COMITATO PERMANENTE PER I PARERI
Martedì 15 marzo 2016. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.
La seduta comincia alle 11.40.
Norme per la limitazione degli sprechi, l'uso consapevole delle risorse e la sostenibilità ambientale.
Emendamenti C. 3057 ed abb.-A.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).
Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.
Alessandro NACCARATO, presidente, in sostituzione del relatore impossibilitato a partecipare alla seduta, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.
Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Regno hashemita di Giordania in materia di lotta alla criminalità, fatto ad Amman il 27 giugno 2011.
C. 3285 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).
Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.
Alessandro NACCARATO, presidente, in sostituzione del relatore impossibilitato a partecipare alla seduta, ricorda che l'Accordo in oggetto, che si compone di 15 articoli, è stato siglato ad Amman il 27 giugno 2011 ed è finalizzato a prevenire, Pag. 8contrastare e reprimere la criminalità organizzata e i reati ad essa connessi, in particolare quelli relativi al traffico di sostanze stupefacenti e terrorismo, in conformità alle rispettive legislazioni nazionali e agli accordi internazionali riconosciuti dai due Paesi. L'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), che accompagna il disegno di legge, riferisce che i negoziati per la stipula dell'Accordo in esame, iniziati nel gennaio 2004, hanno conosciuto alterne vicende, soprattutto in considerazione dell'instabilità dell'area mediorientale in cui la Giordania è inserita, per giungere alla finalizzazione nel giugno 2011. Su un piano più generale (articolo 7) l'Accordo prevede: lo scambio di esperti e la programmazione, nei due Paesi, di corsi di aggiornamento comuni in specifiche tecniche investigative e operative; lo scambio di atti legislativi e di strumenti normativi, di pubblicazioni scientifiche, professionali e formative sulla lotta contro la criminalità organizzata, e di informazioni sui mezzi tecnici impiegati nelle operazioni di polizia; lo scambio di esperienze e di conoscenze tecniche relative alla sicurezza delle reti di comunicazione telematica; lo scambio di informazioni operative sui reati di falsificazione, sui traffici di opere d'arte e di metalli preziosi, nonché di auto rubate, sui reati ambientali, e, in particolar modo, sui traffici di armi ed esplosivi, di materiali strategici e nucleari, di immigrazione clandestina e soprattutto di tratta degli esseri umani, di sfruttamento sessuale dei minori e delle donne, di riciclaggio di denaro o beni di provenienza illecita – con le operazioni economico – finanziarie collegate. In base all'articolo 8, le Parti si impegnano ad estendere la reciproca collaborazione anche alla ricerca di latitanti. Gli organismi competenti al contrasto delle varie tipologie di reati previsti nell'Accordo sono, per l'Italia, il Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza e, per la Parte giordana, la Direzione di pubblica sicurezza (articolo 2). Le Parti contraenti concorderanno le modalità per consentire il più rapido scambio di informazioni sulla lotta alla criminalità, anche con l'impiego di ufficiali di collegamento e l'utilizzo di mezzi telematici. Nel rispetto poi delle rispettive legislazioni nazionali e dei rispettivi impegni a livello internazionale, le Parti concordano che a richiesta degli organi competenti di una di esse l'altra Parte potrà dar luogo nel proprio territorio a procedure investigative nei confronti di attività ritenute criminali, anche al fine di evitare azioni a carattere terroristico, impegnandosi contestualmente a comunicarne tempestivamente gli esiti (articoli 3 e 4). L'articolo 5 riguarda le modalità di cooperazione in materia di lotta contro il terrorismo, da attuare soprattutto tramite lo scambio di informazioni periodico in materia di sicurezza dei trasporti e di attività dei gruppi terroristici – inclusi i singoli episodi e le loro tecniche attuative –, specialmente quando sia messa a repentaglio la sicurezza di uno dei due Stati. È altresì previsto che in casi di urgenza le Parti si trasmettano nella maniera più rapida notizie dettagliate su un episodio terroristico, sull'identificazione degli autori, sui gruppi di appartenenza e sull'eventuale presenza di soggetti ad essi riconducibili nel territorio dell'altro paese, allo scopo di avviare immediatamente indagini coordinate che prevederanno anche la trasmissione telematica di fotografie e rilievi dattiloscopici. L'articolo 6 riguarda la cooperazione nella lotta ai traffici illeciti di stupefacenti, sostanze psicotrope e relativi precursori: le Parti si scambieranno informazioni ed esperienze sui metodi di lotta in questo settore, su nuovi tipi di sostanze stupefacenti, sui metodi e sui luoghi della loro produzione, sui canali utilizzati dai trafficanti con le relative tecniche di occultamento, sulle tecnologie di analisi e sulle variazioni dei prezzi delle sostanze stupefacenti. Le Parti si impegnano altresì ad utilizzare la tecnica delle «consegne controllate» come efficace mezzo di penetrazione nelle reti criminali, quale definita nella Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 1988; nonché a promuovere l'adeguamento delle normative nazionali alle disposizioni internazionali vigenti in questo settore. Pag. 9L'articolo 9 prevede consultazioni tra i Ministri dell'interno delle Parti, da attivare ogni qualvolta le Parti medesime ritengano necessario conferire maggiore impulso alla cooperazione: in ogni caso almeno una volta l'anno, alternativamente in Italia e in Giordania, saranno convocate riunioni a livello di funzionari delle rispettive strutture competenti per valutare l'attività svolta e individuare nuovi obiettivi da raggiungere. Specifiche questioni potranno essere oggetto del lavoro di gruppi costituiti ad hoc. I dati personali sensibili trasmessi nell'ambito della cooperazione prevista dall'Accordo in esame saranno utilizzati esclusivamente per gli scopi in esso contemplati: potranno essere trasmessi, sempre nell'ambito delle finalità dell'Accordo in esame, ad altre persone o istituzioni solo previa autorizzazione scritta della Parte inviante (articolo 11). In base all'articolo 12 ogni controversia che dovesse scaturire sull'interpretazione o l'applicazione dell'Accordo in esame verrà risolta tra le Parti per via diplomatica. L'Accordo in esame, peraltro, non pregiudica i diritti e gli obblighi derivanti da altri accordi internazionali sottoscritti da ciascuna delle Parti contraenti (articolo 13). A questa clausola di salvaguardia si aggiunge quella prevista dall'articolo 14, in base al quale ciascuna delle Parti contraenti potrà respingere in tutto o in parte una richiesta di cooperazione in base al presente Accordo, qualora dar corso ad essa possa pregiudicare la sovranità, la sicurezza, l'ordine pubblico o altri interessi fondamentali dello Stato. Infine (articolo 15) l'Accordo in esame avrà durata illimitata, ma potrà essere denunciato da ciascuna delle Parti con preavviso scritto di almeno sei mesi, inoltrato per via diplomatica.
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo fra Italia e Giordania di cooperazione nel contrasto alla criminalità organizzata, fatto ad Amman il 27 giugno 2011, si compone di quattro articoli. Gli articoli 1 e 2 contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo. L'articolo 3 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'Accordo: il comma 1 individua gli oneri del provvedimento, a decorrere dal 2015, in 168.558 euro (125.650 euro, cui si aggiungono 42.908 euro per le rimanenti spese). A tali oneri si provvede mediante riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia per il 2015, con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri. Si segnala al riguardo l'opportunità dell'aggiornamento temporale della copertura. La relazione tecnica che accompagna il provvedimento quantifica in modo assai analitico gli oneri derivanti dall'attuazione dell'Accordo in esame, dei quali 125.650 euro aventi natura di oneri valutati e 42.908 euro di oneri autorizzati. Le spese si collegano alle seguenti disposizioni dell'Accordo: 56.212 euro per spese di missione e di viaggio (articolo 3); 4.220 euro per due incontri annuali da tenere in Italia e in Giordania (spese di missione e di viaggio per i funzionari inviati in Giordania, e oneri di vitto e alloggio per i rappresentanti giordani alla riunione da svolgere in Italia) (articolo 6); 101.491 euro per scambi di esperti e addestratori e corsi di specializzazione su tecniche operative e di indagine (articolo 7); 6.635 euro per la partecipazione alle due riunioni annuali per la valutazione dell'attuazione dell'Accordo (articolo 9). In base al comma 2, il Ministro dell'interno, secondo quanto previsto dalla legge di contabilità generale dello Stato (articolo 17, comma 12, legge n. 196/2009), è tenuto al monitoraggio degli oneri derivanti dall'attuazione del provvedimento, nonché a riferirne al Ministro dell'economia e delle finanze il quale, a fronte di scostamenti, sentito il medesimo Ministro dell'interno, provvede alla copertura finanziaria del maggior onere con la riduzione delle dotazioni finanziarie di parte corrente iscritte, nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della Pag. 10medesima legge n. 196 del 2009, destinate alle spese di missione e di formazione nell'ambito del programma «Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della 2 sicurezza pubblica» e, comunque, della missione «Ordine pubblico e sicurezza» dello stato di previsione del Ministero dell'interno. Sulle cause degli scostamenti e l'attuazione delle misure previste nel comma 2 il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo con apposita relazione alle Camere (comma 3). L'articolo 4, infine, dispone l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica per il giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Oltre che dalla citata AIR e dalla relazione introduttiva, il disegno di legge è accompagnato da un'analisi tecnico-normativa (ATN) che riporta anzitutto una dettagliata rassegna del quadro normativo nazionale collegato all'attuazione dell'Accordo in esame. L'ATN rileva inoltre la necessità dell'autorizzazione parlamentare alla ratifica dell'Accordo in base all'articolo 80 della Costituzione, stante il fatto che esso comporta oneri per le finanze pubbliche. L'ATN, inoltre, richiama il quadro di diritto internazionale cui l'attuazione dell'Accordo in esame si collega, e in particolare: la Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, la Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971, la Convenzione contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope del 1988, la Convenzione ONU sulla lotta contro il crimine organizzato transnazionale del 2000 e le pertinenti Convenzioni delle Nazioni Unite sulla lotta al terrorismo internazionale.
Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento si inquadra nell'ambito delle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione, demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).
Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica d'Austria in materia di cooperazione di polizia, fatto a Vienna l'11 luglio 2014.
C. 3086 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).
Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.
Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatrice, fa presente che l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica d'Austria in materia di cooperazione di polizia, fatto a Vienna l'11 luglio 2014, mira alla realizzazione, in conformità con le rispettive legislazioni nazionali e con gli obblighi internazionali assunti, di una più stretta cooperazione bilaterale di polizia per il mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza, nonché alla prevenzione di reati, in un contesto internazionale estremamente delicato. L'intesa risponde all'esigenza di rafforzare, rendendola più aderente alle attuali esigenze di entrambi i Paesi, la collaborazione e la reciproca assistenza, al fine di rafforzare la cooperazione tra le autorità di polizia nella prevenzione e lotta ad una estesa serie di fattispecie criminali.
L'Accordo, precisa l'Analisi di impatto della regolamentazione AIR, è stato firmato in esito ad una fase negoziale avviatasi nella primavera del 2011 su iniziativa austriaca. L'Analisi tecnico-normativa (ATN), che correda il disegno di legge, precisa che il quadro normativo entro cui si inserisce l'Accordo in esame è quello riferito all'attività delle Forze di polizia delineato, nello specifico dalla legge n. 16 del 1991 («Norme di adeguamento dell'organizzazione delle strutture del Ministero dell'interno per il potenziamento dell'attività antidroga»); dalla legge 146 del 2006 («Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 Pag. 11novembre 2000 ed il 31 maggio 2001»); dal testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309; dal decreto-legge 93/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, articolo 7-bis, che ha introdotto la possibilità di disporre operazioni congiunte anche nell'ambito di accordi internazionali di polizia.
Il testo dell'Accordo è stato redatto – si legge nella relazione illustrativa – con riferimento ai titoli I, II, V e VII ricorrendo a modelli già precedentemente impiegati, mentre per i titoli III, IV e VI sono state utilizzate e sviluppate forme di cooperazione già previste da convenzioni e trattati internazionali; in particolare la Convenzione applicativa dell'Accordo di Schengen – CAAS, il Trattato di Prüm, al quale l'Italia ha aderito con la legge 30 giugno 2009, n. 85, e le relative decisioni del Consiglio dell'Unione europea 2008/615/GAI e 2008/616/GAI, cosiddette «Decisioni Prüm» dedicate al potenziamento e all'attuazione della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità.
L'ATN precisa al riguardo che per alcune di queste forme di cooperazione già previste e per i relativi aspetti pratici – in particolare per i pattugliamenti misti, per le armi e l'uso dei veicoli – sarà necessario un intervento normativo ad hoc per adeguare l'ordinamento nazionale. Si ricorda che il Trattato di Prüm, firmato tra Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria il 27 maggio 2005, è volto a rafforzare la cooperazione di polizia in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità transfrontaliera ed all'immigrazione clandestina. Il Capitolo 2 del Trattato, in particolare, disciplina l'impegno fra le Parti contraenti a creare schedari nazionali di analisi del DNA e a scambiare le informazioni contenute in tali schedari, l'impegno a scambiare le informazioni sui dati dattiloscopici (le impronte digitali), nonché l'accesso ai dati inseriti negli archivi informatizzati dei registri di immatricolazione dei veicoli. In particolare gli articoli 24, 25 e 28 del Trattato riguardano proprio le situazioni di intervento comune di appartenenti a forze di polizia di diversi Stati – ovviamente Parti del Trattato di Prüm –, incluso il profilo dell'utilizzazione delle armi di ordinanza e delle relative munizioni. La legge già ricordata di autorizzazione all'adesione italiana al Trattato di Prüm, agli articoli 22 e 23, ha ribadito disposizioni sullo status e sui poteri dei componenti di operazioni comuni, prevedendo anche le attribuzioni in caso di interventi d'urgenza sul territorio italiano.
Con riferimento al contenuto l'Accordo si compone di un preambolo e 34 articoli organizzati in sette titoli.
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo italo-austriaco in materia di cooperazione di polizia, fatto a Vienna l'11 luglio 2014, si compone di quattro articoli: l'articolo 1 e l'articolo 2 contengono rispettivamente la clausola di autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo in esame. L'articolo 4 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. L'articolo 3, comma 1, reca la clausola di copertura finanziaria degli oneri previsti per l'attuazione dell'Accordo italo-austriaco in esame: tali oneri, valutati, a decorrere dal 2015, in 83.634 euro per spese di missione e 42.808 euro per le rimanenti spese, sono coperti ricorrendo al Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Il comma 2 stabilisce che il Ministro dell'interno provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 1 del presente articolo, in base all'articolo 17, comma 12, della legge n. 196 del 2009 (Legge di contabilità e finanza pubblica). In caso di scostamenti rispetto alle previsioni, Pag. 12il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dell'interno, provvede, con proprio decreto, alla corrispondente riduzione delle dotazioni finanziarie di parte corrente destinate, nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della medesima legge n. 196 del 2009, alle spese di missione e di formazione nell'ambito del Programma «Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica» dello stato di previsione del Ministero dell'interno e, comunque, della missione «Ordine pubblico e sicurezza» dello stato di previsione del Ministero dell'interno. Il comma 3 stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze riferisca alle Camere senza ritardo e con apposita relazione sulle cause di tali scostamenti e sull'attuazione delle misure di cui al comma precedente. Il comma 4, infine, autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento si inquadra nell'ambito della materia politica estera e rapporti internazionali dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).
Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.
Ratifica ed esecuzione dei seguenti accordi in materia ambientale: a) Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Doha l'8 dicembre 2012; b) Accordo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Islanda, dall'altra, per quanto concerne la partecipazione dell'Islanda all'adempimento congiunto degli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda per il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Bruxelles il 1o aprile 2015; c) Protocollo relativo alla cooperazione in materia di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi e, in caso di situazione critica, di lotta contro l'inquinamento del Mare Mediterraneo, fatto alla Valletta il 25 gennaio 2002; d) Decisione II/14 recante emendamento alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, adottata a Sofia il 27 febbraio 2001; e) Decisione III/7 recante il secondo emendamento alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, adottata a Cavtat il 1o-4 giugno 2004; f) Protocollo sulla valutazione ambientale strategica alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, fatto a Kiev il 21 maggio 2003.
Nuovo testo C. 3512 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite III e VIII).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).
Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.
Emanuele COZZOLINO (M5S), relatore, rileva che il disegno di legge A.C. 3512, presentato dai Ministri degli affari esteri e dell'ambiente, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle politiche agricole, alimentari e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e della salute, reca la ratifica ed esecuzione di sei accordi.
Il primo di questi accordi concerne l'Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto, approvato dalla 18a Conferenza delle Parti di Doha (COP18) nel 2012, che istituisce un secondo periodo di impegno (2013-2020), attraverso la modifica e l'integrazione dell'Allegato B del Protocollo medesimo; aggiunge inoltre il trifluoruro di azoto all'elenco di gas a effetto serra contemplati dal Protocollo e agevola un rafforzamento unilaterale degli impegni delle singole Parti. Tale emendamento è stato ratificato da 60 Paesi ma, affinché entri in vigore, è necessario che venga ratificato da 144 Parti. Gli obiettivi stabiliti per l'Unione e i suoi Stati membri sono elencati nell'emendamento di Doha con Pag. 13una nota a piè di pagina che precisa che tali obiettivi si fondano sul presupposto che saranno conseguiti congiuntamente dall'Unione europea e dai suoi Stati membri, ai sensi dell'articolo 4 del Protocollo di Kyoto. L'Emendamento di Doha, in conseguenza della modifica all'Allegato B del Protocollo relativamente agli impegni del secondo periodo di riduzioni, interviene sugli articoli 3 e 4 del Protocollo al fine di esplicitare l'entità delle riduzioni e prevedere adeguamenti degli impegni proposti dalle Parti.
Altro atto di cui si chiede la ratifica è l'Accordo UE-Islanda per l'attuazione dell'Emendamento di Doha, per quanto concerne la partecipazione dell'Islanda all'adempimento congiunto degli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda per il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Bruxelles il 1o aprile 2015. L'Unione, gli Stati membri, la Croazia e l'Islanda, infatti, dopo l'adozione dell'Emendamento di Doha, hanno elaborato una dichiarazione congiunta nella quale hanno espresso la loro intenzione di rispettare congiuntamente gli impegni per il secondo periodo di riduzione. La normativa dell'Unione relativa all'attuazione tecnica dell'Emendamento di Doha è stata adottata nel maggio del 2014, con il Regolamento (UE) n. 662/2014, che ha modificato il Regolamento (UE) n. 525/2013 relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas-serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell'UE. Successivamente l'Unione ha provveduto alla ratifica del medesimo Emendamento con l'adozione della decisione 2015/1339 del Consiglio del 13 luglio 2015, concernente la conclusione, a nome dell'UE, dell'Emendamento di Doha del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l'adempimento congiunto dei relativi impegni.
Il terzo atto di cui si chiede l'autorizzazione alla ratifica è il Protocollo relativo alla cooperazione in materia di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi e, in caso di situazione critica, di lotta contro l'inquinamento del Mare Mediterraneo, firmato a La Valletta da 15 Paesi mediterranei il 25 gennaio 2002 e in vigore a livello internazionale dal 17 marzo 2004, dopo l'avvenuto deposito del 6o strumento di ratifica. L'atto in questione sostituisce il precedente Protocollo del 1976 (entrato in vigore a partire dal 12 febbraio 1978), estendendone il campo di applicazione alla prevenzione dell'inquinamento da navi. Il Protocollo rappresenta uno degli strumenti per l'applicazione della Convenzione di Barcellona per la protezione del Mar Mediterraneo dall'inquinamento, promossa dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) e della quale fanno parte gli Stati rivieraschi della regione mediterranea. La Convenzione, ratificata dall'Italia ai sensi della legge 21 gennaio 1979, n. 30, è stata modificata in seguito all'emendamento della Conferenza dei Plenipotenziari delle Parti contraenti, tenutasi a Barcellona nel 1995, ampliando il suo ambito di applicazione geografica e comprendendo le acque marine interne del Mediterraneo e le aree costiere, ratificato e reso esecutivo in Italia con la legge 27 maggio 1999, n. 175. Il nuovo Protocollo attribuisce particolare attenzione alla prevenzione dell'inquinamento da navi ed alla cooperazione regionale, allo scopo di diminuire la frequenza e l'impatto dell'inquinamento sull'ambiente marino attraverso attività di sorveglianza, cooperazione nelle operazioni di recupero, divulgazione e scambio delle informazioni, nonché comunicazione delle informazioni e notifiche sugli episodi di inquinamento.
Gli altri tre trattati oggetto del disegno di legge di ratifica concernono gli emendamenti alla Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, fatta ad Espoo il 25 febbraio 1991, e il Protocollo di Kiev sulla valutazione ambientale strategica in un contesto transfrontaliero. La Convenzione di Espoo della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UNECE) sulla valutazione dell'impatto ambientale Pag. 14in un contesto transfrontaliero è stata firmata dalla Comunità europea e dagli Stati membri il 26 febbraio 1991; l'Italia ha ratificato la Convenzione – che è in vigore internazionale dal mese di settembre del 1997 – con la legge 3 novembre 1994, n. 640. Nel 2001 la seconda riunione delle Parti (tenutasi a Sofia) ha approvato un emendamento alla Convenzione che estende la definizione del termine «pubblico», precisando che il pubblico autorizzato a partecipare alle procedure previste dalla Convenzione include la società civile, in particolare le organizzazioni non governative, e apre la Convenzione all'adesione di Paesi che non sono membri dell'UNECE. Successivamente, nel 2004 a Cavtat, in Croazia, la terza riunione delle Parti ha approvato un secondo emendamento alla Convenzione, che permette alle Parti coinvolte di partecipare alla delimitazione dell'ambito della valutazione e aggiorna l'elenco di attività. Gli emendamenti citati, ad oggi, sono stati ratificati rispettivamente da 25 Stati (oltre alla UE), e da 24 Stati più l'Unione europea ma gli emendamenti approvati a Cavtat non sono tuttavia ancora entrati in vigore a livello internazionale. La relazione illustrativa al disegno di legge in esame sottolinea che le pertinenti disposizioni europee in materia di impatto ambientale, contenute nella direttiva 2011/92/UE, sono già in linea con tali emendamenti alla Convenzione. Le corrispondenti disposizioni nazionali di recepimento sono contenute nella parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, il Codice dell'ambiente. Tale direttiva è stata sostituita dalla direttiva 2014/52/UE del 16 aprile 2014, che dovrà essere recepita nell'ordinamento nazionale entro il 16 maggio 2017. La delega per il recepimento è stata conferita dalla legge di delegazione europea 2014.
Il Protocollo sulla valutazione ambientale strategica alla Convenzione ONU/CEE sulla valutazione d'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, firmato a Kiev nel 2003, persegue una serie di obiettivi: garantire che nella preparazione di piani e programmi si tenga conto pienamente delle considerazioni ambientali e sanitarie; contribuire alla considerazione delle questioni ambientali e sanitarie nell'elaborazione programmatica e legislativa; istituire procedure chiare, trasparenti ed efficaci per la valutazione ambientale strategica; prevedere la partecipazione del pubblico alla valutazione ambientale strategica; integrare in tal modo le questioni ambientali e sanitarie nelle misure e negli strumenti a favore dello sviluppo sostenibile. Il Protocollo di Kiev ad oggi è stato ratificato da 26 Stati (oltre all'Unione europea) ed è entrato in vigore l'11 luglio 2010. La normativa europea in materia di valutazione ambientale strategica è contenuta nella direttiva 2001/42/CE. Le corrispondenti norme di recepimento sono incluse nella parte seconda del citato decreto legislativo n 152 del 2006.
Il disegno di legge in esame si compone di otto articoli raggruppati in tre Capi: il Capo I riguarda all'articolo 1 l'autorizzazione alla ratifica e all'articolo 2 l'autorizzazione all'esecuzione, a far data dall'entrata in vigore di ciascuno di essi, degli accordi in materia ambientale precedentemente illustrati. L'articolo 3 contiene le definizioni di «UNFCCC» (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatta a New York il 9 maggio 1992, ratificata con la legge n. 65 del 1994) e di «Protocollo di Kyoto» (Protocollo alla UNFCCC, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997, ratificato con la legge n. 120 del 2002).
Il Capo II fissa le norme di adeguamento all'Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto in particolare, gli articoli 4, 5 e 6 dettano disposizioni volte a dare attuazione alle norme del Regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell'Unione europea e che abroga la decisione n. 280/2004/CE. L'articolo 4 consente di attuare in ambito nazionale le disposizioni dettate dall'articolo 4 del regolamento (UE) n. 525/2013, che prevede che ogni Stato Pag. 15membro elabori la propria strategia di sviluppo a basse emissioni di carbonio. Senza entrare nei contenuti della Strategia – già disciplinati dal Regolamento, direttamente applicabile nell'ordinamento nazionale –, l'articolo in esame si limita a prevedere l'attribuzione al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) della competenza per l'adozione della Strategia medesima. Viene infatti previsto che tale adozione sia effettuata dal CIPE su proposta del Ministro dell'ambiente, di concerto con gli altri Ministri interessati: in particolare la norma contempla i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, e delle politiche agricole alimentari e forestali. Nel corso dell'esame in sede referente, le Commissioni riunite III e VIII hanno aggiunto 3 commi all'articolo 4, al fine di prevedere che la strategia nazionale di sviluppo: sia predisposta attraverso lo svolgimento di una consultazione pubblica sul sito del Ministero dell'ambiente; debba perseguire il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra assunti dall'Italia in sede di accordi internazionali; debba essere sottoposta al parere della Commissioni parlamentari competenti e della Conferenza unificata; sia oggetto di una relazione annuale sul suo stato di attuazione predisposta dal CIPE e trasmessa al Parlamento.
L'articolo 5 consente di attuare le disposizioni dell'articolo 12 del regolamento (UE) n. 525/2013, istitutivo del Sistema nazionale in materia di politiche e misure e di proiezioni. L'articolo in esame si limita a prevedere l'istituzione del Sistema nazionale e ad affidare all'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) il ruolo di responsabile della realizzazione e dell'aggiornamento del Sistema, nonché della gestione e dell'archiviazione delle relative informazioni, acquisite anche in collaborazione con i Ministeri interessati. A tal fine, in sede referente, le Commissioni riunite III e VIII hanno stabilito che l'ISPRA debba essere dotato delle risorse umane, finanziarie e strumentali necessarie a tale ruolo.
L'articolo 6, al comma 1, affida al Ministero dell'ambiente il compito di provvedere alla raccolta e alla comunicazione delle informazioni concernenti le emissioni di gas-serra e delle altre informazioni in materia di cambiamenti climatici. Nel corso dell'esame in sede referente, le Commissioni riunite III e VIII hanno aggiunto a tali compiti affidati al Ministero dell'Ambiente anche la cura delle diffusioni delle informazioni anche attraverso il proprio sito istituzionale nonché l'adeguamento alle nuove disposizioni della Relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, allegato annualmente al Documento di Economia e Finanza (DEF). Il comma 2 demanda ad apposito decreto del Ministro dell'ambiente – che dovrà essere emanato entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge, sentiti i Ministri interessati – la definizione delle modalità e dei tempi relativi alla raccolta delle informazioni di cui al comma 1 del medesimo articolo 6 e di quelle acquisite dall'ISPRA, anche in collaborazione con i Ministeri interessati, per la realizzazione e l'aggiornamento del Sistema nazionale in materia di politiche e misure e di proiezioni.
Il Capo III contiene disposizioni finanziarie e finali. In particolare, l'articolo 7 reca la copertura finanziaria degli oneri connessi all'attuazione degli accordi autorizzati alla ratifica: detti oneri riguardano, in base al comma 1, solo due degli accordi, e in particolare l'Emendamento di Doha al Protocollo di Kyoto e il Protocollo di Kiev del 2003. In base al comma 2, all'attuazione dei restanti accordi oggetto del disegno di legge in esame si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, non comportando i medesimi accordi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica. Il comma 3 stabilisce che il Ministro dell'ambiente provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 1 del presente articolo, in base all'articolo 17, comma 12 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la legge di contabilità Pag. 16e finanza pubblica. In caso di scostamenti rispetto alle previsioni, il Ministro dell'economia e delle finanze procede alla corrispondente riduzione delle dotazioni finanziarie di parte corrente. Sulle cause degli scostamenti e l'attuazione delle misure previste nel comma 3 il comma 4 prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce senza ritardo con apposita relazione alle Camere.
L'articolo 8, infine, dispone l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento si inquadra nell'ambito della materia politica estera e rapporti internazionali dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).
Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.
Modifiche al decreto legislativo 10 aprile 1948, n. 421, ratificato, con modificazioni, con legge 5 marzo 1957, n. 104, riguardante la destinazione e l'alienabilità dell'ex collegio di Villa Lomellini, assegnato in proprietà al comune di Santa Margherita Ligure.
Nuovo testo C. 2572 Carocci.
(Parere alla VII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).
Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.
Marilena FABBRI (PD), relatrice, osserva che la proposta di legge in esame, come modificata durante l'esame in Commissione, elimina, anzitutto, i vincoli di destinazione e di inalienabilità del collegio di Santa Margherita Ligure, allocato in Villa Lomellini. A tal fine, all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), novella l'articolo 2 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 10 aprile 1948, n. 421, ratificato, con modificazioni – ratifica posta in essere ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, in materia di ratifica di provvedimenti legislativi assunti nel periodo della Costituente – dalla legge 5 marzo 1957, n. 104 (articolo 1, comma 1).
Il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 10 aprile 1948, n. 421 ha devoluto il collegio di Santa Margherita Ligure (sito in Villa Lomellini), con tutti i suoi mobili, attrezzature e pertinenze – in precedenza appartenenti all'Opera di previdenza della milizia volontaria per la sicurezza nazionale – all'Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i dipendenti statali (E.N.P.A.S.), prevedendo che fosse destinato all'educazione ed all'istruzione degli orfani dei dipendenti statali ed, eventualmente, ad altri scopi di assistenza perseguiti dal medesimo Ente. La legge 5 marzo 1957, n. 104, ratificando il decreto legislativo n. 421 del 1948, ha modificato sia l'ente beneficiario, assegnando il collegio al Comune di Santa Margherita Ligure, sia il vincolo di destinazione, individuato nell'educazione ed istruzione locale. Al contempo, ha confermato il divieto di alienazione e di mutazione della destinazione del Collegio, già previsto dal decreto legislativo n. 421 del 1948. La relazione illustrativa del testo originario evidenziava che l'immobile, una volta acquisito dal comune, è stato utilizzato fra gli anni ’70 e ’80 dall'allora Unità sanitaria locale per servizi di riabilitazione infantile. Successivamente, a seguito del rilascio da parte della USL, è rimasto inutilizzato, non possedendo gli standard richiesti per l'uso come aule scolastiche. Rilevato, inoltre, che le condizioni più che precarie determinano l'inagibilità dello stesso edificio, fa presente che la rimozione del vincolo di alienazione e di destinazione consentirebbe al comune di collocare il bene sul mercato immobiliare.
Il testo in esame, poi, all'articolo 1, comma 2, prevede che i proventi ricavati dalla alienazione o dal cambio di destinazione d'uso del collegio sono destinati a spese di investimento relative all'istruzione. Pag. 17
Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, l'intervento è riconducibile alla materia «ordinamento civile», affidata alla competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. Rileva, altresì, la materia «istruzione», che è annoverata fra le materie di legislazione concorrente, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell'istruzione e della formazione professionale, che rientra, dunque, nella competenza esclusiva delle regioni.
Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).
Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.
Dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Gramsci in Ghilarza.
C. 3450 Pes.
(Parere alla VII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).
Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.
Marilena FABBRI (PD), relatrice, rileva che la proposta di legge in esame, composta da un solo articolo, reca la dichiarazione di monumento nazionale per la Casa Museo Gramsci, sita in Ghilarza, in provincia di Oristano, la casa dove Antonio Gramsci, a partire dal 1898, visse gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza. Attualmente, la casa appartiene al patrimonio immobiliare della Fondazione Enrico Berlinguer ed è sede dell'associazione «Casa Museo di Antonio Gramsci – centro di documentazione, ricerca e attività museali», costituitasi ONLUS nel 1999.
Ricorda che i beni culturali sono oggetto delle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del Codice dei beni culturali, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. In particolare l'articolo 10, comma 1, stabilisce che sono beni culturali le cose, immobili e mobili, appartenenti, oltre che a soggetti pubblici, a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Peraltro, in base all'articolo 12, comma 1, tali beni culturali, qualora opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risale ad oltre cinquanta anni, se mobili, o ad oltre settanta anni, se immobili, sono sottoposti alle disposizioni di tutela fino a quando non sia stata effettuata la verifica di interesse culturale. La verifica della sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico è effettuata, d'ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. In caso di accertamento positivo, i beni restano definitivamente soggetti alle disposizioni di tutela. Con Decreto della Commissione regionale per il patrimonio culturale della Sardegna n. 6 del 26 gennaio 2016, la Casa Museo Gramsci con annessa raccolta di oggetti è stata dichiarata di interesse storico e artistico ai sensi degli articoli 10, comma 1 e comma 3, lettera d), nonché 13, del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004.
Con riguardo alla dichiarazione di monumento nazionale, il Codice dei beni culturali non prevede una specifica procedura da porre in essere, limitandosi, all'articolo 54, a disporre che sono inalienabili, quali beni del demanio culturale «gli immobili dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all'epoca vigente» e, all'articolo 129, a far salve le leggi aventi specificamente ad oggetto monumenti nazionali. La Circolare n. 13 del 5 giugno 2012 indirizzata dalla Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanee del Ministero dei beni e delle attività culturali alle Direzioni regionali, ricordato che l'istituzione di monumenti nazionali risale al complesso di norme della seconda metà del XIX secolo, fa presente che le prime leggi di tutela dei beni di interesse storico-artistico non facevano alcun riferimento ai beni qualificati come monumenti nazionali: Pag. 18in particolare, la legge n. 1089 del 1939 introduceva la nuova nozione di «interesse storico-relazionale» accertabile attraverso la procedura della notifica per le «cose immobili riconosciute di interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere». La medesima circolare evidenzia che l'Ufficio legislativo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con parere del 6 marzo 2006, n. 9206, aveva fatto presente che il Codice dei beni culturali e del paesaggio, confermando la scelta del legislatore del 1939 di introdurre, in luogo della definizione di monumento nazionale, la nozione di interesse storico-relazionale e di prevedere, al riguardo, la ordinaria procedura di modifica, ha confermato l'incongruenza di tale nozione per l'accertamento della sussistenza del grado di interesse storico-artistico richiesto dalla legge per la operatività degli istituti della tutela. Nella circolare si aggiunge che sempre l'Ufficio legislativo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con parere del 27 marzo 2012 ha sostanzialmente confermato l'avviso già in precedenza espresso. In questo nuovo parere, si evidenzia che la soluzione di operare nuove dichiarazioni di monumento nazionale «appare peraltro non auspicabile, poiché porrebbe il problema di stabilire il regime giuridico applicabile agli eventuali beni così dichiarati. Pertanto, nell'attuale contesto ordinamentale, gli immobili a vario titolo «candidati» ad essere dichiarati monumento nazionale dovrebbero ordinariamente, ricorrendone i presupposti, essere ricondotti ad una delle tipologie di beni culturali previste dal Codice». Si fa altresì osservare che, nella seduta della VII Commissione del 1o marzo 2015, il rappresentante del Governo ha fatto presente che dall'istruttoria effettuata dai competenti uffici del dicastero non emergono motivi ostativi alla prosecuzione dell’iter legislativo.
Con riguardo alle competenze legislative costituzionalmente definite, la disciplina recata dalla proposta di legge è riconducibile alla materia dei beni culturali, disciplinata dall'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, tra le materie di competenza esclusiva dello Stato. Si ricorda che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, ha incluso la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e la promozione e l'organizzazione di attività culturali tra le materie di legislazione concorrente. Inoltre, l'articolo 118, terzo comma, della Costituzione, ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare «forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali» tra Stato e regioni. Con riferimento al riparto di competenze sopra delineato, la giurisprudenza costituzionale ha costantemente affermato che lo sviluppo della cultura corrisponde a finalità di interesse generale, il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni, anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e regioni. Successivamente all'adozione del citato Codice dei beni culturali e del paesaggio, la Corte, nella sentenza n. 232 del 2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute, che ribadiscono l'esigenza dell'esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali e, nel contempo, stabiliscono che siano non soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione.
Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 5).
Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.
La seduta termina alle 12.
SEDE CONSULTIVA
Martedì 15 marzo 2016. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO.
La seduta comincia alle 12.05.
Pag. 19DL 18/2016: Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio.
C. 3606 Governo.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.
Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, osserva che il decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18 contiene la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e misure per la concessione di crediti alle imprese da parte dei fondi di investimento alternativi.
Il decreto-legge fa riferimento, nelle premesse, alla necessità ed urgenza di avviare il processo di riforma del settore bancario cooperativo, al fine di rafforzare la stabilità del sistema nel suo complesso e consentire il rafforzamento patrimoniale delle banche di credito cooperativo, nonché di concedere, a titolo oneroso, una garanzia dello Stato sulle passività emesse nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione e, infine, di definire il regime fiscale della cessione di diritti, attività e passività di un ente sottoposto a risoluzione a un ente ponte, ai sensi della disciplina dettata dal decreto legislativo n. 180 del 2015 in tema di risoluzione degli enti creditizi in crisi.
Il testo reca la riforma delle banche di credito cooperativo (articoli 1 e 2) prevedendo che l'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo è consentito solo alle BCC appartenenti ad un gruppo bancario cooperativo; parallelamente vengono innalzati i limiti al numero minimo di soci (500) e al valore nominale della partecipazione detenibile da ciascun socio (100 mila euro) in una BCC. Si stabilisce, inoltre, che la BCC esclusa da un gruppo bancario cooperativo possa continuare l'attività bancaria solo a seguito di un'autorizzazione della Banca d'Italia e trasformazione in S.p.A.
Più in dettaglio, ai sensi dell'articolo 1: l'adesione a un gruppo bancario cooperativo è condizione per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo; il potere di nomina dei membri degli organi di amministrazione e controllo rimane in capo all'assemblea dei soci di ciascuna BCC, ma sono introdotte specifiche eccezioni disciplinate con riferimento ai casi di sottoscrizione di azioni di finanziamento o di esercizio, e ai casi in cui la capogruppo può nominare, opporsi alla nomina o revocare uno o più componenti, fino a concorrenza della maggioranza, degli organi di amministrazione e controllo delle società aderenti al gruppo in virtù del contratto di coesione; lo statuto della BCC deve includere anche l'indicazione dei poteri attribuiti alla Capogruppo; la Banca d'Italia può autorizzare fusioni tra banche di credito cooperativo e banche di diversa natura da cui risultino banche costituite in forma di società per azioni, e non più anche banche popolari; la BCC, esclusa da un gruppo bancario cooperativo, può continuare l'attività bancaria previa autorizzazione della Banca d'Italia e trasformazione in S.p.A. (in assenza di tali condizioni la BCC delibera la propria liquidazione); il gruppo bancario cooperativo è composto dalla società per azioni capogruppo autorizzata all'esercizio dell'attività bancaria, alla quale sono attribuiti contrattualmente poteri di direzione e coordinamento del gruppo sulla base del contratto di coesione, il cui capitale sociale è detenuto in misura maggioritaria dalle BCC appartenenti al gruppo e il cui patrimonio netto è di almeno 1 miliardo di euro, nonché dalle BCC, che aderiscono al contratto di coesione e hanno adottato le connesse clausole statutarie, e dalle società bancarie, finanziarie e strumentali controllate dalla capogruppo; lo statuto della capogruppo deve stabilire un limite al numero massimo di azioni con diritto di voto detenibile direttamente o indirettamente da ciascun socio; il contratto di Pag. 20coesione disciplina la direzione e il coordinamento della capogruppo sul gruppo, indicando la banca capogruppo e i poteri ad essa attribuiti, i quali, nel rispetto delle finalità mutualistiche, devono contemplare l'individuazione e l'attuazione degli indirizzi strategici ed obiettivi operativi del gruppo nonché gli altri poteri necessari per l'attività di direzione e coordinamento; il contatto di coesione prevede i casi in cui la capogruppo ha la facoltà di nominare, opporsi alla nomina o revocare uno o più componenti, fino a concorrenza della maggioranza, degli organi di amministrazione e controllo delle società aderenti al gruppo; si prevede l'obbligo di stabilire contrattualmente la garanzia in solido delle obbligazioni assunte dalla capogruppo e dalle altre banche aderenti; si consente alle BCC di emettere strumenti finanziari partecipativi e alle assemblee di nominare gli amministratori e si prevede l'esenzione dall'obbligo di devolvere il patrimonio ai fondi mutualistici nei casi di fusione, trasformazione, scissione e cessione di rapporti giuridici in blocco ove la banca interessata abbia un patrimonio netto superiore a duecento milioni di euro e versi all'erario il venti per cento delle proprie riserve (cosiddetto opting-out); le BCC possono emettere azioni di finanziamento anche al di fuori di casi di inadeguatezza patrimoniale o amministrazione straordinaria, ove siano sottoscritte dalla capogruppo; lo statuto può modulare i diritti di voto anche in deroga al principio del voto capitario.
L'articolo 2, stabilendo disposizioni attuative, prevede un termine di 18 mesi dall'entrata in vigore del decreto attuativo del Ministro dell'economia e delle finanze per l'invio da parte della potenziale banca capogruppo alla Banca d'Italia della documentazione prevista e un termine per la stipula del contratto di coesione di 90 giorni dall'accertamento preventivo della Banca d'Italia dei requisiti previsti. Si prevede inoltre una clausola di opting-in, in virtù della quale, entro 90 giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese di un nuovo Gruppo bancario cooperativo, una BCC può chiedere di aderire al gruppo costituito.
Il Capo II del provvedimento, composto dagli articoli da 3 a 13, reca misure volte a definire un meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari da attuare mediante la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza.
L'articolo 14 consente di escludere da tassazione, in quanto non costituiscono sopravvenienze attive, i contributi ricevuti a titolo di liberalità dalle imprese soggette a procedure concorsuali – fallimento, concordato preventivo, accordi di ristrutturazione del debito, liquidazione coatta amministrativa – e a procedure di amministrazione straordinaria ovvero di gestione di crisi per gli enti creditizi fino ai 24 mesi successivi alla chiusura della procedura.
L'articolo 15 disciplina il trattamento ai fini Ires e Irap da applicare alle operazioni di cessione di diritti, attività e passività di un ente sottoposto a risoluzione a un ente ponte. In sostanza, il trattamento fiscale della cessione di attività e passività da un soggetto sottoposto a risoluzione ad un ente ponte viene equiparato a quello attualmente previsto in caso di fusioni o di scissioni.
L'articolo 16 prevede l'applicazione dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa sui trasferimenti di immobili nell'ambito di vendite giudiziarie effettuati dalla data di entrata in vigore del provvedimento fino al 31 dicembre 2016.
L'articolo 17 disciplina la procedura e le condizioni per la concessione diretta di crediti a soggetti diversi da consumatori, da parte di fondi di investimento alternativi istituiti in Italia o in un altro Stato membro UE. Sostanzialmente si tratta dei fondi speculativi (hedge funds), dei fondi di private equity, di venture capital, immobiliari, di materie prime, infrastrutturali e altri tipi di fondi istituzionali.
Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, gli articoli 1 e 2 sono riconducibili alle seguenti materie: moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari e tutela della concorrenza, di competenza esclusiva statale ai sensi del secondo comma, lettera e), Pag. 21dell'articolo 117 della Costituzione; ordinamento civile, di competenza esclusiva statale ai sensi del comma 2, lettera l), dell'articolo 117 della Costituzione. Gli articoli da 3 a 13 sono riconducibili alle seguenti materie, di competenza legislativa esclusiva statale ai sensi del secondo comma, lettera e), dell'articolo 117 della Costituzione: moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari e tutela della concorrenza; sistema contabile dello Stato.
Gli articoli da 14 a 16 sono riconducibili alle materie sistema tributario e contabile dello Stato e tutela della concorrenza, di competenza esclusiva statale ai sensi del secondo comma, lettera e), dell'articolo 117 della Costituzione.
L'articolo 17, infine, è riconducibile alla materia moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari e tutela della concorrenza, di competenza legislativa esclusiva statale ai sensi del secondo comma, lettera e), dell'articolo 117 della Costituzione.
Per quanto riguarda la disciplina degli enti cooperativi, sono invece riconducibili alla competenza legislativa residuale delle regioni le attività dirette a promuovere e a favorire la cooperazione. Molti statuti regionali contengono infatti norme sulla promozione e lo sviluppo della cooperazione (quali, l'articolo 55 dello Statuto della regione Calabria; l'articolo 5 dello Statuto della regione Emilia Romagna; l'articolo 4 dello Statuto della regione Marche; gli articoli 3 e 5 dello Statuto della regione Piemonte; l'articolo 4 dello Statuto della regione Toscana; l'articolo 5 dello Statuto della regione Umbria). Si ricorda, infine, che ai sensi dell'articolo 45 della Costituzione, la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. Ai sensi dell'articolo 47 della Costituzione, inoltre, la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme, disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 12.15.
ATTI DELL'UNIONE EUROPEA
Martedì 15 marzo 2016. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.
La seduta comincia alle 12.15.
Programma di lavoro della Commissione per il 2016 – È il momento di andare oltre l'ordinaria amministrazione.
(COM(2015)610 final).
Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2016.
(Doc. LXXXVII-bis, n. 4).
Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea (1o gennaio 2016 – 30 giugno 2017) – Portare avanti l'agenda strategica, elaborato dalle future presidenze neerlandese, slovacca e maltese.
15258/15.
(Seguito dell'esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole).
La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti, rinviato nella seduta del 10 marzo 2016.
Marco MELONI (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 6).
Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.
La seduta termina alle 12.20.
Pag. 22COMITATO DEI NOVE
Martedì 15 marzo 2016.
Disposizioni in materia di acquisto e dismissione delle autovetture di servizio o di rappresentanza delle pubbliche amministrazioni.
Emendamenti C. 3220-A/R Sorial.
Il Comitato dei nove si è riunito dalle 12.20 alle 12.40.
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Martedì 15 marzo 2016.
L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.40 alle 12.50.
AUDIZIONI INFORMALI
Martedì 15 marzo 2016.
Audizione del Capo del Dipartimento della funzione pubblica, dottoressa Pia Marconi, in relazione all'esame dello schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di disciplina delle funzioni del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri in materia di misurazione e valutazione della performance delle pubbliche amministrazioni (Atto n. 268).
L'audizione informale è stata svolta dalle 13.30 alle 14.20.
AVVERTENZA
I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:
COMITATO PERMANENTE PER I PARERI
Ratifica ed esecuzione del Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Panama, fatto a Panama il 25 novembre 2013, e del Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Panama, fatto a Panama il 25 novembre 2013.
Emendamenti C. 3156 Governo, approvato dal Senato.
Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio dei Ministri della Bosnia ed Erzegovina sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 30 gennaio 2013.
Emendamenti C. 3241 Governo, approvato dal Senato.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che istituisce un'associazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'America Centrale, dall'altra, fatto a Tegucigalpa il 29 giugno 2012.
Emendamenti C. 3261 Governo.
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sul reciproco riconoscimento dei titoli attestanti studi universitari o di livello universitario rilasciati nella Repubblica italiana e nella Repubblica popolare cinese, con Allegati, firmato a Pechino, il 4 luglio 2005.
Emendamenti C. 3300 Governo.