CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 luglio 2015
492.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 29 luglio 2015. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. — Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 14.10.

Schema di decreto legislativo recante misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese.
Atto n. 161-bis.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

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  Giovanni SANGA (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini del parere al Governo, lo schema di decreto legislativo recante misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese (Atto n. 161-bis), trasmesso dal Governo dopo la seconda deliberazione preliminare del Consiglio di ministri.
  In merito ricorda preliminarmente che la Commissione Finanze ha già esaminato lo schema di decreto (Atto n. 161), nel testo trasmesso una prima volta dal Governo, esprimendo su di esso parere favorevole, con osservazioni, il 18 giugno 2015; la Commissione Finanze del Senato ha espresso parere favorevole, con osservazioni, il 9 giugno 2015.
  Sul piano del merito segnala, in sintesi, come lo schema di decreto intenda attuare le disposizioni della legge di delega fiscale (legge n. 23 del 2014) concernenti, in particolare, i profili di certezza nella determinazione del reddito e della produzione netta (in sostanza, rispettivamente, delle basi imponibili delle imposte sul reddito e dell'IRAP) per favorire l'internazionalizzazione degli operatori economici, contenute principalmente nell'articolo 12 della richiamata legge n. 23.
  Lo schema in esame attua inoltre l'articolo 9, comma 1, lettera i), della legge delega n. 23, nella parte in cui si impegna il Governo a introdurre sistemi di tassazione delle attività transnazionali basati su adeguati meccanismi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale.
  In attuazione delle suddette prescrizioni, lo schema di decreto apporta numerose modifiche alla vigente disciplina delle imposte sui redditi (a tal fine novellando in più punti il TUIR di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986), nonché le conseguenti modifiche alla disciplina IRAP (di cui al decreto legislativo n. 446 del 1997) e, ove necessario, anche alla disciplina in materia di accertamento e ad altre norme speciali.
  In dettaglio, specifica come l'articolo 1 dello schema di decreto rechi una complessiva revisione degli accordi tra imprese aventi attività estera ed amministrazione finanziaria, attualmente disciplinata dal cosiddetto ruling di standard internazionale.
  A tal fine viene sostituita la vigente disciplina (contenuta nell'articolo 8 del decreto legislativo n. 269 del 2003, abrogato dal comma 1 dell'articolo 1) con una nuova procedura per la stipula di accordi preventivi con l'amministrazione finanziaria, che viene ricondotta nell'alveo della disciplina generale dell'accertamento, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
  In particolare, viene estesa la procedura di accordo preventivo anche alla definizione dei valori di ingresso e di uscita in caso di trasferimento della residenza, come disciplinato dal TUIR, nonché all'attribuzione di utili e perdite alla stabile organizzazione in un altro Stato di un'impresa o un ente residente ovvero alla stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente.
  Lo schema di decreto chiarisce che le imprese che aderiscono al regime del cosiddetto «adempimento collaborativo», contenuto nel decreto legislativo sulla certezza del diritto (Atto 163-bis), all'esame della Commissione Finanze, hanno accesso alla procedura di ruling anche al fine della preventiva definizione in contraddittorio dei metodi di calcolo del valore normale delle operazioni con soggetti localizzati in paesi black list di cui all'articolo 110, comma 10, del TUIR.
  Segnala come su tale punto le Commissioni parlamentari competenti non avessero formulato osservazioni.
  In accoglimento dell'osservazione di cui numero 2) del parere approvato dalla VI Commissione Finanze della Camera e di cui al numero 1) del parere reso dalla Commissione Finanze e tesoro del Senato, al comma 3 dell'articolo 1 è stato precisato che l'estensione retroattiva della validità dell'accordo con l'Amministrazione finanziaria opera solo nel caso in cui sussistano congiuntamente le circostanze di fatto e di diritto alla base dell'accordo medesimo per uno o più dei periodi di imposta Pag. 97precedenti alla stipula, ma non anteriori a quello in corso alla data di presentazione dell'istanza.
  Illustra quindi l'articolo 2 il quale, al fine di dare certezza al contribuente in merito ai profili fiscali del piano di investimento che intende attuare, prevede un'attività di consulenza dell'Agenzia delle entrate relativa ai nuovi investimenti esteri.
  In particolare, l'impresa deve presentare un business plan nel quale debbono necessariamente essere descritti l'ammontare dell'investimento, i tempi e le modalità di realizzazione dello stesso e l'incremento occupazionale, nonché i riflessi, anche in termini quantitativi, che l'investimento ha sul sistema fiscale italiano.
  In accoglimento dell'osservazione di cui al numero 3) del parere approvato dalla VI Commissione Finanze della Camera e di cui al numero 2) del parere della Commissione Finanze e tesoro del Senato la norma del comma 1 è stata integrata nel senso di prevedere che l'incremento occupazionale è da valutare in relazione alla attività in cui avviene l'investimento.
  Segnala inoltre come, su tale documentazione, l'Agenzia delle entrate svolgerà un'attività di consulenza e formulerà un parere valido sotto diversi profili. Per l'accesso all'istituto è prevista una soglia minima per l'investimento, che deve essere documentata dal contribuente, che può consistere anche nella ristrutturazione di imprese in crisi qualora ci siano effetti positivi sull'occupazione. L'ammontare dell'investimento si può realizzare in più esercizi: l'Agenzia delle entrate emana un parere motivato entro centoventi giorni, prorogabili di ulteriori novanta, nel caso sia necessario acquisire ulteriori informazioni. Se il contribuente dà attuazione al parere reso dall'Agenzia delle entrate, può accedere, a prescindere dell'ammontare del suo volume d'affari o dei sui ricavi e al ricorrere degli altri requisiti previsti, al richiamato regime dell'adempimento collaborativo.
  Inoltre, in parziale accoglimento dell'osservazione di cui al numero 5) del parere della Commissione Finanze della Camera la nuova formulazione del comma 6 ha abbreviato da novanta a sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dello schema in esame il termine per individuare, con provvedimenti secondari, le modalità applicative dell'interpello previsto dall'articolo in esame.
  La predetta osservazione numero 5) non è stata invece accolta per la parte in cui si suggeriva di legare il termine, previsto dalla norma per l'adozione del provvedimento dell'Agenzia delle entrate di individuazione dell'Ufficio competente al rilascio della risposta dell'interpello, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
  A tale ultimo riguardo rileva come la relazione illustrativa allegata allo schema di decreto affermi che tale provvedimento potrà essere adottato solo successivamente alla adozione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di individuazione delle modalità applicative dell'interpello.
  Non è stata invece accolta l'osservazione di cui al numero 4) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera con la quale si invitava il Governo a valutare l'opportunità di ridurre il tempo concesso all'Agenzia delle entrate (centoventi giorni) per rendere risposta all'istanza del contribuente.
  Al riguardo la relazione illustrativa allegata allo schema di decreto afferma che tale termine risulterebbe coerente con quello previsto per le forme più complesse di interpello di cui allo schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina dell'interpello e del contenzioso tributario.
  L'articolo 3 disciplina il sistema di tassazione dei dividendi esteri e, in particolare, da Stati aventi un regime fiscale privilegiato, attualmente disciplinata da diversi articoli del TUIR.
  In sintesi, le disposizioni dell'articolo:
   sottopongono integralmente a tassazione i soli utili provenienti da società residenti in «paradisi fiscali» relativi al possesso di partecipazioni dirette in tali società, o di partecipazioni di controllo in altre società «intermedie» residenti all'estero, Pag. 98che conseguono utili dalla partecipazione in società residenti in Stati o territori a regime privilegiato, e nei limiti di tali utili;
   ove si dimostri che la società o l'ente non residente da cui provengono gli utili svolge un'effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello Stato o territorio di insediamento (dunque ricorre alla già richiamata «prima esimente»), riconoscono al soggetto controllante residente in Italia, ovvero alle sue controllate residenti che percepiscono gli utili, un credito d'imposta in ragione delle imposte assolte dalla società partecipata sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione degli utili conseguiti e nei limiti dell'imposta italiana relativa a tali utili;
   dispongono che, per disapplicare la norma che prevede l'imposizione integrale degli utili e delle plusvalenze «provenienti» da società ed enti localizzati in Stati o territori black list, il soggetto/socio residente nel territorio dello Stato (anche non titolare di una partecipazione di controllo) deve sempre dimostrare che dal possesso delle partecipazioni non consegue l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a fiscalità privilegiata, anche mediante la presentazione di apposito interpello;
   puniscono con una sanzione amministrativa pecuniaria la mancata indicazione, nella dichiarazione di redditi, di dividendi e plusvalenze relativi a partecipazioni in imprese ed enti esteri siti in Paesi e territori a fiscalità privilegiata, ove previsto dalla legge; in dettaglio, tale sanzione è pari al 10 per cento dei proventi non indicati, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro.

  In tale ambito fa presente come, pur in assenza di osservazioni delle Commissioni al riguardo, la nuova formulazione del comma 4 dell'articolo 3 dello schema di decreto precisi – in tema di decorrenza delle disposizioni – che l'innovata disciplina sui dividendi esteri si applica agli utili distribuiti e alle plusvalenze realizzate a partire dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore dello schema di decreto. Per quanto concerne il credito d'imposta, tuttavia, si dispone che questo spetti solo in relazione alle imposte pagate dalla società controllata a partire dal quinto periodo d'imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto.
  Illustra l'articolo 4, il quale mira a modificare la normativa in tema di deducibilità degli interessi passivi.
  In particolare le norme:
   intervengono sulla definizione del cosiddetto risultato operativo lordo – ROL per includervi anche i dividendi provenienti dalle società controllate estere; pur in assenza di osservazioni delle Commissioni al riguardo il Governo ha precisato che i predetti dividendi sono quelli incassati;
   abrogano la disposizione che consente di calcolare il limite di deducibilità degli interessi passivi includendo «virtualmente» nel consolidato nazionale anche le società controllate estere, in modo da poter tener conto anche del ROL di tali società;
   modificano le norme sulla deducibilità degli interessi passivi per i finanziamenti assistiti da ipoteca, in favore delle società che svolgono attività immobiliare, specificando che sono destinatarie di tale normativa le società che svolgono in via effettiva e prevalente attività immobiliare, ovvero quelle società il cui valore dell'attivo patrimoniale è costituito per la maggior parte dal valore normale degli immobili destinati alla locazione e i cui ricavi sono rappresentati per almeno i due terzi da canoni di locazione;
   abrogano la norma che limita la deducibilità degli interessi passivi su titoli obbligazionari negoziati in paesi non «white list», apportando le conseguenti modifiche di coordinamento in altre norme.

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  Segnala come, su tale tematica, sia stata accolta l'osservazione di cui al numero 6) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera, specificando al comma 4 che le modifiche in tema di deducibilità degli interessi passivi delle società immobiliari riguardano anche le società che effettuano operazioni di affitto di ramo di azienda immobiliare il cui valore complessivo sia prevalentemente costituito dal valore normale di fabbricati.
  L'articolo 5 modifica in più punti la vigente disciplina (contenuta prevalentemente nell'articolo 110 del TUIR) concernente i costi «black list». Si consente di dedurre dall'imponibile le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati, individuati in ragione della mancanza di un adeguato scambio di informazioni con un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, entro il limite del valore normale dei beni e dei servizi acquistati in base ad operazioni che hanno avuto concreta esecuzione.
  Nella nuova formulazione proposta dallo schema di decreto (Atto n. 161-bis) si precisa che il valore normale delle operazioni viene determinato secondo le regole generali dell'articolo 9 del TUIR.
  A tale proposito, fa presente come sul punto non sia stata accolta l'osservazione di cui al numero 3) del parere reso dalla Commissione Finanze del Senato, ai sensi della quale si riteneva opportuno che la relazione illustrativa chiarisse, trattandosi di un contesto internazionale, che il valore normale ivi menzionato fosse definito sulla base delle linee guida dell'OCSE, e come la relazione illustrativa allegata allo schema nulla dica al riguardo.
  Inoltre, viene eliminata la condizione che subordinava la deducibilità di tali costi al fatto che l'impresa estera svolgesse prevalentemente una attività commerciale effettiva.
  Sebbene in assenza di osservazioni delle Commissioni parlamentari competenti lo schema di decreto, rispetto alla formulazione proposta dall'Atto n. 161, opera altresì alcune modifiche di coordinamento.
  Viene chiarito inoltre che l'indeducibilità delle spese riguarda anche le prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Stati o territori coi quali non vi è adeguato scambio di informazioni e che sono elencati in apposito decreto ministeriale.
  È stata invece accolta l'osservazione di cui al numero 7), secondo alinea, del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera, che invitava a chiarire espressamente che il cosiddetto transfer pricing interno non è compatibile con l'attuale impianto del TUIR.
  A tal fine è stata introdotta, nel nuovo comma 2 dell'articolo 5 una norma di interpretazione autentica, volta a precisare che la disciplina contenuta nel comma 7 dell'articolo 110 non ha valenza per le operazioni che intercorrono tra soggetti residenti o localizzati nel territorio dello Stato.
  Ai sensi del richiamato comma 7, le componenti di reddito derivanti da operazioni con società non residenti con cui esista un rapporto di controllo sia valutato in base al criterio del valore normale, se ne deriva aumento del reddito; analogo criterio si usa se ne deriva una diminuzione del reddito, soltanto in esecuzione di accordi con Stati esteri a seguito delle speciali «procedure amichevoli» previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi.
  Ai fini della tassazione delle plusvalenze e per la determinazione del valore della produzione a fini IRAP, per le cessioni di immobili e di aziende, nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l'esistenza di un maggior corrispettivo non può essere presunto soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato o accertato ai fini dell'imposta di registro ovvero ai fini delle imposte ipotecaria e catastale.
  Rileva come non sia stata invece accolta l'osservazione di cui al numero 7), primo alinea, del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera, che Pag. 100invitava il Governo a migliorare, rendendoli più agevoli e certi, i meccanismi di determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo, tenendo conto delle tendenze internazionali e delle complessità dei contenziosi che scaturiscono, i quali, di regola, interessano vari Stati.
  Al riguardo, la relazione illustrativa allegata allo schema afferma che in tema di transfer pricing l'OCSE ha già adottato apposite linee guida che regolano la fattispecie.
  Non è stata altresì accolta l'osservazione di cui al numero 8) del parere della Commissione Finanze della Camera, che invitava il Governo a valutare l'opportunità di precisare che i costi sostenuti si ritengono sostenuti al valore normale, salvo prova contraria.
  In merito la relazione illustrativa allegata allo schema chiarisce che, trattandosi di operazioni poste in essere con imprese residenti ovvero localizzate in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati, non appare opportuna una inversione dell'onere della prova al fine della deduzione dei costi al valore normale.
  L'articolo 6, non modificato nel nuovo testo dello schema di decreto, in coerenza con la recente giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, elimina gli attuali vincoli normativi che non consentono alle società «sorelle», residenti in Italia o stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di società residenti in Stati UE (ovvero aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo) con cui l'Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, di consolidare le proprie basi imponibili, previa indicazione, da parte del soggetto non residente, della controllata designata ad esercitare l'opzione, che assume la qualità di consolidante.
  A tal fine, modificando il comma 2 dell'articolo 117 del TUIR e aggiungendo due ulteriori commi alla fine del medesimo comma 2, si consente il consolidamento anche da parte delle controllate: in particolare i soggetti non residenti, che non esercitino in Italia un'attività d'impresa mediante una stabile organizzazione nel cui patrimonio sia compresa la partecipazione in ciascuna società controllata, e che però risiedano in Stati UE o SEE con cui vi sia effettivo scambio di informazioni, qualora rivestano una forma giuridica analoga ai soggetti IRES residenti (società di capitali ed enti commerciali residenti), possono designare una società residente nel territorio dello Stato o non residente, purché controllata e purché abbia specifici requisiti (fissati dall'articolo 120 TUIR) affinché eserciti l'opzione per la tassazione di gruppo, congiuntamente con ciascuna società residente o non residente su cui parimenti esercitano il controllo. Gli enti non residenti controllati possono esercitare l'opzione per il consolidamento in qualità di controllata mediante una stabile organizzazione.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 7, il quale intende modificare le disposizioni vigenti in materia di determinazione del reddito derivante da attività esercitate nel territorio dello Stato da parte di enti non residenti al fine di attuare le disposizioni della legge delega e recepire gli orientamenti OCSE in materia.
  In sintesi, per quanto riguarda la determinazione del reddito complessivo IRES delle società e degli enti commerciali non residenti, viene disposta la tassazione su base isolata, senza compensazioni e secondo le disposizioni del Titolo I del TUIR, dei redditi che si considerano prodotti nel territorio dello Stato, con la sola eccezione dei redditi di impresa da stabile organizzazione per i quali viene dettata disciplina specifica.
  In particolare, in tema di reddito attribuibile alla stabile organizzazione, esplicitamente è previsto che il reddito della stabile organizzazione di società ed enti non residenti sia determinato sulla base degli utili e delle perdite riferibili alla stabile organizzazione e secondo le disposizioni previste per i soggetti IRES, di cui alla sezione I, capo II, titolo II del TUIR. La rilevazione del reddito avviene sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili.Pag. 101
  Ai fini della determinazione del reddito della stabile organizzazione, viene esplicitata l'applicazione del principio elaborato in ambito OCSE, che vede la stabile organizzazione quale ’’functionally separate entity», indipendente, distinta e separata dalla casa madre da cui promana.
  Viene riformulata anche la normativa sulla determinazione del reddito complessivo degli enti non commerciali non residenti; per effetto delle norme proposte si chiarisce che, per i redditi d'impresa si applicano le specifiche disposizioni previste per i redditi da stabile organizzazione.
  L'applicazione del «functionally separate entity» è confermata anche ai fini IRAP: il valore della produzione netta derivante da una stabile organizzazione è determinato sulla base di un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili rimandando alle novellate disposizioni del TUIR.
  In merito a tale tematica segnala come non sia stata accolta l'osservazione, di cui al numero 9) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera, ai sensi della quale si invitava a chiarire che le nuove norme in tema di attribuzione di componenti di reddito alle stabili organizzazioni fanno riferimento al cosiddetto functional separate entity approach adottato in sede OCSE.
  Al riguardo la relazione illustrativa allegata allo schema di decreto chiarisce che la disposizione in esame già rappresenta la trasposizione a livello nazionale del predetto approccio, come peraltro già evidenziato nella relazione illustrativa.
  Illustra l'articolo 8, il quale modifica le disposizioni vigenti in materia di società collegate estere, contenute in particolare negli articoli 167 e 168 del TUIR, in attuazione dell'articolo 12, comma 1, lettera b), della legge delega, che impone al Governo di sottoporre a revisione la disciplina impositiva delle operazioni transfrontaliere, con particolare riferimento – tra l'altro – al regime di imputazione per trasparenza delle società controllate estere e di quelle collegate.
  In sintesi, oltre ad allineare la disciplina della trasparenza alle nuove modalità di individuazione dei Paesi e dei territori considerati a fiscalità privilegiata, le norme dell'articolo 8 sostituiscono l'obbligo di interpello all'Amministrazione finanziaria, ai fini della disapplicazione della disciplina CFC in caso di partecipazioni in imprese estere controllate, con la facoltà di interpello preventivo; salvi i casi in cui la disciplina CFC sia stata applicata ovvero non lo sia stata per effetto dell'ottenimento di una risposta favorevole all'interpello, il socio residente controllante deve comunque segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni estere. Le norme si applicano dunque anche all'ipotesi di partecipazioni in soggetti residenti o localizzati in Stati o territori non «black list» alle quali tuttavia risulta applicabile la disciplina CFC.
  In relazione a tali ipotesi, si affida a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di indicare criteri per determinare con modalità semplificate l'effettivo livello di tassazione applicato alla società estera.
  Accogliendo l'osservazione di cui al numero 10), secondo periodo, del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera dei Deputati, è stata integrato il comma 1, lettera d), prevedendo che, tra i predetti criteri, vi è quello dell'irrilevanza delle variazioni non permanenti della base imponibile.
  È stata inoltre accolta l'osservazione di cui al numero 10), terzo periodo, del parere espresso dalla Commissione Finanze della Camera, che invitava il Governo a specificare che il ruling in materia di CFC possa essere anche preventivo.
  A tal fine, integrando il comma 1, lettera e), viene previsto che i contribuenti che aderiscono al regime dell'adempimento collaborativo (di cui al già menzionato schema di decreto legislativo in materia di certezza dei rapporti tra fisco e contribuenti) possono presentare interpello, a prescindere dalla verifica della sussistenza di specifiche condizioni di legge (previste dal comma 8-bis dell'articolo 167 del TUIR: tassazione effettiva dei Pag. 102soggetti controllati non residenti che sia inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti ove residenti in Italia, ottenimento della maggior parte dei proventi da operazioni relative alle società controllate, controllanti o del medesimo gruppo).
  È stata altresì accolta l'osservazione di cui al numero 4) del parere approvato dalla Commissione Finanze e tesoro del Senato.
  Fermo restando che il socio residente controllante (salvi i casi di applicazione della disciplina CFC o della sua disapplicazione a seguito di interpello favorevole) deve segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni in imprese estere controllate detenute in Paesi black list o in Stati o territori non black list cui tuttavia risulta applicabile la disciplina CFC, in tale ultima ipotesi la segnalazione è obbligatoria ove ricorrano le condizioni di legge sopra illustrate.
  Sono altresì modificate le norme in materia di sanzioni amministrative tributarie, prevedendo l'applicazione di una sanzione amministrativa, pari al 10 per cento del reddito conseguito dal soggetto estero partecipato e imputabile nel periodo d'imposta, anche solo teoricamente, al soggetto residente in proporzione alla partecipazione detenuta, con un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 50.000 euro, ove l'omissione o incompletezza dichiarativa riguardino la segnalazione relativa alla detenzione di partecipazioni in imprese estere controllate. La sanzione, nella misura minima, si applica anche nel caso in cui il reddito della controllata estera sia negativo.
  Segnala come sia stata inoltre accolta l'osservazione di cui al numero 10), quarto periodo, del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera che invita il Governo a prevedere un regime transitorio per gli utili delle CFC collegate: a tal fine, integrando il comma 4, si chiarisce che agli utili distribuiti da società collegate a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto in esame continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti sulla tassazione delle predette somme, contenute nell'articolo 3, commi 3 e 4, del decreto ministeriale 7 agosto 2006, n. 268.
  Segnala come non sia stata invece accolta l'osservazione di cui al numero 10), primo periodo, del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera che invitava a tenere conto delle recenti tendenze evolutive delle discipline di CFC riscontrabili a livello internazionale.
  In proposito la relazione illustrativa allegata allo schema di decreto chiarisce che è tuttora in corso la discussione in sede OCSE in materia di BEPS (Base erosion and prolit shifting), che considera anche la disciplina CFC; solo a conclusione di tale processo e dell'emanazione da parte dell'OCSE delle relative raccomandazioni sarà possibile valutare in modo inequivoco, l'eventuale impatto sulla disciplina nazionale.
  Passa a illustrare l'articolo 9 – non modificato rispetto all'originario schema di decreto – il quale definisce i criteri di deducibilità delle spese di rappresentanza, fermo restando – come previsto dalla normativa vigente – che il requisito di inerenza è stabilito con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse.
  Tali spese, ove rispondenti al requisito di inerenza, con le modifiche in commento sono deducibili entro nuovi limiti di congruità fissati ex lege e commisurate all'ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell'impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo, in misura pari:
   a) all'1,5 per cento dei ricavi e altri proventi fino a 10 milioni di euro (contro l'attuale 1,3 per cento);
   b) allo 0,6 dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 10 milioni e fino a 50 milioni di euro (in luogo dell'attuale 0,5 per cento);
   c) allo 0,4 per cento dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 50 milioni di euro (in luogo dell'attuale 0,1).

  La misura della deducibilità delle spese di rappresentanza può essere stabilita con Pag. 103il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che stabilisce i criteri di inerenza. Tale decreto può, inoltre, elevare il limite di valore dei beni distribuiti gratuitamente le cui spese possono essere dedotte dall'imponibile.
  L'articolo 10 – la cui formulazione è rimasta immutata rispetto all'originario schema di decreto – apporta alcune modifiche alle vigenti disposizioni in materia di individuazione dei cosiddetti «paradisi fiscali».
  In particolare, fa presente come venga abrogato il sistema vigente (articolo 168-bis del TUIR) che dispone l'emanazione di due white list: la prima che individua i Paesi e i territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, la seconda che tiene conto, oltre al livello dello scambio informativo, anche dell'effettiva tassazione estera.
  Viene conferito al Ministro dell'economia e delle finanze il potere di individuare, con uno o più decreti, l'elenco degli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni.
  Le disposizioni di coordinamento introdotte sono poi tese a chiarire che il riferimento ai «regimi fiscali privilegiati» è da intendersi effettuato a Stati o territori individuati in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti, ai sensi dell'articolo 167, comma 4, TUIR.
  In merito a tale tematica non è stata accolta l'osservazione di cui numero 11) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera e l'analoga osservazione di cui numero 5) del parere della Commissione Finanze e tesoro del Senato che invitavano il Governo a valutare l'opportunità di introdurre meccanismi di aggiornamento periodico delle liste di Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, al fine di evitare il loro adeguamento tardivo rispetto all'entrata in vigore delle eventuali convenzioni internazionali che prevedano detto scambio informativo.
  Il Governo in proposito ha rilevato, tra l'altro, che l'inclusione o l'eliminazione da tali liste implica un esame anche della posizione e dell'attitudine di un determinato Stato nell'ambito delle sedi internazionali multilaterali, in cui è valutato il grado di trasparenza di ciascun Paese non soltanto dal punto di vista normativo-formalistico, ma anche della concreta applicazione nella prassi.
  L'impegno italiano a valutare positivamente l'esclusione di un determinato Paese dalle black list basate soltanto sul criterio dello scambio di informazioni costituisce elemento determinante per conseguire specifici risultati negoziali in ambito internazionale. Tale posizione, a parere del Governo, appare coerente con il sistema white list di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 239; inoltre, il Governo ritiene preferibile mantenere un margine di apprezzamento, che consenta di discernere tra Stati e soggetti potenziali acquirenti di titoli italiani ed altre situazioni in cui una generalizzata inclusione potrebbe favorire fenomeni di esterovestizione.
  Segnala come non sia stata inoltre accolta l'osservazione di cui al numero 12) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera sull'opportunità di chiarire l'espressione «adeguato scambio di informazioni» affinché sia svolto in conformità con quanto previsto dagli standard internazionali di trasparenza e, in particolare, richiamando l'articolo 26 del Modello OCSE e dal Modello di Tax Information Exchange Agreement dell'OCSE del 2002.
  Al riguardo la Relazione illustrativa allegata allo schema chiarisce che detta fonte internazionale risulta essere in continua evoluzione e tendente ad individuare criteri sempre più elevati (ad esempio l'introduzione di forme di scambio automatizzato).
  L'articolo 11 apporta modifiche al vigente regime fiscale del trasferimento intracomunitario di sede all'estero.
  Le norme consentono di sospendere l'applicazione della cosiddetta exit tax anche nel caso di trasferimento, da parte di un'impresa non residente nel territorio Pag. 104dello Stato, di una parte o della totalità degli attivi collegati ad una stabile organizzazione ed aventi ad oggetto un'azienda o un ramo d'azienda, verso altro Stato appartenente all'Unione Europea ovvero aderente all'Accordo sullo Spazio Economico.
  In merito ricorda che l'exit tax si applica alle imprese commerciali che trasferiscono la residenza all'estero; per tali soggetti, ove il trasferimento comporti la perdita della residenza in Italia ai fini delle imposte sui redditi, esso è tassato come realizzo, al valore normale dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale, salvo che gli stessi non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.
  Inoltre, per effetto di tali modifiche, la sospensione dell'exit tax si applica anche ai trasferimenti che conseguono indirettamente ad altre operazioni straordinarie (fusioni, scissioni e conferimenti), alle condizioni di legge.
  Al riguardo rileva come, attraverso una modifica del comma 1, lettera b), sia stata accolta l'osservazione di cui al numero 13) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera, precisando che il regime di exit tax opera anche con riferimento alle operazioni straordinarie realizzate con Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo.
  Sebbene in assenza di osservazioni sul punto da parte delle competenti Commissioni parlamentari, il Governo ha introdotto un comma 3 all'articolo 11, avente carattere interpretativo (e che riproduce l'ultima parte dell'articolo 11, comma 1, lettera a) dell'Atto n. 161), col quale viene confermato che la sospensione della exit tax – in conformità agli orientamenti della Corte di Giustizia – è prevista in caso di trasferimento di una parte o della totalità degli attivi, aventi ad oggetto un'azienda o un ramo d'azienda, da una stabile organizzazione in Italia di una società estera verso altro Stato della UE o appartenente allo SEE.
  Passa quindi a illustrare il contenuto dell'articolo 12 – non modificato rispetto allo schema di decreto originario – il quale regolamenta il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato da parte di soggetti non residenti che esercitano imprese commerciali, prevedendo regole diverse in base allo Stato di provenienza.
  Viene disposto che i soggetti provenienti da Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, ove si trasferiscano nel territorio dello Stato e acquisiscano la residenza ai fini delle imposte sui redditi, devono assumere quale valore fiscale delle attività e delle passività, il valore normale delle stesse.
  A meno di un accordo preventivo sul valore normale con l'Amministrazione finanziaria il valore fiscale delle attività e passività trasferite è pari, per le attività, al minore tra il costo di acquisto, il valore di bilancio e il valore normale, e al maggiore tra questi per le passività. Si demanda a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate l'individuazione delle modalità di segnalazione dei valori delle attività e delle passività oggetto di trasferimento.
  L'articolo 13 apporta modifiche al regime fiscale della deducibilità delle perdite sui crediti, allo scopo di prendere in considerazione anche gli accordi, previsti da legislazioni di Stati esteri, che siano analoghi a quelli disciplinati dalla legge italiana (segnatamente, dalla legge fallimentare) in materia di sovraindebitamento e risanamento dei debiti aziendali.
  Sono anzitutto modificati i criteri di individuazione delle sopravvenienze attive tassabili; viene in particolare stabilito che la rinuncia dei soci ai crediti è considerata sopravvenienza attiva solo per la parte che eccede il relativo valore fiscale. Fermo restando che non sono sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio, si equiparano a tali ipotesi anche le riduzioni effettuate in sede di procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni, o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell'associato in partecipazione.Pag. 105
  Segnala inoltre come le disposizioni operino una distinzione tra procedure di concordato fallimentare o preventivo liquidatorio (in cui la sopravvenienza attiva è del tutto detassata) e le procedure di concordato di risanamento, in cui non costituisce sopravvenienza attiva solo la parte che eccede le perdite, computate secondo i criteri di legge, e gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati.
  Accanto alle già esistenti ipotesi di deducibilità, le norme rendono deducibili le perdite su crediti risultanti da un piano di rientro dai debiti (attestato da un professionista e iscritto nel registro delle imprese, ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), della legge fallimentare) ovvero quelle rilevanti ove il debitore sia assoggettato a procedure estere equivalenti a quelle italiane, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni.
  Viene poi introdotta una specifica disciplina per i crediti di modesta entità e per quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti ovvero abbiano concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano attestato di risanamento.
  Nei predetti casi, le norme prescrivono che le perdite su crediti siano deducibili, sussistendone i requisiti di legge, nel periodo di imputazione in bilancio, anche ove l'imputazione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale (ovvero siano decorsi i sei mesi dalla scadenza del credito di modesta entità). La deduzione non è ammessa allorché l'imputazione a conto economico avvenga in un periodo successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla vera e propria cancellazione del credito dal bilancio.
  Sebbene non siano state formulate osservazioni da parte delle Commissioni parlamentari, lo schema di decreto (Atto n. 161-bis) introduce un apposito comma 3 all'articolo 13, in cui confluisce, con le opportune modifiche, la riformulazione dell'ultimo periodo del comma 5-bis dell'articolo 101 del TUIR proposta dall'originario schema di decreto (Atto n. 161).
  In particolare, viene chiarito che la mancata deduzione – in tutto o in parte – come perdite fiscali delle svalutazioni contabili dei crediti nell'esercizio in cui già sussistevano i requisiti per la deduzione non costituisce violazione del principio di competenza fiscale, a condizione che la deduzione avvenga non oltre il periodo d'imposta in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili, si sarebbe dovuto procedere alla vera e propria cancellazione del credito dal bilancio.
  Al riguardo segnala come la Relazione illustrativa allegata allo schema chiarisca che nella precedente formulazione la norma, trovando applicazione ex tunc, non avrebbe consentito di garantire il superamento delle incertezze interpretative presentatesi in relazione alla deducibilità fiscale delle perdite su crediti. Pertanto, al fine di non penalizzare i contribuenti che nei periodi d'imposta antecedenti all'entrata in vigore delle nuove norme non hanno posto in essere l'automatica trasformazione delle svalutazioni in perdite fiscali, nonché per garantire la parità di trattamento con le fattispecie rilevate successivamente all'entrata in vigore del provvedimento, si è ritenuto opportuno individuare un'univoca posizione interpretativa, traslando le disposizioni in un apposito comma (terzo comma dell'articolo 13 in esame) e attribuendo alla stesse l'espresso carattere di norma interpretativa.
  Infine, viene chiarito che la rinuncia dei soci ai crediti non è ammessa in deduzione nei limiti del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia.
  Inoltre, in accoglimento dell'osservazione di cui al numero 14) del parere della Commissione Finanze della Camera e di cui al numero 6) del parere reso dalla Commissione Finanze e tesoro del Senato è stata fissata una diversa decorrenza delle disposizioni contenute nelle norme in commento. Pag. 106
  In particolare:
   le norme contenute nel comma 1, alle lettere a), b) ed e) (modifiche alla disciplina delle sopravvenienze attive e alla valutazione fiscale dei versamenti fatti dai soci e della rinuncia ai crediti nei confronti della società da parte dei soci medesimi) si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto;
   le norme contenute nel comma 1, alle lettere c) e d) (disciplina dei crediti di modesta entità e di quelli vantati nei confronti di debitori assoggettati a procedure concorsuali e simili) si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente provvedimento.

  Passa quindi a illustrare l'articolo 14, il quale introduce la cosiddetta branch exemption, ossia la possibilità che in capo ad un'impresa residente nel territorio dello Stato non assumano rilevanza fiscale gli utili e le perdite realizzati dalle sue stabili organizzazioni all'estero, da determinarsi in ogni caso con i criteri di cui all'articolo 152 del TUIR ed a specifiche condizioni di legge.
  A tal fine viene introdotto nel TUIR un nuovo articolo 168-ter, che consente a un'impresa residente in Italia di esercitare l'opzione per esentare utili e perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all'estero; essa è irrevocabile ed è esercitata al momento di costituzione della stabile organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d'imposta.
  Se la stabile organizzazione è localizzata in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, l'opzione per la branch exemption si esercita, relativamente alle stabili organizzazioni site in detti territori, purché ricorrano le «esimenti» previste dalla legge.
  Al riguardo è stata accolta l'osservazione di cui al numero 15), quarto capoverso, primo alinea, del parere espresso dalla Commissione Finanze della Camera, relativa al regime transitorio, ossia alla possibilità per un'impresa di passare dal metodo del credito d'imposta a quello della branch exemption, senza che ciò determini l'emersione di plusvalenze latenti tassabili o minusvalenze latenti deducibili.
  Rileva come non siano state invece accolte le restanti parti dell'osservazione di cui al numero 15) del parere espresso dalla Commissione Finanze della Camera, in particolare con riferimento:
   all'opportunità di limitare la durata dell'opzione (primo capoverso), con facoltà di rinnovo, ovvero, ferma l'irrevocabilità dell'opzione, di preservare la facoltà di attribuire comunque una rilevanza alle perdite della stabile organizzazione, salvo l'obbligo di assoggettare a tassazione gli utili della medesima che dovessero manifestarsi successivamente, fino a concorrenza delle perdite di cui l'impresa abbia nel frattempo beneficiato.

  In proposito, il Governo afferma che l'esenzione adottata dagli Stati UE ritenuti più capital attractive (Paesi Bassi, Regno Unito) prevede l'esenzione degli utili e l'irrilevanza delle perdite realizzate all'estero dalla medesima stabile organizzazione; viene ritenuto che un sistema misto, basato sulla tassazione degli utili fino all'ammontare delle perdite dedotte nei periodi d'imposta precedenti da parte della casa madre, potrebbe complicare l'istituto, con inevitabili riflessi sull'accertamento. Una limitazione della durata, a parere del Governo, ingenererebbe confusione su quali valori fiscali attribuire alle attività e alle passività dei beni delle branch esenti per rientrare a far parte del sistema fiscale italiano. Analoghi problemi gestionali sarebbero ingenerati da un interpello ad hoc, volto ad individuare tali valori fiscali; la Relazione riferisce anche di possibili effetti elusivi collegati alla possibile uscita dal regime dell'esenzione, anche in mancanza di prassi internazionale cui ispirarsi;
   ad eventuali ulteriori chiarimenti sull'ambito applicativo della disciplina del transfer pricing nelle operazioni tra casa madre e stabile organizzazione estera (secondo capoverso, primo alinea).

Pag. 107

  In merito la relazione illustrativa allegata allo schema di decreto segnala come il Governo ritenga sufficiente quanto già previsto dalle norme in esame; in particolare, viene segnalato che l'applicazione del transfer pricing è sufficientemente chiarita dal comma 10, che ne prevede l'applicazione alle transazioni tra la casa madre e la branch esente, nonché tra quest'ultima e le altre imprese del medesimo gruppo;
   all'eventuale eliminazione della previsione (di cui al comma 4 dell'articolo 14), che prevede l'applicazione del regime CFC per le stabili organizzazioni di black list in capo alle imprese italiane che abbiano adottato la branch exemption per le altre stabili organizzazioni (secondo capoverso, primo alinea, dell'osservazione).

  In merito segnala come la relazione illustrativa affermi che l'esclusione dalla disciplina CFC delle stabili organizzazioni localizzate in Stati o territori black list fa venir meno il principio all in, all out, adottato dal Regno Unito, dove la branch exemption è su opzione, nonché dalla Francia e dai Paesi Bassi, dove è l'unico metodo di tassazione del reddito delle stabili organizzazioni estere. Tale principio risponde a chiare finalità antielusive in quanto volto a contrastare spostamenti di base imponibile tra branches esenti e non. Al riguardo ricorda che nel Regno Unito non è ammessa la possibilità di esercitare la branch exemption quando un'impresa ha una o più stabili organizzazioni localizzate in uno Stato con un livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello inglese. Tale rigidità non è rinvenibile nella branch exemption italiana: la stabile organizzazione black list che non supera una delle esimenti previste dalla disciplina CFC è tassata in via separata, ma non impedisce all'impresa l'esercizio dell'opzione;
   all'eliminazione del meccanismo di monitoraggio degli utili, di cui al comma 5, escludendo dall'opzione per l'esenzione le stabili organizzazioni di Paesi black list a regime fiscale privilegiato in ragione del livello di tassazione o di scambio informativo o per altri criteri, ovvero, alternativamente, ammettere tali stabili organizzazioni nel regime di esenzione, senza però obbligare le imprese a porre in essere tale meccanismo di monitoraggio (terzo capoverso dell'osservazione).

  Al riguardo, la relazione illustrativa afferma che la tassazione integrale degli stessi in capo ai soci dell'impresa italiana di fatto favorisce il loro reinvestimento nell'impresa, che ovviamente distribuirebbe ai soci solo gli utili di Paesi white list. In caso di distribuzione, gli utili provenienti dalle stabili black list sarebbero tassati in via integrale solo in capo ai soci di controllo e con riconoscimento del credito d'imposta indiretto. I soci non di controllo godrebbero della participation exemption, con attenuazione del rischio di doppia imposizione;
   per quanto riguarda il regime transitorio, all'opportunità di chiarire che il maggior periodo di tempo per esercitare l'opzione concesso alle imprese che abbiano già delle stabili organizzazioni all'estero al momento di entrata in vigore delle nuove disposizioni sia riconosciuto a tutte le imprese, anche nei casi di costituzione di nuovi stabili organizzazioni in detto periodo di tempo (quarto capoverso, secondo alinea).

  In merito la relazione illustrativa ritiene che non siano assimilabili, ai fini del tempo concesso per l'esercizio delle opzioni, le posizioni delle imprese che già abbiano o che costituiranno per la prima volta stabili organizzazioni all'estero.
  Segnala inoltre come, anche in assenza di rilievi da parte delle Commissioni parlamentari competenti, il contenuto del comma 11 dell'articolo 168-ter del TUIR (come introdotto dall'articolo 14 dell'Atto n. 161) è stato trasfuso nell'articolo 14, comma 4 dello schema di decreto (Atto n. 161-bis); in tal modo viene riconosciuto al contribuente la possibilità di interpellare l'Agenzia delle entrate in merito all'esistenza di una sua stabile organizzazione Pag. 108estera e, altresì, con un'innovazione rispetto al testo originario dello schema (Atto n. 161), anche in merito alla spettanza del credito d'imposta per redditi prodotti all'estero di cui all'articolo 165 TUIR, come modificato dall'articolo 15 dello schema stesso.
  Illustra quindi l'articolo 15, il quale apporta alcune modifiche al regime del credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero, allo scopo di estendere a tutti i contribuenti le disposizioni attualmente riservate ai redditi d'impresa prodotti all'estero tramite una stabile organizzazione.
  Di conseguenza, si amplia l'ambito operativo delle norme concernenti:
   la detraibilità delle imposte estere nel periodo in cui il reddito estero concorre al reddito complessivo in Italia, purché le medesime imposte estere siano state pagate a titolo definitivo entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d'imposta successivo;
   la possibilità di riporto in avanti ed indietro delle eccedenze di imposta estera rispetto all'imposta italiana.

  In particolare, è prevista un'estensione soggettiva a tutti i contribuenti del credito d'imposta ivi previsto, che non viene dunque più limitato al reddito d'impresa prodotto, da imprese residenti, in un Paese estero. Dà quindi diritto all'agevolazione l'aver pagato un'imposta estera a titolo definitivo su redditi prodotti all'estero.
  In merito a tale tematica sono state accolte le osservazioni di analogo tenore di cui al numero 16) del parere approvato dalla Commissione Finanze della Camera e di cui al numero 7) del parere reso dalla Commissione Finanze e tesoro del Senato: è stata quindi riformulata la lettera b) del comma 1 dell'articolo, chiarendo che il credito d'imposta sorge in relazione all'imposta estera pagata, a titolo definitivo, sui redditi prodotti nello stesso Stato estero eccedente la quota d'imposta italiana relativa ai medesimi redditi esteri, così ripristinando la cosiddetta per country limitation (ovvero il criterio secondo cui il calcolo del credito per le imposte pagate all'estero deve essere effettuato separatamente per ciascuno Stato in cui sono state pagate imposte, per il reddito ivi prodotto).
  In accoglimento dell'osservazione di cui al numero 1) del parere reso dalla Commissione Finanze della Camera, con la quale si sollecitava il Governo a disciplinare istituti che, nella materia della fiscalità internazionale, da tempo attendono una regolamentazione, quali ad esempio, quello dell'attrazione in Italia di capitale umano qualificato necessario all'internazionalizzazione delle imprese che operano in Italia, è stato introdotto nel testo un nuovo articolo 16.
  In particolare, tale l'articolo introduce una disposizione fiscale di favore avente carattere temporaneo: i lavoratori che rivestono una qualifica per la quale sia richiesta alta qualificazione o specializzazione e siano in possesso del titolo di laurea e che, non essendo stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti, trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato, il reddito di lavoro dipendente ivi prodotto concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al settanta per cento del suo ammontare. L'attività lavorativa va prestata prevalentemente nel territorio italiano, deve essere svolta presso un'impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa.
  La disposizione demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la determinazione della disciplina attuativa anche relativamente alle disposizioni di coordinamento con le altre norme agevolative vigenti in materia, nonché relativamente alle cause di decadenza dal beneficio.
  Al riguardo rammenta che analoghe finalità sono attualmente perseguite dalla legge 238 del 2010, la quale prevede incentivi fiscali per i cittadini dell'Unione europea che hanno risieduto continuativamente Pag. 109per almeno ventiquattro mesi in Italia, che studiano, lavorano o che hanno conseguito una specializzazione post lauream all'estero e che decidono di fare rientro in Italia, sotto forma di minore imponibilità del reddito. Di recente (per effetto dell'articolo 10, comma 12-octies del decreto-legge, n. 192 del 2014) la durata dei predetti benefici fiscali è stata prorogata fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2017, in favore dei cittadini UE in possesso, dalla data del 20 gennaio 2009, di specifici requisiti di legge.
  Inoltre l'articolo 1, comma 14, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) ha prolungato da due a tre i periodi d'imposta nei quali si applicano le agevolazioni fiscali in favore di docenti e ricercatori che rientrano in Italia, e da cinque a sette anni solari il periodo utile per il rientro ai fini della fruizione delle agevolazioni.
  In merito rileva l'opportunità di coordinare la nuova disposizione con la disciplina vigente appena illustrata, eventualmente riconducendo la disciplina delle agevolazioni fiscali per il rimpatrio dei lavoratori in un unico testo normativo.
  L'articolo 17 (in precedenza articolo 16) non risulta modificato rispetto all'originaria formulazione dello schema di decreto (Atto n. 161) e reca la stima delle minori entrate derivanti dal provvedimento, pari a 99,3 milioni di euro per il 2016 e 28 milioni per il 2017 e 40,7 milioni di euro a decorrere dal 2018.
  A tali oneri si provvede mediante riduzione dell'apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (di cui all'articolo 16 della legge delega, n. 23 del 2014) volto a compensare eventuali nuovi o maggiori oneri introdotti da altri decreti di attuazione della delega fiscale.
  Si riserva quindi di formulare una proposta di parere, auspicando che possa essere votata in tempi brevi.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), intervenendo sull'organizzazione dei lavori del provvedimento, auspica che il voto sulla proposta di parere sull'atto del Governo n. 161-bis possa aver luogo nel corso della prossima settimana.

  Maurizio BERNARDO, presidente, pur dichiarandosi disponibile rispetto all'auspicio avanzato dal deputato Villarosa, ritiene opportuno, in considerazione dei molti impegni della Commissione, che il relatore formuli nella giornata di oggi la sua proposta di parere, la quale sarà trasmessa ai componenti della Commissione.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame a una seduta da convocare per la giornata di domani.

Schema di decreto legislativo in materia di trasmissione telematiche delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici.
Atto n. 162-bis.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato nella seduta del 28 luglio scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, ricorda come nella seduta precedente il relatore abbia illustrato il provvedimento e abbia altresì formulato una proposta di parere favorevole su di esso (vedi allegato 1).

  Girolamo PISANO (M5S), rileva innanzitutto come, nell'ambito della seconda deliberazione sullo schema di decreto, il Governo abbia recepito alcune delle osservazioni contenute nel parere espresso dalla Commissione in data 18 giugno 2015 in modo molto sintetico, evitando di affrontare il tema molto rilevante relativo alla necessità di garantire un forte sostegno tecnologico pubblico e gratuito a favore dei soggetti aderenti a regime di fatturazione elettronica, fornendo loro gli strumenti necessari. Pag. 110
  In tale ambito ricorda che il Governo ha deciso di demandare a organi tecnici da istituire all'interno dell'Amministrazione finanziaria l'elaborazione della disciplina di attuazione di tali misure. Nel ribadire come tali aspetti rivestano grande rilevanza per la realizzazione di un passaggio agevole al sistema di fatturazione elettronica per i contribuenti interessati, ritiene fosse invece essenziale disciplinare la materia all'interno dello schema di decreto.
  Rileva inoltre come il Governo non abbia accolto l'osservazione di cui alla lettera h) del parere approvato dalla Commissione sull'atto approvato in prima deliberazione, la quale chiedeva di chiarire il meccanismo di applicazione del sistema in presenza di fornitori che inviano le fatture in modalità cartacea. A tale proposito ritiene che la soluzione adottata dal Governo imponga eccessivi oneri ai soggetti aderenti al nuovo sistema, prevedendo che essi debbano trasmettere le fatture sia in via telematica allo SDI, sia in forma cartacea ai soggetti non aderenti. Sottolinea come sarebbe stato invece opportuno imporre la sola trasmissione in via telematica delle fatture, prevedendo che la gestione del rapporto con il fornitore che utilizza il tradizionale sistema di fatturazione fosse esclusivamente a carico dello SDI.
  Conferma quindi la proposta di parere favorevole con osservazioni presentata dal suo gruppo, mentre preannuncia l'astensione sulla proposta di parere del relatore.

  Daniele PESCO (M5S) esprime il proprio rammarico per il mancato accoglimento dell'osservazione di cui alla lettera l) del parere approvato dalla Commissione il 18 giugno scorso, la quale proponeva di anticipare il termine, attualmente fissato al 1o gennaio 2017, dell'abrogazione delle disposizioni che prevedono la possibilità, per le aziende della grande distribuzione commerciale, di trasmettere giornalmente all'Agenzia delle entrate i corrispettivi in via telematica sostituendo in tal modo gli obblighi di certificazione fiscale.
  Evidenzia infatti come tale sistema rechi con sé un grande rischio di evasione fiscale e di trasmissione di dati fiscali «inquinati» da parte delle imprese della grande distribuzione, le quali sfuggono ad adeguati controlli e accertamenti sui corrispettivi dichiarati.
  Preannuncia quindi una proposta di legge del suo gruppo su tale tematica.
  Rileva altresì come non sia stata accolta l'ulteriore osservazione, contenuta alla lettera c) del parere espresso dalla Commissione, in cui si segnalava l'opportunità di introdurre l'obbligo di invio telematico all'Agenzia delle entrate dei dati delle fatture, in coincidenza con i termini di liquidazione periodica dell'IVA. In tale ambito propone al Governo di predisporre un nuovo modello per gli adempimenti fiscali a carico delle piccole imprese e delle start-up innovative, prevedendo sconti e agevolazioni fiscali per i soggetti che vi aderiscano.

  Giovanni PAGLIA (SEL) ricorda innanzitutto che la sua astensione sull'originario schema di decreto era motivata dalla volontà di attendere la seconda deliberazione, per valutarne il testo definitivo. In tale ambito prende atto del mancato recepimento da parte del Governo di numerose indicazioni fornite dalle Commissioni Finanze della Camera e del Senato in occasione dell'espressione dei pareri sulla prima versione dello schema di decreto, in particolare per quanto riguarda misure volte a contrastare l'evasione fiscale.
  Esprime quindi il suo giudizio fortemente negativo sul complesso del provvedimento e preannuncia il voto contrario del suo gruppo sulla proposta di parere del relatore.

  Il Viceministro Luigi CASERO condivide la centralità di molti dei temi posti, sottolineando come il nuovo sistema di trasmissione telematica delle operazioni IVA comporti la necessità di individuare idonee soluzioni tecniche che ne rendano agevole l'utilizzo per le imprese. In tale quadro evidenzia come sia previsto un periodo di circa 18 mesi, durante i quali il nuovo sistema sarà monitorato, al fine di valutare l'esigenza di correttivi e miglioramenti. Al riguardo ricorda che sarà Pag. 111possibile intervenire su questi aspetti nell'ambito dei decreti correttivi che si rendessero eventualmente necessari.

  Michele PELILLO (PD) ricorda innanzitutto che lo schema di decreto si collega alle disposizioni introdotte con il decreto legislativo n. 175 del 2014, recante norme sulla semplificazione fiscale e la dichiarazione dei redditi precompilata, nell'ottica di una progressiva semplificazione dei rapporti tra fisco e contribuenti. Al riguardo fa presente come, in base ai dati resi pubblici sugli organi di stampa relativi all'utilizzo di tale nuovo sistema, risulti che, su oltre 20 milioni di dichiarazioni precompilate dall'Agenzia delle entrate, sono stati inviati tramite intermediari o in fai da te 19 milioni di modelli (il 93 per cento del totale), mentre il 7 per cento dei contribuenti ha scelto di trasmettere la propria dichiarazione in totale autonomia.

  La Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente.
Atto n. 163-bis.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole con osservazione).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato nella seduta del 28 luglio scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, ricorda come nella precedente seduta di esame del provvedimento il relatore, Pelillo, aveva formulato una proposta di parere favorevole.

  Michele PELILLO (PD), relatore, ritiene opportuno riformulare la propria proposta di parere (vedi allegato 2) inserendovi un'osservazione volta a sottoporre al Governo l'opportunità di correggere quello che appare un errore materiale nella formulazione dell'articolo 2, comma 4, dello schema, sostituendo il riferimento al comma 2 dell'articolo 5-quinquies del decreto-legge n. 167 del 1990 con il riferimento al comma 1 del medesimo articolo 5-quinquies.

  Daniele PESCO (M5S) dichiara il voto contrario del proprio gruppo sulla proposta di parere del relatore, esprimendo altresì una valutazione negativa sullo schema di decreto, il quale appare viziato da un eccesso di delega.
  Sottolinea, infatti, come sebbene la normativa di delega di cui alla legge n. 23 del 2014 non faccia alcun riferimento alla disciplina sulla voluntary disclosure, lo schema di decreto, all'articolo 2, comma 4, intervenga direttamente su tale ultima disciplina, facendo rientrare nell'ambito della procedura di collaborazione volontaria, al fine di escludere i profili penali, gli imponibili, le imposte e le ritenute correlate alle attività dichiarate tramite la voluntary disclosure per i quali è scaduto il termine di accertamento. In tal modo la norma evita che l'autodenuncia da parte del soggetto che si avvale della collaborazione volontaria, potendo far emergere fatti penalmente rilevanti anteriori al 2010, determini la sua perseguibilità penale.

  Giovanni PAGLIA (SEL) dichiara la contrarietà del proprio gruppo rispetto al contenuto dello schema di decreto legislativo, esprimendo il proprio dissenso rispetto a ogni depenalizzazione dell'elusione fiscale. In tale contesto considera in particolare scorretto che il provvedimento intervenga sulla disciplina relativa alla voluntary disclosure, evidenziando come tale strumento, il quale finora si è rivelato un completo fallimento, stia assumendo sempre più le caratteristiche di un vero e proprio condono fiscale, molto simile alla disciplina sullo scudo fiscale introdotta dai governi di centrodestra. Tale orientamento appare ancor più evidente alla luce dell'ipotesi, ventilata in questi giorni, di prorogare il termine di presentazione delle istanze per accedere alla voluntary disclosure.

Pag. 112

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) esprime una valutazione fortemente negativa sulle previsioni dello schema di decreto, le quali comporterebbero un sostanziale condono per alcuni gravi reati tributari. A tale proposito si richiama alle considerazioni espresse dal Procuratore aggiunto presso la Procura di Milano, Francesco Greco, il quale ha evidenziato in particolare come le modifiche alla disciplina del raddoppio dei termini per l'accertamento di cui all'articolo 2, rischi di vanificare oltre 4 miliardi di entrate erariali.

  Giovanni SANGA (PD) sottolinea come il riferimento alla disciplina della voluntary disclosure recato dall'articolo 2, comma 4, dello schema di decreto, non modifichi in alcun modo l'impianto complessivo della disciplina sulla stessa voluntary, la quale non ha alcuna finalità condonistica e risulta pienamente congruente con i modelli di collaborazione volontaria adottati dall'OCSE. Sottolinea quindi come, fin dalla prima fase di applicazione della richiamata normativa sulla voluntary, si fosse evidenziata l'esigenza di coordinare le norme in materia con quelle relative al raddoppio dei termini di accertamento. In tale contesto l'articolo 2, comma 4, dello schema di decreto in esame, risolve opportunamente tale questione.

  Maurizio BERNARDO, presidente, condivide le considerazioni espresse dal deputato Sanga.

  Il Viceministro Luigi CASERO, in riferimento alle considerazioni del deputato Villarosa, evidenzia come la problematica relativa all'applicazione delle nuove norme sulla disciplina del raddoppio dei termini per l'accertamento, evidenziate nel parere approvato dalla Commissione Finanze sulla prima versione dello schema di decreto trasmessa dal Governo, siano state risolte, specificando, al comma 3 del predetto articolo 2, che sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento dei provvedimenti di irrogazione di sanzioni amministrative tributarie, già notificati alla data di entrata in vigore del decreto, nonché degli inviti a comparire e dei processi verbali di constatazione di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro la stessa data.
  Per quanto riguarda invece il tema della voluntary disclosure, sottolinea come quest'ultima disciplina non riguardi il reato di riciclaggio, né tutti gli altri reati non fiscali.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore, come riformulata.

Schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina dell'organizzazione delle Agenzie fiscali.
Atto n. 181.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato, da ultimo, nella seduta del 7 luglio scorso.

  Marco CAUSI (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 3), che illustra brevemente.
  In particolare evidenzia come le osservazioni contenute nella proposta chiedano di rivedere in parte l'approccio dello schema di decreto, che appare al momento esclusivamente orientato a finalità di spending review, sollecitando invece, alla lettera b), a rivedere lo schema organizzativo delle agenzie fiscali, in modo da riconoscere le posizioni organizzative di livello non dirigenziale relative a responsabilità specialistiche. Inoltre la lettera e) delle osservazioni segnala l'esigenza di consentire ai dirigenti delle agenzie fiscali di delegare le funzioni relative agli uffici di cui abbiano assunto la direzione interinale e i connessi poteri di adozione di atti, a funzionari della terza area provvisti di esperienza almeno quinquennale della stessa area.Pag. 113
  La lettera d) richiede altresì che i concorsi previsti dall'articolo 2, comma 1, dello schema di decreto, per la copertura di posti dirigenziali, prevedano, oltre alla valutazione per esami dei candidati, anche una valutazione dei relativi curricula, al fine di tenere conto della loro esperienza lavorativa.

  Daniele PESCO (M5S) sottolinea la delicatezza delle questioni affrontate dallo schema di decreto, il quale dovrebbe incidere sull'efficacia dell'attività svolta dalle agenzie fiscali. A tale proposito sottolinea come finora sia stata premiata più la quantità che non la qualità degli accertamenti svolti dalle agenzie, attribuendo in tal modo maggiori riconoscimenti a quei funzionari che hanno in alcuni casi accresciuto l'ammontare degli stessi accertamenti, anche al di là di quanto sarebbe stato fondato.
  Con riferimento all'osservazione di cui alla lettera d) della proposta di parere formulata dal relatore, che chiede di valutare, ai fini dei concorsi dirigenziali, anche i curricula dei candidati, sottolinea come tale sistema rischi di favorire proprio quelle persone che hanno rivestito finora posizioni dirigenziali, recentemente dichiarato illegittime dalla Corte costituzionale.

  Giovanni PAGLIA (SEL) sottolinea l'esigenza di evitare di introdurre previsioni sull'attribuzione degli incarichi dirigenziali presso le agenzie fiscali che potrebbero esporsi a ulteriori censure di illegittimità, rinnovando in tal modo il problema aperto dalla recente sentenza della Corte costituzionale da cui è discesa la decadenza di numerose posizioni dirigenziali attribuite all'interno delle medesime agenzie.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame a una seduta da convocare nella giornata di domani.

Schema di decreto legislativo recante norme in materia di stima e monitoraggio dell'evasione fiscale e in materia di monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale.
Atto n. 182.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato, da ultimo, nella seduta del 7 luglio scorso.

  Marco DI MAIO (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole con alcune osservazioni (vedi allegato 4).

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame a una seduta da convocare nella giornata di domani.

Schema di decreto legislativo recante misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione.
Atto n. 185.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'8 luglio scorso.

  Paolo PETRINI (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole con alcune osservazioni (vedi allegato 5).

  Daniele PESCO (M5S) sottolinea la necessità di eliminare il più possibile tutte quelle previsioni che possono frapporre impropriamente ostacoli rispetto alla possibilità, per i contribuenti, di presentare ricorsi nei confronti di Equitalia.
  Sottolinea inoltre la necessità di eliminare la previsione di cui all'articolo 13, comma 5, il quale ripristina la norma secondo la quale gli interessi di mora si Pag. 114producono anche con riferimento alle sanzioni pecuniarie tributarie e agli interessi, reintroducendo in tal modo il meccanismo di anatocismo.

  Michele PELILLO (PD), intervenendo sull'ordine dei lavori, sottolinea l'esigenza di assicurare il massimo spazio ai lavori della Commissione per l'esame degli schemi di decreto di attuazione della delega fiscale. In particolare, rileva come, nella giornata di domani, sia previsto un tempo eccessivamente breve per il seguito dell'esame degli schemi di decreto n. 183 e 184, in congiunta con la Commissione Giustizia. A tale riguardo suggerisce l'opportunità di ricavare maggiori spazi nella seduta di domani, rinviando ad altra seduta lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno. Sottolinea, infatti, come non sia possibile trattare temi tanto ampi e delicati quali quelli affrontati dai predetti schemi di decreto nello spazio di pochi minuti.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), con riferimento alla proposta avanzata dal deputato Pelillo, sottolinea come l'accavallarsi di numerosi schemi di decreto attuativi della delega fiscale in un ambito temporale eccessivamente breve sia dovuto esclusivamente alla responsabilità del Governo. In tale contesto non ritiene opportuno rinviare lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno della seduta di domani, ricordando che per due settimane l'Esecutivo ha chiesto di rinviarne lo svolgimento, nonostante che alcuni di tali atti di sindacato ispettivo, tra cui uno a sua prima firma, investano questioni molto urgenti.

  Daniele PESCO (M5S) sottolinea l'esigenza che i relatori trasmettano al più presto ai componenti delle Commissioni II e VI le loro proposte di parere sugli atti di Governo n. 183 e n. 184

  Giovanni PAGLIA (SEL) ritiene che l'organizzazione dei lavori della Commissione debba attribuire più spazio, in questi ultimi giorni prima dell'aggiornamento dei lavori parlamentari per il periodo estivo, ai provvedimenti più urgenti all'esame della Commissione, costituiti dagli schemi di decreto legislativo di attuazione della delega fiscale. A tal fine sottolinea l'esigenza di riconsiderare, assieme con la Commissione Attività produttive, le modalità di esame del disegno di legge C. 3012, rispetto al quale appare del tutto ingiustificata ogni accelerazione.

  Maurizio BERNARDO, presidente, prende atto dei rilievi emersi nel corso del dibattito, rilevando la necessità di contemperare le esigenze di approfondimento dei singoli provvedimenti con i tempi a disposizione della Commissione. Auspica quindi che nel corso della seduta di domani sia possibile procedere alla votazione delle proposte di parere, presentate oggi dai relatori, sugli atti n. 181, n. 182 e n. 185.
  Per quanto riguarda invece l'organizzazione dei lavori sul disegno di legge C. 3012, evidenzia come essa dovrà essere definita in congiunta con la Commissione Attività produttive.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame a una seduta da convocare nella seduta di domani.

  La seduta termina alle 14.55.

RISOLUZIONI

  Mercoledì 29 luglio 2015. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO.

  La seduta comincia alle 14.55.

7-00746 Pagano: Estensione della platea dei soggetti sui si applicano gli incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia.
(Discussione e rinvio).

  La Commissione inizia la discussione della risoluzione.

Pag. 115

  Alessandro PAGANO (AP) illustra il proprio atto di indirizzo, il quale richiama il contenuto della sua risoluzione in Commissione n. 7-00452, con la quale ha già posto il tema di introdurre uno strumento legislativo innovativo, attraverso lo strumento degli sgravi fiscali, per incentivare il ritorno di forza lavoro altamente qualificata, basata sulle aspettative di lavoro e carriera di giovani cittadini italiani nati dopo il 1o gennaio 1969, i quali, avendo trascorso continuativamente un periodo di lavoro o di studio all'estero, decidano di fare rientro in Italia.
  A tale riguardo rileva innanzitutto come rimangano tuttora valide le considerazioni e le statistiche riportate nella predetta risoluzione, relative alla perdita di competenze causate dall'esodo di laureati, nota come «fuga dei cervelli», e alla perdita economica che ne consegue; tali elementi di fatto costituiscono la motivazione essenziale a fondamento delle norme della n. 238 del 2010 recante «incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia» e dei relativi decreti attuativi emanati il 7 giugno 2011.
  In tale contesto è infatti necessario prorogare, migliorare e rendere permanenti le disposizioni della legge n. 238 del 2010 e i relativi decreti attuativi, sopra citati, ed estendere l'effetto di tale normativa sulla base del merito e del valore dei risultati conseguiti all'estero a quei cittadini italiani che si siano distinti in ambito scientifico, tecnico-gestionale e progettuale; ritiene inoltre necessario promuovere il rientro di capitali per la ricerca, lo sviluppo o l'imprenditoria assegnati o assegnabili a cittadini italiani residenti all'estero che si siano particolarmente distinti in ambito professionale e/o scientifico.
  In tale contesto la risoluzione impegna il Governo ad assumere iniziative per estendere il beneficio dell'incentivazione fiscale sopra descritta anche oltre i termini di età previamente individuati (nati dopo il 1o gennaio 1969) a quei cittadini che abbiano maturato particolari distinzione nel settore tecnico-scientifico-gestionale.
  In particolare, ritiene che tale beneficio fiscale vada esteso alle seguenti categorie di soggetti:
   a) cittadini italiani che abbiano ottenuto naturalizzazione presso un'altra nazione sulla base del valore scientifico raggiunto (ad esempio ottenimento della Carta verde USA nella categoria di «visa waiver based on research of national interest» e simile categoria in altri paesi stranieri), pur mantenendo la cittadinanza italiana;
   b) cittadini italiani che siano autori o coautori di un numero non inferiore a cinque pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali di tipo «peer reviewed» (ovvero che includano un processo di selezione e accettazione del lavoro scientifico proposto per la pubblicazione da parte di comitato scientifico) con un impact factor (IF) complessivo medio non inferiore a 3.5 (con IF calcolato per l'anno di pubblicazione); tali pubblicazioni possono essere state prodotte sia prima sia dopo avere lasciato l'Italia per proseguire la carriera all'estero, purché i cittadini abbiano continuato a praticare all'estero l'attività per cui hanno ricevuto il training originale per almeno due anni continuativi;
   c) cittadini italiani con residenza estera i quali siano stati vincitori di bandi di finanziamento per la ricerca scientifica all'estero o siano stati parte integrante di un team di ricerca estero a cui sia conferito un finanziamento di ricerca che abbia impegnato lo stesso in attività di ricerca «full time» per un periodo non inferiore ai due anni;
   d) cittadini italiani che siano destinatari di finanziamenti per progetti di ricerca e sviluppo trasferibili nella nazione di origine, in presenza di un ente accademico ospitante in Italia che ne garantisca la continuità di attività sulla base di infrastrutture per la ricerca comparabili a quelle che hanno determinato il conferimento del finanziamento originale;
   e) cittadini italiani che abbiano lavorato all'estero per almeno due anni consecutivi Pag. 116nel settore privato a livello gestionale (senior scientist, group leader, project manager, scientific director) in un campo affine a quello di formazione accademica e che possano fornire due referenze da parte di esperti nel settore (ovvero di professionisti italiani o stranieri che posseggano uno dei requisiti delle classi qui riportati), i quali attestino per iscritto la conoscenza e ne testimonino l'eccellenza personale del referenziato da almeno due a professionale;
   f) cittadini italiani residenti all'estero che siano detentori di brevetti nazionali o internazionali;
   g) cittadini italiani residenti all'estero che siano stati insigniti di onori al merito per ragioni scientifiche o professionali da parte di organizzazioni internazionali, albi professionali stranieri o agenzie di assegnazione fondi per la ricerca, dotati di comitati scientifici per la selezione dei vincitori riconosciuti nel settore professionale di specializzazione;
   h) cittadini italiani residenti all'estero che abbiano ricevuto una nomina per il premio Nobel da parte del comitato organizzatore, indipendentemente dal suo conseguimento, o che abbiano conseguito premi o riconoscimenti di analogo rilievo e prestigio, e che esprimano interesse nel ritorno in patria, purché siano integrati in programmi formativi in istituzioni accademiche interessate a conferire titoli di professore emerito o di lecturer nell'area di distinzione accademica.

  Rileva altresì come l'atto di indirizzo, proponendo l'estensione di benefici fiscali a soggetti i quali attualmente non svolgono la loro attività in Italia, determini esclusivamente ricadute positive in termini di gettito.
  Nell'auspicare, quindi, la più ampia condivisione da parte di tutti i gruppi sulla sua risoluzione, evidenzia come essa sia volta a colmare le gravi lacune dell'ordinamento attraverso uno strumento legislativo innovativo e fortemente incentivante per il ritorno di forza lavoro altamente qualificata nel Paese.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito della discussione ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.05.

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