ALLEGATO
QUESITO PER IL QUALE È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA DELLA COMMISSIONE (n. 306/1539)
GASPARRI, PAGANO. – Al Presidente e al Direttore generale della Rai – Premesso che:
l'articolo 3 del decreto legislativo n. 177 del 2005 annovera tra i principi fondamentali del sistema dei servizi media audiovisivi il rispetto della dignità della persona e l'apertura alle diverse opinioni e tendenze politiche, sociali, culturali e religiose;
l'articolo 7, comma 2, lett. e), prevede l'assoluto divieto di utilizzare metodologie e tecniche capaci di manipolare in maniera non riconoscibile allo spettatore il contenuto delle informazioni;
lo scorso 10 febbraio sul palco del Festival di Sanremo è salita la famiglia Anania, la più numerosa d'Italia, composta da padre, madre e 16 figli;
per il fatto di essere così numerosa la famiglia è stata trattata come un fenomeno da baraccone;
le prese in giro sono aumentate quando papà Anania, dal palco del Festival ha dichiarato «che un essere umano può creare qualcosa di così grande solo con l'aiuto dello Spirito Santo»;
il popolo del web, colpito da questa dichiarazione di estremo candore e determinazione, ha prodotto in pochi minuti quasi 3.000 tweet di insulti sul web. Per non parlare dei commenti al vetriolo dei cosiddetti blogger, spuntati ieri su siti prestigiosi;
il «linciaggio» sui mezzi di comunicazione della famiglia Anania è stato ulteriormente aggravato dall'insulto gratuito arrivato da Saverio Raimondo, conduttore del «Dopo Festival Rai», in onda (in tutto il mondo) solo sul web che così ha commentato: «Ricordo alla famiglia Anania che l'aborto è passato in Italia»;
pur nella sua ipocrisia, la legge n. 194 del 1978, che disciplina l'aborto, si intitola «Norme per la tutela sociale della maternità» e precisa, al comma 2 dell'articolo 1 che «L'interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite»;
l'articolo 4 della medesima legge precisa che si può ricorrere all'aborto allorquando la donna «accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito»; tali disposizioni sono rafforzate da una serie di sanzioni penali;
il Contratto di servizio che individua gli obblighi informativi della Rai, quale concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, prevede oltre al pluralismo informativo, un'adeguata preparazione culturale dei conduttori e una serie di obblighi di correttezza dai quali deriva il divieto di esprimere posizioni che si configurino come apologia di reato;
il conduttore Rai ha ritenuto nella fattispecie che l'aborto sia un metodo contraccettivo, dimostrando che il suo pregiudizio è aggravato dall'ignoranza;
il conduttore Rai ha violato gli obblighi del Contratto di servizio, oltre che il buonsenso e il buongusto; Pag. 283
il conduttore Rai ha espresso un giudizio di discriminazione stabilendo insindacabilmente ciò che è bene e ciò che è male, di fatto non attribuendo a questa splendida e felice famiglia il diritto ad esistere non solo come famiglia ma addirittura come singola vita. E di fatto fa passare un'idea degna del peggior nazional socialismo per cui 10, 11 o forse anche 15 essere umani non avrebbero diritto all'esistenza in vita;
si chiede di sapere:
se ritengano che tali comportamenti, così superficiali, possano ritenersi coerenti con la missione di servizio pubblico che la concessione ha affidato alla Rai;
quali misure, anche sanzionatorie, la Rai intenda adottare nei confronti del conduttore Saverio Raimondo per le responsabilità evidenziate in premessa, compreso il licenziamento ove fosse dipendente, nonché per prevenire in futuro comportamenti di tale natura, purtroppo non isolati nelle trasmissioni di intrattenimento. (306/1539)
RISPOSTA. – In merito all'interrogazione sopra citata si informa di quanto segue.
In primo luogo si ritiene opportuno segnalare che nel corso delle puntate del 65o Festival della Canzone Italiana – a testimonianza di come la manifestazione sia un grande fenomeno di costume e appartenga idealmente a tutti – sono stati invitati come ospiti personaggi provenienti dal mondo dello sport, dello spettacolo o della cronaca, per una breve intervista con il conduttore al termine della quale ognuno ha avuto la possibilità di indicare e di sentire eseguita dall'orchestra la propria canzone preferita nella storia del Festival. Per l'individuazione di questi ospiti lo staff degli autori si è basato soprattutto sulla peculiarità delle loro vicende e dunque – accanto a figure note al pubblico – sono state chiamate anche persone comuni, le cui esperienze potessero essere motivo di considerazione o comunque di riflessione (è il caso, ad esempio, della coppia la cui unione dura da 65 anni, oppure del medico guarito dal virus Ebola).
Nel quadro sopra descritto la famiglia Anania è stata quindi invitata alla prima puntata del 65o Festival in quanto risulta essere la più numerosa di Italia e dunque rappresentativa in termini di dimostrazione o indizio di un forte legame familiare. Il conduttore Carlo Conti ha trattato il momento del programma con grande garbo, evidenziando la numerosità della famiglia Anania senza alcuna nota sarcastica, relazionandosi con tutti i suoi componenti con rispetto e simpatia, soffermandosi brevemente sulle tematiche gestionali relazionali all'interno di essa e ultimando anzi l'intervista con le parole «meraviglioso esempio di vita».
Il signor Anania, durante l'intervista, ha più di una volta spontaneamente espresso il proprio ringraziamento e il proprio affidamento al Signore e alla Divina Provvidenza per la condizione della sua famiglia, e nessuna di queste dichiarazioni è stata commentata o accolta in maniera in maniera negativa o ironica da parte del conduttore, che dunque non solo ha assicurato la più piena libertà di espressione, ma ha anche dimostrato il massimo rispetto per l'ospite; anche in considerazione di quanto sopra, è del tutto evidente che le menzionate manifestazioni di dissenso dalle parole del Sig. Anania o dalla sua situazione familiare apparse su Twitter o in alcuni blog nelle ore o nei giorni successivi alla puntata del Festival non possono avere in nessun modo legami con la trasmissione televisiva e con le modalità con le quali questa è stata ideata e condotta.
Per quel che riguarda l'episodio relativo al Dopo Festival, l'espressione contestata è stata riferita durante la prima puntata del programma trasmessa dal canale web www.rai.tv al termine della 1a serata del «Festival della Canzone italiana di Sanremo»; la sua diffusione è avvenuta in diretta dallo studio allestito presso il Casinò Municipale di Sanremo, cui avevano accesso protagonisti della manifestazione, ospiti ed opinionisti intervenuti a commentare lo svolgimento della puntata. Pag. 284
La frase è stata resa dal conduttore del programma in modo inatteso ed è stata frutto della improvvisazione del medesimo; difatti il copione della puntata, predisposto dagli autori del programma, non prevedeva l'espressione né avrebbe potuto farlo considerato che, piuttosto che di un testo elaborato in forma compiuta, si trattava di una scaletta estesa che conteneva gli snodi narrativi e la previsione degli interventi dei vari protagonisti. Del resto non sarebbe potuto essere altrimenti: innanzitutto perché, quale dibattito a caldo costituito di commenti improvvisati incentrati sul Festival appena concluso, un copione vero e proprio non si sarebbe potuto scrivere anticipatamente, e poi perché naturalmente il conduttore avrebbe poi dovuto arricchire i propri interventi con sue considerazioni personali.