CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 novembre 2015
534.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Difesa (IV)
ALLEGATO

ALLEGATO

Comunicazioni del presidente sulla missione svolta a bordo della portaerei «Cavour» e a Lampedusa, il 19 e 20 ottobre 2015.

  Come noto ai colleghi, lo stato di emergenza provocato dai flussi migratori dal Nord Africa vede un forte impegno dell'Italia nel Mediterraneo, con consistente impiego di personale e di mezzi. In particolare, sono attive nel nostro mare, con compiti e obiettivi diversi, le operazioni dell'Unione europea Eunavfor Med e Triton e l'operazione nazionale Mare sicuro (ad esse si aggiunge l'operazione della NATO Active Endeavour, cui l'Italia partecipa). Nel Mediterraneo opera altresì la Guardia costiera, nell'ambito della propria missione istituzionale di ricerca e soccorso (SAR) in mare. Nel complesso, il personale italiano impegnato nel Mediterraneo – per quel che rientra nell'ambito di competenza della Commissione – fa capo alla Marina militare (operazioni Eunavfor Med e Mare sicuro), alla Guardia di finanza (operazione Triton) e, come detto, alla Guardia costiera.
  Al fine di comprendere meglio l'attività svolta nell'ambito delle diverse operazioni e missioni istituzionali, una delegazione della Commissione – composta da me e dai deputati Causin, Palmizio e Zanin – ha svolto, lunedì 19 e martedì 20 ottobre scorsi, una missione fuori sede per incontrare, direttamente sui punti per così dire «di frontiera» da cui operano, gli ufficiali della Marina militare, della Guardia costiera e della Guardia di finanza responsabili delle operazioni e delle attività svolte dai rispettivi corpi nel Mediterraneo in risposta all'emergenza migratoria.
  In particolare, lunedì 19 la delegazione si è recata sulla portaerei della Marina militare «Cavour» (nave ammiraglia del dispositivo di Eunavfor Med), dove ha incontrato gli ufficiali responsabili delle operazioni Eunavfor Med e Mare sicuro; martedì 20 la delegazione si è recata invece a Lampedusa, dove ha incontrato prima gli ufficiali della Guardia costiera e gli equipaggi impegnati nelle operazioni di ricerca e soccorso dei migranti in mare e poi gli ufficiali della Guardia di finanza responsabili per l'Italia dell'operazione Triton.
  Gli incontri con la Marina militare, con la Guardia costiera e con la Guardia di finanza hanno rappresentato per la delegazione l'occasione di constatare ancora una volta la dedizione, l'umanità e la passione con cui, a volte anche con sacrificio delle proprie esigenze personali e familiari, i militari italiani impiegati nel Mediterraneo – donne e uomini – si impegnano nei compiti istituzionali loro assegnati e, con la loro attività indefessa, hanno salvato e salvano decine di migliaia di vite umane.
  Sempre martedì 20 la delegazione ha poi incontrato nella sede del comune la sindaca di Lampedusa, Giuseppina Maria Nicolini, che ha illustrato la situazione dell'isola, che – come tutti sanno – ormai da anni è approdo di un massiccio afflusso migratorio dal Nord Africa. L'incontro è stato anche occasione per un confronto e uno scambio di vedute sul dibattito in atto tra Paesi dell'Unione europea sulla gestione dell'emergenza migratoria e sulle misure che sono allo studio delle istituzioni dell'Unione europea.
  1. Marina militare (Eunavfor Med e Mare sicuro). L'incontro sulla nave Cavour (19 ottobre) con gli ufficiali responsabili delle operazioni Eunavfor Med e Mare sicuro ha permesso alla delegazione di capire meglio le modalità di conduzione e di concreta gestione delle due operazioni e le loro differenze, nonché di conoscere più nei dettagli i risultati fin qui conseguiti nel loro ambito.Pag. 68
  In particolare, per Eunavfor Med erano presenti l'Ammiraglio di divisione Enrico Credendino, comandante dell'operazione, il Contrammiraglio Andrea Gueglio, comandante della forza, e il Capitano di vascello Alberto Sodomaco, comandante della nave Cavour, che, come detto, è l'ammiraglia del dispositivo aeronavale; per Mare sicuro era invece presente il Contrammiraglio Paolo Pezzutti, comandante dell'operazione.
  L'incontro si è sostanziato in due distinti briefing sulle due operazioni tenuti dai rispettivi comandanti. Ai briefing è seguita la visita della sala operativa e dello Staff Force Headquarter di Eunavfor Med (dove lavorano fianco a fianco ufficiali delle Forze armate dei diversi Paesi UE che partecipano all'operazione), della sala comando della nave e dell'attrezzatissimo ospedale allestito a bordo (nel quale opera uno staff di medici e di altro personale sanitario).

  1a). Operazione Eunavfor Med.

  Il briefing è stato innanzitutto l'occasione per riepilogare la genesi dell'operazione, che nasce, come tutti ricordano, all'indomani del terribile naufragio avvenuto il 18 aprile 2015 al largo della Libia (nel quale hanno perso la vita tra 700 e 900 migranti). Nel giro di appena due mesi – in un tempo quindi particolarmente breve – l'Unione europea ha deciso di avviare e ha effettivamente avviato un'operazione militare con lo scopo di distruggere le navi utilizzate dai trafficanti e di contribuire quindi a smantellare il modello di business delle reti del traffico e della tratta di esseri umani nel Mediterraneo. Il modello di riferimento è quello dell'operazione «Atalanta», che, come tutti ricordano, è l'operazione dell'Unione europea attiva dal 2008 per contribuire alla deterrenza e alla repressione degli atti di pirateria e rapina a mano armata commessi al largo della Somalia.
  In particolare, il 18 maggio 2015 – su proposta dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini (che nel frattempo aveva informato dell'iniziativa il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite) – il Consiglio Affari esteri ha deciso l'operazione e il 22 giugno 2015 ha approvato il piano operativo e le regole di ingaggio, disponendo anche (su proposta del comandante) l'avvio dell'operazione.
  Con la decisione del 18 maggio il Consiglio ha definito la missione e il mandato dell'operazione; ne ha nominato il comandante (nella persona dell'ammiraglio Credendino, già comandante di Atalanta); ne ha individuato la sede del comando operativo; ha disposto in merito al controllo politico, alla direzione strategica e alla direzione militare dell'operazione; e ha attribuito all'Alto rappresentante la funzione di punto di contatto principale con le Nazioni unite, le autorità dei paesi della regione e gli altri pertinenti attori internazionali, compresi la Nato, l'Unione africana e la Lega degli Stati arabi. In particolare, quanto alla sede del comando operativo, questa è stabilita a Roma (l'Unione europea ha cinque comandi operativi, siti in Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna e Grecia e quello italiano si trova presso la struttura del Comando operativo di vertice interforze-COI sita a Roma nell'area dell'aeroporto di Centocelle). Il controllo politico e la direzione strategica sono esercitati dal Comitato politico di sicurezza dell'Unione sotto la responsabilità del Consiglio UE e dell'Alto rappresentante. La direzione militare fa capo al presidente del Comitato militare dell'Unione, cui spetta sorvegliare la corretta esecuzione dell'operazione, fermo restando che essa è condotta sotto la responsabilità del suo comandante.
  Il mandato di Eunavfor Med – che è un'operazione di gestione militare dell'emergenza connessa alle migrazioni nel Mediterraneo – è in sostanza quello di rendere indisponibili ai trafficanti le imbarcazioni usate per il trasporto di migranti. Ricerca e soccorso (SAR) non rientrano nel mandato, fermo restando che – Pag. 69come sottolineato dall'ammiraglio Credendino (ma poi anche dal contrammiraglio Pezzutti) – gli obblighi del diritto internazionale, oltre che quelli dell'etica, impongono alla Marina di intervenire ogni qualvolta sia necessario per soccorrere i migranti in pericolo. Le navi di Eunavfor Med hanno pertanto contribuito al salvataggio di migliaia di migranti, oltre che all'arresto di scafisti e al sequestro di mezzi.
  L'operazione ha una durata al momento prevista di 12 mesi, ma – come rilevato dall'ammiraglio Credendino – è immaginabile che debba essere prorogata, come accaduto per l'operazione Atalanta, dal momento che il business degli scafisti difficilmente potrà essere smantellato nel giro di un anno, anche considerato il volume di affari che produce e il numero di persone che conseguentemente coinvolge, senza contare che non esistono al momento le condizioni per passare alle fasi più operative.
  Il mandato prevede infatti che l'operazione sia condotta in tre fasi successive (la seconda delle quali è però divisa in due sotto-fasi: b)i) e b)ii)). Nella fase a) e nella sotto-fase b)i) l'operazione si svolge nelle acque internazionali; nella sotto-fase b)ii), nelle acque territoriali e interne; nella fase c), anche sulla terraferma libica.
  Per il passaggio alla seconda sotto-fase e poi alla terza fase, la decisione UE di riferimento richiede risoluzioni dell'ONU e/o il consenso della Libia (decisione PESC 2015/778 del Consiglio, articolo 2, par. 2, lett. b)ii), e par. 3). Come sottolineato dall'ammiraglio Credendino, lo scenario politico internazionale impone oggi di fatto, per questo passaggio, sia il consenso della Libia sia una risoluzione dell'ONU. È noto peraltro che precondizione dell'eventuale consenso libico è la costituzione di un Governo di unità nazionale: risultato al quale l'ONU sta lavorando da mesi.
  Proceduralmente, il passaggio da una fase all'altra è proposto dal comandante dell'operazione al Comitato politico di sicurezza (COPS), che, se lo condivide, lo propone al Consiglio UE, cui spetta di decidere. La data effettiva del passaggio è decisa dal COPS su indicazione del comandante dell'operazione.
  Il Consiglio affari generali del 14 settembre 2015 ha verificato che l'operazione ha raggiunto gli obiettivi di intelligence della prima fase e ha deciso il passaggio alla prima parte della seconda fase (cioè alla sotto-fase b)i)). Questa – che si svolge ancora in alto mare – è quindi iniziata il 7 ottobre 2015. Il Comitato politico ha deciso anche di ribattezzare «Sophia» l'operazione, dal nome della bambina nata da una migrante soccorsa in mare il 22 agosto 2015 a bordo della nave militare tedesca Schleswig-Holstein (che fa parte del dispositivo di Eunavfor Med e che è correntemente chiamata Sophia).
  Frattanto, il 9 ottobre, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha adottato la risoluzione n. 2240, con la quale ha autorizzato gli Stati membri a operazioni di contrasto dei trafficanti fuori delle acque territoriali libiche, sostanzialmente avallando le prime fasi di Eunavfor Med. Come rilevato anche dall'ammiraglio Credendino, la risoluzione dell'ONU non era necessaria per la legittimità delle fasi iniziali di Eunavfor Med, ma era stata chiesta da alcuni Stati membri dell'Unione europea, in particolare dal Regno unito, per ragioni politiche e procedurali interne.
  Oltre all'Italia partecipano all'operazione altri 21 Stati membri dell'Unione europea (Belgio, Bulgaria, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria).
  La partecipazione consiste nella messa a disposizione di militari e/o di mezzi (tra cui navi e aerei), secondo la disponibilità di ciascuno Stato.
  Nel quartiere generale dell'operazione a Roma, sono attive – alla data del briefing – 165 unità di personale assegnate da 20 Paesi membri; nel quartiere generale della forza, imbarcato sulla nave Cavour, collaborano invece 65 unità di personale assegnate da 12 Paesi membri. Queste rispondono al comandante della forza, Pag. 70contrammiraglio Gueglio, che a sua volta risponde direttamente all'ammiraglio Credendino. Nel complesso, sono attive 1.874 unità di personale facenti capo come detto a 22 Paesi membri.
  L'Italia contribuisce – oltre che con il personale impegnato – con la portaerei Cavour (che imbarca alcuni aeromobili), con un sommergibile e due velivoli a pilotaggio remoto (MQ-1 e MQ-9), con supporti sanitari imbarcati e a terra e con risorse logistiche nelle tre basi di Augusta, Sigonella e Pantelleria.
  Eunavfor Med coopera con le pertinenti autorità degli Stati membri. È previsto un meccanismo di coordinamento con le agenzie dell'Unione europea Frontex, Europol, Eurojust, Ufficio europeo di sostegno all'asilo e altre missioni PSDC.
  Secondo quanto emerso dal briefing dell'ammiraglio Credendino (come del resto dalle analisi condotte dagli enti pubblici e istituti di ricerca internazionali), il flusso di migranti che cercano di raggiungere l'Italia dal Mediterraneo centrale mostra al momento una tendenza al ridimensionamento, mentre aumenta il flusso via terra (lungo la cosiddetta rotta dei Balcani). Questo ridimensionamento è dovuto verosimilmente sia al fatto che il passaggio per mare è più pericoloso, sia alla presenza di navi militari nel Mediterraneo, che costituisce un forte deterrente per i trafficanti. Va inoltre considerato che l'Egitto, attraverso il quale transita il flusso migratorio dal Medioriente, ha rafforzato le sue frontiere, anche con interventi legislativi specifici.
  Nella fase di analisi svolta nella prima fase, è emerso tra l'altro che il triangolo di mare Lampedusa-Zuara-Misurata è l'area in cui si concentrano il maggior numero di transiti e quindi di eventi SAR (è qui che avvengono il 98 per cento delle operazioni di soccorso). C’è però anche un flusso di partenze dall'Egitto (che Mare nostrum aveva interrotto). I migranti in partenza da ovest di Tripoli usano barche di legno (più sicure rispetto ai gommoni) più spesso rispetto a quelli che partono da est della città. Non sono barche costruite in Libia, ma importate da Paesi confinanti. Sono poche, oltre che più costose e difficili da trovare. Per questa ragione i trafficanti tentano di rientrarne in possesso dopo che qualche nave intervenuta in soccorso ha preso i migranti a bordo. I gommoni, invece, sono destinati a essere utilizzati una sola volta: sono del resto di pessima qualità e pericolosissimi. Gli scafisti accompagnano le imbarcazioni dei migranti per un tratto, poi li lasciano in mare e chiamano i soccorsi, restando nei pressi se intendono recuperare l'imbarcazione. In questi casi preferiscono avvicinarsi ai mercantili, che si limitano a raccogliere i migranti senza preoccuparsi delle imbarcazioni. Conseguentemente la Marina (ma lo stesso orientamento è seguito dalla Guardia costiera e dalla Guardia di finanza, come emerso nei successivi incontri) non lascia in mare le imbarcazioni usate dagli scafisti, ma, anche quando interviene per il soccorso, fa in modo (utilizzando due mezzi) di sottrarle ai trafficanti, rimorchiandole dove indicato dall'autorità giudiziaria oppure, se il sequestro non è possibile, le affonda o le lascia affondare in quanto costituenti pericolo per la navigazione.
  Il prezzo chiesto per un posto sui gommoni è fino a 1.000 euro per persona; per le barche di legno, fino a 3.500. Considerato che i trafficanti imbarcano da 80 a 120 persone sui gommoni e da 200 a 400 persone sulle barche, è evidente che si tratta di un'attività molto remunerativa. In particolare, la Tripolitania trae oggi forse il 50 per cento del proprio PIL dal traffico di migranti. Si tratta quindi di un'economia radicata, che coinvolge forse migliaia di persone nella zona costiera, comprese personalità della classe politica locale e degli organismi pubblici. Anche per questo – ha sottolineato l'ammiraglio Credendino – non sarà possibile colpire la rete del traffico senza la collaborazione di un Governo libico. Più precisamente, non sarebbe possibile senza produrre anche danni collaterali sulle attività economiche lecite, e questo deve essere naturalmente evitato per non distruggere le strutture sane dell'economia libica. In questo senso, Sophia va qualificata come operazione di Pag. 71polizia condotta con mezzi militari, e non come operazione di guerra. A titolo di esempio, l'ammiraglio Credendino ha fatto presente che nei porti libici si rinvengono centinaia di imbarcazioni, non solo quelle utilizzate dai trafficanti, ma anche quelle usate dai pescatori. Per poter distinguere tra le une e le altre e colpire solo i trafficanti, servirà necessariamente la collaborazione di un Governo libico, quando costituito. Quanto alla distruzione in sé dei mezzi dei trafficanti, ha chiarito l'ammiraglio, questa non sarà un problema e potrà essere ottenuta con interventi mirati a terra delle forze speciali, nell'ambito dell'ultima fase di Eunavfor Med.
  L'ammiraglio Credendino ha riferito poi di aver svolto diversi incontri internazionali, in particolare con i vertici dei Paesi africani e con la Russia, per spiegare le motivazioni e le finalità dell'operazione e per tentare di rimuovere le resistenze della comunità internazionale. Tra l'altro il comandante dell'operazione ha riferito di aver spiegato ai Paesi africani che la Marina lavora in collaborazione con l'agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR); che gli equipaggi delle navi militari vengono istruiti (con un training di due giorni) a trattare coi migranti; e che nessun migrante viene riportato in Africa (sono tutti consegnati alle autorità di polizia italiane, nei porti che indicati dal Ministero dell'interno).
  Quanto alle regole di ingaggio previste per l'operazione, infine, l'ammiraglio ha chiarito che sono adeguate a consentire la tutela degli equipaggi della Marina anche quando si dovesse passare alle fasi successive dell'operazione (le quali comportano pericoli assimilabili a quelli dei teatri di guerra).
  La visita dello Staff Force Headquarter di Eunavfor Med, dove – come anticipato – lavorano fianco a fianco ufficiali delle Forze armate dei diversi Paesi UE partecipanti all'operazione, ha permesso alla delegazione di riscontrare concretamente e di apprezzare l'unità dell'Europa e di verificare che, quando vogliono, i Paesi europei sono capaci di operare insieme nel modo migliore per il perseguimento di fini di comune interesse.

  1b). Operazione Mare sicuro.

  Nel suo briefing il contrammiraglio Pezzutti ha ricordato che Mare sicuro è un'operazione italiana e rappresenta la prosecuzione e l'evoluzione delle operazioni che la Marina militare svolge da anni nel Mediterraneo centrale. È stata decisa il 12 marzo 2015, dopo che il 15 febbraio alcuni scafisti avevano esploso colpi di arma da fuoco per intimidire gli equipaggi di una motovedetta della Guardia costiera italiana e riappropriarsi di un barcone usato per il trasporto di migranti che erano stati soccorsi dalla stessa Guardia costiera. Come noto, questo episodio, che rappresenta il segno dell'acuirsi del livello di aggressione degli scafisti operanti dal territorio libico, ha indotto il Governo italiano a potenziare il dispositivo aeronavale della Marina militare presente nel Mediterraneo centrale, ed in particolare nel Canale di Sicilia, al fine di tutelare gli interessi nazionali nell'area e in generale di assicurare la sicurezza della navigazione. Naturalmente, anche le unità di Mare sicuro sono chiamate regolarmente a intervenire in operazioni SAR e hanno contribuito al salvataggio di migliaia di migranti, oltre che all'arresto di scafisti e al sequestro di una «nave madre».
  L'operazione si svolge in un'area di operazione di circa 80.000 miglia nautiche quadrate prospicienti le coste libiche e ha la finalità di proteggere i pescherecci italiani che operano in particolare al largo di Misurata, Derna e Bengasi e in generale di proteggere i mezzi che transitano nel canale di Sicilia, a cominciare da quelli della Guardia costiera, ma anche gli altri (va ricordato ad esempio sono attualmente presenti nel Mediterraneo anche navi di organizzazioni non governative internazionali, come Medici senza frontiere). Il dispositivo aeronavale ha altresì il compito di sorvegliare per eventualmente proteggere le piattaforme petrolifere italiane ubicate Pag. 72nelle acque internazionali davanti la costa libica (cioè le piattaforme date in concessione o operate dalla Società ENI) e serve inoltre, in generale, a contrastare, con la deterrenza e con l'attività di intelligence, le organizzazioni criminali dedite a traffici illeciti nel Mediterraneo centrale.
  Il comando operativo spetta al Capo di stato maggiore della Marina, mentre il controllo operativo del dispositivo è affidato al contrammiraglio Pezzutti, comandante del III Gruppo navale, il quale è imbarcato sulla nave di bandiera dell'operazione.
  Fino allo scorso 11 giugno sono state impiegate continuativamente 5 unità navali, ridotte a 4 a partire dal 12 giugno. Velivoli a pilotaggio remoto tipo Predator dell'Aeronautica militare (con base a Sigonella) operano in supporto. Le navi sono sempre in mare, e sono quindi rifornite in mare. Su ogni unità navale sono presenti una squadra d'abbordaggio e tiratori scelti della Brigata marina San Marco. Il dispositivo è integrato da militari del Gruppo operativo incursori. Nel complesso il dispositivo vede l'impegno di circa 900 militari al giorno.
  L'operazione viene condotta mantenendo uno stretto coordinamento sia con le unità navali straniere operanti in Mediterraneo centrale sotto catena di comando nazionale, sia con le operazioni Eunavfor Med e Triton. Per quanto riguarda le navi straniere, sono state sinora schierate nel Mediterraneo centrale navi appartenenti alle Marine di Gran Bretagna, Germania e Irlanda. Per queste la Marina militare italiana rappresenta il riferimento per il coordinamento delle operazioni navali e aeree, nonché l'interfaccia con le autorità nazionali competenti, in particolare con il Ministero degli interni. Esse si avvalgono delle consolidate procedure adottate dalla Marina italiana per il soccorso, l'accoglienza a bordo e lo sbarco dei migranti nei porti designati. Al fine di facilitare il travaso d'esperienza e affinare il coordinamento delle operazioni, è stato inoltre stabilito un continuo flusso informativo ed è stato previsto lo scambio di ufficiali di collegamento.
  Come spiegato dal contrammiraglio Pezzutti, il personale della Marina impiegato in Mare sicuro utilizza anche l'approccio amichevole, salendo sulle imbarcazioni per cercare di capire se a bordo ci siano pescatori o trafficanti: si avvale per questo anche di un operatore che parla arabo.
  La protezione dei pescherecci italiani si rende necessaria in quanto spesso questi si spingono al limite delle acque territoriali libiche, soprattutto per pescare il gambero rosso, che è particolarmente lucrativo sul mercato ittico. Questa attività è tuttavia pericolosa, sia perché il mare davanti la Libia non è in generale sicuro, sia perché la Libia ha stabilito unilateralmente un'area esclusiva di pesca (cosiddetta zona di protezione della pesca) molto più ampia di quella riconosciuta dall'Italia, con la conseguenza che i pescatori italiani sono accusati dai libici di invadere una zona di sfruttamento a loro riservata. Il contrammiraglio Pezzutti ha citato a questo riguardo l'episodio del peschereccio italiano Airone (proveniente dal compartimento di Mazara del Vallo), che il 17 aprile scorso è stato dirottato da militari a bordo di una nave battente bandiera libica ed è stato quindi salvato dalla nave della Marina italiana Bergamini, che l'ha abbordato, ne ha ripreso il controllo e l'ha scortato nelle acque italiane.
  Quanto alle piattaforme ENI, il contrammiraglio Pezzutti ha ricordato che si tratta di cinque piattaforme, ubicate davanti Mellitah, sulle quali lavorano una trentina di persone. La protezione delle stesse si rende necessaria non solo per garantire l'incolumità degli italiani che vi lavorano, ma anche perché un attacco alle stesse piattaforme costituirebbe insieme un danno economico, un vulnus al sistema di approvvigionamento energetico dell'Italia e un danno ambientale.

  2. Guardia costiera – Capitanerie di porto. L'incontro a Lampedusa con la Guardia costiera ha permesso alla delegazione di capire meglio come si è trasformata l'attività di ricerca e soccorso in mare (SAR) dacché ha avuto inizio l'emergenza Pag. 73migratoria e a quali sforzi è oggi sottoposto il Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera.
  Erano presenti l'Ammiraglio ispettore Vincenzo Melone (dal 29 ottobre 2015 nuovo Comandante del Corpo, in avvicendamento all'Ammiraglio Felicio Angrisano), il Contrammiraglio Nicola Carlone (Capo del Reparto «Piani e Operazioni» del Comando generale), il Capitano di Fregata Andrea Schena, Comandante della 7a Squadriglia, e il Tenente di Vascello Paolo Monaco, Comandante del Porto di Lampedusa e Capo del Circondario marittimo.
  L'ammiraglio Melone ha preliminarmente ricordato alla delegazione che l'attività di ricerca e soccorso in mare compete per legge alla Guardia costiera, fermo restando che, in base alle convenzioni di diritto internazionale, oltre che all'etica comune della gente di mare, intervenire per il soccorso è dovere di chiunque sia in grado di farlo. Conseguentemente, la Guardia costiera da una parte interviene direttamente con i propri mezzi e dall'altra parte coordina interventi di soccorso prestati da navi di altri corpi e Paesi ovvero da navi mercantili e imbarcazioni private. La direzione operativa degli interventi di particolare impegno è curata dal Reparto Piani e Operazioni, che dalla sala operativa di Roma monitora le navi in transito nell'area di responsabilità SAR dell'Italia ed è quindi in grado di individuare tempestivamente e di contattare le navi (militari e mercantili, italiane o straniere) che per vicinanza al luogo del pericolo e per dimensioni sono più adatte a intervenire in soccorso nelle diverse evenienze.
  L'ammiraglio Melone ha chiarito che, in base alle convenzioni internazionali (Convenzione di Amburgo), l'area di responsabilità dell'Italia per la ricerca e il soccorso in mare va ben oltre il limite delle acque territoriali e si estende per 500 mila chilometri quadrati, anche se di fatto – per diverse ragioni, a cominciare dal fatto che la Libia non garantisce più la copertura della propria area di responsabilità – è oggi pari a circa il doppio, ossia a un milione di chilometri quadrati. Si tratta quindi di un'area vastissima, all'interno della quale la Guardia costiera è responsabile del salvataggio non solo dei migranti che quotidianamente affrontano il viaggio verso l'Italia con imbarcazioni completamente inidonee, ma di tutti quanti per lavoro o per diporto si trovano in mare. A ciò si aggiunga che la Guardia costiera mantiene il contatto con tutte le imbarcazioni italiane nel mondo e può quindi intervenire all'occorrenza per segnalare alle autorità competenti di altri Paesi un pericolo di naufragio che coinvolga italiani. La Guardia costiera, in quanto Autorità nazionale delegata, si coordina infatti per le attività SAR con le Autorità competenti degli altri Paesi; per quanto riguarda, in particolare, l'Europa, è operativo un sistema di informazione integrato, che consente l'interscambio di informazioni in tempo reale.
  Nel 2003, di fronte all'incremento delle migrazioni via Canale di Sicilia, la Guardia costiera ha allestito in pianta stabile la 7a Squadriglia, costituita da unità navali di diversa tipologia, che dipendono operativamente dal Comando generale di Roma e gerarchicamente dalla Direzione marittima di Palermo. Le emergenze SAR che coinvolgono migranti in partenza dal Nord Africa sono quindi gestite, a seconda del livello di allarme, dalla Direzione marittima di Palermo o dalla Centrale operativa Roma, che si avvalgono per gli interventi anche delle unità navali della 7a Squadriglia. Questa è comandata da un Capitano di Corvetta o di Fregata designato dal Comando generale, a rotazione, per durate variabili tra i 2 e i 6 mesi. L'incarico di comandante della Squadriglia è quindi distinto da quello di Comandante del Porto e Capo del Circondario marittimo, che esercita i compiti propri degli Uffici circondariali marittimi.
  Considerato che le emergenze naufragio sono ormai quotidiane – dal momento che, come noto, i trafficanti hanno affinato la tattica di abbandonare deliberatamente i migranti in condizioni di pericolo per costringere gli italiani a intervenire – le motovedette di stazza più piccola si portano Pag. 74la mattina al largo, dove raggiungono altre imbarcazioni della Guardia costiera di stazza maggiore (in particolare le unità Dattilo e Fiorillo), e quando necessario intervengono, spingendosi avanti fino al limite delle acque territoriali libiche. L'accostamento alle imbarcazioni dei migranti avviene con manovre consolidate, frutto dell'esperienza e finalizzate tra l'altro a prevenire il rischio di rovesciamento che nasce non solo dalle pessime condizioni delle imbarcazioni usate, ma anche da comportamenti inesperti dei migranti (che ad esempio accorrono tutti in coperta o si spostano tutti dal lato dell'imbarcazione a cui si avvicina la nave che interviene in soccorso).
  Nel porto di Lampedusa la delegazione ha salutato gli equipaggi delle motovedette, ringraziandoli per lo spirito davvero «missionario» con cui quotidianamente operano, in condizioni difficilissime e a rischio della propria stessa vita, per salvare i migranti in mare.
  La delegazione è quindi salita a bordo di una delle motovedette di stazza più piccola (classe 300), per constatare da vicino e cercare di immaginare le condizioni in cui gli equipaggi operano in mare. Va detto che si tratta di imbarcazioni di nemmeno 19 metri di lunghezza, all'avanguardia tecnologica, progettate per affrontare condizioni meteo-marine proibitive: basti pensare che sono inaffondabili e che, in caso di rovesciamento, si raddrizzano da sole. Ognuna è governata da un equipaggio di sei persone (cui si aggiungono due unità di personale sanitario, del quale si dirà) e ha un'area allestita per accogliere non più di venti naufraghi.
   Successivamente la delegazione ha visitato la sala operativa del comando territoriale di Lampedusa e, nella sede dello stesso comando, ha incontrato una rappresentanza degli equipaggi delle motovedette e del personale sanitario, di cui ha raccolto le testimonianze.
  In particolare, gli equipaggi hanno raccontato delle condizioni in cui si svolgono le operazioni di salvataggio, sottolineando che le motovedette affrontano spesso navigazioni di molte ore e in qualche caso di più giorni (tra andata e ritorno), in condizioni di mare anche molto pericolose, e trasferiscono nei porti italiani indicati dal Ministero dell'interno – in viaggi comprensibilmente difficili, date le dimensioni delle imbarcazioni – anche più di centoventi persone, tra cui spesso malati, feriti, donne incinte e bambini (per inciso, su una di queste imbarcazioni è avvenuta anche una nascita). Al rientro in porto, gli equipaggi si sottopongono poi ad altre ore di lavoro per la sanificazione delle motovedette (le cui condizioni igieniche sono immaginabili) e per la stesura dei rapporti.
  Quanto al personale sanitario (medici e infermieri), è bene sottolineare che si tratta di volontari del Corpo italiano di soccorso dell'Ordine di Malta (CISOM), che è l'organo di volontariato a ordinamento civile dell'Associazione dei cavalieri italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta. In occasione dell'incontro il personale sanitario ha rappresentato l'estrema difficoltà delle condizioni in cui lavora, dovendo prestare cure e primo soccorso su imbarcazioni di dimensioni ridotte, stracariche di persone e costrette a rimanere in mare per molte ore (in un caso, fino a 72 ore).

  3. Guardia di finanza (operazione Triton). Per la Guardia di finanza la delegazione ha incontrato il Generale di brigata Antonino Iraso, Comandante del Comando operativo aeronavale (con sede a Pratica di Mare), il Colonnello Massimo Sobrà, Comandante provinciale di Agrigento, e il Colonnello Giuseppe Minutoli del Gruppo aeronavale di Messina.
  Nel suo briefing alla delegazione, il generale Iraso ha innanzitutto chiarito che in mare la Guardia di finanza opera attraverso la propria componente aeronavale, che si distingue in componente di proiezione e componente regionale. Si è quindi soffermato sulla componente di proiezione, che risponde alle nuove esigenze di controllo del Mediterraneo e delle «autostrade del mare» e si articola in un Comando operativo aeronavale (diretto dallo stesso generale Iraso), un Centro Pag. 75navale (con sede a Formia) e un Centro di aviazione (con sede a Pratica di mare).
  Per quanto riguarda gli aspetti di interesse specifico della Commissione, va sottolineato che presso il Comando operativo aeronavale ha sede il Centro internazionale di coordinamento delle attività operative di Frontex, che – come tutti sanno – è l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea e il cui scopo è coordinare il pattugliamento di tali frontiere (non solo marittime, ma anche aree e terrestri) e di realizzare accordi con i Paesi confinanti per la riammissione dei migranti irregolari. Come noto, i Paesi aderenti alla rete Frontex mettono a disposizione dell'Agenzia personale e mezzi (terrestri, aerei e navali) da impiegare nelle operazioni congiunte di sorveglianza di volta in volta promosse da Frontex, che, dal canto suo, finanzia le diverse operazioni con appositi fondi stanziati dall'Unione europea.
  Il Centro internazionale di coordinamento di Pratica di Mare – che è diretto da un militare della Guardia di finanza con grado di Tenente colonnello, il quale risponde al Comandante del Comando operativo aeronavale – ha funzioni di organizzazione e gestione delle operazioni congiunte promosse da Frontex nel tratto di confine dell'Unione antistante le coste italiane. Il Centro risponde al Ministero dell'interno (Direzione centrale dell'immigrazione e della Polizia delle frontiere), che è a sua volta il punto di contatto nazionale con Frontex. Il Centro si avvale di tre sale operative, una delle quali si trova proprio a Lampedusa (le altre sono a Messina e a Taranto).
  Il coordinamento con la Marina militare e con la Guardia costiera è assicurato mediante lo scambio di informazioni, che avviene anche attraverso ufficiali di collegamento presenti nel Joint Coordination Board istituito presso il Centro internazionale di coordinamento di Pratica di mare.
  Negli ultimi cinque anni, la Guardia di finanza ha preso parte a venti operazioni congiunte promosse da Frontex. Attualmente partecipa alle iniziative Poseidon (pattugliamento aeronavale del confine europeo davanti le coste greche), Indalo (coste meridionali della Spagna) e soprattutto Triton, che è la più importante attività di pattugliamento marittimo e aereo in atto nel Mediterraneo per Frontex e interessa le coste siciliane, calabresi e pugliesi. L'operazione è stata avviata un anno fa (il 1o novembre 2014). Dagli iniziali partecipanti (18 Paesi membri e 6 agenzie internazionali) si è poi passati a 21 Paesi membri, 3 Paesi terzi e 8 agenzie ed organismi internazionali che, dall'inizio di Triton 2015, stanno impiegando complessivamente e in maniera alterna 18 aerei, un elicottero, 41 pattugliatori, 3 guardacoste e 2 motovedette, oltre a 12 ufficiali di collegamento.
  A seguito del già ricordato naufragio del 19 aprile scorso, l'Unione europea ha triplicato le risorse finanziarie a sostegno dell'operazione e incrementato il numero dei mezzi impiegati. Il sostegno si sta realizzando con la progressiva partecipazione di 27 Paesi membri, 3 Paesi terzi, 9 agenzie ed organismi internazionali. Si tratta quindi di uno schieramento di forze senza precedenti nella storia della cooperazione per la sorveglianza delle frontiere marittime, che vede la Guardia di finanza fortemente impegnata nel suo ruolo di coordinamento delle operazioni a mare (esercitato come detto attraverso il Centro di coordinamento istituito presso il comando del Corpo di Pratica di Mare), sotto l'alta direzione del Ministero dell'interno, tramite la dipendente Direzione centrale dell'immigrazione e della Polizia di frontiera.
  L'obiettivo di Triton è il pattugliamento del bacino del Mediterraneo per il contrasto ai traffici migratori illegali provenienti dal Nord Africa e il rafforzamento dello scambio informativo, delle analisi del rischio e dell’intelligence congiunta tra gli Stati membri. Il piano operativo prevede espressamente che il soccorso di vite umane sia prioritario e che gli interventi SAR si sviluppino secondo le direttive impartite dal Centro di coordinamento Pag. 76internazionale di soccorso marittimo operante presso il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto.
  L'area di pattugliamento marittimo comprende una zona nel complesso pari a 138 miglia nautiche a sud della Sicilia, fermo restando che per le attività di soccorso i mezzi aeronavali della Guardia di finanza e di Triton intervengono ovunque sia necessario, quindi anche oltre l'area di pattugliamento e spesso al limite delle acque territoriali libiche.
  Nell'ambito delle attività di Frontex, il Comando aeronavale svolge anche attività di intelligence per ricostruire la struttura delle organizzazioni o comunque delle reti di dediti ai traffici internazionali illeciti, con l'obiettivo di identificare i vertici decisionali e di individuare i flussi di finanziamento. In particolare, le analisi recenti evidenziano partenze di cittadini siriani e palestinesi dall'aeroporto internazionale di Gaza verso quelli di Alessandria (Egitto) e Mitiga Tripoli (Libia). Da tali zone i richiedenti asilo si dirigono verso l'Europa. Il prezzo per tutto il viaggio è di circa 4.500 dollari, inclusi i biglietti aerei e il visto per entrare legalmente in Libia attraverso l'Egitto. Informazioni ricevute da cittadini siriani evidenziano che le famiglie vengono tenute in abitazioni sicure, nelle montagne vicino alla città di Yefren (sud di Sabratah). Nelle vicinanze di Yefren, così come nelle aree limitrofe di Nafusa e Zintan, sono presenti clan (Al Sawaiq ed Al Zintan) che si finanziano con fondi provenienti dall'immigrazione clandestina.
  Nel suo briefing il generale Iraso ha ricordato che esistono collegamenti nelle organizzazioni criminali tra il traffico di droga e di armi e il traffico di migranti e ha sottolineato che la Guardia di finanza (in mare come sulla terraferma) opera per contrastare tutti i traffici illeciti più pericolosi, a presidio degli interessi economici e finanziari dell'Italia e dell'Unione europea. In quest'ottica il generale Iraso ha illustrato alla delegazione i notevoli risultati conseguiti dalla Guardia di finanza in mare nelle operazioni di intercettazione e sequestro di stupefacenti.
  Voglio in conclusione precisare che l'incontro con la Guardia di finanza è avvenuto a bordo di un modernissimo pattugliatore multiruolo classe Monti, ormeggiato nel porto di Lampedusa. Si tratta di un mezzo in dotazione al Comando operativo aeronavale, del quale la delegazione ha avuto modo di apprezzare l'avanzata tecnologia.