UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Martedì 2 luglio 2013.
L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 10.10 alle 10.30.
COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE
Martedì 2 luglio 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO.
La seduta comincia alle 10.30.
Sugli esiti della riunione interparlamentare organizzata dalla Commissione libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) e dalla Commissione giuridica (JURI) del Parlamento europeo «Il programma di Stoccolma: stato dell'arte della cooperazione di polizia e giudiziaria nelle materie civili e penali» (Bruxelles, 20 giugno 2013).
Francesco Paolo SISTO, presidente, ricorda che lo scorso 20 giugno il deputato Famiglietti, in rappresentanza della I Commissione, ha effettuato una missione a Bruxelles per partecipare alla riunione interparlamentare organizzata dalla Commissione libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) e dalla Commissione giuridica (JURI) del Parlamento europeo «Il programma di Stoccolma: stato dell'arte della cooperazione di polizia e giudiziaria nelle materie civili e penali».
In esito allo svolgimento della missione, il deputato Famiglietti ha quindi presentato una relazione sui temi oggetto della predetta riunione (vedi allegato 1).
La Commissione prende atto.
La seduta termina alle 10.35.
ATTI DELL'UNIONE EUROPEA
Martedì 2 luglio 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO.
La seduta comincia alle 10.35.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Istituire un programma di formazione europea delle autorità di contrasto.
COM (2013) 172 final.
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione e la formazione delle autorità di contrasto (Europol) e abroga le decisioni 2009/371/GAI del Consiglio e 2005/681/GAI del Consiglio.
COM (2013) 173 final.
(Seguito dell'esame congiunto, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti, rinviato, da ultimo nella seduta del 27 giugno 2013.
Francesco Paolo SISTO, presidente e relatore, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Pag. 77Programma di lavoro della Commissione europea per il 2013 e relativi allegati.
COM(2012) 629 final.
Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea per il periodo 1o gennaio 2013-30 giugno 2014.
17426/12.
Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2013.
Doc. LXXXVII-bis, n. 1.
(Parere alla XIV Commissione).
(Seguito dell'esame congiunto e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti, rinviato, da ultimo, nella seduta del 27 giugno 2013.
Gregorio GITTI (SCpI), relatore, nel richiamare quanto da lui evidenziato nella relazione illustrativa sugli atti in titolo, formula una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 2).
Matteo BRAGANTINI (LNA) chiede che la Commissione possa disporre di un tempo adeguato per valutare la proposta di parere del relatore prima di procedere al voto.
Danilo TONINELLI (M5S) si associa alla richiesta del deputato Bragantini.
Francesco Paolo SISTO, presidente, sentito il relatore, propone di rinviare la votazione della proposta di parere del relatore ad altra seduta, da convocare al termine delle votazioni pomeridiane dell'Assemblea.
La Commissione concorda.
Francesco Paolo SISTO, presidente, rinvia il seguito dell'esame alla seduta che sarà convocata al termine delle votazioni pomeridiane dell'Assemblea.
La seduta termina alle 13.15.
SEDE CONSULTIVA
Martedì 2 luglio 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO.
La seduta comincia alle 13.15.
DL 61/2013: Nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale.
C. 1139 Governo.
(Parere alle Commissioni VIII e X).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.
Maurizio BIANCONI (PdL), relatore, ricorda che il decreto-legge in titolo è il terzo provvedimento d'urgenza adottato negli ultimi dieci mesi per fronteggiare l'emergenza ambientale ed occupazionale dello stabilimento ILVA di Taranto. Esso fa seguito ai decreti-legge 7 agosto 2012, n. 129, e 3 dicembre 2012, n. 207. Quanto al contenuto, il decreto in esame è modellato sul decreto-legge n. 207 ora citato, che contiene sia una disciplina di carattere generale per le imprese in situazioni come quelle dell'ILVA, sia disposizioni specifiche per l'ILVA. Peraltro, le disposizioni del decreto-legge n. 207 sono state oggetto di valutazione da parte della Corte costituzionale, sotto diversi profili, ma le questioni sollevate sono state dichiarate infondate (sentenza n. 85 del 2013).
Venendo brevemente al contenuto del decreto, ricorda che l'articolo 1 prevede che il Consiglio dei ministri possa deliberare il commissariamento straordinario di imprese che gestiscano stabilimenti di interesse strategico nazionale, la cui attività produttiva comporti pericoli gravi e rilevanti per l'integrità dell'ambiente e della salute a causa della inosservanza dell'autorizzazione integrata ambientale.
Peraltro, la disposizione rinvia, per l'individuazione degli stabilimenti suscettibili di portare al commissariamento, all'articolo Pag. 781 del già citato decreto-legge n. 207 del 2012. Tale rinvio non è chiarissimo, per il modo in cui è formulato, ma sembra doversi intendere nel senso che gli stabilimenti di cui si parla sono quelli che – oltre alle caratteristiche indicate dal decreto-legge in esame – presentano le ulteriori caratteristiche previste dall'articolo 1 del decreto-legge n. 207: vale a dire sono stabilimenti i quali hanno determinate dimensioni in termini di lavoratori occupati e per i quali vi è una assoluta necessità di salvaguardare l'occupazione e la produzione.
Il commissario straordinario è nominato con decreto del Presidente del Consiglio e si avvale di un subcommissario nominato dal ministro dell'ambiente. La norma specifica che durante il regime di commissariamento – che dura 12 mesi e può essere prorogato fino a un massimo di 36 mesi – la prosecuzione dell'attività produttiva dovrà essere funzionale alla conservazione della continuità aziendale e alla destinazione prioritaria delle risorse aziendali alla copertura dei costi necessari per gli interventi volti all'ottemperanza alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale.
Contestualmente alla nomina del commissario straordinario, viene nominato dal ministro dell'ambiente un comitato di tre esperti, che ha il compito di predisporre uno specifico piano di risanamento, la cui approvazione, da parte del ministro dell'ambiente, «equivale a modifica dell'autorizzazione integrata ambientale» (così si esprime l'articolo 1, comma 7). Alla luce del piano di risanamento, il commissario predispone un piano industriale che preveda misure per consentire la continuazione dell'attività produttiva nel rispetto delle prescrizioni di tutela ambientale, sanitaria e di sicurezza contenute nel piano di risanamento e nella autorizzazione integrata ambientale. Il piano industriale è adottato dal ministro dello sviluppo economico.
Dopo l'adozione dei due piani, il commissario cura la gestione dell'impresa nel rispetto dei piani. Prima di allora, invece, il commissario è tenuto a garantire la progressiva adozione delle misure previste dall'autorizzazione integrata ambientale e dalle altre autorizzazioni e prescrizioni in materia ambientale e sanitaria, curando nel contempo la prosecuzione dell'attività di impresa.
Quanto ai poteri, il commissario ha tutti i poteri e le funzioni degli organi di amministrazione dell'impresa. Nel contempo sono sospesi i poteri dei titolari dell'impresa e, se questa è costituita in forma societaria, anche i poteri dell'assemblea. Le linee di credito e i rapporti debitori dell'azienda sono conseguentemente trasferiti al commissario. Il Presidente del Consiglio può inoltre sostituire i componenti degli organi di controllo.
Sono previste garanzie nei confronti della parte proprietaria dell'impresa. In particolare, questa deve essere informata sull'andamento della gestione e sulle misure adottate dal commissario per l'espletamento dei suoi compiti e può inoltre interloquire, formulando osservazioni, sia sullo schema del piano di risanamento ambientale, sia sullo schema del piano industriale, prima che gli stessi siano adottati.
Per assicurare la celerità del procedimento, sono fissati termini per ciascuno degli atti intermedi: nomina del commissario, del comitato, predisposizione e adozione dei piani, presentazione e valutazione delle osservazioni sui piani, e così via.
Quanto alle responsabilità del commissario, sono previste alcune limitazioni. In particolare, è previsto che la predisposizione dei piani e l'osservanza delle misure dei piani stessi equivalgono all'adozione di idonei modelli di organizzazione dell'impresa ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2006, che reca la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. Il decreto citato prevede all'articolo 5 che l'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché Pag. 79da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso, ma l'articolo 6 precisa che l'ente non risponde di questi reati se prova che l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire quel tipo di reati. Inoltre, la responsabilità del commissario straordinario viene limitata anche in relazione a eventuali diseconomie dei risultati di gestione: viene ammessa solo nei casi di dolo o colpa grave.
Ancora, il decreto-legge in esame prevede che il giudice competente provveda a svincolare le somme già oggetto di sequestro in sede penale nonché quelle oggetto di sequestro preventivo ai sensi del citato decreto legislativo n. 231 del 2001 in danno dei soggetti obbligati dall'autorità amministrativa all'esecuzione delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e delle misure di risanamento ambientale in relazione ai reati connessi all'attività imprenditoriale. Le somme svincolate sono messe a disposizione del commissario e destinate esclusivamente alle misure connesse alle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e al risanamento ambientale.
I proventi derivanti dall'attività dell'impresa commissariata restano nella disponibilità del commissario nella misura necessaria all'attuazione dell'autorizzazione integrata ambientale ed alla gestione dell'impresa.
Infine, l'articolo 1 regola il profilo del compenso spettante al commissario straordinario e al sub commissario, rinviando a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
L'articolo 2, a sua volta, stabilisce che i presupposti per il commissariamento ex articolo 1 sussistono per la società ILVA. In sostanza, viene saltato il passaggio della deliberazione del Consiglio dei ministri prevista nella disciplina generale.
A parte questo, l'articolo modifica il decreto-legge n. 207 del 2012 al fine di qualificare come «stabilimenti di interesse strategico nazionale» tutti gli impianti siderurgici della società ILVA S.p.A., e non solo quello di Taranto, com'era previsto nel decreto-legge n. 207.
Sempre l'articolo 2 precisa il criterio di determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal decreto-legge n. 207 per l'inosservanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale. Mentre prima si prevedeva unicamente un ammontare massimo della sanzione (pari al 10 per cento del fatturato della società), ora viene stabilito anche un importo minimo, che è di 50.000 euro, «esclusa l'oblazione», dice la norma in esame, intendendo – presumibilmente – la cosiddetta «oblazione amministrativa», ossia il pagamento in misura ridotta disciplinato dall'articolo 16 della legge n. 689 del 1981.
L'articolo precisa poi che le attività di accertamento, contestazione e notificazione delle violazioni sono svolte dall'ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Viene infine previsto che i proventi delle sanzioni irrogate siano finalizzati al finanziamento degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e risanamento ambientale del territorio interessato.
In attesa di vedere quali modifiche saranno apportate al testo dalla Commissione di merito, osserva che sarebbe forse opportuno determinare meglio i presupposti per il commissariamento delle imprese, anche chiarendo la portata del rinvio all'articolo 1 del decreto-legge n. 207 del 2012.
Con riferimento poi ai presupposti indicati da quest'ultimo decreto, ritiene che si dovrebbe forse ragionare sul criterio rappresentato dal numero dei lavoratori occupati. Come accennato, infatti, l'articolo 1 del decreto-legge n. 207 parla degli stabilimenti che – oltre ad essere di interesse strategico nazionale – occupano da almeno un anno un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento.
Ritiene infine che occorra riflettere sull'ampiezza delle esenzioni di responsabilità Pag. 80previste in favore del commissario straordinario per la gestione dell'impresa nel regime commissariale.
Si riserva quindi di presentare una proposta di parere una volta che la Commissione di merito abbia concluso l'esame degli emendamenti.
Francesco Paolo SISTO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 13.30.
SEDE REFERENTE
Martedì 2 luglio 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO. – Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Sesa Amici.
La seduta comincia alle 13.30.
Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore.
C. 15 d'iniziativa popolare, C. 186 Pisicchio, C. 199 Di Lello, C. 255 Formisano, C. 664 Lombardi, C. 681 Grassi, C. 733 Boccadutri, C. 961 Nardella, C. 1154 Governo, C. 1161 Rampelli e petizione n. 43.
(Seguito dell'esame e rinvio).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 27 giugno 2013.
Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.
Maurizio BIANCONI (PdL) si dice convinto che dalla Commissione debba uscire un testo che preveda l'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, ma non perché a suo tempo si tenne un referendum in questo senso. È stato infatti rammentato, con ottime motivazioni, come quel referendum non possa avere peso argomentativo; si aggiunga che è strumentale rammentare solo quel referendum – pretesamente disatteso – e non altri realmente e sostanzialmente disattesi, come quelli per l'abolizione dei Ministeri della sanità e dell'agricoltura o quello per la responsabilità civile dei magistrati.
Chiarisce che non ritiene che l'abolizione del finanziamento pubblico sia una scelta positiva per il funzionamento del sistema democratico, né che sia un atto di democrazia. La democrazia prevede infatti che tutti i partiti possano vivere e far politica: i piccoli e i grandi, quelli dei più ricchi e quelli dei più poveri. La democrazia prevede che i partiti possano far politica nell'interesse della comunità, liberi da vincoli che ne limitino l'azione e liberi anche da sponsor più o meno generosi, singoli o diffusi: e che siano ricchi industriali o capaci cooperative, poco cambia. Il finanziamento pubblico – a suo avviso – assicura molte di queste esigenze ed è e rimane un fatto di democrazia. Ma poiché gli italiani, la stampa, i media, i maestri del pensiero, e molti gruppi presenti in Parlamento, non escluso quello del Popolo della libertà, ne reclamano a gran voce l'abolizione, allora lo si abolisca.
Osserva che non è la prima volta che alla politica è imposta da circostanze ambientali una scelta sbagliata e pur tuttavia ineludibile e confida fortemente che pagato il prezzo si possa tornare a ragionare col buon senso. Perciò ritiene ineludibile in questa fase assecondare l'onda che proviene dall'opinione pubblica, ancorché abilmente alimentata. Per avere credibilità, però, occorre fare veramente quello che si dichiara, quello che è stato promesso, quello che è stato chiesto. Bisogna cioè abolire veramente ogni sostegno finanziario dello Stato ai partiti.
Ritiene tuttavia che tagliare le dazioni dirette per ripiegare su quelle indirette non sia la scelta migliore. Le dazioni dirette hanno infatti un costo preciso e predeterminato, a differenza di quelle indirette, e possono contare su un miglior Pag. 81utilizzo rispetto alle caratteristiche e peculiarità di ogni partito o movimento politico: per esempio Fratelli d'Italia spenderà per le sedi, Scelta Civica per la convegnistica di qualità, il Popolo della libertà per i cocktail party, il Partito democratico per le marce della pace: insomma, con le dazioni dirette, ognuno impegnerebbe i denari erogati in conformità al proprio modello di organizzazione per ottimizzare comunicazione e consenso. Togliere le dazioni dirette e poi spendere più o meno tutte le risorse per gli accessi in TV, per ottenere sedi dal Demanio e così via è da un lato negativo, dall'altro inevitabilmente non conforme alle promesse iniziali.
Ritiene quindi che la dazione del 2 per mille non debba essere prevista nella normativa: sia perché si tratta pur sempre di un finanziamento pubblico, essendo quei cespiti tolti alla fiscalità generale, sia perché la dazione del privato al singolo partito presenta – a suo parere – problemi complicati di costituzionalità, di privacy, di opportunità.
La dazione «cumulativa» risponde ad un tentativo, peraltro, già fatto anni fa e risultato fallimentare. Così stando le cose, se alla rapidità da più parti invocata si vuole aggiungere la credibilità, non appare possa esservi altra via che affidarsi al mero finanziamento privato, il cui soggetto agente non avrà altro beneficio, se non la detrazione fiscale prevista. Quanto a questa, non dovrà essere quella prevista nel disegno di legge del Governo, in quanto – a suo parere – si dovrebbe prevedere l'allineamento della detrazione per le erogazioni ai partiti alla minor detrazione prevista dal sistema tributario nazionale per le donazioni ad enti, fondazioni e quant'altro.
Quanto ai «tetti» per le erogazioni liberali, dichiara di non credere alla loro efficacia, giacché la loro possibile elusione è realizzabile in modo banale e legale. D'altra parte, se l'introduzione di tetti accontenta lo spirito un po’ giacobino e un po’ pauperista di qualcuno, o comunque tranquillizza le coscienze, venga pure il tetto.
Ritiene invece che la progressività prevista dalla norma transitoria per l'entrata in vigore del provvedimento sia un passaggio di buon senso, che, più che ai partiti, è utile all'erario, che, senza di essa, rischierebbe di vedere un allargamento del ricorso alla Cassa integrazione in deroga. Ciò risulterebbe peraltro assurdo, perché si restituirebbe con la sinistra, per evidente necessità oggettiva, quello che si era tolto con la destra.
A proposito di finanziamento pubblico ai partiti, poi, si è sentito parlare di Europa. Al riguardo, non intende argomentare perché pare che l'Europa sia diventata la parolina magica che si tira fuori alla bisogna e per lo più ad usum Delphini.
Detto questo, per quel che riguarda il finanziamento della politica, ritiene che il vero problema sollevato da questo disegno di legge sia un altro ed emerga dalla lettura dell'articolo 2, comma 2, del disegno di legge del Governo, che, con semplicità estrema, afferma che il concetto costituzionale di «metodo democratico», di cui all'articolo 49 della Costituzione è «assicurato anche» dalle disposizioni recate dallo stesso disegno di legge del Governo. Si tratta di un metodo di legiferare erroneo. Si integra e si amplia il dettato costituzionale con una legge ordinaria, di modo che, se questa linea di intervento passasse, l'articolo 49 della Costituzione dovrà essere letto di fatto e di diritto, nel suo insieme, nei termini previsti dall'articolo 2 di questo disegno di legge, il quale, al comma 2, afferma che «L'osservanza del metodo democratico, ai sensi dell'articolo 49 della Costituzione, è assicurata anche attraverso il rispetto delle disposizioni della presente legge». Appare tuttavia ridicolo immaginare un articolo costituzionale vincolato a un testo di legge ordinaria, e per di più immutabile e permanente. Si tratta di una abnormità metodologica e di una incostituzionalità sulla quale un approfondimento sarebbe d'obbligo. A parte questo, resta il fatto incontrovertibile, mai visto né sentito prima, che con una legge ordinaria si modifica sostanzialmente un testo costituzionale, e Pag. 82neppure tanto nell'interpretazione, cosa che – a suo parere – non si può proprio fare.
Ritiene peraltro che questa operazione contraddica anche altri aspetti della Costituzione. I costituenti, nel redigere l'articolo 49, nulla di più vollero dire di quanto dissero e, come attestano i lavori preparatori – e come ha ricordato un collega in un sapiente intervento in questa Commissione – la questione non si poneva per l'organizzazione interna dei partiti, ma per le finalità esterne degli stessi. Fatto sta che, anche grazie a quella saggia e coraggiosa scelta, la giovane Repubblica italiana – bistrattata e vituperata, uscita da una guerra sciagurata e perduta, rasa al suolo da un'invasione di eserciti stranieri e da una guerra civile e dai suoi drammatici strascichi – si permise di far concorrere alla formazione della politica nazionale partiti come quelli monarchici – perché ve ne furono più di uno – cioè partiti portatori di una forma di governo non più ripristinabile, oltre a neofascisti e comunisti, anche quando seguaci di Stalin. Questa giovane repubblica, insomma, garantì ad ogni movimento che avesse la forza di farlo di poter concorrere a determinare la politica nazionale, nulla sindacando sulle sue finalità e sulle sue strutture interne. Per questo, anche per questo, l'Italia è una democrazia giovane ma solidissima. Distruggere tutto questo – e neppure per sindacare le finalità esterne, ma per verificare le strutture interne – è un salto indietro nel tempo e nella storia e rischia di condurre in un pericoloso tunnel di incertezze che mai avevano sfiorato le libertà di tutti.
La scelta del Governo di introdurre forme di controllo interno può forse essere stata indotta dal desiderio di «ben figurare» dopo aver promesso un'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti che, per come è concepito il disegno di legge, non è interamente realizzata. Ma questa scelta rischia di contribuire al successo di quel disegno culturale e politico che vede nei partiti politici, nelle istituzioni, nella politica in generale soltanto un ostacolo al progresso e all'affermazione di quella che si ritiene essere la vera democrazia: vale a dire quella tecnocratica e dei mercati; e rischia di dar seguito a chi immagina la politica come l'eterna estrinsecazione dell'uomo solo al comando, con partiti ed istituzioni squattrinate, deboli, farraginose.
Su questo versante, ritiene che si potrebbe ragionare all'infinito, ma preferisce fermarsi qui. Nella sostanza il disegno di legge, ad una attenta lettura, finisce per apparire come un tentativo di intervenire sulla Costituzione in una guisa del tutto impropria e censurabile e finisce con il tentare di imporre ai partiti un inaccettabile e inqualificabile schema di organizzazione interna, laddove l'articolo 49 non solo non ha posto limiti alle estrinsecazioni esterne dei partiti, purché nel rispetto del metodo democratico, ma tantomeno ha indicato modelli di struttura interna.
Ritiene che, come ogni altra associazione privata, il partito o movimento dovrà avere, a garanzia dei terzi, un rappresentante legale, una sede, dei tesorieri, uno statuto nel quale ognuno scriverà quello che vuole, purché non contrario a norme imperative di legge, all'ordine pubblico e al buon costume, come si diceva una volta. Niente di più, però, deve essere imposto. Pretendere di determinare processi interni dei partiti, il loro funzionamento, la selezione della classe dirigente e delle candidature porrebbe l'Italia fra le democrazie apparenti, che limitano la partecipazione alla competizione democratica nel modo di Paesi non democratici.
A suo avviso, i criteri selettivi non rilevano: seguono l'ethos locale. Non deve riguardare il legislatore se il partito debba essere partito-web o partito dei gazebo o delle sezioni o di altro tipo; se la direzione debba essere di un comitato centrale o di un presidente; se debbano esserci le elezioni primarie o l'estrazione a sorte delle candidature. Sono questioni che riguardano i partiti e gli elettori che hanno la possibilità, meglio il diritto, anzi meglio ancora il diritto-dovere di scegliere. Forme di democrazia assistita e balbettante come quella immaginata dal disegno di legge del Pag. 83Governo non solo non fanno crescere la democrazia, ma danno forza agli altri poteri, che penetrano nell'organizzazione politica e la piegano ai propri scopi. Non a caso, chi dovrebbe decidere sulle congruità organizzative dei partiti sarebbe secondo il disegno di legge una Commissione, quella prevista dall'articolo 9, comma 3, della legge n. 96 del 2012, che è nominata e composta da magistrati. Ecco quindi che si inizia con il togliere il finanziamento pubblico diretto – senza effettivamente sopprimere il finanziamento pubblico – e si finisce con il variare in modo improprio la Costituzione, imponendo un modello di partito e mettendo il sistema democratico sotto il controllo della magistratura: in attesa, verrebbe da dire, di completare il raid concependo un esecutivo tecnico, o qualcosa del genere, lontano dalle aspettative e dagli interessi della comunità che il Parlamento ha il dovere di rappresentare al meglio. Né del resto, sarebbe accettabile l'argomentazione – che suonerebbe anzi palese finzione, come è già stato sostenuto in questa Commissione – secondo cui le imposizioni dell'articolo 2 sarebbero cogenti solo quando si voglia ottenere le agevolazioni e i finanziamenti previsti dal provvedimento. Infatti non ci sono né possono esserci partiti di serie A e di serie B, specialmente in questo contesto. Con la «costituzionalizzazione» di fatto di un modello di partito si esclude ab origine la possibilità per i partiti di scegliere: soltanto il proporlo offende il buon senso, oltre che i principi fondamentali della Costituzione.
Giuseppe LAURICELLA (PD) ricorda come il principio democratico, sancito dall'articolo 1 della Costituzione, stia a fondamento della Costituzione stessa, la quale in ogni suo passaggio lo riafferma e lo esplicita in concreto. A questo principio fondamentale si riconnette anche il principio della tutela del pluralismo partitico, nel senso che un sistema istituzionale non può essere democratico se non ci sono più partiti politici. Questi ultimi sono un tramite imprescindibile tra la società e le istituzioni. Non è un caso che la Costituzione ne tratti nella parte I, intitolata ai diritti e ai doveri dei cittadini, e segnatamente nel titolo IV di questa, che enuncia i principi in materia di rapporti politici. Questa collocazione sistematica della disposizione sui partiti sta a significare che nel disegno costituzionale il momento essenziale sta nella libertà dei cittadini di associarsi per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Il metodo democratico di cui parla la Costituzione deve essere riferito, d'altra parte, tanto alla vita esterna dei partiti, nel loro confronto reciproco, quanto alla vita interna degli stessi. La Costituzione, cioè, esige, da una parte, che anche le minoranze possano partecipare alle competizioni elettorali, a prescindere dalle loro capacità di finanziamento, e, dall'altra parte, che le modalità organizzative interne dei partiti siano tali da assicurare la democrazia interna.
Rileva quindi come anche le audizioni svolte dalla Commissione abbiano confermato che, se non sussiste un obbligo costituzionale al finanziamento pubblico dei partiti, non esiste tuttavia neanche un divieto in tal senso. Peraltro, va considerato che eliminare del tutto il finanziamento pubblico significa privare i partiti di autonomia nei confronti della finanza e dell'economia, a danno del principio democratico e a tutto vantaggio di pochi, in quanto il finanziamento pubblico è proprio il mezzo per assicurare l'autonomia della politica rispetto alla finanza e all'economia.
Nel sottolineare come le audizioni già ricordate abbiano evidenziato che nel resto dell'Europa si utilizzino sistemi di finanziamento della politica misti – cioè con finanziamento in parte pubblico, in parte privato – e che nel Regno unito si sta addirittura pensando di rafforzare il canale del finanziamento pubblico, esprime l'avviso che si dovrebbe correggere il sistema di finanziamento pubblico italiano, che ha conosciuto certamente degli eccessi, evitando però di cadere nell'eccesso opposto, passando ad un sistema basato integralmente su finanziamenti privati. A suo avviso, occorre piuttosto puntare Pag. 84ad un finanziamento pubblico che sia giusto, mirato, trasparente e controllato. Così, ad esempio, nelle elezioni dove è previsto il voto di preferenza, occorre assicurare ai singoli candidati strumenti minimi per partecipare alla campagna elettorale, fissare limiti di spesa e prevedere rimborsi per le spese elettorali effettivamente sostenute.
Conclude esprimendo l'auspicio che il Parlamento non sacrifichi il principio democratico sull'onda emotiva del presente momento storico, ma sappia invece guardare al futuro per assicurare al Paese le condizioni per il pluralismo nella competizione politica.
Francesco Paolo SISTO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza.
C. 9 d'iniziativa popolare, C. 200 Di Lello, C. 250 Vendola, C. 273 Bressa, C. 274 Bressa, C. 349 Pes, C. 369 Zampa, C. 404 Caparini, C. 463 Bersani, C. 494 Vaccaro, C. 525 Marazziti, C. 604 Fedi, C. 707 Gozi, C. 794 Bueno, C. 945 Polverini, C. 1204 Sorial e C. 1269 Merlo.
(Seguito dell'esame e rinvio – Abbinamento delle proposte di legge nn. 604 Fedi, 1204 Sorial e 1269 Merlo).
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 27 giugno.
Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che sono state assegnate alla Commissione le proposte di legge n. 604, a prima firma del deputato Fedi, recante «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di riacquisto della cittadinanza»; n. 1204, a prima firma del deputato Sorial, recante «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza per nascita e di acquisto della cittadinanza»; e n. 1269, a prima firma del deputato Merlo, recante «Modifica all'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di reintegrazione della cittadinanza in favore delle donne che l'hanno perduta a seguito del matrimonio con uno straniero e dei loro discendenti».
Poiché le suddette proposte di legge vertono sulla stessa materia di quelle in titolo, avverte che ne è stato disposto l'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento.
Annagrazia CALABRIA (PdL), relatore, illustrando – anche a nome del relatore Bressa – le proposte di legge abbinate, testé richiamate dal presidente, ricorda che la proposta di legge n. 1204 Sorial e altri reca una preliminare disposizione programmatica, ai sensi della quale, in attesa della riforma della disciplina dell'immigrazione e di un intervento normativo organico in materia di asilo che diano effettiva applicazione ai princìpi dell'articolo 10 della Costituzione, la proposta di legge stessa dispone l'ampliamento dei requisiti per l'acquisto della cittadinanza italiana, quale misura di integrazione positiva, idonea a produrre inclusione sociale e il riconoscimento del percorso di radicamento avviato nel territorio nazionale dalle persone di origine straniera che vi sono nate e stabilmente vi abitano e intendono, con pari diritti e doveri, partecipare alla vita culturale e socio-politica italiana. Su questa premessa, la proposta Sorial prevede che acquisti la cittadinanza chi è nato in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno residente legalmente in Italia da non meno di tre anni; nonché chi è nato in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno nato in Italia e residentevi legalmente da non meno di un anno.
Quanto alla procedura, la cittadinanza nei casi suddetti si acquista con una dichiarazione di volontà fatta all'ufficiale dello stato civile dal genitore dell'interessato o da chi esercita la potestà parentale secondo l'ordinamento del Paese di origine; la dichiarazione di volontà va trascritta nell'atto di nascita. In alternativa, l'interessato può esprimere direttamente la propria volontà quando raggiunge la maggiore età. Pag. 85
È previsto che, sempre al raggiungimento della maggiore età, il soggetto che abbia ottenuto la cittadinanza italiana su richiesta dei genitori possa rinunciarci, se in possesso di altra cittadinanza.
Una disposizione transitoria, infine, prevede che i soggetti che, alla data di entrata in vigore della legge, hanno già maturato i requisiti anzidetti per l'acquisto della cittadinanza italiana, la acquistano se effettuano una dichiarazione di volontà in tal senso all'ufficiale dello stato civile.
La proposta di legge n. 1269 Merlo è sostanzialmente identica alla proposta di legge n. 794 Bueno e tende a restituire la cittadinanza italiana alle donne che sono state cittadine per nascita e che hanno perduto la cittadinanza a seguito di matrimonio con uno straniero, anche se il matrimonio è stato contratto prima del 1o gennaio 1948. La proposta di legge attribuisce inoltre la cittadinanza italiana ai figli delle donne in questione nati anteriormente al 1o gennaio 1948.
Le stesse disposizioni delle proposte di legge n. 794 Bueno e n. 1269 Merlo in materia di restituzione della cittadinanza alle donne che l'hanno persa sono recate anche dalla proposta di legge n. 604 Fedi.
Quest'ultima inoltre proroga ulteriormente il termine di applicazione dell'articolo 17, comma 1, della legge sulla cittadinanza (n. 91 del 1992). Questo comma prevede che possa riacquistare la cittadinanza, mediante dichiarazione espressa entro un anno, chi ha perduto la cittadinanza in base alla legge sulla cittadinanza n. 555 del 1912 – ossia per aver acquistato una cittadinanza straniera e stabilito all'estero la propria residenza – o per non aver effettuato l'opzione per una sola cittadinanza in caso di doppia cittadinanza, come previsto dall'articolo 5 della legge n. 123 del 1983.
Francesco Paolo SISTO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.
ATTI DELL'UNIONE EUROPEA
Martedì 2 luglio 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO.
La seduta inizia alle 20.15.
Programma di lavoro della Commissione europea per il 2013 e relativi allegati.
COM(2012) 629 final.
Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea per il periodo 1o gennaio 2013-30 giugno 2014.
17426/12.
Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2013.
Doc. LXXXVII-bis, n. 1.
(Parere alla XIV Commissione).
(Seguito dell'esame congiunto e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).
La Commissione prosegue l'esame congiunto dei provvedimenti, rinviato, da ultimo, nella odierna seduta antimeridiana.
Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore e nomina il deputato Gitti relatore per riferire presso la XIV Commissione.
La seduta termina alle 20.20
AVVERTENZA
Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:
COMITATO PERMANENTE PER I PARERI
Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili.
Emendamenti C. 331-927/A.