SEDE REFERENTE
Mercoledì 5 febbraio 2014. — Presidenza del presidente Michele BORDO.
La seduta comincia alle 14.10.
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013 bis.
C. 1864 Governo.
(Seguito esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo.
Michele BORDO, presidente e relatore, segnala che la Conferenza dei Presidenti di gruppo ha fissato l'avvio dell'esame del disegno di legge europea 2013 bis in Aula per la settimana del 24 febbraio prossimo.
Avverte che sul disegno di legge europea (C. 1864) sono pervenute 112 proposte emendative, contenute nel fascicolo in distribuzione (vedi allegato 1).
Provvederà quindi a trasmettere i suddetti emendamenti alle Commissioni, ai fini del prescritto parere, salvo gli emendamenti ed articoli aggiuntivi da ritenere inammissibili, in quanto non rispondenti a necessità di adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea né volti a rispondere a procedure di infrazione o sentenze della Corte di giustizia.
Dichiara quindi che sono da ritenere inammissibili i seguenti emendamenti ed articoli aggiuntivi, che non rispondono al contenuto proprio del provvedimento ai sensi dell'articolo 30, comma 3, della legge n. 234 del 2012:
5.9 Ruocco, 5.4 e 5.3 Prataviera, 5.8 Ruocco, 5.6 e 5.5 Prataviera, volti innalzare a percentuali superiori al 75 per cento il reddito minimo che deve essere prodotto in Italia dai soggetti non residenti ai fini della fruizione del regime fiscale dei contribuenti minimi, sono inammissibili in quanto incompatibili con il diritto dell'UE. La soglia del 75 per cento del reddito prodotto, ai fini della equiparazione del trattamento fiscale tra contribuenti residenti e contribuenti non residenti, è infatti stabilita dalla raccomandazione 94/79/CE, atto che pur non avendo in sé carattere normativa è stato assunto dalla Corte di giustizia dell'UE a parametro di valutazione delle eventuali discriminazione tra contribuenti residenti e contribuenti non residenti (confronta la sentenza nella causa C-39/10 e le sentenze ivi richiamate);
6.2 e 6.1 Prataviera, inammissibili in quanto subordinano l'esenzione dall'imposta delle associazioni costituite in altri Stati membri al requisito della costituzione da almeno 15 anni, non previsto per le associazioni italiane. Rimarrebbe dunque ferma una parziale discriminazione per le associazioni costituite in altri Stati membri rispetto a quelle italiane, che la procedura di infrazione è volta a rimuovere;
7.1, 7.2, 7.4 e 7.3 Prataviera, inammissibili in quanto, facendo riferimento alle attività oltre che ai prodotti finanziari, sono in contrasto con il diritto dell'UE. Come evidenziato dalla Commissione nel caso EU PILOT, che l'articolo 7 è inteso a risolvere, il richiamo alle attività finanziarie determinerebbe, ai fini dell’ Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie all'Estero (IVAFE), un differente trattamento fiscale degli investimenti di natura finanziaria a seconda se effettuati in Italia o in un altro Stato membro dell'UE o dello Pag. 210SEE che potrebbe costituire una discriminazione contraria alla libera circolazione dei capitali, prevista dagli Articoli 63 del TFUE e 40 dell'Accordo SEE;
11.1 Giacobbe ed altri, inammissibile in quanto recante disposizioni relative alla salute e sicurezza dei lavoratori in ambito portuale, a bordo delle navi e nell'ambito ferroviario, che sono estranee al contenuto della procedura di infrazione 2011/2098, cui l'articolo 11 si riferisce, né sono volte a dare attuazione ad altri specifici obblighi normativi europei;
gli emendamenti 13.1, 13.2, 13.3, 13.4, 13.5, 13.6, 13.7, 13.8, 13.9, 13.10, 13.11, 13.12, 13.13, 13.14 e 13.15 Borghesi e Prataviera: inammissibili in quanto, pur intervenendo sulla legge n. 157 del 1992 in materia di protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, riguardano disposizioni che non sono oggetto di rilievi da parte della Commissione europea nella procedura EU Pilot 1611/10/ENVI, secondo la quale è necessario apportare modifiche alle disposizioni nazionali concernenti la cattura di uccelli per l'inanellamento e la cessione a fini di richiamo, nel senso di prevedere espressamente che tale attività possa essere autorizzata esclusivamente nel rispetto dei requisiti fissati dall'articolo 9 della Direttiva 2009/147/CE, recepiti dall'articolo 19-bis della legge 157/1992.
In particolare:
gli emendamenti 13.1 e 13.2 intervengono invece su disposizioni relative all'autorità abilitata avente responsabilità del controllo e della certificazione della cattura degli uccelli, estendendo la competenza dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica anche ad istituti riconosciuti a livello regionale o da province autonome;
l'emendamento 13.3 amplia le specie per le quali è consentita la cattura per la cessione a fini di richiamo;
l'emendamento 13.4 incide sulle norme relative alla detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, nonché il loro uso in funzione di richiami;
gli emendamenti da 13.5 a 13.15, infine, prevedono modificazioni all'articolo 19-bis della legge n. 157/1992 volte ad incidere sul regime europeo della caccia in deroga (articolo 9, Direttiva 2009/147/CE – Direttiva Uccelli). Le proposte emendative non appaiono in ogni caso volte a modificare o integrare disposizioni che si pongono in contrasto con la normativa europea;
15.1 Manfredi, che reca disposizioni volte a correggere un errore materiale contenuto nell'allegato II al Codice dell'Ambiente e che, sebbene virtuoso, non appare in alcun modo riconducibile ad esigenze di adempimento di obblighi normativi europei;
emendamenti 11.01 Ricciatti e 23.03 Prodani, entrambi volti ad incidere sulla normativa relativa all'esercizio della professione di guida turistica, inammissibili in quanto, a seguito delle modifiche normative introdotte dall'articolo 3 della legge 6 agosto 2013 n. 97 (legge europea 2013), la procedura EU Pilot 4277/12/MARK sulla disciplina delle guide turistiche si è conclusa con esito positivo e non risultano – allo stato – nuove procedure di contenzioso o pre-contenzioso da parte della Commissione europea.
Ricorda infine che la Commissione dovrà convocarsi, per l'esame degli emendamenti sui quali le Commissioni di merito abbiano espresso parere favorevole, al più tardi il prossimo martedì 18 febbraio.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre.
C. 1836 Governo.
(Seguito esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo.
Pag. 211 Michele BORDO, presidente, segnala che la Conferenza dei Presidenti di gruppo ha fissato l'avvio dell'esame in Aula del disegno di legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre per la settimana del 24 febbraio prossimo.
Avverte che sul disegno di legge sono pervenute 50 proposte emendative, contenute nel fascicolo in distribuzione (vedi allegato 2), che provvederà a trasmettere alle Commissioni, ai fini del prescritto parere, salvo quelle da ritenere inammissibili, in quanto non rispondenti a necessità di adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea né volti a rispondere a procedure di infrazione o sentenze della Corte di giustizia.
Dichiara quindi che, con riferimento al provvedimento in esame, si deve ritenere inammissibile l'emendamento 3.20 Barbanti, in quanto concerne la separazione tra le attività commerciali e di investimento delle banche, materia non disciplinata dalla direttiva 2013/36/UE, oggetto di recepimento con l'articolo 3, ma da una apposita proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea il 28 gennaio 2014 (COM(2014)43).
Ricorda infine che la Commissione dovrà convocarsi, per l'esame degli emendamenti sui quali le Commissioni di merito abbiano espresso parere favorevole, al più tardi il prossimo martedì 18 febbraio.
Vega COLONNESE (M5S) chiede alla presidenza se sia possibile presentare ricorso avverso i giudizi di inammissibilità formulati.
Michele BORDO, presidente, conferma la possibilità di presentare ricorso avverso le pronunce di inammissibilità, purché ciò avvenga in tempo utile alla trasmissione degli emendamenti alle competenti Commissioni.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.20.
ATTI DEL GOVERNO
Mercoledì 5 febbraio 2014. — Presidenza del presidente Michele BORDO.
La seduta comincia alle 14.20.
Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/24/UE concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera nonché della direttiva 2012/52/UE comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro.
Atto n. 54.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 30 gennaio 2014.
Filippo CRIMÌ (PD), relatore, ritiene opportuno svolgere ulteriori approfondimenti del provvedimento in esame.
Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/70/EURATOM che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi.
Atto n. 58.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 30 gennaio 2014.
Pag. 212 Stefano VIGNAROLI
(M5S) rileva come Il decreto legislativo in esame dia attuazione alla direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio del 19 luglio 2011 che istituisce un quadro comune di riferimento a livello europeo per la sicurezza e la sostenibilità della gestione del combustibile esaurito e delle scorie radioattive, al fine di proteggere i cittadini, i lavoratori, l'ambiente, dall'effetto nocivo delle radiazioni ionizzanti. La procedura di attuazione viene fatta dal Governo con un netto ritardo rispetto alla scadenza prevista del 23 agosto 2013. L'Unione europea ha infatti aperto nei confronti dell'Italia la procedura di infrazione n. 2013/2229 per il mancato recepimento di questa direttiva.
È evidente che il testo in esame si caratterizza per contraddizioni e incongruenze, ed è stato preparato di fretta per evitare la mora dell'Unione Europea nonostante sia il primo provvedimento legislativo rilevante dopo il referendum popolare che ha determinato l'abbandono della prospettiva dell'uso di energia nucleare in Italia.
Ritiene che l'importante questione relativa al processo di neutralizzazione delle scorie non sia stata ben affrontata e disciplinata. Le modalità di neutralizzazione delle scorie nucleari, se non adeguatamente previste, potrebbero autorizzare l'uso di attività e sistemi di manipolazione attraverso impianti basati sugli «accelerator driven system». Tali impianti che passerebbero per essere strumenti di manipolazione finalizzati agli stoccaggi sono in realtà reattori sottocritici con sorgente di neutroni esterna, usati per la trasmutazione degli attinidi, che sono gli elementi maggiormente responsabili per la lunghissima durata e della radio tossicità di questi materiali.
Con tali sistemi, quindi, il combustibile nucleare esausto può essere trasmutato con la quasi esclusiva produzione di prodotti di fissione a breve vita, smaltibili in depositi superficiali ma sono a tutti gli effetti degli impianti di produzione di energia nucleare noti come sistemi di produzione di quarta generazione ADS (accelerator driven system) raffreddati con piombo liquido.
L'insieme di tali impianti non farebbero altro che far rientrare dalla finestra ciò che con un referendum gli Italiani hanno fatto uscire dalla porta e cioè la costruzione di impianti di generazione energetica nucleare; non a caso tutto lo schema del decreto introduce in più punti introduce la specificazione di «impianto di gestione di combustibile esaurito o di rifiuti radioattivi» (si veda l'articolo 3, comma 2, lettere «a» e «b» e il comma 3, lettere «d», «f», «i»).
Lo schema di decreto in esame non esplicita il divieto nell'uso di tali sistemi ed è pertanto lecito aspettarsi che quanto non detto possa essere consentito.
Rileva quindi che nel decreto si legge: «Sulla base degli obiettivi e dei criteri di sicurezza fissati dall'Autorità di regolamentazione competente, La Sogin spa definisce la caratteristiche tecniche dei manufatti dei rifiuti radioattivi ai fini dell'accettazione al Deposito nazionale». Ritiene che a dover definire le caratteristiche dei materiali radioattivi per l'accettazione al deposito nazionale non dovrebbe essere la SOGIN – una Spa privata a capitale pubblico – ma l'ENEA, un'agenzia nazionale.
Ricorda quindi, in tema di trasparenza, che la convenzione di Aarhus riconosce il fondamentale diritto umano a un ambiente salubre da tutelare garantendo l'accesso alle informazioni, la partecipazione ai processi decisionali, l'accesso alla giustizia, parametri su cui costruire i nuovi modelli di democrazia ambientali. La premessa 31 della direttiva in via di recepimento dello schema di decreto legislativo è «garantita tramite un'effettiva informazione della popolazione e la possibilità per tutte le parti interessate, comprese le autorità locali e la popolazione, di partecipazione ai processi decisionali conformemente agli obblighi nazionali e internazionali»; In particolare l'articolo 10, del quale si richiede l'integrale recepimento, disciplina la trasparenza: gli Stati membri provvedono Pag. 213affinché le necessarie informazioni sulla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi siano rese disponibili ai lavoratori e alla popolazione. Sono altresì tenuti a provvedere affinché l'autorità di regolamentazione competente informi il pubblico nei settori di sua competenza. Le informazioni sono rese accessibili al pubblico conformemente alle legislazioni nazionali e agli obblighi internazionali, purché ciò non pregiudichi altri interessi, quali, in particolare, la sicurezza, riconosciuti dalla legislazione nazionale o da obblighi internazionali. 2. Gli Stati membri provvedono affinché la popolazione abbia le necessarie occasioni di effettiva partecipazione ai processi decisionali concernenti la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi conformemente alla legislazione nazionale e agli obblighi internazionali’. Ritiene importante segnalare che nonostante la direttiva nell'articolo sopra citato dia un importante riconoscimento alla trasparenza, nel decreto di recepimento non vi è un articolo equivalente all'articolo 10 suddetto. L'introduzione di un articolo esplicito a favore della trasparenza, garantirebbe non solo un migliore recepimento della direttiva ma uno strumento di difesa del processo democratico a maggior ragione in un settore delicato come quello di cui si discute.
Sulla base di questo principio di tutela dei cittadini, è auspicabile che le Conferenze di servizio (oggi gestite dal MISE) e i Tavoli della Trasparenza (ordinanza dpcm 33/55 del 2004), siano gestite da un organismo indipendente (la stessa Isin, ad esempio) e debbano avere obbligatorietà della partecipazione organica dei cittadini e delle rappresentanze territoriali che abbiano mostrato interesse a partecipare o abbiano presentato osservazioni.
Sulla base di queste motivazioni preannuncia l'orientamento contrario del suo gruppo sul provvedimento in esame e la presentazione di una proposta alternativa di parere in tal senso.
Liliana VENTRICELLI
(PD), relatore, ringrazia il collega Vignaroli per il contributo offerto al dibattito che valuterà con attenzione.
Osserva quindi che l'urgenza del provvedimento discende dalla procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia per il mancato recepimento della direttiva 2011/70/Euratom in materia di sicurezza nucleare.
Ritiene in ogni caso opportuno svolgere ulteriori approfondimenti sullo schema di decreto, anche alla luce del dibattito in corso presso le Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive, con particolare riferimento alle disposizioni relative all'istituzione dell'Autorità nazionale di regolamentazione competente.
Michele BORDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/89/UE che modifica le direttive 98/78/CE, 2002/87/CE, 2006/48/CE e 2009/138/CE per quanto concerne la vigilanza supplementare sulle imprese finanziarie appartenenti a un conglomerato finanziario.
Atto n. 60.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole).
La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 28 gennaio 2014.
Paolo TANCREDI (NCD), relatore, formula una proposta di parere favorevole.
Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.
Pag. 214
Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2012/56/UE che modifica la direttiva 2001/83/CE per quanto riguarda la farmacovigilanza.
Atto n. 63.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole).
La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 30 gennaio 2014.
Filippo CRIMÌ (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole.
Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.
Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI.
Atto n. 51.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).
La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.
Giuseppe GUERINI
(PD), relatore, evidenzia che lo schema di decreto legislativo in esame – di attuazione della delega conferita dagli artt. 1 e 5 della legge n. 96 del 2013 (legge di delegazione europea 2013) – recepisce la direttiva 2011/36/UE (compresa nell'allegato B alla legge 96) che affianca ed integra la vigente normativa volta alla prevenzione e repressione della tratta degli esseri umani ed alla protezione delle vittime.
Il termine di recepimento della direttiva per gli Stati membri è scaduto lo scorso 6 aprile 2013. Il 30 maggio 2013 la Commissione europea ha quindi aperto una procedura di infrazione (n. 2013/0228) inviando all'Italia una lettera di messa in mora (ex articolo 258 TFUE) per il mancato recepimento della direttiva
La direttiva 2011/36/UE – già inserita nel disegno di legge comunitaria 2011 – si inserisce nell'azione globale a livello comunitario contro la tratta di esseri umani. La nuova disciplina, che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI, recepita dall'Italia con la legge n. 228 del 2003 (Misure contro la tratta di persone) prevede norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di tratta, nonché disposizioni volte a rafforzare notevolmente la prevenzione di tale reato e la protezione delle vittime, in particolare minori (articolo 1).
La disciplina legislativa nazionale è completata dalla più recente legge n. 108 del 2010, che reca Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
Rispetto alla previgente disciplina, la direttiva provvede a riordinare la materia in maniera più organica proponendo, in particolare, una nuova e più ampia definizione del delitto di tratta di esseri umani, attualmente previsto dall'articolo 601 del nostro codice penale.
In quest'ultima nozione rientrerebbero il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l'alloggio o l'accoglienza di persone, compreso il passaggio o il trasferimento dell'autorità sulle vittime, con la minaccia dell'uso o con l'uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, la frode, l'inganno, l'abuso di potere o della posizione di vulnerabilità o con l'offerta o l'accettazione di somme di denaro o di vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un'altra, a fini di sfruttamento (articolo 2, par. 2).
In presenza di tali mezzi di coercizione, il consenso della vittima è irrilevante (articolo 2, par. 4).
Tuttavia, se le condotte di cui sopra coinvolgono dei minori di anni 18 (articolo Pag. 2152, par. 6), le stesse condotte devono essere punite come reato di tratta di esseri umani pur in assenza dei mezzi di coercizione elencati (articolo 2, par. 5). La direttiva precisa che la cd. «posizione di vulnerabilità» presuppone una situazione in cui la persona in questione non ha altra scelta effettiva ed accettabile se non cedere all'abuso di cui è vittima.
L'articolo 3 prevede la punibilità con pene effettive, proporzionate e dissuasive dei reati di istigazione, favoreggiamento e concorso o tentativo nella commissione dei reati di tratta di cui all'articolo 2.
Dal punto di vista sanzionatorio la direttiva (articolo 4) impone agli Stati membri di prevedere che i reati di tratta (articolo 2) siano punibili con la reclusione della durata massima di almeno 5 anni (la decisione quadro del 2002 non prevedeva alcuna soglia), che aumenta a 10 anni quando il reato sia stato commesso nei confronti di una vittima particolarmente vulnerabile, con particolare riferimento ai minori; sia stato commesso nel contesto di un'organizzazione criminale; abbia messo in pericolo la vita della vittima intenzionalmente o per colpa grave; sia stato commesso ricorrendo a violenze gravi o abbia causato alla vittima un pregiudizio particolarmente grave.
Disposizioni specifiche, analoghe a quelle della decisione quadro 629, riguardano la responsabilità delle persone giuridiche per i reati di tratta di esseri umani e le pene ad esse applicabili (artt. 5 e 6). Nuova previsione è quella che prevede l'adozione di sequestro e confisca di strumenti e proventi del reato di tratta (articolo 7).
Sotto il profilo procedurale, la novità della direttiva consiste nella previsione che gli Stati membri adottino le misure necessarie per garantire la non perseguibilità dei reati che le vittime della tratta fossero costrette a compiere come conseguenza diretta di uno degli atti di cui all'articolo 2 (articolo 8). Parimenti, devono essere adottate, a livello nazionale, le misure necessarie affinché le indagini o l'azione penale relative ai reati di cui agli articoli 2 e 3 non siano subordinate alla querela, alla denuncia o all'accusa formulate da una vittima e il procedimento penale possa continuare anche se la vittima ritratta una propria dichiarazione (articolo 9).
Per quanto riguarda la giurisdizione sui reati di tratta, l'articolo 10 prevede che gli Stati membri devono adottare le misure necessarie a stabilire la propria giurisdizione per i reati di cui agli articoli 2 e 3 quando il reato è stato commesso interamente o parzialmente sul suo territorio oppure l'autore del reato è un cittadino dello Stato in questione. Una novità rispetto alla decisione quadro 629/2002 è costituita dalla possibilità di stabilire la giurisdizione in casi ulteriori, pur se di tale estensione deve essere informata la Commissione Europea.
Infine, sono previste alcune disposizioni in materia di assistenza e sostegno alle vittime di reati di tratta di esseri umani (articolo 11), nonché di tutela delle stesse nelle indagini e nei procedimenti penali (articolo 12).
Disposizioni specifiche e di particolare ampiezza riguardano poi l'assistenza, il sostegno e la tutela dei minori (vedi artt. 13-16), anche in sede processuale.
La direttiva prevede poi, come novità, che possa essere concesso un permesso di soggiorno per motivi umanitari alla vittima della tratta anche indipendentemente dalla sua collaborazione con la giustizia (articolo 11).
Più in generale la direttiva introduce una serie di nuove misure finalizzate a rafforzare è completare la rete di sostegno ed assistenza, anche psicologica, alle vittime della tratta, con particolare riferimento ai minori di 18 anni (artt. 11-16).
Una specifica previsione riguarda il diritto delle vittime della tratta all'accesso a sistemi di risarcimento delle vittime dei reati dolosi violenti (articolo 17).
Lo schema di decreto in esame si compone di 11 articoli, per l'illustrazione dei quali rinvia alla Nota predisposta dal Servizio Studi.
Ricorda sinteticamente che l'articolo 1 reca una disposizione generale che risponde al criterio di delega di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d) della legge Pag. 21696/2013 prevedendo che, in sede di attuazione della disciplina del decreto legislativo venga fatta dalle competenti amministrazioni una valutazione individuale delle vittime di tratta, tenendo in considerazione la loro specifica situazione di vulnerabilità.
L'articolo 2 integra la formulazione data dal codice penale ai delitti di cui agli articoli 600 (Riduzione in schiavitù) e 601 (Tratta di persone).
L'articolo 3 dello schema di decreto integra la formulazione dell'articolo 398 c.p.p. in materia di incidente probatorio.
L'articolo 4 risponde al principio di delega di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c) della legge 96/2013, relativo ai diritti dei minori non accompagnati vittime di tratta (confronta articolo 16 della direttiva). La norma prevede che il minore debba essere informato dei suoi diritti, anche in riferimento al suo possibile accesso alla protezione internazionale.
L'articolo 5 stabilisce – in attuazione delle previsioni dell'articolo 18, par. 3, della direttiva – che le amministrazioni pubbliche competenti prevedano percorsi formativi per i pubblici ufficiali che si occupano di questioni inerenti la tratta degli esseri umani.
L'articolo 6 integra la formulazione dell'articolo 12 della legge sulla tratta (legge 228/2003) rispondendo a quanto stabilito dall'articolo 17 della direttiva in ordine all'obbligo per gli Stati membri di garantire alle vittime della tratta accesso a sistemi di risarcimento a favore delle vittime di reati violenti.
L'articolo 7 recepisce le indicazioni dell'articolo 19 della direttiva individuando nel Dipartimento delle Pari opportunità della Presidenza del Consiglio quello che la relazione del Governo allo schema in esame definisce «punto di contatto nazionale». Al Dipartimento sono, infatti, affidati compiti di coordinamento ed indirizzo, di valutazione delle tendenze del fenomeno.
L'articolo 8 stabilisce l'adozione di un Programma unico di emersione, assistenza ed integrazione in favore di stranieri (compresi i cittadini UE) vittime di tratta e riduzione in schiavitù nonché di stranieri vittime di violenza o di grave sfruttamento che corrano concreti pericoli per la loro incolumità.
L'articolo 9 aggiunge un comma 2-bis alla legge n. 228 del 2003 volto all'adozione del citato Piano nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani.
Con l'articolo 10, il decreto legislativo prevede un coordinamento tra le istituzioni che, a diverso titolo, si occupano di vittime della tratta nonché meccanismi di tutela sussidiaria.
L'articolo 11 del provvedimento in esame è, infine, relativo alla clausola di invarianza finanziaria.
Vega COLONNESE
(M5S) richiama alcuni rilievi espressi dall'ASGI – Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione sul provvedimento in esame, che illustrerà di seguito e sulla base ai quali il suo gruppo si riserva di formulare una proposta alternativa di parere.
Le osservazioni formulate dall'ASGI rilevano innanzitutto che la disciplina in esame concerne un fenomeno di particolare gravità che impone norme e procedure efficaci per contrastare e prevenire il crimine stesso e per garantire alle vittime adeguate misure di protezione, tutela e assistenza.
A fronte di previsioni adeguate e opportune quali quelle contenute nella direttiva è quanto mai necessario – si rileva – introdurre nell'ordinamento nazionale norme conformi ad esse e dunque garantire un completo recepimento della Direttiva europea. Sembra invece di dover rilevare come lo schema di decreto legislativo attui soltanto una parte della direttiva 2011/36/UE, omettendo di recepire, quanto meno in modo adeguato e completo, svariate disposizioni, alcune delle quali di notevole importanza.
Entrando nel merito dell'articolato, con riferimento all'articolo 1 l'ASGI fa rilevare che la norma introdotta ha evidentemente voluto recepire quanto previsto dalla direttiva europea in relazione al concetto di vulnerabilità, così come indicato nel considerando Pag. 217n. 12 e nell'articolo 2 della direttiva stessa. Si è voluto inoltre rispettare il criterio di cui all'articolo 5 lettera d) contenuto nella legge di delegazione europea n. 96/13 che ha previsto «la definizione di «persone vulnerabili» tenga conto di aspetti quali l'età, il genere, le condizioni di salute, le disabilità, anche mentali, la condizione di vittima di tortura, stupro o altre forme di violenza sessuale, e altre forme di violenza di genere». Sembra tuttavia di dover affermare che la previsione di cui all'articolo 1 dello schema di decreto legislativo non sia idonea a rispondere agli obiettivi evidentemente perseguiti dalla direttiva europea la quale da una parte, al considerando 12 fa riferimento alle persone vulnerabili al fine di invocare norme più severe quando le vittime possano essere ricondotte a tale ambito, dall'altra all'articolo 2 comma 2 fornisce la definizione di «posizione di vulnerabilità» con riferimento ad uno dei metodi coercitivi di cui al comma 1.
È necessario dunque, a parere dell'Associazione che tale norma venga integrata con una previsione relativa all'aumento di pena ogniqualvolta vi sia un soggetto in posizione di vulnerabilità. Si propone pertanto di inserire agli artt. 600, 601 e 602 del codice penale specifiche aggravanti per i casi in cui la vittima si trovi in condizione di vulnerabilità indicando peraltro tutte le circostanze elencate nel considerando 12 della direttiva europea.
Con riferimento all'articolo 2, nella riscrittura degli articolo 600 e, soprattutto, 601 del codice penale il provvedimento ha voluto fornire una definizione dei reati rispettivamente di riduzione o mantenimento in schiavitù e tratta di persone rispondente a quella della direttiva europea. Tuttavia mancano alcune previsioni importanti contenute nell'articolo 2 della direttiva stessa tra cui: la definizione di «posizione di vulnerabilità» così come formulata nella direttiva; la previsione di cui al comma 4 per cui il consenso della vittima è irrilevante in presenza di uno dei mezzi di coercizione di cui al comma 1 dello stesso articolo 2; la previsione di cui al comma 5 relativa ai minori, per i quali la condotta è punita come reato di tratta anche in assenza dei metodi coercitivi di cui al comma 1. Sarebbe stato più opportuno formulare la norma ricalcando esattamente l'articolo 2 della direttiva europea. In tal senso si esprime parere favorevole a tale norma a condizione che venga integrata almeno con la previsione per cui il consenso della vittima è irrilevante in presenza di uno dei mezzi di coercizione indicati nello stesso articolo e con la previsione relativa ai minori, per i quali la condotta è punita come reato di tratta anche in assenza dei metodi coercitivi di cui sopra.
Con riguardo all'articolo3 è condivisibile, sulla scorta di quanto previsto dall'articolo 12 comma 4 della direttiva europea relativamente all'opportunità di prevenire la vittimizzazione secondaria, la scelta di introdurre il comma 5-ter all'articolo 398 c.p.p. prevedendo modalità particolari di espletamento dell'incidente probatorio anche in caso di persone maggiorenni. Si sarebbe tuttavia potuto introdurre ulteriori norme a tutela della protezione e del diritto di difesa delle vittime e dunque recepire più compiutamente la direttiva europea relativamente a quanto previsto all'articolo 12. Tra queste l'introduzione di una norma che, in linea a quanto disposto dal comma 2 dello stesso articolo 12 della direttiva europea, preveda l'accesso al patrocinio a spese dello Stato delle vittime prive di risorse finanziarie sufficienti secondo i parametri previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 115/02, senza la necessità della certificazione dell'Autorità Consolare del paese di origine, spesso nella prassi non rilasciata, bensì solo previa autocertificazione della persona offesa. Si esprime pertanto parere favorevole a detta norma ma contestualmente si chiede che venga altresì inserita nel testo del decreto legislativo emanando la previsione relativa all'accesso al patrocinio a spese dello Stato come sopra descritta.
Quanto all'articolo 4, lo schema di decreto legislativo non recepisce l'articolo 13, comma 2 della direttiva, che impone agli Stati membri di provvedere «affinché, Pag. 218ove l'età della vittima della tratta di esseri umani risulti incerta e vi sia motivo di ritenere che sia un minore, detta persona sia considerata minore al fine di ottenere accesso immediato all'assistenza, al sostegno e alla protezione a norma degli articoli 14 e 15» (articoli che disciplinano, rispettivamente, l'assistenza e sostegno alle vittime minorenni e la tutela dei minori vittime della tratta di esseri umani nelle indagini e nei procedimenti penali). L'articolo 4, comma 2 dello Schema di decreto legislativo rinvia la disciplina della procedura multidisciplinare di determinazione dell'età ad un successivo decreto del Ministro con delega alle pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia e il Ministro degli affari esteri. Inoltre, l'articolo 4, comma 2 limita ai casi in cui sia «strettamente necessario, l'identificazione dei minori mediante il coinvolgimento delle autorità diplomatiche», mentre sembra prevedere che la procedura multidisciplinare di determinazione dell'età vada applicata in via ordinaria. Tali disposizioni violano i criteri di delega stabiliti dalla legge 6 agosto 2013, n. 96 «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013». L'articolo 5, comma 1, lettera c) della legge delega, infatti, impone al Governo, ai fini dell'attuazione della direttiva 2011/36/UE, di «definire meccanismi affinché i minori non accompagnati vittime di tratta siano prontamente identificati, se strettamente necessario anche attraverso una procedura multidisciplinare di determinazione dell'età, condotta da personale specializzato e secondo procedure appropriate». Nel rispetto di tali criteri di delega, dunque, la disciplina della procedura multidisciplinare di determinazione dell'età deve essere definita dal Governo nel decreto legislativo di recepimento della direttiva 2011/36/UE, non può essere rinviata a un successivo decreto interministeriale, anche perché siu tratta di disciplina coperta da riserva di legge in materia di condizione dello straniero (articolo 10, comma 2 Cost.), di provvedimenti limitativi della libertà personale (articolo 13 Cost.) o di libertà di circolazione e soggiorno (articolo 16 Cost.) o di trattamenti sanitari obbligatori (articolo 32 Cost.) o di prestazioni personali (articolo 23 Cost.), nonché in materia di procedimenti e autorità giudiziarie. Inoltre, dal principio in base a cui la determinazione dell'età deve essere condotta secondo procedure appropriate, dunque secondo standard scientificamente attendibili, deriva che gli atti di natura interministeriale in materia debbano essere adottati dal Ministero della salute o quanto meno di concerto con tale Ministero. Infine, la legge delega specifica che la procedura di determinazione dell'età può essere applicata solo «se strettamente necessario», ovvero nel caso in cui in cui sussistano fondati dubbi sulla minore età della vittima di tratta e non risulti possibile ottenere prove documentali a riguardo.
Ciò considerato, si esprime parere favorevole a condizione che siano recepite le seguenti modificazioni all'articolo 4 dello Schema di decreto legislativo:
1) si recepisca l'articolo 13, comma 2 della direttiva 2011/36/UE, prevedendo che, ove l'età della vittima della tratta di esseri umani risulti incerta e vi sia motivo di ritenere che sia un minore, detta persona sia considerata minore al fine di ottenere accesso immediato all'assistenza, al sostegno e alla protezione previste per i minori vittime della tratta; a tal fine, i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio devono riferire al più presto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni presunta vittima della tratta di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio, ove vi sia motivo di ritenere che sia un minore;
2) sia disciplinata la procedura multidisciplinare di determinazione dell'età, nel rispetto dei criteri di delega stabiliti dalla legge 6 agosto 2013, n. 96, in particolare prevedendo che:
essa possa essere applicata solo se strettamente necessario, ovvero nel caso in Pag. 219cui in cui sussistano fondati dubbi sulla minore età della vittima di tratta e non disponga di documenti di identificazione, anche se scaduti, o non risulti possibile ottenere prove documentali a riguardo;
fino a quando l'interessato non sia stato identificato dalla competente rappresentanza diplomatico-consolare, esclusi i casi di domande di asilo, entro un termine ragionevole ovvero quando non siano disponibili i risultati della perizia sull'età disposta dall'autorità giudiziaria, anche su richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza, la minore età deve essere presunta e dunque si devono applicare le norme in materia di protezione dei minori, prevedendo in particolare il collocamento in una struttura di accoglienza per minori, la nomina del tutore e la sospensione dell'adozione e dell'esecuzione di tutte le misure che possano lederne i diritti, inclusi i provvedimenti di respingimento, di espulsione e di trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione;
nel rispetto del principio di presunzione della minore età in caso di dubbio e del principio del superiore interesse del minore, nel caso in cui dal primo esame effettuato sulla base di una determinata metodologia, scelta tra quelle meno invasive possibili, l'età anagrafica stimata risulti compatibile con la minore età, non si devono effettuare ulteriori esami, a meno che ciò sia nell'interesse del minore. Qualora invece l'età stimata non risulti compatibile con la minore età si procede ad ulteriori esami che si svolgono con una metodologia multidisciplinare;
l'accertamento dell'età deve svolgersi sulla base di un protocollo multidisciplinare, stabilito e aggiornato almeno ogni tre anni in base agli sviluppi della ricerca scientifica in materia di metodi per l'accertamento dell'età, deliberato dal Consiglio superiore di Sanità, previa consultazione pubblica di associazioni ed esperti, ed è svolto da una équipe medica, alla presenza del legale rappresentante e di un mediatore culturale, a meno che il presunto minore richieda che non siano presenti, previa informazione completa all'interessato del tipo di visita, delle sue conseguenze e della possibilità di rifiutarsi e previo colloquio da svolgersi con il presunto minore, nel rispetto del diritto alla partecipazione di cui all'articolo 12 della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, alla presenza di un mediatore culturale;
ogni Regione comunichi al Ministero della salute, al Ministero dell'interno e al Ministero della giustizia e alle autorità giudiziarie site nella regione stessa i centri medici specializzati che in ogni provincia sono competenti ad effettuare le perizie per l'accertamento dell'età, da individuarsi in strutture sanitarie pubbliche dotate di reparti pediatrici, capaci di garantire la minore variabilità possibile del giudizio espresso, nel rispetto delle migliori garanzie per il minore Tali strutture devono garantire che le procedure siano affidate sempre a personale in possesso di competenze mediche, radiologiche, pediatriche, neuropsichiatriche e psicologiche adeguate allo scopo ovvero di personale sanitario dotato di specifiche competenze ed esperienze in materia di metodi per l'accertamento dell'età e che i diversi professionisti adottino criteri di valutazione omogenei, al fine di evitare un'eccessiva difformità negli accertamenti;
si rinvii la disciplina delle norme di dettaglio a un decreto del Ministero della salute, su conforme parere del Consiglio superiore della sanità e previa consultazione anche delle associazioni di tutela degli stranieri, di concerto con Ministro con delega alle pari opportunità il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia e il Ministro degli affari esteri. Nel decreto devono essere comunque disciplinati i presupposti per l'accertamento dell'età, il trattamento del presunto minore nelle more dell'accertamento, l'autorità competente a disporre l'accertamento dell'età, la tutela, la legale rappresentanza e il consenso informato, i metodi e la procedura per l'accertamento dell'età, il principio di presunzione di minore età in caso Pag. 220di dubbio, l'attribuzione della data di nascita e comunicazione degli esiti della perizia, i provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali e la possibilità di stipula di protocolli locali per dare attuazione al protocollo nazionale;
3) valuti altresì il Governo l'opportunità di rendere applicabile la disciplina, salvo che altre disposizioni legislative statali dispongano diversamente, anche nelle ipotesi indicate dall'articolo 349 del codice di procedura penale e in qualsiasi altro tipo di procedimento amministrativo o giudiziario in cui sia necessario l'accertamento dell'età della persona straniera o apolide coinvolta.
Con riferimento all'articolo 5 in materia di obblighi di formazione, è sicuramente da condividere la previsione per cui siano previsti specifici moduli formativi sulla tratta nei percorsi di formazione delle Amministrazioni. Al fine di rendere più efficacie una previsione di tal genere sarebbe opportuno fornire un'indicazione più precisa in ordine ai destinatari di tale formazione. Si chiede pertanto che, così come indicato nel considerando 25 della direttiva europea, tale norma venga modificata nel senso che tali obblighi formativi debbano riguardare «operatori di polizia, guardie di frontiera, funzionari dei servizi per l'immigrazione, pubblici ministeri, avvocati, giudici e personale giudiziario, ispettori del lavoro, operatori sociali e dell'infanzia nonché personale sanitario e consolare» nonché eventualmente a «altri funzionari pubblici che possono entrare in contatto con vittime di tratta durante il loro lavoro». Si chiede inoltre che tale norma preveda che le associazioni maggiormente rappresentative nella tutela e assistenza delle vittime di tratta siano coinvolte nei moduli formativi, così com’è di prassi in ambito internazionale secondo l'approccio multidisciplinare e sulla scorta di quanto previsto dal considerando 6 della direttiva europea.
Quanto all'articolo 6 in materia di diritto di indennizzo, la previsione non recepisce quanto previsto dalla direttiva europea all'articolo 17, il quale impone agli Stati di provvedere affinché le vittime abbiano accesso ai sistemi vigenti di risarcimento delle vittime di reati dolosi violenti. Sotto tale profilo l'Italia, con il decreto legislativo 204/07, ha recepito solo parzialmente la direttiva 2004/80UE relativa all'indennizzo delle vittime di reato, con la conseguenza che l'attuale sistema è del tutto insufficiente a garantire un reale ed effettivo risarcimento dei danni subiti dalle persone che siano state vittime dei reati di tratta e riduzione o mantenimento in schiavitù. Quanto previsto dall'articolo 6 dello schema di decreto legislativo, peraltro, non sembra contribuire alla creazione di un sistema efficacie. Si è ritenuto di utilizzare per il risarcimento delle vittime il fondo di cui all'articolo 12 comma 3 della legge 228/03, istituito per finanziare i programmi di assistenza e integrazione sociale realizzati in favore delle vittime di tratta. In virtù di tale norma a tale Fondo sono assegnate le somme stanziate dall'articolo 18 decreto legislativo 286/98, i proventi della confisca disposta in seguito ad una sentenza per i reati connessi alla tratta ed i proventi della confisca ordinata per gli stessi delitti ex articolo 12-sexies decreto-legge 306/92. Stante la clausola di invarianza finanziaria di cui all'articolo 11 del presente schema di decreto legislativo la previsione così come è costruita sembra di difficile attuazione. Inoltre non può assolutamente condividersi quanto previsto al comma 2-ter dell'articolo 12 così come modificato, il quale stabilisce una somma forfetaria (euro 1.500,00) per ogni vittima, peraltro in misura estremamente esigua, se non offensiva, avuto riguardo a quanto subito dalle persone vittime di tratta di esseri umani. I danni che ciascuno subisce in seguito a vicende riconducibili alla tratta sono necessariamente diversi e soggettivi e non possono essere determinati in via equitativa e omogenea per tutti. Ancora, rispetto a quanto previsto al comma 12-quater, sembra del tutto inopportuno il termine decadenziale di un anno dal passaggio in giudicato della sentenza penale per la Pag. 221presentazione della domanda di accesso al Fondo rispetto all'obbligo di dimostrazione di aver esperito – dunque in tale breve lasso di tempo – l'azione civile e le procedure esecutive. Non è dato comprendere infatti come potrebbe una vittima riuscire a presentare la domanda di indennizzo senza incorrere nella suddetta decadenza se, com’è noto, i tempi della giustizia civile mai le consentirebbero entro lo stesso termine di aver concluso l'azione esecutiva dimostrando così il mancato risarcimento da parte dell'autore del reato.
All'articolo 7 si è ritenuto di investire del ruolo di «relatore nazionale o meccanismo equivalente» di cui all'articolo 19 della direttiva europea il Dipartimento per le pari opportunità, assegnandogli i compiti previsti dal legislatore europeo agli artt. 19 e 20 (lettere b) e c) dell'articolo 7) oltre che mantenendo in capo al Dipartimento stesso quelli che storicamente erano i compiti della Commissione per il sostegno alle vittime di tratta, violenza e grave sfruttamento presso il Dipartimento stesso (lettera a) articolo 7). Peraltro non è dato comprendere se tale intervento miri ad un definitivo smantellamento della Commissione stessa, scelta che non sarebbe condivisibile nell'ottica della opportunità di mantenere un organismo che, all'interno del Dipartimento – il quale ha molteplici competenze nel campo delle pari opportunità – si occupi esclusivamente del tema in questione. Al di là di tale aspetto, si ritiene di non condividere la previsione di cui all'articolo 7 poiché sarebbe opportuno che il meccanismo equivalente, per le funzioni che è chiamato a svolgere, sia un organismo indipendente, così come peraltro in altri paesi dell'Unione Europea.
L'articolo 8 reca modifiche all'articolo 18 decreto legislativo 286/98, con l'obiettivo di unificare i programmi di assistenza e integrazione sociale di cui all'articolo 18 stesso e all'articolo 13 legge 228/03 creando un unico «programma di emersione, assistenza e integrazione sociale» strutturato in due fasi, una prima di assistenza in via transitoria – evidentemente per quelle situazioni in cui si pone la necessità di verificare la reale situazione e la volontà della persona di aderire al programma – ed una seconda di prosecuzione dell'assistenza e integrazione sociale. Posto che tale previsione ricalca l'attuale prassi operativa, non è dato comprendere se la formalizzazione di un unico programma comporterebbe una riduzione dei finanziamenti degli enti pubblici e del privato sociale che oggi in tutta Italia si occupano dell'assistenza e protezione delle vittime, eventualità da scongiurare dove si voglia mantenere in vita l'attuale sistema anti tratta. Inoltre quanto previsto all'articolo 8 sembra rispondere alla necessità di recepire l'articolo 11 della direttiva europea, che prevede una serie di obblighi a carico degli Stati relativi all'assistenza e sostegno alle vittime di tratta di esseri umani. Tuttavia la suddetta norma europea non sembra essere stata completamente recepita. Sarebbe dunque necessario integrare l'articolo 8 dello schema di decreto legislativo con altre previsioni in linea con quanto disposto dal legislatore europeo. Si esprime dunque parere favorevole a condizione che siano recepite le seguenti modificazioni all'articolo 8 dello schema di decreto legislativo:
1) l'articolo 18 decreto legislativo 286/98 venga modificato anche al fine di introdurre la facoltatività della denuncia della vittima ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, aspetto già presente nel nostro ordinamento ma non esplicitamente previsto da norma di fonte primaria, bensì dal regolamento di attuazione, nello specifico l'articolo 27 decreto del Presidente della Repubblica 394/99. Si propone dunque che dopo il comma 1 dello stesso articolo 18 venga introdotto un comma 1-bis che preveda espressamente che il permesso di soggiorno viene rilasciato, in presenza dei presupposti di cui al comma 1 anche in assenza di querela da parte della persona straniera vittima di uno dei reati indicati nello stesso comma;Pag. 222
2) venga introdotta una norma nella legge n. 228/03 che preveda che il programma di assistenza sia garantito anche a coloro per i quali vi sia un ragionevole motivo di ritenere che siano stati vittime di uno dei reati di cui agli artt. 600, 601 e 602 c.p. Una simile previsione potrebbe essere inserita dopo il comma 1 dell'articolo 13 della legge 11 agosto 2003 n. 228 (comma 1-bis);
3) venga introdotta una norma nel decreto legislativo 286/98 (articolo 19 comma 2ter) che preveda che il respingimento o l'esecuzione dell'espulsione di persone per cui vi sia ragionevole motivo di ritenere che siano vittime di uno dei reati di cui agli artt. 600, 601 e 602 c.p. o comunque di una situazione di grave sfruttamento, resti sospeso fino a non sia accertata la eventuale sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno di cui all'articolo 18 decreto legislativo 286/98.
È apprezzabile la volontà, di cui all'articolo 9, di adottare il piano nazionale contro la tratta che l'Italia ancora oggi non possiede, sebbene vanti un sistema efficacie a tutela delle vittime di tratta. È auspicabile che tale piano contenga linee guida volte alla corretta identificazione delle vittime in adempimento a quanto disposto dal comma 4 dell'articolo 11 della direttiva europea. Si esprime pertanto parere favorevole alla previsione di cui all'articolo 9 dello schema di decreto legislativo chiedendo che sia altresì previsto, sulla scorta di quanto indicato nel considerando 6 della direttiva europea, il coinvolgimento nel lavoro di redazione di tale piano delle associazioni maggiormente rappresentative nella tutela e assistenza delle vittime di tratta siano ampiamente coinvolte.
Il primo comma dell'articolo 10, nel rimandare l'individuazione di misure di coordinamento tra i sistemi di tutela delle vittime di tratta e in materia di asilo alle Amministrazioni sembra violare i criteri di delega stabiliti dalla legge 6 agosto 2013, n. 96, il cui articolo 5, comma 1, lettera b) stabilisce che sia il Governo a «prevedere misure che facilitino il coordinamento tra le istituzioni che si occupano di tutela e assistenza alle vittime di tratta e quelle che hanno competenza sull'asilo, determinando meccanismi di rinvio, qualora necessario, tra i due sistemi di tutela». Inoltre il secondo comma dell'articolo 10, nello stabilire che allo straniero «sono fornite adeguate informazioni in lingua a lui comprensibile in ordine alle disposizioni di cui al predetto comma 1 nonché, ove ne ricorrano i presupposti, informazioni sulla possibilità di ottenere la protezione internazionale» non sembra essere sufficientemente chiaro in ordine alle modalità con cui tali informazioni sono fornite e ai soggetti cui spetta detto onere. Infine, si ritiene riteniamo che lo schema di decreto legislativo abbia dimenticato di recepire alcune norme di particolare rilevanza della direttiva europea 2011/36, alcune delle quali prevedono peraltro obblighi a carico degli Stati. Tra queste in particolare, in recepimento dell'articolo 8 della direttiva europea, è necessario introdurre nel nostro ordinamento una norma che preveda la clausola di non punibilità per chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto come conseguenza diretta di uno degli atti di cui agli artt. 600 e 601 c.p.
Giuseppe GUERINI (PD), relatore, osserva di aver ricevuto a sua volta dall'ASGI – Associazione che bene conosce – le osservazioni riportate dalla collega Colonnese e che certamente terrà in considerazione nella formulazione della proposta di parere.
Annalisa PANNARALE (SEL) auspica che l'ASGI possa essere ascoltata dalla Commissione in sede di audizione.
Michele BORDO, presidente, si riserva di sottoporre tale richiesta alla valutazione dell'ufficio di presidenza della Commissione; nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
Pag. 223
Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/62/UE che modifica la direttiva 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, al fine di impedire l'ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale.
Atto n. 56.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).
La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.
Filippo CRIMÌ
(PD), relatore, rileva che lo schema di decreto legislativo in esame è stato adottato sulla base della delega contenuta nella legge di delegazione europea 2013 – legge n. 96/2013 – allo scopo di recepire la direttiva 2011/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'8 giugno 2011 che modifica la direttiva 2001/83/UE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, al fine di impedire l'ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale.
Per il mancato recepimento della direttiva 2011/62/UE, la Commissione europea ha emesso un parere motivato il 20 novembre 2013, nell'ambito della procedura di infrazione n. 2013/147.
La direttiva, già presente nell'Allegato B della Legge comunitaria 2011, reca misure contro il sempre più diffuso fenomeno delle sostanze medicinali falsificate circolanti nel mercato europeo con gravi rischi per la salute umana. Le principali misure della direttiva in esame possono essere così sintetizzate: i medicinali soggetti a prescrizione medica devono presentare elementi caratteristici che consentano l'individuazione di ciascuna confezione attraverso tutta la catena di distribuzione e impediscano la manomissione delle confezioni stesse (o consentano di verificare l'integrità delle confezioni). Normalmente i farmaci che non necessitano di prescrizione medica non sono soggetti a tale obbligo, ma nell'ottica di prevenire i rischi la direttiva non esclude di estendere anche ad alcuni di essi l'applicazione di dispositivi di sicurezza degli imballaggi, anche nel caso di re-packaging.
Inoltre si prevede nella direttiva che la produzione di sostanze attive utilizzate nella composizione dei farmaci deve seguire le buone pratiche di fabbricazione, sia che tali sostanze provengano da paesi UE sia che si tratti di prodotti importati da paesi terzi.
Gli importatori, i fabbricanti e i distributori di sostanze attive dovranno essere registrati presso un'autorità competente con la qualifica di «intermediari». Inoltre i titolari delle autorizzazioni dovranno verificare – mediante controlli diretti – che i fabbricanti e i distributori di farmaci rispettino le buone pratiche.
In caso di sospetti circa l'autenticità delle sostanze medicinali utilizzate, i fabbricanti sono obbligati ad informarne le autorità competenti. Viene prevista la creazione di una rete informativa tra queste autorità in modo da impedire che le sostanze segnalate come sospette possano essere messe in circolazione.
L'Agenzia europea per i farmaci e le autorità nazionali competenti svolgono in collaborazione tra loro, periodiche ispezioni nelle sedi di produzione e di stoccaggio di sostanze utilizzate per uso medicinale.
Gli Stati membri sono responsabili della messa in atto di un sistema di controlli che impedisca l'introduzione in commercio di sostanze medicinali di dubbia origine, consentendo – anche mediante la collaborazione dei medici di base e degli operatori sanitari – il ritiro di tali sostanze qualora esse abbiano raggiunto il consumatore finale. È prevista anche la messa in atto di un sistema che consenta alle autorità nazionali, in caso di gravi rischi per la salute pubblica, di estendere l'allerta alle autorità degli altri Stati membri e di procedere immediatamente al ritiro dei farmaci pericolosi.
La nuova direttiva intende inoltre far fronte alla minaccia rappresentata dalla vendita illegale di farmaci tramite internet, pratica che favorisce la circolazione di medicinali falsificati. A tal proposito i siti Pag. 224internet che vendono medicinali devono contenere un link al sito internet dell'autorità statale competente, il quale a sua volta deve contenere una lista di tutti gli enti o persone autorizzate alla vendita di farmaci in rete.
Infine, gli Stati membri, che restano comunque titolari del potere di regolamentare la vendita al dettaglio dei medicinali, dovranno imporre sanzioni efficaci contro le attività di fabbricazione, importazione, distribuzione di sostanze medicinali falsificate.
Lo schema di decreto in esame si compone di 3 articoli e recepisce la direttiva introducendo modifiche puntuali al decreto legislativo 219/2006. per l'analisi delle quali rinvio alla nota predisposta dagli uffici e al testo a fronte in distribuzione.
Ricorda in estrema sintesi che l'articolo 1, composto da 32 numeri, interviene sul decreto legislativo n. 219/2006 modificando diverse norme dello stesso e inserendo articoli aggiuntivi.
L'articolo 2 dello schema di decreto contiene le disposizioni transitorie, mentre l'articolo 3 reca la clausola di invarianza degli oneri finanziari.
Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri.
Atto n. 65.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).
La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.
Paolo TANCREDI
(NCD), relatore, ricorda che lo schema di decreto legislativo n. 65 detta le disposizioni attuative della direttiva 2011/85/UE del Consiglio dell'8 novembre 2011, la quale definisce i requisiti per i quadri di bilancio nazionali, fissando le regole minime perché sia garantita l'osservanza da parte degli Stati membri dell'obbligo, derivante dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di evitare disavanzi pubblici eccessivi (articolo 126 TFUE).
Ricorda che lo schema in esame è adottato in attuazione delle delega contenuta negli articoli 1 e 8 e Allegato B della legge di delegazione europea 2013, legge 6 agosto 2013, n. 96 e che il termine di recepimento della Direttiva 2011/85/UE è fissato al 31 dicembre 2013 (articolo 15).
Segnala che la gran parte dei contenuti della Direttiva 2011/85/UE risulta sostanzialmente già trasposta, almeno in alcuni suoi principi essenziali e in talune sue parti, nella legge di contabilità, nonché nelle disposizioni di cui alla legge rinforzata n. 243/2013.
La direttiva si inserisce in un pacchetto di sei provvedimenti legislativi comunitari (cd. Six pack), volti all'istituzionalizzazione, a livello europeo, di un nuovo sistema di governance economica, il cui fulcro essenziale consiste nell'istituzione di un meccanismo di coordinamento ex ante delle politiche economiche comunitarie, nonché nella creazione di meccanismi rafforzati di controllo e di sorveglianza sugli squilibri macroeconomici e finanziari degli Stati membri, anche attraverso la fissazione di regole minime comuni per i quadri di bilancio nazionali.
Segnala, inoltre, che il nuovo sistema di governance ed in particolare l'adozione dei requisiti e delle regole minime dei quadri di bilancio degli Stati membri è stato successivamente implementato dall'entrata in vigore, il 30 maggio 2013, di due ulteriori regolamenti (cd. «two pack»: si tratta dei Regolamenti UE n. 472/2013 e n. 473/2013) che mirano a completare e rafforzare il six pack, rendendo più efficaci sia la procedura del semestre europeo, sia la parte preventiva e correttiva del Patto di stabilità e crescita, anche attraverso l'introduzione di disposizioni comuni per il Pag. 225monitoraggio e la valutazione dei progetti di bilancio degli Stati membri nell'Eurozona.
Passando alla illustrazione sintetica del contenuto dello schema di decreto in esame, ricorda che l'articolo 1 individua l'oggetto del decreto, esplicitando che lo stesso detta disposizioni attuative della direttiva 2011/85/UE del Consiglio, integrative delle disposizioni vigenti e, in particolare, di quelle contenute nella legge di contabilità pubblica n. 196/2009 e nella legge n. 243/2012.
L'articolo 2 integra i contenuti del Documento di economia e finanza, prevedendo che lo schema del Programma di stabilità e crescita da presentare alle istituzioni europee, rechi un confronto con le previsioni macroeconomiche e di bilancio della Commissione più aggiornate e illustri le differenze più significative con lo scenario macroeconomico e finanziario scelto e le previsioni della Commissione. Inoltre, gli obiettivi programmatici debbono essere definiti in coerenza con quanto previsto dall'ordinamento europeo (modifica alla lettera e) del comma 2, articolo 10 della legge n. 196/2009).
L'articolo, alla lettera c), sostituisce la disciplina attualmente vigente nella legge di contabilità nazionale (articolo 31) circa l'obbligo di evidenziazione delle garanzie statali, con una nuova norma di portata generale che ha riguardo alle passività potenziali genericamente intese delle pubbliche amministrazioni. Si prevede al riguardo che le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare informazioni inerenti le passività potenziali che possono avere effetti rilevanti sui bilanci ai sensi della Direttiva 2011/85/UE qui in esame. Tali nuove previsioni rispondono all'esigenza di recepire quanto previsto dall'articolo 14 della Direttiva, che prevede la pubblicazione – per tutti i settori della P.A. – delle informazioni sull'entità delle passività potenziali, ivi comprese le garanzie pubbliche, i crediti deteriorati e le passività derivanti dalla gestione delle imprese pubbliche, che possono avere effetti consistenti sui bilanci pubblici.
L'articolo 3 dello schema di decreto è relativo ai controlli sui sistemi di contabilità pubblica, i quali – ai sensi dell'articolo 3 della Direttiva, richiamato dallo schema – debbono essere interni e svolti attraverso una valutazione (audit) indipendente. L'articolo 3 prevede, inoltre, che le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 39/2010, che disciplina lo svolgimento dell'audit sui conti annuali e sui conti consolidati da parte dei revisori legali e società di revisione private non si applicano agli enti di cui all'articolo 1, comma 2 della legge di contabilità pubblica (enti inclusi nell'elenco dei soggetti facenti parte del conto economico consolidato della P.A redatto annualmente dall'ISTAT; Autorità indipendenti; amministrazioni pubbliche di cui alla disciplina sul pubblico impiego). Le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 39/2010 non si applicano altresì anche agli «altri enti ed organismi pubblici», diversi dalle società.
L'articolo 4, in attuazione dell'articolo 3, lettera b), par. 2 della direttiva 2011/85/UE, prevede che sia pubblicata dal Ministero dell'economia e delle finanze, in collaborazione con l'lSTAT, una tabella di riconciliazione in cui figurano la metodologia di transizione tra i dati sulla contabilità di cassa (o dati equivalenti della contabilità pubblica se i dati di cassa non sono disponibili) e i dati basati sulle norme SEC 95 e dunque elaborati in termini di competenza economica.
L'articolo 5 introduce un nuovo articolo 31-bis nella legge di contabilità nazionale, rubricato «gestioni fuori bilancio» in cui si prevede che le pubbliche amministrazioni rendano note annualmente le informazioni inerenti i fondi che non rientrano nei bilanci ordinari.
L'articolo 6 dispone che dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili, la norma prevede inoltre la clausola di invarianza finanziaria.
Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
Pag. 226
Schema di decreto legislativo recante modifica al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, in attuazione dell'articolo 30 della direttiva 2012/18/UE sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze.
Atto n. 68.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).
La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.
Magda CULOTTA
(PD), relatore, ricorda che la direttiva 2012/18/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012 – che lo schema di decreto legislativo in esame è volto a recepire – reca una revisione della direttiva 96/82/CE sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (cd. direttiva Seveso II), resasi necessaria a seguito delle modifiche apportate al sistema europeo di classificazione delle sostanze pericolose cui la direttiva fa riferimento.
Ai sensi dell'articolo 31 della direttiva, gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 31 maggio 2015. Lo stesso articolo tuttavia prevede un termine più ravvicinato (14 febbraio 2014) limitatamente al recepimento dell'articolo 30, che riguarda il trattamento degli oli combustibili densi.
Tale modifica comporta una integrazione dell'allegato I, parte 1, della direttiva Seveso, relativo alle sostanze pericolose.
Più in particolare, l'elenco delle sostanze specificate nella parte 1 viene integrato inserendo anche gli oli combustibili densi nella sezione riguardante i prodotti petroliferi. In tal modo per gli oli combustibili densi, come per gli altri prodotti petroliferi già compresi nell'elenco (benzine e nafte, cheroseni e gasoli), la quantità limite ai fini dell'applicazione degli articoli 6 e 7 della direttiva Seveso (notifica all'autorità competente e redazione di un documento sulla propria politica di prevenzione degli incidenti rilevanti) sarà di 2.500 tonnellate e, ai fini dell'applicazione dell'articolo 9 (presentazione di un rapporto di sicurezza), sarà di 25.000 tonnellate.
Con la modifica operata dall'articolo 30 della direttiva 2012/18/UE, dunque, le quantità limite di applicazione risultano elevate di parecchio, con conseguente probabile riduzione di oneri per numerosi stabilimenti (si tratta soprattutto di centrali termoelettriche). Va considerato infatti che, per effetto delle nuove soglie, risulteranno soggetti agli obblighi di cui al decreto legislativo n. 334 del 1999, di recepimento della direttiva Seveso, gli stabilimenti in cui tali sostanze risultano presenti in quantità notevolmente superiori rispetto a quanto attualmente previsto.
Secondo quanto rilevato nella analisi tecnico normativa che accompagna il provvedimento, a fronte dell'intervento normativo oggetto dello schema di decreto legislativo, sembra prevedibile anche una corrispondente diminuzione degli adempimenti (nonché dei relativi costi) a carico dei diversi soggetti pubblici coinvolti nell'applicazione delle misure previste dallo stesso decreto. n. 334/99 per il controllo dei rischi di incidenti rilevanti (autorità di controllo, vale a dire vigili del fuoco – CTR, e regioni; prefetture relativamente alla pianificazione d'emergenza esterna e comuni con riguardo all'informazione della popolazione).
Lo schema di decreto legislativo in titolo si compone di due articoli finalizzati al recepimento dell'articolo 30 della direttiva 2012/18/UE.
A tal fine l'articolo 1, comma 1, dello schema di decreto legislativo in titolo novella la sezione «prodotti petroliferi» della parte 1 dell'allegato I al decreto legislativo 334/1999 aggiungendovi, alla lettera d), gli oli combustibili densi.
Il comma 2 del medesimo articolo prevede l'applicazione della citata disposizione a decorrere dal 15 febbraio 2014.Pag. 227
L'articolo 2 reca una clausola di invarianza della spesa in base alla quale dall'attuazione del decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
La delega per il recepimento della direttiva 2012/18/UE è stata concessa al Governo dalla legge di delegazione europea 2013 (legge 96/2013), che contiene, nell'allegato B, la citata direttiva.
Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.50.
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.50 alle 15.
AVVERTENZA
I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:
ATTI DEL GOVERNO
Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici.
Atto n. 50.