Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DEL GOVERNO C. 2798 , RECANTE MODIFICHE AL CODICE PENALE E AL CODICE DI PROCEDURA PENALE PER IL RAFFORZAMENTO DELLE GARANZIE DIFENSIVE E LA DURATA RAGIONEVOLE DEI PROCESSI E PER UN MAGGIORE CONTRASTO DEL FENOMENO CORRUTTIVO, OLTRE CHE ALL'ORDINAMENTO PENITENZIARIO PER L'EFFETTIVITÀ RIEDUCATIVA DELLA PENA, E DELLE ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE C. 370 FERRANTI, C. 372 FERRANTI, C. 373 FERRANTI, C. 408 CAPARINI, C. 1194 COLLETTI, C. 1285 FRATOIANNI, C. 1604 DI LELLO, C. 1957 ERMINI, C. 1966 GULLO, C. 1967 GULLO, C. 2165 FERRANTI, C. 2771 DORINA BIANCHI E C. 2777 FORMISANO
Audizione di Francesco Lo Voi, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, e di Cesare Vincenti, Presidente del tribunale di Palermo e della sezione GIP del medesimo tribunale.
Ferranti Donatella , Presidente ... 3
Lo Voi Francesco , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 3
Ferranti Donatella , Presidente ... 4
Lo Voi Francesco , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 4
Ferranti Donatella , Presidente ... 9
Lo Voi Francesco , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 9
Ferranti Donatella , Presidente ... 9
Lo Voi Francesco , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 9
Ferranti Donatella , Presidente ... 9
Vincenti Cesare , Presidente del tribunale di Palermo e della sezione GIP del medesimo tribunale ... 9
Ferranti Donatella , Presidente ... 13
Lo Voi Francesco , Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo ... 13
Ferranti Donatella , Presidente ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL);
Area Popolare (NCD-UDC): (AP);
Scelta Civica per l'Italia: (SCpI);
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi con Salvini: LNA;
Per l'Italia-Centro Democratico: (PI-CD);
Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale: (FdI-AN);
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI;
Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI
La seduta comincia alle 14.35.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, se non vi sono obiezioni, anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione di Francesco Lo Voi, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, e di Cesare Vincenti, Presidente del tribunale di Palermo e della sezione GIP del medesimo tribunale.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge del Governo C. 2798, recante modifiche al Codice penale e al Codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena, e delle abbinate proposte di legge C. 370 Ferranti, C. 372 Ferranti, C. 373 Ferranti, C. 408 Caparini, C. 1194 Colletti, C. 1285 Fratoianni, C. 1604 Di Lello, C. 1957 Ermini, C. 1966 Gullo, C. 1967 Gullo, C. 2165 Ferranti, C. 2771 Dorina Bianchi e C. 2777 Formisano, l'audizione di Francesco Lo Voi, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, e di Cesare Vincenti, Presidente del tribunale di Palermo e della sezione GIP del medesimo tribunale.
Questa indagine conoscitiva, che oggi avrebbe dovuto riguardare anche gli uffici di Roma e di Milano, in realtà si spezza tra oggi e domani – finiremo questa parte domani, dalle 13 alle 14.30 – e riguarda tutto il disegno di legge. In particolare, però, riguarda le criticità che attengono alla questione della pubblicabilità delle intercettazioni telefoniche nel regime attuale e nelle prospettive di riforma contenute nella delega, nonché nei testi che sono stati in discussione anche nelle precedenti legislature.
Un tema di approfondimento che è stato posto anche dalle Camere penali, e che in parte è stato affrontato da questo disegno di legge, riguarda la questione dell'iscrizione delle notizie di reato.
Il Parlamento affronterà questi temi nell'equilibrio che riterrà più opportuno. Mi sembrava giusto, però, acquisire elementi ulteriori anche da chi opera sul campo. Abbiamo scelto apposta tre grandi uffici, al Nord, al Sud e al Centro.
Do la parola al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, Francesco Lo Voi.
FRANCESCO LO VOI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Presidente, grazie innanzitutto per questa convocazione. Spero di essere breve. Lei ha già fatto una premessa sui temi sui quali siamo stati chiamati a intervenire. Non so se preferisce che ci si occupi esclusivamente del testo attuale del disegno di legge delega, ovvero se, muovendo da questo, posso spingermi anche a qualche indicazione che può riguardare eventuali possibili modifiche...
Pag. 4PRESIDENTE. Mi sembra che la sua impostazione sia perfetta.
FRANCESCO LO VOI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Va benissimo. Molto sinteticamente, per quel che concerne il disegno di legge C. 2798, muovo innanzitutto dall'articolo 25, in cui si prevede l'emanazione di una delega che riguarda le intercettazioni di conversazioni e comunicazioni e di giudizi di impugnazione.
Per quel che concerne specificamente l'argomento delle intercettazioni, devo dire – non dico nulla di nuovo, perché ho constatato che la stessa obiezione è stata sollevata anche da altri soggetti che sono stati auditi in precedenza da questa Commissione – che il contenuto della lettera a) del comma 1 dell'articolo 25 fornisce delle indicazioni che, a mio avviso, sono piuttosto generiche.
Il delegare sic et simpliciter all'adozione di disposizioni dirette a garantire la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni, tenendo presente la necessità della tutela della riservatezza delle persone occasionalmente coinvolte, ma senza l'indicazione di una griglia di parametri ai quali l'esercizio della delega dovrebbe poi attenersi, rischia di trasformarsi in una sorta di delega in bianco, senza nemmeno la possibilità futura di verificare la consistenza e la compatibilità tra ciò che sarà oggetto dei decreti legislativi conseguenti e la legge delega stessa.
Una prima generale osservazione su questo punto va fatta, quindi, in questi termini. Questa stessa osservazione, chiaramente, non mi consente di approfondire eventuali altri aspetti specifici, se non, come ella diceva, Presidente, facendo riferimento agli altri disegni di legge che erano stati oggetto di esame nel corso delle precedenti legislature e che poi si sono fermati a diversi stadi di avanzamento.
Un'altra perplessità mi suscita la lettera b) del comma 1 dello stesso articolo 25. Vi si parla di prevedere la semplificazione delle condizioni per l'impiego delle intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni telefoniche e telematiche nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.
Anche in questo caso, senza un'indicazione di ciò a cui si deve far riferimento, da un lato, si rischia di riproporre una delega in bianco e, dall'altro, così come è scritto, sembra che si intenda, ove il testo dovesse essere approvato in questi termini, creare una sorta di doppio binario, ovvero uno schema di regole per le intercettazioni riguardanti tutti i reati per i quali l'articolo 266 ne prevede l'ammissibilità e, invece, una diversa disciplina per quello che riguarda i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.
Se questo dovesse essere l'intento del legislatore, nulla quaestio. Ne prenderemo atto, in quanto magistrati, e, ovviamente, applicheremo i decreti legislativi conseguenti. Io non so, però, se tutto ciò possa finire con il creare una qualche difficoltà in termini di compatibilità costituzionale, ove si consideri che i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione sono sicuramente oggetto di grande attualità e molto gravi, ma che vi sono, allo stesso tempo, reati più gravi, per i quali analoga semplificazione della condizione per l'impiego non sembra prevista in questa delega.
Il terzo e ultimo riferimento riguarda la lettera c) del comma 1 del medesimo articolo 25, ossia la garanzia giurisdizionale per l'acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico, telematico e informatico e il potere di intervento d'urgenza da parte del pubblico ministero.
Se per garanzia giurisdizionale, con riferimento ai dati relativi al traffico telefonico – parliamo, ovviamente, dei cosiddetti tabulati – si intende l'intervento necessario del giudice per le indagini preliminari, o comunque di un giudice (tornerò su questo punto), mi permetto di rilevare, da pubblico ministero, che questo può rappresentare un appesantimento sensibile delle attività del giudice per le indagini preliminari senza che vi sia un'effettiva portata per la ragione del suo intervento.Pag. 5
Un conto, non ho bisogno di spiegarvelo, è avere la garanzia giurisdizionale – vorrei tenere un attimo a mente per me che è giurisdizionale anche l'attività del pubblico ministero, che è autorità giudiziaria comunque, almeno qui in Italia – e, quindi, un conto è richiedere, punto su cui siamo tutti d'accordo, l'intervento e la garanzia del giudice nel momento in cui ci sono la violazione o il superamento della riservatezza del contenuto delle comunicazioni, ossia l'intercettazione vera e propria; un altro e diverso conto, a mio avviso, è la semplice acquisizione dei dati di traffico.
I tabulati sono null'altro che la registrazione dell'ora, del luogo e della durata di un contatto telefonico tra un numero e un altro senza che nemmeno si sappia chi siano necessariamente i soggetti interlocutori. Il telefono può essere anche adoperato da altri senza che si possa sapere nulla del contenuto della stessa telefonata. Io trovo, quindi, che questo sia un appesantimento.
Se posso sul punto deviare momentaneamente e fare riferimento a uno dei disegni di legge, in particolare a quello che era già stato oggetto di esame sia da parte dalla Camera dei deputati, sia da parte del Senato della Repubblica e che poi si è fermato nuovamente alla Camera dei deputati nella passata legislatura, ricordo che vi era l'indicazione della necessità di autorizzazione, sia per le ordinarie intercettazioni, sia per l'acquisizione dei tabulati, da parte non più del giudice per le indagini preliminari, bensì del tribunale in composizione collegiale.
Mi permetto di rilevare che anche questo costituirebbe un enorme appesantimento dell'attività del tribunale, con una serie di conseguenze non soltanto organizzative, ma anche di efficienza del sistema.
Mi spiego brevemente con un esempio. Un conto è prevedere, all'interno dell'ufficio del giudice per le indagini preliminari, che ci sia un turno settimanale, o anche riguardante i periodi festivi, in cui un giudice per le indagini preliminari è delegato e competente a emettere i decreti di intercettazione o di proroga delle intercettazioni; un altro e diverso conto è prevedere che a farlo sia un collegio composto da tre giudici.
Dal punto di vista organizzativo non ho bisogno di spiegarvi che cosa tutto ciò comporterebbe, soprattutto con riferimento a tutti gli altri compiti che hanno già oggi i giudici del tribunale in composizione collegiale, dal riesame ai dibattimenti.
Aggiungo un'ulteriore osservazione su questo punto specifico. Il giudice per le indagini preliminari, quando si trasforma in giudice per l'udienza preliminare, al di là dei casi di incompatibilità, è competente anche a emettere sentenze di condanna a pene molto elevate. Ieri un giudice per l'udienza preliminare ha inflitto la pena dell'ergastolo a un imputato.
Io non so con quale complessiva congruità si attribuisca al giudice per le indagini e poi per l'udienza preliminare la possibilità di infliggere un ergastolo e occorra, invece, addirittura un tribunale in composizione collegiale per autorizzare soltanto un'intercettazione telefonica o magari la proroga di quindici giorni dell'intercettazione telefonica stessa. Questo punto non mi pare particolarmente consistente o coerente.
Ciò detto, con riferimento al testo attuale al nostro esame, il cuore del problema, come tutti sappiamo, è la pubblicabilità dei dati risultanti dalle intercettazioni telefoniche. Il punto è quello. Al di là di chi le autorizza e dei termini, il punto vero è la pubblicabilità.
Siamo tutti perfettamente consapevoli dell'attuale quadro normativo, magari non chiarissimo, in certa misura non interamente attuato, o non interamente praticato, e, se posso dirlo, forse insufficiente.
A mio modestissimo avviso, occorre avventurarsi in un difficilissimo bilanciamento, che è di due tipi: da un lato, c’è il bilanciamento tra le esigenze connesse al diritto di cronaca, da una parte, e alla tutela della riservatezza, dall'altra e, dall'altro lato, c’è il bilanciamento connesso Pag. 6all'esercizio del diritto di cronaca, ancora una volta, e ai tempi del nostro processo penale.
È un compito, come dicevo, difficilissimo, perché bilanciare queste esigenze, che vedono, da un lato, sempre il diritto di cronaca e, dall'altro lato, una volta la riservatezza e una volta i tempi del processo, non è certo facile. Sappiamo bene che il diritto di cronaca può avere un suo significato, in quanto sia temporalmente contiguo alla scoperta di determinati reati o al verificarsi di un determinato fatto.
Ove noi pensassimo, come pure è in qualche misura previsto già dalle norme esistenti, di postergare i tempi di esercizio del diritto di cronaca o di liceità dell'esercizio del diritto di cronaca e, quindi, della pubblicabilità di determinati atti alla fine del dibattimento di primo grado o addirittura, in qualche caso, alla fine del giudizio, ciò significherebbe richiedere che l'esercizio del diritto di cronaca venga esercitato a distanza di anni – 5, 7, 10 e a volte, purtroppo, anche di più – dal verificarsi di un determinato fatto, ovvero dalla scoperta dei reati.
Probabilmente, piuttosto che prevedere una scansione temporale – la costruzione codicistica attuale si basa principalmente su scansioni temporali, con riferimento alla pubblicabilità degli atti – potrebbe essere opportuno avvicinarsi al bilanciamento di cui ho parlato, con modi e termini diversi.
Si tratta di un'idea che ho cominciato a maturare, e ciò rappresenta un'occasione ulteriore per ringraziare la Commissione, approfondendo lo studio dei vari disegni di legge che si sono succeduti e anche nell'ambito di conversazioni con altri colleghi. Probabilmente questo tema verrà ulteriormente sviluppato nel corso delle audizioni dei procuratori Pignatone e Bruti Liberati che si terranno domani.
Forse potrebbe essere opportuno, quindi, nel tentativo di raggiungere quel famoso bilanciamento, o di avvicinarsi il più possibile al bilanciamento, mettere per un attimo da parte la scansione temporale, che per ora consiste nel non poter pubblicare un'ordinanza di custodia cautelare finché non ne viene a conoscenza l'indagato o l'imputato, finché non si definisce l'udienza preliminare o finché non si definisce il giudizio di primo grado. Potrebbe essere opportuno abbandonare la scansione temporale e prospettare una pubblicabilità in funzione della natura del documento.
Potremmo, per esempio, dire – perdonatemi se uso il noi; noi applicheremo, ovviamente, qualunque cosa verrà decisa dal Parlamento, ma uso la prima persona plurale per comodità di esposizione – che le ordinanze di custodia cautelare, sulle quali si gioca il grosso della partita, sono pubblicabili nel momento in cui la persona sottoposta a indagine ne viene a conoscenza, ossia subito dopo la notifica, l'esecuzione e la consegna dell'avviso al difensore.
Chiaramente poi dobbiamo stare attenti a che cosa c’è all'interno dell'ordinanza di custodia cautelare e, prima ancora, della richiesta di custodia cautelare formulata dal pubblico ministero. Qui potrebbe entrare, e magari anche rafforzarsi, un controllo disciplinare. Personalmente non sono affatto contrario a un'ipotesi del genere. Nella richiesta di custodia cautelare o, conseguentemente, nell'ordinanza ci deve essere ciò che è realmente utile in funzione del reato che si sta perseguendo, dell'acquisizione della prova del reato che si sta perseguendo e dell'illustrazione degli elementi di prova fino a quel momento raccolti. Tutto ciò che non è direttamente collegato a questo non deve stare né nella richiesta di custodia cautelare, né nell'ordinanza di custodia cautelare.
È evidente che un'eventuale strada del genere non ci porta direttamente alla soluzione definitiva, perché apre un altro dei temi che sono stati oggetto di discussione, quantomeno mediatica, negli ultimi tempi. Tale tema è legato, ancora una volta parlando di intercettazioni telefoniche, a tutte le intercettazioni telefoniche che non riguardano direttamente l'indagato, o che, riguardando direttamente l'indagato o gli indagati, riguardano anche altre persone, siano esse interlocutrici dell'indagato Pag. 7o degli indagati oppure terze persone semplicemente citate nella conversazione intercettata.
Qui dobbiamo fare attenzione. Questo è un tipo di controllo che non potrà che essere rimesso esclusivamente all'eventuale valutazione disciplinare. Bisogna fare attenzione a ciò che comporta l'illustrazione del contesto. Uso questo termine perché è già stato utilizzato. Ci sono delle situazioni in cui l'illustrazione del contesto non è particolarmente significativa o rilevante. In questo caso potrebbero ben essere omesse tutte le intercettazioni che riguardano terze persone.
Ci sono altri casi, però, in cui ciò è necessariamente collegato e funzionale all'illustrazione della prova. Anche su questo cerco di spiegarmi con un esempio, che peraltro spesso si ricava dall'attività di indagine condotta dalla Procura di Palermo.
Una delle caratteristiche dell'associazione mafiosa e uno degli obiettivi degli associati mafiosi è quello di mettersi in contatto, entrare in rapporto e creare relazioni con soggetti che stanno al di fuori dell'associazione mafiosa stessa, che sono coloro con cui poi eventualmente gli affari, gli accordi e le collusioni devono essere conclusi e sfruttati. È coessenziale all'attività dell'associato di tipo mafioso tentare di intrattenere rapporti con appartenenti al mondo della pubblica amministrazione, delle professioni, della politica, della finanza e dell'imprenditoria.
Se io devo spiegare al giudice in quale ambito si è mosso il mio indagato per associazione mafiosa, ho necessità di portare a sua conoscenza tutti gli elementi che gli hanno consentito di entrare in contatto con gli appartenenti a quelle altre categorie al di là del fatto che siano stati commessi reati specifici con questi soggetti. Ciò che a me interessa in quel momento, infatti, non è tanto andare a trovare il reato specifico commesso, che consentirebbe, a quel punto, il diretto coinvolgimento del soggetto terzo, quanto dimostrare l'attività svolta dal mio indagato, perché rientra nell'ambito delle attività tipiche dell'associato di tipo mafioso.
Parlare, dunque, del contatto avuto con il funzionario pubblico, con l'imprenditore, con il broker finanziario, anche se terze persone non indagate, o con il politico, per giustificare l'accusa di associazione di tipo mafioso diventa per me necessario ai fini della prova. Certo, dopo devo avere cura di spiegare che da ciò non è derivato nulla, ove nulla ne sia derivato, ma quello è un discorso diverso. Non posso omettere, però, tutto questo materiale, perché è materiale tipico di determinati reati. Ho fatto l'esempio dell'associato di tipo mafioso per essere il più chiaro possibile, ma lo potrei fare con riferimento ad altro tipo di attività criminale.
Passo alla seconda difficoltà. È inutile nasconderci dietro un dito. Molto sommessamente, io non credo che la responsabilità della riservatezza delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche e delle intercettazioni stesse possa ricadere unicamente sul procuratore della Repubblica che deve vigilare sull'armadio blindato che si trova nel suo ufficio. Se vogliamo essere realisti, questo è sostanzialmente impossibile. Se mi consentite di essere un po’ più forte, questa è un'elusione del problema. Io posso mettere nel mio ufficio tutti gli armadi blindati che voglio, ma non è con questo sistema che impedirò alla pletora non controllabile di persone che vengono a conoscenza di un'intercettazione di poterla diffondere e a coloro che la ricevono di poterla pubblicare. Basti solo pensare, in una grossa indagine, al numero delle persone che già nel corso delle indagini, mentre le stesse sono totalmente coperte da segreto, ne sono a conoscenza. Parlo, per esempio, della Polizia giudiziaria. Non voglio dire che la colpa sia soltanto della Polizia giudiziaria. Sto facendo, ovviamente, un discorso in astratto.
Pensate alla Polizia giudiziaria e a tutto il resto del personale che è a conoscenza della registrazione, di ciò che viene detto, che annota le conversazioni sui brogliacci e che, a volte, trascrive le intercettazioni per farne oggetto della richiesta di proroga.
Consentitemi di aprire una parentesi: la richiesta di proroga delle intercettazioni potrebbe entrare, insieme alle informative Pag. 8della Polizia giudiziaria, in quell'altra categoria di materiale non pubblicabile. Sono pubblicabili ordinanze e richieste, sono non pubblicabili tutti gli atti a monte.
Poiché è materialmente impossibile controllare il numero delle persone che entrano in possesso, legittimamente, dei contenuti delle intercettazioni, io non credo che il problema si possa risolvere con l'installazione di un dato numero di armadi blindati.
È inutile aggiungere poi che, nel momento in cui, eseguita l'ordinanza di custodia cautelare, devo mettere a disposizione dei difensori tutto il materiale – immaginatevi un processo, che per noi a Palermo è quasi la quotidianità, con decine di indagati, se non oltre, e, come spesso capita, con uno, o a volte due difensori a testa – non ci sono armadi blindati che tengano. Io doverosamente devo fornire tutto il materiale raccolto, perché l'indagato ha il diritto di difendersi e ha il diritto di leggere tutto quello che c’è nelle intercettazioni, e lo stesso vale per il suo difensore. Come controllo che non esca dai loro cassetti ? Il sistema è arduo anche solo da immaginare.
Quanto al possibile correttivo rispetto alla legislazione attualmente esistente, che nel caso di specie è poco applicata, la cosiddetta udienza-filtro già prevista potrebbe essere resa obbligatoria. Potrebbe essere resa obbligatoria senza che si verifichi ciò che attualmente si verifica, ossia che, non essendo obbligatoria, nel senso che non vi è alcuna sanzione per la sua omissione, tutto il materiale intercettivo viene automaticamente trasferito alla conoscenza del giudice del dibattimento, il quale poi sarà lui a disporre la trascrizione, integrale peraltro, di tutto ciò che c’è.
Sarebbe, invece, a mio avviso, ancora una volta, utile prevedere l'udienza-filtro come obbligatoria. Mi riferisco cioè all'udienza nella quale tutte le parti si confrontano dichiarando quali intercettazioni ritengano utili e desiderino trascrivere, selezionando così un quantitativo inferiore di materiale. Questo peraltro consentirebbe un risparmio anche in termini di spesa per la trascrizione.
Si potrebbe, a quel punto, disporre, da parte del giudice, la definitiva segretazione di tutto il resto, o – perché no ? – eventualmente anche la distruzione, del materiale che non verrà utilizzato dalle parti, in modo da arrivare al dibattimento con un materiale già preformato.
Questa udienza-filtro sarebbe opportuno prevederla, a mio avviso – non so se il collega Vincenti la pensi allo stesso modo, ma sul punto (il GIP/GUP), ovviamente, ne sa più di me – nella fase dell'udienza preliminare. È in quella sede che si sa se l'imputato sceglie e richiede l'adozione del rito abbreviato, accettando, a quel punto, il materiale offerto soltanto dall'accusa, il che non richiederebbe il filtro. Non richiederebbe, quindi, la selezione delle specifiche intercettazioni da portare al dibattimento.
A questo punto, dicevo, ci sarebbero questi tre passaggi, ossia la distinzione tra ostensibilità e pubblicabilità, l'obbligatorietà dell'udienza-filtro e la distinzione fra atti pubblicabili e non pubblicabili, con un maggior controllo disciplinare sui contenuti degli atti pubblicabili e un divieto, eventualmente totale, di pubblicazione di altri atti.
L'ultimo punto che devo affrontare – mi limito ad accennarlo, anche perché entro in un terreno molto più scivoloso di quelli precedenti – è quello delle sanzioni. Il disegno di legge Mastella prevedeva un inasprimento della sanzione pecuniaria dell'articolo 684 del codice penale. Questo inasprimento, a meno che io non abbia letto male, non mi pare essere stato ripreso dal disegno di legge successivo, quello che si è esaminato nel corso della precedente legislatura. A meno che non mi sia sfuggito, non lo vedo inserito nel disegno di legge delega.
Anche qui, se noi vogliamo rendere effettivo il sistema di protezione della riservatezza, il sistema di protezione della pubblicabilità o della non pubblicabilità di alcuni atti, è necessario che il sistema si chiuda – altrimenti succede come con Pag. 9l'udienza-filtro, ossia che non c’è la sanzione e non la richiede nessuno – con una sanzione che sia deterrente, oppure tanto vale lasciare tutto com’è.
PRESIDENTE. Il disegno di legge della scorsa legislatura lo prevedeva.
FRANCESCO LO VOI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Allora mi è sfuggito.
PRESIDENTE. Era di difficilissima lettura, essendo la terza colonna. Prevedeva una sanzione da 2.000 a 10.000 euro.
FRANCESCO LO VOI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Credo che il disegno di legge Mastella prevedesse dai 10.000 ai 100.000 euro, che è un pizzico più deterrente, forse, rispetto ai 2.000 – 10.000 euro.
Ripeto, io cerco di essere il più possibile garantista e rispettoso dei diritti, soprattutto di quelli costituzionali, ma in qualunque convenzione internazionale – perdonate se mi lancio sul tema di cui mi sono occupato negli ultimi anni – in materia di giustizia si preveda la criminalizzazione di determinati fatti la prima cosa che viene scritta è l'invito agli Stati membri a prevedere delle sanzioni efficaci e realmente deterrenti.
Non credo che confligga con l'esercizio del diritto di cronaca – che, come tutti i diritti, va regolamentato – la previsione di una cornice normativa all'interno della quale si collochi anche una sanzione effettiva e deterrente per i casi di violazione.
Io potrei concludere. Se me lo consente, le chiederò trenta secondi sull'articolo 23.
PRESIDENTE. Facciamo proseguire il Presidente Vincenti per la parte del giudice.
Le chiedo se vuole evidenziare magari le criticità del sistema attuale, quelle che voi vivete quotidianamente o che ritiene tali, ed eventualmente come valutate la delega o comunque le prospettive di riforma.
CESARE VINCENTI, Presidente del tribunale di Palermo e della sezione GIP del medesimo tribunale. La vostra convocazione mi consente di offrire qualche spunto di riflessione e soprattutto di trasferire una determinata sensibilità del giudice rispetto a queste problematiche. Invertendo l'approccio, io direi qualcosa sulla tempestività dell'iscrizione, così anticipiamo un tema che sarà poi affrontato dal procuratore.
Brevemente, questo è un tema sentito. Visto che io registro un ampio fronte favorevole al controllo da parte del GIP della tempestività dell'iscrizione, vi dico che, in un'ottica di approccio costituzionalmente orientato del sistema, mi pare che, dal punto di vista razionale, il controllo del GIP sia in effetti la soluzione più conforme all'architettura complessiva.
Tuttavia, avendo peraltro avuto motivo di compulsare tutti i colleghi dell'ufficio, ho registrato una preoccupazione, che, se vogliamo, è comune a tutte queste tematiche. Io non vorrei che si pensasse che, aumentando le attribuzioni del GIP, si risolvessero i problemi, laddove invece l'effettività del controllo da parte del GIP è legata alla concreta capacità di funzionamento di quell'ufficio.
Non parlo, naturalmente, solo dell'ufficio di Palermo, ma in generale degli uffici GIP, che sono appesantiti da una serie di adempimenti e di competenze del tutto slegate dall'organico, nel senso di entità numeriche che lavorano in tutti gli uffici GIP d'Italia.
Questa non vi sembri una considerazione non consona rispetto alle tematiche. Anche il Presidente Canzio ha fatto riferimento a un problema di personale che affligge gli uffici giudiziari. Non è secondario il fatto che questi uffici siano in sofferenza. Registro, quindi, una sorta di reazione all'ipotesi che aumentino le competenze, non tanto perché il GIP non si senta di poter affrontare queste tematiche, ma perché ci si renda tutti conto – io l'ho fatto, appena insediato, con una lettera in cui evidenziavo questo – che proprio l'effettività Pag. 10del controllo sulle indagini da parte del GIP è legata alla capacità del GIP di approfondire le tematiche.
Pensate che il controllo sull'iscrizione di reato, in realtà, esiste già nel momento in cui il pubblico ministero chiede la proroga. Il GIP potrebbe, anche in quella sede, verificare la tempestività dell'iscrizione ai fini della concessione della proroga o meno. Lo stesso avviene quando il pubblico ministero chiede l'archiviazione. Il GIP ha tutta la possibilità di verificare l'andamento delle indagini. Ebbene, tutti sappiamo, è inutile negarlo, che nella maggior parte dei casi i provvedimenti di proroga sono provvedimenti seriali, che prescindono da un'analisi approfondita della questione.
Premessa questa questione, legata alla strutturale inadeguatezza – mi si passi il termine – dell'ufficio per com’è strutturato oggi, rispetto a un reale controllo dell'indagine, ritengo che sia del tutto incongruo ipotizzare che il GIP ex post, valutando come tardiva un'iscrizione, possa addirittura – la conseguenza sarebbe obbligata – ritenere inutilizzabili tutti i risultati investigativi successivi alla scadenza del termine. Questo, sì, a mio avviso, determinerebbe un'assoluta e irragionevole imprevedibilità dei risultati dell'indagine.
È chiaro che qui non dobbiamo pensare all'ipotesi del processo semplice, ossia della rapina in banca bensì all'ipotesi della notizia di reato, come è stato detto, «a formazione progressiva». Penso all'ipotesi in cui si va materializzando l'ipotesi accusatoria attraverso tutta una serie di informative. In quel caso diventa molto difficile stabilire quando il pubblico ministero deve effettuare l'iscrizione. Parallelamente, diventerà imprevedibile, quindi, il giudizio del GIP, con le conseguenze dirompenti cui ho accennato.
Il rimedio disciplinare probabilmente non funziona, o comunque finora non ha funzionato, questo dobbiamo anche riconoscerlo. Io non condivido, però, l'impostazione di chi dice che la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura non può accedere agli atti e che, quindi, non potrebbe verificare, attraverso poteri istruttori, se il comportamento del pubblico ministero sia stato o meno conforme ai suoi doveri dal punto di vista disciplinare. Come vediamo in tutte le ipotesi disciplinari legate all'esercizio della giurisdizione, la Commissione disciplinare, in realtà, chiede gli atti ed esercita una verifica di quello che è avvenuto processualmente.
Per concludere sul punto, quindi, io credo che la previsione del «semplice» controllo disciplinare sulla tardività o tempestività dell'iscrizione sia la soluzione più adeguata. In questo manifesto una convinzione comune ai magistrati dell'ufficio che oggi ho l'onore di rappresentare.
Per quanto riguarda, invece, il tema delle intercettazioni, nessuno qui vuole limitare le intercettazioni. Il disegno di legge non prevede alcunché in materia, anzi, soltanto un accenno in ambito di ampiezza dell'uso di questo strumento è dato con riferimento ai reati commessi dai pubblici ufficiali, il che lascia intendere che si voglia piuttosto potenziare l'uso di questo strumento.
Tuttavia, l'ambito di applicazione dell'istituto è legato anche alle tematiche della privacy e della riservatezza. È ovvio che, maggiore è il campo delle intercettazioni, maggiore sarà il numero di soggetti intercettati, e maggiore sarà la possibilità di intercettare terze persone incolpevoli.
Peraltro, ricollegandomi al discorso fatto all'inizio sull'effettività del controllo da parte del GIP, anche qui non è necessaria alcuna modifica normativa, né pare che sia all'orizzonte, per sostenere che la delimitazione dell'ambito di applicazione delle intercettazioni sia proprio affidata al GIP.
Non bisogna, a mio avviso, né estendere, né limitare l'uso delle intercettazioni. Bisogna, però, applicarle e far sì che il GIP riesca veramente a creare un filtro, perché, nel momento in cui il GIP convalida l'intercettazione, magari senza particolare approfondimento, o meglio, nel momento in cui proroga l'intercettazione – a livello di autorizzazione alla prima intercettazione è chiaro che il controllo è più penetrante; per quanto riguarda le proroghe, Pag. 11invece, considerata la massa di documenti che arriva all'ufficio GIP, il discorso comincia a essere un po’ più difficile – piuttosto che pensare a un ampliamento dello strumento, o a una sua restrizione, a seconda dei punti di vista, bisogna, secondo me, porre maggiore attenzione all'efficienza e, quindi, al controllo «sostanziale» degli uffici preposti.
Per quanto riguarda il discorso, invece, della tutela della riservatezza, attualmente il sistema prevede dei limiti a valle. Il garante della privacy ha impartito direttive molto stringenti dal punto di vista dei contenuti della pubblicazione, come pure il Codice deontologico dei giornalisti. È garantito, quindi, al giornalista il diritto all'informazione su fatti di interesse pubblico, ma, nel rispetto dell'essenzialità dell'informazione, è necessario evitare riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti ed è indispensabile rispettare la dignità e la sfera sessuale delle persone.
Questo Codice prevede poi delle sanzioni disciplinari, risarcimento del danno e sanzione amministrativa per l'editore, ancora in fieri e de iure condendo. Il problema, però, non è certo quello di limitare la pubblicabilità, quanto meno nei contenuti a valle. Il problema evidentemente è evitare che il giornalista attinga notizie che non possono poi essere pubblicate. Bisogna, quindi, potenziare i limiti a monte.
Peraltro, ricollegandomi a quello che diceva prima il procuratore, il problema non è legato solo alla tutela dei terzi, ma anche alla tutela dell'indagato rispetto a fatti e circostanze che nulla hanno a che vedere con l'indagine. Pensate al caso, non infrequente, in cui dall'intercettazione vengano fuori problemi personali, anche di orientamento sessuale e via elencando.
Ebbene, con riferimento a tutta questa materia, mi pare che non sia neanche all'orizzonte la possibilità di controllarla, nell'ottica del bilanciamento degli interessi. Il problema non è soltanto quello della pubblicabilità, ma è anche quello della conoscibilità di tutti questi elementi da parte dei soggetti, come diceva il procuratore, che legittimamente ne vengono a conoscenza. Bisogna, cioè, sin dall'inizio, a monte, cercare di restringere la cerchia delle persone che vengono a conoscenza di queste notizie. Penso all'agente di Polizia giudiziaria che materialmente ascolta la conversazione.
A mio avviso, deve essere praticato un filtro proprio a monte, che non può non essere a livello di procuratore della Repubblica. Il procuratore della Repubblica al quale viene trasferito il brogliaccio, cioè, non dovrebbe depositare atti che siano manifestamente irrilevanti, o che riguardino fatti che concernano terzi, o che riguardino fatti del tutto diversi da quello oggetto dell'indagine.
Questo non significa attribuire al pubblico ministero un potere incontrollato. Qual è il profilo critico di questo discorso, il rovescio della medaglia ? Il pubblico ministero potrebbe non depositare conversazioni dalle quali emerga, per esempio, l'innocenza dell'indagato. Di conseguenza, si invoca, da parte di taluni, un controllo da parte del GIP su questo materiale che il pubblico ministero vuole tenere riservato.
Io credo, però, e anche su questo ci siamo confrontati con i colleghi dell'ufficio, che il pubblico ministero abbia una funzione di selezione del materiale già a monte, perché non lo fa solo con le intercettazioni, ma lo fa con tutte le acquisizioni di indagine. Quando il pubblico ministero deposita atti, non deposita tutti gli atti dell'indagine, intanto perché è nella sua potestà dirottare alcuni atti di indagine in altri fascicoli, in quanto possono essere spunto investigativo per altre situazioni, e poi perché è nella potestà del pubblico ministero selezionare il materiale. In questo caso, lo farebbe, naturalmente, nell'interesse sia dell'indagato, per quanto riguarda i fatti estranei, sia nell'interesse dei terzi.
Quali sono gli scenari che emergono anche dalla lettura delle posizioni più recenti ? C’è l'ipotesi di istituire un'udienza-filtro, secondo la proposta del sottosegretario Cosimo Ferri, con divieto di pubblicazione di tutto il materiale fino alla detta udienza, salvo ciò che è stato trasfuso Pag. 12nel provvedimento cautelare. L'ipotesi del sottosegretario è quella di prevedere un'udienza-filtro, attraverso la quale si decida cosa si può rendere pubblico e cosa no. Prima di questa udienza-filtro sarebbe pubblicabile solo ciò che è trasfuso nel provvedimento cautelare.
Questa proposta si combinerebbe con quella del Presidente Gratteri, della Commissione per la modifica della legislazione antimafia, che prevede il divieto di inserire il testo integrale dell'intercettazione, salvo che nella sentenza prevedendo, la sanzione per il giudice, naturalmente di tipo disciplinare, e sanzioni penali per chi pubblica arbitrariamente.
Rispetto a queste tematiche, che sono quelle sul tappeto, io credo, come ho già anticipato, che si debba incidere nel processo di formazione del materiale, cioè a monte. Bisogna poi distinguere, a mio avviso, tra ostensibilità e pubblicabilità. Non è detto che, poiché un atto è ostensibile alle parti e, quindi, ai difensori, per ciò solo diventi pubblicabile.
In questo senso mi ricollego all'osservazione del procuratore, il quale diceva che forse sarebbe bene individuare degli atti che, anche se ostensibili, anche se conoscibili dagli avvocati e, quindi, dalle parti, non siano pubblicabili, come l'informativa di polizia giudiziaria, il brogliaccio e tutti quegli atti che non si trasferiscono nella richiesta del provvedimento cautelare e nel provvedimento cautelare.
Le opzioni possibili sono, da un lato, quella di limitare i contenuti dei provvedimenti (sia la richiesta, sia il provvedimento cautelare). Secondo taluni, essi dovrebbero essere limitati nei contenuti: questi provvedimenti, cioè, non dovrebbero poter contenere conversazioni relative a fatti assolutamente irrilevanti o che riguardino profili non rilevanti, e soprattutto, secondo la proposta che prima richiamavo, non potrebbero contenere l'integrale trascrizione delle intercettazioni.
Io sono contrario all'introduzione di limiti al contenuto del provvedimento. Il sunto può essere, da un lato, fuorviante, perché naturalmente è frutto di un'interpretazione di chi opera il riassunto e, dall'altro, rischia di far perdere significatività alla conversazione. È fondamentale, a mio avviso, e lo vediamo nella nostra quotidiana esperienza, riportare l'intercettazione virgolettata, naturalmente nei soli limiti funzionali alla prova, con le precisazioni che ha appena svolto il procuratore sul contesto relazionale, che comunque sarebbe rilevante, in taluni tipi di reato.
Trascurando, però, questo discorso, la scorciatoia del riassunto esprime la condivisibile diffidenza per la famosa operazione di «copia e incolla». In realtà, oggi i provvedimenti custodiali sono diventati dei mostri proprio perché la digitalizzazione consente il «copia e incolla» e, quindi, consente al GIP, per paradosso, di evitare l'analisi minuta di tutto il materiale. Se il GIP si limita a copiare quello che il pubblico ministero ha scritto e magari il pubblico ministero l'ha prelevato dalle note di polizia giudiziaria, è chiaro che c’è un procedimento di progressivo scadimento dei contenuti reali della motivazione, che peraltro qualche tribunale del riesame ha stigmatizzato in alcune occasioni.
Imporre il sunto non credo sia il rimedio giusto rispetto a questa deriva di motivazione apparente, che però si traduce nell'incorporazione, nell'ambito del provvedimento, di una montagna enorme di conversazioni, il più delle volte anche comprensive di conversazioni che non riguardano il fatto.
Secondo me, bisogna potenziare il controllo a monte, attraverso un primo vaglio che dovrebbe essere compiuto dal pubblico ministero o, se volete, in subordine, nel contraddittorio con il GIP. Anche in quel caso, non mi pare che le difese dovrebbero entrarci, perché in questa prima fase le difese verrebbero a conoscenza magari di fatti intimi, che non c'entrano niente con l'indagine. Secondo me, la riservatezza va assicurata non soltanto rispetto al mondo del pubblico – rispetto alla diffusione mediatica – ma anche rispetto alla conoscenza degli addetti ai lavori. Solo così si può filtrare il materiale a monte.Pag. 13
Un'altra opzione è quella di limitare la pubblicabilità del provvedimento, con il divieto di pubblicazioni dei brogliacci e delle informative cui avevo già fatto cenno.
La terza opzione è porre dei limiti temporali alla pubblicabilità. Richiamo il disegno di legge Alfano, secondo il quale addirittura ci sarebbe un divieto di pubblicazione fino alla conclusione delle indagini o fino al termine dell'udienza preliminare, laddove invece abbiamo visto che c’è un interesse pubblico alla conoscenza dell'indagine sin dal suo avvio.
Non possiamo nasconderci il fatto che il pubblico abbia un interesse a conoscere i profili delle indagini. Ho visto che in altre audizioni si è invocato il principio di democrazia e, quindi, si è paventato il rischio che lo Stato dittatoriale arresti qualcuno senza che si possano conoscere i motivi della privazione della libertà. Senza arrivare a questa evocazione di massimi sistemi, il profilo dell'interesse pubblico alla conoscenza dell'indagine è un profilo sicuramente di grande rilievo.
Io credo che l'introduzione di un'udienza-filtro come obbligatoria, secondo la proposta del procuratore, si possa ben percorrere, ma, a differenza di quello che diceva il procuratore, credo che questa udienza debba essere tenuta in un momento abbastanza anticipato rispetto all'udienza preliminare.
Probabilmente noi dobbiamo espungere quello che non ha espunto il pubblico ministero, che nella mia impostazione dovrebbe essere il primo filtro. Quello che il pubblico ministero non ha ritenuto di mettere da canto deve essere il GIP nell'udienza-filtro a farlo.
Alla fine arriva l'udienza preliminare. Svolgo un'ultima considerazione sull'anomalia di un sistema che prevede che l'udienza preliminare sia in Camera di consiglio e, quindi, non pubblica, a garanzia soprattutto della riservatezza dell'indagato, il quale, accedendo a un rito anche alternativo, come il giudizio abbreviato, preferisce che non si faccia troppa pubblicità. L'udienza pubblica, per definizione, è quella dibattimentale, in cui il pubblico è ammesso. Viviamo, quindi, il paradosso per cui l'udienza è camerale, ma tutte le carte, poiché sono ostensibili, ossia sono conosciute dalle parti, diventano pubblicabili d'emblée. Questo, a mio avviso, è un paradosso.
Da ultimo, se mi consentite, faccio solo due riferimenti ad altri temi legati all'articolo 25.
Per quanto riguarda le conversazioni dei difensori, degli investigatori privati e dei consulenti tecnici, questo discorso andrebbe comunque regolamentato in maniera più stringente, perché il contenuto delle conversazioni che riguardino difensori, consulenti tecnici e investigatori privati dovrebbe essere espunto dal quadro degli atti da depositare sin dall'inizio, sin da subito. Credo che sia questo lo spirito della legge delega.
Infine, per quanto riguarda l'acquisizione dei dati di traffico, sostanzialmente concordo con l'impostazione del procuratore. Un controllo del GIP sarebbe un controllo, per la verità, formale, perché il dato di traffico abitualmente si acquisisce proprio nella fase iniziale dell'indagine. Nella fase iniziale sarebbe, a mio avviso, incongruo appesantire questa acquisizione attraverso un controllo che, ripeto, non potrebbe che essere formale, avendo evidentemente il tabulato soltanto una funzione di sviluppo successivo delle indagini.
Vi ringrazio.
PRESIDENTE. Il procuratore Lo Voi aveva chiesto un minuto in più. Poi sentiremo se ci sono domande, perché fra dieci minuti dobbiamo chiudere.
FRANCESCO LO VOI, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Grazie, presidente. Impiego giusto un minuto per sottolineare come credo sia stato evidente che non ci siamo messi d'accordo. Io trovo che il presidente Vincenti abbia sostenuto tesi più «da pubblico ministero» di quanto non abbia fatto io, il che mi conforta per quanto ho già detto.
Tanto per seguire su questa strada, faccio solo due considerazioni sull'articolo 25 e mezza sull'articolo 23. Sui difensori il discorso è fuori discussione. Si vedrà se Pag. 14la norma debba stare nell'articolo 266 o nell'articolo 267, ovvero nell'articolo 103, come qualcuno ci ha detto. Forse è più materia da articolo 103.
Sul testo integrale delle intercettazioni mi trovo totalmente d'accordo con il presidente Vincenti. È chiaro che sia preferibile la lettura del testo reale dell'intercettazione piuttosto che affidarsi al riassunto fatto dal pubblico ministero X o Y.
Sul filtro anticipato io, che sono innamorato del contraddittorio, mi permetto di sollevare qualche perplessità. Il fatto che debba essere il pubblico ministero a scegliere da solo il materiale da offrire al giudice per le indagini preliminari e poi dell'udienza preliminare, senza che un difensore possa controllare se magari in mezzo a quel materiale, che il pubblico ministero reputa inutile, non ci possa essere qualche cosa che lui, invece, reputa utile rischia di creare qualche scompenso.
Sul manifestamente rilevante, anche qui, siamo in presenza di una valutazione. La faccia magari il giudice. Il giudice, se interviene, deve però intervenire in contraddittorio.
Sull'articolo 23, l'iscrizione delle notizie di reato, c’è da registrare un incremento negli ultimi tempi delle segnalazioni disciplinari e dei casi di avvio di azioni disciplinari con riferimento a ritardata iscrizione della notizia di reato. È chiaro che qui ci si riferisce non all'ipotesi di scuola della notizia di reato lasciata nel cassetto, ma alla diversa ipotesi che faceva il presidente Vincenti dell'indagine a formazione progressiva.
Io mi aspettavo che il presidente Vincenti sostenesse una tesi diversa e, invece, sostiene la stessa mia. Mi permetto di rafforzarla, se me lo consentite, con un esempio, in tre secondi.
Io sono un garantista. Non mi basta che Tizio e Caio, parlando al telefono, facciano riferimento a un incontro avuto la sera prima con Sempronio per dire che, poiché Tizio e Caio sono indagati, si deve indagare anche Sempronio perché si sono incontrati ieri sera.
Io voglio che, prima di iscrivere qualcuno nel registro delle notizie di reato, con tutto ciò che questo comporta – lo sapete tutti, questo non è solo a garanzia dell'indagato; ci sono una serie di conseguenze per l'iscrizione di qualcuno nel registro delle notizie di reato – la notizia di reato sia qualificata. Questa è la mia sensibilità da cui deriva il mio modo di operare.
Se io trovo un giudice che ha una sensibilità diversa dalla mia e dice che i due che parlano dell'incontro, la sera prima, con il terzo lasciano sospettare che forse anche il terzo condividesse gli stessi interessi poco leciti e che, quindi, andava iscritto prima anche il terzo, qui si rischia che, dopo due anni di indagine, salti tutto quello che è stato fatto nei confronti del terzo eventualmente indagato, perché il giudice può dire che avrebbe dovuto essere iscritto prima.
Questo, sì, io mi permetterei, da pubblico ministero, ma stavolta con il conforto anticipato del presidente Vincenti, di lasciarlo nella disponibilità del pubblico ministero, con un attento controllo disciplinare.
Mi permetto di rilevare, però – su questo chiederei la vostra riflessione – che si prevede nella delega, forse per l'omogeneità con altri capitoli sul rapporto tra procuratore della Repubblica e procuratore generale presso la corte d'appello, che il procuratore generale presso la corte di appello debba vigilare sull'osservanza delle disposizioni relative all'iscrizione nel registro delle notizie di reato.
Il procuratore generale, però, non ha accesso al registro delle notizie di reato, e non può averlo, perché il registro delle notizie di reato è nell'esclusiva disponibilità del procuratore della Repubblica. Se noi prevediamo (uso il «noi» ancora una volta) che il procuratore generale possa controllare il registro delle notizie di reato e tutti i fascicoli del pubblico ministero e della Procura della Repubblica – il controllo lo può fare, ovviamente, solo prendendo il fascicolo e verificando quando è emersa la notizia di reato, al di là dell'ulteriore diversa sensibilità – noi praticamente mettiamo a disposizione di un ufficio diverso da quello della procura della Repubblica l'intero registro delle notizie Pag. 15di reato e tutti i fascicoli pendenti alla procura della Repubblica, con ulteriori conseguenze anche sull'articolo 25.
Altro che limitare la platea delle persone a conoscenza: noi allarghiamo addirittura all'ufficio del procuratore generale la possibilità di conoscere gli atti anche nei casi non previsti attualmente dalla legge, ossia richiesta di avocazione, opposizione alla richiesta di archiviazione e richiesta di archiviazione non accolta.
Nei casi in cui il procuratore generale, già secondo la legislazione vigente, viene informato, se vuole, ha il potere di acquisire il fascicolo e di fare le sue verifiche, anche a questi fini. In tutti gli altri casi, però, questo significa estendere a dismisura i poteri del procuratore generale, il quale diventa, a quel punto, il dominus, a livello addirittura distrettuale, di tutti i registri delle notizie di reato che sono all'interno delle singole procure della Repubblica.
Mi permetterei di segnalare questo aspetto, che forse richiede una qualche riflessione ulteriore.
PRESIDENTE. Se non ci sono domande, vi ringraziamo particolarmente. È stata svolta una disamina delle problematiche molto accurata. Domani completiamo la nostra indagine conoscitiva e vi mandiamo poi le registrazioni. Oggi avete iniziato un percorso di riflessione. Vi invieremo poi le trascrizioni della Commissione per poter completare il testo che rimarrà agli atti.
Ringraziando gli auditi a nome della Commissione, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.45.