SEDE REFERENTE
Giovedì 5 maggio 2016. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Intervengono la sottosegretaria di Stato per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Sesa Amici, il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione e il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.
La seduta comincia alle 10.35.
Pag. 4Sulla pubblicità dei lavori.
Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.
Disposizioni di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione.
C. 2839 Marco Meloni, C. 3004 Fontanelli, C. 3006 Formisano, C. 3147 Lorenzo Guerini, C. 3172 Palese, C. 3438 Roberta Agostini, C. 3494 Zampa, C. 3610 D'Alia, C. 3663 Roccella, C. 3693 Centemero, C. 3694 Carloni, C. 3708 Gigli, C. 3724 Quaranta, C. 3731 Mazziotti Di Celso, C. 3732 Toninelli, C. 3733 D'Attorre, C. 3735 Mucci, C. 3740 Vargiu e C. 3790 Misuraca.
(Seguito dell'esame e rinvio – Adozione del testo base).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 4 maggio 2016.
Danilo TONINELLI (M5S) fa notare che la proposta di testo unificato presenta diversi profili di criticità, anche sul piano formale: sarebbe opportuno, a suo avviso, che la Commissione richiedesse quindi il parere del Comitato per la legislazione. Ritenuto che l'articolo 49 della Costituzione non richieda una legge di attuazione, si sofferma su taluni aspetti del testo che giudica problematici. Citando l'articolo 2, evidenzia che esso, al comma 1, reca disposizioni di carattere generale e definitorio che definisce vaghe e generiche, proponendo, peraltro, al comma 2, un ribaltamento del rapporto tra cittadini e partiti, a favore di questi ultimi, a dispetto di quanto previsto dall'articolo 49 della Costituzione. Soffermandosi proprio su tale comma 2 del medesimo articolo 2, ritiene che l'articolo 49 non ammetta l'imposizione di regole interne ai partiti, dal momento che, esso, richiamando il metodo democratico, fa riferimento – anche secondo quanto affermato dagli esperti nel corso delle audizioni – alle loro attività esterne. Fa notare che la proposta di testo unificato, all'articolo 3, rimette poi al Ministero dell'interno una discrezionalità eccessiva, che potrebbe consegnargli un potere di ricusazione illimitato basato su valutazioni di merito sull'organizzazione dei partiti, tenuto conto della genericità dei requisiti previsti dal testo. Rileva, peraltro, che il termine di 48 ore per apportare eventuali integrazioni alla dichiarazione di trasparenza troppo stringente. Esprime perplessità sulla parte del testo relativa alle sanzioni, facendo notare che, da un lato, ad esempio in materia di presentazione di rendiconti, appaiono eccessive, risultando al contrario ridotte per altre violazioni, che ritiene più gravi. Richiamando infatti l'articolo 6, comma 11, non comprende per quale motivo ai partiti politici che non abbiano adempiuto all'obbligo di cui al comma 10, la Commissione di cui all'articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96, applica la sanzione amministrativa pecuniaria pari a euro 30.000. Diversamente, ai partiti politici che abbiano pubblicato sui rispettivi siti internet erogazioni per un ammontare inferiore a quello risultante dalle dichiarazioni e dalle attestazioni trasmesse alla Commissione ai sensi del comma 5, la Commissione medesima applica una sanzione pecuniaria amministrativa pari alla differenza tra l'importo pubblicato sui siti internet e quello risultante alla Commissione, sanzione che, a suo avviso, rischia di essere inefficace. Fa notare, in conclusione, che la mancata disciplina di forme di trasparenza delle fondazioni rappresenta una lacuna enorme, atteso che queste ultime costituiscono la vera forma occulta di finanziamento di alcuni partiti.
Mara MUCCI (Misto) ritiene che le preoccupazioni espresse nel dibattito circa una presunta errata interpretazione dell'articolo 49 della Costituzione siano infondate, dal momento che, in materia di metodo democratico da applicare alla vita interna dei partiti, la proposta di testo unificato del relatore appare poco coraggiosa, non entrando nel dettaglio della Pag. 5questione. Rilevato, inoltre, che anche taluni degli esperti ascoltati in audizione hanno ammesso la possibilità di prevedere attraverso fonti legislative regole in materia di democrazia interna ai partiti, osserva che la proposta di testo in esame non offre sufficienti garanzie di democraticità in tal senso, atteso che, ad esempio, in materia di selezione dei candidati, disponibilità del simbolo, dichiarazione di trasparenza, prevede norme generiche e prive di efficacia, non in grado, a suo avviso, di assicurare la tutela degli iscritti. Considerata la vaghezza dei requisiti richiesti per la dichiarazione di trasparenza, ritiene che il Ministro dell'interno non possa far altro che prendere atto di quanto dichiarato dai partiti, non dovendosi temere alcun esercizio di potere arbitrario. Ritiene, in conclusione, che la proposta di testo unificato presenta molti punti critici, rappresentando il risultato di un compromesso al ribasso che non contribuirà ad aumentare la fiducia dei cittadini nella politica, atteso che la loro possibilità di partecipare alla vita del Paese rimarrà solo teorica.
Stefano QUARANTA (SI-SEL) ritiene che il tema in discussione richieda la massima attenzione, atteso che la questione della partecipazione dei cittadini alla vita politica chiama in causa la qualità della democrazia e il concetto di sovranità. A fronte dell'estrema serietà dell'argomento, ritiene che il dibattito in corso non sia stato all'altezza, essendosi incentrato su polemiche sterili tra opposti schieramenti o su tecnicismi di difficile comprensione, a seconda che sia in gioco la trasparenza dei bilanci o le forme di finanziamento esterne ai partiti. Ciò, a suo avviso, rischia di dare credito alle tesi di chi mette in dubbio la capacità di autoriforma dei partiti e teme un sempre maggiore distacco dei cittadini dalla politica. Ritiene che la questione fondamentale, elusa in gran parte nel dibattito, non sia la tutela della libertà dei partiti, quanto la salvaguardia effettiva dei diritti politici dei cittadini, chiamati a partecipare alla vita democratica in senso attivo. Al riguardo, giudica la proposta di testo unificato inadeguata poiché reca disposizioni di compromesso tese a non scontentare le parti politiche in causa, senza che sia al centro della discussione il cittadino con i suoi diritti. Fa notare che il provvedimento non affronta questioni fondamentali, come ad esempio il rischio di occupazione delle istituzioni che si celano dietro a certe situazioni di conflitto di interesse, laddove, ad esempio, si sia a capo di una segreteria di un partito e, contemporaneamente, si ricopra la carica di capo del Governo. Ritiene, in conclusione, che l'unica vera forma di trasparenza suscettibile di produrre risultati apprezzabili sia conseguibile attraverso la reintroduzione del finanziamento pubblico, che permetterebbe di contrastare il rischio di un controllo delle istituzioni da parte di certi poteri economici. Nonostante ritenga il testo in esame difficilmente emendabile, preannuncia che il suo gruppo presenterà proposte emendative, anche di carattere simbolico, volte a rimarcare la diversità di impostazione generale perseguita su tale delicata materia.
Andrea CECCONI (M5S) evidenzia, anzitutto, che sarebbe stato preferibile disciplinare la materia in discussione in altro modo, ad esempio delegando il Governo ad adottare un testo unico volto a riordinare la normativa vigente, che appare complessa e stratificata. Passando al contenuto della proposta di testo unificato del relatore, fa notare che essa reca errori grossolani che dovrebbero essere corretti. In primo luogo, i commi 1 e 2 dell'articolo 2, in violazione dell'articolo 49 della Costituzione, pongono i partiti al centro della vita politica, ai danni dei cittadini, imponendo peraltro ai partiti determinate forme organizzative. Rileva, quindi, che il richiamo operato dall'articolo 2 sul metodo democratico, inteso erroneamente in senso interno, in combinato disposto con quanto previsto dall'articolo 3 in tema delle attribuzioni del Ministro dell'interno, determini rischi enormi per la libertà dei partiti, laddove si conferisce al rappresentante del Governo il potere di imporre, a Pag. 6sua discrezione, determinati modelli di organizzazione, ricusando le liste che non vi si adeguino. Quanto alla parte relativa alle sanzioni, fa notare che esse appaiono di entità elevata solo in alcuni casi, laddove, ad esempio in materia di trasparenza di bilanci, mirano a colpire il M5S. Evidenzia che la proposta di testo unificato, al contrario, elude il tema vero della trasparenza e del contrasto alla corruzione, che si sarebbe potuto affrontare, ad esempio, imponendo forme di trasparenza alle fondazioni o riducendo il limite delle erogazioni, in linea con le tendenze europee. Esprime, infine, perplessità sulla parte del testo che esclude dagli oneri di pubblicazione i finanziamenti direttamente concessi da istituti di credito o da aziende bancarie, riducendo poi drasticamente tali oneri per i finanziamenti provenienti dall'estero, che a suo avviso sarebbero da vietare in assoluto.
Gregorio FONTANA (FI-PdL) fa presente che il suo Gruppo aveva giudicato inaccettabili alcune delle proposte all'esame della Commissione, in primis quelle che prevedevano l'attribuzione di una delega al Governo per regolamentare la materia dei partiti. Prende atto positivamente che nella proposta di testo unificato presentata dal relatore non è contenuta alcuna delega al Governo. Rileva che il suo Gruppo riteneva inoltre sbagliato escludere dalla competizione elettorale i partiti per motivi attinenti alla loro organizzazione interna. Sottolinea che anche su questo punto la proposta di testo unificato del relatore ha fatto un importante passo avanti. Nell'evidenziare che il testo in esame costituisce un'integrazione del cosiddetto decreto Letta in tema di abolizione del finanziamento pubblico diretto ai partiti e non, come era stato preannunciato dalla maggioranza, un'attuazione organica dell'articolo 49 della Costituzione, si riserva di presentare proposte emendative volte ad apportare i miglioramenti necessari al provvedimento.
Francesco SANNA (PD), replicando al collega Cecconi, fa presente che, a suo avviso, sarebbe opportuno uscire dalla logica «contrattualistica» nell'esame del provvedimento in discussione e soprattutto non si dovrebbe pensare che questo testo è stato concepito contro un determinato movimento politico. Quanto all'obiezione formulata circa la stratificazione di norme che regolano la materia, evidenzia che si potrebbe superare tale problema attraverso l'attribuzione di una delega meramente compilativa al Governo per l'emanazione di un testo unico. Evidenzia, inoltre, che, grazie al cosiddetto decreto Letta già richiamato dai colleghi, si è superata una concezione per così dire «patrimoniale» dei partiti. Infatti non è più possibile attribuire prestiti o concedere fideiussioni di un valore superiore a centomila euro ai partiti medesimi. Osserva, tuttavia, che se la concezione patrimoniale dei partiti pare superata a livello nazionale, sarebbe invece opportuno fare una riflessione su quanto sta avvenendo a livello locale. Si riferisce alla competizione elettorale in corso di svolgimento a Roma, dove non è chiaro se dietro ad alcune liste elettorali vi sia un unico soggetto in grado di controllarle grazie al proprio patrimonio. Relativamente all'ipotesi di inserire nel testo in esame la regolamentazione delle fondazioni, pur ritenendo rilevante il tema, sottolinea che il suo partito lo ha già affrontato in maniera organica proprio nel citato decreto Letta che ha esteso alle fondazioni le norme in materia di trasparenza che si applicano ai partiti. A suo avviso, pertanto, sarebbe preferibile dare concreta attuazione alla predetta disposizione e non intervenire nuovamente in questa sede. Osserva, infine, che dal complesso delle audizioni svolte non gli pare siano derivate indicazioni secondo cui un intervento in materia di democrazia interna dei partiti necessiterebbe di una fonte legislativa di rango costituzionale.
Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, ritiene che le considerazioni del collega Quaranta sulla disaffezione dei cittadini nei confronti della politica possano essere estese anche ad altri paesi. Si riferisce a quanto sta avvenendo nelle Pag. 7primarie per le elezioni presidenziali americane. Concordando con quanto riferito in audizione dal professor Diamanti, ritiene che tale disaffezione non possa essere superata attraverso strumenti giuridici che regolano la vita interna dei partiti. Questo problema, a suo avviso, può essere invece risolto proprio attraverso l'introduzione di adeguate norme in materia di trasparenza che diano ai cittadini la sensazione di essere più vicini alle forze politiche nonché mediante un'opera di moralizzazione della politica che non si attui solo per via giudiziaria ma grazie a una rinnovata capacità di gestione dei gruppi dirigenti dei partiti. La sua proposta di legge abbinata a quelle in discussione non intendeva impedire la partecipazione alle elezioni da parte di forze politiche a causa di questioni inerenti alla loro organizzazione interna ma, invece, chiedeva alle medesime forze politiche di fornire gli elementi minimi di trasparenza da garantire nel rapporto con i cittadini in piena aderenza all'articolo 49 della Costituzione. Sarebbe senza dubbio in contrasto con la Costituzione, invece, una previsione normativa che prevedesse un'esclusione dalla competizione elettorale a carico di quelle forze politiche che non avessero adottato determinate norme organizzative volte a garantire il metodo democratico. A tal proposito, non sarebbe parimenti accettabile una disposizione che attribuisse al Ministero dell'interno di valutare discrezionalmente se un partito o movimento politico si attenga al metodo democratico. Giudica positivamente le norme contenute nella proposta di testo unificato del relatore riguardanti la trasparenza delle donazioni ricevute non soltanto dagli eletti, ma anche dai candidati. Quanto alla questione relativa alle fondazioni, concorda con il collega Sanna circa l'esistenza di una norma nel cosiddetto decreto Letta che già si occupa compiutamente del problema. Nel ricordare, a tal proposito, che la sua proposta di legge prevede anche una disposizione in materia di fondazioni, giudica complessivamente in modo positivo le norme in materia di trasparenza contenute nella proposta di testo unificato in discussione che, nel salvaguardare l'autonomia dei partiti, impongono comunque di fornire alcuni elementi minimi di trasparenza alle forze politiche. Esprime apprezzamento anche sulle norme in materia di anagrafe degli iscritti e su quelle in tema di trasparenza economica, pur suscettibili di essere migliorate in sede di presentazione delle proposte emendative.
Dore MISURACA (AP), pur dichiarandosi scettico circa la possibilità di favorire un clima di fiducia nei confronti della politica attraverso innovazioni legislative, esprime un giudizio positivo sul testo in esame, che persegue condivisibili obiettivi di trasparenza. Ritiene, in ogni caso, il testo migliorabile in alcuni aspetti, laddove, ad esempio, si affronta la questione delle erogazioni dichiarate mediante attestazione del rappresentante legale, figura che andrebbe identificata, a suo avviso, con maggiore precisione.
Matteo RICHETTI (PD), relatore, in risposta a talune osservazioni svolte nel corso del dibattito, osserva che la finalità del testo in esame non è certo quella di promuovere una strategia conflittuale tra partiti, ma di perseguire obiettivi di trasparenza a favore dei cittadini, proprio al fine di favorirne un riavvicinamento alla politica. Da questo punto di vista, ritiene innegabile che il testo rechi evidenti passi in avanti rispetto alla disciplina vigente, mettendo i cittadini nelle condizioni di acquisire fondamentali elementi di conoscenza, che non riguardano solo i finanziamenti dei partiti, ma anche la vita interna dei partiti medesimi. Si dichiara aperto ai contributi dei gruppi, al fine di migliorare la portata del provvedimento in taluni suoi aspetti, ragionando su eventuali proposte di modifica, ad esempio in materia di attribuzioni del Ministero dell'interno. Si dichiara, inoltre, sin da ora a favore di qualunque proposta di modifica che persegua l'obiettivo di semplificare e riordinare la disciplina vigente, considerata la sua particolare complessità. Sul piano più generale, ritiene che la sua Pag. 8proposta di testo unificato sia conforme al dettato costituzionale, dal momento che è stato espunto dal testo qualsiasi riferimento giuridico suscettibile di condizionare la partecipazione alle elezioni all'utilizzo di determinate modalità organizzative. Relativamente al tema delle fondazioni, ribadisce che non ha alcun pregiudizio di sorta nell'affrontarlo, purché ciò venga fatto secondo modalità corrette, richiamandosi a principi giuridici certi e partendo proprio dalla normativa già vigente.
La Commissione delibera di adottare come testo base per il seguito dell'esame il testo unificato delle proposte di legge elaborato dal relatore (vedi allegato).
Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Istituzione di una commissione di inchiesta monocamerale sullo stato della sicurezza e del degrado delle città italiane e delle loro periferie.
Doc. XII, n. 65 Lupi.
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 3 maggio 2016.
Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione delle pubbliche amministrazioni statali e locali e sugli investimenti complessivi riguardanti il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Doc. XXII, n. 42 Coppola.
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 4 maggio 2016.
Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire dichiara concluso l'esame preliminare. Ricorda che, come stabilito dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentati dei gruppi, il termine per la presentazione di emendamenti alla proposta di inchiesta parlamentare in esame è fissato al prossimo lunedì 9 maggio, alle ore 12. Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio.
C. 1037 Giammanco e C. 2705 Vezzali.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.
Gabriella GIAMMANCO (FI-PdL), relatrice, fa presente che le proposte di legge C. 1037 e C. 2705, entrambe di iniziativa parlamentare, prevedono l'introduzione di un sistema di videosorveglianza con telecamere a circuito chiuso per garantire la sicurezza in alcune strutture pubbliche e private, quali gli asili nido, le scuole dell'infanzia o le strutture socio-assistenziali, che ospitano categorie di soggetti particolarmente vulnerabili come bambini, disabili e anziani. La necessità di una regolamentazione della materia nasce, ad avviso dei proponenti, dall'aumento dei casi di maltrattamenti perpetrati a danno di bambini, anziani e disabili all'interno delle strutture che li ospitano. Citando solo gli episodi più recenti, ricorda le violenze a danno di anziani e disabili nel Centro riabilitativo di Potenza e le brutalità cui sono stati sottoposti i bimbi di un asilo nido di Grosseto e di uno di Roma. Fatti di tale inaudita efferatezza da aver spinto anche il Ministro dell'interno Angelino Pag. 9Alfano, nel corso di un question time presentato dalla deputata Vezzali, a manifestare, cita testualmente, la disponibilità del Governo a intervenire sulla materia.
In premessa, sottolinea che le proposte di legge in questione si prefiggono, innanzitutto, di aprire la strada alla possibilità di garantire uno strumento di tutela per i soggetti più deboli, per le loro famiglie e financo per gli operatori delle strutture sopracitate. La videosorveglianza potrebbe anche non diventare un obbligo di legge ma è necessario sia almeno lasciata la libera facoltà di utilizzarla a questo genere di istituti. È da sottolineare, inoltre, che quanto previsto dalle proposte in esame non prefigura in alcun modo il controllo a distanza dei lavoratori e non è lesivo della privacy dei soggetti coinvolti. Esiste, infatti, una tecnologia avanzata, di cui è disponibile ampia documentazione, che consente, mediante telecamere criptate, di registrare immagini visionabili, solo dopo formale denuncia e autorizzazione da parte del giudice, esclusivamente dalle forze dell'ordine.
Come ulteriore forma di tutela, è altresì necessario l'abbinamento di due codici numerici per la visione delle registrazioni visive, custoditi separatamente (uno presso la struttura interessata e l'altro presso un ente terzo certificatore del tutto indipendente). In questo modo sarebbe possibile trovare un equilibrio tra il diritto alla privacy e il dovere di fornire uno strumento di tutela ai soggetti più vulnerabili, osservando i principi di proporzionalità e necessità. Una soluzione che è già realtà presso il Centro smistamento di Poste Italiane di Peschiera Borromeo, dove le telecamere sono state installate in tutta l'area con il benestare di sindacati e lavoratori e l'autorizzazione del Ministero del lavoro. È di tutta evidenza che queste proposte di legge sono una base di partenza per successive modifiche e aggiustamenti necessari. I testi, per esempio, non prevedono capitoli di spesa, questo affinché l'argomento possa essere oggetto di dibattito in Commissione. Un'ipotesi potrebbe essere quella di istituire un fondo nazionale per i sistemi di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole d'infanzia statali, d'intesa tra il Ministero dell'interno e il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in modo da garantire una fase sperimentale di avvio dell'iniziativa per un periodo determinato. Invece, per le strutture private la spesa andrebbe sostenuta in maniera del tutto autonoma, senza oneri a carico dello Stato.
Ricorda che il trattamento dei dati personali effettuato mediante l'uso di sistemi di videosorveglianza non trova nel codice della privacy una regolamentazione specifica: l'articolo 134 del decreto legislativo n. 196 del 2003 si limita, infatti, a chiedere al Garante per la protezione dei dati personali di farsi promotore di codici di deontologia e di buona condotta. In assenza di previsioni legislative, il Garante ha dunque emanato una serie di provvedimenti generali, l'ultimo dei quali in data 8 aprile 2010, per delineare presupposti e modalità del trattamento di dati personali acquisiti tramite strumenti elettronici di rilevamento di immagini. In primo luogo, il Garante ha riconosciuto la liceità della videosorveglianza, purché ciò non determini un'ingerenza ingiustificata nei diritti e nelle libertà fondamentali degli interessati e purché il trattamento dei dati sia fondato su uno dei presupposti di liceità che il Codice prevede espressamente (per i soggetti pubblici, lo svolgimento di funzioni istituzionali; per i soggetti privati e gli enti pubblici economici ad esempio l'adempimento ad un obbligo di legge); ciascun sistema informativo ed il relativo programma informatico vengano conformati già in origine in modo da non utilizzare dati relativi a persone identificabili quando le finalità del trattamento possono essere realizzate impiegando solo dati anonimi; l'attività di videosorveglianza venga effettuata nel rispetto del cosiddetto principio di proporzionalità nella scelta delle modalità di ripresa e dislocazione, nonché nelle varie fasi del trattamento che deve comportare, comunque, un trattamento di dati pertinenti e non eccedenti Pag. 10rispetto alle finalità perseguite. Il Garante detta quindi prescrizioni per quanto riguarda l'informativa (gli interessati devono essere sempre informati che stanno per accedere in una zona videosorvegliata), la verifica preliminare del Garante medesimo, la designazione degli incaricati del trattamento e la durata dell'eventuale conservazione delle immagini. Principi specifici sono stati elaborati dal Garante in relazione agli istituti scolastici, gli asili nido e gli istituti di cura.
Per quanto concerne i profili relativi alla tutela della riservatezza dei lavoratori, occorre tuttavia tenere conto di quanto previsto dall'articolo 4 della legge n.300 del 1970 (Statuto dei lavoratori). Tale disposizione prevede che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali.
Le proposte di legge in esame devono dunque essere inquadrate nell'ambito della disciplina vigente dello Statuto dei lavoratori sulla tutela della riservatezza dei lavoratori e dei principi enucleati dal Garante per la protezione dei dati personali, con particolare riferimento all'introduzione di un sistema di videosorveglianza negli asili nido, nelle scuole dell'infanzia, nelle scuole e nelle strutture socio-assistenziali. L'intento di queste proposte non è, infatti, quello di controllare a distanza lavoratori che, nella stragrande maggioranza dei casi, adempiono ai loro doveri con serietà e autentica dedizione.
Passando al contenuto, entrambe le proposte di legge prevedono l'obbligo di installazione di un sistema di videosorveglianza a circuito chiuso all'interno degli asili nido e delle scuole dell'infanzia, sia pubblici che privati (articolo 1 della proposta di legge C. 1037 e articolo 1 della proposta di legge C. 2705).
La proposta di legge C. 2705 richiama la necessità di conformità alle prescrizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003. Si ricorda che il Codice della Privacy non detta disposizioni specifiche sulla videosorveglianza (se si esclude il rinvio ai codici deontologici previsto dall'articolo 134 già citato). In assenza di una regolamentazione legislativa, come sopra ricordato, è però intervenuto il Garante che, con provvedimenti generali, ha indicato agli operatori pubblici e privati i presupposti per poter affermare la liceità di un trattamento dei dati effettuato con telecamere.
Ricorda che, con il provvedimento dell'8 maggio 2013, il Garante ha affermato l'illiceità di un sistema di videosorveglianza tramite webcam in grado di consentire ai genitori il controllo a distanza dei propri figli minori durante il periodo di permanenza in asilo. Il Garante ha affermato la preminenza dell'interesse generale del minore quale criterio informatore delle scelte che lo riguardano anche sotto il profilo della tutela dei dati personali ed ha ammesso l'impiego di tali sistemi nei soli casi in cui l'installazione risulti effettivamente necessaria e proporzionata. Il Garante ha richiamato il parere espresso nel 2009 dal «Gruppo di lavoro articolo 29» (organo consultivo indipendente dell'UE per la tutela dei dati personali e della vita privata, istituito in virtù dell'articolo 29 della direttiva 95/46/CE), che ha ammesso la videosorveglianza nei soli casi in cui l'installazione risulti effettivamente necessaria e proporzionata, e la posizione della Commissione europea, espressa in occasione di un'interrogazione parlamentare formulata proprio in relazione alla tematica dell'installazione di sistemi di videosorveglianza presso gli asili nido. In tale occasione, la Commissione europea ha precisato che «l'installazione di sistemi di videosorveglianza per la protezione e la sicurezza di bambini e studenti nei centri per l'infanzia, negli asili nido e nelle scuole può essere un interesse legittimo, purché siano rispettati i principi della protezione dei dati, come i principi Pag. 11di necessità e proporzionalità stabiliti a livello nazionale ed europeo e fermo restando il monitoraggio delle competenti autorità di controllo nazionali della protezione dei dati». Il Garante ha quindi affermato che, in assenza di previsioni espresse, occorre dunque operare un bilanciamento tra valori fondamentali, quali la tutela della personalità dei minori (notoriamente «in fieri»), la libertà di scelta dei metodi educativi e d'insegnamento e la tutela della riservatezza dei soggetti ripresi dai sistemi di controllo. Ne consegue che la possibilità di installare sistemi di videosorveglianza presso gli asili nido deve essere valutata con estrema cautela, tenendo presenti i principi generali posti dal Codice, segnatamente, di necessità, proporzionalità, finalità e correttezza del trattamento (articoli 3 e 11 del codice). Sulla base di questi presupposti il Garante ha ritenuto illegittimo il trattamento dati tramite videosorveglianza nell'asilo nido in quanto motivato con la tutela della sicurezza delle persone e del patrimonio aziendale, senza che oggettivi pericoli per tale sicurezza fossero stati esposti, nonché con la necessità di soddisfare le «esigenze rappresentate dai genitori». Il Garante ha quindi concluso che nel caso di specie l'installazione della webcam all'interno dell'area didattica riservata ai minori non solo non poteva considerarsi necessaria, ma neanche proporzionata. In ogni caso, anche qualora l'installazione della webcam interna si fosse potuta ritenere effettivamente giustificata e proporzionata, il Garante ha escluso le forme di collegamento via web con il sistema, in quanto sprovviste di garanzie sufficienti per la tutela degli interessati.
Tuttavia, l'esempio citato non ha nulla a che fare, a suo avviso, con la ratio di queste proposte di legge che non intendono in alcun modo creare una sorta di «Grande Fratello», con tanto di dirette live a uso e consumo di genitori apprensivi; l'obiettivo, infatti, è solo quello di tutelare soggetti indifesi che non sono in grado di difendersi dagli abusi, e spesso nemmeno di denunciarli, semplicemente tramite un sistema di telecamere criptate e a circuito chiuso, le cui registrazioni sarebbero visionabili solo dalle forze dell'ordine dietro denuncia.
In relazione alla gestione del sistema di videosorveglianza, la proposta di legge C. 1037 stabilisce che essa sia affidata esclusivamente a personale dell'amministrazione comunale (articolo 1, comma 2), mentre la proposta di legge C. 2705 prevede tale modalità solo per le strutture pubbliche, stabilendo che in caso di strutture private la gestione del sistema è affidata a personale appartenente alla medesima struttura. Al fine di garantire la maggiore sicurezza degli utenti l'articolo 2 di entrambe le proposte di legge obbliga le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori, convenzionate o non convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, nonché quelle gestite direttamente dalle aziende sanitarie locali a carattere residenziale e semiresidenziale, a dotarsi di un sistema di telecamere a circuito chiuso.
L'installazione delle telecamere deve avvenire entro sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in esame (comma 1 e 2 della proposta C. 2705 che sottolinea che le misure proposte devono essere conformi a quanto stabilito dal Codice in materia di protezione dei dati personali – comma 1 della proposta di legge C.1037). Peraltro, ove si intendesse ricomprendere le strutture dedicate a tutte le aree della non autosufficienza e del disagio (fra le quali rientrano i malati psichiatrici e le dipendenze), le strutture elencate potrebbero essere identificate quali «presidi socio-sanitari e socio-assistenziali pubblici e privati accreditati, che erogano prestazioni residenziali e semiresidenziali». Il comma 2 dell'articolo 2 prevede apposite norme per le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
L'articolo 3 della proposta di legge C. 2705 individua le modalità per la realizzazione del sistema di videosorveglianza, distribuendo le competenze in relazione al carattere pubblico o privato delle strutture (commi 1 e 2). Per quanto concerne le strutture pubbliche, spetta alle amministrazioni comunali (per gli asili nido e le Pag. 12scuole dell'infanzia) e alle ASL (per le strutture socio-assistenziali) che devono: garantire che le strutture possiedano i requisiti urbanistici, edilizi, di prevenzione antincendio, di igiene e di sicurezza organizzativo-funzionali e di gestione del personale previsti dalla normativa vigente; provvedere all'installazione di telecamere a circuito chiuso nelle strutture di loro competenza.
Per quanto riguarda le strutture private, invece, la proposta prevede che provvedano all'installazione in via autonoma, dandone comunicazione alle amministrazioni comunali (in caso di asili nido e scuole dell'infanzia) e alle ASL (in caso di strutture socio-assistenziali). Ai sensi del comma 3, i criteri tecnico-organizzativi per l'attuazione del sistema di videosorveglianza sono definiti dai comuni e dalle ASL in modo tale da assicurare che la visione, la gestione e la custodia delle registrazioni realizzate nelle strutture siano affidate in via esclusiva al personale dei comuni (in caso di asili nido e scuole dell'infanzia) e delle ASL (in caso di strutture socio-assistenziali). L'articolo 3, comma 4, della proposta di legge C. 2705 prevede che l'installazione di sistemi di videosorveglianza con telecamere a circuito chiuso presso le scuole debba garantire il diritto dello studente alla riservatezza e tener conto della delicatezza del trattamento di dati relativi a minori.
L'articolo 4 della proposta di legge 2705 dispone infine che l'amministrazione comunale adotta specifici accorgimenti e, in particolare, definisce, in accordo con il dirigente scolastico, gli orari di funzionamento delle telecamere a circuito chiuso nel caso di attività svolte all'interno dell'istituto da personale esterno.
Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, in generale l'installazione di impianti di videosorveglianza per finalità di sicurezza appare riconducibile alle materia «ordine pubblico e sicurezza», rimessa alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, anche con riguardo alle possibili forme di coordinamento con le Regioni (articoli 117, secondo comma, lettera h), e 118, terzo comma, della Costituzione). Viene altresì in rilievo la materia «ordinamento civile», attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera l). Le proposte di legge incidono altresì su profili attinenti alle materie «istruzione» e «tutela della salute», di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni e «politiche sociali», ascritta alla competenza residuale regionale.
Elio VITO (FI-PdL), intervenendo sull'ordine dei lavori, fa presente che alla XI Commissione è stata assegnata la proposta di legge C. 3629 De Girolamo recante «Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio e altre disposizioni in materia di requisiti di idoneità psico-attitudinale del personale scolastico e sanitario», che concerne, a suo avviso, materia analoga a quella trattata dalle proposte di legge C. 1037 e C. 2705 in esame. Ritiene opportuno che la Commissione valuti le modalità atte ad assicurare una trattazione contestuale di tutti i provvedimenti vertenti sul medesimo argomento.
Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, fa notare che la questione posta dal deputato Vito sarà affrontata nella riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, prevista come ultimo punto all'ordine del giorno.
Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD) esprime perplessità, anche in virtù della sua esperienza di sindaco, circa l'utilizzo delle videocamere in luoghi come le scuole, poiché si rischia di ingenerare nelle famiglie sfiducia nei confronti di coloro i quali devono garantire i necessari controlli. Giudica opportuno svolgere audizioni anche, ad esempio, con le associazioni dei pedagogisti per comprendere al meglio le questioni sottese alle proposte in discussione. Evidenzia inoltre che sarebbe più giusto affidare alle autorità competenti il compito di introdurre telecamere nelle Pag. 13scuole o negli asili nido a fronte del concreto sospetto di episodi di maltrattamento. Ribadisce, infatti, che è necessario evitare un ulteriore colpo alla credibilità degli amministratori locali e degli insegnanti.
Emanuele FIANO (PD), pur condividendo le finalità del provvedimento, nutre perplessità su taluni suoi aspetti, che ritiene possano, in alcuni casi, presentare persino delicati profili di legittimità costituzionale. Nutre dubbi, ad esempio, sulla possibilità di derogare allo statuto dei lavoratori, a prescindere dall'applicazione delle procedure previste dalla normativa vigente. Oltre a condividere quanto testé affermato dalla deputata Gasparini, non comprende quali siano i soggetti responsabili chiamati ad assumere le decisioni in materia.
Elena CENTEMERO (FI-PdL), nel ringraziare la relatrice per l'introduzione svolta, ritiene necessario un approfondimento sulle norme in esame. La prima questione che sottolinea, anche in ragione della sua esperienza di dirigente scolastico, riguarda la sostenibilità finanziaria delle proposte in discussione. Osserva, inoltre, che le disposizioni in esame intervengono sugli asili nido e sulle scuole dell'infanzia che verosimilmente saranno oggetto di una ampia riforma, da parte del Governo, in attuazione della delega per riformare il sistema scolastico da zero a sei anni prevista dalla cosiddetta legge sulla buona scuola. Ritiene necessario un approfondimento con il Garante per la protezione dei dati personali circa il rispetto della normativa sulla privacy. Sarebbe a suo avviso opportuno prevedere norme che supportino il dirigente scolastico nella sua attività di vigilanza ed individuazione delle criticità negli istituti. Auspica lo svolgimento di audizioni finalizzate a studiare possibili miglioramenti alle proposte in discussione in un'ottica di tutela delle famiglie e dei minori.
Gabriella GIAMMANCO (FI-PdL), relatrice, nel dichiarare di essere disponibile a valutare i contributi che i gruppi intenderanno proporre, in risposta a talune osservazioni svolte nel dibattito, fa notare che i provvedimenti in esame consentono agli asili nido, alle scuole dell'infanzia e ad altre strutture socio assistenziali di dotarsi di strumenti tecnologicamente avanzati – peraltro già utilizzati in altri ambiti – volti a tutelare la sicurezza degli stessi operatori del settore, nel pieno rispetto della privacy, considerato il ricorso a sistemi di criptatura all'avanguardia. Dopo aver osservato che un chiarimento più esauriente sugli aspetti più delicati del provvedimento potrà derivare dal contributo dei soggetti interessati, che auspica possano essere ascoltati in audizione in Commissione, ribadisce che il provvedimento non reca alcuna forma di sorveglianza a distanza dei lavoratori, giacché prevede semplicemente la possibilità di attivare immediatamente, solo a seguito della presentazione di una denuncia, uno strumento utile per le indagini, a tutela delle persone coinvolte. Ritiene, pertanto, che i provvedimenti, seppur suscettibili di miglioramenti, rechino già un equilibrato compromesso tra il diritto alla privacy e le esigenze di salvaguardia della sicurezza degli operatori del settore.
Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Disposizioni per il coordinamento in materia di politiche integrate per la sicurezza e di polizia locale.
C. 1529 Rampelli, C. 1825 Naccarato, C. 1895 Polverini, C. 1935 Sandra Savino, C. 2020 Guidesi, C. 2406 Lombardi, C. 3164 Cirielli e C. 3396 Greco.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.
Alessandro NACCARATO (PD), relatore, fa presente che le proposte di legge C. 1825, 1895, 1935, 2020, 2406 e 3164 hanno Pag. 14ad oggetto il coordinamento tra Stato e regioni in materia di ordine pubblico e sicurezza (di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera h) della Costituzione) e la disciplina della polizia locale (anch'essa di competenza legislativa statale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione in quanto funzione fondamentale degli enti locali). Obiettivo dell'intervento legislativo consiste nella realizzazione di una politica integrata per la sicurezza, in cui tutti i soggetti istituzionali, comuni, province, città metropolitane, regioni (anche quelle a statuto speciale in conformità con gli statuti) e lo Stato concorrono alla realizzazione di tale politica, ciascuno nell'ambito delle rispettive competenze e sulla base di specifici accordi regolati dalla legge.
Le proposte provvedono poi a definire l'oggetto dell'intervento legislativo. Da rilevare, la definizione delle politiche locali per la sicurezza, intese come l'insieme delle azioni per promuovere la sicurezza nelle città e nel territorio regionale, attraverso le competenze delle autonomie territoriali (enti locali e regioni), e delle politiche integrate per la sicurezza, intese come le attività finalizzate a integrare le politiche locali con le competenze dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza. Le proposte C. 1825 e C. 1895, definiscono anche il concetto di sicurezza urbana consistente nel complesso dei beni giuridici, economici e sociali che concorrono a costituire la comunità locale. Anche la proposta C. 2020 fornisce una definizione di sicurezza urbana, intesa come il complesso degli interventi finalizzati a promuovere un ordinato svolgimento ed un miglioramento della vita delle comunità territoriali.
Quanto al coordinamento delle politiche integrate della sicurezza e, ai poteri di ordinanza del sindaco e regolamenti di polizia urbana, le proposte di legge C. 1825, 1895 e 2406, dispongono, in maniera sostanzialmente analoga, in ordine ai compiti in materia di sicurezza del sindaco e del consiglio comunale. Per quanto riguarda il sindaco, le tre proposte intervengono sui poteri di ordinanza disciplinati attualmente dall'articolo 54 del testo unico in materia di enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000), come modificato dal decreto-legge n. 92 del 2008 (articolo 6). Tale disposizione prevede la possibilità del sindaco di adottare provvedimenti anche contingibili e urgenti per prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano la sicurezza urbana, previa comunicazione al prefetto. L'ambito di applicazione del potere di ordinanza è demandato ad un decreto del Ministro dell'interno (articolo 54, comma 4-bis TUEL), adottato l'8 agosto 2008.
Le citate proposte di legge provvedono ad individuare direttamente per legge l'ambito di applicazione del potere di ordinanza, riproducendo all'articolo 54, comma 4-bis del TUEL, pressoché testualmente, il testo dell'articolo 2 del citato decreto ministeriale dell'8 agosto 2008.
Le violazioni alle ordinanze sono punite con la sanzione amministrativa da 100 a 500 euro da applicare ai sensi della legge n. 689 del 1981 recante modifica al sistema penale (C. 1825 e C. 2406) ovvero (C. 1895) ai sensi dell'articolo 650 del codice penale. La proposta di legge C. 2020 interviene in materia analoga, sopprimendo il riferimento alla sicurezza urbana nell'articolo 54 del TUEL e prevedendo una disposizione ad hoc che disciplina il potere di ordinanza del sindaco (articolo 4, comma 2). Inoltre, la proposta C. 2020 prevede che i comuni individuino gli ambiti territoriali nei quali è ammessa la localizzazione dei call-center, degli esercizi commerciali e dei servizi pubblici (articolo 5).
Le proposte di legge C. 1825, 1895 e 2406 stabiliscono che i consigli comunali adottino specifici regolamenti comunali di polizia urbana per prevenire e contrastare i fenomeni di degrado urbano. Anche in questo caso le proposte di legge differiscono in quanto ai profili sanzionatori relativi alle violazioni del regolamento.
Quanto alle politiche integrate per la sicurezza, i soggetti coinvolti sono gli enti locali, le regioni, le autorità provinciali di pubblica sicurezza (prefetto e questore) e Pag. 15il Ministro dell'interno. Le autorità locali hanno essenzialmente due funzioni: promuovere accordi con le autorità provinciali di pubblica sicurezza; concordare (secondo le proposte C. 1825 e 1895) o disporre (secondo le proposte C. 1935, 2406 e 3164) su richiesta delle autorità di pubblica sicurezza modalità di collaborazione tra polizia locale e forze di polizia statali su specifici progetti o in seguito agli accordi di cui sopra. Per quanto riguarda le regioni, la sola proposta C. 3164 affida al presidente della regione gli stessi compiti dei sindaci (in questo caso non si fa riferimento a provincia e a città metropolitana), oltre a compiti di promozione degli accordi e del loro coordinamento nel territorio regionale. Le altre proposte di legge prevedono la facoltà delle regioni (e non l'obbligo) di stipulare gli accordi, che in ogni caso sono concordati con il Ministro dell'interno e non con le autorità di pubblica sicurezza. Inoltre, il Ministro dell'interno d'intesa con i presidenti delle regioni può promuovere la conclusione di accordi quadro per il coordinamento nel territorio regionale delle politiche integrate per la sicurezza. Il nucleo centrale delle politiche integrate per la sicurezza è costituito dagli accordi di sicurezza urbana tra i diversi livelli di governo che le proposte in esame disciplinano in dettaglio. Si tratta di una evoluzione dei patti per la sicurezza stipulati fin dal 1997 e che hanno trovato una base normativa anni dopo con la legge finanziaria 2007 che ha autorizzato i prefetti a stipulare convenzioni con le regioni e gli enti locali per realizzare programmi straordinari per incrementare i servizi di polizia, di soccorso tecnico urgente e per la tutela della sicurezza dei cittadini, accedendo alle risorse logistiche, strumentali o finanziarie che le regioni e gli enti locali intendono destinare nel loro territorio per questi scopi (comma 439 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006). Le proposte in esame individuano dettagliatamente i contenuti di tali accordi.
Un primo gruppo di contenuti riguarda le forme di collaborazione a livello territoriale tra le forze di polizia locale e le Forze di polizia statali (ossia principalmente Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza) presenti nel territorio.
Le proposte di legge individuano, accanto agli accordi, ulteriori strumenti per l'attuazione delle politiche integrate di sicurezza, quali: la verifica semestrale dello stato di attuazione degli accordi, anche in sede di Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, da parte dei soggetti che li hanno sottoscritti; la verifica complessiva degli accordi da parte della Conferenza unificata, che istituisce un apposito comitato tecnico di monitoraggio composto da tre rappresentanti del Ministero dell'interno e da tre rappresentanti delle autonomie territoriali (regioni, province, comuni); l'attività di scambio di informazioni tra i diversi livelli di governo presenti nel territorio anche al di fuori degli accordi; la conferenza regionale in materia di sicurezza integrata; alcune proposte prevedono che debba tenersi in ogni regione annualmente, che sia convocata a presieduta dal Ministro dell'interno e che veda la partecipazione dei soggetti individuati dal Ministro stesso e dal presidente della regione interessata. La sola proposta C. 3164 si concentra su due di questi strumenti: la conferenza regionale, di cui demanda la disciplina alla legge regionale (come anche la proposta C. 2020), e l'attività di informazione territoriale (articoli 5 e 6). Inoltre, la medesima proposta di legge (articolo 7) prevede che, ai fini dell'attività delle conferenze regionali e della stipula degli accordi, il Ministero dell'interno, provvede a: identificare le risorse di personale della Polizia di Stato e dei Carabinieri destinate alla sicurezza della singola regione (ad esclusione di quelle destinate a funzioni nazionali); a comunicare ai sindaci dei comuni capoluogo e ai presidenti di regione le risorse destinate alle regioni per le medesime finalità. La proposta di legge C. 3164 prevede inoltre una forma di cooperazione tra le forze di polizia locali e statali con l'istituzione di periodici incontri di lavoro, convocati dal prefetto, tra comandanti dei corpi di polizia locale e i comandanti delle Forze di polizia statali (articolo 16). Pag. 16
Le proposte di legge C. 1825, 1895, 1935, 2020, 2406 e 3164, oltre a regolamentare le politiche integrate per la sicurezza recano una disciplina organica della polizia locale in sostituzione di quella contenuta nella legge quadro del 1986. La sola C. 2020 (articolo 7) prevede disposizioni specifiche in materia di polizia provinciale. Le proposte di legge individuano dettagliatamente le funzioni di polizia locale intese come l'insieme delle attività di prevenzione e di contrasto delle situazioni e dei comportamenti che violano le leggi statali o regionali, o i regolamenti locali.
Inoltre, alcune proposte prevedono che le funzioni di polizia locale spettano ai comuni, alle province e alle città metropolitane secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza che sovrintendono all'esercizio delle funzioni proprie degli enti locali (in base a quanto previsto dall'articolo 118, primo comma, della Costituzione). Infine, lo Stato e le regioni, secondo le rispettive competenze, possono, con legge, conferire ulteriori funzioni in materia di sicurezza (come previsto dal citato articolo 118, secondo comma, della Costituzione).
Le proposte di legge individuano inoltre le qualifiche del personale di polizia locale articolate in ruoli. In generale le proposte prevedono i seguenti ruoli, conferiti dal sindaco, dal presidente della provincia e dal presidente della città metropolitana: agente; sottufficiale; ufficiale; comandante. La proposta C. 1895 prevede anche i ruoli di ufficiale superiore e ufficiale dirigente. La proposta C. 2020 prevede una diversa articolazione: agente, sovrintendente, ispettore, funzionario e comandante. I ruoli di cui sopra sono comprensivi anche delle qualifiche di: agente di polizia giudiziaria; agente di pubblica sicurezza; agente di polizia tributaria La proposta C. 1895 prevede anche la qualifica di agente polizia stradale, mentre la proposta C. 2406 solo la qualifica di agente di pubblica sicurezza.
Quattro delle proposte di legge – C. 1825, 1895, 1935 e 2406 – prevedono che la qualità di agente di pubblica sicurezza sia conferita dal prefetto su indicazione del sindaco, presidente di provincia o presidente di città metropolitana, previa verifica del possesso di determinati requisiti, quali il godimento dei diritti civili e politici e l'assenza di: condanne definitive per delitto non colposo; sottoposizione a misure di prevenzione; dichiarazione di obiezione di coscienza; espulsione delle Forze armate licenziamento da pubblici uffici. La proposta C. 3164 prevede che l'attribuzione della qualifica di agente di polizia locale sia sottoposta alla verifica di determinati requisiti: sostanzialmente quelli di cui sopra e quelli ulteriori psico-attitudinali eventualmente definiti con decreto del Presidene del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Le proposte stabiliscono inoltre le modalità di perdita della qualità di agente di pubblica sicurezza; la formazione uniforme del personale di polizia locale; la responsabilità del comandante del corpo di polizia locale della disciplina, della formazione e dell'impiego del personale; la limitazione dei distacchi e dei comandi. Il comandante del corpo può essere scelto tra coloro in possesso di comprovata esperienza inseriti in appositi elenchi regionali.
La proposta C. 3164 prevede ulteriori disposizioni, tra cui l'obbligo di conferire l'incarico di comandante di polizia locale esclusivamente al personale facente parte delle forze di polizia locale. Inoltre, si prevede una dotazione organica minima di ciascun corpo di polizia locale che deve essere composto da almeno 10 operatori oltre il comandante.
Le proposte di legge C. 1825, 1895, 1935, 2020, 2406 e 3164 prevedono che i comuni, singoli o associati, le province e le città metropolitane costituiscono necessariamente corpi di polizia locale. Nell'ottica dell'integrazione delle politiche di sicurezza, le proposte individuano specifici compiti e funzioni dei diversi livelli di governo in materia di corpi di polizia locale: gli enti locali impartiscono direttive e vigilano sul funzionamento del corpo e definiscono con regolamento l'organizzazione della polizia locale; le autorità di pubblica sicurezza (prefetti e questori) Pag. 17dirigono il personale della polizia locale per le attività derivanti dagli accordi per la sicurezza di cui sopra e (i prefetti) ricevono i regolamenti dei corpi che trasmettono al ministero dell'interno; l'autorità giudiziaria può avvalersi di personale di polizia locale anche in ottemperanza di appositi accordi con gli enti locali; le regioni, nell'ambito della potestà legislativa esclusiva in materia di polizia amministrativa locale, definiscono requisiti unitari per l'istituzione e per l'organizzazione, anche in forma associata, dei corpi di polizia locale; in particolare definiscono l'ordinamento della polizia locale e modalità e tempi di istituzione dei corpi (che devono avere almeno 15 operatori); definiscono le caratteristiche dei mezzi, degli strumenti operativi, delle uniformi e dei distintivi (distinguibili da quelli delle Forze di polizia statali), le modalità di formazione; istituiscono e aggiornano gli elenchi regionali dei comandanti dei corpi di polizia locale e degli idonei allo svolgimento di tale funzione; istituiscono corsi di formazione per i comandanti.
La proposta C. 3164 prevede l'istituzione da parte delle regioni di accademie regionali di polizia locale per la formazione professionale del personale (articolo 22). Inoltre, per promuovere l'esercizio associato delle funzioni di polizia locale, le regioni disciplinano l'istituzione di corpi di polizia locale intercomunale che per diverse delle proposte in esame sono obbligatori nei comuni con popolazione sopra una certa soglia, da 5.000 a 15.000 abitanti a seconda delle diverse proposte. La proposta C. 3164 (articolo 13) disciplina in dettaglio l'esercizio associato delle funzioni di polizia, che è reso obbligatorio per i comuni con meno di 10 dipendenti, prevedendo il potere sostitutivo delle regioni in caso di inottemperanza. Si ricorda che a legislazione vigente l'esercizio associato di tutte le funzioni fondamentali (compresa la polizia locale) è obbligatorio per i comuni fino a 5.000 abitanti (3.000 se appartenenti a comunità montane). La proposta C. 2020 al riguardo rinvia alla disciplina vigente e prevede l'istituzione di un fondo incentivante di 4 milioni annui.
Le proposte C. 1825, 1895 e 1935 contengono un'interpretazione autentica del comma 133 dell'articolo 17 della legge n. 127 del 1997 che estende al personale ispettivo delle aziende del servizio pubblico locale il potere di prevenire e di sanzionare le violazioni dei divieti di sosta e di fermata previsti dal codice della strada, di disporre la rimozione di veicoli (qualora ostacolino la circolazione su corsie riservate al trasporto pubblico) nonché le violazioni delle norme relative alla circolazione su corsie riservate e sulla sosta in aree riservate. Si precisa altresì l'ambito nel quale le potestà sanzionatorie relative alle violazioni dei divieti di sosta e fermata possano essere contestate dai dipendenti di società di gestione dei parcheggi, e le modalità secondo le quali devono essere effettuate le contestazioni. Inoltre, le proposte C. 1825, 1895 e 2406 introducono alcune novelle al codice della strada volte a consentire lo svolgimento di funzioni di polizia stradale, nell'ambito di gare ciclistiche, al personale abilitato a svolgere servizi di scorta nelle competizioni ciclistiche e podistiche prevedendo altresì che alcune funzioni di polizia stradale possano essere svolte, in determinati casi (lavori, depositi, fiere, spettacoli, ecc.) da personale abilitato (dipendenti da società autorizzate dal prefetto), definendo altresì le modalità e i requisiti dell'abilitazione. Si prevede infine che alcune sanzioni nell'ambito delle autostrade e delle relative pertinenze possano essere contestate da dipendenti delle società concessionarie, anch'esse abilitate secondo le modalità sopra indicate.
Le proposte di legge C. 1825, 1895, 1935, 2020, 2406 e 3164 prevedono inoltre diverse altre disposizioni, tra cui si segnalano le seguenti: permesso di porto d'armi anche senza licenza per il personale della polizia locale con modalità da definirsi con regolamento del Ministero dell'Interno (per la proposta C. 1935 il permesso è limitato al personale con la qualifica di agente di pubblica sicurezza); patente di servizio obbligatoria per i condurre i veicoli in dotazione della polizia locale che devono essere dotati di speciali targhe di Pag. 18identificazione; esenzione dal pagamento del canone per le radio della polizia locale (C. 1935 e 3165); istituzione di un numero telefonico unico per l'accesso alle sale operative dei corpi di polizia locale disciplinato con decreto del Ministero dello sviluppo economico; applicazione dei contratti di collettivi nazionali di lavoro al rapporto di lavoro del personale di polizia locale, integrati con apposite misure di valorizzazione della specificità professionale e una quota di salario accessorio, anche utilizzando fonti di finanziamento aggiuntive derivanti da entrate a specifica destinazione; le proposte C. 1935 e 2406 prevedono una delega al Governo per la disciplina dei contenuti del rapporto di impiego del personale di polizia locale; previsione di apposite misure di tutela, previdenziali e assicurative, tra cui l'estensione al personale della polizia locale della disciplina vigente per le Forze di polizia in materia di benefici per le vittime del dovere e la creazione di una specifica classe di rischio contro gli infortuni del lavoro; accesso della polizia locale a banche dati pubbliche, tra cui quelle del pubblico registro automobilistico.
Le proposte C. 2020 e 3164 prevedono la partecipazione dei privati alla sicurezza urbana: la prima attraverso la collaborazione di associazioni di cittadini non armati per la segnalazione di eventi che possano recare danno alla sicurezza urbana; la seconda mediante l'utilizzo di forme di volontariato, volto a realizzare una «presenza attiva» nel territorio, in aggiunta alla polizia locale, anche attraverso convenzioni con le associazioni di volontariato. La proposta C. 2020 prevede inoltre l'utilizzo dei sistemi di videosorveglianza da parte dei comuni, mentre la proposta C. 3164 coinvolge gli istituti di vigilanza privata che possono essere utilizzati dagli enti locali ad integrazione della polizia locale, per funzioni di mera vigilanza. Chiudono le proposte di legge in esame una serie di disposizioni transitorie e finali, tra cui si richiama la previsione dell'adeguamento, entro sei mesi dalla entrata in vigore del provvedimento, della normativa regionale. Si prevede poi che al personale della polizia locale già in servizio alla data di entrata in vigore della legge mantenga le funzioni e le qualifiche possedute in presenza dei requisiti prescritti e che ad esso spetti la patente di servizi.
Le proposte di legge C. 1935 e 3164 recano una norma di copertura per il finanziamento degli accordi di sicurezza urbana il cui onere è calcolato, rispettivamente, in 3 milioni e 1 milione all'anno per 3 anni. Infine, quasi tutte le proposte abrogano interamente la legge quadro sulla polizia locale (legge n. 65 del 1986) e modificano diverse disposizioni vigenti, tra le quali si ricordano: articolo 57 c.p.p., al fine di comprendere tra gli ufficiali di polizia giudiziaria, i comandanti, i responsabili di area, gli addetti al coordinamento e controllo e gli addetti al controllo appartenenti alla polizia locale e per prevedere il mantenimento da parte degli agenti di polizia locale della qualità di agenti di polizia giudiziaria anche quando non sono in servizio; articolo 636, comma 1, del codice militare (decreto legislativo n. 66 del 2010), al fine di estendere anche alla polizia locale il divieto per gli obiettori di coscienza che sono stati ammessi a prestare servizio civile a partecipare a qualsiasi procedura per l'arruolamento nelle Forze armate e nelle Forze di polizia a ordinamento militare o per l'assunzione nelle Forze di polizia a ordinamento civile; articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008, al fine di estendere anche al corpo di polizia, la disposizione che prevede l'applicazione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative; articolo 24, comma 6, lettera c) della legge n. 241 del 1990, al fine di prevedere la possibilità, con regolamento governativo, di escludere dal diritto di accesso anche gli atti relativi all'adozione e attuazione delle ordinanze sindacali in materia di sicurezza urbana; articolo 20, 2o comma, della legge n. 121 del 1981, prevedendo la partecipazione di diritto del comandante del corpo di polizia locale del Pag. 19comune capoluogo al comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, che, si ricorda, attualmente è presieduto dal prefetto ed è composto dal questore, dal sindaco del comune capoluogo e dal presidente della provincia, dai comandanti provinciali dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, e del Corpo forestale dello Stato, nonché dai sindaci degli altri comuni interessati, quando devono trattarsi questioni riferibili ai rispettivi ambiti territoriali.
Passando alla proposta di legge C. 1529 Rampelli, essa reca disposizioni volte a disciplinare l'esercizio delle funzioni di polizia locale attribuite ai comuni e alle province, da attuare in forma singola o associata. La proposta prevede, in particolare, che i comuni che dispongono di un numero inferiore a 5 addetti al servizio di polizia locale provvedono a istituire strutture di gestione associativa del servizio stesso, che assumono la forma giuridica dei consorzi. La proposta disciplina poi le funzioni del sindaco e il presidente della provincia quali garanti dell'autonomia e del buon funzionamento dei corpi e dei servizi di polizia locale nell'ambito delle rispettive competenze. Sono disciplinate le funzioni del comandante del corpo di polizia locale – responsabile della gestione delle risorse umane, strumentali e finanziarie di cui alla proposta di legge nonché dell'addestramento, della disciplina e dell'impiego tecnico-operativo degli appartenenti al corpo, rispondendone al sindaco o al presidente della provincia – e del responsabile del servizio di polizia locale, nel caso in cui sia istituito un servizio di polizia locale, ovvero nel caso di un consorzio intercomunale. Detta altresì disposizioni sui compiti e sulle attività che i corpi e i servizi di polizia locale svolgono nell'ambito delle proprie competenze.
Sono altresì disciplinate dalla proposta di legge – in relazione agli appartenenti ai corpi e ai servizi di polizia locale – le funzioni di polizia giudiziaria, di pubblica sicurezza, di polizia stradale e i servizi specialistici, ovvero specializzati, di prevenzione, di repressione e di vigilanza in materia di violazioni alla disciplina del commercio, stanziale e ambulante, della sanità, della tutela ambientale e dei tributi locali, fatte salve le competenze di accertamento e di esazione riservate agli organi statali. Sono quindi attribuiti alla legislazione regionale compiti e funzioni nell'ambito delle relative attribuzioni e competenze di polizia amministrativa regionale e locale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione. Per la realizzazione dei relativi compiti è previsto che le regioni istituiscano il dipartimento della polizia locale attribuendo ad esso le relative funzioni e il consiglio regionale di polizia locale, formato dai rappresentanti dei corpi e dei servizi di polizia locale, comunali e provinciali, presenti nel territorio di pertinenza, determinandone con regolamento la composizione, il funzionamento, i compiti e i poteri.
Ai regolamenti di polizia locale adottati dai comuni e dalle province, nell'ambito delle loro attribuzioni e nel rispetto della legislazione ordinaria e regionale, è attribuita la disciplina dell'ordinamento del rispettivo corpo o servizio di polizia locale, le procedure di accesso e gli ulteriori profili connessi. Con regolamento del comune e della provincia, sono altresì stabiliti: il contingente numerico degli addetti ai rispettivi corpi e ai servizi di polizia locale, in rapporto al numero degli abitanti, ai flussi di popolazione, all'estensione e alla morfologia del territorio, nonché ai tassi d'incidenza dei fenomeni criminali e di criticità della sicurezza; il tipo di organizzazione del corpo o del servizio di polizia locale, compreso quello a gestione consortile obbligatoria. La proposta di legge detta poi criteri generali ai fini dell'organizzazione dei corpi e i servizi di polizia locale e disposizioni sull'armamento del personale che espleta funzioni di polizia.
La proposta disciplina inoltre lo stato giuridico degli appartenenti ai corpi e ai servizi di polizia locale, il loro rapporto di lavoro, le qualifiche gerarchiche e funzionali, i diritti sindacali e di rappresentanza, la contrattazione collettiva, nonché le forme e le modalità di tutela dell'autonomia, Pag. 20dell'identità e della dignità professionali inerenti l'espletamento dei compiti d'istituto. È stabilito che al personale della polizia locale competa il trattamento economico spettante agli appartenenti alla Polizia di Stato e organi equiparati e che sia sottoposto al regime del contratto collettivo nazionale di lavoro di diritto pubblico previsto per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile. A tal fine, è istituito l'Ente nazionale di assistenza e promozione sociale per il personale della polizia locale in servizio e in quiescenza, alle dipendenze della Presidenza del Consiglio e sono dettate norme transitorie. Al fine di garantire la formazione e l'aggiornamento del personale della polizia locale, la proposta prevede che ogni regione istituisca le scuole regionali di polizia locale dotate di idonee attrezzature tecniche e logistiche nonché di corpi docenti altamente qualificati. Sono quindi dettate norme sui doveri e il comportamento degli appartenenti ai corpi e ai servizi di polizia locale e le relative procedure e sanzioni disciplinari. La proposta di legge disciplina infine le forme e le modalità dei rapporti di reciproca collaborazione tra gli organi della polizia locale e quelli delle Forze di polizia dello Stato. È quindi disposta l'istituzione del Consiglio nazionale della polizia locale, quale organismo consultivo del Ministero dell'interno, della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, dei presidenti delle regioni e dei consigli regionali, dei presidenti delle province e dei consigli provinciali, dei sindaci e dei consigli comunali, nonché dei comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica. Sono infine dettate le disposizioni modificative e abrogative della normativa vigente per adeguarle alle previsioni della proposta di legge.
La proposta di legge C. 3396 Greco reca una delega al Governo per l'adozione, entro sei mesi della data di entrata in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi finalizzati a rendere più efficienti le politiche integrate in materia di sicurezza tra lo Stato, le regioni e gli enti locali e a valorizzare il ruolo svolto dagli operatori dei corpi di polizia locale. I princìpi e i criteri direttivi previsti ai fini dell'attuazione della delega riguardano in particolare: – l'armonizzazione e l'adeguamento dei compiti e delle funzioni della polizia locale con quelli delle Forze di polizia dello Stato, anche prevedendone l'inserimento nel comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico; – l'adeguamento delle strutture e degli strumenti propri degli agenti di polizia locale e degli strumenti in dotazione alle Forze di polizia dello Stato; – l'equiparazione – per il personale appartenente ai corpi di polizia locale rispetto alle Forze di polizia dello Stato – dei livelli e delle qualifiche occupazionali (sotto il profilo giuridico e dei trattamenti economici), dei trattamenti previdenziali, assistenziali e infortunistici.
Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, a seguito della riforma costituzionale del titolo V del 2001, la materia polizia amministrativa locale è stata attribuita alla competenza residuale delle regioni (articolo 117, secondo comma, lettera h), e quarto comma, della Costituzione). Sul tema, la Corte costituzionale ha in ogni modo affermato che le «auspicabili forme di collaborazione tra apparati statali, regionali e degli enti locali volti a migliorare le condizioni di sicurezza dei cittadini e del territorio non possono essere disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalle regioni, nemmeno nell'esercizio della loro potestà legislativa» (sentenza n. 134 del 2004; sentenze n. 10 del 2008, n. 322 del 2006, n. 429 del 2004). Quanto alla necessità di una collaborazione fra forze di polizia municipale e forze di polizia di Stato, l'articolo 118, comma 3, della Costituzione, ha provveduto espressamente a demandare alla legge statale il compito di disciplinare eventuali forme di coordinamento nella materia dell'ordine pubblico e della sicurezza. Le previsioni delle proposte di legge devono essere dunque inquadrate nell'ambito della citata previsione costituzionale e della relativa giurisprudenza costituzionale.
Quanto all'incidenza delle proposte sull'ordinamento giuridico, giova ricordare Pag. 21che la legge di riforma della PA (legge n. 124 del 2015) delega il Governo – all'articolo 8 – all'adozione di uno o più decreti legislativi, entro il 28 agosto 2016, per la razionalizzazione delle funzioni di polizia, intervenendo altresì sul riordino dei corpi di polizia provinciale in linea con la definizione dell'assetto delle funzioni disposto dalla cosiddetta legge Delrio (legge n. 56 del 2014), escludendo in ogni caso la confluenza presso le forze di polizia. Ai fini delle proposte di legge in commento, occorre altresì tenere conto del quadro di riforma in atto relativamente al riordino delle province e delle funzioni provinciali, avviato con la legge n. 56 del 2014, con specifico riguardo alle previsioni delle proposte di legge che attengono ai «corpi di polizia provinciale». In particolare, come già ricordato, con il decreto legge n. 78 del 2015, recante disposizioni in materia di enti territoriali, è stato disposto (articolo 5) il transito del personale appartenente al Corpo ed ai servizi di polizia provinciale, nei ruoli degli enti locali per funzioni di polizia municipale.
Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione.
C. 3773 Governo, approvato dal Senato.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.
Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, fa presente che il disegno di legge in esame, approvato dal Senato, intende regolare i rapporti tra lo Stato Italiano e l'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, in attuazione dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, sulla base dell'intesa stipulata il 27 giugno 2015, sottoscritta dal Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, e dal Presidente l'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, Tamptsu Nakajima.
L'articolo 8, terzo comma, della Costituzione stabilisce che i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla cattolica sono regolati per legge, sulla base di intese con le relative rappresentanze. In base a tale disposizione sono state approvate intese tra lo Stato e le Chiese rappresentate dalla Tavola Valdese, le Assemblee di Dio in Italia, la Chiesa Cristiana Avventista del 7o giorno, l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia, la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d'Italia ed Esarcato per l'Europa Meridionale, la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi giorni, la Chiesa Apostolica in Italia, l'Unione Buddhista italiana e l'Unione Induista Italiana.
Il testo dell'intesa è stato elaborato dalla Commissione interministeriale per le intese con le confessioni religiose, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, integrata dai rappresentanti dell'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. Dopo aver ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica con decreto del Presidente della Repubblica del 20 novembre 2000, nel 2001 l'Istituto chiese l'avvio delle trattative per l'intesa. L'iter, iniziato nel 2002, fu poi sospeso in attesa di conoscere l'esito del procedimento relativo alla modifica statutaria richiesta dalla confessione religiosa al Ministero dell'interno. A seguito dell'approvazione di tale modifica, intervenuta nel 2009, l'Istituto ha chiesto la ripresa delle trattative inviando una nuova bozza di intesa. La Commissione interministeriale per le intese e i rappresentanti della confessione religiosa hanno portato a termine i lavori nell'aprile 2011, ma non si è potuto procedere alle successive fasi a causa della mancata individuazione della necessaria copertura finanziaria. I lavori sono ripresi nel mese di maggio 2014 e hanno portato, il 1o ottobre 2014, alla sigla di una bozza d'intesa da parte del Sottosegretario di Stato pro tempore e del presidente dell'Istituto, approvata Pag. 22dal Consiglio dei ministri il 10 novembre 2014. Sulla bozza d'intesa è stato acquisito il parere di merito della Commissione consultiva per la libertà religiosa, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Governo, il 13 gennaio 2016, ha presentato al Senato il relativo disegno di legge.
La 1a Commissione Affari costituzionali del Senato, nel corso dell'esame in sede referente, ha modificato, con l'approvazione di un emendamento del relatore che recepiva una condizione della Commissione Bilancio, l'articolo 26 del testo del disegno di legge relativo alla copertura finanziaria ed esterno rispetto al testo dell'intesa. Il Senato, nella seduta del 20 aprile 2016, ha poi approvato il disegno di legge nel testo modificato dalla 1a Commissione.
L'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai riunisce coloro che in Italia aderiscono e praticano l'insegnamento fondato dal Budda Nichiren Daishonin e che si riconoscono nei princìpi e negli scopi della Soka Gakkai, fondata a Tokyo il 18 novembre 1930 dal suo primo presidente Tsunesaburo Makiguchi. L'Istituto aderisce alla Soka Gakkai con sede in Tokyo. La scuola buddista di Nichiren Daishonin fa parte di quella corrente religiosa che partendo dall'India, attraverso la Cina e la Corea, si è diffusa in Giappone e in seguito in Occidente ed è approdata in Italia intorno agli anni settanta del secolo scorso. La prima associazione che fa riferimento a tale scuola religiosa, l'Associazione Italiana Nichiren Shoshu, nel 1987 diventa ente morale; in seguito alla separazione dal clero, l'Associazione nel 1990 cambia il suo nome in Associazione Italiana Soka Gakkai. Il 27 marzo 1998 nasce l'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, che fa parte della Soka Gakkai Internazionale.
Secondo il proprio statuto, l'Istituto promuove in Italia i valori «della pace, della cultura e dell'educazione coessenziali alla propria concezione buddista» e per realizzare tale scopo si impegna nel dialogo interreligioso e organizza momenti di riflessione e di approfondimento nella società attraverso mostre, conferenze e iniziative che permettano ai cittadini italiani di elevare la propria coscienza sui grandi temi dei diritti umani, dell'abolizione delle armi nucleari, del rispetto per la differenza, della protezione dell'ambiente. La sede nazionale è a Firenze dove si trova la redazione de Il Nuovo Rinascimento, l'organo ufficiale dell'Istituto. Nella sede di Roma si trova il Centro elaborazione dati e la redazione di Buddismo e Società, il mensile di approfondimento buddista. L'Istituto attualmente conta oltre 70.000 aderenti.
Il disegno di legge consta di 26 articoli.
L'articolo 1 stabilisce che la legge di approvazione dell'intesa regola i rapporti tra lo Stato e l'IBISG sulla base dell'intesa, allegata alla legge medesima, stipulata il 27 giugno 2015.
Gli articoli da 2 a 25 riportano il testo della suddetta intesa.
In particolare, l'articolo 2 riconosce l'autonomia dell'Istituto, liberamente organizzato secondo i propri ordinamenti e disciplinato dal proprio statuto, nonché la non ingerenza dello Stato nelle nomine dei ministri di culto, nell'esercizio del culto medesimo e nell'organizzazione della comunità religiosa e negli atti disciplinari e spirituali. Viene altresì garantita la libera comunicazione dell'Istituto con la Soka Gakkai internazionale.
L'articolo 3 riconosce e garantisce all'Istituto, agli organismi da esso rappresentati e a coloro che ne fanno parte, la piena libertà religiosa, di riunione e di manifestazione del pensiero, nonché la libertà di svolgimento della sua missione spirituale, educativa, culturale e umanitaria.
L'articolo 4 specifica che i ministri di culto godono del libero esercizio del loro ministero e che l'Istituto rilascia un'apposita certificazione della qualifica di appartenenza. Ai ministri di culto sono riconosciuti il diritto a mantenere il segreto d'ufficio e la facoltà di richiedere, qualora fosse ripristinato il servizio obbligatorio di leva, l'assegnazione al servizio civile.
L'articolo 5 assicura il diritto all'assistenza spirituale, da parte di propri ministri di culto, agli appartenenti all'Istituto, Pag. 23anche se ricoverati in strutture sanitarie, socio-sanitarie e sociali o se detenuti in istituti penitenziari. A tale fine l'Istituto è tenuto a trasmettere alle amministrazioni competenti l'elenco dei ministri di culto. Si dispone che gli oneri finanziari sono a carico dell'Istituto. Si prevede, con riguardo ai militari appartenenti all'Istituto che, in caso di decesso in servizio, il comando militare competente adotta, d'intesa con i familiari del defunto, le misure necessarie ad assicurare che le esequie siano celebrate nel rispetto della volontà del defunto e della sua famiglia.
L'articolo 6 riconosce agli alunni, come già previsto nelle leggi di approvazione delle intese con altre confessioni religiose, il diritto di non avvalersi degli insegnamenti religiosi, diritto esercitato dai medesimi alunni e da coloro cui compete la responsabilità su di essi. All'Istituto è altresì riconosciuto il diritto di rispondere ad eventuali richieste relative al fenomeno religioso, che possano pervenire dagli studenti o dalle loro famiglie, senza ulteriori oneri a carico dello Stato. Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge si segnala che il comma 1 dell'articolo 6 reca la parola «responsabilità» in luogo della parola «potestà» usata all'articolo 5, comma 1, dell'intesa. Come precisato dalla relazione, la modifica, richiesta dall'Ufficio legislativo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è volta a conformare il disegno di legge alla normativa attualmente vigente e non modifica la sostanza dell'intesa.
L'articolo 7 garantisce all'Istituto il diritto di istituire liberamente scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione. A tali scuole, cui sia riconosciuta la parità, è assicurata piena libertà nel rispetto delle norme generali sull'educazione, mentre agli alunni è garantito un trattamento equipollente a quello degli alunni delle scuole dello Stato e degli altri enti territoriali.
L'articolo 8 è dedicato alla tutela degli edifici aperti al culto pubblico dell'Istituto, i quali non possono essere occupati, requisiti, espropriati o demoliti, se non per gravi motivi e previo avviso e accordo con il ministro di culto responsabile dell'edificio. All'interno e all'ingresso dei luoghi di culto e delle loro pertinenze possono essere affissi e distribuiti pubblicazioni e stampati di carattere religioso, senza ingerenza o autorizzazione da parte dello Stato, così come possono essere liberamente raccolte offerte, esenti da qualsiasi tributo.
Con riguardo al trattamento delle salme, l'articolo 9 dispone il rispetto delle regole della tradizione degli appartenenti all'Istituto, purché avvenga in maniera conforme alla normativa vigente in materia. Analogamente a quanto previsto dalle leggi di approvazione di altre intese, nei cimiteri possono essere previste aree riservate, ai sensi della normativa vigente.
Per lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 4, 5 e 8, l'articolo 10 prevede che l'IBISG rilasci apposita certificazione della qualificazione di ministro di culto.
Con riguardo al regime degli enti religiosi, l'articolo 11 disciplina le modalità di riconoscimento come persone giuridiche degli enti aventi fine di religione o di culto; l'articolo 12 concerne l'attività di religione o di culto; l'articolo 13 regola il regime tributario degli enti. A tale proposito nella relazione si segnala che, al fine di esplicitare che lo svolgimento di attività diverse da quelle di religione e di culto è soggetto anche al rispetto della normativa dell'Unione europea, al comma 3 dell'articolo 13 del disegno di legge, corrispondente all'articolo 12, comma 3, dell'intesa, prima delle parole: «alle leggi dello Stato», sono state aggiunte le parole: «alla normativa europea e». Sempre nella relazione si precisa che l'integrazione, suggerita dal Sottosegretario alle politiche europee, non è modificativa della sostanza dell'intesa. Sempre riguardo al regime degli enti religiosi, l'articolo 14 si occupa della gestione degli enti; l'articolo 15 concerne l'iscrizione nel registro delle persone giuridiche degli enti dell'Istituto civilmente riconosciuti; l'articolo 16 disciplina i mutamenti sostanziali con riguardo al fine, al patrimonio e al modo di esistenza degli enti dell'Istituto e ne regola gli effetti della loro soppressione o della loro estinzione.Pag. 24
Con riferimento all'applicazione all'Istituto del sistema dei rapporti finanziari tra lo Stato e le confessioni religiose, ai sensi della legge 20 maggio 1985, n. 222, l'articolo 17 consente, a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa, la deduzione, agli effetti dell'Irpef, delle erogazioni in denaro a favore dell'Istituto e degli organismi da essa rappresentati, destinate alle finalità istituzionali dell'Istituto e ad attività di religione o di culto previste dall'articolo 12 del disegno di legge. Le modalità della suddetta deduzione sono determinate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
L'articolo 18 consente all'Istituto di concorrere alla ripartizione della quota dell'otto per mille del gettito IRPEF, destinata, oltre che ai fini di cui all'articolo 17, anche ad interventi sociali e umanitari, in Italia e all'estero, nonché ad iniziative per la promozione della pace, del rispetto e difesa della vita in tutte le forme esistenti, nonché per la difesa dell'ambiente. Nella relazione si segnala che su indicazione del Dipartimento delle finanze – Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Ministero dell'economia e delle finanze, all'articolo 18, comma 1, corrispondente all'articolo 17, comma 1, dell'intesa, dopo le parole: «oltre che ai fini di cui all'articolo 17», sono state aggiunte le parole: «, comma 2, anche». Nella relazione si precisa che la modifica è volta a individuare in maniera più puntuale le finalità cui può essere destinata la quota dell'otto per mille dell'IRPEF e non risulta modificativa della sostanza dell'intesa.
L'articolo 19 prevede che l'eventuale revisione del sistema di cui agli articoli 17 e 18 sia sottoposta alla valutazione di un'apposita commissione paritetica
L'articolo 20 dispone che i rendiconti sull'utilizzazione delle somme percepite siano trasmessi annualmente al Ministero dell'interno.
L'articolo 21 sancisce il reciproco impegno a collaborare per la tutela e la valorizzazione dei beni afferenti al patrimonio culturale dell'Istituto e dei soggetti di cui all'articolo 11, anche istituendo a tal fine un'apposita Commissione mista.
Per quanto riguarda le festività religiose, l'articolo 22 prevede che agli appartenenti all'Istituto, su loro richiesta, sia consentito di osservare le festività religiose del 16 febbraio, che celebra la nascita del Budda Nichiren Daishonin, e del 12 ottobre, che celebra l'iscrizione del Dai Gohonzon, oggetto di culto per gli appartenenti all'Istituto. Si dispone che il diritto di osservare tali festività deve essere esercitato nel quadro della flessibilità dell'organizzazione del lavoro, fatte salve le imprescindibili esigenze dei servizi essenziali previsti dall'ordinamento.
L'articolo 23 prevede che eventuali esigenze emerse nella fase attuativa della legge di approvazione dell'intesa e fatte presenti dall'Istituto dovranno essere tenute in considerazione dalle autorità competenti.
L'articolo 24 sancisce che con l'entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa cesseranno di avere efficacia ed applicabilità, nei riguardi dell'Istituto e degli enti, istituzioni, associazioni, organismi e persone che ne fanno parte, la legge 24 giugno 1929, n. 1159, recante disposizioni sull'esercizio dei culti ammessi nello Stato, ed il relativo regolamento di attuazione di cui al regio decreto 28 febbraio 1930, n. 289.
L'articolo 25 dispone che siano promosse opportune intese tra le parti in caso di modifiche dell'intesa allegata e in caso di iniziative legislative concernenti i rapporti tra lo Stato e l'Istituto o relative a materie disciplinate dall'intesa stessa.
Infine, l'articolo 26 prevede la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla legge.
Come già detto, nel corso dell'esame al Senato tale articolo è stato modificato nel senso di rimodulare la copertura finanziaria, riferendola all'anno 2017, agli anni successivi al 2018 e al bilancio triennale 2016-2018.
Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, si rileva che la materia dei rapporti tra la Pag. 25Repubblica e le confessioni religiose spetta alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera c), della Costituzione.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 12.55.
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Giovedì 5 maggio 2016.
L'ufficio di presidenza si è svolto dalle 12.55 alle 13.
AUDIZIONI INFORMALI
Giovedì 5 maggio 2016.
In relazione alle proposte di legge C. 1093 Grimoldi e abb., recanti disposizioni in materia di vitalizi e nuova disciplina dei trattamenti pensionistici dei componenti delle Camere e dei consiglieri regionali.
Audizione del Presidente dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), Tito Boeri.
L'audizione informale è stata svolta dalle 14.05 alle 15.25.
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