Sulla pubblicità dei lavori:
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PRIORITÀ STRATEGICHE REGIONALI E DI SICUREZZA DELLA POLITICA ESTERA DELL'ITALIA, ANCHE IN VISTA DELLA NUOVA STRATEGIA DI SICUREZZA DELL'UNIONE EUROPEA
Audizione di Mario Morcone, Capo Dipartimento del Ministero dell'interno per le Libertà civili e l'Immigrazione, e di Massimo Franco, Giornalista del Corriere della Sera.
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 3 ,
Morcone Mario , Capo Dipartimento del Ministero dell'interno per le Libertà civili e l'Immigrazione ... 4 ,
Franco Massimo , Giornalista del ... 5 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 6 ,
Franco Massimo , Giornalista del Corriere delle Sera ... 6 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 7 ,
Tidei Marietta (PD) ... 7 ,
Zampa Sandra (PD) ... 7 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 7 ,
Zampa Sandra (PD) ... 7 ,
Locatelli Pia Elda (Misto-PSI-PLI) ... 8 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 8 ,
Morcone Mario , Capo Dipartimento del Ministero dell'interno per le Libertà civili e l'Immigrazione ... 8 ,
Franco Massimo , Giornalista del ... 10 ,
Cicchitto Fabrizio , Presidente ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà- Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà: SI-SEL;
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: (LNA);
Democrazia Solidale-Centro Democratico: (DeS-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo italiani all'Estero: Misto-ALA-MAIE;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera-Possibile: Misto-AL-P;
Misto-Conservatori e Riformisti: Misto-CR;
Misto-USEI-IDEA (Unione Sudamericana Emigrati Italiani): Misto-USEI-IDEA;
Misto-FARE! - Pri: Misto-FARE! - Pri.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FABRIZIO CICCHITTO
La seduta comincia alle 9.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione di Mario Morcone, Capo Dipartimento del Ministero dell'interno per le Libertà civili e l'Immigrazione, e di Massimo Franco, Giornalista del Corriere della Sera.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle priorità strategiche regionali e di sicurezza della politica estera dell'Italia, anche in vista della nuova strategia di sicurezza dell'unione europea, l'audizione di Mario Morcone, Capo Dipartimento del Ministero dell'interno per le Libertà civili e l'Immigrazione, accompagnato dal viceprefetto Maurizio Falco, e di Massimo Franco, Giornalista del Corriere della Sera.
Vorrei fare una brevissima premessa. Siccome reputo che questa non sia la sede per la campagna delle elezioni amministrative, potremmo avere l'occasione di compiere una riflessione sul tema dell'immigrazione senza scontro politico. La mia valutazione, infatti, è che nello scontro politico che stiamo avendo siamo un po’ come «i polli di Renzo». Alle nostre spalle c'è un dramma mondiale e noi ci scontriamo soltanto sulle conseguenze nazionali.
Dal libro di Massimo Franco e altri elenco, non motivandole, alcune questioni che gravano su di noi. La prima è il pazzesco squilibrio demografico. In Europa oramai i morti superano i nuovi nati. È il collasso demografico dell'Europa e, in Europa, l'Italia fa la sua parte. C'è, invece, un'esplosione demografica, variamente articolata, che va dall'Africa al Medio Oriente, e così via. Già adesso in Europa c'è un'immigrazione di vario tipo che, paradossalmente – e indipendentemente dai titoli di Libero –, sostiene il nostro sistema pensionistico. È evidente che il sistema pensionistico, colpito dal lato del rapporto demografico e da un eventuale ulteriore tasso di immigrazione, rischia di saltare. Quello dell'esplosione demografica, da una parte, e della crisi delle nascite, dall'altra, è il primo dato che ci grava addosso.
Su questo innestiamo altri dati, come il dramma della politica economica europea. Ho avuto il piacere e l'onore di sentire Jens Weidmann, venuto a riproporci, in una situazione recessiva, una linea di assoluto rigore e austerity. Il nodo della politica economica europea accentua questo tipo di drammaticità. Quando un Paese come l'Italia ha una disoccupazione giovanile al di sopra del 40 per cento, a dramma si aggiunge dramma. La realtà europea è caratterizzata dalla questione, non risolta, della sua politica economica e dalla questione, per niente risolta, della sua governance, perché l'Europa non ha proceduto in senso federalistico, ma è rimasta un insieme di Stati.
Se su questo innestiamo il fondamentalismo islamico, il terrorismo, le guerre in corso nel cuore del Medio Oriente, gli errori di opposto segno fatti da Bush junior per un verso, e da Obama per altro verso, e le evidenti ambizioni neo-imperiali di Putin e della Turchia, ci troviamo di fronte a una situazione esplosiva, rispetto alla quale le Pag. 4polemiche che ci dividono e dilaniano, nel modo che tutti quanti noi conosciamo, si misurano sulle conseguenze, ma non su ciò che sta alle nostre spalle.
Non si può pensare di gestire questa realtà mondiale esplosiva erigendo muri. Tutta l'esperienza storica dall'Impero romano fino ai giorni nostri, compresa la vicenda degli Stati Uniti nel loro rapporto con il Messico, ci dimostra che i muri non tengono e, non tenendo, determinano tensioni ulteriori.
In più, per quello che riguarda l'Italia, anche se lo volessimo, non saremmo nella condizione geografica di alzare muri, perché dobbiamo fare i conti con il Mediterraneo. Nel libro di Massimo Franco viene ricordato che il Mediterraneo è diventato uno dei più grandi cimiteri a cielo aperto, con 25 mila morti negli ultimi quindici anni. Certamente si possono fare analisi critiche sul fatto che la nostra Marina – ne discutevo con il prefetto Morcone nell'attesa – ha probabilmente collocato le sue navi troppo a ridosso della Libia, favorendo una scientifica gestione di questa industria dagli elevatissimi livelli di profitto. La linea dei respingimenti è, però, impraticabile. Siamo di fronte alla necessità di trovare una politica più ampia, altrimenti entreremo in una situazione di crisi.
Concludo dicendo che se c'è una critica da fare alla proposta del Governo di un massiccio intervento economico a favore dei mondi attraversati da questo fenomeno è che è tardiva. L'Europa e il mondo occidentale avrebbero dovuto pensare a una cosa del genere dieci o quindici anni fa. Ricordo che l'Europa uscita dalla Seconda Guerra mondiale si misurò e trovò uno spazio con il Piano Marshall.
Do ora la parola al prefetto Morcone e a Massimo Franco per lo svolgimento delle rispettive relazioni.
MARIO MORCONE, Capo Dipartimento del Ministero dell'interno per le Libertà civili e l'Immigrazione. Ringrazio il presidente e la Commissione per avermi offerto l'opportunità di riflettere su tematiche così complesse. Se il presidente è d'accordo e tenuto conto dei tempi strettissimi che abbiamo, rinuncerei alla relazione che avevo preparato e che lascio agli uffici, perché la possiate valutare insieme ad altri documenti di vostro interesse, quali la road map e il Piano nazionale per l'accoglienza che abbiamo presentato a Bruxelles. È una documentazione che può essere utile alla Commissione.
Sul tema specifico posto, sono note le vicende che hanno reso difficile e complicato questo tempo, a partire dall'agenda Junker. Tra maggio e settembre dello scorso anno l'Europa aveva provato a unire il binomio responsabilità e solidarietà, facendo immaginare che si potesse realizzare una politica comune e che tutti i Paesi potessero essere disponibili a sostenere lo sforzo italiano e greco rispetto agli sbarchi e agli arrivi. Così non è stato. Lo dobbiamo dire molto francamente.
Mentre noi – lo voglio ribadire a tutti i deputati presenti – abbiamo comunque garantito il rispetto delle regole, con l'identificazione di tutti coloro che arrivavano, con la realizzazione degli hotspot, che saranno ulteriormente implementati, e con uno sforzo importante, perché abbiamo oggi in accoglienza oltre 120 mila persone, i Paesi europei non hanno corrisposto, sul piano della solidarietà, alla relocation prevista e da loro approvata. Siamo a numeri ridicoli rispetto all'obiettivo. Parliamo di 591 persone, contro le 1.600 al mese che dovrebbero essere riallocate in altri Paesi europei. Gli strumenti usati sono «perfidi». Da un lato, viene apertamente negata la disponibilità e, dall'altro, molto spesso vengono allungati i tempi e rese complicate le procedure. Sono atteggiamenti che, come cittadino europeo, non mi sarei aspettato.
L'agenda Junker non ha in alcun modo portato sollievo alla situazione generale, mentre si apriva la vicenda balcanica e si arrivava all'Accordo tra Unione europea e Turchia. Vi abbiamo partecipato soprattutto per due ordini di ragioni. La prima è l'importanza di costruire comunque una politica comune, che è un obiettivo molto importante. La seconda è che immaginavamo potesse essere uno strumento utile anche per l'Italia, nel momento in cui l'Italia si fosse trovata nella stessa condizione. Ci possono essere molte riserve su questo Accordo con la Turchia perché, dal punto di vista della Pag. 5legislazione internazionale, lascia oggettivamente perplessi in alcuni suoi aspetti, ma è un passo in avanti. La partita, il nostro Paese, ora la gioca con forza nella prospettiva del migration compact, in parallelo all'Accordo tra Unione europea e Turchia. La proposta del nostro Governo è una proposta di intervento in Africa che metta a sistema i vari interventi, spesso scoordinati, e le risorse a disposizione delle direzioni generali europee.
Si è parlato di eurobond, ma non credo che siano necessari rispetto ad altri strumenti finanziari. A sostenere questo tipo di politica potranno anche essere le risorse della Direzione generale per la cooperazione internazionale e lo sviluppo (Devco) o di altre direzioni generali europee. L'importante è convincere la Commissione e gli altri capi di Stato e di governo che, in parallelo con l'intesa tra Unione europea e Turchia, l'intervento per lo sviluppo in l'Africa è strategico. È strategico per l'Europa ed è strategico per l'Italia, che si trova in prima linea rispetto alle coste nordafricane. Alcuni Paesi sono destinatari in maniera prioritaria di questo tipo di intervento. Il nostro problema è certamente la Libia, ma non meno il Niger, da cui affluiscono le migrazioni da tutti i Paesi dell'Africa occidentale, e il Sudan per il Corno d'Africa e cioè Eritrea, Somalia ed Etiopia.
Questo sforzo verrà portato avanti nei prossimi giorni dal nostro Governo e dal Presidente del Consiglio. L'accoglienza al Consiglio giustizia e affari interni è stata molto buona, tanto che la presidenza di turno olandese non ha solo apprezzato il documento, ma è venuta a Roma per aiutarci a sostenerlo a livello tecnico e ad affinarlo in concreto. La presidenza di turno olandese è al nostro fianco sulla questione e spero che il Presidente del Consiglio riesca a coinvolgere altri Paesi importanti dell'Unione perché a noi questa sembra la strada più concreta da realizzare in tempi brevi.
Prima di lasciare spazio al dottor Franco e alle eventuali domande, concludo dicendo che adesso abbiamo in accoglienza 120 mila persone. A questo vanno aggiunti temi che ci preoccupano molto, come quello dei minori non accompagnati, che sono ormai 13 mila. Colgo l'occasione che mi avete offerto per sollecitare l'approvazione di una legge che non può più tardare. Noi ci muoviamo con una legge del 2000, che si riferiva a uno scenario completamente diverso. In via amministrativa abbiamo cercato di «mettere una pezza», come si dice volgarmente, a una situazione che il Parlamento deve rivedere e rivalutare.
Andiamo avanti verso un'estate che ci crea qualche preoccupazione. Faremo la nostra parte, come l'Italia ha fatto fino adesso, in maniera dignitosa e anche rispettando le regole, a dispetto di chi invece, con un pregiudizio antico, pensa di poter sostenere che non le rispettiamo. Mi riferisco in particolare all'operazione che si è fatta nei nostri confronti, prima schiacciando tutta la migrazione su Italia e Grecia, e poi negando il sostegno e la relocation prevista. Da ultimo, sono arrivate le parole velatamente minacciose – anche se è un brutto termine –, certo non simpatiche, sulla sospensione e la limitazione dell'area Schengen, che per noi è una grande conquista. Sarebbe un ulteriore passo indietro dell'Unione.
Come dicevo, continueremo a fare la nostra parte. Il futuro prossimo venturo è certamente complicato e ci preoccupa un po’, anche per il clima interno. Il clima interno è surriscaldato non solo dalla campagna elettorale, ma spesso anche dall'utilizzo strumentale di temi molto delicati che si riferiscono a persone e che forse, dal mio punto di vista, andrebbero trattati con maggiore cautela e, se fosse possibile, tenuti da parte rispetto al dibattito politico. Capisco che probabilmente non è possibile.
MASSIMO FRANCO, Giornalista del Corriere della Sera. Grazie per l'invito, presidente Cicchitto. Sono un po’ intimidito perché parlare dopo il prefetto Morcone, che è un vero esperto di questi temi, mi mette in imbarazzo. Avendo pochissimo tempo, mi limiterò a qualche flash.
In questo periodo classificare come emergenza il fenomeno dell'immigrazione non solo non serve più, ma è inadeguato e fuorviante. Per la dimensione e la durata del fenomeno ormai le analisi concordano tutte sul fatto che si tratta di un problema strutturale che durerà diversi anni, probabilmente Pag. 6 una generazione, da affrontare con strumenti di analisi e di strategia diversi.
PRESIDENTE. Il generale Dempsey dice almeno vent'anni.
MASSIMO FRANCO, Giornalista del Corriere delle Sera. È vero: Martin Dempsey, l'ex capo degli stati maggiori americani, sostiene che durerà almeno vent'anni. Questo vuol dire, però, che tutta la narrativa bellica con la quale lo stiamo affrontando è datata. Abbiamo di fronte una questione epocale, alla quale l'Europa arriva sorprendentemente impreparata. C'erano tutti gli elementi per capire che i detriti degli errori geopolitici commessi dall'Occidente negli ultimi anni, dalle guerre del Maghreb all'Iraq, ci stanno cadendo addosso. C'è una colpevole imprevidenza. Per questo la percezione dell'opinione pubblica è di un assedio, che in realtà tale non è. C'è una sindrome dell'assedio, ma non un assedio vero e proprio. È stato calcolato che, ad esempio, in Germania un milione di profughi vorrebbe dire circa l'uno per cento in più della popolazione. Rispetto ad altri Paesi mediorientali è nulla. Stiamo vivendo, più che un assedio, una sindrome dell'assedio, molto alimentata dai partiti populisti, che hanno finalmente la possibilità di fare prevalere una narrativa della paura che fino a qualche anno fa era minoritaria e che oggi invece si è propagata in settori prevalenti dell'opinione pubblica. Ciò non vuol dire che queste forze vinceranno le elezioni, come può avvenire. Il fenomeno è, però, più sottile e pervasivo. C'è una forte capacità di questa che un tempo veniva considerata una sottocultura, e che oggi sta diventando quasi cultura dominante, di piegare le agende di politica interna dei governi europei. È un tema che sta condizionando tutte le agende. Essendoci in Europa elezioni molto spesso, ogni Paese rimbalza da un'agenda di politica interna all'altra, con questa pressione dell'opinione pubblica e delle sue paure, cosa che oggettivamente fa danni.
C'è anche un problema economico. Si considerano gli immigrati solo come costi, mentre il presidente accennava prima al fatto che un continente come il nostro, che sta invecchiando e dove, da qui al 2050, alcuni Paesi perderanno da un quarto a un quinto della loro popolazione, ha bisogno o di maggiori nascite o di nuovo sangue. Vedere l'immigrazione solo come un costo è molto miope. L'immigrazione può diventare un'opportunità se gestita, altrimenti la subiamo. Certo, però, non si può pensare di fermarla, perché tutti dicono che sarà impossibile.
Io non ho soluzioni per il governo delle migrazioni. Magari le avessi. Spero che ce le dia la politica. Quello che si vede è però, in primo luogo, un rischio di stagnazione economica, accelerata dall'immigrazione e, in secondo luogo, un possibile processo di deglobalizzazione. Le barriere rallentano l'economia, complicano i rapporti tra Paesi membri dell'Unione e possono portare a una balcanizzazione dell'Europa. Questo è il tema vero. I muri non proteggono, bloccano e bloccano non tanto i migranti quanto i rapporti politici ed economici tra Paesi europei. Il vero rischio è questo.
C'è un tema di fondo e cioè che i Trattati europei sono figli di un'epoca di grande fiducia e normalità. L'impressione netta è che oggi siano Trattati inadeguati a una situazione totalmente cambiata dal punto di vista geopolitico. Bisogna aspettarsi una riscrittura, o di fatto o formale, dei Trattati, sia Schengen sia Dublino.
Il problema per l'Italia è non subire questa deriva. Si delinea, in modo molto chiaro, un fenomeno. I Paesi nordeuropei stanno accentuando, grazie anche alla spinta della paura dell'opinione pubblica e a un pregiudizio anti-mediterraneo, una visione dell'Europa del nord protestante e virtuosa dal punto di vista fiscale e finanziario contro un'Europa mediterranea cattolica o ortodossa – vedi la Grecia –, inaffidabile dal punto di vista economico e politico, da lasciare andare alla deriva. Credo che questo sia uno dei temi dei quali si parla meno a livello di opinione pubblica, ma è molto presente nei summit internazionali. Io intravedo un pericolo di emarginazione dell'Italia di fatto più che formale. Soprattutto intravedo il tentativo di alcuni Paesi nordeuropei di trasformare l'Italia in una specie di «Libia avanzata» e cioè in un Paese nel quale si Pag. 7ricreano i campi profughi emergenziali che abbiamo condannato in Libia. Credo che il compito vero del Governo italiano – e mi pare che ci stia provando – sia evitare questi sviluppi.
Il problema altrimenti non sarebbe tanto quello di gestire i profughi quanto quello di gestire un'opinione pubblica che si rivolterà contro questa deriva, agevolando tutte le forze che sono contro l'Europa e che credo non favoriranno, ma danneggeranno gli interessi italiani.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MARIETTA TIDEI. Salterò, per brevità, tutte le considerazioni politiche che mi sarebbe piaciuto fare.
Il prefetto Morcone ci ha dato i numeri, dicendo che sono 120 mila le persone in accoglienza. Io vorrei sapere qualcosa in più sulle percentuali di identificazione, visto che è uno dei problemi che più spesso ci pone l'Europa.
L'altra questione riguarda le commissioni per il riconoscimento dello status di rifugiato. Sappiamo che erano state raddoppiate. Vorrei capire come si sta procedendo su quel fronte perché è una «colpa» che l'Europa spesso ci addossa.
La terza questione riguarda gli hub regionali. Sappiamo che molto è stato fatto per gli hotspot. Dovremmo essere quasi a regime, almeno da quello che leggiamo. Vorrei capire come vanno invece le cose sul fronte appunto degli hub regionali.
Una domanda è per il dottor Franco. Lei giustamente parlava di sindrome dell'assedio. Non pensa che, oltre ai partiti populisti e a coloro che fanno di questa retorica dell'invasione una pratica politica quotidiana, ci sia anche una parte di responsabilità della stampa, che spesso omette o non presta sufficiente attenzione ai fattori positivi delle migrazioni?
Il presidente, prima, parlava di 600 mila pensioni e di un sistema pensionistico sostenuto in parte dai contributi previdenziali versati dai lavoratori immigrati. Non crede che la stampa aiuti poco?
SANDRA ZAMPA. In un minuto non si può dire quasi nulla per ringraziare i nostri ospiti ed esprimere il rammarico per lo spazio così ristretto che hanno avuto a disposizione.
Rassicuro il presidente perché, come vede, quando si tratta di affrontare il tema nel merito, lo scontro politico non ci può essere, perché manca il materiale umano.
PRESIDENTE. Troverò l'occasione per denunciare questo fatto.
SANDRA ZAMPA. Vorrei innanzitutto ringraziare il prefetto Morcone perché siete sottoposti a uno sforzo straordinario. Credo davvero si debba dire che le cose funzionano meglio e che l'Italia ha la capacità di accogliere, anche con strumenti legislativi non sufficienti. È uno degli aspetti che occorrerebbe mettere al centro dell'attenzione. Non abbiamo, per esempio, la legge sul diritto d'asilo e Lei ha toccato la questione dei minori stranieri non accompagnati. Qualche giorno fa sono usciti i dati di Eurostat e l'Italia è ai primissimi posti per numero di arrivi, ma non per numero di richieste. Questi ragazzi passano solo, da qui. Una delle domande che le vorrei fare è come ci si sta organizzando per gli hub regionali riservati ai minori. Com'è noto, i minori non possono convivere e permanere in case, comunità di accoglienza e, tanto meno, in sedi promiscue con gli adulti. Quanti sono gli hub regionali riservati ai minori a cui si sta lavorando? Ce n'è uno in Emilia-Romagna e se ne stanno aprendo vari. Vorrei sapere se ci sono novità su questo tema, ma anche su come ci stiamo attrezzando per eventualmente accompagnarli, senza metterli nuovamente a rischio della vita, in un nuovo viaggio. Riusciamo a trovare un modo per aiutare coloro che qui arrivano e se ne vogliono andare, visto che per i minori non vale il Trattato di Dublino e hanno la possibilità di raggiungere «legalmente» amici e parenti altrove?
Avrei fatto all'autorevole professionista dell'informazione e studioso Massimo Franco, che è qui con noi oggi, la stessa domanda della mia collega Tidei. Credo dovremmo dedicare una giornata di studio e di dibattito al modo in cui l'informazione ha Pag. 8affrontato il tema della migrazione. Io credo che l'opinione pubblica non senta mai un discorso come quello che è stato fatto qui, in pochi minuti. Si dà solo la sensazione di un Paese assalito da tutte le parti da poveri straccioni che ci portano via qualcosa. È evidente che l'informazione è solo un pezzetto di un sistema che non funziona e che nella relazione con il diverso entrano in gioco tantissimi altri elementi. Ma si presenta il fenomeno solo come un dramma epocale e come un'emergenza che ci soffocherà, in un momento in cui si sono sommati, come Lei ha benissimo ricordato, molti altri elementi di crisi.
Ho apprezzato soprattutto l'idea che i muri non fermeranno gli esseri umani. Semmai perderà la vita qualcuno in più, ma purtroppo dobbiamo registrare che siamo ormai abituati a vederli morire uno dopo l'altro, senza nemmeno più un sussulto di umanità. È un altro degli elementi su cui credo dovremmo riflettere, prima di tutto come persone. Occorrerebbe che persone di grande livello si mettessero al lavoro per trovare un altro modo di parlare di questo tema.
Avrei molte altre cose da dire, ma concludo qui.
PIA ELDA LOCATELLI. Io credo che la crisi delle migrazioni, che non è un'emergenza, ma un dato strutturale, abbia messo in evidenza, più ancora della crisi economica, la fragilità dell'Unione europea. I nodi stanno venendo pesantemente al pettine, proprio per l'inadeguatezza di questa costruzione europea.
Non so se riusciremo a superare questa crisi, perché temo che anche quelli di noi che sono europeisti convinti non abbiano la capacità di essere assertivi e convincenti, per un eccesso di timidezza, che invece non hanno gli antieuropeisti. È il dato di fondo.
È vero che la paura attraversa le persone. Questo è determinato anche dal fatto che si vedono arrivare i migranti, ma non le opportunità che le migrazioni porteranno, perché i tempi sono sfasati. Gli arrivi ci pongono problemi, ma le soluzioni che ci avvantaggeranno non si vedono.
Quello che non riesco davvero a capire è come forze progressiste e governi che in teoria appartengono alla famiglia del socialismo europeo e dell'internazionale socialista si lascino condizionare dalla paura, non capendo che a prendere voti sono gli originali e non le fotocopie o le copie. È quanto successo in Francia. È una miopia che io non riesco a spiegare. I risultati del primo turno delle elezioni presidenziali in Austria rendono evidentissima questa vicenda.
Sono convinta, invece, che il nostro Paese stia facendo bene. Il migration compact è davvero un buon documento. L'ho studiato e dobbiamo esserne orgogliosi. Chiedo però al prefetto Morcone se riusciremo mai a farlo accettare. È un bene l'alleanza con l'Olanda, che ha la presidenza, perché riesce a influire. Lo abbiamo visto nella politica economico-finanziaria.
La prossima domanda è per Massimo Franco: mi può spiegare il rischio di stagnazione economica alimentato dall'immigrazione? Come alimentano, i migranti, la stagnazione?
PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.
MARIO MORCONE, Capo Dipartimento del Ministero dell'interno per le Libertà civili e l'Immigrazione. Cerco di volare sugli argomenti che sono stati proposti.
Onorevole Tidei, l'identificazione è al 91 per cento. È un dato che non può appartenere al dibattito, né pubblico né politico, perché deriva dall'informatizzazione del sistema di dattiloscopia europea Eurodac. Si vede, si tocca ed è così.
Riparto da quello che diceva prima il dottor Franco. Purtroppo, ci portiamo dietro una sorta di pregiudizio anti-mediterraneo. Il refrain è che, se non siamo approdati all’hotspot perché il mare era mosso o perché i migranti erano troppi, probabilmente non li abbiamo identificati. La risposta è nei dati che si possono consultare in Eurodac, dove si può verificare quanti ne abbiamo identificati.
In tema di commissioni abbiamo fatto grandi passi in avanti. I tempi sono di circa sei mesi. Due cose sono importanti da dire. C'è urgenza di una riforma del percorso giurisdizionale Pag. 9 avverso la decisione negativa della commissione. Abbiamo pronto un testo di iniziativa del Ministero della giustizia, che il Ministro Orlando presenterà al Governo e al Parlamento appena sarà in grado di farlo e che semplifica quella procedura, accorciando di molto i tempi.
L'altra questione è la riforma dell'asilo così come lo conosciamo. Abbiamo maturato anche noi la convinzione di puntare su giovani neolaureati professionalizzati per svolgere questo tipo di attività. Pensiamo di mantenere la decisione collegiale e non individuale, ma le interviste devono essere fatte individualmente da personale professionale. La revisione di questo meccanismo è all'attenzione del Ministro e vedremo quando sarà possibile trovare uno spazio politico ed economico per compiere un'operazione come questa.
Per quanto riguarda gli hub regionali, non è un periodo fortunato. I sindaci di tutta Italia – non voglio penalizzare qualcuno in particolare – proteggono il proprio consenso interno attraverso una serie di perfidie talvolta ridicole e imbarazzanti, dal mancato allaccio delle fogne perché 500 persone in più peserebbero troppo al cambio di destinazione d'uso, all'invio quotidiano del personale della ASL nel tentativo di misurare se gli spazi sono adeguati o meno. Dico, con molta tristezza, che questo atteggiamento non è appannaggio di una parte politica contro un'altra. È di tutti. Per alcuni è evidentemente un aspetto ideologico. Per altri è immaginato come difesa del proprio consenso. Noi andiamo avanti e le posso garantire, essendo a un anno dalla fine della mia carriera professionale, che sono agganciato molto saldamente alla Conferenza unificata del 10 luglio 2014. Sono stati stabiliti dei parametri di accoglienza dei migranti in ogni regione e io andrò avanti come un caterpillar, senza sconti per nessuna regione.
Oggi la regione Lombardia accoglie il 13 per cento dei migranti, la Sicilia l'11 per cento e il Veneto l'8 per cento. Abbiamo avuto grandi difficoltà e i colleghi sul territorio – io, alla fine, sto nel mio «palazzo dorato» – sono davvero sotto stress. Non è bello doversi confrontare, ogni giorno, con difficoltà e con amministratori con i quali si vorrebbe avere un rapporto non dico di amicizia, ma di collaborazione piena. A nessuno di noi interessa interferire nel territorio o toccare prerogative che sono di altri e cioè di chi è stato eletto e ha avuto il consenso popolare.
Credo che la vera scommessa non sia più l'accoglienza, ma l'integrazione. La scommessa oggi è trasformare queste presenze in opportunità e giocare la partita di un'inclusione sociale che ci aiuti. Abbiamo bisogno di riflettere e lo stiamo facendo. Stiamo intervenendo con tutti i fondi europei che abbiamo, ma denuncio la necessità, da parte nostra, di avere una maggiore ricchezza culturale. Siamo pur sempre il Ministero dell'interno. Non ci si può chiedere di essere tutto.
L'onorevole Zampa chiedeva informazioni sulla qualità dell'accoglienza dei minori. Per i numeri che abbiamo, siamo ancora piccoli, ma stiamo crescendo. Sono appena usciti due bandi per la prima accoglienza e per la seconda accoglienza nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), che è la linea che abbiamo scelto per la seconda accoglienza.
Per la prima accoglienza i centri adesso sono quattordici, ma con il nuovo bando cresceranno ancora. Abbiamo posto un limite di quattro per regione, perché non vogliamo che, secondo il solito criterio, si concentri nel sud la maggior parte dell'operazione. Credo che proprio oggi in Conferenza unificata, a livello tecnico, non a livello di responsabili politici, si discuterà di una ridefinizione degli standard necessari all'accoglienza dei minori, tenuto conto dello scenario specifico. Si tratta spesso di minori di 16 o 17 anni, fermo restando che il bambino, ad esempio, di 8 anni ha diritto a un altro genere di servizi.
Stiamo cercando di fare cose interessanti anche per i minori. Alla fine di questa settimana o all'inizio della prossima firmeremo con il CONI un accordo con il quale lo stesso Comitato si impegna a coinvolgere questi minori nelle attività sportive in tutte le sedi CONI d'Italia. È un'idea, ma noi arriviamo fino a un certo punto. Abbiamo bisogno di una sorta di concorso di idee per cercare la strada migliore per l'inclusione e per convincerli Pag. 10 che il numero di telefono che si sono portati dietro molto spesso è solo una truffa e non assicurerà loro un futuro. Lì gioca solo la qualità dell'accoglienza che riusciamo a offrire.
Onorevole Locatelli, io sono molto convinto del migration compact e del suo contenuto. Come ha detto il presidente, in apertura, siamo in ritardo. Per lo meno ci siamo arrivati, ma siamo molto in ritardo perché l'Europa doveva pensare all'Africa ben prima. Lo pretenderemo. Credo che il Presidente Renzi lo pretenderà in parallelo all'Accordo tra Unione europea e Turchia. Sarà difficile che gli amici del centro e nord Europa si possano sottrarre. Devo dire onestamente, per quello che vale, che, dai contatti avuti a Bruxelles nell'ultima riunione su giustizia e affari interni, tutti i ministri erano convinti di questa nuova proposta italiana, gli olandesi in particolare.
Credo che in questi giorni il Presidente Renzi incontrerà una serie di autorità europee per spiegare, rappresentare e convincere dell'importanza e dell'urgenza di un intervento diretto verso l'Africa, arrivato anche troppo tardi.
MASSIMO FRANCO, Giornalista del Corriere della Sera. Rispondo innanzitutto all'onorevole Tidei e all'onorevole Zampa sul ruolo dei giornali. Secondo me, hanno perfettamente ragione. Il problema è che siamo persone che lavorano sulla verità del momento. Siamo molto schiacciati sul presente. Io vedo due rischi. Il primo è che forse anche i giornalisti hanno una carenza di strumenti culturali per leggere una situazione nuova anche per loro. Abbiamo il riflesso condizionato e istintivo di trattare questo tema come un'emergenza. Lo schema è quello dell'arrivo dei migranti, dei morti. Si va a trovare la storia, ma quasi mai si riesce a cogliere il quadro di fondo. C'è uno sforzo di analisi che non è stato fatto e che dovrà essere fatto. Se usiamo i vecchi paradigmi, non riusciamo a capire quello che sta succedendo e non aiutiamo l'opinione pubblica a capire.
Il secondo rischio che io vedo è un'assuefazione al dolore. Sempre di più vedremo questi sbarchi e queste morti come qualcosa che sembra un attentato in Iraq. Prima l'apertura del giornale e poi una breve. È un altro meccanismo al quale bisogna stare molto attenti.
Rispondo all'onorevole Locatelli. Mi sono spiegato male. Non è che i migranti provochino la stagnazione economica. Il modo in cui l'Europa sta affrontando il tema dei migranti è un potenziale acceleratore della stagnazione economica. Mi ero evidentemente spiegato male.
Wendy Brown, studiosa delle teorie dei confini, in un libro che si intitola «Walled States, Waning Sovereignty», cioè «Stati fortificati, sovranità evanescente», dice che i muri non sono altro che «la risposta illusoria alla scomparsa degli Stati-nazione nell'epoca della globalizzazione». Sono «difese psicologiche contro un collasso del sistema», «templi dei tempi moderni che ospitano il fantasma della sovranità politica». Stiamo andando verso una fase nella quale costruiamo muri che non hanno frontiere e, quindi, verso una regressione economica e non solo democratica.
PRESIDENTE. Era mia intenzione offrire in questa sede, che non è fruibile dal punto di vista elettorale, un confronto aperto con due esperti, studiosi, operatori, e così via. Invece, ha partecipato solo una parte e un'altra parte si è sottratta, perché evidentemente era un confronto sulla base non di slogan, ma di ragionamenti, e i ragionamenti rappresentano un'attività troppo sofisticata.
Chiedo scusa per il funzionamento della Camera, ma per il resto non posso chiedere scusa, perché è la presa d'atto di un modo differenziato di partecipare al dibattito.
Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 9.30.