SEDE REFERENTE
Martedì 19 maggio 2015. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il viceministro della giustizia Enrico Costa.
La seduta comincia alle 14.15.
Disposizioni per la protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell'interesse pubblico.
C. 1751 Businarolo.
(Esame e rinvio).
Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento in oggetto.
Francesca BUSINAROLO (M5S), relatore per la II Commissione, osserva che finalmente, dopo due anni dall'inizio di questa legislatura, inizia l'esame della proposta di legge su un fenomeno che è ancora poco noto in Italia, il cd. «whistleblowing», termine di origine anglosassone che, pur non avendo una traduzione in lingua italiana, letteralmente significa «soffiare nel fischietto» e con cui sostanzialmente si indica la segnalazione di un illecito, riscontrato in ambito lavorativo, contro l'interesse pubblico.
Denunciare un illecito dovrebbe costituire un dovere civico per ogni cittadino, prima ancora che un diritto. Si tratta di una pratica di civiltà e di rispetto per la legalità che è molto diffusa all'estero, soprattutto nei Paesi anglosassoni e scandinavi e che invece in Italia non soltanto resta ancora poco conosciuta ma spesso trova anche forti opposizioni.
Il whistleblowing nasce negli anni Novanta come una best practice di poche aziende virtuose, ma è soltanto da poco tempo che è stato riconosciuto quale importante strumento giuridico per combattere e prevenire comportamenti illeciti o irregolari perpetrati all'interno di istituzioni ed imprese. Si tratta soprattutto di uno strumento di particolare rilevanza nell'ambito di una effettiva ed efficace lotta alla corruzione. Alla base dell'esigenza di un intervento legislativo vi è la constatazione che chi denuncia casi di corruzione non soltanto non è protetto, ma rischia lavoro e futuro.
Il ritardo da parte del legislatore ad intervenire in materia (la proposta di legge è stata presentata il 30 ottobre 2013) è sottolineato non soltanto dai sempre più numerosi casi di vessazioni nell'ambito dei rapporti di lavoro ai danni dei dipendenti che denunciano illeciti relativi a quello Pag. 4stesso ambito, ma anche dall'autorità Nazionale anticorruzione che il 28 aprile 2015 ha adottato le «Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (cd. «whistleblower»), pubblicate il 14 maggio 2015 nella Gazzetta Ufficiale.
Tanto per comprendere le dimensioni del fenomeno si segnala che in due mesi di operatività sono già quaranta le segnalazioni alla piattaforma di whistleblowing «Alac-Allerta Anticorruzione» realizzata da Transparency International Italia. Si tratta di una struttura informatica aperta e raggiungibile da tutti quelli che vogliono denunciare episodi di corruzione.
Per quanto concerne le Linee guida l'obiettivo è di offrire agli enti pubblici italiani una disciplina applicativa delle disposizioni di principio introdotte dalla legge n. 190/2012 volte ad incoraggiare i dipendenti pubblici a denunciare gli illeciti di cui vengano a conoscenza nell'ambito del rapporto di lavoro, «contemporaneamente garantendo ad essi – che coraggiosamente e con senso civico si espongono in prima persona – la tutela della riservatezza e la protezione contro eventuali forme di ritorsione che si possano verificare sempre in ambito lavorativo».
Come è ricordato nel documento dell'ANAC, l'introduzione nell'ordinamento nazionale di un'adeguata tutela del dipendente (pubblico e privato) che segnala condotte illecite dall'interno dell'ambiente di lavoro è prevista in convenzioni internazionali (ONU, OCSE, Consiglio d'Europa) ratificate dall'Italia, oltre che con raccomandazioni dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, talvolta in modo vincolante, altre volte sotto forma di invito ad adempiere. La legge 6 novembre 2012, n. 190 (recante «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione») ha recepito tali sollecitazioni, sia pure limitatamente all'ambito della pubblica amministrazione, con la disposizione dell'articolo 1, comma 51, che introduce l'articolo 54-bis nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»), prevedendo che: «Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del Codice Civile, il pubblico dipendente che denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei Conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia». La stessa norma disciplina poi, nei successivi commi, il tendenziale divieto di rivelazione del nome del segnalante nei procedimenti disciplinari, il controllo che il Dipartimento della Funzione Pubblica deve esercitare su eventuali procedimenti disciplinari discriminatori, la sottrazione delle segnalazioni dal diritto di accesso di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (recante «Nuove norme sul procedimento amministrativo»). Sempre nelle Linee guida dell'A.N.A.C. si legge che la disposizione richiamata delinea esclusivamente una protezione generale e astratta; essa per più versi deve essere completata con concrete misure di tutela del dipendente, il quale – per effettuare la propria segnalazione – deve poter fare affidamento su una protezione effettiva ed efficace che gli eviti una esposizione a misure discriminatorie. Si segnala inoltre che l'attuale Piano nazionale anticorruzione (PNA), al paragrafo 3.1.11, riconduce espressamente la tutela del dipendente che segnala condotte illecite tra le azioni e le misure generali finalizzate alla prevenzione della corruzione, in particolare fra quelle obbligatorie in quanto disciplinate direttamente dalla legge che, quindi, le amministrazioni pubbliche devono porre in essere ed attuare. Nello specifico, il Piano prevede che le Pubbliche Amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001 siano tenute ad adottare i necessari accorgimenti tecnici per dare attuazione alla tutela del dipendente che effettua le segnalazioni di Pag. 5cui all'articolo 54-bis del predetto decreto. L'adozione delle iniziative necessarie deve essere prevista nell'ambito del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC) come intervento da realizzare con tempestività. È importante ricordare inoltre che in materia è intervenuto il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito nella legge 11 agosto 2014, n. 114, che, da un lato ha modificato, con l'articolo 31, il testo dell'articolo 54-bis introducendo l'A.N.A.C. quale soggetto destinatario delle segnalazioni, dall'altro (con l'articolo 19, c. 5) ha stabilito che l'A.N.A.C. «riceve notizie e segnalazione di illeciti, anche nelle forme di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.». L'A.N.A.C., pertanto, è richiamata a gestire le segnalazioni che i dipendenti di altre amministrazioni possono indirizzarle ai sensi del richiamato articolo 54-bis. In questo ambito sono state emanate le Linee guida di cui si è detto. Un intervento legislativo nuovo, pertanto, non si sovrappone alle Linee guida, ma serve ad integrare la legislazione vigente laddove essa è carente.
In Italia si è parlato per la prima volta ufficialmente di whistleblowing con l'emanazione della legge anticorruzione ma, soprattutto, si è cominciato a conoscere il fenomeno whistleblowing a seguito di scandali che hanno avuto un'eco e ripercussioni mondiali, per citarne alcuni quelli della Enron e della Worldcom negli Stati Uniti e delle indagini, in Italia, legate alla scalata della Banca Antonveneta o del crac Parmalat. Tuttavia sono molteplici i limiti di questa forma di protezione: innanzitutto la norma si applica soltanto al settore pubblico, non protegge con l'anonimato le denunce e non offre una ricompensa per chi denuncia, né prevede vere forme di tutela contro possibili ritorsioni da parte del datore di lavoro. Anche se finalmente, dopo qualche anno, qualcosa è cambiato ed infatti attualmente è possibile ritrovare meccanismi interni di whistleblowing nelle istituzioni europee, mentre in Italia il Comune di Milano e l'Agenzia delle Entrate si sono attivati in tal senso.
Quella del whistleblowing è una questione culturale e di diritto, della responsabilizzazione dei cittadini onesti, nello specifico i lavoratori, perché non restino testimoni silenziosi quando accadono abusi e comportamenti illeciti nei luoghi di lavoro. La necessità di una disciplina organica in materia di prevenzione e contrasto alla corruzione si evidenzia sia considerando quanto la corruzione costi al Pil di ogni Stato sia sulla base di alcuni dati statistici, come quelli forniti da Transparency International per quanto riguarda il livello di percezione della corruzione, in cui l'Italia, anche nel 2014, si riconferma nei gradini più bassi, al 69esimo nel mondo.
Anche in un recente convegno organizzato dall'università Luiss di Roma in materia di whistleblowing sono state messe a confronto la realtà americana e quella italiana. Nel corso del suo intervento l'ambasciatore americano John R. Philips ha dichiarato che lo strumento del whistleblowing permette oggi al Governo americano di recuperare l'85 per cento delle somme in materia di frodi, previste nella cornice del «False claim act», a fronte di un 15 per cento che è ritornato nelle casse del Tesoro statunitense attraverso l'azione messa in campo dal ministero della giustizia. Nel corso dell'incontro è intervenuto anche il presidente dell'Anac, Raffaele Cantone, che ha sottolineato quanto spesso accade che il segnalatore venga visto in un'accezione negativa, paragonato ad un delatore e che occorre dunque incentivare un cambio culturale per far sì che scoprire reati e illeciti possa avere un valore positivo.
In quest'ottica si inserisce questa proposta di legge che, principalmente, è incentrata su due punti fondamentali: la protezione dell'autore della segnalazione e l'incentivo economico per la denuncia di reati contro lo Stato nell'interesse pubblico. L'obiettivo principale della proposta di legge è di ridurre drasticamente reati molto gravi come la frode fiscale e la corruzione che, purtroppo spesso, anche Pag. 6come si evince dai recenti scandali che hanno coinvolto personaggi della politica e dell'imprenditoria, non avviene soltanto in occasione della realizzazione di grandi opere pubbliche ma si annida anche in ambiti lavorativi più circoscritti, di dimensioni certamente minori.
La proposta di legge introduce principalmente due novità: la prima è l'estensione della tutela dell'autore della denuncia nell'ambito lavorativo privato, e dunque non soltanto più limitato al pubblico, ampliando anche la platea dei possibili autori della segnalazione: non soltanto dunque i dipendenti pubblici, ma anche i privati, gli stagisti, i volontari e gli impiegati hanno diritto a segnalare un illecito. La necessità della tutela nasce dal fatto che nella maggior parte dei casi chi denuncia diventa oggetto di continue vessazioni da parte dei superiori o colleghi denunciati, fino ad arrivare a casi di mobbing e licenziamento, con conseguenze che inevitabilmente si ripercuotono in maniera negativa sulla vita psico-fisica del segnalatore. E questo stato di cose, in molti casi, crea una serie di timori e paure che impediscono ad un soggetto di denunciare gli atti illeciti di cui sia venuto a sapere.
Ulteriore elemento di novità è costituito dalla previsione di un premio in denaro, per incentivare le persone ad uscire dall'omertà e denunciare casi di illegalità nei confronti dell'interesse collettivo, sulla scia di quanto già avviene negli Stati Uniti.
Una proposta di legge in questa materia è perfettamente in linea con gli obiettivi di trasparenza ed efficienza perseguiti dalla Pubblica amministrazione e ribaditi dalla Convenzione dell'organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata il 31 ottobre 2003 e resa esecutiva dalla legge n. 116 del 2009, diretta a creare ambienti di lavoro più responsabili.
Per quanto attiene al contenuto della proposta di legge rimanda alla relazione della correlatrice, Floriana Cesellato.
Floriana CASELLATO (PD), relatore per la XI Commissione, riferendo sul testo del provvedimento, per quanto di competenza della Commissione lavoro, rileva preliminarmente che allo stato la materia della tutela del dipendente che segnala condotte illecite dall'interno dell'ambiente di lavoro è stata disciplinata solo con riferimento ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Con l'articolo 1, comma 51, della cosiddetta «legge Severino» (legge 6 novembre 2012, n. 190) è stato, infatti, inserito nel decreto legislativo n. 165 del 2001 l'articolo 54-bis, relativo, appunto, alla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti. Il comma 1 del richiamato articolo 54-bis nel suo testo iniziale ha previsto, infatti, che, salvi i casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per quelli di responsabilità civile extracontrattuale per il medesimo titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati in modo diretto o indiretto alla denuncia. Con l'articolo 31, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, si è, inoltre, estesa la portata della disposizione anche alle denunce rivolte all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC). I successivi commi della disposizione intendono, invece, tutelare la riservatezza dell'identità degli autori delle denunce e assicurare che essi non siano oggetto di misure discriminatorie. In particolare, il comma 2 stabilisce che nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. In caso contrario, qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità del denunciante può essere rivelata Pag. 7ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato. Nella medesima ottica, il successivo comma 4 prevede che la denuncia sia sottratta a diritto di accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Quanto alla tutela contro misure discriminatorie, il comma 3 dispone che l'adozione di tali misure sia segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le misure sono state poste in essere.
L'attuale Piano nazionale anticorruzione, al paragrafo 3.1.11, riconduce espressamente la tutela del dipendente che segnala condotte illecite tra le azioni e le misure generali finalizzate alla prevenzione della corruzione, in particolare fra quelle obbligatorie in quanto disciplinate direttamente dalla legge che, quindi, le amministrazioni pubbliche devono porre in essere ed attuare. A tale riguardo, il Piano nazionale anticorruzione prevede che le pubbliche amministrazioni siano tenute ad adottare i necessari accorgimenti tecnici affinché trovi attuazione la tutela del dipendente che effettua le segnalazioni, demandando l'adozione delle iniziative necessarie ai Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione. In particolare, si richiede ciascuna amministrazione deve prevedere al proprio interno canali differenziati e riservati per ricevere le segnalazioni la cui gestione deve essere affidata a un ristrettissimo nucleo di persone (due o tre). Inoltre, occorre prevedere codici sostitutivi dei dati identificativi del denunciante e predisporre modelli per ricevere le informazioni ritenute utili per individuare gli autori della condotta illecita e le circostanze del fatto. Si prevede inoltre che, nell'ambito del medesimo piano, siano previsti obblighi di riservatezza a carico di quanti ricevono o vengono a conoscenza della segnalazione e di coloro che successivamente venissero coinvolti nel processo di gestione della segnalazione stessa. Si raccomanda, inoltre, che, nei limiti delle risorse disponibili ed eventualmente in forma associata o in accordo con altre amministrazioni ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990, possa essere valutata la realizzazione di un sistema informatico di segnalazione, anche al fine di non esporre il segnalante alla presenza fisica dell'ufficio ricevente.
Con la determinazione n. 6 del 28 aprile 2015 l'ANAC ha adottato le linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower). L'Autorità ha preventivamente sottoposto le Linee guida a una consultazione pubblica al fine di acquisire, da parte dei soggetti interessati, elementi e osservazioni utili. Decorsi dodici mesi dall'adozione delle Linee guida, sarà effettuata una procedura di verifica d'impatto della regolazione. Nelle linee guida si evidenzia che la richiamata disciplina legislativa delinea esclusivamente una protezione generale e astratta, che necessita, per più versi, di essere completata con concrete misure di tutela del dipendente, il quale – per effettuare la propria segnalazione – deve poter fare affidamento su una protezione effettiva ed efficace che gli eviti una esposizione a misure discriminatorie. Le Linee guida si riferiscono pertanto alle procedure che l'ANAC intende seguire per la gestione delle segnalazioni delle quali è destinataria, ancorché si precisi che esse possono costituire un utile riferimento per le altre amministrazioni tenute ad applicare l'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Nelle medesime linee guida l'Autorità sottolinea, tuttavia, l'incertezza del dettato normativo che caratterizza la materia, auspicando un intervento del legislatore volto a chiarire le questioni interpretative ancora aperte Di tali proposte dell'ANAC potrà ovviamente tenersi conto nel corso dell'esame della presente proposta di legge.
Quanto al contenuto del provvedimento, segnalo che esso, all'articolo 1, estende a tutti i lavoratori pubblici e privati il campo di applicazione delle misure volte alla protezione degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità nell'interesse pubblico. Il successivo articolo 9 Pag. 8chiarisce che la segnalazione di reati o irregolarità all'autorità di regolamentazione del settore interessato ovvero all'autorità di polizia o giudiziaria può essere effettuata quando la segnalazione effettuata all'ente pubblico o privato di appartenenza sia stata oggetto di valutazione negativa senza motivato parere, ovvero l'ente non offra, a parere dell'autore della segnalazione, le adeguate garanzie di neutralità. L'articolo 10 prevede che le segnalazioni possano essere effettuate al pubblico in generale, anche tramite i mezzi di comunicazione o di informazione, solo nel caso in cui esse siano state già effettuate ai sensi della presente legge o siano state oggetto di valutazione negativa senza motivato parere. L'articolo 3 precisa, inoltre, che le tutele si estendano anche agli ex dipendenti pubblici o privati, ai consulenti, agli stagisti e ai volontari. Sul piano oggettivo, in base all'articolo 2 si prevede che le segnalazioni debbano avere ad oggetto reati o irregolarità suscettibili di provocare un danno alla collettività di cui l'autore è venuto a conoscenza in occasione del proprio rapporto di lavoro. Gli articoli 4 e 5 prevedono che la legge si applichi alle segnalazioni di reati o irregolarità effettuate in buona fede, anche nell'ipotesi in cui essi risultino inesistenti, purché esse non configurino reati di calunnia o di diffamazione. Il successivo articolo 6, in linea con la normativa vigente, prevede che l'identità dell'autore non possa essere rivelata senza il suo consenso. Diversamente da quanto previsto a legislazione vigente, tuttavia, si prevede che le segnalazioni possano essere effettuate anche in forma anonima. In tale ultimo caso, tenuto conto dell'impossibilità di approfondire le segnalazioni, queste sono prese in esame solo qualora siano adeguatamente documentate. Al fine di garantire la tutela dell'autore della segnalazione, l'articolo 7 prevede un'inversione dell'onere della prova, stabilendo che il datore di lavoro debba dimostrare che ogni misura presa ai danni dell'autore è motivata da ragioni estranee alla segnalazione effettuata. Quanto agli adempimenti organizzativi, l'articolo 8 prevede che gli enti pubblici o privati possono dotarsi di organi interni autonomi incaricati di procedere alla valutazione delle segnalazioni. A fronte di tale facoltà, l'articolo 16 stabilisce invece che presso ogni ente pubblico o privato sia istituito un ufficio indipendente con il compito di redigere statistiche sul numero di segnalazioni di reati o irregolarità effettuate e sul loro esito, di provvedere alla liquidazione dei premi di cui all'articolo 15 e alla raccolta e alla pubblicazione periodica dei relativi dati, nonché di assicurare il coordinamento con i soggetti competenti per l'accertamento delle condotte di reato. L'articolo 11 stabilisce che ogni procedimento disciplinare avviato nei confronti di un soggetto indicato in una segnalazione di reato o irregolarità deve essere basato su elementi certi e documentati. L'articolo 12 esclude che il diritto di effettuare segnalazioni di reati o irregolarità possa essere limitato mediante clausole contrattuali, mentre l'articolo 13, in linea con quanto previsto dalla normativa vigente, esclude l'accesso alle segnalazioni. L'articolo 14 garantisce all'autore della segnalazione la tutela rispetto a eventuali danni conseguenti alla segnalazione di reati o irregolarità. L'autore della segnalazione, in particolare, qualora licenziato, ha diritto a essere riassunto, su ordinanza ingiuntiva del tribunale, e al risarcimento per gli eventuali danni morali, economici o di carriera subiti, nonché delle eventuali spese legali. L'articolo 15 reca, poi, una misura di carattere premiale stabilendo che all'autore della segnalazione sia attribuita, a titolo di premio, una somma di denaro di importo compreso tra il 15 e il 30 per cento della somma recuperata a seguito della condanna definitiva della Corte dei conti per reati o irregolarità che comportano un danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione, entro un limite massimo di 2 milioni di euro. In relazione all'adozione di una normativa più estesa e comprensiva, l'articolo 17 prevede, da ultimo, l'abrogazione del richiamato articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001.
Donatella FERRANTI, presidente, sottolinea come la proposta di legge intervenga su una materia estremamente delicata che necessita di opportuni approfondimenti anche attraverso audizioni. A tale proposito comunica che il relatore per la II Commissione ha già trasmesso alla Presidenza la richiesta di alcune audizioni che saranno sottoposte ad una prossima riunione congiunta degli Uffici di Presidenza, integrati dai rappresentanti dei Gruppi delle Commissioni II e XI. Invita, pertanto, anche a nome del Presidente della XI, i rappresentanti dei Gruppi a formulare eventuali richieste di audizioni entro il 4 giugno 2015. Nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.30.