI

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Giovedì 5 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA TUTELA DEI DIRITTI DELLE MINORANZE PER IL MANTENIMENTO DELLA PACE E DELLA SICUREZZA A LIVELLO INTERNAZIONALE

Audizione di Nadia Murad, attivista per i diritti umani del popolo yazida.
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 3 ,
Murad Nadia , attivista per i diritti umani del popolo yazida ... 4 ,
Murad Ismael , direttore esecutivo dell'associazione ... 5 ,
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 6 ,
Sulaiman Luba Elias , medico e attivista per i diritti umani del popolo yazida ... 6 ,
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 7 ,
Nicoletti Michele (PD)  ... 7 ,
Cassano Franco (PD)  ... 8 ,
Cimbro Eleonora (PD)  ... 8 ,
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 8 ,
Murad Ismael , direttore esecutivo dell'associazione ... 8 ,
Sulaiman Luba Elias , medico e attivista per i diritti umani del popolo yazida ... 9 ,
Murad Nadia , attivista per i diritti umani del popolo yazida ... 9 ,
Locatelli Pia Elda , Presidente ... 10

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE PIA ELDA LOCATELLI

  La seduta comincia alle 8.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Nadia Murad, attivista per i diritti umani del popolo yazida.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela dei diritti delle minoranze per il mantenimento della pace e della sicurezza a livello internazionale, l'audizione di Nadia Murad, attivista per i diritti umani del popolo yazida, che è in Italia per prendere parte al Festival dei diritti umani in corso a Milano.
  Per l'audizione è previsto il servizio di interpretariato in consecutiva.
  Nel dare il benvenuto a Nadia Murad, accompagnata da Luba Elias Sulaimain e da Ismael Murad, voglio ricordare brevemente che la nostra ospite è stata candidata di recente al premio Nobel per la pace per il 2016 in virtù della sua attività di testimone del genocidio subìto in Iraq dal suo popolo a opera dell'autoproclamato Stato islamico, e che la rivista statunitense Time l'ha definita: «un faro di luce e di verità».
  Nadia Murad è una giovane donna yazida di ventuno anni sopravvissuta alla prigionia nelle mani dell'ISIS. È una delle migliaia di donne e ragazze yazida che sono state imprigionate da esponenti del cosiddetto Stato Islamico, violate, violentate ripetutamente dai militanti dell'ISIS.
  La sua prigionia è durata tre mesi, imprigionata dagli uomini di Al Baghdadi, e sua madre e sei dei suoi fratelli sono stati uccisi nel corso della sua prigionia. Durante la prigionia è stata oggetto di stupro individuale e di gruppo.
  Dopo questa tragica esperienza, dalla quale è riuscita a uscire, Nadia ha deciso di dedicarsi a una missione internazionale umanitaria, cioè di chiedere alla comunità internazionale di far definire il crimine perpetrato contro la popolazione yazida e contro le altre minoranze a opera dei rappresentanti del cosiddetto Stato Islamico un genocidio riconosciuto dalla Corte penale internazionale.
  Proprio nell'ambito dell'impegno che si è assunta, di questa missione, è stata ascoltata, nel novembre dello scorso anno, dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, a Ginevra. Sempre l'anno scorso, a dicembre, ha incontrato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a New York. Nadia ha affermato che dal discorso del Consiglio di Sicurezza dell'ONU in poi nessuna donna è stata salvata e non è stata fatta alcuna azione. Le donne del suo popolo stanno ancora aspettando.
  Nadia ha anche espresso una critica nei confronti delle organizzazioni delle donne curde in Europa, perché non hanno mostrato alcun sostegno o iniziativa rispetto al suo grido di aiuto. Riferisco alcune sue affermazioni in quel contesto, che a me paiono particolarmente significative: «Daesh è nato perché gli interessi internazionali gli hanno permesso di stare in piedi», oppure «Noi persone normali non riusciamo a costruire una casa in dieci anni» o ancora «Com'è possibile che un'organizzazione di bestie possa raccogliere Pag. 4 100 mila bestie intorno a sé, in un territorio pari a quello dell'Italia? Non parlo di me, parlo per tutte le ragazze yazide che hanno visto questa tragedia. Non c'è stata risposta dai Paesi occidentali e sono qui per chiedere la restituzione di diritti e libertà ai tantissimi e tantissimi ancora prigionieri».
  Nadia Murad chiede a tutti e a tutte di agire per la liberazione delle giovani donne tenute prigioniere e di dare un sostegno adeguato a coloro che sono fuggite dall'orrendo regime dello Stato Islamico.
  Do, quindi, la parola alla nostra ospite affinché ci renda partecipi della sua dolorosissima testimonianza.

  NADIA MURAD, attivista per i diritti umani del popolo yazida. Vi ringrazio per quest'invito e per le parole che avete detto. In queste parole c'è la sintesi di quello che mi è accaduto e della mia attività di oggi, ma vorrei aggiungere altro.
  Faccio parte della minoranza yazida, che conta circa mezzo milione di persone e abita principalmente nel nord dell'Iraq. Vivevo in un villaggio yazida. Il nostro villaggio era confinante con altri villaggi musulmani, ma nel nostro gli abitanti erano tutti yazidi. Ero una studentessa, in quel villaggio.
  Molti forse non ci conoscono o sanno poco di noi. Siamo un popolo che ha sempre vissuto nella pace, ha sempre vissuto volendo la pace e la libertà. Purtroppo, il massacro che si è verificato non è il primo che subiamo. Anche nei secoli scorsi abbiamo subìto un altro massacro, ma purtroppo nessuno ne ha parlato e questo massacro non è citato nella storia. Per questo motivo siamo così pochi, perché in ogni massacro perdiamo tanti uomini, tante donne e tanti bambini.
  Il 3 agosto 2014 le forze del Daesh hanno attaccato gli yazidi della località di Sinjar. Il loro obiettivo era sterminare gli yazidi dalla faccia della terra. Questo è l'obiettivo che hanno portato avanti. Quando ci hanno attaccato, hanno voluto uccidere i nostri uomini e rapire e violentare le nostre donne, e così hanno fatto. Lo stesso giorno del loro attacco hanno ucciso più di 3 mila uomini, fatto esplodere i nostri templi e portato via circa 6 mila bambini e donne.
  Le vittime di Daesh non erano solo yazidi, ma anche cristiani, sciiti e altre minoranze, ma il modo in cui Daesh ha attaccato noi yazidi era diverso. Davanti a noi hanno messo due possibilità: la morte o la conversione all'Islam, perché loro ci considerano infedeli. Secondo loro, non rientriamo nell'espressione o nella definizione delle «genti del Libro».
  Daesh era in quella zona già da un po’ di tempo, ma quando hanno attaccato la nostra regione, la regione degli yazidi, lo hanno fatto nel nome dell'Islam. Questo ha fatto sì che molte persone musulmane dei villaggi confinanti ai nostri si siano arruolate tra i miliziani di Daesh e che anche loro iniziassero a uccidere i nostri uomini, a violentare i nostri bambini e le donne.
  Mi hanno portato via con altre ragazze, la cui età era dai 9 ai 25-26 anni. Eravamo 150 ragazze, che hanno portato tutte a Mosul. In tutti i centri di Daesh erano prigioniere ragazze yazide, e queste ragazze erano anche presso i tribunali islamici appartenenti a Daesh. Ci hanno costretto a convertirci dalla nostra religione all'Islam e ci hanno distribuito tra i combattenti di Daesh. Persino delle ragazze più giovani, quelle di 9 anni, il tribunale islamico diceva che era lecito portarle come trofeo e stuprarle da parte dei combattenti.
  Ora ci sono circa 1.200 bambini tra i campi di addestramento di Daesh a Raqqa, in Siria. A questi bambini yazidi viene insegnato a perpetrare le stesse azioni dei combattenti di Daesh, come uccidere, come violentare; viene loro fatto un lavaggio del cervello e anche loro diventano terroristi. Mi è capitato di essere in contatto con alcuni parenti i cui figli sono stati arruolati e reclutati in questo modo: questi bambini dicono degli yazidi che sono infedeli, dicono le stesse cose che dicevano i combattenti di Daesh.
  Diciotto persone dalla mia famiglia sono state uccise o disperse, ma io considero che la condizione della mia famiglia sia molto migliore di quella di tante altre famiglie di cui non è rimasta alcuna persona viva, di cui non è rimasta alcuna traccia. Ho visitato Pag. 5 tredici Paesi arabi ed europei, e ogni giorno parlo e racconto di come venivamo stuprate, delle violenze subite, dei crimini accaduti, crimini che ho subìto io e crimini che ho visto in prima persona. Ogni giorno mi rivolgo ai Capi di Stato, ai parlamentari, alla gente per raccontare tutto questo, ma nulla sta cambiando per le popolazioni vittime di questo conflitto.
  Ad agosto di quest'anno saranno due anni che 3.500 ragazze e bambini sono nelle prigioni di Daesh e subiscono ogni giorno torture, violenze, che le ragazze vengono stuprate e i bambini reclutati per insegnare loro a combattere. Tutto questo accade sotto gli occhi del mondo, ma il mondo continua a tacere. Il mondo tace.
  Ogni volta che parlo c'è empatia nei miei confronti, la gente si emoziona, ma dopo che esco dall'aula dimenticano quello che dico e migliaia di persone che sono ancora lì prigioniere continuano a soffrire ogni istante.
  Oggi mi rivolgo a voi, come Governo italiano, come Stato italiano, e vi chiedo che lo Stato italiano riconosca che i crimini subiti dalla popolazione yazida vengano riconosciuti come genocidio. In questo modo forse riusciremo a riavere i nostri diritti. Bisogna trovare una soluzione per risolvere il problema che vivono gli yazidi adesso, altrimenti sarà la nostra fine. Migliaia di yazidi sono stati uccisi e ora si trovano nelle fosse comuni. Hanno trovato trentasette fosse comuni nel nord dell'Iraq, a Sinjar.
  Altre migliaia di yazidi sono ai confini della Grecia, altri sono in Kurdistan, nei campi profughi, altri continuano a combattere. Se, però, non ci sarà una soluzione, se non si troverà una via d'uscita per quello che vivono gli yazidi, noi saremo finiti, sterminati.
  È per questo motivo che oggi sono qui. Non vi chiedo di fare la guerra, di fare azioni militari contro Daesh, ma di aiutarci a fermare la sofferenza che vive il popolo yazida e che continua a vivere. Abbiamo subìto un genocidio e continuiamo a subire. Nessuno ci sta vicino, nessuno ci sostiene. Io spero che voi possiate farlo, che possiate stare vicino a noi, per porre fine alla sofferenza del popolo yazida in Siria e in Iraq. Col permesso del presidente, cedo la parola a Ismael Murad.

  ISMAEL MURAD, direttore esecutivo dell'associazione «Yazda». Vi ringrazio per averci dedicato il vostro prezioso tempo. Come direttore esecutivo dell'organizzazione «Yazda», che si occupa dei diritti delle ragazze sopravvissute e lavora per la documentazione del genocidio, vorrei parlarvi della nostra attività, che portiamo davanti alla Corte penale internazionale.
  Quello che ha raccontato Nadia non è un caso isolato, ma una pratica sistematica, un'azione continua che viene perpetrata. Al momento, sono state salvate 2.500 ragazze yazide. Come vi raccontava Nadia, i combattenti di Daesh compivano quelle azioni in modo sistematico, voluto e determinato. Le due opzioni messe davanti agli yazidi, o la morte o la conversione all'Islam, è un'idea che portano avanti, perché dicevano che la presenza del popolo yazida tra i musulmani è una vergogna per i musulmani stessi. Il loro obiettivo determinato era cancellare l'identità degli yazidi dalla faccia della terra.
  È stato liberato circa il 60 per centro dei territori yazidi. L'organizzazione «Yazda» ha visitato quei territori, dove abbiamo trovato circa quaranta fosse comuni solo nelle zone liberate, ma quelle fosse comuni non sono state ancora esaminate per raccogliere le prove o per fare indagini penali per documentare quello che è accaduto. È già passato un anno e mezzo e non c'è stato alcun intervento, né delle Nazioni Unite, né dell'Unione europea, né di qualsiasi organizzazione internazionale. Stiamo perdendo quelle prove, perché passa del tempo e nessuno interviene.
  Perciò chiedo a voi, allo Stato italiano, di far sentire la vostra voce, di usare la vostra posizione all'interno dell'Unione europea, delle Nazioni Unite, di altre organizzazioni internazionali affinché sia attestato quello che è accaduto, per documentare e raccogliere le prove di quelle fosse comuni, per raccogliere le testimonianze, per preparare un dossier e presentarlo alla Corte penale internazionale. Quello che è accaduto è molto pericoloso. Lasciare questi Pag. 6 eventi senza documentazione è molto pericoloso. Se non ci sarà un riconoscimento, una definizione internazionale che quello che è accaduto è un genocidio, non potrà esserci un impegno internazionale e non si arriverà a dare l'aiuto giusto a questa popolazione.
  Abbiamo cercato diversi modi, percorso diverse strade per portare avanti questa causa, per far aprire ed esaminare questo caso dalla Corte penale internazionale, purtroppo non abbiamo avuto successo finora, non ci siamo riusciti. Questo è molto importante, invece, per dare giustizia, per processare i terroristi colpevoli, per risarcire le vittime e per assicurarci che quello che è accaduto non si ripeterà mai più.
  Perciò chiediamo al Parlamento e al Governo italiani che venga riconosciuto quanto accaduto come genocidio. Abbiamo fatto già una richiesta simile di fronte al Governo e al Parlamento degli Stati Uniti e anche del Regno Unito. Tali Paesi hanno riconosciuto i crimini accaduti come genocidio.
  Non siamo soddisfatti della risoluzione approvata recentemente dall'Unione europea per quanto riguarda il genocidio. La vediamo come ingiusta nei confronti degli yazidi. Questa risoluzione parla del genocidio nei confronti di tutte le minoranze, nel loro insieme, e non in modo specifico del genocidio contro gli yazidi. Le cose, però, non stanno in questo modo. L'uccisione, il massacro degli yazidi da parte di Daesh veniva fatto in modo diverso. Daesh ci ha trattato in modo diverso dalle altre comunità, e quindi il genocidio da noi subìto ha avuto modalità diverse da quelle subite dalle altre minoranze.
  Il riconoscimento del genocidio contro la minoranza yazida avrebbe un valore e un peso simbolico, anche considerati i fatti del passato e i massacri subiti dagli yazidi nel corso della storia. Non voglio dilungarmi ulteriormente, per dare spazio alla mia collega.

  PRESIDENTE. Diamo adesso la parola a Luba Elias Sulaimain, che vive in Svezia, svedese, ma di origine yazida.

  LUBA ELIAS SULAIMAN, medico e attivista per i diritti umani del popolo yazida. Vi ringrazio per l'opportunità di venire in quest'Aula e parlarvi della nostra tragedia, della nostra sofferenza.
  Avremmo voluto parlare di altre questioni, per non parlare di fatti così dolorosi, tragici, sofferti, che rendono anche molto cupo il clima in quest'Aula. Come giovane donna yazida, provo un immenso dolore per quello che è accaduto alle mie sorelle, a tutte le ragazze yazide, alle donne yazide, a tutte le madri yazide, che sono state stuprate, che hanno subìto violenza fisica e psicologica. Tutto questo succede perché siamo una piccola minoranza non musulmana, che vive nel nord dell'Iraq, un'antica minoranza la cui storia risale ai tempi degli Assiri e alle vicende di Babilonia, che ha sempre vissuto in pace con le altre comunità vicine, cristiane e musulmane. Ciò nonostante, vi sono stati numerosi massacri subiti degli yazidi nel corso della storia.
  Noi cerchiamo di far sentire la nostra voce. Questo è possibile oggi anche grazie ai mezzi tecnologici e grazie a membri della nostra comunità che vivono in altri Stati del mondo. In altri tempi, quando accadeva un massacro contro gli yazidi e venivano sterminati interi paesi, interi villaggi, nessuno ne veniva a conoscenza.
  In Svezia, cerchiamo di portare avanti la nostra causa, di fare pressione sul Governo svedese affinché il massacro venga riconosciuto come genocidio. Come hanno detto Nadia e il collega Murad, noi siamo qui per chiedere allo Stato italiano, al Governo italiano di far riconoscere che quello che è accaduto è un genocidio mirato contro gli yazidi, il genocidio degli yazidi. Per dimostrare ciò e per fare ciò, è necessario esaminare e raccogliere le prove delle fosse comuni che ci sono nel nord dell'Iraq, come ha detto il mio collega Murad. Vi chiediamo aiuto per raccogliere la documentazione e le prove di queste fosse comuni. A fronte della richiesta che abbiamo avanzato al Governo dell'Iraq e al Governo della regione del Kurdistan, non c'è stata alcuna collaborazione.
  La cosa ancora più grave e ancora più importante è che fino a questo istante Pag. 7tantissime ragazze sono ancora prigioniere di Daesh e subiscono tutte quelle violenze che vi ha raccontato Nadia. Subiscono le stesse violenze subite da Nadia, stupri di gruppo, e quando dico stupro di gruppo significa che possono esserci dieci, quindici, persino venti uomini che stuprano, all'incirca in una sola ora, una ragazza che ha 9 anni. Per questo chiediamo al vostro Governo un aiuto per liberare queste ragazze, queste donne ancora prigioniere. Speriamo che il Governo italiano sia il primo ad assumere iniziative e compiere azioni per liberare quelle poverette.
  Come ha detto Nadia, lei ha parlato dinanzi a diversi Capi di Stato in tutto il mondo, ma finora, fino a quest'istante, non c'è stata alcuna azione concreta per liberare quelle vittime. Noi speriamo che il vostro Governo sia il primo ad assumere delle iniziative per liberare quelle povere vittime.
  Un altro aspetto è quello che riguarda le donne sopravvissute come Nadia. Loro sono scappate, ma ora si trovano in condizioni estremamente dure e difficili. Queste persone hanno bisogno di sostegno psicologico, materiale, reale, concreto, così come necessitano di sostegno le altre vittime fuggite da Daesh: intendo le persone sfollate che vivono attualmente nella regione del Kurdistan iracheno. Queste persone che vivono nel Kurdistan iracheno hanno bisogno dei beni primari; vivono in condizioni difficili, senza acqua, senza corrente. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo per queste testimonianze molto gravi, molto impressionanti. Abbiamo ascoltato la testimonianza, ma abbiamo anche ricevuto appelli in due direzioni. Uno è stato un appello corale, quello del riconoscimento del genocidio del popolo yazida, ma anche un appello perché ci impegniamo, usando le parole di Nadia, a fermare le sofferenze del popolo yazida, nelle forme possibili.
  Do la parola agli onorevoli colleghi e alle onorevoli colleghe che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, ma mi chiedo, e chiedo a voi di discutere se non sia il caso che ci impegniamo a presentare un atto di indirizzo, una mozione in Aula per impegnare il Governo a riconoscere quanto ci chiedono, cioè il genocidio del popolo yazida. È lo strumento di cui disponiamo come possibile azione per chiedere al nostro Governo di impegnarsi. È un modo per diffondere la conoscenza, compiere un passo concreto e per una sollecitazione pressante nei confronti del Governo. Proviamo a discuterne apertamente.
  Naturalmente, non conosciamo gli esiti, non possiamo anticiparli. Non conosco la mozione del Parlamento europeo, ma mi pare di aver capito dalle parole di Ismael Murad che c'è un riconoscimento generico del tema delle minoranze che ha lasciato loro, rappresentanti yazidi, insoddisfatti. Immaginiamo di incontrare ostacoli se questo è successo al Parlamento europeo, ma credo che sia nostro dovere fare un tentativo.

  MICHELE NICOLETTI. Vi ringraziamo della testimonianza che ci è stata presentata. Voglio esprimere tutta la nostra solidarietà per quello che ha subìto, personalmente e come popolo. Penso che da questa nostra riunione debba emergere, con grande forza, la solidarietà anzitutto, ma anche la condanna nei confronti di questo crimine contro l'umanità e di questo che è stato riconosciuto come genocidio.
  Condivido quanto detto dalla nostra presidente, sulla necessità non solo di ascoltare e promuovere quanto più possibile la conoscenza di quanto sta avvenendo. Mi hanno colpito anche le parole della nostra ospite secondo la quale ogni volta che racconta queste cose suscita emozioni, ma poi purtroppo non accade nulla. E capisco la sua preoccupazione per le persone che subiscono ancora violenza, ormai da qualche anno.
  La mia domanda specifica è sulla questione della risoluzione del Parlamento europeo. Giustamente, la nostra presidente si chiede che cosa possiamo fare. Io ho potuto vedere brevemente il testo, ma la risoluzione del Parlamento europeo parla esplicitamente di genocidi commessi da Daesh nei confronti delle minoranze, compresi gli yazidi. Certamente, menziona anche altre minoranze, ma ripeto che vi è la condanna Pag. 8esplicita di questo crimine contro l'umanità, classificato come genocidio. Potete chiarire l'osservazione che, da parte vostra, muovete a questa risoluzione del Parlamento europeo? Serve anche come indicazione utile per la nostra iniziativa che eventualmente può emergere.

  FRANCO CASSANO. Condivido molto quello che hanno detto sia la presidente sia il collega Nicoletti per quello che riguarda la necessità di capire e di fare tutto il possibile, così come ci viene richiesto dai nostri ospiti.
  Ovviamente, è un po’ difficile superare il turbamento che viene quando vengono descritti questi crimini. Accanto al primo profilo, quello di ciò che si può fare – e dobbiamo provare a fare – come Parlamento italiano e come Governo, vorrei fare una domanda. Questo comportamento di maschi assatanati in nome di Dio come viene rappresentato alle donne dell'Islam? Lo sanno? Sanno che cosa viene fatto alle donne, ai bambini? Esiste la possibilità di rappresentare questi crimini anche agli occhi di coloro che oggettivamente magari li hanno ascoltati da qualche altra parte e che, invece, dovrebbero vedere esattamente che cosa succede? È possibile che ci sia un'immagine dell'Islam per cui essa è rappresentata da questi personaggi, da questi maschietti, stupratori e non, invece, da un'altra figurazione di questa religione? Si può fare qualcosa in questo senso? L'esperienza può essere rappresentata? Che cosa è stato fatto nel rappresentarla alle donne musulmane?

  ELEONORA CIMBRO. Innanzitutto, vorrei ringraziarti, Nadia, per quello che stai facendo. Ho provato comunque a mettermi nei tuoi panni dopo quello che hai subìto: riuscire ad avere la forza per andare avanti e decidere di investire il proprio tempo, le proprie energie e la propria forza per denunciare quanto sta avvenendo credo che sia davvero importante. Credo che sia importante anche, da parte nostra, riconoscerti il grande lavoro che stai facendo e la capacità di tirare fuori da un dramma la forza per portare avanti un obiettivo assolutamente alto e positivo.
  Credo che anche il fatto di avere la forza di raccontare quello che è successo in tutti i consessi nei quali lo hai fatto sia importante. È vero che rimane un'impressione che può risolversi un'ora dopo, ma credo che invece da tutti i racconti che stai facendo vengano depositati dei piccoli semi che possono far nascere e germogliare un'azione più concreta e incisiva.
  Ovviamente, sottoscrivo pienamente quanto proposto dalla nostra presidente, di portare all'attenzione della Camera dei deputati, attraverso una mozione, questo tema. Come esponente della delegazione italiana presso il Consiglio d'Europa, è qui presente il presidente Nicoletti: credo che possa essere presa un'iniziativa anche all'interno della delegazione per sensibilizzare su questo tema nella sede del Consiglio d'Europa, se non è stato già fatto.
  Aggiungo che anche a me piacerebbe capire un punto, quando, nella narrazione che è stata fatta, si fa una distinzione tra l'atteggiamento di Daesh nei confronti della minoranza yazida e le altre minoranze religiose. Vorrei capire bene questo punto.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai nostri ospiti, a partire da Ismael Murad, che già si accingeva a rispondere, per i chiarimenti richiesti dai colleghi.

  ISMAEL MURAD, direttore esecutivo dell'associazione «Yazda». Vi ringrazio per le domande. Inizio dell'ultima, da cui poi mi riaggancio alla prima domanda che è stata posta.
  La presenza di Daesh è una tragedia per tutti i popoli della zona, e forse non è nemmeno molto elegante fare un confronto di quale tragedia sia stata più grave. La presenza di Daesh è stata tragica per tutti i popoli, ha portato distruzione a tutti i popoli presenti in quell'area. La verità è che Daesh è un male che fa perdere a tutti noi il nostro volto umano e fa danni a tutta l'umanità, ma le azioni di Daesh erano diverse, si è comportato in maniera diversa con le diverse minoranze.
  Quando i Daesh hanno attaccato Mosul e Sinjar hanno proceduto a un'uccisione sistematica contro di noi. Gli uomini venivano Pag. 9 presi e uccisi. Sì, queste azioni venivano commesse anche contro le altre minoranze, ma non in modo così sistematico. Alla minoranza cristiana presente a Mosul, per esempio, sono state date altre opzioni: pagare un riscatto o lasciare il territorio del Mosul.
  Per quello che so, tutte le fosse comuni che sono state trovate nel nord dell'Iraq, nella zona di Mosul, raccolgono solo vittime del popolo yazida. Da quanto so, non ci sono fosse comuni simili di vittime delle altre minoranze, cristiani o drusi o altre comunità siriane o irachene. Sempre secondo i dati che ho a disposizione, queste azioni di rapimento, di portare via le donne, di questi stupri di gruppo, di queste violenze di gruppo, sono state perpetrate solo contro le donne yazide. Dalle testimonianze e dalle prove raccolte, non mi risulta che si siano perpetrate azioni simili nei confronti di altre minoranze. Solo i bambini yazidi sono portati nei campi di addestramento Daesh.
  Anche quando si parla di genocidio, in gran parte queste azioni sono state fatte per mano dei turkmeni sunniti e non dei turkmeni sciiti. Questi turkmeni sono citati come una minoranza in quella risoluzione: mi chiedo come sia possibile mettere allo stesso livello le vittime e il carnefice autore del genocidio.
  In tutte le leggi in Iraq, in ogni riferimento al popolo yazida, siamo definiti come gli altri o le altre, non vediamo mai citati esplicitamente, non siamo riconosciuti. Bisogna definire le cose così come stanno, e non vogliamo che il nostro nome sia cancellato per la lobby di altre forze più forti di noi.
  Nel documento del Parlamento europeo non vi è chiarezza, perché non c'è riferimento a dati come le fosse comuni, le distruzioni dei nostri templi, il portare via in prigionia un numero immenso di persone. Il testo si concentra sulle altre minoranze più che sulla minoranza yazida, mentre il popolo yazida è quello che ha subìto più di tutti gli altri questo crimine.

  LUBA ELIAS SULAIMAN, medico e attivista per i diritti umani del popolo yazida. Vorrei fare un chiarimento riguardo la domanda sulla definizione del genocidio contro popolo yazida. Quello che chiediamo venga riconosciuto è un genocidio contro la popolazione yazida, in modo specifico, con tutto il rispetto per i massacri e le vittime di tutte le altre minoranze.
  Quando i miliziani di Daesh sono entrati e hanno occupato Mosul, hanno applicato le antiche leggi, che risalgono a più di mille anni fa; secondo loro, hanno applicato la Sharia, che prevede un regime di pagamento, di riscatto da tutte le persone o da tutte le popolazioni che non sono musulmane. Nella Sharia applicavano anticamente questa tassa, che pagavano persone ebree o cristiane o, com'è definita nel Corano, «la gente del Libro», le genti delle religioni abramitiche, che hanno un Libro sacro.
  Noi non siamo un popolo che ha un Libro sacro, e per quello siamo stati considerati dagli appartenenti a Daesh come un popolo infedele. Se ai cristiani sono state date tre possibilità quando Daesh entrò a Mosul (convertirsi all'Islam, pagare un riscatto o la morte), a noi queste tre possibilità non sono state date. Il cristiano poteva riscattarsi, sono stati costretti a lasciare le loro case, i loro averi. Hanno abbandonato le città lasciando tutto, lasciando la loro proprietà. Questo era il loro riscatto: abbandonare Mosul per salvarsi. Per noi questo non c'è stato. È per questo motivo che, per fortuna, non c'è stato un genocidio dei cristiani, mentre c'è stato un genocidio del popolo yazida. Io sto parlando di quello che è accaduto alla minoranza yazida in Iraq. Non so che cosa sia successo o se lo stesso sia successo agli yazidi in Siria.

  NADIA MURAD, attivista per i diritti umani del popolo yazida. Ho fatto presente tutte le cose che sono accadute a noi e che venivano commesse nel nome dell'Islam al presidente egiziano, al capo di Stato del Kuwait, al popolo dell'Egitto del Kuwait, ho parlato di questo, di come eravamo costretti a recitare le preghiere musulmane, a leggere i versetti del Corano. Sono andata persino alla Moschea di Al-Azhar, a parlare con lo sceicco, per chiedere se quello che è accaduto a noi rappresenti Pag. 10l'Islam o meno. Ho chiesto allo sceicco di riconoscere questi come atti fuoriusciti dall'Islam.
  Quelle che ci violentavano erano persone sposate, avevano mogli, avevano figli, bambini. La persona che mi ha presa per prima e che mi ha violentato aveva una moglie e anche una figlia. Loro sapevano benissimo tutto quello che i loro uomini facevano con noi, ma tutti quelli che sono in Daesh, anche le loro donne, sono Daesh, uguali a loro. Se quelle donne avessero potuto, avrebbero fatto a noi le stesse cose che hanno fatto i loro uomini. Quando Daesh ci ha occupato, quando hanno ucciso i nostri uomini, quando hanno portato via le ragazze, le loro donne festeggiavano e distribuivano persino i dolcetti ai loro combattenti, per festeggiare l'accaduto.
  Nel nostro villaggio avevamo un insegnante della città di Mosul, un insegnante musulmano che ha insegnato nel nostro villaggio per più di cinque anni. Una delle ragazze che è stata portata via con me, una volta ha cercato di fuggire e ha bussato alla sua porta chiedendo aiuto, sperando di trovare quest'aiuto, e invece quell'insegnante l'ha riportata di nuovo dai miliziani di Daesh.
  Quello che è accaduto a noi è accaduto nel nome dell'Islam e sotto la bandiera dell'Islam. Io credo fortemente che nessuna religione al mondo sia violenta, che permetta il terrorismo. L'Islam non è Daesh, Daesh non rappresenta l'Islam, ma dico che i musulmani devono essere i primi a schierarsi, a mettersi contro Daesh, perché le azioni di quest'ultimo danneggiano l'Islam e l'immagine dell'Islam in tutto il mondo. Loro avrebbero dovuto essere i primi a combattere, a essere uniti contro Daesh.

  PRESIDENTE. Si rimane, di fatto, senza parole di fronte a queste testimonianze così drammatiche, e davvero l'empatia non basta. Credo che possiamo assumerci quest'impegno, di diffusione della conoscenza di questi fatti e vedere i passi che possiamo compiere nei confronti del nostro Governo per capire se è possibile, come spero, che le loro richieste siano accolte. Questo è un impegno che possiamo assumere. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.15.

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