SEDE REFERENTE
Mercoledì 9 settembre 2015. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il viceministro della Giustizia Enrico Costa.
La seduta comincia alle 14.50.
Modifiche al codice civile e alle disposizioni per la sua attuazione, concernenti il rafforzamento dell'amministrazione di sostegno e la soppressione degli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione.
C. 1985 Campana.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.
Giuseppe GUERINI (PD), relatore, anche a nome del collega Piepoli, fa presente che la Commissione è chiamata ad avviare l'esame, nella seduta odierna, della proposta di legge recante disposizioni sul «Rafforzamento dell'amministrazione di sostegno e soppressione degli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione (A.C. 1985).
Osserva che il provvedimento persegue la finalità di potenziare l'istituto dell'amministrazione di sostegno, introdotto nell'ordinamento dalla legge n. 6 del 2004 e finalizzato a «tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia» e superare definitivamente l'interdizione e l'inabilitazione, che già la riforma di dieci anni fa ha circoscritto e reso extrema ratio.
In particolare, con l'obiettivo di flessibilizzare l'intervento su persone in difficoltà, Pag. 46fisica o psichica, la proposta di legge estende il campo d'applicazione dell'istituto dell'amministrazione di sostegno a tutte le ipotesi di incapacità legale, ricomprendendo dunque anche le aree fin qui coperte in via residua da interdizione e inabilitazione; concepisce l'incapacità come funzionale, ovvero circoscritta a un tempo e ad atti specifici (c.d. «incapacitazione funzionale») e non collegata semplicemente e in modo assoluto alla persona, come accade oggi con la pronuncia di interdizione – conseguentemente, anche nei casi più gravi, se anche l'intervento dell'amministratore di sostegno sarà totale, quantomeno sarà circoscritto nel tempo, sempre rimodellabile e revocabile – ; valorizza dunque il ruolo del giudice tutelare; conserva, pur con alcune modifiche, la disciplina dell'annullabilità degli atti e dei contratti compiuti dall'incapace naturale; ridisciplina il procedimento per la nomina dell'amministratore di sostegno.
Questi interventi consentono, infine, la definitiva soppressione degli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione, oltre all'istituto dell'interdizione legale, previsto come pena accessoria dagli articoli da 32 a 33 del codice penale, in caso di condanna alla reclusione.
Nel passare, più in dettaglio, alla disamina dei contenuti della suddetta proposta di legge, segnala che gli articoli da 19 a 25 apportano limitate modifiche alla disciplina dell'amministrazione di sostegno contenuta nel codice civile: l'obiettivo perseguito non è infatti una riconsiderazione complessiva di tale istituto, quanto l'estensione del suo campo d'applicazione, con contestuale abrogazione dell'interdizione e dell'inabilitazione.
In particolare, il provvedimento in esame prevede che l'amministratore di sostegno possa essere affiancato da un coamministratore di sostegno, nominato sempre dal giudice tutelare nell'interesse del beneficiario. La proposta non delinea invece i presupposti che possono determinare il giudice a questa ulteriore nomina (articolo 19, che modifica l'articolo 405 c.c.). Fa presente, inoltre, che la proposta di legge in esame elimina ogni riferimento all'interdizione e all'inabilitazione, in particolare, per quanto riguarda i soggetti che possono presentare il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno, la proposta elimina il riferimento all'interdetto o inabilitato e al tutore e al curatore (articolo 20, che modifica l'articolo 406 c.c.); interviene sul procedimento per l'istituzione dell'amministratore di sostegno, per precisare che il giudice tutelare, qualora intenda adottare provvedimenti che possano incidere sui diritti fondamentali della persona, debba prima invitare l'interessato (e l'amministratore di sostegno provvisorio) a nominare un difensore – ciò si ricava dalla novella che l'articolo 21 apporta all'articolo 407 del codice civile, rinviando all'articolo 716 del codice di procedura civile, oggetto di integrale sostituzione da parte della proposta di legge –; specifica che, anche a seguito della nomina dell'amministratore di sostegno, il beneficiario può continuare a compiere personalmente tutti gli atti di natura personale (tra i quali il matrimonio, il riconoscimento del figlio, l'azione di dichiarazione giudiziale di paternità) o patrimoniale che non siano stati espressamente vietati dal giudice tutelare con l'atto istitutivo dell'amministrazione di sostegno o con le periodiche rivalutazioni (articolo 22, che modifica l'articolo 409 c.c. e articolo 23, che modifica l'articolo 411 c.c.); precisa che le limitazioni alla capacità d'agire del beneficiario dell'amministrazione di sostegno possono essere introdotte non solo in sede di istituzione dell'amministrazione, ma anche successivamente, a seguito di ulteriori decreti del giudice tutelare (articolo 24, che modifica l'articolo 412 c.c.), a tal proposito osserva che la proposta intende rafforzare il carattere periodico delle valutazioni che il giudice tutelare deve compiere sul beneficiario dell'amministrazione, così da relativizzare le limitazioni che vengono imposte; abroga la previsione che attualmente consente al giudice tutelare di trasformare l'amministrazione di sostegno in interdizione o inabilitazione (articolo 25, che modifica l'articolo 413 del c.c.).Pag. 47
Osserva, inoltre, che l'articolo 65 della proposta, modificando l'articolo 46-bis delle disposizioni di attuazione del codice civile, riafferma che i procedimenti per la nomina dell'amministratore di sostegno sono totalmente gratuiti: alla esenzione dal contributo unificato, già attualmente prevista, la riforma aggiunge l'esenzione da ogni tassa, imposta e diritto.
Gli articoli da 71 a 80 della proposta di legge riformano il procedimento per la nomina e la revoca dell'amministratore di sostegno, intervenendo sugli articoli da 712 a 720-bis del codice di procedura civile, ovvero sul titolo II che, tra i procedimenti speciali, disciplina i procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone. In particolare, la riforma riscrive il capo II del titolo, attualmente relativo all'interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno.
Rileva che, rispetto alla disciplina attuale, la riforma: elimina ogni riferimento all'interdizione e all'inabilitazione; conseguentemente le disposizioni del codice di rito oggi dedicate a questi due istituti vengono destinate invece alla disciplina del solo procedimento per la nomina dell'amministratore di sostegno (e parallelamente viene abrogato l'articolo 720-bis c.p.c. che oggi disciplina l'amministrazione di sostegno); conferma la disciplina processuale attuale per la nomina e la revoca dell'amministratore di sostegno; impone al giudice tutelare di rinviare l'udienza richiedendo all'interessato la nomina di un difensore, in tutti i casi in cui ritenga di dover «stabilire divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della persona» (nuovo articolo 716 c.p.c.). Se, nonostante l'invito rivolto dal giudice, l'interessato e l'amministratore di sostegno provvisorio non provvedono alla nomina nel termine fissato, il giudice tutelare può comunque procedere.
Ricorda che la proposta di legge modifica, inoltre, numerose disposizioni del codice civile in tema di matrimonio, filiazione, successione testamentaria, donazione, contratti, eliminando tutti gli impedimenti personali automatici che attualmente il codice prevede per gli interdetti.
In relazione a ciascuno degli istituti, infatti, il legislatore prevede che spetti al giudice tutelare, all'atto della nomina dell'amministratore di sostegno, disporre in merito alla possibilità per il beneficiario di compiere l'atto. Se anche i singoli atti fossero vietati dal giudice, il divieto dovrà essere temporaneo e soggetto a periodiche riconsiderazioni. Questo principio è applicato, per quanto riguarda il matrimonio, dagli articoli 2, 3 e 4 della proposta di legge, che modificano gli articoli 85, 102 e 119 del codice.
La riforma (articolo 2) stabilisce infatti che il divieto di contrarre matrimonio per il beneficiario dell'amministrazione di sostegno sia solo eventuale (per l'interdetto è la regola) e, se disposto dal giudice, solo provvisorio, salva la proroga per gravi motivi. Le modifiche agli articoli 120, 126 e 183 del codice civile, introdotte dagli artt. 5, 6 e 8, della proposta si limitano invece a sopprimere ogni riferimento all'interdizione.
Per quanto riguarda il regime patrimoniale della famiglia, osserva che gli articoli 7 e 9 modificano rispettivamente gli articoli 166 e 193 del codice civile, trattando il tema della capacità economica del beneficiario dell'amministrazione di sostegno. Le disposizioni, da leggere in combinato con il nuovo articolo 409 c.c, regolamentano le stipulazioni e donazioni fatte nel contratto di matrimonio e prevedono la separazione giudiziale dei beni dei coniugi quando uno dei due sia beneficiario dell'amministrazione di sostegno e dunque possa porre in pericolo gli interessi dell'altro coniuge o della comunione o della famiglia.
Anche in relazione agli atti personalissimi riconducibili alla genitorialità, la proposta di legge, agli articoli da 10 a 14 non pone divieti assoluti, ma relativi, rimessi alla valutazione del giudice tutelare ed alla sua verifica periodica. In particolare, per quanto riguarda l'azione di disconoscimento della paternità, l'articolo 10, nel modificare l'articolo 244 c.c., stabilisce che spetta al giudice tutelare, all'atto della nomina dell'amministratore di sostegno, stabilire – nell'interesse Pag. 48del beneficiario – il divieto di promuovere l'azione, ovvero la possibilità di promuoverla con l'assistenza dell'amministratore di sostegno. Il divieto dovrà essere previsto a tempo determinato, salva la possibile proroga. La modifica all'articolo 247 c.c., prevista dall'articolo 12 della proposta è volta a consentire, con l'assistenza dell'amministratore di sostegno, la partecipazione del beneficiario al relativo giudizio. Ha invece funzioni di coordinamento, con la soppressione dell'istituto dell'interdizione, l'articolo 11 della proposta, che modifica l'articolo 245 c.c., sulla sospensione del termine per il disconoscimento di paternità. Quanto al riconoscimento dei figli nati fuori del matrimonio, la riforma, all'articolo 13, sostituisce l'articolo 266 c.c., ponendo un possibile divieto al beneficiario dell'amministrazione di sostegno. Anche in questo caso, è il giudice tutelare a potere – all'atto della nomina dell'amministratore di sostegno – vietare temporaneamente il riconoscimento del figlio naturale; in alternativa, il giudice potrà anche autorizzare tale riconoscimento, con l'assistenza dell'amministratore di sostegno Anche l'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità può essere promossa dal beneficiario dell'amministrazione di sostegno, con la dovuta assistenza; il giudice, anche in questo caso, potrà disporre diversamente e vietare, sempre nell'interesse del beneficiario, l'azione. Tale divieto è temporaneo e prorogabile.
L'articolo 87 della proposta di legge modifica l'articolo 13 della legge sull'aborto (legge n. 194 del 1978), prevedendo che la donna che si trova in condizioni che legittimano il ricorso all'amministrazione di sostegno possa giungere all'interruzione di gravidanza attraverso una richiesta personale – in tal caso l'amministratore di sostegno deve essere comunque sentito –, attraverso una richiesta del marito non legalmente separato – in tal caso la donna deve confermare la richiesta – oppure attraverso una richiesta dell'amministratore di sostegno, a ciò autorizzato dal giudice tutelare. Anche in questo caso la donna dovrà confermare la richiesta.
In ogni caso, il medico dovrà trasmettere al giudice tutelare, entro 7 giorni, una relazione sull'atteggiamento della donna e sulle sue condizioni psico-fisiche.
Segnala che la proposta non disciplina la fase successiva, nella quale il giudice tutelare assume la decisione.
L'articolo 15 della proposta di legge modifica l'articolo 316 del codice civile, relativo alla responsabilità genitoriale. In particolare, la proposta – inserendo un ulteriore comma – afferma il principio in base al quale il minore capace di discernimento può compiere personalmente gli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana. Per stabilire in che misura il minore possa provvedere da solo si terrà conto della sua età e maturità nonché del tipo di atto che deve compiere.
Tale disposizione, che pare non direttamente riconducibile al contenuto specifico della proposta di riforma, viene poi richiamata in relazione alla tutela del minore dal nuovo articolo 358-bis del codice.
Gli articoli da 16 a 18 intervengono sull'istituto della tutela dei minori, demandando ai tutori di ascoltare e assecondare le inclinazioni del minore sottoposto alla loro protezione. In particolare, con l'inserimento nel codice civile dell'articolo 358-bis (articolo 16 della proposta di legge), si prevede che anche al minore sottoposto a tutela si applichi il nuovo sesto comma dell'articolo 316, in tema di atti che il minore capace di discernimento può compiere da solo. Anche in caso di tutela, quindi, il minore dovrà essere lasciato libero di compiere gli atti necessari a soddisfare le proprie esigenze di vita, se capace di discernimento.
Ritiene che il concetto è sostanzialmente ribadito nel nuovo incipit dell'articolo 382 c.c. (articolo 17 della proposta di legge), ove si demanda al tutore di tener conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del minore. L'inadempimento di questo dovere di ascolto Pag. 49può dar causa alla rimozione del tutore, in base alla modifica dell'articolo 384 c.c. (articolo 18 della proposta di legge).
Gli articoli da 29 a 42 della proposta di legge intervengono sulla disciplina delle successioni, allo scopo di relativizzare alcuni divieti, consentendo al giudice tutelare, valutate le specifiche circostanze e le condizioni della persona, di autorizzare il compimento di atti ad oggi assolutamente preclusi all'incapace. Viene, inoltre, introdotto nell'ordinamento l'istituto del patrimonio con vincolo di destinazione, finalizzato, in luogo della sostituzione fedecommissaria, al mantenimento, alla cura, all'istruzione e al sostegno del beneficiario dell'amministrazione di sostegno.
In relazione all'accettazione dell'eredità, osserva come l'articolo 29 della proposta, nel modificare l'articolo 471 del codice civile, confermi che l'eredità devoluta al beneficiario dell'amministrazione di sostegno può essere accettata solo con il beneficio d'inventario. Il giudice tutelare può, tuttavia, valutate le specifiche circostanze, anche autorizzare l'accettazione dell'eredità senza obbligo d'inventario; può, inoltre, disporre che l'accettazione sia effettuata dall'amministratore di sostegno, ovvero anche personalmente dall'interessato assistito dall'amministratore di sostegno. Le modifiche agli articoli 472 e 489, introdotte dagli articoli 30 e 31 della proposta di legge, hanno funzioni di coordinamento con la soppressione degli istituti dell'inabilitazione e dell'interdizione.
Per quanto riguarda le successioni testamentarie, fa presente che gli articoli 32 e 33 della proposta di legge modificano la disciplina relativa alla capacità di fare testamento.
La riforma, modificando l'articolo 591 c.c. (articolo 32 della proposta di legge) elimina la previsione che attualmente esclude la capacità di testare per coloro che siano stati dichiarati incapaci dalla legge ed elimina ogni riferimento all'interdizione. Essa stabilisce, inoltre, che il beneficiario dell'amministrazione di sostegno è incapace di testare solo se così è stato stabilito dal giudice tutelare; anche in questo caso dunque, la nomina dell'amministratore di sostegno non comporta ex lege l'incapacità di fare testamento; la relativa valutazione è rimessa al giudice tutelare. Quand'anche il giudice tutelare dovesse negare al beneficiario dell'amministrazione di sostegno la capacità di testare, potrà comunque ammetterlo a fare testamento con le particolari modalità disciplinate dall'articolo 591-bis, introdotto nel codice civile dall'articolo 33 della proposta di legge.
Evidenzia come la nuova disposizione stabilisca, infatti, che la persona che – per effetto di un'infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica – si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, e che intende ciò nonostante fare testamento può procedere assistita da un amministratore di sostegno, appositamente nominato per la redazione del testamento, che agirà sotto la diretta sorveglianza del giudice tutelare. La riforma dunque consente, con particolari cautele (testamento pubblico o con l'intervento di un esperto), anche al beneficiario dell'amministrazione di sostegno di fare testamento.
La capacità dell'amministratore di sostegno di ricevere per testamento dal beneficiario dell'assistenza è disciplinata dall'articolo 34 della proposta di legge, che modifica l'articolo 596 del codice civile. La riforma elimina ogni riferimento all'interdizione, sostituendo i richiami al tutore e al protutore con quelli all'amministratore di sostegno e all'amministratore di sostegno provvisorio. È dunque ribadito che questi soggetti non possono ricevere per testamento dal beneficiario dell'istituto, a meno che non abbiamo con questi un rapporto di parentela. Sul punto, la riforma consente di ricevere per testamento, oltre che all'amministratore di sostegno legato in matrimonio con il beneficiario, anche a colui che gli sia legato da stabile convivenza.
L'articolo 35 della proposta interviene sulla disciplina dei legati, modificando l'articolo 650 del codice civile. La riforma disciplina la rinuncia al legato da parte del beneficiario dell'amministrazione di sostegno prevedendo che egli possa esercitare il Pag. 50diritto di rinuncia attraverso l'amministratore di sostegno o con la sua assistenza.
Gli articoli da 36 a 41 della proposta di legge sostituiscono all'attuale disciplina della sostituzione fedecommissaria (artt. 692-697 c.c.), la disciplina del patrimonio vincolato alla cura del beneficiario dell'amministrazione di sostegno. La riforma riscrive gli articoli da 692 a 697 del codice, introduce nell'ordinamento l'istituto del patrimonio con vincolo di destinazione.
La finalità dell'istituto è «favorire l'autosufficienza economica nell'espletamento della vita quotidiana» del beneficiario di un'amministrazione di sostegno (articolo 692 c.c.). Il nuovo articolo 695 c.c. specifica, infatti, che i beni e ogni frutto del patrimonio «devono essere destinati al mantenimento, alla cura, all'istruzione e al sostegno del beneficiario tenendo conto dei suoi bisogni e delle sue aspirazioni». Corollario di questa finalizzazione è il divieto di esecuzione forzata sui beni del patrimonio per debiti che siano stati contratti per scopi estranei ai bisogni del beneficiario.
Sono legittimati a costituire il patrimonio con vincolo di destinazione (articolo 693 c.c.) i genitori e gli ascendenti del beneficiario dell'amministrazione di sostegno, nonché il beneficiario stesso dell'amministrazione di sostegno, se ne ha la facoltà. In tale ultimo caso, sarà il giudice tutelare ad autorizzare l'amministratore di sostegno alla costituzione di un patrimonio vincolato a favore del beneficiario, sui beni appartenenti allo stesso beneficiario. Il patrimonio con vincolo di destinazione può essere costituito per atto scritto tra vivi o mortis causa e l'atto costitutivo – che può essere trascritto (e che dovrà essere trascritto se il patrimonio comprende beni immobili) – deve sempre contenere l'inventario dei beni, le regole di amministrazione del patrimonio e la durata del vincolo.
In particolare, in base all'articolo 693 c.c, la durata del vincolo di destinazione non può essere superiore alla durata della vita del beneficiario. Il vincolo sul patrimonio cessa dunque nei seguenti casi: allo spirare del termine previsto nell'atto costitutivo; in caso di morte del beneficiario dell'amministrazione di sostegno; nell'ipotesi di revoca dell'amministrazione di sostegno. La proprietà dei beni che costituiscono il patrimonio viene attribuita di regola al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, salva disposizione contraria (articolo 692 c.c.). Il patrimonio potrà crescere nel tempo, posto che il nuovo articolo 694 c.c. consente a chiunque, con il consenso del beneficiario e del suo amministratore di sostegno, oltre che del giudice tutelare, di apportare beni e diritti al patrimonio vincolato. Peraltro, l'articolo 696 c.c. consente anche l'alienazione dei beni del patrimonio vincolato, se previsto dall'atto costitutivo e previa autorizzazione del giudice tutelare. Quest'ultimo dovrà valutare se l'alienazione dei beni rappresenti un'evidente utilità per il beneficiario, «disponendo il reimpiego delle somme ricavate dall'alienazione». Lo stesso giudice potrà altresì autorizzare la costituzione di ipoteche su beni immobili.
Infine, l'articolo 42 della proposta di legge coordina il testo dell'articolo 705 c.c., in tema di apposizione di sigilli e inventario, con la soppressione dell'istituto dell'interdizione.
La disciplina del patrimonio con vincolo di destinazione ricorda la disciplina del c.d. trust.
Gli articoli da 43 a 48 della proposta di legge novellano il titolo V del Libro II del codice, relativo alla donazione. Anche in relazione a questo istituto, la riforma prevede che il beneficiario dell'amministrazione di sostegno non abbia la capacità di donare nella misura in cui gliela abbia espressamente negata il giudice tutelare, che potrà invece consentire, valutato il caso, il compimento di questi atti. Anche laddove la capacità di donare sia stata negata al beneficiario, egli potrà comunque compiere atti di donazione nel rispetto di uno specifico procedimento, delineato dal nuovo articolo 775-bis c.c. Analogamente a quanto previsto per la capacità di testare, il disabile potrà donare previa nomina, per il compimento dell'atto, di un apposito amministratore di sostegno, che agirà sotto la diretta sorveglianza Pag. 51del giudice tutelare e seguendo le modalità di redazione dell'atto da questo fissate. Quanto all'accettazione della donazione, spetta al giudice tutelare stabilire, valutate le condizioni specifiche del beneficiario, se si tratta di un atto che egli può compiere personalmente, con l'assistenza dell'amministratore di sostegno, o se invece deve essere compiuto esclusivamente dall'amministratore di sostegno. La riforma elimina, inoltre, ogni residuo riferimento all'interdizione e all'inabilitazione.
Gli articoli da 49 a 53 della proposta di legge modificano la disciplina dei contratti. Tralasciando le disposizioni degli articoli 51, 52 e 53, che si limitano a eliminare ogni riferimento ad interdizione e inabilitazione dalla disciplina, rispettivamente, dell'affitto (articolo 1626 c.c.), del mandato (articolo 1722 c.c.) e del conto corrente (articolo 1833 c.c.), questa parte della riforma si caratterizza per l'eliminazione dell'automatismo che attualmente connette all'incapacità a contrarre l'annullabilità del contratto stipulato. La riforma, infatti, consente al beneficiario dell'amministrazione di sostegno di concludere contratti, previa verifica del giudice tutelare che individua anche gli atti per i quali è necessaria la rappresentanza dell'amministratore di sostegno e quelli per i quali, invece, è sufficiente la sua assistenza. Saranno, pertanto, annullabili solo i contratti conclusi in violazione delle direttive imposte, caso per caso, dal giudice tutelare. Conseguentemente, per i contratti conclusi dal beneficiario dell'amministrazione di sostegno in violazione delle direttive del giudice, il termine di prescrizione quinquennale dell'azione di annullamento inizierà a decorrere dalla cessazione dell'impedimento a contrarre del beneficiario dell'amministrazione di sostegno (articolo 50, che modifica l'articolo 1442 c.c.).
L'articolo 54 della proposta di legge modifica l'articolo 1993 del codice civile, in tema di titoli di credito, affermando il principio in base al quale il debitore non può opporre al possessore del titolo di credito l'eccezione fondata sul difetto di capacità se prima non prova che dall'emissione del titolo gli è derivato o può derivargli un grave pregiudizio.
Gli articoli 55 e 56 della proposta di legge modificano, rispettivamente, gli articoli 2046 e 2047 del codice civile, relativi ai fatti illeciti e alla conseguente responsabilità civile e risarcimento danni. In particolare, la riforma afferma il principio per cui l'incapace d'intendere e volere risponde comunque del danno che ha causato. Tale responsabilità è solidale con colui che è responsabile della sorveglianza. Il giudice chiamato a liquidare il danno, può tuttavia moderare l'ammontare del risarcimento, in considerazione delle circostanze del caso, con particolare riguardo all'età, alla gravità dello stato d'incapacità e alle condizioni economiche delle parti.
L'articolo 26 della proposta di legge interviene ancora sul Titolo XII del codice, relativo alle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia, per sostituire la rubrica del capo II, oggi dedicata all'interdizione, l'inabilitazione e l'incapacità naturale. La riforma stabilisce che il capo II riguarda solo l'incapacità naturale, sopprimendo gli altri due istituti.
L'articolo 27 abroga tutte le disposizioni del capo II relative all'interdizione e all'inabilitazione, ovvero gli articoli da 414 a 427 e gli articoli da 429 a 432 del codice civile.
L'unica disposizione che residua dall'abrogazione, l'articolo 428 c.c., in tema di atti compiuti dalla persona incapace di intendere o di volere, viene modificata dall'articolo 28 della proposta di legge, che coordina la previsione sull'annullabilità degli atti e dei contratti compiuti dall'incapace naturale con la soppressione dell'istituto dell'interdizione.
Fa presente che, con finalità di coordinamento con la soppressione dell'interdizione e dell'inabilitazione, l'articolo 1, sopprime ogni riferimento all'interdizione dall'articolo 45 c.c. in tema di domicilio; gli articoli 5, 6, 8 e 9 (co.1) sopprimono i riferimenti all'interdizione nelle disposizioni del codice relative al matrimonio; l'articolo 11 elimina il riferimento all'interdizione Pag. 52e al tutore dall'articolo 245, relativo all'azione di disconoscimento della paternità; gli articoli 30 e 42 intervengono con la medesima finalità di coordinamento sugli articoli 472 e 705 del codice, in tema di successioni; gli articoli 46 e 47 della proposta eliminano i riferimenti all'interdizione dalla disciplina della donazione; gli articoli 51, 52 e 53 si limitano a eliminare ogni riferimento ad interdizione e inabilitazione dalla disciplina, rispettivamente, dell'affitto (articolo 1626 c.c.), del mandato (articolo 1722 c.c.) e del conto corrente (articolo 1833 c.c.); l'articolo 57 riscrive l'articolo 2198 del codice, in tema di autorizzazione all'esercizio di impresa commerciale, eliminando il richiamo all'interdetto e inserendo quello al beneficiario di amministrazione di sostegno; gli articoli 58, 59 e 60 intervengono sulla disciplina delle società (segnatamente sugli articoli 2286, 2294 e 2382), per eliminare i richiami all'istituto dell'interdizione; gli articoli 61, 62 e 63 svolgono il medesimo intervento, sostituendo all'interdetto il riferimento al beneficiario dell'amministrazione di sostegno, sugli articoli 2667, 2941 e 2942 del codice civile, nel libro relativo alla tutela dei diritti.
Le medesime finalità sono perseguite da altri articoli della proposta di legge che opportunamente intervengono sulle disposizioni di attuazione del codice civile. In particolare l'articolo 64 abroga gli articoli 40 e 42 delle disposizioni di attuazione; l'articolo 65 adegua la formulazione dell'articolo 46-bis delle disposizioni di attuazione alla soppressione dei due istituti oggi compresi nel titolo XII, riaffermando peraltro come i procedimenti per la nomina dell'amministratore di sostegno siano totalmente gratuiti; l'articolo 66 corregge la formulazione dell'articolo 47 delle disposizioni di attuazione, relativo ai registri tenuti presso l'ufficio del giudice tutelare, eliminandovi ogni riferimento al registro delle tutele degli interdetti e al registro delle curatele degli inabilitati; gli articoli 67 e 68 perseguono il medesimo obiettivo in relazione, rispettivamente, all'articolo 48 delle disposizioni di attuazione, sul registro delle tutele, eliminandovi il richiamo all'interdizione e all'articolo 49, sul registro delle curatele, eliminandovi il riferimento all'inabilitazione. Il primo registro farà ora riferimento alla sola tutela e il secondo alla curatela del minore emancipato.
Evidenzia come, analogamente, con finalità di coordinamento sono modificate alcune disposizioni del codice di procedura penale gli articoli 83 e 85 della proposta di legge coordinano con la riforma gli articoli 144 e 222 del codice di procedura penale, in tema di incapacità e incompatibilità, rispettivamente, dell'interprete e del perito; l'articolo 84 riscrive l'articolo 166 del codice di rito, in tema di notificazioni all'imputato interdetto o infermo di mente, circoscrivendone la portata all'infermità mentale; l'articolo 86 della proposta interviene sull'articolo 571 del codice, sulla legittimazione a proporre impugnazione, per eliminare ogni riferimento alla tutela (che presuppone uno stato di interdizione). L'articolo 89 della proposta, infine, coordina con l'eliminazione di interdizione e inabilitazione l'articolo 145 del Testo Unico relativo alle spese di giustizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002), che regolamenta le spese proprio in quel processo quando l'istanza è del pubblico ministero. Ogni riferimento al tutore viene sostituito dal riferimento all'amministratore di sostegno.
Gli articoli 69 e 70 della proposta di legge disciplinano, rispettivamente, le conseguenze della riforma sui giudici di interdizione e inabilitazione in corso e sui procedimenti già conclusi.
In particolare, l'articolo 69, con riferimento ai giudizi di interdizione e di inabilitazione pendenti alla data di entrata in vigore della riforma, stabilisce che il giudice dispone, d'ufficio, la trasmissione degli atti del procedimento al giudice tutelare, ai fini della nomina di un amministratore di sostegno. In tal caso, il giudice già competente per l'interdizione o per l'inabilitazione può adottare i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l'amministrazione del suo patrimonio. Il tutore Pag. 53o il curatore provvisorio assume automaticamente la funzione di amministratore di sostegno provvisorio relativamente al compimento degli atti di ordinaria amministrazione fino a successivo provvedimento del giudice tutelare.
Per quanto riguarda invece i procedimenti già conclusi, l'articolo 70 prevede che l'interdizione e l'inabilitazione, già pronunciate alla data di entrata in vigore della presente legge, si intendono automaticamente revocate e il tutore o il curatore assumono automaticamente la funzione di amministratore di sostegno provvisorio relativamente al compimento degli atti di ordinaria amministrazione, fino a successivo provvedimento del giudice tutelare. In tali casi, il pubblico ministero chiede la nomina dell'amministratore di sostegno con riguardo alla persona precedentemente interdetta o inabilitata. L'interessato, il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il quarto grado o gli affini entro il secondo possono a loro volta presentare ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno.
Gli articoli 81 e 82 della proposta di legge modificano il codice penale per sopprimere ogni riferimento all'interdizione legale.
La riforma elimina dagli articoli 19 e 32 del codice penale ogni riferimento all'interdizione; conseguentemente l'articolo 32 c.p. fa ora riferimento alla sola perdita della responsabilità genitoriale.
Vittorio FERRARESI (M5S) rileva l'opportunità che il provvedimento in esame, riguardante materia delicata e complessa, sia trattato congiuntamente alla Commissione Affari sociali.
Gaetano PIEPOLI (PI-CD), relatore, si associa alle considerazioni del collega Ferraresi.
Donatella FERRANTI, presidente, nel riservarsi di valutare la richiesta formulata dai colleghi Ferraresi e Piepoli, osserva che la proposta di legge in esame riguarda istituti disciplinati dal codice civile e quindi di stretta competenza della Commissione giustizia. Ferma restando la possibilità di ricorrere da parte dei Gruppi parlamentari a sostituzioni «ad rem» nel corso dell'esame del provvedimento, in modo da consentire l'eventuale partecipazione di deputati componenti della XII Commissione, rileva come sulla materia oggetto della proposta di legge saranno svolte approfondite audizioni, che riguarderanno anche profili di carattere sociale e sanitario di stretta competenza della stessa XII Commissione. Sottolinea, inoltre, come alla Commissione Affari sociali potrebbe comunque essere rappresentata l'esigenza di esprimere il parere sul testo del provvedimento già prima dell'inizio dell'esame delle proposte emendative, in modo da individuare eventuali criticità e aspetti problematici.
Alfonso BONAFEDE (M5S) nel condividere le considerazioni dei colleghi Ferraresi e Piepoli, rileva come la proposta di legge in discussione riguardi materia strettamente connessa ai fondamentali diritti della persona, ritenendo pertanto necessario che l'esame in sede referente sia svolto congiuntamente alla XII Commissione.
Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 15.10.
SEDE CONSULTIVA
Mercoledì 9 settembre 2015. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il viceministro della Giustizia Enrico Costa.
La seduta comincia alle 15.35.
Delega al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli Pag. 54enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
C. 3194 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.
Anna ROSSOMANDO (PD), relatrice, osserva che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna il disegno di legge recante «Delega al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sugli appalti pubblici e sulle concessioni, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici» (A.C. 3194).
In particolare, come stabilito dall'articolo 1, comma 1, il Governo è delegato ad adottare un decreto legislativo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, 2014/24/UE, sugli appalti pubblici, e 2014/25/UE, sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino complessivo della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. La finalità di riordino della normativa vigente in materia di contratti pubblici è stata inserita nel corso dell'esame al Senato; conseguentemente, è stato modificato il titolo del disegno di legge.
Il termine per l'attuazione della delega è fissato entro sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento in esame.
Il decreto legislativo deve essere adottato nel rispetto dei principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, che reca norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea. Oltre al rispetto dei principi e dei criteri direttivi generali, l'adozione del decreto legislativo deve rispettare i principi e i criteri direttivi specifici (elencati, all'articolo 1, comma 1, alle lettere da a) a mmm)), tra i quali segnalerò quelli di stretta competenza della Commissione giustizia.
Relativamente alla lettera l), sono stabilite disposizioni finalizzate all'armonizzazione delle norme in materia di trasparenza, pubblicità e tracciabilità delle procedure di gara e delle fasi ad essa prodromiche e successive, anche al fine di concorrere alla lotta alla corruzione, di evitare i conflitti d'interesse e di favorire la trasparenza nel settore degli appalti pubblici e dei contratti di concessione. I predetti obiettivi vengono specificati, disponendo, tra l'altro, che nell'esercizio della delega sia previsto obbligatoriamente il ricorso a conti dedicati per le imprese aggiudicatrici di appalti pubblici attraverso i quali regolare tutti i flussi finanziari dei pagamenti verso tutti i prestatori d'opera e di lavoro e verso tutte le imprese che entrano a vario titolo in rapporto con l'impresa aggiudicatrice in relazione agli appalti assegnati (numero 4).
Al riguardo, rileva l'opportunità, per meglio definire l'ambito di applicazione della norma, di prevedere l'obbligatorietà di accensione di uno specifico conto in relazione a ciascun appalto, evitando l'equivoco riferimento agli «appalti assegnati».
Si dispone, inoltre, che debba essere previsto un sistema amministrativo, regolato sotto la direzione dell'ANAC, di penalità e premialità per la denuncia obbligatoria delle richieste estorsive e corruttive da parte delle imprese titolari di appalti pubblici e di servizi, comprese le imprese subappaltatrici e le imprese fornitrici di materiali, opere e servizi (numero 5).
Si tratta di una disposizione che sembra riprendere la finalità sottesa ad una disposizione contenuta nel testo vigente del regolamento (articolo 3) adottato dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato sul rating di legalità.
Si ricorda, inoltre, che nell'ordinamento non vige un obbligo generalizzato di denunciare i reati. Infatti, la denuncia è obbligatoria solo nei seguenti casi:
per il pubblico ufficiale e l'incaricato di un pubblico servizio, che abbiano avuto Pag. 55conoscenza del reato nell'esercizio o a causa delle proprie funzioni; dalla violazione dell'obbligo deriva l'applicazione di una sanzione penale (artt. 361-363 c.p.);
per il medico e tutti gli esercenti una professione sanitaria, che abbiano prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto procedibile d'ufficio; anche in questo caso l'omissione di referto è punita dalla legge penale (articolo 365 c.p.);
per il cittadino, ma solo se ha avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato, punito con l'ergastolo (articolo 364 c.p.); la pena è la reclusione fino a un anno o la multa fino a 1.032 euro.
La norma di delega, dunque, pare prefigurare l'introduzione di un ulteriore obbligo di denuncia, seppur limitato ad alcune specifiche categorie di reati, a carico delle imprese titolari di appalti pubblici.
Al riguardo, osserva che andrebbe introdotta una sanzione amministrativa, eventualmente parametrata sul fatturato annuo dell'impresa ovvero sul corrispettivo della commessa, per il caso di omessa denuncia delle richieste estorsive e corruttive, altrimenti rimanendo la norma che pone a carico delle imprese l'obbligo di denuncia una mera formula «vuota». Andrebbero, inoltre, adottate le disposizioni di dettaglio in merito all'autorità che irroga la sanzione (ad esempio, l'ANAC) e alle modalità con cui alla stessa deve pervenire la notizia dell'omessa denuncia.
La lettera nn), il cui testo riprende il contenuto della lettera l) del disegno di legge originario modificata al Senato, prevede la revisione del vigente sistema di qualificazione degli operatori economici in base a criteri di omogeneità e trasparenza. Nel corso dell'esame al Senato è stato aggiunto, quale ulteriore criterio, quello della verifica delle capacità realizzative, delle competenze tecniche e professionali organiche all'impresa, nonché delle attività effettivamente eseguite.
La stessa lettera dispone che la revisione del sistema di qualificazione dovrà avvenire: introducendo misure di premialità connesse a criteri reputazionali basati su parametri oggettivi e misurabili e su accertamenti definitivi concernenti il rispetto dei tempi e dei costi nell'esecuzione dei contratti e la gestione dei contenziosi; assicurando gli opportuni raccordi con la normativa vigente in materia di rating di legalità; prevedendo in ogni caso la decadenza delle attestazioni in caso di procedure di fallimento oppure la sospensione in caso di concordato «con riserva» o «con continuità aziendale».
In proposito, ritiene che andrebbe valutata l'opportunità di un coordinamento tra il criterio di cui alla presente lettera e quello di cui alla lettera s), che consente l'utilizzo del documento di gara unico europeo (DGUE).
La lettera pp), infine, è volta alla razionalizzazione dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto. Nel corso dell'esame al Senato, è stato precisato che tale razionalizzazione dovrà tradursi nella limitazione del ricorso alle procedure arbitrali e nella riduzione dei costi ad esse connessi.
Al riguardo, osserva che la formulazione della norma, nella parte in cui prevede la limitazione del ricorso alle procedure arbitrali, non è chiara, prestandosi a due interpretazioni alternative: la prima è quella secondo cui il legislatore delegato dovrebbe prevedere che all'arbitrato possa accedersi solo in casi tassativi e restrittivi; la seconda è quella secondo cui vanno escluse procedure alternative di risoluzione delle controversie diverse dall'arbitrato, come peraltro sembrerebbe desumersi dall'inciso finale, che impone una riduzione dei costi. A suo avviso, andrebbero, pertanto, anche in questo caso, meglio specificati l'ambito e le modalità di applicazione della norma in questione.
Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Pag. 56Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone affette da disabilità grave prive del sostegno familiare.
Testo unificato C. 698 Grassi ed abb.
(Parere alla XII Commissione).
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 4 agosto 2015.
Donatella AGOSTINELLI (M5S), nel preannunciare, a nome del suo Gruppo, la presentazione di una proposta alternativa di parere, sottolinea, in primo luogo, come attraverso il testo unificato in esame siano introdotte norme che non tutelano i soggetti disabili, bensì i «grandi patrimoni», prestandosi ad agevoli meccanismi di elusione fiscale. Al riguardo, rileva come sarebbe necessario prevedere, ad esempio, che una volta esaurite le finalità del trust, il patrimonio che eventualmente residua sia esente da imposte di successione e donazione, solo se lo stesso sia trasferito alla persona disabile, oppure che l'esenzione sia esclusa laddove il trustee effettui erogazioni, anticipazioni, distribuzioni di reddito o di capitale in favore di beneficiari del vincolo. A suo avviso, sarebbe altresì auspicabile prevedere che ove il residuo patrimonio costituito o vincolato in un trust dovesse pervenire, per causa di morte, a trustee o ad ogni altra persona fisica o giuridica diversa dalla persona disabile, siano dovute le imposte di successione secondo le aliquote e le franchigie vigenti al momento dell'effettiva attribuzione e il trustee sia obbligato in solido, con i beneficiari del residuo patrimonio, a presentare dichiarazione di successione entro un anno dall'effettiva attribuzione del fondo residuo.
Franco VAZIO (PD), nel rilevare come il trust non sia direttamente disciplinato dalla legislazione italiana, ma dalla Convenzione adottata all'Aja il 1o luglio 1985 e ratificata dalla legge n. 634 del 1989, sottolinea che lo stesso permane solo fino a quando è in vita il beneficiario disabile.
Ricorda inoltre, che la Cassazione, con sentenza n. 3886 del 25 febbraio 2015, ha stabilito che il trust si configura solo nell'ipotesi di trasferimento di beni ad un trustee, applicandosi l'imposta di donazione nel momento in cui il disponente vincola i beni nel trust stesso. Al riguardo sottolinea che tale imposta, secondo la Cassazione, grava sull'istituzione di vincoli di destinazione, a prescindere dal fatto che vi sia un trasferimento patrimoniale da un soggetto all'altro, applicandosi dunque l'aliquota massima dell'8 per cento.
Rileva quindi che il testo unificato in esame prevede agevolazioni tributarie solo in caso di trasferimento di beni e di diritti in vantaggio di trust istituiti in favore di persone gravemente disabili, non anche per la costituzione dei trust stessi o di patrimoni con destinazione vincolata. Ritiene pertanto necessario ampliare l'ambito di applicazione delle predette agevolazioni tributarie e provvedere a disciplinare in modo organico l'istituto in questione. Osserva, peraltro, che nella proposta di legge Campana C. 1985, recante modifiche al codice civile e alle disposizioni per la sua attuazione, concernenti il rafforzamento dell'amministrazione di sostegno e la soppressione degli istituti dell'interdizione e dell'inabilitazione – proposta il cui esame è stato avviato dalla Commissione nella seduta odierna – vi sono specifiche disposizioni dirette a disciplinare l'istituto del patrimonio con destinazione vincolata, per molti versi assimilabile al trust.
Vanna IORI (PD) precisa che molte delle criticità testé evidenziate dai colleghi, con particolare riferimento ad eventuali pratiche di elusione e evasione fiscale, sono superate dalle disposizioni contenute all'articolo 6 del provvedimento in discussione. Sottolinea, infatti, come l'obiettivo perseguito dal provvedimento sia quello di tutelare i soggetti disabili in caso di morte degli stretti congiunti o in caso di sopravvenuta Pag. 57impossibilità da parte di questi ultimi di prestare loro cure e assistenza. Ritiene, infine, che nel testo del provvedimento debba essere espressamente richiamata la necessità di evitare il ricorso alla cosiddetta «istituzionalizzazione» dei soggetti disabili, relativamente ai quali andrebbero invece privilegiate soluzioni di diversa natura, di tipo individuale o familiare.
Vittorio FERRARESI (M5S), nel sottolineare come le disposizioni di cui all'articolo 6 del provvedimento in discussione potrebbero essere utilizzate a scopo di evasione o di elusione fiscale, rammenta che il comma 49 bis del decreto legge n. 262 del 2006, che disciplina l'imposta sulle successioni e donazioni, già prevede una franchigia in favore dei soggetti portatori di handicap: se, infatti, il beneficiario dei trasferimenti è una persona portatrice di handicap riconosciuto grave, l'imposta si applica esclusivamente sulla parte del valore della quota o del legato che supera l'ammontare di 1.500.000 euro. Manifesta quindi perplessità in ordine all'eventuale previsione di agevolazioni fiscali in relazione al trasferimento di beni o patrimoni di entità superiore.
Franco VAZIO (PD) rileva che l'obiettivo perseguito dal provvedimento in esame non è certamente quello di agevolare i grandi patrimoni, né di favorire pratiche di elusione o di evasione fiscale. Osserva, infatti, che le agevolazioni tributarie non sono permanenti, ma previste in via esclusiva solo per i trasferimenti in favore di soggetti disabili.
Vittorio FERRARESI (M5S), nel replicare ai rilievi del collega Vazio, ribadisce il rischio che le norme in questione finiscano, di fatto, con il favorire i patrimoni di entità superiore ad 1.500.000 euro.
Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della Canapa.
Testo unificato C. 1373 Lupo ed abb.
(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.
Donatella FERRANTI, presidente, in sostituzione della relatrice onorevole Rostan, impossibilitata a partecipare alla seduta odierna, fa presente che la Commissione è chiamata, nella seduta odierna, ad esprimere il parere di competenza sul testo unificato delle proposte di legge C. 1373 Lupo, C. 1797 Zaccagnini, C. 1859 Oliverio e C. 2987 Dorina Bianchi, recante norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della Canapa, come risultante dagli emendamenti approvati dalla XIII Commissione.
Rileva che il provvedimento in esame, come si evince dalle disposizioni contenute al comma 1 dell'articolo 1, persegue lo scopo di creare una filiera nazionale della canapa denominata cannabis sativa, quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché coltura da rotazione e da impiegare quale possibile sostituta di colture eccedentarie. Il comma 2 precisa che le disposizioni recate nel predetto testo unificato si applicano alle coltivazioni di canapa delle «varietà ammesse» iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi delle disposizioni dell'articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, le quali non rientrano nell'ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dalle disposizione legge. Come stabilito dal successivo comma 3, il Pag. 58sostegno e la promozione riguardano la coltura della canapa finalizzata: a) alla incentivazione dell'impiego e consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali; c) a sostenere lo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l'integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale; d) alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori; e) alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, realizzazione di attività didattiche e di ricerca.
In relazione alle disposizioni che presentano profili attinenti alla competenza della Commissione giustizia, segnala che l'articolo 2, comma 1, del testo unificato stabilisce che la coltivazione in Italia delle predette varietà di canapa è consentito senza necessità di autorizzazione.
L'articolo 4 del provvedimento autorizza il Corpo forestale dello Stato, o altro soggetto individuato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in relazione all'eventuale trasferimento delle funzioni in materia di polizia ambientale ai sensi della normativa vigente, ad effettuare i necessari controlli, inclusi i prelevamenti e le analisi di laboratorio, sulle coltivazioni di canapa, fatto salvo ogni altro tipo di controllo effettuato da parte degli organi di Pubblica Sicurezza eseguiti su segnalazione e nel corso dello svolgimento di attività giudiziarie (comma 1). Al riguardo, ritiene opportuno fare riferimento alla polizia giudiziaria piuttosto che agli organi di pubblica sicurezza.
In caso di prelevamenti e campionamenti della coltura, essi devono essere effettuati in presenza del coltivatore; gli addetti ai controlli sono tenuti a rilasciare un campione prelevato in contraddittorio all'agricoltore stesso per eventuali controverifiche (comma 4). Le operazioni di controllo a campione devono, inoltre, essere svolte nel rispetto delle disposizioni della vigente normativa dell'Unione europea e nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 91 del 2014 (comma 2). Si tratta di disposizioni volte a tutelare il coltivatore in considerazione.
Il comma 5 stabilisce che qualora all'esito del controllo il contenuto complessivo di THC della coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento e entro il limite dell'1 per cento, nessuna conseguenza viene posta a carico dell'agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente legge. In sostanza, il limite di THC oltre il quale la coltivazione è vietata è fissato nell'1 per cento.
Manifesta perplessità in relazione al comma 7, che prevede da parte dell'autorità giudiziaria il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa, anche se impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla presente legge, qualora risulti che il contenuto di THC nella coltivazione sia superiore all'1 per cento. Ritiene, in particolare, che suscita perplessità l'ultimo periodo del comma 7 secondo cui nel caso di sequestro o distruzione delle coltivazioni è esclusa la responsabilità dell'agricoltore, in quanto, si tratta di istituti che presuppongono un atto illecito e la relativa responsabilità del soggetto che lo ha compiuto.
L'articolo 9 reca modifiche all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, che determinano variazione dell'area penalmente rilevante in materia di stupefacenti, in quanto determinano modifica alle tabelle allegate al predetto decreto, che sono oggetto di espresso richiamo da parte delle disposizioni penali (artt. 72 e seguenti). In primo luogo, segnala che le predette modifiche non tengono conto delle modificazioni apportate alle tabelle dal decreto legge n. 36 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 79 del 2014.
In particolare, si interviene sulla lettera a) del comma 1 dell'articolo 14, volta ad indicare le sostanze stupefacenti o psicotrope che devono essere indicate nella tabella I, la quale è richiamata dalle norme penali che prevedono sanzioni più grave. Il vigente n. 6) della predetta lettera a) prevede che nella tabella I debbano essere indicate le sostanze ottenute per Pag. 59sintesi o semisintesi che siano riconducibili per struttura chimica o per effetto farmaco-tossicologico al tetraidrocannabinolo (il previgente n. 6) prevedeva i tetraidrocannabinoli e i loro analoghi). Il testo unificato in esame prevede che il n. 6) faccia riferimento alla canapa sativa, compresi i prodotti da essa ottenuti, proveniente da coltivazioni con una percentuale di tetraidrocannabinoli superiore all'1 per cento, i loro analoghi naturali, le sostanze ottenute per sintesi o per semi sintesi che siano ad essi riconducibili per struttura chimica o per effetto farmaco-tossicologico. Ricorda che, secondo il n. 1) della lettera b), nella tabella II, devono essere indicati la cannabis e i prodotti da essa ottenuti.
Osserva che viene sostituito anche il comma 1 dell'articolo 26 prevedendo che è vietata nel territorio dello Stato la coltivazione delle piante comprese nelle tabelle I e II di cui all'articolo 14, ad eccezione della canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per gli usi consentiti dalla normativa vigente.
Rileva, in sostanza, come la Commissione di merito abbia ritenuto di colmare una presupposta lacuna della normativa vigente che non fa alcun riferimento alla cannabis sativa, richiamando unicamente la cannabis indica.
Segnala, infine, che la giurisprudenza ha riportato in via interpretativa alla cannabis sativa tutte le disposizioni di natura penale relative alla cannabis indica.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 16.20.
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16.20 alle 16.25.