SEDE CONSULTIVA
Martedì 24 novembre 2015. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. — Interviene il viceministro dell'economia e le finanze Luigi Casero.
La seduta comincia alle 13.55.
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016).
C. 3444 Governo, approvato dal Senato.
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018 e relativa Nota di variazioni.
C. 3445 Governo, approvato dal Senato e C. 3445-bis Governo, approvata dal Senato.
Tabella n. 1: Stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018.
Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018 (limitatamente alle parti di competenza).
(Relazioni alla V Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).
La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.
Maurizio BERNARDO, presidente, avverte che la Commissione è chiamata a Pag. 79esaminare, ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, il disegno di legge C. 3444, approvato dal Senato, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2016)» ed il disegno di legge C. 3445, approvato dal Senato e relativa Nota di variazione C. 3445-bis, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018», nonché le annesse Tabella 1: Stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018, e Tabella 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2016 e per il triennio 2016-2018.
Fa presente al riguardo che, ai sensi di quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 dell'articolo 119 del Regolamento, la Commissione dovrà sospendere ogni attività legislativa, fatte salve le attività dovute, finché non avrà espresso il parere di competenza sui predetti disegni di legge. Ricapitolando brevemente le modalità di esame dei provvedimenti da parte della Commissione Finanze, rammento che l'esame si concluderà con la trasmissione alla Commissione Bilancio di una relazione per ciascuno stato di previsione e connesse parti del disegno di stabilità, e con la nomina di un relatore, il quale potrà partecipare alle sedute di quella Commissione.
Potranno naturalmente essere presentate proposte di relazione alternative a quelle formulate dal relatore, le quali sarebbero tuttavia poste in votazione solo ove fossero respinte le proposte di relazione del relatore.
Per quanto riguarda gli eventuali emendamenti riferiti alle parti di competenza della Commissione del disegno di legge di stabilità per l'anno 2016, nelle Commissioni in sede consultiva possono essere presentati emendamenti riferiti a tali parti, i quali comunque possono essere presentati direttamente presso la Commissione Bilancio.
Tali emendamenti, ove approvati, non godrebbero comunque di alcun trattamento preferenziale rispetto agli emendamenti presentati direttamente presso la Commissione Bilancio. Essi sarebbero infatti semplicemente allegati alla relazione della Commissione e si intenderebbero presentati, a nome della Commissione di settore, presso la Commissione Bilancio medesima; ove respinti, sarebbero invece necessario che gli stessi fossero ripresentati alla Commissione Bilancio. Anche in questo caso, ai fini della ripresentazione in Assemblea, gli emendamenti approvati dalle Commissioni di settore e respinti dalla Commissione Bilancio devono essere ripresentati su iniziativa dei deputati.
Per quel che concerne l'organizzazione dei lavori, ricordo che la Commissione Finanze dovrà concludere l'esame dei provvedimenti entro questa settimana.
In tale contesto ritengo che le proposte emendative al disegno di legge di stabilità possano essere presentate direttamente presso la Commissione Bilancio, nel termine che sarà fissato nella riunione odierna dell'ufficio di presidenza della V Commissione per venerdì 27 novembre.
Michele PELILLO (PD), relatore, nell'illustrare il contenuto dei provvedimenti in esame, rammenta in primo luogo come la struttura dei documenti di bilancio abbia subito rilevanti modifiche a seguito della complessiva riforma realizzata dalla legge n. 196 del 2009, che ha abrogato la normativa previgente contenuta nella legge n. 468 del 1978.
Ai sensi della citata legge n. 196, la manovra finanziaria triennale si articola ora nella legge di bilancio e nella legge di stabilità (che ha sostituito la legge finanziaria) e, eventualmente, nei disegni di legge collegati.
Per quanto riguarda in particolare la legge di stabilità, è previsto che essa sia correlata con il carattere triennale della manovra, e che debba contenere norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza nel triennio considerato nel bilancio pluriennale.
Più in dettaglio, i contenuti propri della legge di stabilità sono:
l'indicazione del livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del saldo Pag. 80netto da finanziare in termini di competenza, per ciascun anno considerato nel bilancio pluriennale (ivi comprese le eventuali regolazioni contabili e debitorie pregresse) e le variazioni di aliquote, detrazioni e scaglioni, nonché le altre misure che incidono sulla determinazione del quantum della prestazione, in relazione alle diverse tipologie di imposte, tasse e contributi, con effetti a partire dal 1o gennaio dell'anno cui la legge di stabilità medesima si riferisce; in relazione alle sole imposte, essa indica altresì le correzioni conseguenti all'andamento dell'inflazione;
l'indicazione dell'importo massimo da destinare ai contratti del pubblico impiego e alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico;
le regolazioni meramente quantitative rinviate alla legge stabilità dalle leggi vigenti;
norme che comportano aumenti di entrata o riduzioni di spesa, ad esclusione delle norme a carattere ordinamentale ovvero organizzatorio;
le norme eventualmente necessarie a garantire l'attuazione del Patto di stabilità interno, nonché a realizzare il Patto di convergenza, come disciplinato dalla legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale;
le norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi la cui attuazione possa recare pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica;
le norme eventualmente necessarie a garantire l'attuazione del richiamato Patto di stabilità interno e del Patto di convergenza;
le tabelle in allegato alla legge di stabilità, che sono:
1) Tabelle A e B: le quali recano, come nella normativa previgente, gli importi dei fondi speciali per la copertura di nuovi provvedimenti legislativi, rispettivamente di parte corrente e di conto capitale, che si prevede verranno approvati nel corso del futuro esercizio finanziario;
2) Tabella C: la quale contiene autorizzazioni legislative di spese a carattere permanente, dalle quali, rispetto a quanto previsto dalla normativa previgente, vengono espunte le autorizzazioni di spese aventi natura obbligatoria, i cui importi sono corrispondentemente riallocati nel disegno di legge di bilancio, attraverso l'istituzione di appositi capitoli di spesa;
3) Tabella D: la quale riporta i definanziamenti delle autorizzazioni legislative di spesa relativi alla sola parte corrente;
4) Tabella E: la quale reca i contenuti delle previgenti tabelle D, E e F per le spese in conto capitale, con evidenziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e delle rimodulazioni degli importi destinati al finanziamento delle leggi che dispongono spese a carattere pluriennale. La tabella evidenzia separatamente le voci concernenti la legislazione vigente al momento della presentazione del disegno di legge e l'importo definitivo che sconta gli effetti della stessa legge di stabilità.
Rileva quindi, su un piano generale, come il disegno di legge di stabilità debba essere contestualizzato nell'ambito dell'attuale condizione economica del Paese. Al riguardo sottolinea come il provvedimento sia stato predisposto dal Governo a seguito della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2015, la quale, per la prima volta, ha rivisto in crescita le previsioni sul PIL, evidenziando come nella seconda metà del 2015 la situazione economica sia migliorata, e abbia determinato un tasso di crescita del PIL che dovrebbe aggirarsi, a fine anno, intorno all'1 per cento, avviando un percorso di ripresa che continuerà negli anni successivi. Si evidenziano, dunque, confortanti segnali di miglioramento del ciclo economico, che dovranno tuttavia essere rafforzati e sostenuti con grande attenzione.Pag. 81
In tale quadro il disegno di legge di stabilità si qualifica per il suo carattere espansivo, prevedendo misure di contenimento del carico tributario, nonché strumenti volti a aumentare la domanda aggregata. Un ulteriore elemento caratterizzante del provvedimento, che ne rappresenta anche una delle chiavi di lettura, è costituito dall'utilizzo di tutti i margini di flessibilità autorizzati dagli organismi europei rispetto ai vincoli del Patto di stabilità; in particolare si prevede un margine di flessibilità pari allo 0,3 per cento del PIL per nuovi investimenti; un margine di flessibilità pari allo 0,5 per cento del PIL legato alla realizzazione delle riforme strutturali e un ulteriore margine di flessibilità dello 0,2 per cento connesso all'afflusso dei migranti. La Commissione europea, pur non esprimendosi ancora su tutti e tre tali aspetti, ha già indicato che valuterà con attenzione l'uso della clausola di flessibilità relativa agli investimenti, al fine di verificarne l'effettivo utilizzo. La stessa Commissione europea deve inoltre ancora esprimersi sulla clausola di flessibilità dello 0,2 per cento connessa ai flussi migratori, dalla cui approvazione dipende la misura di considerevole riduzione dell'aliquota IRES prevista dal provvedimento a partire dal 2016.
Segnala quindi come gli aspetti politicamente più importanti del provvedimento possano essere sintetizzati in alcuni punti fondamentali.
In primo luogo il disegno di legge dispone, ai commi da 4 a 6, la disattivazione delle clausole di salvaguardia concernenti l'incremento dell'aliquota IVA ordinaria e l'aumento dell'accisa sui carburanti, che sarebbe entrata in vigore a decorrere dal 1o gennaio 2016, ricordando al riguardo come sia già stata disattivata la clausola di salvaguardia che sarebbe scattata a fine 2015.
Un ulteriore elemento qualificante del disegno di legge è dato dall'importante revisione della disciplina della TASI, in particolare attraverso l'esenzione da tale tributo della prima casa, nonché dagli interventi sull'IMU, rispetto ai quali sottolinea i significativi miglioramenti apportati dal Senato. In particolare segnala le previsioni dei commi 28 e 29, introdotte opportunamente dall'altro ramo del Parlamento, le quali dispongono la riduzione del 25 per cento dell'IMU e della TASI sugli immobili locati a canone concordato, introducendo una misura attesa da molti anni, che consentirà di dare sostegno a un settore da lungo tempo in sofferenza. In merito rileva come il gruppo del PD presenterà proposte per rafforzare ulteriormente tale agevolazione e renderla ancor più incisiva. In tale contesto si interviene inoltre, ai commi da 18 a 21, per risolvere finalmente il problema della tassazione immobiliare sui cosiddetti «macchinari imbullonati», nonché per rivedere in modo incisivo, al comma 11, la disciplina IMU sui terreni agricoli, al fine di sostenere un settore strategico dell'economia italiana.
Altrettanto significative risultano le norme, recate dai commi da 53 a 55, che incidono sul regime forfettario previsto per gli esercenti attività d'impresa, nonché esercenti arti e professioni, in forma individuale, nell'ottica di sostenere l'avvio di attività di lavoro autonomo.
Evidenzia inoltre l'importanza delle norme, recate dai commi da 46 a 52, che stabiliscono l'incremento al 140 per cento della percentuale di ammortamento dei beni materiali strumentali nuovi acquistati dal 1o ottobre 2015 al 31 dicembre 2016.
Parimenti significativa risulta la normativa, recata dai commi da 33 a 37, che prevede la riduzione dal 27,5 al 24,5 per cento, a decorrere dal 1o gennaio 2016, dell'aliquota IRES, nonché l'ulteriore abbassamento al 24 per cento di tale aliquota a decorrere dal 2017; a questo riguardo ribadisce, comunque, come tale misura agevolativa sia condizionata all'approvazione, da parte degli organi dell'Unione europea, dell'ulteriore margine di flessibilità dello 0,2 per cento connesso all'emergenza migranti.
Rileva inoltre come non sia stata invece definita la tematica delle previsioni di sostegno in favore del Sud, che dovrà dunque costituire l'elemento cruciale del dibattito alla Camera sul provvedimento. A Pag. 82tale riguardo il gruppo del PD ritiene che i due strumenti introdotti dal disegno di legge di stabilità a sostegno delle imprese, costituiti dall'incremento al 140 per cento della percentuale di ammortamento dei beni strumentali nuovi e dalla decontribuzione, risultino molto efficaci, e possano pertanto essere utilizzati anche per dare risposte alle esigenze del Mezzogiorno, prevedendo che in tale area la percentuale di ammortamento e quella di decontribuzione siano ulteriormente aumentate rispetto a quelle previste per il resto del territorio nazionale.
Sottolinea quindi come la Commissione Finanze possa, come già avvenuto in passato, contribuire in modo fattivo al miglioramento del provvedimento.
Passando quindi a esaminare il contenuto specifico delle singole disposizioni contenute nel disegno di legge C. 3444, recante la legge di stabilità 2016, il quale si compone ora, dopo le modifiche apportate al Senato attraverso l'approvazione del maxiemendamento del Governo, di un solo articolo, suddiviso in 556 commi, evidenzia innanzitutto come in quest'ambito saranno illustrati solo gli aspetti rilevanti per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, che costituiscono peraltro uno dei profili qualificanti del provvedimento.
I commi da 4 a 6 – non modificati dal Senato – disattivano la clausola di salvaguardia introdotta dalla legge di stabilità 2014 e rinviano al 2017 gli aumenti predisposti dall'ulteriore clausola introdotta dalla legge di stabilità 2015.
Tale misura si pone in linea con quanto già preannunciato nel DEF 2015 e confermato in sede di Nota di aggiornamento del DEF 2015, laddove è prevista la copertura della riduzione del gettito tramite tagli di spesa.
In particolare, il comma 4 provvede all'abrogazione del comma 430 della legge di stabilità 2014, che aveva disposto variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e detrazioni vigenti (cosiddette tax expenditures) – da definire con successivo DPCM – tali da assicurare maggiori entrate pari a 3 miliardi di euro per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017. In merito ricorda che già la legge di stabilità 2015 (al comma 208) aveva posticipato al 15 gennaio 2016 la data di emanazione del DPCM, riducendo la previsione di maggiori entrate a 3,272 miliardi per il 2016 e 6,272 miliardi di euro a decorrere dal 2017.
La norma del comma 4 elimina in via definitiva i prospettati aumenti di 3,272 e 6,272 miliardi di euro (prima clausola di salvaguardia).
Contestualmente, i commi 718 e 719 della legge di stabilità 2015 hanno introdotto una nuova clausola di salvaguardia, volta ad incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali (con effetti di maggior gettito stimati nella relazione tecnica in circa 12,8 miliardi nel 2016 e 19,2 miliardi nel 2017) e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro a decorrere dal 2018.
Il comma 5 interviene su tale seconda clausola di salvaguardia, sostanzialmente rinviando al 2017 gli aumenti già previsti per il 2016.
Viene a tal fine modificato il citato comma 718 della legge di stabilità 2015 in più punti:
con una prima modifica alla lettera a), l'aumento dell'aliquota IVA del 10 per cento di due punti percentuali a decorrere dal 1o gennaio 2016 è posticipato al 1 gennaio 2017: conseguentemente, a tale data l'aliquota sarà incrementata di tre punti percentuali, vale a dire dal 10 al 13 per cento;
con una modifica alla lettera b), l'aumento dell'aliquota IVA del 22 per cento di due punti percentuali a decorrere dal 1o gennaio 2016 è posticipato al 1o gennaio 2017 (cioè dal 22 al 24 per cento), mentre l'aumento di un ulteriore punto percentuale dal 1o gennaio 2017 slitta al 1o gennaio 2018 (cioè dal 24 al 25 per cento); è poi soppresso l'ulteriore aumento di 0,5 punti percentuali dal 1o gennaio 2018;
sono quindi ridotte della metà – da 700 a 350 milioni di euro – le maggiori Pag. 83entrate previste a decorrere dal 2018 mediante aumento dell'aliquota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina con piombo, nonché dell'aliquota dell'accisa sul gasolio usato come carburante, (lettera c)).
Il comma 6 disattiva l'ulteriore aumento di accisa previsto dal comma 632 della medesima legge di stabilità 2015, già posticipato al 2016 dal decreto-legge n. 153 del 2015.
Il comma 7, introdotto nel corso dell'esame al Senato, riconosce ai dipendenti dell'amministrazione economico-finanziaria (incluse le agenzie fiscali) ai quali siano state affidate le mansioni della Terza Area del CCNL di comparto a seguito di un concorso interno (e retrocessi alla Seconda Area a seguito di una sentenza del TAR del Lazio) sia il relativo trattamento economico (a titolo individuale e in via provvisoria) sia lo svolgimento delle funzioni espletate.
In particolare, la norma, «al fine di evitare un pregiudizio alla continuità dell'azione amministrativa», conferma, per via legislativa e sino ad una specifica disciplina contrattuale, ai dipendenti dell'amministrazione economico-finanziaria (incluse le agenzie fiscali) ai quali siano state affidate le mansioni della terza area (in relazione ai contratti individuali di lavoro a tempo indeterminato stipulato in esito al superamento di concorsi banditi in applicazione del C.C.N.L. di comparto quadriennio 1998-2001), lo svolgimento delle funzioni espletate, con conferma del relativo trattamento economico (comunque a titolo individuale e in via provvisoria). Tale riconoscimento opera, ad ogni modo, nei limiti delle facoltà assunzionali a tempo indeterminato e delle vacanze di organico previste per le strutture interessate.
In sostanza la norma avrebbe lo scopo di risolvere il caso dei circa 700 funzionari dell'Agenzia delle Entrate che, vincitori del concorso interno bandito il 26 luglio del 2001, appartenenti alla ex posizione economica B3 (attuale F3 della Seconda Area) ed inquadrati il 1o febbraio del 2007 in soprannumero nell'ex posizione C1 (attuale F1 della Terza Area), sono stati retrocessi dalla terza alla seconda area (e inquadrati nella stessa posizione economica che ricoprivano nel 2007) in seguito alla sentenza del TAR del Lazio n. 12321/2008.
I commi da 8 a 24 apportano sostanziali modifiche all'assetto della tassazione immobiliare e, per effetto delle modifiche apportate al Senato, anche al regime fiscale delle imposte sui trasferimenti immobiliari.
Più in dettaglio, il comma 11 ridisegna il perimetro dell'esenzione IMU – prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992 – per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, chiarendo che l'esenzione si applica sulla base dei criteri individuati dalla circolare n. 9 del 14 giugno 1993.
Detta circolare reca l'individuazione dei comuni cosiddetti montani o collinari, in cui opera l'esenzione IMU (originariamente, a fini ICI) in favore dei terreni agricoli.
A tale riguardo ricorda che, dal 2016, essi sono esenti da imposta in virtù della loro ubicazione in un comune classificato montano o collinare. La richiamata circolare chiarisce che, ove accanto all'indicazione del comune non sia riportata alcuna annotazione, l'esenzione opera sull'intero territorio comunale. Ove sia riportata l'annotazione «parzialmente delimitato», con la sigla «PD», l'esenzione opera limitatamente ad una parte del territorio comunale.
Oltre a tali esenzioni, valevoli per i terreni agricoli ricadenti in specifiche aree, il predetto comma 11 esenta dall'IMU gli altri terreni agricoli in virtù di ulteriori caratteristiche:
a) se posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;
b) ubicati nei comuni delle isole minori indipendentemente, dunque, dal Pag. 84possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;
c) a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.
In merito rammenta che, attualmente, ai sensi del decreto-legge n. 4 del 2015, l'esenzione si applica:
1) ai terreni agricoli, nonché a quelli incolti ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani Istat;
2) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati ubicati nei comuni delle isole minori;
3) ai terreni agricoli nonché a quelli incolti posseduti e condotti – anche in comodato ed in affitto – dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani ai sensi del citato elenco Istat.
A decorrere dall'anno 2015, per i terreni ubicati nei comuni della cosiddetta «collina svantaggiata», posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, spetta una detrazione di 200 euro. Inoltre, sono esenti i terreni a immutabile destinazione agro-silvo pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che non ricadono in zone montane o di collina, come definite dalla disciplina secondaria (di cui al decreto ministeriale 28 novembre 2014).
I terreni agricoli sono inoltre esenti dalla TASI (decreto-legge n. 16 del 2014).
La norma in oggetto determina la conseguente imponibilità ai fini IRPEF dei redditi dominicali relativi ai terreni agricoli precedentemente soggetti all'IMU.
Infatti, in base agli articoli 8, comma 1, e 9, comma 9, del decreto legislativo n. 23 del 2011, l'IMU sostituisce l'IRPEF e le relative addizionali in relazione al reddito fondiario dei fabbricati non locati e dei terreni non affittati, per la componente dominicale (cosiddetto effetto di sostituzione IMU/IRPEF).
Segnala al riguardo che il comma 517, modificando l'articolo 1, comma 512, della legge n. 228 del 2012, fissa nel 30 per cento, in luogo dell'attuale 7 per cento, la rivalutazione dei redditi dominicale e agrario a decorrere dal periodo di imposta 2016. Da tale rivalutazione sono esclusi i terreni agricoli e quelli non coltivati posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola.
In conseguenza delle modifiche al panorama delle esenzioni IMU, la lettera b) del comma 8 abroga la misura ridotta del moltiplicatore (75) – necessario per determinare la base imponibile IMU – applicabile ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (secondo periodo dell'articolo 13, comma 5, del decreto-legge n. 201 del 2011).
La lettera c) del medesimo comma 8 elimina la franchigia per l'applicazione dell'IMU ai terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (abrogando il comma 8-bis dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201).
Ricorda che le norme vigenti, a fini IMU, qualificano come non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola; il valore dell'immobile è calcolato applicando al reddito dominicale, rivalutato (del 25 per cento), un moltiplicatore pari a 75 dal 1o gennaio 2014 (articolo 1, comma 707, della legge di stabilità 2014). L'aliquota IMU per i terreni agricoli è quella ordinaria dello 0,76 per cento. I comuni possono aumentarla o diminuirla sino a 0,3 punti percentuali.
È prevista una franchigia per i terreni agricoli di valore pari o inferiore a 6000 euro, in presenza delle condizioni di legge (possesso e conduzione da parte di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali); Pag. 85oltre il predetto importo l'applicazione dell'IMU avviene per scaglioni.
Segnala quindi come dal 2016 sia abrogata inoltre:
la normativa specifica disposta dal decreto-legge n. 4 del 2015 (articolo 1, commi da 1 a 6) in tema di esenzioni IMU per i terreni agricoli ubicati in aree montane, nonché la disciplina delle variazioni compensative di risorse per i comuni (commi da 7 a 9), conseguenti dall'attuazione del suddetto sistema di esenzioni IMU introdotto dal decreto-legge medesimo; – la disposizione di cui all'articolo 1, comma 9-bis, del richiamato decreto-legge, che attribuiva risorse ai comuni, a decorrere dall'anno 2015, per assicurare a tali enti il ristoro del minor gettito dell'IMU derivante dall'applicazione della detrazione per i cd. terreni di collina svantaggiata, di cui all'articolo 1, comma 1-bis, del menzionato decreto-legge. Illustra quindi la lettera a) del comma 8, inserita al Senato, la quale, in materia di IMU degli immobili dati in comodato a figli o genitori, esenta dall'IMU:
gli immobili concessi in comodato d'uso a parenti in linea retta di primo grado (genitori o figli) a specifiche condizioni, sostituendo così con l'esenzione ex lege l'analoga, vigente facoltà concessa ai comuni;
gli immobili concessi in comodato a parenti disabili entro il secondo grado, in linea retta o collaterale.
A tal fine è modificato il comma 2 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, che tra l'altro disciplina le esenzioni IMU per gli immobili assimilati all'abitazione principale.
In primo luogo, viene espunta dal comma 2 la vigente norma, che concede ai comuni la facoltà di considerare direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare concessa in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzano come abitazione principale, prevedendo che l'agevolazione operi o limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di euro 500, oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con ISEE non superiore a 15.000 euro annui.
Inoltre viene introdotta una nuova lettera d-bis) nel comma 2 dell'articolo 13, recante un'esenzione ex lege per le unità immobiliari – purché non classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, ossia quelle «di lusso» – date in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado, alle seguenti e concomitanti condizioni:
che il comodatario la destini ad abitazione principale e che non possieda un altro immobile ad uso abitativo in Italia;
che il contratto sia registrato;
che il comodante abbia adibito, nel 2015, lo stesso immobile come abitazione principale e che non possieda un altro immobile ad uso abitativo in Italia.
Per l'applicazione dell'esenzione, il soggetto passivo deve attestare il possesso dei requisiti nella dichiarazione IMU.
Sebbene tali norme sostituiscano una facoltà dei comuni con l'esenzione IMU ex lege per gli immobili concessi in comodato a figli o genitori, le condizioni poste dalle nuove norme appaiono più stringenti di quanto previsto a legislazione vigente e, dunque, sembrano ridurre la platea dei potenziali destinatari dell'agevolazione.
Tra le condizioni poste vi è la necessità che il comodante abbia adibito l'immobile ad abitazione principale nel 2015, escludendo, dunque, tale agevolazione ove l'assegnazione in comodato ai soggetti aventi gli altri requisiti di legge sia avvenuta in periodi precedenti e permanga al momento di entrata in vigore della norma in esame.
La stessa nuova lettera d-bis) esenta da IMU l'immobile concesso in comodato d'uso a parenti entro il secondo grado, in linea retta o collaterale, purché disabili.
Illustra il comma 13, inserito dal Senato, che esenta dall'IMU le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie Pag. 86a proprietà indivisa destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in deroga al richiesto requisito della residenza anagrafica.
Più in dettaglio, segnala come venga aggiunto un periodo all'articolo 13, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 201 del 2011, che esenta da IMU le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari. Per effetto delle modifiche in esame, l'esenzione è estesa alla suddetta tipologia di cooperativa edilizia, anche se i soci non vi hanno trasferito la residenza anagrafica.
La lettera d) del comma 8 apporta modifiche all'articolo 13, comma 13-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011, norma che – tra l'altro – fissa i termini per l'invio al MEF da parte dei comuni delle delibere su aliquote e detrazioni IMU, nonché dei regolamenti locali dell'imposta stessa. In particolare detta scadenza è anticipata dal 21 al 14 ottobre di ciascun anno e viene precisato che tale termine è perentorio.
Rammenta che l'invio tempestivo delle informazioni influisce sul versamento della seconda rata IMU da parte dei soggetti passivi d'imposta: il mancato invio comporta l'applicazione delle norme dell'anno precedente.
Il versamento della seconda rata è infatti effettuato sulla base degli atti pubblicati nel sito del MEF alla data del 28 ottobre di ciascun anno di imposta; a tale scopo le norme fissano al 21 ottobre il termine per l'invio di regolamenti e delibere, che le modifiche in esame anticipano al 14 ottobre.
Il comma 9 elimina la riserva di disciplina disposta a favore delle province autonome di Trento e di Bolzano, abrogando a tal fine l'ultimo periodo del comma 8 dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 23 del 2011 (cosiddetto «federalismo fiscale municipale», nel quale è stata originariamente disciplinata l'IMU e che reca tuttora parte della normativa vigente).
Ricorda che il comma 1-bis dell'articolo 80 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972) dispone che, nel caso di tributi locali istituiti con legge dello Stato, la legge provinciale può consentire agli enti locali di modificare le aliquote e di introdurre esenzioni, detrazioni o deduzioni nei limiti delle aliquote superiori definite dalla normativa statale e può prevedere, anche in deroga alla disciplina statale, modalità di riscossione.
Passa quindi a illustrare il comma 10, introdotto al Senato, il quale prevede che il principio di sostituzione imposte immobiliari/IRPEF esplichi i propri effetti anche con riferimento alle imposte immobiliari istituite dalle province autonome nell'ambito della relativa autonomia, con efficacia dal 2014.
Di conseguenza, con le modifiche in esame anche le imposte immobiliari delle province autonome sostituiscono, per la componente immobiliare, l'IRPEF e le addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati (nonché l'ICI, di fatto non più applicabile), fatto salvo il parziale assoggettamento a IRPEF del reddito di immobili non locati siti nello stesso comune dell'abitazione principale.
Più in dettaglio, la norma estende all'IMI e all'IMIS (istituite rispettivamente dalla provincia di Bolzano e dalla provincia di Trento) gli effetti dell'articolo 8, comma 1 del decreto legislativo n. 23 del 2011 in tema di federalismo municipale, in forza del quale l'IMU sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, nonché l'imposta comunale sugli immobili. Viene fatto salvo quanto disposto all'articolo 9, comma 9, terzo periodo, che assoggetta a IRPEF per il 50 per cento il reddito degli immobili ad uso abitativo, non locati, situati nello stesso comune nel quale si trova l'immobile adibito ad abitazione principale, assoggettati all'imposta municipale propria. Pag. 87
La norma si applica retroattivamente, cioè a decorrere dal periodo d'imposta 2014.
I commi 28 e 29, inseriti al Senato, prevedono una riduzione del 25 per cento di IMU e TASI per le unità immobiliari locate a canone concordato.
Più in dettaglio, il comma 28, inserendo il comma 6-bis all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, chiarisce che per gli immobili locati a canone concordato (di cui alla legge n. 431 del 1998), l'imposta, determinata applicando l'aliquota stabilita dal comune ai sensi del comma 6, è ridotta al 75 per cento.
Ricorda che il richiamato comma 6 fissa l'aliquota di base IMU (0,76 per cento) che è manovrabile dai Comuni con delibera («forchetta» dello 0,3 per cento).
Il comma 29 prevede un'analoga misura di imposta ridotta con riferimento, però, alla TASI e dunque modificando la disciplina istitutiva del tributo di cui alla legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2015). In particolare viene aggiunto alla fine del comma 678 della legge n. 147 un nuovo periodo, ai sensi del quale – analogamente a quanto visto sopra – per gli immobili locati a canone concordato l'imposta, determinata applicando l'aliquota stabilita dal comune «ai sensi del comma 6», è ridotta al 75 per cento.
In proposito segnala come il citato comma 678 della legge n. 147 si occupi del regime TASI per i fabbricati rurali strumentali e non, invece, per gli immobili ad uso abitativo cui si applica il cosiddetto canone concordato. Inoltre nella norma vi è un riferimento erroneo al «comma 6», evidentemente frutto di un refuso, laddove la disciplina dell'aliquota TASI è contenuta nel comma 676 della legge di stabilità 2014, cui sarebbe pertanto più opportuno riferire la modifica.
Il comma 12 reca modifiche alla TASI, istituita dalla legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013).
In particolare, le lettere a) e b) del comma 12 eliminano l'applicazione della TASI all'abitazione principale (ad eccezione degli immobili di pregio, su cui la tassazione permane) sia nel caso in cui l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale dal possessore, sia nell'ipotesi in cui è il detentore a destinare l'immobile detenuto ad abitazione principale.
In merito rammenta che la legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, ai commi 639 e seguenti) ha istituito l'Imposta Unica Comunale (IUC), che si basa su due presupposti impositivi, l'imposta municipale propria (IMU), di natura patrimoniale dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali; l'altro collegato alla fruizione di servizi comunali ed a sua volta articolato nel tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell'utilizzatore dell'immobile, e nella tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell'utilizzatore.
Per quanto riguarda la TASI, soggetto passivo è il possessore o il detentore dell'immobile; la base imponibile è il valore dell'immobile rilevante a fini IMU. La TASI ha un'aliquota base dell'1 per mille, che può essere manovrata dai comuni.
Ove l'unità immobiliare sia occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale sull'unità immobiliare, quest'ultimo e l'occupante sono titolari di un'autonoma obbligazione tributaria. L'occupante versa la TASI nella misura, stabilita dal comune con regolamento, compresa fra il 10 e il 30 per cento dell'ammontare complessivo della TASI, mentre la restante parte è corrisposta dal titolare del diritto reale sull'unità immobiliare.
Per effetto del decreto-legge n. 16 del 2014, i comuni possono elevare l'aliquota massima TASI di un ulteriore 0,8 per mille rispetto al limite di legge (2,5, fissato dalla legge di stabilità 2014). Di conseguenza, l'aliquota massima per la TASI sull'abitazione principale nel 2014 e 2015 è stata fissata in misura pari al 3,3 per mille (articolo 1, comma 679 della legge n. 190 del 2014, legge di stabilità 2015).
Più in dettaglio, segnala come la lettera a) del comma 12, modificando il comma 639 della legge n. 147 del 2013, esenti dalla TASI le unità immobiliari destinate Pag. 88ad abitazione principale dal possessore nonché dall'utilizzatore e dal suo nucleo familiare.
Restano assoggettate a TASI (che si aggiunge all'IMU) le unità immobiliari destinate ad abitazione principale dal possessore e dall'utilizzatore e dal suo nucleo familiare classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, ossia gli immobili di lusso, le ville ed i castelli.
La lettera b) del comma 12 modifica di conseguenza il presupposto dell'imposta, chiarendo che esso è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati e di aree fabbricabili (di cui al comma 669 della legge di stabilità 2014) ad eccezione dei terreni agricoli e dell'abitazione principale, come definiti ai sensi dell'imposta municipale propria e fatta eccezione per gli immobili di lusso sopra menzionati.
Per effetto delle modifiche apportate al Senato, è stato precisato che il rinvio alle definizioni di imposta municipale propria è effettuato con riferimento a quanto previsto dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, che è a sua volta modificato dal disegno di legge di stabilità.
In merito ricorda che il richiamato comma 2 dell'articolo 13, oltre a recare una stringente definizione di abitazione principale del contribuente e ad individuare i conduttori dei terreni agricoli qualificati ad usufruire delle agevolazioni di legge, prevede specifiche assimilazioni all'abitazione principale: alcune possono essere deliberate dai comuni (come quella per l'immobile di anziani o disabili residenti in istituti di ricovero o sanitari) ed altre sono previste ex lege. Tra l'altro, dal 2015 è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso. Inoltre, il comma 2 dispone esplicitamente che l'imposta municipale propria non si applica ad alcune specifiche ipotesi (immobili dei soci di cooperative, agli alloggi sociali, alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio; immobili del personale di Forze armate, Forze di polizia, Vigili del fuoco e carriera prefettizia).
Illustra quindi la lettera d) del comma 12 (aggiungendo due periodi alla fine del comma 681 della legge di stabilità 2014), la quale dispone che, nel caso in cui il detentore dell'immobile lo adibisca ad abitazione principale, escluse le categorie catastali A/1, A/8 e A/9, il versamento della TASI è effettuato in una percentuale stabilita dal comune nel regolamento relativo all'anno 2015. Ove il comune non abbia inviato tempestivamente la delibera, ovvero nel caso di mancata determinazione della predetta percentuale, la quota a carico del possessore è pari al 90 per cento dell'ammontare complessivo del tributo.
La lettera c) del comma 12 reca agevolazioni TASI per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita; aggiungendo un periodo al comma 678 viene chiarito che detti immobili (cd. beni-merce), fintantoché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, pagano la TASI con aliquota ridotta allo 0,1 per cento; i comuni possono modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in diminuzione, fino all'azzeramento.
Rammenta che tale agevolazione si aggiunge all'esenzione completa da IMU disposta dal decreto-legge n. 102 del 2013, alle medesime condizioni (permanenza della destinazione alla vendita e mancata locazione).
La lettera e) del comma 12, analogamente a quanto previsto per l'IMU dalla lettera d) del comma 8, con una modifica al comma 688 anticipa dal 21 al 14 ottobre di ciascun anno il termine per l'invio tempestivo, da parte di ciascun comune, delle delibere relative alla TASI (regolamento, aliquote e detrazioni) mediante l'inserimento, per via telematica, nel Portale del federalismo fiscale ai fini della pubblicazione sul sito del MEF. Pag. 89
Ai sensi del comma 688, analogamente a quanto previsto per l'IMU dal decreto-legge n. 201 del 2011, il versamento della prima rata della TASI è eseguito sulla base dell'aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell'anno precedente, mentre il versamento della rata a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno è eseguito, a conguaglio, sulla base degli atti pubblicati nell'apposito sito informatico (di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360) alla data del 28 ottobre di ciascun anno di imposta; a tal fine il comune è tenuto ad effettuare l'invio tempestivo delle delibere entro il 21 ottobre dello stesso anno (termine anticipato al 14 ottobre dalle norme in esame), mediante inserimento del testo degli stessi nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano gli atti adottati per l'anno precedente.
Il comma 24 mantiene ferma per l'anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati (tra cui le abitazioni principali «di lusso»), la possibilità per i comuni di maggiorare l'aliquota TASI dello 0,8 per mille, ove tale maggiorazione sia stata deliberata entro il 30 settembre 2015, per l'anno 2015, nel rispetto delle condizioni previste dalla legge (di cui al comma 677 della legge di stabilità 2014).
In merito ricorda che il richiamato comma 677 consente al comune di determinare l'aliquota TASI rispettando in ogni caso il vincolo in base al quale la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile non sia superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile. Inoltre lo stesso comma aveva fissato per il 2014 ed il 2015 il livello massimo di imposizione della TASI al 2,5 per mille.
Nel 2014 e nel 2015 i comuni sono stati autorizzati a superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, a specifiche condizioni, ovvero a patto di finanziare detrazioni d'imposta sulle abitazioni principali che generino effetti equivalenti alle detrazioni IMU.
Attraverso tale previsione, la possibilità di maggiorazione è confermata anche per l'anno 2016.
Per effetto delle modifiche apportate al Senato viene precisato che, con riferimento al 2015, sono valide le deliberazioni relative a regolamenti, aliquote e tariffe di tributi adottate dai comuni entro il 30 settembre 2015, ove siano state correttamente e compiutamente espletate le procedure di pubblicazione previste dalla legge.
Tale disposizione è in esplicita deroga alle disposizioni generali (all'articolo 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006) sulle delibere di tariffe e aliquote relative ai tributi di competenza degli enti locali, che deve avvenire entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione.
La legge prevede infatti che se le deliberazioni sono approvate successivamente all'inizio dell'esercizio – purché entro il termine innanzi indicato – hanno effetto dal 1o gennaio dell'anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno.
Il comma 14 apporta modifiche alla disciplina dell'IVIE, ossia dell'imposta sugli immobili all'estero, istituita e disciplinata dall'articolo 19 del richiamato decreto-legge n. 201 del 2011, disponendo anche in tal caso l'esenzione della prima casa dei contribuenti.
Il comma interviene, in particolare, sulle riduzioni dell'IVIE previste per l'immobile adibito all'estero ad abitazione principale del contribuente e le relative pertinenze. Mediante sostituzione del comma 15-bis dell'articolo 19 del menzionato decreto-legge n. 201 del 2011, la disciplina viene allineata a quella dell'IMU, dunque con esenzione da IVIE per la «prima casa» e gli immobili assimilati, fatta eccezione per l'imposta sui cd. immobili Pag. 90di lusso, con detrazione di 200 euro e applicazione di un'aliquota ridotta allo 0,4 per cento.
Osserva quindi come l'IVIE non si applichi al possesso dell'abitazione principale e delle pertinenze della stessa e alla casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Ove l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.
Passa quindi a illustrare i commi 15 e 16, i quali recano le misure compensative del minor gettito IMU e TASI conseguente dall'attuazione del nuovo sistema di esenzione introdotto dai commi da 8 a 14, 28 e 29, prevedendo per i comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna un incremento del Fondo di solidarietà comunale e per i comuni delle regioni a statuto speciale cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale (Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta) un minor accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.
In dettaglio, il comma 15, modificando i commi 380-ter e 380-quater dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità per il 2013) ed inserendo in essa i nuovi commi da 380-sexies a 380-octies, interviene sul Fondo di solidarietà comunale, che rappresenta il fondo per il finanziamento dei comuni con finalità di perequazione, alimentato con quota parte dell'IMU di spettanza dei comuni stessi.
In particolare, le lettere da a) a c) del comma 15 mirano, innanzitutto, ad incrementare la dotazione annuale del Fondo medesimo a partire dall'anno 2016, al fine di tenere conto dell'esenzione prevista dall'articolo in esame per l'IMU e la TASI per gli immobili adibiti ad abitazione principale (e, con riferimento alla sola IMU, per i terreni agricoli), rideterminando la quota parte dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente. A tal fine viene novellato in più punti il comma 380-ter dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012, che reca la disciplina del Fondo di solidarietà comunale a decorrere dall'anno 2014.
In merito la dotazione annuale del Fondo di solidarietà comunale, quantificata dal vigente comma 380-ter in 6.547,1 milioni di euro per gli anni 2015 e successivi, viene incrementata di 3.746,75 milioni di euro a decorrere dal 2016, quale ristoro del minor gettito derivante ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna dalle esenzioni disposte dal provvedimento.
Al tempo stesso, viene ridotta la quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni, che alimenta la dotazione del Fondo medesimo, e che viene a tal fine versata dai comuni all'entrata del bilancio dello Stato nei singoli esercizi, dagli attuali 4.717,9 milioni a 2.768,8 milioni di euro per ciascuno degli anni a decorrere dal 2016. Riducendosi la quota di IMU di spettanza comunale che alimenta il Fondo, si riduce di conseguenza – specifica la norma – anche la dotazione «di base» del Fondo di solidarietà comunale di 1.949,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2016.
In sostanza, la dotazione del Fondo di solidarietà comunale, a decorrere dal 2016, verrebbe a determinarsi, annualmente, nell'importo di 8.266,1 milioni di euro, assicurata, per un importo pari a 2.768,8 milioni, attraverso una quota dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni che viene a tal fine versata all'entrata del bilancio dello Stato nei singoli esercizi.
Nel disegno di legge di bilancio per il 2016, il Fondo, iscritto sul capitolo 1365/Interno, presenta una dotazione di 4.259,3 milioni di euro per il 2016 e di 4.319,3 milioni per gli anni 2017 e 2018.
La lettera b) del comma 15 stabilisce inoltre nuovi termini per l'emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di riparto del Fondo rispetto a quelli attualmente indicati (il 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento), ora fissati al 30 aprile 2016 per l'anno 2016 ed entro il 30 novembre Pag. 91dell'anno precedente a quello di riferimento per gli anni 2017 e successivi.
La lettera c) del comma 15 sostituisce la lettera d) del citato comma 380-ter della legge n. 228 del 2012, disponendo che con il D.P.C.M. di riparto del Fondo può essere variata (e non soltanto incrementata, come previsto dal testo vigente) la quota di gettito dell'IMU di spettanza comunale che affluisce al fondo stesso e, corrispondentemente, rideterminata la dotazione del Fondo medesimo. Anche le modalità di versamento al bilancio dello Stato sono stabilite con il medesimo D.P.C.M.
Ricorda che il testo vigente della citata lettera d) del comma 380-ter prevede soltanto la possibilità di incrementare, con lo stesso D.P.C.M. di riparto del Fondo, la quota di gettito dell'IMU di spettanza comunale che affluisce al fondo stesso. In tale ipotesi, va rideterminato l'importo da versare all'entrata del bilancio dello Stato, con modalità da determinare con il medesimo D.P.C.M. La eventuale differenza positiva tra tale nuovo importo e lo stanziamento iniziale è versata al bilancio statale, per essere riassegnata al fondo medesimo.
Le lettere d) ed e) del comma 15 riguardano i criteri di riparto del Fondo di solidarietà comunale.
In particolare, la lettera d) interviene sulle modalità di ripartizione della quota del Fondo da distribuire ai comuni delle regioni a statuto ordinario secondo logiche di tipo perequativo.
In dettaglio specifica come, attraverso modifiche al comma 380-quater dell'articolo 1 della legge n. 288 del 2012, si provveda:
ad aumentare progressivamente negli anni la percentuale del Fondo di solidarietà comunale che viene annualmente accantonata per essere redistribuita tra i comuni sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard. Tale quota, attualmente stabilita nel 20 per cento, viene portata al 30 per cento per l'anno 2016, al 40 per cento per l'anno 2017 e al 55 per cento per l'anno 2018;
a precisare che per l'anno 2016 saranno utilizzati, ai fini del riparto, i fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale entro il 31 marzo 2016;
ad estendere all'anno 2016 la disposizione che determina l'ammontare complessivo di riferimento della capacità fiscale dei comuni delle regioni a statuto ordinario, fissandola in misura pari all'ammontare complessivo delle risorse nette spettanti ai predetti comuni a titolo di imposta municipale propria (IMU) e di tributo per i servizi indivisibili, ad aliquota standard (TASI all'1 per mille), nonché a titolo di Fondo di solidarietà comunale netto per l'anno 2016. Tale importo corrisponde al 45,8 per cento dell'ammontare complessivo della capacità fiscale.
La lettera e) del comma 15, introducendo i nuovi commi da 380-sexies a 380-octies nell'articolo 1 della legge n. 288 del 2012, disciplina i criteri di riparto della quota incrementale del Fondo di solidarietà comunale, pari a 3.746,75 milioni a decorrere dal 2016, assegnata a ristoro del mancato gettito delle esenzioni IMU/TASI.
In particolare, è previsto:
che il suddetto incremento, sia ripartito, in sede di riparto del Fondo complessivo, con il medesimo D.P.C.M. previsto dal comma 380-ter, lettera b), in base al gettito effettivo derivante dagli immobili esentati relativo all'anno 2015 (nuovo comma 380-sexies);
che a decorrere dal 2016, per i comuni delle regioni a statuto ordinario, che l'ammontare del fondo, non distribuita secondo il criterio perequativo e al netto del ristoro del mancato gettito di cui al comma 380-sexies, sia determinata in misura tale da garantire proporzionalmente la dotazione netta del fondo di solidarietà comunale 2015. Relativamente ai comuni di Sicilia e Sardegna per i quali non si applica il criterio della perequazione basato sulla differenza tra capacità fiscali e Pag. 92fabbisogni standard, tale disposizione di garanzia riguarda l'intero ammontare del Fondo (nuovo comma 380-septies);
che ai fini della disposizione di cui sopra, per dotazione netta si intende la differenza tra le assegnazioni di risorse, al netto degli importi erogati ai sensi del comma 380-sexies per ciascun comune, e la quota di alimentazione del Fondo a carico di ciascun comune (nuovo comma 380-septies).
Il comma 16 disciplina la compensazione del minor gettito IMU e TASI per i comuni delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, a cui la legge attribuisce competenza in materia di finanza locale, attraverso un minor accantonamento a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, ai sensi dell'articolo 13, comma 17, del decreto-legge n. 201 del 2011.
La Relazione tecnica stima l'onere complessivo della suddetta compensazione pari a 85,5 milioni di euro, di cui 7,428 milioni relativi alle disposizioni di cui al comma 1.
Passa quindi a illustrare il comma 17, il quale attribuisce ai comuni, per l'anno 2016, un contributo di complessivi 390 milioni di euro, che appare conseguente alle norme di fiscalità immobiliare relative ai limiti massimi posti delle aliquote d'imposta.
Rammenta in proposito che il comma 24 mantiene ferma per l'anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi delle norme in esame (tra cui le abitazioni principali «di lusso»), la possibilità per i comuni di maggiorare l'aliquota TASI dello 0,8 per mille, ove tale maggiorazione sia stata deliberata entro il 30 settembre 2015, per l'anno 2015, nel rispetto delle condizioni di legge.
Più in dettaglio, la norma stabilisce che la quota di spettanza di ciascun comune è stabilita con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 28 febbraio 2016, in misura proporzionale alle somme attribuite ai sensi del decreto ministeriale Economia 6 novembre 2014, adottato ai sensi dell'articolo 1, comma 731, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), con il quale è stato effettuato il riparto tra i comuni – sulla base dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI – dell'analogo contributo concesso per l'anno 2014 e di quota parte di quello concesso per il 2015.
Ricorda, infatti, che analoghi contributi sono stati concessi ai comuni a partire dal 2014, ai sensi dell'articolo 1, comma 731, della legge di stabilità 2014, come modificata dall'articolo 1, comma 1, lettera d), del decreto-legge n. 16 del 2014.
In particolare, per l'anno 2014, il contributo, pari a 625 milioni di euro, è stato ripartito con il decreto del 6 novembre 2014 tenendo conto dei gettiti standard ed effettivi dell'IMU e della TASI. Per l'anno 2015, il contributo è stato concesso nell'importo di 530 milioni di euro, ai sensi dell'articolo 8, comma 10, del decreto-legge n. 78 del 2015 e ripartito con decreto ministeriale 22 ottobre 2015.
La disposizione sembra dunque finalizzata a fornire adeguato sostegno finanziario ai comuni anche per l'anno 2016, in ragione degli oneri da essi sostenuti con riferimento alla fiscalità immobiliare.
Le somme assegnate ai sensi del comma 17 non sono considerate tra le entrate finali rilevanti ai fini del vincolo del pareggio di bilancio degli enti locali, come disciplinato dai commi da 407 a 429.
Il medesimo comma 17, il quale entra in vigore il giorno stesso della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento, autorizza, ai fini del contributo, l'utilizzo delle somme iscritte in conto residui nel bilancio per l'anno 2015, nel limite di 390 milioni di euro, del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili. Tali somme sono fine versate all'entrata del bilancio dello Stato nell'anno 2016.
L'utilizzo di tali somme per finanziare il contributo in favore dei comuni comporta oneri in termini di minori interessi attivi per lo Stato determinati dal venir meno della restituzione, da parte degli enti beneficiari, della quota interessi delle anticipazioni Pag. 93di liquidità del Fondo di cui all'articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013, le cui risorse sono ora destinate a trasferimenti a fondo perduto, che la Relazione tecnica quantifica in circa 2,7 milioni per il 2017, 2,6 milioni per l'anno 2018 e in 2,6 milioni a decorrere dall'anno 2019.
Segnala quindi i commi da 18 a 21, i quali introducono agevolazioni in materia di accatastamento e, dunque, di tassazione degli immobili a uso produttivo e a destinazione speciale, assegnando inoltre un contributo ai comuni per compensare la perdita di gettito derivante dall'applicazione delle nuove regole di accatastamento di detti immobili.
In sostanza i macchinari, i congegni, le attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo, sono esclusi dalla stima diretta ai fini dell'attribuzione della rendita catastale. A tale metodo rimangono soggetti il suolo, le costruzioni e i soli impianti che, ordinariamente, accrescono la qualità e l'utilità dell'unità immobiliare, indipendentemente dal processo produttivo nella stessa svolto. Di conseguenza, le predette tipologie di beni escluse dalla stima diretta sono altresì escluse dai relativi effetti fiscali, in particolare per quanto riguarda l'assoggettamento alle imposte immobiliari.
In particolare il comma 18 chiarisce che, dal 1o gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, sia effettuata tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l'utilità, nei limiti dell'ordinario apprezzamento.
Vengono esplicitamente esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo (ivi compresi i cd. «imbullonati»).
In merito ricorda che la rendita catastale degli immobili produttivi è attribuita per stima diretta, per ogni singola unità. La valutazione tecnica è operata dai professionisti incaricati, al momento della presentazione dei documenti di aggiornamento catastale (procedura «Docfa») ed è verificata dai tecnici dell'Agenzia delle entrate al momento dell'accertamento sugli aggiornamenti e sulle rendite proposte dalla parte, nei termini previsti dalla normativa.
La legge di stabilità 2015 (commi 244 e 245 della legge n. 190 del 2014) ha introdotto una norma interpretativa (dunque con applicazione retroattiva) in materia, prevedendo che essa debba trovare applicazione secondo le istruzioni di cui alla circolare dell'Agenzia del territorio n. 6/2012 del 30 novembre 2012.
Detta Circolare ha chiarito che al fine di valutare quale impianto sia incluso o meno nella stima catastale, deve farsi riferimento non solo al criterio dell'essenzialità dello stesso per la destinazione economica dell'unità immobiliare, ma anche alla circostanza che lo stesso sia fisso, ovvero stabile (anche nel tempo), rispetto alle componenti strutturali dell'unità immobiliare. Tale qualifica si rifletteva particolarmente sul profilo fiscale, assoggettando a TASI e IMU gli impianti così qualificati.
Il comma 19 chiarisce la tempistica del riaccatastamento dei beni classificati nelle categorie catastali interessate dalla modifica: dal 1o gennaio 2016, gli intestatari catastali degli immobili delle categorie D ed E, possono presentare atti di aggiornamento ai sensi della disciplina generale (di cui al decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701), per la rideterminazione della rendita catastale degli immobili già censiti nel rispetto delle modifiche sopra illustrate.
Ai sensi del comma 20, limitatamente all'anno di imposizione 2016 per gli atti presentati entro il 15 giugno 2016 le rendite catastali rideterminate hanno effetto dal 1o gennaio 2016, con effetto retroattivo.
La previsione è in esplicita deroga all'articolo 13, comma 4 del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale stabilisce che, ai fini della tassazione immobiliare la base imponibile è calcolata applicando specifici Pag. 94valori (moltiplicatori) alla rendita catastale vigente al 1o gennaio dell'anno di imposizione.
Con detta deroga le nuove rendite si applicano, ai fini della determinazione della base imponibile IMU e TASI, dal 1o gennaio 2016 e non dal 1o gennaio 2017.
Illustra il comma 21, che attribuisce ai comuni un contributo annuo di 155 milioni di euro, a titolo di compensazione del minor gettito ad essi derivante dalle norme sull'accatastamento degli immobili produttivi e a destinazione speciale, di cui ai commi 9-11 sopra illustrati.
Per l'anno 2016, si prevede che entro il 30 settembre l'Agenzia delle entrate comunica al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento agli atti di aggiornamento catastale per gli immobili produttivi, i dati relativi, per ciascuna unità immobiliare, alle rendite proposte e a quelle già iscritte in catasto al 1o gennaio 2016. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno emana, secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali, entro il 31 ottobre 2016, il decreto per ripartire detto contributo.
Dall'anno 2017, il contributo annuo di 155 milioni di euro è ripartito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e secondo una metodologia adottata sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali, da emanarsi, entro il 30 giugno 2017, sulla base dei dati comunicati, entro il 31 marzo 2017, dall'Agenzia delle entrate al Ministero dell'economia e delle finanze e relativi, per ciascuna unità immobiliare, alle rendite proposte nel corso del 2016 ai sensi del comma 10 e a quelle già iscritte in catasto al 1o gennaio 2016.
Dal momento che il gettito IMU derivante dagli immobili a uso produttivo (categoria D, con alcune eccezioni), calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento, è riservato allo Stato ai sensi dell'articolo 1, comma 380, lettera f), della legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012), si presume che tale compensazione sia riferita al mancato gettito derivante dagli immobili a destinazione speciale (categoria E).
Il comma 22 abroga la cosiddetta Imposta municipale secondaria – IMUS, di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 23 del 2011.
In merito ricorda che il richiamato articolo 11 del decreto legislativo n. 23 ha previsto l'introduzione dell'Imposta municipale secondaria con deliberazione del consiglio comunale, per sostituire: la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari. In merito rammenta che l'articolo 1, comma 714, della legge di stabilità 2014 aveva posticipato dal 2014 al 2015 il termine per l'introduzione di detta forma di prelievo; successivamente, l'articolo 10, comma 11-bis, del decreto-legge n. 192 del 2014 ha prorogato al 2016 l'operatività della disciplina dell'imposta municipale secondaria.
Il comma 23 blocca, limitatamente all'anno 2016, il potere delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi e delle addizionali ad essi attribuiti con legge dello Stato, al fine di contenere il livello complessivo di pressione tributaria, in coerenza con gli equilibri generali di finanza pubblica. In particolare, non possono essere deliberati aumenti rispetto ai livelli di aliquote deliberate, entro la data del 30 luglio 2015, per l'esercizio 2015.
Rammenta che l'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 16 del 2012 aveva ripristinato il potere di regioni ed enti locali di variare le aliquote e le tariffe dei tributi locali e regionali, a decorrere dall'anno di imposta 2012; tale potere era stato sospeso dall'articolo 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità 2011) «fino all'attuazione del federalismo fiscale».Pag. 95
La norma del comma 23 consente tuttavia di fare salve dal blocco alcune specifiche ipotesi.
In primo luogo sono fatte salve dal blocco, per il settore sanitario, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, e all'articolo 2, commi 79, 80, 83 e 86, della legge n. 191 del 2009, relative alle regioni in situazione di disavanzo sanitario, nelle quali viene applicata la maggiorazione dell'aliquota dell'IRAP, nella misura di 0,15 punti percentuali, e dell'addizionale regionale all'IRPEF, nella misura di 0,30 punti percentuali, quando gli organi preposti al monitoraggio dell'attuazione dei piani di rientro dei deficit sanitari verificano che la regione in disavanzo non ha raggiunto gli obiettivi previsti.
È inoltre fatta salva la possibilità di effettuare manovre fiscali incrementative ai fini dell'accesso alle anticipazioni di liquidità di cui agli articoli 2 e 3, del decreto-legge n. 35 del 2013.
Viene esclusa dal blocco delle aliquote la tassa sui rifiuti (TARI), istituita dall'articolo 1, comma 639, della legge di stabilità 2014 per finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.
Infine il divieto non si applica agli enti locali in predissesto e dissesto.
Come chiarito dalla Relazione illustrativa allegata al disegno di legge originario, non rientrano nell'ambito del divieto le tariffe di natura patrimoniale (tariffa puntuale, sostitutiva della TARI, di cui al comma 667 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013; canone alternativo alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche – TOSAP, ossia il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche COSAP). Per quanto riguarda il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari (CIMP), seppure alternativo all'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni (ICP DPA), viene chiarito che esso ha natura tributaria e quindi rientra nel blocco delle maggiorazioni.
Il comma 30, inserito dal Senato, consente di usufruire dell'imposta di registro con aliquota agevolata al 2 per cento, prevista per l'acquisto dell'abitazione principale, anche a chi al momento del rogito possiede già un immobile, a condizione che lo alieni entro un anno dalla data dell'atto.
A tal fine viene aggiunto un comma 4-bis nell'articolo 1, Nota II-bis), della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986), che reca le condizioni per l'applicazione della misura agevolata dell'imposta di registro per chi acquista l'abitazione principale.
In merito ricorda che le imposte da versare per i trasferimenti immobiliari variano secondo una molteplicità di fattori (acquisto da privato o da impresa), acquisto di abitazione principale. Se il venditore è un privato, la vendita è assoggettata all'imposta di registro del 9 per cento e alle imposte ipotecaria e catastale nella misura di 50 euro ciascuna. Se il venditore è un'impresa, le imposte variano a seconda che la cessione sia o meno esente da IVA. Se chi acquista ha i requisiti per usufruire delle agevolazioni «prima casa», nel caso di acquisto da privato (o da impresa con vendita esente da IVA) l'imposta di registro è pari al 2 per cento, mentre le imposte ipocatastali sono dovute in misura fissa (50 euro ciascuna).
I requisiti per usufruire della misura di aliquota agevolata sono contenuti nell'articolo 1 della predetta Tariffa e specificati nella nota II-bis.
In particolare, per usufruire delle agevolazioni sono previsti requisiti relativi alle caratteristiche dell'immobile (che non deve essere «di lusso»), all'ubicazione (deve trovarsi nel territorio del Comune in cui l'acquirente ha o stabilisca, entro 18 mesi dall'acquisto, la propria residenza, salvo casi specifici; comma 1, lettera a), della Nota II-bis) e all'acquirente: nell'atto di acquisto il compratore deve dichiarare di non essere titolare, esclusivo o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione, su altra casa nel territorio del Comune dove si trova l'immobile oggetto dell'acquisto agevolato (comma 1, lettera b) della Nota Pag. 96II-bis); di non essere titolare, neppure per quote o in comunione legale, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su altro immobile acquistato, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l'acquisto della prima casa (comma 1, lettera c), della Nota II-bis).
Il nuovo comma 4-bis introdotto dal comma 30 prevede che l'aliquota agevolata del 2 per cento (in luogo del 9 per cento previsto in via ordinaria) si applichi anche agli atti di acquisto per i quali l'acquirente sia titolare di un altro immobile in Italia (ovvero, anche se non soddisfa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1 della Nota II-bis, in presenza però degli altri requisiti di legge, di cui alle illustrate lettere a) e b) dello stesso comma, senza tener conto dell'immobile acquistato con le agevolazioni elencate nella lettera c), purché l'acquirente venda detto immobile entro un anno dalla data dell'atto.
Qualora l'acquirente non adempia tale condizione, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte.
Passa quindi a illustrare i commi da 25 a 27, inseriti dal Senato, i quali introducono agevolazioni fiscali per le borse di studio.
In particolare, il comma 25 dispone che, per l'intera durata del programma Erasmus plus, alle borse di studio per la mobilità internazionale erogate a favore degli studenti delle Università e delle Istituzioni AFAM, si applicano alcune specifiche agevolazioni fiscali (previste all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 105 del 2003) e, più precisamente:
per quanto riguarda le Università e le Istituzioni che erogano le borse di studio, queste ultime sono escluse dalla base imponibile IRAP;
per i percipienti, è prevista l'esenzione IRPEF di tali borse;
sotto il profilo contributivo, per i soggetti titolari dei richiamati assegni è prevista l'iscrizione alla gestione separata I.N.P.S., con contestuale applicazione dell'aliquota contributiva di riferimento (pari, nel 2015, al 27 per cento per i liberi professionisti non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie, al 30 per cento per i collaboratori non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie e al 23,50 per cento per i professionisti ed i collaboratori provvisti di altra tutela pensionistica obbligatoria o titolari di pensione).
Scopo della norma è di confermare anche per il nuovo programma comunitario Erasmus Plus il medesimo regime fiscale e previdenziale per le borse di studio per la mobilità internazionale degli studenti universitari.
Il comma 26, mediante l'introduzione di un comma 6-bis nell'articolo 6 della legge n. 398 del 1989, esenta da IRPEF in favore dei percipienti le somme corrisposte a titolo di borsa di studio per la frequenza dei corsi di perfezionamento e delle scuole di specializzazione, per i corsi di dottorato di ricerca, per lo svolgimento di attività di ricerca dopo il dottorato e per i corsi di perfezionamento all'estero erogate dalla provincia Autonoma di Bolzano.
Segnala che, in linea generale, le borse di studio sono soggette ad IRPEF: la lettera c) dell'articolo 50 del TUIR (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) ricomprende tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante. Ai beneficiari delle somme tassate spettano le detrazioni per i redditi di lavoro dipendente con riferimento ai giorni compresi nel periodo di riferimento.
Sono tuttavia previste, da diverse norme di legge, alcune esenzioni. Sono totalmente esenti da IRPEF le seguenti borse di studio:
a) le borse di studio corrisposte dalle università e dagli istituti di istruzione universitaria per la frequenza dei corsi di Pag. 97perfezionamento e delle scuole di specializzazione, per i corsi di dottorato di ricerca, per attività di ricerca post laurea e post dottorato e per i corsi di perfezionamento all'estero;
b) le borse di studio corrisposte dalle regioni a statuto ordinario agli studenti universitari e quelle corrisposte dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e Bolzano allo stesso titolo;
c) le borse bandite nell'ambito del programma comunitario Socrates, nonché le somme aggiuntive corrisposte dalle università, a condizione che l'importo complessivo annuo non sia superiore a 7.746.85 euro;
d) le borse corrisposte dal Governo italiano a cittadini stranieri in forza di accordi e intese internazionali (articolo 3, comma 3, lettera d-ter), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986; come chiarito dalla risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 109/E del 2009, rientrano in questa fattispecie le borse di studio del programma Erasmus).
Il comma 27 chiarisce che le disposizioni di cui ai commi 25 e 26 si applicano per i periodi d'imposta per i quali non siano ancora scaduti i termini di accertamento e di riscossione.
Il comma 31, inserito dal Senato, prevede l'esenzione dall'imposta di registro, ipotecaria, catastale e di bollo per tutti gli atti e i provvedimenti emanati in esecuzione dei piani di ricomposizione fondiaria e di riordino fondiario promossi dalle regioni, dalle province, dai comuni e dalle comunità montane.
I commi da 33 a 37 recano disposizioni volte a ridurre l'Imposta sul reddito delle società – IRES, prevedendo una progressiva diminuzione dell'aliquota dal 27,5 al 24 per cento. Viene prevista inoltre una riduzione dell'aliquota della ritenuta (operata a titolo di imposta) sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società. L'efficacia delle misure viene subordinata al riconoscimento, in sede europea, dei margini di flessibilità di bilancio correlati all'emergenza immigrazione.
In particolare, il comma 33 dispone un progressivo abbassamento della misura dell'aliquota dell'IRES (misura fissata dall'articolo 77, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, che viene a tal fine modificato). L'aliquota si abbassa dal 27,5 al 24,5 per cento a decorrere dal 1o gennaio 2016, con effetto per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015; è previsto un ulteriore abbassamento al 24 per cento a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016, cioè dal 2017.
Il comma 34 abbassa l'aliquota della ritenuta (operata a titolo di imposta) sugli utili corrisposti alle società e agli enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, che consentono un adeguato scambio di informazioni ed ivi residenti, in relazione a partecipazioni, strumenti finanziari e contratti di associazione in partecipazione, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato. In particolare l'aliquota della ritenuta è ridotta dall'1,375 per cento all'1,225 per cento a decorrere dal 1o gennaio 2016, con effetto per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015; all'1,20 per cento a decorrere dal 1o gennaio 2017, a regime, con effetto per i periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2016.
Il comma 35 subordina l'efficacia dell'abbassamento delle aliquote IRES e ritenuta sugli utili, previsto per l'anno 2016, al riconoscimento in sede europea dei margini di flessibilità correlati all'emergenza derivante dai flussi di immigrazione e della conseguente coerenza con la disciplina europea di un obiettivo di indebitamento programmatico fissato in misura superiore al 2,2 per cento e, comunque, nella misura necessaria alla loro copertura. Pag. 98Viene disposto inoltre che, in caso di mancato riconoscimento, in sede europea, dei suddetti margini di flessibilità per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015 continuano ad applicarsi le aliquote vigenti alla medesima data (27,5 per cento e 1,375 per cento, rispettivamente).
Ai sensi del comma 36, in caso di mancato riconoscimento, in sede europea, dei predetti margini di flessibilità, per l'anno 2017, le risorse non più necessarie per la copertura degli oneri derivanti dalle riduzioni IRES e sulle ritenute confluiscono nel Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, istituito dall'articolo 1, comma 200 della legge di stabilità 2015. Ai maggiori oneri, valutati in 171,7 milioni di euro per l'anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione lineare delle dotazioni finanziarie di parte corrente delle missioni di spesa di ciascun ministero, ai sensi delle norme sulla contabilità generale, per quanto riguarda le spese rimodulabili.
Il comma 37, in conseguenza del taglio delle aliquote disposto dai commi 33 e 34, affida a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la proporzionale riduzione delle percentuali di esenzione degli utili da partecipazione distribuiti ai soci (ai sensi dell'articolo 47, comma 1, del TUIR), delle plusvalenze (articolo 58, comma 2, del TUIR) dei dividendi (articolo 59 del TUIR), delle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate (articolo 68, comma 3, del TUIR), nonché della quota non imponibile degli utili percepiti dagli enti non commerciali, di cui all'articolo 4, comma 1, lettera q), del decreto legislativo n. 344 del 2003.
La rideterminazione della quota esente delle plusvalenze non trova applicazione nei confronti delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti del territorio dello Stato. Al medesimo decreto del MEF è affidato il compito di dettare la normativa transitoria e le relative decorrenze.
Segnala i commi da 38 a 40, i quali riguardano l'esenzione dal pagamento dell'IRAP per i settori dell'agricoltura e della pesca, a decorrere dal 2016.
In particolare, il comma 38, novellando gli articoli 3, 4, 9, 12 e 45 del decreto legislativo n. 446 del 1997, stabilisce l'esenzione dall'IRAP per i soggetti che operano nel settore agricolo, per le cooperative di piccola pesca ed i loro consorzi, e per le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale. A legislazione vigente, tale aliquota è pari all'1,90 per cento, dal 1o gennaio 2015.
Il comma 39 dispone l'abrogazione del comma 238 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007, finalizzato all'estensione dell'aliquota IRAP agevolata alle imprese di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 227 del 2001, vale a dire le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali.
Il comma 40 stabilisce che le disposizioni del comma 38 si applicano dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, ovvero dal 2016.
I commi da 41 a 43, modificati nel corso dell'esame al Senato, prevedono la proroga al 31 dicembre 2016 delle detrazioni per gli interventi di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica, mantenendo anche per il 2016 le attuali misure:
65 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica, inclusi quelli relativi alle parti comuni degli edifici condominiali;
50 per cento per le ristrutturazioni e per il connesso acquisto di mobili.
Le giovani coppie, anche di fatto, in cui almeno uno dei due componenti non abbia superato i 35 anni, che hanno acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale possono usufruire di una detrazione fiscale del 50 per cento per le spese sostenute per l'acquisto di mobili nel 2016 fino a 16.000 euro. Pag. 99
Viene chiarito che le detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica sono usufruibili anche dagli IACP, comunque denominati, per le spese sostenute, dal 1o gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.
Più in dettaglio rileva come, per quanto riguarda gli interventi di efficienza energetica, il comma 41, alla lettera a), modifichi l'articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013, recante la proroga delle detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica, sostituendo la data del 31 dicembre 2015, ovunque ricorre, con la data del 31 dicembre 2016.
Conseguentemente, le disposizioni concernenti la detrazione d'imposta per le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (previste dall'articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010) si applicano nella misura del 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del predetto decreto-legge n. 63) fino al 31 dicembre 2016.
La norma, pertanto, proroga di un anno la misura della detrazione al 65 per cento, attualmente prevista sino al 31 dicembre 2015.
L'agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici consiste nel riconoscimento di detrazioni d'imposta in percentuale delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo di detrazione, diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni dall'IRPEF e dall'IRES concesse per interventi che aumentino il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti e che riguardano, in particolare, le spese sostenute per:
la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento: detrazione massima 100.000 euro;
il miglioramento termico dell'edificio (finestre, comprensive di infissi, coibentazioni, pavimenti): detrazione massima 60.000 euro;
l'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda: detrazione massima 60.000 euro;
la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale (inclusi quelli dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili): detrazione massima 30.000 euro;
l'acquisto e la posa in opera delle schermature solari, di cui all'allegato M del decreto legislativo n. 311 del 2006: detrazione massima 60.000 euro.
La detrazione si applica, nella misura del 65 per cento, anche alle spese documentate e rimaste a carico del contribuente per interventi relativi alle parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio.
Il comma 41, alla lettera b), modifica l'articolo 15 del decreto-legge n. 63 del 2013, prorogando di un anno, al 31 dicembre 2016, il termine entro il quale dovranno essere definiti misure ed incentivi selettivi di carattere strutturale, finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento, l'adeguamento antisismico e la messa in sicurezza degli edifici esistenti, nonché per l'incremento del loro rendimento energetico e dell'efficienza idrica.
Il citato articolo 15 prevede che nelle more della riforma di carattere strutturale, per tali interventi si applicano le disposizioni che prevedono le detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica e per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili.
Il comma 41, alla lettera c), modifica invece l'articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013, con il quale è stata disposta la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili, sostituendo la data del 31 dicembre 2015, ovunque ricorre, con la data del 31 dicembre 2016.Pag. 100
Pertanto per le spese documentate, relative agli interventi di recupero del patrimonio edilizio (indicati nel comma 1 dell'articolo 16-bis del TUIR), spetta una detrazione dall'imposta lorda – fino ad un ammontare complessivo non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare – pari al 50 per cento, per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2016. Con la norma in esame, pertanto, viene prorogata di un anno la misura della detrazione al 50 per cento, attualmente prevista sino al 31 dicembre 2015.
La proroga sino al 31 dicembre 2016 comprende anche la detrazione del 65 per cento per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche (articolo 16, comma 1-bis, il quale richiama l'articolo 16-bis, comma 1, lettera i) del TUIR, elevando il limite di spesa a 96.000 euro per unità immobiliare e la misura della detrazione al 65 per cento).
A tale riguardo rileva come la modifica introdotta dal comma 41, lettera c) all'articolo 16 del decreto-legge n. 63 riguardi anche la detrazione fiscale per l'acquisto di mobili ed elettrodomestici, la quale viene ugualmente prorogata fino al 31 dicembre 2016.
Ricorda che il comma 2 del richiamato articolo 16 riconosce ai contribuenti che usufruiscono della detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia una detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese, fino ad un ammontare massimo di 10.000 euro, documentate e sostenute per l'acquisto dei seguenti prodotti finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione:
mobili;
grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+;
forni di classe non inferiore ad A.
Il comma 42 prevede un'ulteriore ipotesi di detrazione fiscale per l'acquisto esclusivamente di mobili da adibire ad arredo dell'abitazione principale acquistata da giovani coppie, anche di fatto. Anche in questo caso la misura della detrazione è del 50 per cento, da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo, per le spese sostenute nel 2016, ma il limite di spesa è aumentato nel corso dell'esame al Senato a 16.000 euro, mentre il disegno di legge originario prevedeva il limite di 8.000 euro.
In questo caso, pertanto, la condizione per usufruire della detrazione non è quella di una ristrutturazione edilizia in corso (come nel caso del bonus per l'acquisto di mobili), ma l'aver acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale da parte di «giovani coppie».
L'ultimo periodo del comma 42 precisa che tale detrazione non è cumulabile con il bonus mobili.
Destinatari di tale agevolazione sono le «giovani coppie» costituenti un nucleo familiare costituito da coniugi o da conviventi more uxorio che abbiano costituito nucleo da almeno 3 anni. Ricorda che la convivenza more uxorio può essere dimostrata mediante il certificato di stato di famiglia che attesta la comune residenza (anche mediante autocertificazione). Almeno uno dei componenti del nucleo familiare non deve aver superato i 35 anni.
In merito alla formulazione della norma segnala l'opportunità di precisare in quale momento uno dei due componenti non deve aver superato i 35 anni: presumibilmente alla data di acquisto dei mobili. Inoltre segnala l'opportunità di precisare quando deve essere stato perfezionato l'acquisto della casa da parte della giovane coppia.
Il comma 43 estende la possibilità di usufruire delle detrazioni per gli interventi di riqualificazione energetica anche agli IACP, comunque denominati, per le spese sostenute, dal 1o gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, per gli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.
Illustra quindi i commi 44 e 45, inseriti dal Senato, i quali estendono l'applicazione di agevolazioni fiscali previste per gli Istituti autonomi case popolari, comunque denominati (e loro consorzi), anche agli enti aventi le stesse finalità sociali degli IACP, purché siano stati costituiti e siano Pag. 101operanti al 31 dicembre 2013 e siano stati istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione comunitaria in materia di in house providing. Le agevolazioni fiscali di cui si tratta sono:
la riduzione dell'IRES alla metà, come previsto dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973 (disposta dal comma 44);
l'esclusione dalla base imponibile a fini IRES dei finanziamenti erogati dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome per la costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria ed ordinaria di immobili di edilizia residenziale pubblica concessi a tali società in house aventi le finalità sociali degli IACP (operanti al 31 dicembre 2013) (disposta dal comma 45).
Per beneficiare delle descritte agevolazioni fiscali gli enti devono:
avere le stesse finalità degli IACP;
essere stati costituiti ed essere operanti al 31 dicembre 2013;
essere istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione comunitaria in materia di in house providing.
I commi da 46 a 52 prevedono, ai fini delle imposte sui redditi, a vantaggio dei soggetti titolari di reddito d'impresa e degli esercenti arti e professioni, un ammortamento del 140 per cento in relazione ai beni materiali strumentali nuovi acquistati dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016; vengono inoltre maggiorati del 40 per cento i limiti per la deduzione delle quote di ammortamento con riferimento ai mezzi di trasporto a motore che non vengono utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa.
In base al comma 48, l'agevolazione non si applica agli acquisti di beni materiali strumentali per i quali il decreto ministeriale 31 dicembre 1988 stabilisce coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5 per cento, agli acquisti di fabbricati e di costruzioni, nonché agli acquisti dei beni di cui allo specifico allegato 3 contenuto nel disegno di legge.
Tale allegato si riferisce in particolare a condutture, condotte, materiale rotabile e aerei. Con modifica approvata dal Senato, nel citato allegato 3, con riferimento al «Materiale rotabile, ferroviario e tranviario (motrici escluse)» viene specificato che fanno eccezione i macchinari e le attrezzature, anche circolanti su rotaia, necessari all'esecuzione di lavori di manutenzione e costruzione di linee ferroviarie e tranviarie.
A norma del comma 49, le disposizioni agevolative non producono effetti sulla determinazione degli acconti dovuti per i periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2015 ed al 31 dicembre 2016.
Il comma 50 riduce i tempi di ammortamento di cui al comma 10 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008, relativo ai beni immateriali nell'ambito delle operazioni di aggregazione aziendale, portando l'aliquota dall'attuale valore massimo del 10 per cento ad un massimo del 20 per cento. Il comma 51 stabilisce che la disposizione di cui al comma 50 si applica alle operazioni di aggregazione aziendale poste in essere a decorrere dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015.
In tale contesto rammenta che il Senato ha inserito un comma 52, in base al quale le predette disposizioni non producono effetti sui valori stabiliti per l'elaborazione e il calcolo degli studi di settore.
I commi da 53 a 55 modificano il regime forfetario di determinazione del reddito da assoggettare a un'unica imposta sostitutiva con l'aliquota del 15 per cento introdotto dalla legge di stabilità 2015 per gli esercenti attività d'impresa e arti e professioni in forma individuale.
In linea generale è allargato il perimetro di applicabilità: sono aumentate le soglie dei ricavi per accedere al regime ed è estesa a cinque anni la disciplina di vantaggio con aliquota forfetaria al 5 per cento (anziché al 15). Viene modificato, poi, il calcolo per la contribuzione dovuta a fini previdenziali: in luogo dell'esclusione Pag. 102dell'applicazione della contribuzione previdenziale minima (alla quale quindi è possibile nuovamente accedere), si prevede l'applicazione di una riduzione pari al 35 per cento della contribuzione ordinaria INPS dovuta ai fini previdenziali.
In dettaglio, il comma 53 modifica alcuni aspetti della disciplina introdotta dalla legge n. 190 del 2014 (articolo 1, commi da 54 a 89) che ha istituito il regime forfettario.
In particolare, la lettera a) del comma 53 abroga la lettera d) del comma 54 della legge n. 190 la quale prevede, quale condizione per accedere al regime forfetario, che in caso di redditi di natura mista i redditi conseguiti nell'attività di impresa, arti e professioni siano stati nell'anno precedente prevalenti rispetto a quelli percepiti come redditi di lavoro dipendente e assimilati; la verifica della suddetta prevalenza non è, comunque, rilevante se il rapporto di lavoro è cessato o la somma dei redditi d'impresa, dell'arte o professione e di lavoro dipendente o assimilato non eccede l'importo di 20.000 euro.
La lettera b) del comma 53, inserendo una nuova lettera d-bis) nel comma 57 della legge n. 190, introduce un'ulteriore ipotesi in cui non è possibile avvalersi del regime forfettario. Rileva come si tratti dei soggetti che nell'anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e assimilati eccedenti l'importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.
Segnala come dalle due modifiche in esame possa evincersi che accedono al regime forfettario i lavoratori dipendenti e i pensionati con una attività in proprio, nel rispetto dei valori soglia dei ricavi e dei compensi stabiliti per ciascun settore, a condizione che il loro reddito da lavoro dipendente o assimilato ovvero da pensione non abbia superato nell'anno precedente i 30.000 euro.
La lettera c) del comma 53 estende temporalmente la disciplina di vantaggio prevista per le nuove attività: per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi (in luogo degli attuali due) l'aliquota forfetaria è stabilita nella misura del 5 per cento (il comma 65 dell'articolo unico della legge n. 190 del 2014 qui modificato prevede invece la riduzione di un terzo del reddito imponibile).
Ai sensi del comma 55 tale estensione temporale, con la riduzione dell'aliquota al 5 per cento, si applica anche ai soggetti che hanno iniziato una nuova attività nel 2015.
Per poter beneficiare del regime di vantaggio è necessario che:
il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti, un'attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o familiare;
l'attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;
qualora venga proseguita un'attività d'impresa svolta in precedenza da altro soggetto, l'ammontare dei relativi ricavi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore ai limiti previsti.
La lettera d) del comma 53 interviene sul regime agevolato ai fini contributivi (delineato dalla legge di stabilità per il 2015) per i contribuenti obbligati al versamento dei contributi previdenziali presso le gestioni speciali artigiani e commercianti, esercenti attività di impresa.
In sostanza la norma prevede, per i contribuenti forfetari, in luogo dell'esclusione dell'applicazione della contribuzione previdenziale minima (alla quale quindi è possibile nuovamente accedere), l'applicazione di una riduzione pari al 35 per cento della contribuzione ordinaria INPS dovuta ai fini previdenziali (rispetto quindi a quanto dovuto senza agevolazioni dai contribuenti che utilizzano il normale regime IVA), fermo restando il meccanismo di accredito contributivo secondo le regole della Gestione Separata INPS.Pag. 103
Il comma 54, sostituendo l'allegato n. 4 annesso alla legge n. 190 del 2014, eleva il valore delle soglie di ricavi o di compensi, diverse a seconda del tipo di attività esercitata, per accedere al regime forfetario. Ricorda che le spese sostenute nell'esercizio dell'attività non sono analiticamente deducibili, ad eccezione dei contributi previdenziali, ma sono previsti dei forfait da applicare ai ricavi (coefficienti di redditività) che variano a seconda dei diversi tipi di attività. Tali coefficienti non sono stati modificati dall'articolo in esame.
Il comma 55 prevede che l'estensione a cinque anni complessivi della disciplina di vantaggio per le nuove attività, con la riduzione dell'aliquota al 5 per cento, si applichi, per gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019, anche ai soggetti che hanno iniziato una nuova attività nel 2015, avvalendosi delle disposizioni di cui al comma 65 vigente anteriormente alle modifiche in esame.
Ricorda in merito che la legge n. 190 del 2014 (all'articolo 1, comma 88) consente ai contribuenti che, al 31 dicembre 2014, si avvalgono del regime fiscale di vantaggio di cui all'articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 98 del 2011 (»minimi al 5 per cento»), di continuare ad avvalersene fino alla scadenza naturale. Il regime fiscale di vantaggio dei «minimi», conseguentemente, si applica limitatamente ai contribuenti che già se ne avvalevano alla data del 31 dicembre 2014, fino alla sua scadenza naturale, ovvero un quinquennio o il compimento del trentacinquesimo anno di età.
Successivamente, il decreto-legge n. 192 del 2014 (articolo 10, comma 12-undecies) ha previsto che i soggetti che iniziano una nuova attività in possesso dei requisiti possono avvalersi per l'anno 2015 del regime agevolato per i contribuenti «minimi» (articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 98 del 2011), in deroga a quanto previsto dalla legge di stabilità per il 2015.
Segnala l'opportunità di chiarire il regime applicabile a decorrere dal 1o gennaio 2016 ai contribuenti che hanno avviato la propria attività nel 2015 aderendo al regime dei «minimi», utilizzando la facoltà prevista dal citato articolo 10, comma 12-undecies, del decreto-legge n. 192 del 2014.
Illustra quindi i commi da 56 a 61, i quali introducono agevolazioni fiscali temporanee per le cessioni o assegnazioni, da parte delle società – ivi incluse le cosiddette società non operative – di beni immobili e di beni mobili registrati ai soci: a queste operazioni si applica un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP ed è ridotta l'imposta di registro. Analoghe agevolazioni sono previste per le relative trasformazioni societarie.
In dettaglio, il comma 56 individua i destinatari di tale agevolazione, ovvero le società in nome collettivo, in accomandita semplice, a responsabilità limitata, per azioni e in accomandita per azioni che abbiano assegnato o ceduto ai soci beni immobili o beni mobili registrati, non strumentali all'attività di impresa.
L'agevolazione riguarda anche le società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni e che entro il 30 settembre 2016 si trasformano in società semplici. L'agevolazione si applica a condizione che:
le cessioni o assegnazioni siano avvenute entro il 30 settembre 2016; tutti i soci cessionari o assegnatari risultino iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2015, ovvero siano iscritti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1o ottobre 2015.
Il comma 57 individua in primo luogo la base imponibile cui applicare l'imposta sostitutiva, costituita dalla differenza tra il valore normale dei beni assegnati o, in caso di trasformazione, quello dei beni posseduti all'atto della trasformazione, e il loro costo fiscalmente riconosciuto.
L'imposta sostitutiva (che si applica in luogo delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive – IRAP) ha un'aliquota dell'8 per cento. Essa è elevata al 10,5 per cento per le società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a Pag. 104quello in corso al momento della assegnazione, cessione o trasformazione. L'aliquota è del 13 per cento sulle riserve in sospensione d'imposta, annullate per effetto dell'assegnazione dei beni ai soci, e quelle delle società che si trasformano.
Il comma 58 chiarisce i criteri di determinazione del valore normale, necessario per la determinazione della base imponibile. Per gli immobili, su richiesta della società e nel rispetto delle condizioni prescritte, il valore normale può essere determinato in misura pari a quello risultante dall'applicazione all'ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dalle norme in tema di imposta di registro. Rileva come si tratti in particolare dei moltiplicatori contemplati dall'articolo 52, quarto comma, primo periodo, del testo unico sull'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, ossia 75 per i terreni e 100 per i fabbricati. Nel caso di cessione, il corrispettivo della stessa, ove inferiore al valore normale del bene – determinato ai sensi delle regole generali del TUIR o, in alternativa, con l'applicazione dei moltiplicatori – è computato in misura non inferiore ad uno dei due valori (valore normale o valore catastale). Nel silenzio delle norme in esame, il valore normale per i beni mobili iscritti in pubblici registri sembra doversi individuare in base alle ordinarie disposizioni dell'articolo 9 del TUIR: il valore normale è il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.
Per quanto riguarda il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute dai soci delle società trasformate, il comma 59 prescrive che esso sia aumentato della differenza assoggettata ad imposta sostitutiva.
Nei confronti dei soci assegnatari non si applicano le disposizioni sul trattamento fiscale degli utili di cui all'articolo 47 del TUIR (quota esente; parte imponibile di utili di fonte estera, ivi compresi gli utili black list).
Viene chiarito inoltre che il valore normale dei beni ricevuti, al netto dei debiti accollati, riduce il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute.
Ai sensi del comma 60, per le assegnazioni e cessioni di beni agevolate, se soggette all'imposta di registro in misura proporzionale, le aliquote di tale imposta sono ridotte alla metà e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa (200 euro).
Per quanto riguarda il versamento dell'imposta sostitutiva, essa avviene, ai sensi del comma 61, in due rate: la prima, che comporta il versamento del 60 per cento dell'imposta sostitutiva, entro il 30 novembre 2016 e la seconda entro il 16 giugno 2017, secondo le norme generali sui versamenti (di cui al decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241). Per quanto riguarda la riscossione, i rimborsi ed il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.
Il comma 62, introdotto dal Senato, dispone l'applicazione opzionale per gli imprenditori individuali di un'imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell'8 per cento, sugli immobili strumentali posseduti alla data del 31 ottobre 2015. Il pagamento dell'imposta consente di escludere tali beni dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal primo periodo d'imposta in corso alla data del 1o gennaio 2016. Più in dettaglio, l'imprenditore individuale che alla data del 31 ottobre 2015 possiede beni immobili strumentali può, entro il 31 maggio 2016, optare per l'esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell'impresa, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1o gennaio 2016. L'esclusione consente il pagamento di una imposta sostitutiva di IRPEF e IRAP, con aliquota dell'8 per cento, applicata sulla differenza tra il valore normale di tali beni ed il relativo valore fiscalmente riconosciuto. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei già illustrati commi da 56 a 61.Pag. 105
Passa quindi a illustrare i commi 64 e 65, che elevano gli importi deducibili dall'IRAP in favore di alcuni soggetti di minori dimensioni, rafforzando le deduzioni in favore delle società in nome collettivo e in accomandita semplice (ed equiparate) e delle persone fisiche esercenti attività commerciali, nonché delle persone fisiche e delle società semplici esercenti arti e professioni.
A tal fine il comma 64 interviene sull'articolo 11, comma 4-bis, lettera d-bis), del decreto legislativo n. 446 del 1997, elevando le deduzioni nei confronti delle categorie di soggetti ivi elencati, rispettivamente di 5.000 euro (in luogo di 2.500), di 3.750 euro (in luogo di 1.875), di 2.500 euro (in luogo di 2.150) e di 1.250 euro (in luogo di 625). Ai sensi del comma 65 l'elevazione della deduzione si applica a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015.
I commi 66 e 67, modificati al Senato, intervengono sulla disciplina delle variazioni dell'imponibile IVA o dell'imposta stessa. In sostanza, viene anticipata al momento di apertura di una procedura concorsuale la possibilità di emettere una nota di credito e dunque portare in detrazione l'IVA corrispondente alle variazioni in diminuzione, in caso di mancato pagamento connesso a procedure concorsuali.
Con le modifiche apportate al Senato è stato specificato che alcune delle disposizioni introdotte si applicano nei casi in cui il cessionario o committente sia assoggettato a una procedura concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016.
A tale riguardo segnala come, in primo luogo, il comma 66 sostituisca integralmente l'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che disciplina le variazioni dell'imponibile IVA o dell'imposta stessa.
Il nuovo comma 4 del predetto articolo 26 anticipa il momento in cui è consentita l'emissione di note di accredito IVA già all'apertura di una procedura concorsuale, ovvero al decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti (di cui all'articolo 182-bis della legge fallimentare) ovvero alla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano di risanamento e di riequilibrio (attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), della legge fallimentare). Non si deve dunque attendere l'infruttuosità della procedura concorsuale. Il riferimento all'infruttuosità delle procedure viene invece mantenuto per l'ipotesi di mancato pagamento per procedure esecutive individuali.
Le norme proposte dunque disciplinano separatamente le ipotesi di mancato pagamento per procedure esecutive individuali infruttuose e per procedure concorsuali: in quest'ultimo caso, anticipando la possibilità di recuperare finanziariamente l'IVA addebitata e non incassata, senza dover attendere la conclusione delle procedure. In tal modo il regime delle note di accredito IVA viene allineato a quanto disciplinato dal TUIR (articolo 100, comma 5) in materia di deducibilità delle perdite sui crediti.
Il nuovo comma 5 dell'articolo 26 riproduce sostanzialmente l'ultimo periodo del vigente comma 2 del medesimo articolo 26. Rispetto alla normativa vigente, tuttavia, viene precisato che l'obbligo del cessionario o del committente a registrare la variazione non si applica nel caso di procedure concorsuali, accordi di ristrutturazione o piani di risanamento. La norma dà attuazione all'articolo 185, paragrafo 2, della direttiva 2006/112/CE in materia di IVA, secondo cui la rettifica della detrazione operata dal cessionario o committente non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate.
Il nuovo comma 6 prevede che, ove successivamente agli eventi che possono comportare la variazione in diminuzione ai sensi del nuovo comma 4 (procedure concorsuali, accordo di ristrutturazione, piano di risanamento o procedure esecutive individuali infruttuose) il corrispettivo sia totalmente o parzialmente pagato, si applica la disciplina delle variazioni in aumento. In tal caso, il diritto di portare in detrazione l'imposta corrispondente alla Pag. 106variazione in aumento si trasferisce sul cessionario o committente che abbia assolto all'obbligo di variazione.
Il nuovo comma 9 disciplina l'ipotesi di risoluzione contrattuale nei contratti cd. esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento. In tal caso, la facoltà di detrarre l'IVA corrispondente alla variazione in diminuzione non si applica alle cessioni e a quelle prestazioni per cui sia il cedente o prestatore che il cessionario o committente abbiano correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni.
Il nuovo comma 10 consente di detrarre l'IVA corrispondente alla variazione, ricorrendo i presupposti di cui al comma 2, anche dai cessionari e committenti debitori dell'imposta ai sensi di specifiche disposizioni di deroga alle regole generali in materia di versamento (articolo 17, articolo 74, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 – ivi comprese le ipotesi di reverse charge – e articolo 44 del decreto legge n. 331 del 1993, in tema di IVA su prodotti soggetti ad accisa). In tal caso, l'obbligo di variazione correlato si trasferisce ai cessionari o ai committenti.
I nuovi commi 11 e 12 recano, rispettivamente, norme volte a individuare le ipotesi di assoggettamento a procedura concorsuale o a procedura esecutiva individuale ai fini della variazione in diminuzione.
Il comma 67 del disegno di legge disciplina la decorrenza delle nuove norme in materia di variazioni in diminuzione e detrazioni.
Per effetto delle modifiche apportate al Senato, le disposizioni di cui al novellato articolo 26, comma 4, lettera a) (che, ricorda, anticipano la detrazione conseguente a variazione alla data della procedura concorsuale o degli accordi di ristrutturazione o dei piani di risanamento), e quelle del comma 5, secondo periodo (relativo alla disapplicazione dell'obbligo di registrare la variazione per la controparte contrattuale, nel caso di procedure concorsuali), si applicano nei casi in cui il cessionario o committente sia assoggettato a una procedura concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016, in luogo di disporne la decorrenza con riferimento alle operazioni effettuate dal 1o gennaio 2017, come previsto dal testo originario del disegno di legge.
Viene precisato che le altre modifiche apportate dal presente articolo al predetto articolo 26, in quanto volte a chiarire l'applicazione delle disposizioni contenute in tale ultimo articolo, sono di carattere interpretativo e dunque si applicano anche alle operazioni effettuate anteriormente alla data di cui al periodo precedente.
Il comma 68, con una modifica all'articolo 32 del decreto legislativo n. 158 del 2015, anticipa al 2016 l'entrata in vigore della riforma del sistema sanzionatorio amministrativo tributario, disposta in attuazione della legge di delega fiscale. Restano comunque ferme le sanzioni dovute in base alle norme relative alla procedura di collaborazione volontaria vigenti alla data di presentazione della relativa istanza.
Il comma 69, introdotto nel corso dell'esame al Senato, apporta alcune modificazioni alla disciplina del notariato, al fine di garantire la stabilità del gettito tributario derivante dagli atti registrati dai notai, novellando in più punti la legge n. 89 del 1913, cosiddetta legge del notariato.
In particolare, la lettera a) introduce quattro commi all'articolo 22 della citata legge n. 89 del 1913, in tema di Fondo di garanzia per il ristoro dei danni derivanti da reato commesso dal notaio nell'esercizio della sua attività professionale, non coperti da polizze assicurative.
In base al nuovo comma 3-bis dell'articolo 22, laddove il notaio non provveda a versare i tributi riscossi nell'esercizio della sua attività professionale e i danni non siano coperti da polizza assicurativa, l'agente della riscossione può richiedere direttamente il pagamento al Fondo di garanzia. L'erogazione da parte del Fondo è subordinata: all'esercizio dell'azione penale nei confronti del notaio e alla pronuncia del suo rinvio a giudizio; all'emissione nei confronti del notaio di un atto esecutivo per il pagamento dei tributi Pag. 107dell'Agenzia delle entrate, non sospeso dall'autorità giudiziaria o dall'amministrazione finanziaria.
Il nuovo comma 3-ter stabilisce che il pagamento dei tributi dà diritto al Fondo di subentrare all'amministrazione finanziaria in tutte le ragioni, azioni e privilegi spettanti nei confronti del notaio. Esibendo il documento attestante la somma pagata, il Fondo può richiedere l'ingiunzione di pagamento all'autorità giudiziaria che, a norma dell'articolo 642 del codice di procedura civile, è provvisoriamente esecutiva. Viene precisato che l'opposizione fondata sul motivo che le imposte pagate non erano dovute o erano dovute in misura minore non è ammissibile. Il Fondo può agire esecutivamente sull'indennità dovuta dalla Cassa nazionale del notariato al notaio alla sua cessazione nel limite di un quinto e, a tutela del proprio credito, può notificare alla Cassa un atto di opposizione al pagamento diretto al notaio dell'indennità nello stesso limite.
Il nuovo comma 3-quinquies dispone che, qualora con decisione passata in giudicato venga accertato che il notaio non ha commesso il fatto, ovvero che il fatto non costituisce reato, l'Agenzia delle entrate rimborsa senza indugio il Fondo o il notaio (laddove il Fondo abbia recuperato le somme dal notaio).
La lettera b) del comma 69 opera modifiche di coordinamento con le precedenti modifiche e integra il comma 4 dell'articolo 22 della legge sul notariato (in tema di danno patrimoniale, che oggi deve risultare da sentenza passata in giudicato ovvero può essere dimostrato con prova scritta da valutare con le procedure definite dal consiglio nazionale del notariato).
La lettera c) amplia il novero dei controlli sul regolare esercizio dell'attività notarile che i consigli notarili distrettuali possono porre in essere e, in particolare, dispone che questi possano chiedere, anche periodicamente, informazioni e l'esibizione di documenti, estratti repertoriali, atti, registri e libri anche di natura fiscale.
La lettera d) inserisce, dopo il comma 2 dell'articolo 93-bis della legge sul notariato – concernente i controlli sul regolare esercizio dell'attività notarile che i consigli notarili distrettuali possono porre in essere – un nuovo comma 2-bis il quale prevede che l'Agenzia delle entrate trasmette, esclusivamente in modalità telematica, al Consiglio nazionale del notariato le informazioni sugli omessi e ritardati versamenti richiesti ai notai con avviso di liquidazione, entro il secondo mese successivo a quello di scadenza.
La lettera e) modifica il primo periodo del comma 1 dell'articolo 19 della legge sul notariato (in materia di forme collettive di assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività notarile), prevedendo che, anziché con oneri a carico del bilancio del CNN, le forme collettive di assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività notarile siano pagate con separata contribuzione obbligatoria a carico di tutti gli iscritti al ruolo da versarsi al CNN e che il contributo stesso sia riscosso dallo stesso CNN, entro il 28 febbraio di ciascun anno, tramite la Cassa nazionale del notariato.
La lettera f), integrando il comma 1 dell'articolo 142-bis della legge sul notariato, dispone che il notaio che commette un reato omettendo o ritardando il versamento di tributi dovuti in relazione agli atti da lui rogati o autenticati è punito con la destituzione.
La lettera g) aggiunge un comma 1-bis nell'articolo 144 della legge sul notariato, il quale prevede l'applicazione di sanzioni disciplinari più lievi nel caso in cui nel fatto addebitato al notaio ricorrono circostanze attenuanti ovvero quando il notaio, dopo aver commesso l'infrazione, si è adoperato per eliminare le conseguenze dannose della violazione o ha riparato interamente il danno prodotto: il nuovo comma 1-bis prevede che, nell'ipotesi prevista dall'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo 142-bis della stessa legge sul notariato (come modificato: notaio che commette un reato omettendo o ritardando il versamento di tributi dovuti), se il notaio ha riparato interamente il danno Pag. 108e non è recidivo nella stessa infrazione, la destituzione possa essere sostituita con la sospensione per un anno.
Il comma 70 fissa al 1o gennaio 2016 l'entrata in vigore delle disposizioni di cui al comma 69.
Illustra quindi i commi da 87 a 93, i quali introducono, in via permanente, una disciplina tributaria specifica per gli emolumenti retributivi dei lavoratori dipendenti privati di ammontare variabile e la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili, nonché per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa.
In tale contesto il comma 94 modifica le nozioni di alcuni valori, somme e servizi percepiti o goduti dal dipendente ed esclusi dall'imposizione IRPEF ai sensi del testo unico delle imposte sui redditi.
I commi da 103 a 106 istituiscono presso il Ministero dello Sviluppo economico il Fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti, avente come finalità il sostegno alle piccole e medie imprese che entrano in crisi a causa della mancata corresponsione di denaro da parte di altre aziende debitrici, imputate di taluni delitti.
Il comma 142, inserito dal Senato, interviene per coordinare il nuovo regime di agevolazione fiscale per favorire il rientro di lavoratori in Italia previsto dall'articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015, con il precedente regime previsto in materia dall'articolo 2, comma 1, della legge n. 238 del 2010.
In estrema sintesi ricorda che il nuovo regime dell'articolo 16 stabilisce che per i citati lavoratori i redditi si computino ai fini delle imposte sui redditi nella misura ridotta del 70 per cento, mentre il regime della legge n. 238 prevede che i redditi concorrono alla formazione del reddito imponibile complessivo nella misura del 20 per cento per i lavoratori di sesso femminile e nella misura del 30 per cento per gli altri lavoratori. Il nuovo regime recato dal decreto legislativo n. 147 è entrato in vigore il 7 ottobre 2015. In considerazione delle diversità tra i due regimi, nonché del fatto che il nuovo regime è entrato in vigore in un periodo d'imposta nel quale già era in vigore del precedente regime, è emersa l'esigenza di coordinarli tra loro, chiarendo in particolare la posizione dei lavoratori già rientrati in Italia prima della predetta data del 7 ottobre del 2015.
In tale contesto il comma 142 stabilisce che i lavoratori i quali si sono trasferiti in Italia fino al 6 ottobre 2015 applicano, per il periodo in corso al 31 dicembre 2016 e per quello successivo, le disposizioni di cui alla medesima legge n. 238 nei limiti e alle condizioni ivi indicati; in alternativa viene previsto che i medesimi soggetti possano optare, con le modalità definite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, per l'applicazione del nuovo regime del predetto articolo 16.
In sostanza, la disposizione proroga al 31 dicembre 2017 l'insieme di benefici fiscali previsti nella predetta legge n. 238 del 2010, in favore dei soggetti rientrati in Italia nel periodo compreso tra il 1o marzo e il 6 ottobre 2015.
I commi 160 e 161 modificano, a decorrere dal 2017, la misura delle detrazioni dall'imposta lorda IRPEF spettanti con riferimento ai redditi da pensione (cosiddetta no tax area per i pensionati).
In base alla novella, a decorrere dal 2017, la detrazione risulta pari, per i soggetti di età inferiore a 75 anni, a:
– 1.783 euro (1.725 euro nella normativa vigente), se il reddito complessivo non supera 7.750 euro (7.500 euro nella normativa vigente); resta fermo che l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro;
– 1.255 euro (così come nella disciplina vigente), aumentata del prodotto tra 528 euro (470 euro nella normativa vigente) e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro (valore identico a quello stabilito nella disciplina vigente), diminuito del reddito complessivo, e 7.250 euro (7.500 euro nella disciplina vigente), qualora l'ammontare del reddito complessivo Pag. 109sia superiore a 7.750 euro (7.500 euro nella normativa vigente) e pari o inferiore a 15.000 euro (valore identico a quello stabilito nella disciplina vigente).
Resta immutata la disciplina per i casi in cui il soggetto abbia un reddito complessivo superiore a 15.000 euro.
Sempre in base alla novella, per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni, a decorrere dal 2017, la detrazione risulta pari a:
– 1.880 euro (1.783 euro nella disciplina vigente), se il reddito complessivo non supera 8.000 euro (7.750 euro nella normativa vigente); resta fermo che l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro;
– 1.297 euro (così come nella disciplina vigente), aumentata del prodotto tra 583 euro (486 euro nella normativa vigente) e l'importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro (valore identico a quello stabilito nella disciplina vigente), diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro (7.250 euro nella disciplina vigente), qualora l'ammontare del reddito complessivo sia superiore a 8.000 euro (7.750 euro nella normativa vigente) e pari o inferiore a 15.000 euro (valore identico a quello stabilito nella disciplina vigente).
Anche per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni, resta immutata la disciplina per i casi di reddito complessivo superiore a 15.000 euro.
I commi 172 e 173 rendono strutturale il regime fiscale agevolato introdotto in via temporanea, sotto forma di credito d'imposta, dall'articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2014, in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo (cosiddetto Art-bonus).
I commi da 178 a 180 estendono l'applicazione del credito d'imposta a favore degli investimenti nel settore cinematografico, introdotti dalla legge di stabilità 2008 (cosiddetto tax credit cinema), tra l'altro, alle spese per la distribuzione internazionale, alla sostituzione di impianti di proiezione digitale, nonché ai film realizzati sul territorio nazionale su commissione di produzioni estere, elevando, al contempo, l'autorizzazione di spesa da 115 a 140 milioni di euro a decorrere dal 2016.
I commi da 213 a 216 istituiscono un Fondo sperimentale per il contrasto della povertà educativa minorile alimentato da versamenti effettuati dalle fondazioni bancarie. Alle fondazioni è riconosciuto un credito d'imposta, pari al 75 per cento di quanto versato, fino ad esaurimento delle risorse disponibili, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. Le relative modalità di intervento sono rinviate ad un protocollo d'intesa tra le fondazioni, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Il comma 217 semplifica la cessione gratuita di prodotti facilmente deperibili (alimentari) a enti, associazioni o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle ONLUS. In particolare la norma eleva a 15.000 euro (rispetto agli attuali 5.164,57 euro) il limite del costo dei beni gratuitamente ceduti oltre il quale occorre inviare la prescritta comunicazione all'amministrazione finanziaria per poterli consegnare. Inoltre tale comunicazione è resa facoltativa, senza limiti di valore, ove si tratti di beni facilmente deperibili.
I commi da 230 a 236 contengono disposizioni finalizzate a disciplinare la concessione di contributi con le modalità del finanziamento agevolato – nel limite massimo di 1.500 milioni di euro – ai soggetti privati e alle attività economiche e produttive danneggiati da eventi calamitosi per i quali il Consiglio dei Ministri ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza. Nel corso dell'esame al Senato è stato specificato che il finanziamento deve essere erogato al netto di eventuali indennizzi per polizze assicurative stipulate per le medesime finalità. Al soggetto beneficiario del finanziamento agevolato è Pag. 110attribuito un credito di imposta, fruibile esclusivamente in compensazione, pari all'importo ottenuto sommando al capitale gli interessi dovuti e le spese. Le modalità di fruizione sono stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate nel limite di 60 milioni di euro annui a decorrere dal 2016.
Il comma 335 riduce di 40 milioni di euro per il 2016, di 70 milioni per ciascuno degli anni 2017 e 2018 e di 100 milioni annui a decorrere dal 2019, le risorse per i servizi resi dai centri autorizzati di assistenza fiscale. Viene demandata ad apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento, la rideterminazione dei compensi spettanti ai centri autorizzati di assistenza fiscale in misura tale da realizzare i risparmi di spesa di cui al periodo precedente.
Il comma 337 abroga la disposizione che ha istituito, in favore delle regioni a statuto ordinario confinanti con l'Austria (in sostanza, il Veneto) un fondo per l'erogazione di contributi alle persone fisiche per la riduzione del prezzo alla pompa della benzina e del gasolio per autotrazione.
Illustra quindi il comma 340, non modificato dal Senato, che riduce l'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per la riduzione della pressione fiscale dei seguenti importi: 809,6 milioni di euro per il 2016; 413,4 milioni di euro per il 2017; 411 milioni di euro per il 2018; 388 milioni di euro a decorrere dal 2019.
Il comma 341 riduce l'autorizzazione di spesa prevista per la copertura del meccanismo del «due per mille» ai partiti politici, per un importo pari a 10 milioni nel 2016, per 20 milioni nel 2017. Pertanto, l'autorizzazione di spesa è rideterminata come segue: 17,1 milioni nel 2016 (anziché 27,1 milioni); 25,1 milioni dal 2017 (anziché 45,1 milioni).
I commi 342 e 343 delimitano l'ambito territoriale del finanziamento delle agevolazioni alle zone franche urbane a quelle individuate dalla delibera CIPE n. 14/2009, dando mandato al MiSE di adottare nuovi bandi con le risorse residue.
Il comma 368 estende l'aliquota IVA super-ridotta al 4 per cento, già prevista per gli e-book, ai giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, e periodici online. A tal fine, la norma modifica l'articolo 1, comma 667, della legge di stabilità 2015, il quale ha assoggettato anche gli e-book ad aliquota agevolata del 4 per cento mediante interpretazione autentica alla Tabella A, parte II, numero 18), allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
Al riguardo osserva l'opportunità di valutare la compatibilità con il diritto dell'Unione europea della norma, dal momento che i beni e i servizi assoggettati all'aliquota «super-ridotta» del 4 per cento non possono essere modificati in quanto oggetto di deroga specifica al momento della emanazione della prima direttiva IVA.
Segnala, peraltro, come il comma 545 del disegno di legge, inserito nel corso dell'esame al Senato, istituisca una nuova aliquota ridotta dell'IVA pari 5 per cento, compatibile con il diritto dell'Unione europea.
Il comma 452, introdotto nel corso dell'esame al Senato, modifica la disciplina che differisce al 31 dicembre 2017 l'esecuzione del recupero dell'accisa dal soggetto obbligato al pagamento, estendendone di fatto l'ambito applicativo.
Rileva come si tratti della disciplina (di cui all'articolo 10, comma 12-vicies, del decreto-legge n. 192 del 2014) che, nelle more di una nuova ed apposita regolamentazione in ordine all'estinzione della pretesa tributaria, differisce al 31 dicembre 2017 l'esecuzione del recupero dell'accisa dal soggetto obbligato al pagamento, purché dalla conclusione del procedimento penale instaurato per i medesimi fatti, e definito con sentenza anteriore al 1o aprile 2010 (data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 48 del 2010 che ha recepito nell'ordinamento la direttiva sul regime Pag. 111generale delle accise), non risulti il coinvolgimento dell'obbligato a titolo di dolo o colpa.
Ricorda che la disposizione oggetto di modifica ha inteso definire il contenzioso nascente dall'articolo 4 del Testo unico delle accise – TUA che disciplina il cosiddetto abbuono d'imposta (modificato da ultimo dal predetto decreto legislativo n. 48 del 2010).
In particolare la norma richiamata prevede, nel solo caso di perdita irrimediabile o distruzione totale di prodotti che si trovano in regime sospensivo, l'abbuono della relativa imposta, a condizione che il soggetto obbligato provi, in un modo ritenuto soddisfacente dall'Amministrazione finanziaria, che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore.
Se le perdite sono inerenti la natura stessa dei prodotti, in regime sospensivo, e se sono avvenute durante il processo di fabbricazione o di lavorazione al quale gli stessi vengono sottoposti nel caso in cui è già sorta l'obbligazione tributaria, l'abbuono è concesso nei limiti dei cali tecnicamente ammissibili determinati dalla disciplina tecnica emanata con decreto del MEF. La «distruzione totale» o la «perdita irrimediabile» sussiste ove il prodotto risulta inutilizzabile come prodotto sottoposto ad accisa. Sono previste specifiche limitazioni per i tabacchi lavorati.
Il comma 1 dell'articolo 4 del TUA prevede inoltre che, fatta eccezione per i tabacchi lavorati, i fatti imputabili a titolo di colpa non grave, a terzi o allo stesso soggetto passivo, sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore.
Di conseguenza l'articolo 10, comma 12-vicies, che il comma 452 modifica, intende a dirimere il persistente contrasto interpretativo riguardante l'applicabilità dell'abbuono nelle ipotesi di furto o rapina di prodotti detenuti in sospensione di imposta, posticipando al 31 dicembre 2017 il recupero dell'accisa nei confronti del soggetto obbligato al pagamento, ove detto soggetto passivo non risulti penalmente responsabile per il furto dei beni sottoposti ad accisa, all'esito di un procedimento penale definito con sentenza anteriore al 1o aprile 2010 (data di entrata in vigore del richiamato decreto legislativo n. 48 del 2010), ferma l'eventuale rivalsa sul responsabile del reato.
In tale contesto normativo l'intervento operato dal comma 452:
estende l'applicazione del predetto differimento, che viene consentito anche quando, con sentenza definitiva, sia stata accertata la colpa del soggetto obbligato. Se la normativa vigente esclude infatti il differimento in caso di dolo o colpa, la riforma in commento fa invece riferimento a dolo e colpa grave;
specifica che la sentenza penale definiva, che può impedire il differimento, può essere pronunciata anche dopo il 1o aprile 2010, purché sia relativa a fatti accaduti prima del 1o aprile 2010: la disposizione vigente, infatti, esclude il differimento solo in relazione a sentenze passate in giudicato entro l'aprile 2010.
I commi da 497 a 499 consentono variazioni compensative tra capitoli e trasferimenti di risorse fra conti di tesoreria, se afferenti a fondi di garanzia, previa verifica dell'invarianza finanziaria. Inoltre rifinanziano per 6,7 miliardi complessivi nell'arco del quadriennio 2016-2019 il fondo finalizzato ad integrare le risorse iscritte sul bilancio destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato.
I commi da 500 a 510 prorogano i termini per la rivalutazione di quote e terreni da parte delle persone fisiche, incrementando all'8 per cento l'aliquota della relativa imposta sostitutiva. Viene prevista poi, a favore delle società di capitali e degli enti residenti sottoposti a IRES, la possibilità di effettuare la rivalutazione dei beni d'impresa e delle partecipazioni risultanti dal bilancio dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2014, attraverso il pagamento di un'imposta sostitutiva con aliquota del sedici per cento per i beni ammortizzabili e del dodici per cento per i beni non ammortizzabili; per l'affrancamento del saldo attivo della rivalutazione è fissata un'imposta sostitutiva del dieci per cento.Pag. 112
Illustra quindi i commi da 511 a 514, che innalzano da mille a tremila euro il limite a partire dal quale è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore; per il servizio di rimessa (money transfer) la soglia è invece fissata in mille euro; sono inoltre eliminati l'obbligo di pagare i canoni di locazione di unità abitative in forme e modalità che escludano l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità, nonché l'obbligo per i soggetti della filiera dei trasporti ad effettuare i pagamenti dei corrispettivi relativi ai contratti di trasporto su strada utilizzando mezzi elettronici di pagamento o il canale bancario o postale, o altri strumenti comunque tracciabili, indipendentemente dall'ammontare.
I commi da 515 a 523 recano una serie di modifiche alla disciplina fiscale applicabile al settore agricolo: in primo luogo, il comma 515, modificando l'articolo 1, comma 1, terzo periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, innalza dal 12 per cento al 15 per cento l'aliquota relativa ai trasferimenti aventi per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale. Viene disposta la rideterminazione delle percentuali di compensazione IVA per le cessioni di latte fresco e l'incremento al 30 per cento del coefficiente di rivalutazione dei redditi agrari e dominicali. Da tale rivalutazione sono esclusi i terreni agricoli e quelli non coltivati posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola.
Viene stabilito inoltre che le produzioni agro-energetiche si considerano produttive di reddito agrario se contenute entro limiti predefiniti, mentre in caso contrario si utilizza il coefficiente di redditività del 25 per cento dell'ammontare dei corrispettivi IVA.
I commi da 524 a 535 contengono disposizioni di varia natura in materia di giochi pubblici.
In particolare, è stabilito l'aumento del prelievo erariale unico (PREU) relativo a newslot (dal 13 al 15 per cento) e video lottery terminal – VLT (dal 5 al 5,5 per cento) nonché la riapertura dei termini ai fini della regolarizzazione fiscale per emersione dei centri di raccolta on line di scommesse non autorizzati. Viene individuata una procedura per accertare la stabile organizzazione in caso di raccolta delle scommesse per mezzo dei centri di trasmissione dati (cosiddetti CTD), da assoggettare ad una ritenuta a titolo d'acconto nella misura del 25 per cento. Sono previsti bandi di gara per nuove concessioni riguardanti le scommesse sportive e non sportive, il Bingo ed i giochi a distanza.
Il comma 524 incrementa, a decorrere dal 1o gennaio 2016, il PREU dall'attuale 13 per cento al 15 per cento con riferimento all'ammontare delle somme giocate attraverso le cosiddette «new slot» o AWP di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del regio decreto n. 773 del 1931 (T.U.L.P.S).
Il comma 525, con decorrenza dal 1o gennaio 2016, incrementa il PREU dall'attuale 5 per cento al 5,5 per cento con riferimento all'ammontare delle somme giocate attraverso le cosiddette Video Lotteries Terminal» o VLT, di cui all'articolo 110, comma 6, lettera b), del T.U.L.P.S.
Il comma 526, novellando i commi 643 e 644 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014, proroga fino al 31 gennaio 2016 la cosiddetta regolarizzazione fiscale per emersione dei centri di raccolta on line delle scommesse non autorizzati, il cui procedimento è definito dell'articolo 1, commi 643, 644 e 645 della medesima legge n. 190 del 2014; contestualmente, vengono prorogate le date entro le quali devono essere espletate le varie operazioni procedurali finalizzate alla regolarizzazione stessa.
Il comma 527 individua una procedura per accertare la stabile organizzazione del soggetto estero che svolge attività di raccolta Pag. 113delle scommesse per mezzo dei centri di trasmissione dati, il quale viene assoggettato ad una ritenuta a titolo d'acconto nella misura del 25 per cento (ai sensi del comma 529).
In particolare, qualora un soggetto residente svolga, per conto di soggetti esteri non residenti o comunque sulla base di contratti di ricevitoria o intermediazione con i soggetti terzi, le attività tipiche del gestore, anche sotto forma di centro trasmissione dati (quali, ad esempio, raccolta scommesse, raccolta delle somme puntate, pagamento dei premi), e metta a disposizione dei fruitori finali del servizio strumenti per effettuare la giocata, quali le apparecchiature telematiche e i locali presso cui scommettere, e allorché i flussi finanziari, relativi alle suddette attività ed intercorsi tra il gestore e il soggetto non residente, superino, nell'arco di sei mesi, cinquecentomila euro, l'Agenzia delle Entrate, rilevati i suddetti presupposti dall'informativa dell'intermediario finanziario e degli altri soggetti esercenti attività finanziaria indicati nell'articolo 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 231 del 2007, da effettuarsi secondo i criteri stabiliti dal Ministero dell'economia e delle finanze, entro 60 giorni dalla medesima informativa convoca in contraddittorio il gestore e il soggetto estero, i quali possono fornire prova contraria circa la presenza in Italia di una stabile organizzazione, ai sensi dell'articolo 162, del TUIR.
In merito segnala come la relazione illustrativa allegata al disegno di legge originario spieghi che il richiamo alla stabile organizzazione, espressione con la quale si designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato, è volto a facilitare nel concreto l'intercettazione degli introiti dei centri trasmissione dati.
In base al comma 528, nel caso in cui, all'esito del contraddittorio, da concludersi entro 90 giorni, sia accertata in Italia la stabile organizzazione del soggetto estero, l'Agenzia delle Entrate emette motivato accertamento, liquidando la maggiore imposta e le sanzioni dovute.
Il comma 529 stabilisce che a seguito di segnalazione dell'Agenzia delle Entrate nei confronti dei contribuenti dei quali sia stata accertata la stabile organizzazione, gli intermediari finanziari e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria indicati nel citato articolo 11, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 231 del 2007, ai fini della disciplina dell'antiriciclaggio, sono tenuti ad applicare una ritenuta a titolo d'acconto nella misura del 25 per cento sugli importi delle transazioni verso il beneficiario non residente, con versamento del prelievo entro il sedicesimo giorno del mese successivo a quello di effettuazione del pagamento.
Il contribuente, a norma del comma 530, può comunque presentare, entro 60 giorni dall'inizio di ciascun periodo di imposta, specifica istanza di interpello disapplicativo, ai sensi dell'articolo 11, comma 2, della legge n. 212 del 2000, qualora intenda dimostrare il venir meno dei presupposti di cui ai commi precedenti.
Il comma 531 definisce i requisiti, i limiti e le modalità per la partecipazione al bando di gara «Scommesse»: per garantire la tutela degli interessi pubblici nelle attività di raccolta delle scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nel rispetto dei principi e delle regole europee e nazionali, attribuisce con gara da indire dal 1o maggio 2016, mediante procedura aperta, competitiva e non discriminatoria, tutte le concessioni per la raccolta delle predette scommesse.
Evidenzia che, come affermato nella relazione governativa, tutte le concessioni per le scommesse verranno a scadenza il 30 giugno 2016.
Dovranno essere rispettati i seguenti criteri:
a) durata della concessione di nove anni, non rinnovabile, per la raccolta, esclusivamente in rete fisica, di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, ivi inclusi le scommesse su eventi simulati ed i concorsi pronostici su base sportiva ed ippica; il numero massimo è di 10.000 diritti presso punti di vendita Pag. 114aventi come attività prevalente la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici e di 5.000 diritti con riferimento ai punti di vendita nei quali la commercializzazione di prodotti di gioco pubblici è accessoria; un sottoinsieme fino a un massimo di 1.000 diritti può riguardare gli esercizi in cui si effettua quale attività principale la somministrazione di alimenti e bevande;
b) base d'asta non inferiore a 32.000 euro per ogni punto di vendita avente come attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici e a 18.000 euro per ogni punto di vendita avente come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici;
c) in caso di aggiudicazione, versamento della somma offerta entro la data di sottoscrizione della concessione;
d) possibilità di partecipazione per i soggetti che già esercitano attività di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell'ordinamento di tale Stato.
La Relazione tecnica stima un gettito di 410 milioni di euro per il solo anno 2016.
Il comma 532 interviene sull'articolo 12, comma 2, della legge n. 383 del 2001, sostituendone il quarto periodo, al fine di disporre che le modalità tecniche dei giochi, delle scommesse e dei concorsi a premi sono stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Direttore dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Il comma 533 riguarda il gioco del Bingo: attraverso la novella dell'articolo 1, commi 636 e 637, della legge n. 147 del 2013, sono messe a gara 210 concessioni, con una soglia minima di 350.000 euro in luogo del vigente importo di 200.000 euro, per una durata della concessione che non è più di sei anni, bensì di nove anni, non rinnovabile; le rate da versare per la proroga onerosa delle concessioni sono innalzate da 2.800 a 5.000 euro per ogni mese o frazione di mese superiore a 15 giorni e da 1.400 a 2.500 euro per ogni frazione di mese inferiore a 15 giorni. Inoltre, attraverso l'inserimento della lettera d-bis), riguardante i criteri direttivi da seguire per le concessioni, la partecipazione alla selezione viene estesa in modo esplicito ai soggetti che già esercitano attività di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell'ordinamento di tale Stato. La relazione illustrativa evidenzia che attualmente sono attive sul territorio nazionale 210 sale Bingo, per la maggior parte delle quali la concessione è scaduta nel biennio 2013-2015, mentre per le rimanenti le concessioni scadrà nel corso del 2016. La Relazione tecnica stima un gettito di 73,5 milioni di euro per il solo anno 2016.
Illustra quindi il comma 534, il quale disciplina la gara per il gioco a distanza: ai fini di un riallineamento temporale al 31 dicembre 2022 è previsto un bando di gara, entro il 31 luglio 2016, per selezionare, mediante procedura aperta, competitiva e non discriminatoria, 120 concessioni, previo versamento di un corrispettivo una tantum, per la durata della concessione, pari a 200.000 euro. La Relazione tecnica stima un gettito di 24 milioni di euro per il solo anno 2016.
Il comma 535 sopprime il numero 26) della lettera b) del comma 78 dell'articolo 1 della legge n. 220 del 2010. Segnala come si tratti di uno degli obblighi ai quali sono tenuti i concessionari dell'esercizio e della raccolta attraverso rete fisica e riguardi la cessione non onerosa della rete infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco all'Agenzia delle dogane e dei monopoli all'atto della scadenza del termine di durata della concessione. Tale previsione era stata a suo tempo introdotta per evitare il rischio che alla cessazione della raccolta di gioco per conto dello Stato e nel rispetto del quadro regolatorio nazionale potesse far seguito, da parte dell'impresa Pag. 115cessata ma dotata ancora dell'adeguata strumentazione materiale, un'offerta di gioco non regolare. La Corte di Giustizia dovrebbe pronunciarsi sul punto nei primi mesi del 2016, dal momento che la Corte di Cassazione ha sollevato in merito un dubbio di compatibilità con il diritto europeo. Oltre a ciò, sono emerse difficoltà oggettive ai fini della concreta attivazione del vincolo, soprattutto nei confronti di eventuali operatori stranieri.
Passa quindi a illustrare i commi da 536 a 542, i quali recano norme in materia di adempimenti relativi alla presentazione delle dichiarazioni fiscali con particolare riferimento alla dichiarazione precompilata.
In particolare, il comma 536 apporta modifiche al decreto legislativo n. 175 del 2014.
In particolare, la lettera a) del comma 536 modifica le disposizioni dell'articolo 3, comma 3, rendendo permanente l'obbligo per le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere e tutti i soggetti espressamente menzionati nella disposizione di inviare al Sistema tessera sanitaria, ai fini della elaborazione della dichiarazione dei redditi, i dati relativi alle prestazioni sanitarie erogate. Tale obbligo viene esteso, a partire dal 1o gennaio 2016, anche alle strutture autorizzate per l'erogazione dei servizi sanitari, sebbene non accreditate.
La lettera b) prevede l'introduzione, nell'articolo 3 del citato decreto legislativo n. 175 del 2014, di un comma 3-bis il quale consente a tutti i cittadini – anche quelli che non sono destinatari della dichiarazione dei redditi precompilata – di consultare i dati relativi alle proprie spese sanitarie acquisiti dal Sistema Tessera Sanitaria. In tal modo i cittadini autenticati potrebbero accedere a dati che li riguardano, con vantaggi in termini di informazione e di valorizzazione dei dati acquisiti, che spesso sono risultato di adempimenti onerosi.
La lettera c) integra l'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 175 – il quale dispone che i termini e le modalità per la trasmissione telematica dei dati per ottenere le deduzioni o detrazioni fossero stabiliti con decreto del ministro dell'economia e delle finanze (decreto che non risulta ancora emanato) – con una disposizione in merito ai casi di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati relativi alle spese sanitarie. La norma specifica che ai fini dell'applicazione delle sanzioni questi casi sono trattati analogamente a quelli indicati nell'articolo 78, comma 26, della legge n. 431 del 1991.
Quest'ultimo dispone che in caso di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati relativi agli elenchi che gli enti e le casse aventi esclusivamente fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale devono comunicare in via telematica all'Anagrafe tributaria relativamente ai soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie per effetto dei contributi versati, ai fini dei controlli sugli oneri detraibili, si applica la sanzione di cento euro per ogni comunicazione in deroga a quanto previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 472 del 1997. Nei casi di errata comunicazione dei dati, la sanzione non si applica se la trasmissione dei dati corretti è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza del 28 febbraio di ciascun anno, ovvero, in caso di segnalazione da parte dell'Agenzia delle entrate, entro i cinque giorni successivi alla segnalazione stessa.
La lettera d) apporta una modifica formale all'articolo 3, comma 5, conseguente all'introduzione del comma 3 bis.
La lettera e) integra l'articolo 5 del decreto legislativo n. 175, il quale indica i casi in cui non si effettua il controllo sui dati della dichiarazione precompilata e stabilisce, altresì, i casi nei quali tale controllo deve essere eseguito, inserendovi un nuovo comma 3-bis. Tale nuovo comma 3-bis stabilisce che l'Agenzia delle Entrate può eseguire controlli preventivi, entro quattro mesi dal termine stabilito per la trasmissione della dichiarazione o dalla data di trasmissione qualora tale data fosse posteriore a detto termine, nell'ipotesi in cui la dichiarazione dei redditi venga presentata direttamente o tramite il sostituto d'imposta che presta l'assistenza fiscale e risulta differente rispetto Pag. 116a quella precompilata con riferimento alla determinazione del reddito o dell'imposta o incoerente rispetto ai criteri stabiliti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate, o risulti un rimborso superiore all'importo di euro 4.000. L'Agenzia delle Entrate ha l'onere di erogare l'importo risultante a titolo di rimborso dopo l'esecuzione dei prescritti controlli, entro e non oltre il termine di sei mesi successivi al termine stabilito per la trasmissione della dichiarazione o entro sei mesi dalla data della trasmissione e se essa è posteriore rispetto al termine prescritto.
In particolare, l'articolo 5 del decreto legislativo n. 175 del 2014, stabilisce che nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, direttamente ovvero tramite il sostituto d'imposta che presta l'assistenza fiscale, senza modifiche, l'Agenzia delle Entrate non procede al controllo formale sui dati relativi agli oneri indicati nella dichiarazione precompilata, mentre, su tali dati, resta fermo il controllo della sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle detrazioni, alle deduzioni e alle agevolazioni.
Il controllo deve essere, invece, effettuato, nel caso di presentazione, direttamente ovvero tramite il sostituto d'imposta che presta l'assistenza fiscale, della dichiarazione precompilata con modifiche che incidono sulla determinazione del reddito o dell'imposta o nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, anche con modifiche, effettuata mediante CAAF o professionista. In tal caso il controllo formale è effettuato nei confronti del CAAF o del professionista, anche con riferimento ai dati relativi agli oneri, forniti da soggetti terzi, indicati nella dichiarazione precompilata. Resta fermo il controllo nei confronti del contribuente della sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle detrazioni, alle deduzioni e alle agevolazioni.
Segnala come tali norme introducano un regime più sfavorevole e rischino di creare disparità di trattamento per i contribuenti che presentano la dichiarazione precompilata rispetto ai contribuenti che non si avvalgono della precompilata; questi ultimi, ai sensi della legge di stabilità 2014, incorrono nei controlli preventivi ove i rimborsi superino i 4000 euro e vi siano detrazioni per carichi di famiglia; i primi, invece, incorrerebbero nello slittamento del rimborso al mero superamento della soglia dei 4000 euro.
La lettera f) del comma 536 inserisce nel comma 4 dell'articolo 1 del citato decreto legislativo n. 175 del 2014 un rimando al nuovo comma 3-bis dell'articolo 5 del medesimo decreto legislativo n. 175, introdotto dalla lettera e) del comma 536. Rammenta in merito che il comma 4 dell'articolo 1 riguarda la possibilità di presentare la dichiarazione dei redditi autonomamente compilata con le modalità ordinarie da parte dei contribuenti. A tali casi si applicano anche le disposizioni contenute nell'illustrato comma 3-bis in materia di controlli (oltre che quelle del comma 3 e dell'articolo 6 del medesimo decreto).
La lettera g) del comma 536 abroga la lettera b) del comma 1 dell'articolo 5 del citato decreto legislativo n. 175, che esclude il controllo preventivo nell'ipotesi di dichiarazione precompilata presentata direttamente o tramite il sostituto d'imposta nei casi di rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro per detrazioni per carichi di famiglia. Tale abrogazione produce effetto a partire dalle dichiarazione presentate nel 2016 relativamente ai redditi del 2015.
La lettera h) del comma 536 apporta una modifica alle previsioni dell'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 175 in merito ai requisiti dimensionali ai fini dello svolgimento dell'attività di assistenza fiscale da parte dei CAAF. A seguito di tale modifica possono essere considerati «centri autorizzati» quelli per i quali la media delle dichiarazioni complessivamente trasmesse nel primo triennio sia almeno pari all'un per cento della media delle dichiarazioni complessivamente trasmesse dai soggetti che svolgono attività fiscale. È ammesso uno scostamento massimo del 10 per cento da tale valore. In base all'articolo 35 comma 3 vigente, tale valore deve Pag. 117essere pari all'1 per cento del rapporto tra le dichiarazioni trasmesse dal Centro in ciascuno dei tre anni e la media delle dichiarazioni complessivamente trasmesse dai soggetti che svolgono attività di assistenza fiscale nel triennio precedente, incluso quello considerato, con uno scostamento del 10 per cento.
Il comma 537 apporta modifiche all'articolo 78 della legge n. 431 del 1991, relativamente agli obblighi di comunicazione da parte di enti e casse aventi esclusivamente fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale dei dati relativi alle somme che non concorrono alla formazione del reddito, nonché dei dati relativi alle spese sanitarie rimborsate e delle spese sanitarie che comunque non sono rimaste a carico del contribuente.
In particolare, la lettera a) del comma 537 sostituisce il comma 25-bis del predetto articolo 78, fissando al 28 febbraio di ciascun anno il termine entro il quale tutti gli enti, le casse, le società di mutuo soccorso aventi esclusivamente fine assistenziale e i fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale devono trasmettere all'Agenzia delle Entrate i dati relativi alle spese sanitarie rimborsate ai soggetti del rapporto, a seguito del versamento dei contributi secondo le previsioni dell'articolo 51, comma 2 e dell'articolo 10, comma 1, del TUIR, nonché tutti i dati relativi alle spese sanitarie rimborsate e che comunque non risultano essere rimaste a carico dei contribuenti. Tale comunicazione è effettuata ai fini dell'elaborazione delle dichiarazioni dei redditi da parte dell'Agenzia delle Entrate ed i relativi controlli su oneri deducibili e detraibili.
Gli enti suddetti sono tenuti a comunicare anche i dati relativi alle spese sanitarie che non sono rimaste a carico dei contribuenti in base a specifiche disposizioni del TUIR.
La lettera b) del comma 537 abroga il comma 25-ter del già citato articolo 78 della legge n. 413, il quale prevede che contenuto, termini e modalità delle trasmissioni dei dati per l'effettuazione dei controlli sugli oneri detraibili sarebbero stati definiti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
La lettera c) prevede la soppressione del primo periodo del comma 26 dell'articolo 78 della legge n. 413, che disciplina la predisposizione degli elenchi mediante l'utilizzo di supporti magnetici con modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro delle finanze.
Inoltre nel testo dell'articolo 78, ogni qualvolta si fa riferimento al comma 25, è stabilito che tale riferimento sia esteso anche alle disposizioni del comma 25-bis.
Il comma 538 apporta modifiche al decreto del Ministro delle Finanze 31 maggio 1999, n. 164.
In particolare la lettera a) del comma 538 introduce nell'articolo 17, relativo all'assistenza fiscale prestata dal sostituto d'imposta, al comma 1, una lettera c-bis) che prescrive un ulteriore onere per i sostituti di imposta consistente nella comunicazione all'Agenzia delle entrate, mediante strumenti telematici ed entro il termine del 7 luglio di ciascun anno, dei risultati finali delle dichiarazioni. Qualora compatibili con tale previsione, si applicano le disposizioni dell'articolo 16, comma 4-bis, in base al quale entro il 7 luglio di ciascun anno i CAAF sono tenuti a comunicare all'Agenzia delle entrate i risultati finali delle dichiarazioni.
La lettera b) del comma 538 apporta modifiche al comma 2-ter dell'articolo 7, relativo al procedimento per l'autorizzazione allo svolgimento dell'attività di assistenza fiscale e requisiti delle società richiedenti e dei Centri autorizzati, per adeguarne le disposizioni alla nuova normativa sui requisiti dimensionali dei centri autorizzati di assistenza fiscale introdotta dalla lettera h) del comma 536.
Il comma 539 apporta modifiche all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, stabilendo che i sostituti di imposta che effettuano le ritenute sui redditi sono tenuti a trasmettere in via telematica le dichiarazioni relative all'anno solare precedente entro il 31 luglio di ciascun anno.Pag. 118
In base alla lettera a) del comma 539 il comma 3-bis è sostituito da un nuovo testo ed opera nei confronti di tutti i sostituti di imposta che effettuano le ritenute sui redditi in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. In base al nuovo comma 3-bis, i sostituti d'imposta che operano le predette ritenute sono tenuti a presentare per via telematica entro il 31 luglio di ciascun anno all'Agenzia delle entrate una dichiarazione unica dei dati fiscali e contributivi relativi all'anno solare precedente.
La trasmissione della dichiarazione può essere effettuata direttamente dal sostituto d'imposta o tramite gli incaricati indicati dall'articolo 3, commi 2-bis e 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998.
La lettera b) del comma 539 sostituisce il comma 6-quinquies dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 322. Il testo novellato, oltre a stabilire che le certificazioni uniche rilasciate dai soggetti titolati ad eseguire le ritenute alla fonte indicati nel titolo III del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, devono essere trasmesse in via telematica all'agenzia delle Entrate entro il 7 marzo dell'anno successivo a quello cui esse si riferiscono, precisa che la predetta trasmissione possa avvenire sia direttamente che mediante l'utilizzo di incaricati appositamente titolati. Inoltre stabilisce che, entro la stessa data, debbano essere trasmessi gli ulteriori dati fiscali e contributivi e quelli necessari affinché possano essere eseguite le attività di controllo poste in essere dall'Amministrazione finanziaria e dagli enti previdenziali e assicurativi. È necessario, altresì, procedere alla trasmissione di dati relativi alle operazioni di conguaglio effettuate in occasione dell'assistenza fiscale prevista dal decreto legislativo n. 471 del 1997. Alla trasmissione telematica sono attribuiti i medesimi effetti della esposizione degli stessi nella dichiarazione unica.
Il comma 540 apporta modifiche all'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010, relativamente alla semplificazione di alcuni adempimenti dei contribuenti.
In particolare, con l'introduzione di un nuovo comma 1-quater nell'articolo 21 citato vengono esonerati dall'obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (spesometro) i contribuenti che hanno trasmesso i dati tramite il Sistema Tessera Sanitaria. Rileva come si tratti di una semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti le cui modalità devono essere disciplinate con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate.
Il comma 541 apporta modifiche al TUIR per quanto riguarda le detrazioni per oneri relativi alle spese funerarie ed alle spese per la frequenza di corsi di istruzione universitaria.
In particolare, la lettera a) del comma 541 sostituisce il comma 1, lettera d), dell'articolo 15 del TUIR, il quale stabilisce il limite assoluto di spesa e la percentuale di oneri che si possono detrarre dalla imposta lorda in conseguenza di spese funebri.
La nuova disposizione stabilisce che l'importo detraibile delle spese funebri sostenute in dipendenza della morte di persone non possa essere superiore a euro 1.550 per ciascuna di esse.
La lettera b) del comma 541 sostituisce il comma 1, lettera e), del citato articolo 15 del TUIR, sempre in materia di detrazioni per oneri per quanto riguarda l'importo da detrarre a titolo di spese per la frequenza di corsi di istruzione universitaria presso università statali e non statali. In particolare osserva come, per queste ultime, la misura delle spese non possa essere superiore a quella stabilita annualmente per ciascuna facoltà universitaria con apposito decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Tale provvedimento deve essere emanato entro il 31 dicembre e deve tenere presente gli importi medi delle tasse e dei contributi che sono tenute a versare le università statali.
Il testo vigente stabilisce che è possibile effettuare la detrazione dall'imposta lorda di un importo pari al 19 per cento delle spese sostenute per frequenza di corsi di Pag. 119istruzione universitaria, in misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi delle università statali.
Il comma 542 abroga i commi 586 e 587 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), i quali stabiliscono che, con riferimento al periodo di imposta 2015, quindi per le dichiarazioni presentate a partire dall'anno 2016, l'Agenzia delle Entrate non ha più l'onere dell'esecuzione di controlli preventivi, anche documentali, sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d'imposta derivanti da precedenti dichiarazioni.
Passa quindi a illustrare il comma 543, il quale quantifica in 2.000 milioni di euro le maggiori entrate per l'anno 2016 derivanti dalla proroga di termini prevista dall'articolo 2 del decreto-legge n. 153/2015, n. 153 in tema di voluntary disclosure. Il comma 544 contiene una clausola di salvaguardia attraverso l'aumento delle accise, nell'eventualità che detto importo non venisse realizzato integralmente.
I commi da 545 a 547, inseriti dal Senato, istituiscono una nuova aliquota ridotta dell'IVA, al 5 per cento, assoggettandovi le prestazioni socio-sanitarie ed educative rese da cooperative sociali e loro consorzi attualmente assoggettate all'aliquota del 4 per cento.
In particolare, il comma 545 modifica il decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
La lettera a), sostituendo i primi due commi dell'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, oltre a confermare l'aliquota ordinaria dell'imposta nella misura del 22 per cento, fissa le aliquote ridotte nel quattro, cinque e dieci per cento con riferimento alle operazioni aventi per oggetto i beni e servizi elencati, rispettivamente, nella parte II, nella parte II-bis e nella parte III della tabella A, salvo quanto previsto dall'articolo 34, in tema di regime speciale per i produttori agricoli.
In merito ricorda che attualmente l'articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 prevede, accanto all'aliquota normale (pari al 22 per cento) un'aliquota ridotta del 10 per cento (che può essere modificata in aumento o in diminuzione a livello complessivo, cioè per tutti i beni interessati e non per un singolo bene) e un'aliquota «super-ridotta» del 4 per cento (che non può essere modificata in quanto oggetto di deroga specifica al momento della emanazione della prima direttiva IVA) per le operazioni aventi per oggetto i beni e i servizi elencati nella parte II della Tabella A allegata al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633. Nella parte III della Tabella A vi è l'elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 10 per cento.
La lettera b) del comma 545 abroga il n. 41-bis) della tabella A, parte II, del predetto decreto del Presidente della Repubblica, il quale comprende nell'elenco dei beni e servizi soggetti all'aliquota del 4 per cento, le prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale. Tali prestazioni, sostanzialmente, sono fatte rientrare nella aliquota al 5 per cento.
Al riguardo rammenta che, a seguito di una procedura EU Pilot con la quale la Commissione europea aveva rilevato l'incompatibilità con l'ordinamento comunitario della disciplina IVA concernente le cooperative in genere (comprese le cooperative sociali) svolgenti le prestazioni previste dal n. 41-bis) della Tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 (prestazioni socio-sanitarie ed educative), i commi dal 488 al 490 della legge di stabilità 2013 avevano assoggettato tali prestazioni ad aliquota del 10 per cento (in luogo del 4 per cento).
Successivamente l'articolo 1, comma 172, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) aveva sostituito i predetti Pag. 120commi 488 e 489, di fatto ripristinando l'aliquota IVA agevolata del 4 per cento (di cui al n. 41-bis) della Tabella A, parte II) limitatamente alle prestazioni dei servizi socio-sanitari e educativi resi dalle cooperative sociali e dai loro consorzi sia direttamente nei confronti dei soggetti svantaggiati (minori, anziani, disabili), sia sulla base di convenzioni o appalti stipulati con soggetti terzi.
Tale operazione ha determinato l'apertura di una nuova procedura EU Pilot (6174/14/TAXU), cui il comma 545 intende dare risposta mediante l'istituzione di una nuova aliquota ridotta al 5 per cento, compatibile con la normativa europea in materia di IVA: gli articoli 98 e 99 dalla direttiva IVA (ora direttiva 2006/112/CE) consentono infatti agli Stati membri la facoltà di applicare una o due aliquote ridotte. Avendo l'Italia la sola aliquota ridotta del 10 per cento, la nuova aliquota del 5 per cento è da ritenersi compatibile con la predetta norma.
La lettera c) comma 545, con una modifica alla Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, vi introduce una nuova Parte II-bis, volta a individuare i beni e i servizi soggetti ad aliquota al 5 per cento. Osserva come siano soggette all'aliquota del 5 per cento le prestazioni di cui ai numeri 18, 19, 20, 21 e 27-ter dell'articolo 10, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, rese in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e di malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo (soggetti indicati nel numero 27-ter) da cooperative sociali e loro consorzi in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale.
Si tratta, in particolare, delle seguenti prestazioni:
18) prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell'esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza;
19) prestazioni di ricovero e cura compresa la somministrazione di medicinali, presidi sanitari e vitto;
20) prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, comprese le prestazioni relative all'alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici;
21) prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili, delle colonie marine, montane e campestri e degli alberghi e ostelli per la gioventù, comprese le somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, le prestazioni curative e le altre prestazioni accessorie;
27-ter) prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili.
Il comma 546 abroga i primi due periodi dell'articolo 1, comma 331, della legge n. 296 del 2006.
In merito rammenta che il primo periodo del citato comma 331 estendeva in via interpretativa l'aliquota agevolata del 4 per cento anche alle prestazioni sopra elencate (di cui ai numeri 18), 19), 20), 21) e 27-ter) dell'articolo 10, rese nei confronti dei soggetti indicati nel n. 41-bis), in generale, da qualunque tipo di cooperativa e loro consorzio, sia direttamente nei confronti del destinatario finale, sia in esecuzione di contratti di appalto e convenzioni. Il secondo periodo del comma 331 faceva salva la facoltà per le sole cooperative sociali (in quanto ONLUS di diritto ai sensi dell'articolo 10, comma 8, del decreto legislativo n. 460 del 1997) di optare per il regime agevolativo applicato alle ONLUS; pertanto, con la sua abrogazione, è venuta meno la possibilità per le cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991 e per i loro consorzi di fruire del regime di esenzione IVA.
Il comma 547 dispone in ordine alla decorrenza delle norme introdotte, precisando che esse si applicano alle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati, rinnovati o prorogati successivamente alla Pag. 121data di entrata in vigore del provvedimento.
Segnala, in materia di IVA, che il Senato ha soppresso il comma 11 dell'articolo 47 che ripristinava l'aliquota IVA ridotta al 10 per cento per le cessioni di pellet (combustibile ricavato da segatura), innalzata al 22 per cento dal comma 711 della legge di stabilità 2015.
Il comma 548, introdotto dal Senato, al fine di contrastare l'elusione della tassa automobilistica, novella l'articolo 103, comma 1, del codice della strada di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, in tema di obblighi conseguenti alla cessazione della circolazione dei veicoli a motore e dei rimorchi, in relazione alla definitiva esportazione all'estero. Si tratta della disposizione che prevede che la parte interessata, intestataria di un autoveicolo, motoveicolo o rimorchio, è tenuta a comunicare al competente ufficio del P.R.A., entro sessanta giorni, la definitiva esportazione all'estero del veicolo stesso, restituendo il certificato di proprietà e la carta di circolazione.
Il comma dispone che la predetta esportazione sia documentata attraverso reimmatricolazione, comprovata dall'esibizione della copia della documentazione doganale di esportazione.
Per quanto riguarda invece le Tabelle allegate al disegno di legge di stabilità, la Tabella A, relativa al Fondo speciale di parte corrente, l'accantonamento afferente al Ministero dell'economia e delle finanze, reca un'appostazione di 34,579 milioni nel 2016, di 84,334 milioni nel 2017 e di 104,334 milioni nel 2018.
Tali risorse sono destinate, secondo le indicazioni contenute nella relazione illustrativa al disegno di legge di stabilità, all'attuazione dei provvedimenti legislativi in materia di donazione del corpo, orari di apertura degli esercizi commerciali, prevenzione e contrasto del fenomeno del cyberbullismo, misure di green economy, indennizzo a favore delle persone affette da sindrome da talidomide, riforma della RAI e disciplina delle unioni civili.
Con riferimento alla Tabella B, relativa al Fondo speciale di conto capitale, l'accantonamento afferente al Ministero dell'economia e delle finanze reca uno stanziamento di 197,3 milioni nel 2016, di 354,9 milioni nel 2017 e di 380,9 milioni nel 2018.
Tali risorse sono destinate, secondo le indicazioni contenute nella relazione illustrativa al disegno di legge di stabilità, al potenziamento e ammodernamento della Guardia di finanza.
Per quanto attiene alla Tabella C, relativa agli stanziamenti la cui quantificazione annua è demandata alla legge di stabilità, segnala, per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, lo stanziamento di 125.804 euro nel 2016 e di 124.858 euro nel 2017 e nel 2018 per il finanziamento della CONSOB.
Nell'ambito della Tabella D, relativa ai definanziamenti delle autorizzazioni legislative di spesa relativi alla sola parte corrente, segnala, per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, la riduzione di 37,5 milioni nel 2016 e di 39,4 milioni in ciascuno degli anni 2017 e 2018 dello stanziamento per la riforma del catasto a favore dell'Agenzia delle entrate, nonché la riduzione di 13,5 milioni nel 2016 e di 71,7 milioni nel 2018 dello stanziamento per il Fondo destinato all'attuazione delle delega fiscale.
Con riferimento alla Tabella E, relativa agli importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi pluriennali, segnala, con riferimento ai profili di interesse della Commissione Finanze, gli stanziamenti concernenti:
il contributo per l'ammortamento della flotta, il miglioramento delle comunicazioni e il completamento del programma di dotazione infrastrutturale della Guardia di finanza (per 14,3 milioni di euro annuali fino al 2023);
un ulteriore contributo per l'ammortamento della flotta, il miglioramento delle comunicazioni e il completamento del programma di dotazione infrastrutturale (per 25,6 milioni annuali a decorrere dal 2016 fino al 2023);Pag. 122
il contributo per l'ammodernamento della Guardia di finanza (per 10 milioni nel 2016 e 15 milioni di euro annuali nel 2017 e 2018 e 30 milioni annuali fino al 2020, con una riduzione rispetto alla legislazione vigente di 10 milioni nel 2016, di 5 milioni in ciascuno degli anni 2017 e 2018 e di 10 milioni a decorrere dal 2019);
la dotazione del Fondo di garanzia per le PMI (per 704,1 milioni di euro nel 2016);
il finanziamento delle zone franche urbane (per 35 milioni nel 2016, con una riduzione di 20 milioni rispetto alla legislazione vigente).
Segnala inoltre come la Tabella E disponga una rimodulazione delle risorse destinate al finanziamento del Fondo di garanzia per la prima casa, finalizzato alla concessione di garanzie su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari.
In particolare viene disposto che le disponibilità per il 2016, pari a legislazione vigente a 187,7 milioni, siano rimodulate spostando 70 milioni al 2019: conseguentemente le disponibilità in competenza ammontano per il 2016 a 117,7 milioni. Per le annualità 2017 e 2018 non risulta alcuna autorizzazione di spesa in materia.
Per quanto riguarda il disegno di legge C.3445, recante il bilancio annuale di previsione dello Stato per il 2016 e il bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018, anche in questo caso ricorda preliminarmente come la legge n. 196 del 2009 abbia apportato alcune significative modifiche alla struttura del bilancio.
Tale nuova articolazione è fondata sulla riclassificazione delle spese dei Ministeri per missioni e programmi e sulla riclassificazione delle entrate per ricorrenza (entrate riferite a proventi la cui acquisizione sia prevista a regime, ovvero limitata a uno o più esercizi) e per tipologia dell'entrata medesima. La nuova classificazione ha operato una profonda revisione in senso funzionale della struttura delle voci di bilancio, volta a meglio evidenziare la relazione tra risorse disponibili e finalità delle politiche pubbliche, anche al fine di superare la tradizionale logica incrementale nel rifinanziamento delle politiche di spesa e di rendere più agevole l'attività di misurazione e verifica dei risultati raggiunti con la spesa pubblica.
Conseguentemente, sia per le entrate sia per le spese, l'unità di voto parlamentare risulta spostata ad un livello superiore rispetto a quello del quello del macroaggregato (unità previsionale di base) in precedenza previsto.
In sostanza, in luogo delle unità previsionali di base (o macroaggregati), le unità di voto sono ora individuate:
a) per le entrate, con riferimento alla tipologia, distinguendo i tributi più importanti (Imposta sui redditi, IRES, IVA), i raggruppamenti di tributi con caratteristiche analoghe (ad esempio, imposte sostitutive, imposte sui generi di monopolio), le restanti tipologie di provento secondo aggregati più o meno ampi (ad esempio, proventi speciali, redditi da capitale, entrate derivanti da servizi resi dall'amministrazione statale);
b) per le spese, con riferimento ai programmi, intesi quali aggregati diretti al perseguimento degli obiettivi definiti nell'ambito delle missioni.
Passando al contenuto specifico del provvedimento, rileva in primo luogo come il disegno di legge di Bilancio preveda per il 2016, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA un saldo netto da finanziare, corrispondente alla differenza tra le entrate finali e le spese finali, pari a –11,4 miliardi di euro, in miglioramento sia rispetto alla previsione del bilancio 2015 (che indicava un SNF pari a 53,6 miliardi) che rispetto al dato assestato (52,3 miliardi).
Per il biennio 2017-2018, il disegno di legge evidenzia un ulteriore miglioramento del saldo netto da finanziare, che si attesta, in termini di competenza, a un valore positivo di 5,4 miliardi nel 2017 e di 13,7 miliardi nel 2018, per effetto dell'incremento delle entrate finali, che aumentano da 550 miliardi nel 2016 a 580 miliardi nel 2018, dovuto essenzialmente all'andamento Pag. 123crescente delle entrate tributarie (che passano dai 477,8 miliardi del 2016 a 508,6 miliardi nel 2018).
Anche le spese finali presentano una lieve crescita nel triennio (da 561,4 miliardi nel 2016 a 566,4 miliardi nel 2018).
In termini di cassa, il saldo netto da finanziare, è pari a –76,1 miliardi nel 2016 a – 52,2 miliardi nel 2017 e a –43,7 miliardi nel 2018. La differenza rispetto al corrispondente valore in termini di competenza dipende essenzialmente dal fisiologico scostamento tra i valori degli accertamenti di entrata e i corrispondenti incassi.
Con l'approvazione del disegno di legge di stabilità 2016 da parte del Senato, la Nota di variazioni al bilancio evidenzia un peggioramento del saldo netto da finanziare, in termini di competenza, di circa 20 miliardi di euro, dovuto essenzialmente alla riduzione delle entrate finali recata dal disegno di legge di stabilità.
Anche al lordo delle regolazioni contabili e debitorie (pari a 28.176 milioni per quanto concerne le entrate, interamente ascrivibili ai rimborsi IVA, e a 31.326 milioni per quanto concerne le spese, derivanti per 3.150 milioni dal rimborso delle imposte dirette pregresse), il disegno di legge di bilancio, in termini di competenza, evidenzia un progressivo miglioramento del saldo netto da finanziarie nel triennio rispetto alla legislazione vigente.
Per quanto riguarda lo Stato di previsione dell'entrata (Tabella 1), le entrate finali, le entrate finali, al netto dei rimborsi IVA, ammontano nel bilancio a legislazione vigente a 550 milioni, in aumento rispetto al dato assestato 2015 di 26.661 milioni.
Tale aumento è determinato da maggiori entrate tributarie, per 26.992 milioni ed extratributarie, per 981 milioni, aumenti in parte compensati dal minor gettito da alienazioni e ammortamento beni patrimoniali per 1.312 milioni.
Per il 2017-2018 è previsto un andamento ancora positivo delle entrate tributarie (+3,7 per cento nel 2017 e +2,6 per cento nel 2018), a fronte delle quali viene in evidenza una sostanziale stabilità di quelle extratributarie (intorno ad un valore pari all'incirca a 69 miliardi nel triennio).
Con specifico riferimento alle entrate tributarie, segnala che la Relazione illustrativa del disegno di legge originario sottolinea come la loro evoluzione positiva nel triennio 2016-2018 (da 477,8 miliardi nel 2016, a 495,6 miliardi nel 2017 fino a 508,6 miliardi nel 2018) dipenda in larga parte dal favorevole andamento delle variabili macroeconomiche, nonché dagli effetti finanziari dei provvedimenti legislativi approvati in corso d'anno e come la variazione positiva nel 2016 rispetto alle previsioni assestate 2015 sia dovuta in gran parte all'aumento delle tasse e imposte sugli affari (17.953 milioni) e delle imposte sul reddito e patrimonio (7.910 milioni). A livello di variazioni percentuali, le imposte sul patrimonio e sul reddito aumentano del 3 per cento, le tasse e imposte sugli affari del 13,5 per cento, le imposte sulla produzione, consumi e dogane del 3,6 per cento, il gettito dai prodotti di monopolio del 3 per cento, mentre diminuisce del 3,3 per cento il settore lotto, lotterie e giochi.
Per quanto riguarda le principali imposte, il gettito IRPEF a legislazione vigente per il 2016 è atteso pari a 190.095 milioni (con un incremento di 2.890 milioni rispetto al dato assestato 2015), quello relativo all'IRES a 44.295 milioni (con un incremento di 3.803 milioni).
Anche il gettito IVA è atteso in aumento rispetto alla previsione assestata 2015, intorno a 125.811 milioni nel 2016 al netto dei rimborsi (con un incremento di 16.766 milioni).
Segnala quindi come la Nota di variazioni al bilancio approvata dal Senato, con la quale si scontano nel disegno di legge di bilancio gli effetti contabili determinati dal disegno di legge di stabilità, evidenzi, rispetto alla legislazione vigente, un aumento delle spese finali di circa 6 miliardi di euro nel 2016 e una diminuzione delle entrate finali di oltre 14 miliardi.
Di conseguenza, il saldo netto da finanziare per il 2016, pari a 31,7 miliardi di euro, risulta pertanto peggiorato, rispetto Pag. 124a quanto previsto a legislazione vigente (-11,4 miliardi) di oltre 20 miliardi di euro, come già accennato in precedenza.
Negli anni successivi, il saldo netto da finanziare si mantiene su valori negativi nell'intero triennio, evidenziando un peggioramento di oltre 24 miliardi rispetto a quanto previsto a legislazione vigente, passando nel 2017 dal valore positivo di 5 miliardi ad un valore negativo di 19,4 miliardi e nel 2018 dal valore positivo di 13,7 miliardi ad un valore negativo di 10,5 miliardi.
Il peggioramento del saldo netto da finanziare rispetto ai valori indicati a legislazione vigente è da mettere in relazione, soprattutto alla diminuzione delle entrate finali, ed in particolare delle entrate tributarie, rispetto al bilancio a legislazione vigente, conseguente alle disposizioni introdotte dal disegno di legge di stabilità 2016 (di circa 15 miliardi nel 2016 e di oltre 16 miliardi nel 2017 e 2018). Segnala, inoltre, l'aumento delle spese finali, che, rispetto al bilancio a legislazione vigente, incrementano di quasi 6 miliardi nel 2016, di 10,4 miliardi nel 2017 e di 11 miliardi nel 2018, in virtù del disegno di legge di stabilità.
In particolare, con le integrazioni apportate dalla Nota di variazioni, le entrate finali nel 2016 risultano pari a 535,7 miliardi, in riduzione rispetto al bilancio a legislazione vigente 2016 di circa 14 miliardi.
La diminuzione delle entrate finali rispetto alla legislazione vigente si mantiene anche nei due anni successivi.
La diminuzione interessa, in particolare, le entrate tributarie, che, pur manifestando un andamento in crescita nel triennio, si prevedono attestarsi a un livello pari a 463 miliardi nel 2016 (-14,8 miliardi rispetto al bilancio a legislazione vigente), a 479,2 miliardi nel 2017 (-16,4 miliardi rispetto al bilancio a legislazione vigente) e a 491,9 miliardi nel 2018 (-16,6 miliardi).
Tali variazioni rispetto al bilancio a legislazione vigente sono principalmente da porre in relazione agli effetti delle disposizioni contenute nei commi da 4 a 6 dell'articolo unico del disegno di legge di stabilità, concernenti gli interventi finalizzati alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia previste dalle leggi di stabilità 2014 e 2015, che fanno venir meno i previsti aumenti di imposta e le previste riduzione delle agevolazioni fiscali, che dovevano scattare dal 2016 (con un impatto di circa 16,8 miliardi per tale anno).
Gli effetti di tale disposizione sono riscontrabili nelle considerevoli riduzioni di risorse dei capitoli dell'entrata relativi alle imposte dirette e indirette (capitolo 1085 e capitolo 1266) e all'IVA (capitolo 1203, con un taglio nel 2016 di oltre 12,7 miliardi).
Nell'ambito delle entrate tributarie, segnala, peraltro, le maggiori entrate derivanti dal maggior prelievo del PREU per le new slot (500 milioni) e per le video lotteries (100 milioni), derivanti dalle misure introdotte, rispettivamente, dai commi 524 e 525 del disegno di legge di stabilità.
Tra le altre norme rilevanti ricorda, inoltre, la riduzione dell'aliquota IRES, dal 27,5 al 24 per cento, a regime dal 2017 (capitolo 1024/Entrata) e il miglioramento del regime forfetario per i lavoratori autonomi e l'estensione a cinque anni dell'aliquota forfetaria al 5 per cento (anziché al 15), nonché la modifica del calcolo per la contribuzione dovuta a fini previdenziali (disposta dai commi da 53 a 55 del disegno di legge di stabilità) (capitolo 1193).
Nell'ambito delle entrate extra tributarie segnala un minore gettito di circa 2 miliardi a decorrere dal 2016 (capitolo 3697/Entrate), riferibile al minor versamento dell'IMU propria di spettanza dei comuni da destinare al fondo di solidarietà comunale, a seguito dell'intervento sulla fiscalità immobiliare, con l'esenzione IMU sui terreni agricoli e sui cosiddetti «macchinari imbullonati», nonché l'esenzione TASI per la prima casa (recato dai commi da 8 a 30 del disegno di legge di stabilità).
Nel complesso, tuttavia, le entrate extra tributarie si mantengono sostanzialmente Pag. 125inalterate nel 2016, rispetto al bilancio a legislazione vigente, anche in relazione alle maggiori entrate per 1,3 miliardi, dovute al versamento all'entrata dei residui relativi al «Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili» da riassegnare alle regioni quale contributo da utilizzare ai fini della riduzione del debito (capitolo 2368/Entrate).
Oltre 500 milioni di euro per il solo 2016 sono connesse alle maggiori entrate derivanti: dalla partecipazione alla procedura selettiva per l'affidamento delle concessioni per il diritto di esercizio e raccolta tramite rete fisica dei giochi pubblici connessi alle scommesse a quota fissa e a totalizzatore nazionale su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi (capitolo 2338/Entrate), per l'affidamento delle concessioni per l'esercizio del gioco del Bingo tramite rete fisica (capitolo 2340/Entrate) e per l'affidamento delle concessioni per l'esercizio e la raccolta dei giochi pubblici attraverso il canale a distanza (capitolo 2337/Entrate).
In questo contesto ricorda che, ai sensi dell'articolo 21, comma 11, lettera a), della legge n. 196 del 2009, gli allegati A e B alla nota integrativa della Tabella 1 recano, rispettivamente, gli effetti connessi alle disposizioni normative vigenti e a quelle introdotte nell'esercizio, recanti esenzioni o riduzioni del prelievo obbligatorio (cosiddette tax expenditures), con l'indicazione della natura delle agevolazioni, dei soggetti e delle categorie dei beneficiari e degli obiettivi perseguiti.
Rispetto alle misure dell'allegato A inserito nella nota integrativa dello stato di previsione delle entrate per l'anno finanziario 2015, il numero delle disposizioni recanti esenzioni o riduzione del prelievo obbligatorio, nel complesso, è leggermente aumentato attestandosi a 296 misure (+14). Tale variazione è dovuta all'introduzione nell'esercizio di 11 nuove disposizioni (Allegato B) e da quella in diminuzione correlata alle disposizioni non più in vigore.
Gli effetti indicati, riferiti al triennio 2016-2018, sono stati aggiornati per tener conto degli affinamenti delle metodologie di stima di alcune misure nonché dei dati delle dichiarazioni dei redditi ultimi disponibili, con estrapolazione all'anno 2016 e proiezioni per il biennio successivo (2017-2018).
Rileva che l'ammontare complessivo degli effetti dei 296 regimi agevolativi indicato nell'allegato A alla nota integrativa della Tabella 1 del disegno di legge di bilancio 2016 (Stato di previsione delle entrate) è pari a:
175.102,7 milioni per il 2016 (+15.199,1 rispetto al disegno di legge di bilancio 2015);
175.689,6 milioni per il 2017 (+14.616,4 rispetto al disegno di legge di bilancio 2015);
176.257,8 milioni per il 2018.
L'allegato B indica un ammontare degli effetti delle 11 agevolazioni introdotte da ottobre 2013 a settembre 2014 pari a:
634,2 milioni per il 2015 (-37,4 rispetto al disegno di legge di bilancio 2015);
1.288,4 milioni per il 2016 (+479,7 rispetto al disegno di legge di bilancio 2015);
1.240 milioni per il 2017.
Sul piano normativo ricorda che, in attuazione dell'articolo 4 della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) il decreto legislativo n. 160 del 2015, riguardante la stima dell'evasione fiscale e il riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale, modifica la legge di contabilità e finanza pubblica di cui alla legge n. 196 del 2009, al fine di introdurre strumenti di monitoraggio delle spese fiscali (cosiddette tax expenditures) e prevedere il coordinamento dei medesimi strumenti con le procedure di bilancio.
In primo luogo, la norma pone in capo al Governo la predisposizione di un programma annuale di riordino delle spese fiscali da attuare con la manovra di finanza pubblica, da presentare insieme alla Nota di aggiornamento del DEF. Le spese fiscali entrate in vigore da almeno cinque Pag. 126anni sono oggetto di specifiche proposte di eliminazione, riduzione, modifica o conferma.
Inoltre, allo stato di previsione dell'entrata è allegato un rapporto annuale sulle spese fiscali, (consuntivo), che elenca qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta ovvero regime di favore, derivante da disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'anno precedente e nei primi sei mesi dell'anno in corso.
Tale rapporto sostituisce gli attuali allegati A e B alla nota integrativa della Tabella 1 (Stato di previsione delle entrate del disegno di legge di bilancio).
Viene stabilito, poi, che il Governo presenti annualmente, contestualmente alla Nota di aggiornamento al DEF, un rapporto al Parlamento contenente i risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, ivi distinguendosi tra imposte accertate e riscosse, nonché tra le diverse tipologie di avvio delle procedure di accertamento. Il documento contiene inoltre l'illustrazione dei risultati del recupero di somme dichiarate e non versate, e degli effetti della correzione di errori nella liquidazione sulla base delle dichiarazioni.
Per quel che riguarda il versante della spesa, con riferimento allo Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (Tabella 2), segnala innanzitutto, per quanto riguarda i settori di competenza della Commissione Finanze, come la dotazione dell'Agenzia delle entrate (di cui al capitolo 3890) preveda uno stanziamento di 3.060 milioni.
Rileva in merito come, a seguito dell'approvazione della Nota di variazioni, tale stanziamento è ridotto di 65 milioni per il 2016, di 79 milioni per il 2017 e di 122 milioni per il 2018.
Per quanto riguarda invece l'Agenzia del demanio il capitolo 3901 espone uno stanziamento di 90 milioni.
Rileva in merito come, a seguito dell'approvazione della Nota di variazioni, tale stanziamento è ridotto di circa 1 milione per il 2016, di circa 0,5 milioni per il 2017 e di 1 milione per il 2018.
Con riferimento all'Agenzia delle dogane e dei monopoli il capitolo 3920 espone uno stanziamento di 922 milioni.
Rileva in merito come, a seguito dell'approvazione della Nota di variazioni, tale stanziamento è ridotto di 20 milioni per il 2016, di 26 milioni per il 2017 e di 36 milioni per il 2018.
In merito al finanziamento della CONSOB, il capitolo 1560, il cui ammontare è determinato dalla Tabella C del disegno di legge di stabilità, espone uno stanziamento di 125.804 euro.
Ricorda in merito che l'articolo 1, comma 252, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) ha disposto la riduzione dei trasferimenti dal bilancio dello Stato in favore di enti e organismi pubblici: per la CONSOB è stato previsto un taglio dei trasferimenti di 200.000 euro a regime.
Relativamente ai Centri di assistenza autorizzata fiscale (CAAF) il capitolo 3845 reca stanziamenti per 317 milioni.
Rileva in merito come, a seguito dell'approvazione della Nota di variazioni, tale stanziamento è ridotto di 40 milioni per il 2016, di 70 milioni per il 2017 e di 70 milioni per il 2018 (per effetto dell'articolo 33, comma 3, del disegno di legge di stabilità, modificato al Senato: attuale articolo 1, comma 335).
Nel disegno di legge di bilancio per il 2016 sono inoltre previsti stanziamenti per il finanziamento delle restituzioni e rimborsi d'imposta IVA.
Per quanto riguarda i rimborsi IVA il capitolo 3810 reca risorse per 1.870 milioni.
Per quel che attiene invece ai rimborsi IRPEF, IRES e IRAP il capitolo 3811 stanzia risorse per 3.150 milioni per ciascuna annualità.
Le disponibilità del capitolo 3813, relativo a restituzioni e rimborsi delle imposte dirette effettuati dai concessionari, anche mediante compensazione operata Pag. 127sull'IVA sulle somme spettanti alle regioni, all'INPS e agli altri enti previdenziali risultano pari a 16.120 milioni.
Le disponibilità del capitolo 3814, relativo a restituzioni e rimborsi dell'IVA, effettuati dai concessionari, a richiesta e d'ufficio, anche mediante compensazione operata sulle imposte dirette, sulle somme spettanti alle regioni, all'INPS e agli altri enti previdenziali, ammontano a 27.306 milioni.
Con riferimento alle risorse stanziate per il finanziamento dei crediti di imposta, segnala il capitolo 3887 (relativo al credito d'imposta fruito dagli enti creditizi e finanziari per le imposte anticipate iscritte in bilancio, in presenza di perdite d'esercizio, derivanti dal riallineamento del valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali per effetto di operazioni straordinarie – rivalutazione di quote in Banca d'Italia), dotato di 2.280 milioni nel 2016, per il quale si prevede un incremento di stanziamento di 28,5 milioni.
Nel disegno di legge di bilancio sono inoltre esposti stanziamenti relativi a diversi altri crediti d'imposta:
crediti d'imposta fruiti dagli esercizi ricettivi, dalle agenzie di viaggio e dai tour operator per i costi sostenuti per investimenti e attività di sviluppo (capitolo 7766): dotato di 15 milioni;
crediti d'imposta fruiti dalle imprese turistico-alberghiere per i costi sostenuti per gli interventi destinati alla ristrutturazione edilizia ed alla riqualificazione del settore (capitolo 7767), dotato di 50 milioni nel 2016, con un incremento di 30 milioni;
credito d'imposta fruito dalle imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo (capitolo 7801), dotato di 428 milioni nel 2016, con un incremento di 173 milioni.
Segnala inoltre il capitolo 7818, relativo ai crediti d'imposta fruiti dalle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi), dotato di 408 milioni a decorrere dal 2017, con un incremento di 204 milioni e il capitolo 7819 relativo al credito d'imposta fruito dai soggetti IRES e IRPEF per l'ACE, a riduzione dell'IRAP, dotato di 49,2 milioni nel 2016, con un incremento di 26,5 milioni.
Per quanto attiene alle risorse destinate al Corpo della Guardia di finanza, ricorda che esse sono esposte nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze nella Missione »Politiche economico-finanziarie e di bilancio», Programma «Prevenzione e repressione delle frodi e delle violazioni agli obblighi fiscali» e nella Missione «Ordine pubblico e sicurezza», Programma «Concorso della Guardia di finanza alla sicurezza pubblica».
In merito segnala come la tabella E allegata al disegno di legge di stabilità disponga un definanziamento del contributo pluriennale (fino al 2020) a favore del Corpo della Guardia di finanza per l'ammodernamento e la razionalizzazione della flotta, anche veicolare, per il miglioramento e la sicurezza delle comunicazioni nonché per il completamento del programma di dotazione infrastrutturale del Corpo medesimo, disposto dalla legge n. 147 del 2013 (articolo 1, comma 109).
Tali risorse sono ripartite tra due capitoli del bilancio esposti in due diversi programmi: 7851: Prevenzione e repressione delle frodi e delle violazioni agli obblighi fiscali; e 7837: Concorso della guardia di Finanza alla sicurezza pubblica.
La legge di stabilità per il 2014 aveva autorizzato un contributo di 5 milioni per il 2014, di 30 milioni di euro per il 2015 e di 50 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2020.
Con il definanziamento vengono ridotte complessivamente di 15 milioni le risorse per il 2016, di 10 milioni per le annualità dal 2017 al 2020. Conseguentemente la dotazione in bilancio per gli interventi disposti dalla legge n. 147 del 2013 (articolo 1, comma 109) per l'ammodernamento e la razionalizzazione della flotta, anche veicolare, per il miglioramento e la sicurezza delle comunicazioni nonché per il completamento del programma di dotazione infrastrutturale del Corpo medesimo Pag. 128ammontano complessivamente (capitoli 7851 e 7837) a 35 milioni per il 2016 e 40 milioni per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020.
Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame congiunto alla seduta già convocata per la giornata di domani.
La seduta termina alle 14.20.
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.20 alle 14.45.
RISOLUZIONI
Martedì 24 novembre 2015. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. — Interviene il viceministro dell'economia e le finanze Luigi Casero.
La seduta comincia alle 14.45.
7-00767 Paglia: Misure per assicurare la cancellazione dell'anatocismo bancario.
7-00818 Sandra Savino: Attuazione della disciplina in materia di anatocismo bancario.
7-00852 Pelillo: Attuazione della disciplina in materia di anatocismo bancario a tutela della clientela.
(Seguito della discussione congiunta e rinvio).
La Commissione prosegue la discussione congiunta delle risoluzioni, rinviata, da ultimo, nella seduta del 18 novembre scorso.
Maurizio BERNARDO, presidente, avverte che è stata presentata la risoluzione 7-00852 Pelillo, la quale, vertendo sulla medesima materia oggetto delle risoluzioni 7-00767 Paglia e 7-00818 Sandra Savino, sarà discussa congiuntamente a queste ultime, la cui discussione era già iniziata.
Michele PELILLO (PD) illustra la sua risoluzione, la quale affronta la materia della produzione di interessi nell'ambito delle operazioni bancarie (anatocismo bancario) la quale, oggetto di numerosi interventi da parte del legislatore, è attualmente disciplinata dal comma 2 dell'articolo 120 del Testo unico bancario.
Ricorda che, nella formulazione in vigore fino al 31 dicembre 2013, il comma 2 dell'articolo 120 del TUB demandava al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) di regolare «modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria» e che, in attuazione di questa norma, il CICR aveva provveduto a disciplinare la materia con una delibera del febbraio del 2000.
Specifica quindi come, con la predetta delibera, si sia stabilito che: a) nelle operazioni in conto corrente dovesse essere assicurato nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) in talune ipotesi fosse ammessa la produzione di interessi da parte di interessi già maturati, in deroga a quanto previsto in linea generale dall'articolo 1283 del codice civile.
Rammenta quindi come in tale contesto sia intervenuta la legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), la quale ha sostituito il citato comma 2, affidando a una nuova delibera del CICR il compito di adottare una disciplina attuativa in base alla quale «a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale».
Segnala inoltre come il comma 2 dell'articolo 120 del TUB, così come novellato, abbia generato rilevanti incertezze tra gli operatori in merito alla data di entrata in vigore – rispetto alla quale non Pag. 129viene prevista una specifica disciplina transitoria – e, soprattutto, alla corretta interpretazione della norma, in quanto il divieto di «produrre interessi ulteriori» è riferito agli «interessi periodicamente capitalizzati», nonostante l'effetto della capitalizzazione sia proprio quello di passare gli interessi a sorte capitale e, dunque, far sì che tale somma produca interessi.
Ricorda altresì che, per sanare le criticità del citato comma, allineare la normativa in materia di anatocismo alle regole vigenti nei principali Paesi europei e in assenza della relativa delibera del CICR, il Governo aveva introdotto con il decreto-legge n. 91 del 2014, una modifica dell'articolo 120, comma 2, del TUB, riproponendo – con alcune modifiche – l'impianto della disposizione vigente fino al 2013.
In particolare, a tutela della figura del debitore la norma vietava la capitalizzazione infrannuale degli interessi, ma consentiva quella annuale, confermando la stessa periodicità di calcolo degli interessi sia nel caso di addebito sia nel caso di accredito e indicando che il conteggio dovesse avvenire a fine anno; confermava inoltre che fino all'entrata in vigore di una nuova delibera del CICR su modalità e criteri d'attuazione, rimanesse valida quella emanata nel 2000.
Segnala come, tuttavia, nel corso dell'esame al Senato l'articolo 31 del richiamato decreto-legge sia stato soppresso e come dunque il 24 agosto 2015 la Banca d'Italia abbia avviato una procedura pubblica sottoponendo a consultazione la proposta di delibera che, d'intesa con la CONSOB e ai sensi del TUB, intende formulare al CICR per dare attuazione all'articolo 120, comma 2: relativamente alla normativa vigente, la delibera proposta scioglie il nodo interpretativo soprarichiamato ritenendo che l'espressione «capitalizzazione» possa essere letta come sinonimo di «conteggio o contabilizzazione» e che il novellato comma 2 intenda vietare la produzione di interessi anatocistici.
Evidenzia al riguardo come, nel formulare la proposta di delibera, la Banca d'Italia abbia tenuto conto di aspetti tecnici relativi all'ordinaria prassi nazionale dei rapporti di apertura di credito «ante-riforma»: nel momento in cui gli interessi maturati sulle somme utilizzate diventavano esigibili, venivano solitamente corrisposti dal cliente alla banca non attraverso un pagamento, ma con un addebito in conto; se in quel momento il conto non presentava un saldo attivo sufficientemente capiente, l'addebito si sostanziava in un ulteriore utilizzo delle somme messe a disposizione con l'apertura di credito (questo utilizzo dell'apertura di credito, come tale, era produttivo di nuovi interessi). In tale ambito rileva come la necessità di tenere separata «sorte capitale» e interessi comporti oggi l'impossibilità di continuare a seguire tale comune prassi.
Nel dettaglio, osserva come all'articolo 3, comma 1, la proposta di Banca d'Italia vieti il calcolo degli interessi composti, in attuazione del divieto sancito nel TUB, e stabilisca ulteriori princìpi, in vigore dal 2016: a) gli interessi sono contabilizzati su base almeno annuale e separatamente dal capitale (articolo 4, commi 2 e 3), determinando una maggiore trasparenza del tasso di interesse praticato consentendo di dare attuazione al divieto di capitalizzazione tramite l'esistenza di due distinte «poste»; b) gli stessi interessi, attivi e passivi, diventano esigibili trascorsi sessanta giorni (articolo 4, comma 4), consentendo al cliente di avere a disposizione un lasso temporale adeguato per pagare il debito da interessi, senza risultare inadempiente; c) decorso il termine di sessanta giorni, o quello superiore eventualmente stabilito, il cliente può scegliere di autorizzare l'addebito degli interessi sul conto o sulla carta e, in questo caso, la somma addebitata è considerata «sorte capitale» (articolo 4, comma 4, secondo periodo), consentendo al cliente di corrispondere quanto dovuto alla banca a titolo di interesse passivo, nel caso in cui non abbia la disponibilità «liquida» del denaro necessario per procedere a un pagamento diretto.
Rileva inoltre come, secondo gli intenti dichiarati da Banca d'Italia, il comma 4, Pag. 130secondo periodo, e il successivo comma 5 introducano accorgimenti per agevolare l'estinzione del debito da interessi: una volta che gli interessi siano divenuti esigibili il cliente e la banca possono pattuire, al fine di evitare il pagamento della mora o l'avvio di azioni giudiziarie, il pagamento degli interessi con addebito in conto a valere sul fido (con conseguente produzione di interessi su quanto utilizzato per estinguere il debito da interessi). Con riferimento a questa previsione evidenzia come essa espliciti ciò che dovrebbe essere già possibile ai sensi dall'articolo 127, comma 1, del TUB, in base al quale le disposizioni previste dal titolo VI del TUB sono derogabili in senso favorevole al cliente.
Sottolinea quindi come l'obiettivo dichiarato della Banca d'Italia nella formulazione del testo proposto sia quello di delineare soluzioni tecniche, nel caso in cui le parti convengano mediante apposito patto, volte a evitare che la nuova disciplina introdotta dall'articolo 120 del TUB, voluta dal legislatore a tutela del cliente, possa rivelarsi pregiudizievole per lo stesso, ferma restando la possibilità per il cliente di estinguere il debito a valere su altre somme e senza che esso sia imputato a capitale.
In tale contesto rammenta che la consultazione indetta da Banca d'Italia si è conclusa il 23 ottobre 2015: le risposte pervenute sono numerose e provengono da una platea diversificata, ma ancora non se ne conoscono gli esiti.
Nel sottolineare quindi come le soluzioni tecniche proposte dalla Banca d'Italia risultino in linea con le pronunce della giurisprudenza in materia fino alla data di inizio della consultazione segnala tuttavia come, con ordinanza del 20 ottobre 2015, il tribunale di Roma affermando la vigenza, a partire dal primo gennaio 2014, del divieto di anatocismo sancito dall'articolo 120 del TUB, abbia sottolineato che l'intervento del CICR dovrà riguardare unicamente gli aspetti tecnico-contabili, consequenziali al divieto introdotto, escludendo che la delibera possa prevedere una qualche forma di capitalizzazione degli interessi passivi.
Al riguardo osserva come invece il documento di consultazione della Banca d'Italia non prenda posizione sull'applicazione della disposizione di legge prima dell'intervento del CICR.
In base alle considerazioni svolte ritiene, pertanto, evidente la necessità di assicurare orientamenti univoci su tale delicata questione, al fine di garantire certezza agli operatori ed evitare possibili contenziosi così riducendo il rischio di orientamenti giurisprudenziali difformi sul territorio.
In tale contesto la risoluzione impegna quindi il Governo ad assumere ogni iniziativa utile, per quanto di competenza, affinché la delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio citata in premessa sia quanto prima resa operativa e a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative in materia di calcolo degli interessi sugli interessi volte a definire una disciplina primaria chiara, inequivoca e coerente con gli orientamenti dei principali Paesi europei, che garantisca la certezza del diritto nei rapporti di credito e la libertà di scelta del cliente, assicurando in ogni caso a quest'ultimo le necessarie tutele nelle relazioni bancarie.
Il Viceministro Luigi CASERO, con riferimento alle risoluzioni in discussione, le quali intendono impegnare il Governo ad assumere iniziative affinché la bozza di delibera del CICR di attuazione dell'articolo 120, comma 2, del TUB, nella nuova formulazione, posta in consultazione lo scorso mese di agosto, rechi un'interpretazione che impedisca qualunque forma di anatocismo bancario, segnala come la Banca d'Italia abbia comunicato che la citata bozza di delibera, come illustrato nel documento di consultazione, interessi soprattutto i rapporti di apertura di credito in conto corrente, al fine di consentire al cliente di corrispondere quanto dovuto alla banca a titolo di interesse passivo, nel caso in cui non abbia la disponibilità Pag. 131«liquida» del denaro necessario per procedere ad un pagamento diretto.
Ricorda che secondo l'ordinaria prassi dei rapporti di apertura di credito «ante riforma», infatti, nel momento in cui gli interessi maturati sulle somme utilizzati diventavano esigibili venivano solitamente corrisposti dal cliente alla banca non attraverso un pagamento, ma con un addebito in conto: se in quel momento il conto non presentava un saldo attivo sufficientemente capiente, l'addebito si sostanziava in un ulteriore utilizzo delle somme messe a disposizione con l'apertura di credito. A tale riguardo rileva come questo utilizzo dell'apertura di credito fosse produttivo, come tale, di nuovi interessi.
Nel sottolineare come la necessità di tenere separata la sorte capitale e gli interessi comporti oggi l'impossibilità di continuare a seguire questa prassi, e in mancanza della possibilità di prevedere forme di capitalizzazione contrattuale come quella proposta nella bozza di delibera, fa presente che sarebbe stata inevitabile l'immediata richiesta del pagamento di quanto dovuto, con evidente detrimento del cliente, il quale non avesse avuto la necessaria disponibilità e che sarebbe rimasto esposto al pagamento della mora e all'avvio di azioni giudiziarie.
In tale contesto evidenzia come la disposizione intenda pertanto introdurre un meccanismo di tutela del debitore evitando che la nuova disciplina introdotta dall'articolo 120 del TUB, la quale è stata voluta dal Legislatore a tutela del cliente, si riveli pregiudizievole per il cliente stesso.
Al riguardo, rammenta che la Banca d'Italia ha precisato che la forma di capitalizzazione contemplata dall'articolo 4 della delibera del CICR avviene solo nel caso in cui le parti convengano in tal senso mediante un apposito patto, restando ferma la possibilità per il cliente il quale disponga delle somme necessarie di estinguere il debito senza che esso sia imputato a capitale.
Sottolinea inoltre come l'articolo 4, comma 4, della bozza di delibera del CICR vada inquadrato anche con l'articolo 127, comma 1, del TUB, in base al quale le disposizioni previste dal Titolo VI del TUB sono derogabili solo in senso favorevole al cliente. Ritiene che la scelta compiuta nella bozza di delibera sia coerente con questa impostazione, consentendo una deroga proprio in tale direzione.
Nel ricordare inoltre che il citato schema di proposta è stato sottoposto a consultazione pubblica fino al 23 ottobre scorso, segnala come le osservazioni e i commenti pervenuti nell'ambito di tale consultazione siano attualmente al vaglio dei competenti uffici della Banca d'Italia.
Daniele PESCO (M5S) fa presente che la deputata Ruocco ha presentato nella giornata di ieri la risoluzione 7-00853, la quale verte sulla medesima materia delle risoluzioni in discussione: chiede quindi di rinviare il voto sugli atti di indirizzo alla giornata di domani, al fine di poter discutere anche tale risoluzione.
Giovanni PAGLIA (SI-SEL) ritiene possibile rinviare a domani la votazione delle risoluzioni alla giornata di domani, al fine di poter discutere anche la risoluzione 7-00853 Ruocco.
Maurizio BERNARDO, presidente, alla luce della richiesta avanzata dal deputato Pesco, al fine di consentire che la risoluzione 7-00853 Ruocco sia discussa congiuntamente alle risoluzioni già in discussione, e nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito della discussione congiunta a una seduta da convocarsi nella giornata di domani, nel corso della quale la Commissione procederà al voto sulle risoluzioni stesse.
La seduta termina alle 14.55.
AVVERTENZA
Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:
RISOLUZIONI
7-00553 Pagano: Misure a sostegno del credito in favore dei soggetti esercenti impianti fotovoltaici di produzione di energia.