ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO
Seduta n. 599 di giovedì 31 marzo 2016
INDICE
ATTI DI INDIRIZZO:
Mozione:
De Girolamo 1-01205 36045
Risoluzione in Commissione:
XII Commissione:
Miotto 7-00953 36046
ATTI DI CONTROLLO:
Presidenza del Consiglio dei ministri.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Ferraresi 5-08277 36048
Interrogazione a risposta scritta:
Terzoni 4-12698 36049
Ambiente e tutela del territorio e del mare.
Interrogazioni a risposta scritta:
Parentela 4-12695 36050
Zolezzi 4-12704 36051
Beni e attività culturali e turismo.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Cuomo 5-08278 36054
Interrogazioni a risposta scritta:
Bernini Massimiliano 4-12697 36054
Segoni 4-12699 36055
Difesa.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Vito 5-08279 36057
Basilio 5-08289 36058
Interrogazione a risposta scritta:
Bonomo 4-12701 36059
Economia e finanze.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Carrescia 5-08280 36060
Interrogazione a risposta scritta:
Pesco 4-12700 36061
Giustizia.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Capone 5-08283 36062
Burtone 5-08284 36063
Infrastrutture e trasporti.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Tullo 5-08288 36063
Interrogazione a risposta scritta:
Corsaro 4-12696 36064
Interno.
Interrogazioni a risposta scritta:
Quaranta 4-12691 36065
Brandolin 4-12692 36066
Brignone 4-12702 36067
Crivellari 4-12705 36068
Istruzione, università e ricerca.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Iannuzzi Tino 5-08276 36070
Interrogazione a risposta scritta:
Marcolin 4-12690 36071
Lavoro e politiche sociali.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Damiano 5-08275 36073
Interrogazione a risposta scritta:
Savino Sandra 4-12694 36074
Politiche agricole alimentari e forestali.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Cenni 5-08281 36075
Salute.
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Brignone 5-08274 36076
Romanini 5-08290 36077
Brignone 5-08292 36079
Interrogazione a risposta scritta:
Brignone 4-12703 36080
Sviluppo economico.
Interrogazione a risposta orale:
De Maria 3-02151 36080
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Terrosi 5-08282 36081
Pili 5-08285 36084
Taranto 5-08286 36085
Scuvera 5-08287 36087
Vezzali 5-08291 36088
Interrogazione a risposta scritta:
Fassina 4-12693 36089
Apposizione di firme a mozioni 36089
Apposizione di una firma ad una risoluzione 36089
Apposizione di firme ad interrogazioni 36089
Pubblicazione di un testo riformulato 36090
Interrogazione a risposta in Commissione:
Aiello 5-07580 36090
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
la cronaca recente è contraddistinta da ripetuti episodi di bullismo nel nostro Paese, che spesso connotano le relazioni tra ragazzi più e meno giovani. Casi in cui, nelle scuole o in ambienti frequentati da giovani, si verificano vessazioni e violenze (fisiche, verbali e psicologiche) ai danni dei più deboli o semplicemente di «categorie» percepite come «diverse», sono all'ordine del giorno;
l'ultimo rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità sulla salute e il benessere dei ragazzini di 11, 13 e 15 anni certifica che il 2 per cento delle ragazze e il 3 per cento dei ragazzi riferisce di aver subito atti di bullismo nella sua vita;
molto più diffuso il fenomeno del cyber-bullismo. Secondo una ricerca del Censis e della polizia postale in metà delle scuole italiane prese in esame sono avvenuti atti di bullismo attraverso la rete, nonché tentativi di adescamento da parte degli adulti, vessazioni, minacce, invio di foto o video a contenuto sessuale;
sia l'Organizzazione mondiale della sanità che il Censis certificano l'impotenza dei genitori, incapaci di difendere i loro figli dalle minacce e dai rischi reali e della rete;
anche in Italia si registrano costantemente gravi episodi di bullismo, come testimoniano le cronache degli ultimi mesi. Qualche esempio:
a Torino un quindicenne del Canavese ha vissuto un incubo lungo 3 mesi, finendo in depressione. Perseguitato da un gruppo di bulletti, il ragazzo era costretto a pagarli di volta in volta e, se non lo avesse fatto, sarebbe stato sistematicamente picchiato, 500 euro a settimana la richiesta folle, denaro che il ragazzino doveva sfilare ai genitori. «Se non puoi pagare la rata dovrai spacciare hashish per noi», 2 settimane fa, dopo 3 mesi, il ragazzo si è rivolto ai genitori e con loro ai carabinieri, che hanno arrestato due studenti minorenni, tutti della scuola superiore di Caluso;
in Brianza, in un tremendo video, visibile su tutti i social dal febbraio 2016, si vede una banda di ragazzini, molto probabilmente di origine straniera, nel comune di Mezzago, (Monza e Brianza), mentre pesta con violenza inaudita un coetaneo. Nessuno degli altri adolescenti interviene. Ci prova un residente di mezza età, ma viene, a sua volta, insultato e minacciato;
a Lecce, in un paesino (Galatone) del Salento, l'11 febbraio 2016, un dodicenne è stato costretto dai suoi compagni a stendersi sui binari ferroviari e ad essere colpito da piombini di gomma sparati da un fucile ad aria compressa;
a Pordenone nel mese di gennaio 2016 una ragazzina di 12 anni si è gettata dal balcone per colpa degli scherzi dei compagni di classe, lasciando una lettera: «Adesso sarete contenti». Il gesto è il risultato di mesi di bullismo perpetrato nei suoi confronti dai suoi compagni di classe;
a questi episodi si devono aggiungere i dati allarmanti sui fenomeni crescenti legati a condotte vessatorie nei confronti di giovani, come il cyber-bullismo ed altri usi impropri di strumenti di comunicazione;
si tratta di una situazione che rende evidente l'inadeguatezza degli attuali strumenti di monitoraggio e di contrasto ad un fenomeno devastante che produce danni irreversibili nei confronti delle giovani vittime,
impegna il Governo:
ad adottare ogni iniziativa volta a prevenire, ridurre e reprimere con fermezza episodi di bullismo anche attraverso azioni tese a:
a) sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema del bullismo;
b) realizzare progetti formativi, in collaborazione con enti ed associazioni, che facilitino la prevenzione di atti di bullismo e l'individuazione dei colpevoli;
c) introdurre, nel sistema nazionale educativo di istruzione, attività didattiche volte alla prevenzione e alla conoscenza del fenomeno del bullismo, anche nelle sue manifestazioni più recenti;
d) promuovere attività di aggiornamento e formazione dei docenti e l'attivazione presso le scuole di punti di ascolto deputati ad intercettare ed offrire assistenza personale a studenti vittime di episodi di violenza e bullismo, attraverso misure di prevenzione, consulenza e tutela;
e) introdurre un sistema sanzionatorio nei confronti di quanti, istituzionalmente deputati alla vigilanza e tutela dei minori, omettano di denunciare o comunque consentano fenomeni di bullismo;
f) introdurre percorsi rieducativi obbligatori nei confronti di quanti si rendano responsabili di atti di bullismo.
(1-01205) «De Girolamo, Occhiuto».
Risoluzione in Commissione:
La XII Commissione,
premesso che:
la direttiva 89/105/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione per malattia è stata adottata considerando che gli Stati membri hanno assunto misure di carattere economico per quanto riguarda la commercializzazione delle specialità medicinali, per controllare le spese a carico dei servizi sanitari per tali specialità medicinali; tali misure includono controlli diretti e indiretti dei prezzi delle specialità medicinali come una conseguenza dell'inadeguatezza o dell'assenza di concorrenza nel mercato delle specialità medicinali e restrizioni della gamma delle specialità coperte dai regimi nazionali di assicurazione malattia;
lo scopo principale di tali misure è la promozione della salute pubblica attraverso un'adeguata disponibilità di specialità medicinali a prezzi ragionevoli; tuttavia, tali misure dovrebbero servire anche a promuovere l'efficienza produttiva delle specialità medicinali e ad incoraggiare la ricerca e lo sviluppo di nuove specialità medicinali, da cui dipende in definitiva il mantenimento di un alto livello di salute pubblica nella Comunità;
disparità in tali misure possono ostacolare o falsare il commercio intracomunitario delle specialità medicinali e quindi pregiudicare direttamente il funzionamento del mercato comune delle specialità medicinali;
l'obiettivo della direttiva era quello di ottenere una visione d'insieme delle intese nazionali in materia di prezzi, compreso il modo in cui esse operano nei singoli casi e tutti i criteri su cui sono basate, e di renderle note a tutte le persone interessate dal mercato delle specialità medicinali negli Stati membri; questa informazione dovrebbe essere pubblica;
è necessario stabilire una serie di esigenze per assicurare che tutti gli interessati possano verificare che le misure nazionali non costituiscano restrizioni quantitative alle importazioni o esportazioni né misure di effetto equivalente; tuttavia queste esigenze non intaccano le politiche degli Stati membri che basano la determinazione dei prezzi delle specialità medicinali in primo luogo sulla libera concorrenza; dette esigenze non influenzano nemmeno le politiche nazionali per la fissazione dei prezzi e la determinazione dei regimi di previdenza sociale, salvo nella misura in cui sia necessario raggiungere la trasparenza prevista dalla direttiva;
in Italia, tutti i medicinali, per essere immessi in commercio, necessitano che sia loro attribuito un prezzo ed una classe di rimborsabilità, cioè se il farmaco è a carico del servizio sanitario nazionale (medicinale di classe A e H) o del cittadino (medicinale classe C);
la classe di rimborsabilità viene individuata durante la procedura di autorizzazione all'immissione in commercio; per i medicinali a carico del cittadino (classe C) l'AIFA svolge un'azione di monitoraggio sui farmaci con obbligo di prescrizione (ricetta), verificando il rispetto di due condizioni (il prezzo del medicinale può essere aumentato ogni due anni (negli anni dispari) e l'incremento non può superare l'inflazione programmata), mentre per i farmaci senza obbligo di prescrizione (SOP) il prezzo è stabilito liberamente dal produttore;
per i medicinali rimborsati dal servizio sanitario nazionale (classe A e H) esiste un processo di negoziazione dei prezzi che coinvolge l'AIFA e l'azienda titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio;
la determinazione del prezzo dei medicinali rimborsati dal servizio sanitario nazionale, mediante la contrattazione tra Agenzia italiana del farmaco e le aziende farmaceutiche (legge n. 326 del 2003), è un'attività che l'Agenzia svolge sulla base delle modalità e dei criteri indicati nella deliberazione del CIPE del 1o febbraio 2001, «Individuazione dei criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci»;
il primo passo per l'avvio di questa attività è la presentazione, da parte dell'azienda farmaceutica, della domanda accompagnata da una documentazione dalla quale emergono:
a) un rapporto costo/efficacia positivo (il medicinale deve cioè essere ritenuto utile per il trattamento di patologie per le quali non esiste alcuna cura efficace, o fornire una risposta più adeguata rispetto a medicinali già disponibili per le stesse indicazioni terapeutiche, o presentare un rapporto rischio/beneficio più favorevole rispetto ad altri medicinali già disponibili in Prontuario per la stessa indicazione);
b) oppure altri elementi di interesse per il servizio sanitario nazionale, quantificandoli, se il nuovo medicinale non presenta una superiorità clinica significativa rispetto a prodotti già disponibili o sia quantomeno ugualmente efficace e sicuro di altri prodotti già disponibili;
a questo punto il Comitato prezzi e rimborso (CPR) dell'AIFA esamina le richieste di rimborsabilità pervenute, supportato anche dai dati di consumo e spesa forniti dall'Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali (OSMED). Quindi, le contrattazioni che hanno come oggetto le specialità medicinali registrate secondo procedura nazionale, mutuo riconoscimento e centralizzata, potranno dar luogo ad un accordo con le aziende farmaceutiche in cui saranno specificati i prezzi e le condizioni di ammissione alla rimborsabilità. All'esito di tale procedura l'accordo potrà essere ratificato dalla Commissione tecnico scientifica e quindi sottoposto all'esame del consiglio di amministrazione dell'Agenzia per la successiva delibera che sarà poi pubblicata in Gazzetta Ufficiale;
a partire da dicembre del 2014 hanno ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio alcuni medicinali innovativi, tra i quali quelli per l'eradicazione dell'epatite C, dai costi di trattamento non pubblicati quali: Sovaldi (Gilead), Olysio (Janssen), Daklinza (Bristol-Myers Squibb), Harvoni (Gilead), Viekirax-Exviera (AbbVie), Kalydeco (Vertex);
gli accordi intrapresi tra le case produttrici e l'AIFA prevedono una clausola di riservatezza che non consente la pubblicazione degli stessi;
lo stesso presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha auspicato che tali accordi non si verifichino più chiedendo al Governo di assumere iniziative affinché «Aifa non sigli accordi con le case farmaceutiche inerenti alla presenza di clausole di riservatezza, o qualunque altro elemento che mini la piena trasparenza, e affinché vengano pubblicati tutti i dati in possesso dell'Aifa inerenti alle decisioni prese per l'autorizzazione in commercio dei farmaci da parte del Comitato prezzi e rimborsi e del Comitato tecnico scientifico dell'Aifa»;
un'ulteriore problema di fondo evidenziato dall'Antitrust è l'assenza di armonizzazione della materia a livello di Unione europea, dovuta al mantenimento delle relative competenze in capo agli Stati membri, che fa sì che la questione dei prezzi dei farmaci sia lasciata alla gestione a livello nazionale, mentre le imprese farmaceutiche definiscono sconti e politiche di prezzo a livello globale, con, non solo una sorta di asimmetria operativa che rende molto difficile giungere a soluzioni soddisfacenti per tutte le parti coinvolte, ma anche il rischio, ove si perseguano prezzi ritenuti troppo bassi dalle imprese, di non rifornire dei propri prodotti un intero Stato;
una valutazione sull'opportunità di tali accordi di riservatezza deve essere svolta dunque tenendo conto di un bilanciamento tra effetti a esclusivo vantaggio dell'impresa ed effetti a vantaggio del sistema sanitario nazionale e necessita di un'analisi caso per caso;
si apprezza peraltro, la ratio da cui muove l'articolo 70, paragrafo 1, della direttiva europea 2014/25/UE sugli appalti, nonostante il diverso ambito di applicazione rispetto alla materia in esame,
impegna il Governo
ad avviare ogni utile iniziativa finalizzata a garantire che, nel futuro, non si ricorra ad accordi secretati per l'acquisto di medicinali, ad eccezione di casi straordinari — sia per la rilevanza terapeutica che per le dimensioni dell'impatto finanziario – prevedendo, comunque, in tali specifiche circostanze, che la secretazione non possa avere una durata superiore a 30 giorni, avendo cura, comunque, di indicare, anche mediante il sito istituzionale dell'AIFA, che è in corso la contrattazione del prezzo del medicinale.
(7-00953) «Miotto, Grassi, Casati, Carnevali, Murer, Capone, Amato, D'Incecco».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta in Commissione:
FERRARESI, CIPRINI, TRIPIEDI, DALL'OSSO, LOMBARDI e COMINARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la richiesta anticipo del trattamento di fine rapporto (TFR) è la procedura che, a determinate condizioni, consente ai lavoratori dipendenti di poter chiedere un'anticipazione del trattamento;
con il decreto legislativo n. 80 del 31 marzo 1998, che ha privatizzato il rapporto di pubblico impiego, questo diritto non si è esteso automaticamente anche ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche;
l'accordo quadro nazionale, in materia di trattamento di fine rapporto e previdenza complementare per i dipendenti pubblici, del 29 luglio 1999, differito al 31 dicembre 2020, all'articolo 8 comma 3, prevede che, le condizioni per l'armonizzazione pubblico-privato in materia di anticipazione saranno verificati in sede di contrattazione di comparto nel rispetto degli equilibri di bilancio della finanza pubblica, cosa che non è mai avvenuta;
l'articolo 7, comma 3, della legge n. 53 dell'8 marzo 2000, rimanda ad un successivo decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del lavoro e della previdenza sociale e per la solidarietà sociale, la definizione delle modalità applicative per l'anticipazione del T.F.R. e delle indennità equipollenti a favore dei dipendenti pubblici, prevista dalla stessa legge, per sostenere alcune tipologie di spesa;
l'articolo 4, commi 4 e 5, del decreto legislativo n. 185 del 2008, ha esteso ai dipendenti pubblici la possibilità (già riconosciuta ai dipendenti dei settore privato) di ottenere l'anticipazione del trattamento di fine rapporto in determinati casi, prevedendo che, per l'attuazione della nuova disciplina, si provvedesse con un decreto ministeriale, fin qui però non emanato;
l'anticipo T.F.R. per i dipendenti pubblici è stata negli anni materia particolarmente dibattuta; ad ora, per i dipendenti pubblici, non è prevista alcuna possibilità di richiedere un anticipo sulla liquidazione (trattamento di fine servizio o trattamento di fine rapporto);
la Corte di Cassazione, con sentenza del 17 settembre 2015, n. 18230, ha confermato il precedente orientamento, affermando che, non operando l'articolo 2120 codice civile, si deve applicare, ai fini del trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici, l'indennità di buonuscita, per la quale non sono previste anticipazioni (cfr. decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973), in quanto l'indennità di buonuscita è stata rimessa, ai sensi del combinato disposto di cui all'articolo 7, primo comma, ultima parte, e terzo comma, della legge n. 53 del 2000, ad una disciplina di attuazione, da determinarsi con decreto interministeriale, che, mediante regolamentazione attuativa della legge, abbia portata innovativa rispetto all'ordinamento giuridico esistente di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032;
ai destinatari pubblici del T.F.R., bisognosi dell'anticipo per sopraggiunte necessità economiche, rimane l'unica possibilità di chiedere di beneficiare della gestione creditizia erogata dall'INPS ottenendo un prestito decennale, gravato però da interessi –:
se il Governo abbia allo studio iniziative per colmare le lacune normative che impediscono di dare compiutezza ad accordi tra le parti e a norme già approvate in tema di anticipo del T.F.R. per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, da determinarsi, in particolare, con decreto interministeriale. (5-08277)
Interrogazione a risposta scritta:
TERZONI, DAGA, ZOLEZZI, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, VIGNAROLI e BENEDETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il 17 aprile 2016 i cittadini italiani sono chiamati a partecipare al referendum sulla possibilità di proroga per la durata di vita utile del giacimento per le concessioni esistenti;
il referendum è stato voluto da 9 Regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto; l'Abruzzo ha attivato il percorso referendario ma poi si è fermato) preoccupate per le conseguenze ambientali e per i contraccolpi sul turismo di un maggiore sfruttamento degli idrocarburi;
il referendum chiede di cancellare la norma introdotta con la legge di stabilità 2016 che consente alle società petrolifere di estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo, senza rispettare, cioè, la scadenza previste originariamente per ogni singola concessione all'atto di rilascio o di proroga della stessa;
con il quesito referendario quindi si intende abrogare l'articolo 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, «Norme in materia ambientale», come sostituito dal comma 239 dell'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», limitatamente alle seguenti parole: «per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale» (Divieto di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro dodici miglia marine. Esenzione da tale divieto per i titoli abilitativi già rilasciati. Abrogazione della previsione che tali titoli hanno la durata della vita utile del giacimento);
l'eventuale vittoria del «Sì» al referendum suddetto riguarderebbe 58 titoli minerari, di cui 20 sarebbero interessati in modo parziale, sui 384 attualmente in essere nel Paese, considerando sia la terraferma che il mare (elaborazione dei dati contenuti nel sito dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse);
sei di queste ricadono già nella fascia di divieto dell'alto Adriatico sulla base dell'articolo 4 della legge n. 9 del 1991 per cui non si avrebbero cambiamenti se non il progressivo smantellamento degli impianti;
cinque concessioni risultano non produttive;
al netto di quelle nella fascia dell'Alto Adriatico e di quelle non produttive, consultando le date di scadenza delle singole concessioni si evidenzia che per 7 concessioni al momento del varo della legge di stabilità 2016 il titolo era già scaduto nonostante il deposito da parte delle compagnie della richiesta di proroga; pertanto, oggi queste concessioni sono vigenti esclusivamente grazie alla norma introdotta con la legge di stabilità. Ne consegue che in caso di raggiungimento del quorum e di vittoria del «Sì» queste concessioni, in cui sono presenti 30 impianti, non avrebbero alcun titolo per continuare l'estrazione;
altre 4 concessioni, per 12 impianti, hanno una scadenza nel 2016 o 2017; le restanti concessioni riguardano anni successivi;
da fonti stampa si apprendono dichiarazioni del Presidente del Consiglio secondo le quali in caso di vittoria del «sì» sarebbero a rischio circa 10 mila posti di lavoro –:
se il Governo in grado di indicare dettagliatamente per ogni settore coinvolto l'entità dei posti di lavoro a rischio, suddividendo tra posti di lavoro diretti e posti di lavoro dell'indotto, tenendo conto dei normali parametri utilizzati nelle stime dell'impatto occupazionale di norme e politiche, tenendo anche conto del volume di prodotto (in questo caso le produzioni in essere di idrocarburi). (4-12698)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta scritta:
PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
in Calabria, il volume complessivo di acqua prelevata per uso potabile è di 421.992, milioni di metri cubi. In base ai dati aggiornati forniti dalla struttura «ItaliaSicura» della Presidenza del Consiglio dei ministri, la quantità d'acqua prelevata da sorgenti è di 194.311 milioni di metri cubi mentre la quantità prelevata da pozzo è di 170.930 milioni di metri cubi. Il prelievo dai corsi d'acqua superficiali è di 46.723 milioni di metri cubi e quello dai laghi e bacini artificiali è di 10.027 milioni di metri cubi. Non tutta l'acqua prelevata viene immessa ed erogata. Infatti, cento milioni di metri cubi dell'acqua prelevata mancano al volume dell'acqua immessa nelle reti che è pari a 327.622 milioni di metri cubi. E, considerata la perdita delle reti pari al 35,4 per cento si arriva ad una quantità di acqua erogata di 211.612 milioni di metri cubi. In pratica, la quantità d'acqua erogata risulta la metà di quella prelevata nella regione;
emblematica la realtà del territorio di Lamezia Terme dove, nell'ambito dei 162 chilometri quadrati del territorio comunale, sono state censite ben 104 sorgenti con portata maggiore a sei litri al minuto. Tra le 36 sorgenti censite, nell'ex comune di Nicastro, nei primi decenni nel secolo scorso, ci sono alcune con portate di centinaia di litri al secondo. In particolare, 4 sorgenti denominate Candiano, Sabuco, Cappellano e Risi, complessivamente risultano in grado di fornire circa 20 miliardi di litri d'acqua all'anno. Ci si rende conto della rilevanza di questo dato se si considera che la quantità d'acqua complessivamente immessa nelle reti del comune di Lamezia Terme, di 6 miliardi e 631 milioni di litri. Non tutta l'acqua immessa viene erogata perché a Lamezia Terme il 23,7 per cento viene dato per disperso e così, mezzo miliardo di litri dell'acqua immessa nella rete viene a mancare con un quantitativo complessivamente erogato è pari a 5.061 miliardi di litri. In pratica, la quantità d'acqua erogata a Lamezia Terme è il 25 per cento della quantità fornita da quattro sorgenti presenti nei propri confini comunali. Si consideri, poi, che per ogni cittadino residente nel comune più ricco d'acqua d'Italia, la quantità d'acqua erogata è complessivamente di 197 litri al giorno ben cento litri in meno della quantità media erogata ai cittadini calabresi che è di 296 litri al giorno;
nel Sud Italia si prevede una riduzione delle precipitazioni del 10 per cento in inverno e del 3 per cento in estate. Il deficit idrico stimato, per fine secolo, è dell'ordine di centinaia di milioni di metri cubi per le falde idriche di alcune regioni con effetti devastanti per l'agricoltura. In particolare, in Calabria si è rilevato l'aumento sia di periodi di siccità idrologica sia di precipitazioni brevi e intense e, quindi, una maggiore frequenza di alluvioni e piene straordinarie;
la Calabria ha la più ampia disponibilità delle migliori acque potabili d'Europa, tuttavia, il 49,4 per cento della popolazione – secondo i dati del 2015 resi noti dall'ISTAT per la ricorrenza della giornata mondiale dell'acqua erogata – non ha fiducia a bere acqua del rubinetto e il 37,7 per cento dei cittadini ritiene irregolare l'erogazione dell'acqua nelle abitazioni. Per le caratteristiche geolitologiche delle rocce serbatoio e per la composizione dell'aria attraversata dalla pioggia prima d'infiltrarsi nel sottosuolo, infatti, l'acqua delle sorgenti calabresi presenta composizione chimica, biologica e temperatura ottimali dal punto di vista della potabilità;
negli stessi territori ricchissimi d'acqua di ottima qualità, le norme nazionali e le direttive europee «in materia di valorizzazione e razionale utilizzazione delle risorse idriche e di tutela delle acque dall'inquinamento», restano ampiamente disattese e così la grande disponibilità d'acqua altro non fa se non provocare dissesti e frane sui rilievi collinari e alluvioni in pianura troppa acqua persa dalle reti idriche fatiscenti –:
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e se non ritenga necessario ed urgente assumere le iniziative normative attuative di programmazione indicate sia nella direttiva 2000/60 dell'Unione europea sia negli obiettivi della strategia nazionale per la biodiversità per le aree «Acque interne» e «ambiente marino» e nelle azioni della strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di proteggere la risorsa acqua, promuovere un suo utilizzo sostenibile in tutti i settori e, al contempo, garantire la sua conservazione per le generazioni future. (4-12695)
ZOLEZZI, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, VIGNAROLI, DAGA, MICILLO e MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 16, comma 1, della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti stabilisce l'obbligo per gli Stati membri di adottare le misure appropriate per creare una rete integrata e adeguata di impianti di smaltimento dei rifiuti. Le pratiche di smaltimento comunemente diffuse in Italia sono l'incenerimento con o senza recupero energetico e il sotterramento in discarica controllata;
in Italia, secondo l'ultimo rapporto Ispra, circa 9,3 milioni di tonnellate, pari al 30 per cento dei rifiuti solidi urbani, sono state smaltite in discarica nel 2014, facendo registrare, rispetto alla rilevazione del 2013, una riduzione di circa il 14 per cento, ovvero quasi 1,6 milioni di tonnellate di rifiuti. Analizzando il dato per macroarea geografica, si osserva una riduzione del 6 per cento dello smaltimento al Nord, del 27 per cento al Centro ed un incremento del 12 per cento al Sud;
secondo il rapporto Ispra 2015 sui rifiuti speciali (RS) si sta assistendo a una progressiva riduzione della produzione di rifiuti speciali, da 136 milioni di tonnellate nel 2011 a 131 nel 2013;
lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «decreto Sblocca Italia») non contempla la definizione dell'effettivo fabbisogno di discariche, né la realizzazione di alcun piano nazionale finalizzato alla creazione di una rete di cui al citato articolo 6 della direttiva rifiuti;
da un articolo della Gazzetta di Mantova del 20 ottobre 2015, si apprende dell'ampliamento della discarica di Mariana Mantovana finalizzato all'accoglimento di ulteriori 1.800.000 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi, ottenuto con l'obiettivo dichiarato di ripianare le perdite finanziarie della società TEA Spa, dovute al minor conferimento di rifiuti urbani da parte dei comuni della provincia. Già nel 2014 la stessa discarica era stata oggetto di una variazione nella pianificazione del bacino territoriale e sempre esclusivamente per obiettivi finanziari; l'8 marzo 2016 è stata confermata la notizia dell'assegnazione alla cooperativa CCC di Bologna dell'appalto per l'ampliamento di tale discarica in un'area pesantemente impattata dal punto di vista ambientale e sanitario (tasso di malformazioni congenite fra 750 e 1000 ogni 10mila nati, il più elevato della provincia di Mantova);
da un articolo apparso su «Bologna Today» si apprende della volontà della società Hera di ampliare la discarica «Tre monti» di Imola, costruendo un ulteriore lotto fra i comuni di Imola e Riolo, nonostante la pianificazione regionale vada in senso opposto e nonostante l'83 per cento dei rifiuti ivi conferiti provenga da fuori regione;
nel gennaio 2016 di quest'anno si è appreso della richiesta da parte della Belvedere spa di accogliere ulteriori codici CER relativi a rifiuti speciali non pericolosi nella discarica d'interesse regionale di Peccioli (PI). Tale richiesta è stata anch'essa giustificata con argomentazioni di equilibrio economico e finanziario, tenuto conto del fatto che l'ampliamento di tale discarica era stato ottenuto per un flusso previsto di 300.000 tonnellate/anno, mentre a seguito dell'applicazione della precedente circolare Orlando, che impone il divieto di conferimento per i rifiuti indifferenziati tal quali, la discarica di Peccioli riusciva a recuperarne non più di 100.000, dovendo pertanto ricorrere al mercato dei rifiuti speciali per colmare la differenza;
da fonti di stampa si apprende ancora che è stato richiesto nel gennaio 2016, da parte del gestore «Sogliano Ambiente spa», l'ampliamento della discarica di Sogliano al Rubicone (RN). La richiesta riguarda la realizzazione dell'ampliamento della discarica per il trattamento di rifiuti speciali non pericolosi, con un volume pari a 1.600.000 metri cubi (Ginestreto G4), in località Ginestreto di Sogliano al Rubicone, con opere accessorie nel comune di Poggio Torriana;
per quanto concerne la discarica di Torretta di Legnago (VR) è stato proposto il conferimento di rifiuti speciali (oltre 50 codici CER) per 14 anni, quando da pianificazione si prevedeva la chiusura nel 2016;
per la messa in sicurezza della discarica di Cà Filissine di Pescantina (VR) è stato proposto il conferimento di rifiuti speciali per ovviare al lago di percolato profondo 36 metri formatosi, verosimilmente, per il mancato trattamento del percolato stesso che veniva reiniettato nel corpo della discarica secondo quanto appreso dalla commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite nel ciclo dei rifiuti, durante la missione in Veneto;
prassi questa oramai diffusa in tutte le realtà regionali, in particolare dove si è ridotto il conferimento di rifiuti solidi urbani in discarica;
risulta da notizie di stampa che, dopo la Campania, anche la Basilicata voglia conferire i rifiuti organici (la Frazione organica della raccolta differenziata – Forsu) in impianti di trattamento nel Nord Italia, contribuendo a un turismo inaccettabile della materia; il compost ottenibile dal rifiuto organico è infatti prezioso per i territori dove è prodotto e secondo l'Ersaf potrebbe contribuire a garantire il 90 per cento della fertilizzazione azotata, lasciando una quota residuale alla fertilizzazione chimica, ma è sufficiente un trasporto a lunga distanza per alterare le caratteristiche chimiche della Forsu che, secondo i dati Ispra viene trattata adeguatamente solo in piccoli impianti di compostaggio aerobico di prossimità, riducendo anche i costi di gestione (trasporto, conferimento e smaltimento) e ottenendo un ammendante compostato verde (Acv), che può avere anche un valore di mercato;
nel rapporto Ispra 2015 sulla gestione dei rifiuti urbani (RSU), a pagina 122, si legge che riguardo allo smaltimento in discarica «non può non evidenziarsi che nonostante l'articolo 182-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, stabilisca il principio dell'autosufficienza per lo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e per i rifiuti del loro trattamento a livello di ambito territoriale ottimale, in realtà questi rifiuti, in uscita dagli impianti di trattamento meccanico biologico, vengono di frequente avviati in regioni diverse da quelle in cui sono stati prodotti. Tale pratica è diffusa in tutto il Paese come risulta evidente dall'esame dei dati riguardanti lo smaltimento a livello regionale. Tale assunto è confermato dagli esempi sopra evidenziati, dai quali si evince come, ad oggi, l'obiettivo prevalente dei gestori di discariche non sia tanto la difesa dell'ambiente, quanto il raggiungimento e il mantenimento della sostenibilità economica e del ritorno finanziario del singolo impianto;
privi di una pianificazione nazionale, gli scenari normativi comunitari aprono in direzione di ulteriori procedure d'infrazione europee, a causa dell'eccessivo conferimento in discarica di rifiuti da parte di alcune regioni;
il trasporto dei rifiuti contribuisce in maniera sostanziale alle emissioni nel settore dei trasporti, in particolar modo per quanto concerne il trasporto inter-regionale, sia per le emissioni dei mezzi pesanti, che per la cessione di inquinanti dai rifiuti trasportati dai mezzi;
la situazione ambientale nazionale è caratterizzata da un eccesso di captazione idrica (studio di Steffen pubblicato su «Science» nel 2015), da una progressiva compromissione della qualità delle falde acquifere sia in aree di captazione, che in aree comunque a vocazione agricola, lo stato chimico delle acque superficiali (Scas) è compromesso in particolare nelle aree di pianura, il ciclo dell'azoto è compromesso in maniera importante, con un eccesso di azoto nelle falde e nei sedimenti fluviali, lacustri e marini in particolare in pianura padana dove si stanno moltiplicando le richieste di ampliamento delle discariche esistenti o costruzione di nuove, senza alcuna necessità territoriale;
i metodi di gestione ambientale nazionale non prevedono per gli interroganti valutazioni adeguate degli impatti cumulativi, né un adeguato piano di riduzione delle emissioni e del recupero di materia –:
se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative per prevedere che la gestione dei rifiuti solidi urbani e dei rifiuti speciali sia fondata su metodi sostenibili, basati sul recupero di materia, la valutazione di tutte le matrici ambientali nelle aree di conferimento, anche in relazione al rilascio di nuove autorizzazioni;
se per lo smaltimento dei rifiuti non si ritenga necessario monitorare e pubblicare il flusso dei rifiuti solidi urbani e rifiuti speciali esistente e programmato in modo da evitare speculazioni e possibili disastri ambientali, pubblicando la mappa dei rifiuti urbani e speciali, prodotti nelle diverse realtà territoriali, e della filiera di smaltimento, comprensiva di dati economici, per individuare eventuali storture in particolare nell'ambito dei rifiuti speciali a «libero mercato»;
se il Governo, in relazione allo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di cui all'articolo 35 del decreto-legge n. 133 del 2014, non intenda assumere iniziative per la previsione di una pianificazione atta a determinare anche l'effettivo fabbisogno di conferimento in discarica, nonché per la previsione della rete nazionale di tali impianti, finalizzata alla progressiva riduzione e dismissione del «parco discariche» nazionale;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non intenda promuovere la realizzazione di un piano nazionale delle discariche nel quale siano comprese non solo la definizione dell'effettivo fabbisogno per gli anni a venire, ma anche la pianificazione dei flussi interregionali di rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti soldi urbani, nonché dei rifiuti speciali. (4-12704)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
CUOMO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'8 marzo 2015 si è verificato il crollo di una delle torri del Castello Colonna di Eboli;
attualmente tale edificio risalente all'epoca longobarda è sede dell'Istituto di custodia attenuata;
oltre alla rimozione dei detriti legati al crollo non è stato posto alcun intervento per la ricostruzione della torre e neppure una verifica accurata sulla stabilità dell'intero edificio;
il manufatto storico sorge nel centro storico di Eboli ed ha una importantissima valenza storica che andrebbe adeguatamente valorizzata;
il Gruppo archeologico ebolitano ha svolto una serie di ricerche ed ha lanciato un allarme circa le criticità dell'edificio;
da tempo è auspicato dalla comunità ebolitana un intervento di messa in sicurezza e di valorizzazione culturale dell'immobile individuando un'altra soluzione per l'istituto di custodia, attenuata –:
quali iniziative intenda porre in essere il Governo al fine di individuare una nuova sede per l'istituto di custodia attenuata di Eboli, per la ricostruzione in tempi rapidi, considerato che è già trascorso un anno dal crollo della torre, e per la messa in sicurezza dell'immobile in questione, al fine di un'adeguata valorizzazione come bene culturale dello stesso. (5-08278)
Interrogazioni a risposta scritta:
MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
in data 15 marzo 2016 è stato firmato un accordo tra il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e i rappresentanti della Fondazione Torlonia che sancisce la reciproca collaborazione per la piena valorizzazione della collezione Torlonia, il complesso di marmi antichi di proprietà privata tra i più imponenti e storicamente significativi al mondo;
come riportato dal comunicato emesso dal Ministero: «L'accordo è stato sottoscritto, alla presenza del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, dall'Amministratore della Fondazione Torlonia, Alessandro Poma Murialdo, dal Direttore Generale per l'Archeologia, Gino Famiglietti, dal Direttore Generale per le Belle Arti e il Paesaggio, Francesco Scoppola, dal Soprintendente Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l'Area Archeologica di Roma, Francesco Prosperetti.
Il primo passo del percorso di valorizzazione sarà la realizzazione di una mostra con una prima selezione di 60-90 sculture più rappresentative, in grado di evidenziare sia nel contesto nazionale che in quello internazionale l'importanza della collezione e il rilievo del progetto. La Fondazione Torlonia sosterrà le spese per il restauro dei reperti, mentre il Ministero, tramite la Soprintendenza Speciale Archeologica di Roma, provvederà alla realizzazione della mostra, che verrà curata dal Prof. Salvatore Settis e da un Comitato d'Onore di cui farà parte il Prof. Carlo Gasparri, autorevole archeologo e accademico dei Lincei.
Il progetto espositivo, che darà conto della storia del collezionismo ripercorrendo le diverse fasi della costituzione dell'insieme dei marmi Torlonia, prevede nella seconda metà del 2017 un primo momento negli spazi di Palazzo Caffarelli a Roma, negli ambienti dell'ex Museo nuovo, al quale seguiranno almeno altre due tappe all'estero. Al loro rientro in Italia questa selezione di opere, insieme alle altre nel frattempo restaurate, troverà collocazione in una sede adeguata al prestigio della collezione che verrà individuata d'intesa tra le parti»;
purtroppo, dallo storico accordo è rimasto escluso quello che può forse essere considerate il vero scrigno dell'eredità Torlonia. Ovvero gli affreschi della Tomba François e i 200 vasi provenienti dalle necropoli Vulci. Dalla stampa apprendiamo anche che questo nuovo accordo con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo infatti non comprende gli affreschi François, perché sui sanguinosi combattimenti mitici della tomba incombe dal 1990 un altrettanto cupo contenzioso ereditario, con i fratelli Cesarini Sforza che vantano titoli sull'opera (dal valore milionario) contro i cugini Torlonia. La lite procede fra sentenze e ricorsi. Nel 2004 e nel 2010 la corte di Roma avrebbe dato ragione ai primi, in Cassazione, nel 2015, è stato riconosciuto il maggior diritto dei secondi, e disposto quindi un nuovo processo. In attesa di una parola definitiva, gli aruspici François restano coperti da garze di lino, in penombra, lontani dal pubblico che si meriterebbero;
simili dissidi patrizi hanno fatto escludere dalla nuova intesa con lo Stato anche un'altra meraviglia conservata nei saloni dei Torlonia: una collezione di oltre 200 vasi etruschi scavati nelle necropoli di Vulci;
chi li ha potuti studiare ne parla come di una raccolta talmente grandiosa da poter «cambiare i libri di storia dell'arte antica»;
l'interrogante ha già presentato due atti analoghi sugli affreschi in questione (interrogazione a risposta scritta 4-00928 e 4-05638) –:
come intenda operare il Ministro interrogato e quali altre iniziative intenda assumere per rimuovere gli ostacoli che ancora impediscono di mettere finalmente a disposizione del pubblico gli affreschi della Tomba François anche alla luce dell'accordo siglato. (4-12697)
SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
il cinema italiano è, purtroppo, un settore in crisi ed il sostegno da parte dello Stato è necessario e dall'era di Walter Veltroni il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha aiutato ed alimentato un'industria che dà lavoro a molta mano d'opera;
ad oggi sono tre i modi con cui la direzione generale cinema del Ministero fornisce aiuto economico al cinema italiano: una sovvenzione diretta, un finanziamento indiretto e successivo alla distribuzione del film in percentuale sugli incassi e infine un sostegno indiretto derivato dai crediti d'imposta;
il primo tipo di sostegno viene stabilito dalla commissione della cinematografia, la quale è composta da membri scelti dal Ministero stesso. Quest'ultimi, presa visione della sceneggiatura del film, del cast e di tutti i particolari del film, assegnano un punteggio discrezionale sulla base della sceneggiatura, del soggetto, delle componenti tecniche e tecnologiche, della qualità, della completezza e della realizzabilità del progetto produttivo;
il finanziamento post realizzazione del film è attribuito, invece, in base alla quantità di incassi totalizzati da una pellicola ed in questo caso la commissione non ha alcun potere decisionale poiché le percentuali di contributi vengono stabilite in base al decreto del 22 marzo 2012 del Ministero dei beni e delle attività culturali, che prevede anche una maggiorazione del 5 per cento nel caso di lungometraggi riconosciuti di interesse culturale e tale maggiorazione si applica anche per i film usciti nel periodo tra il 1o giugno ed il 30 settembre;
un ulteriore contributo è previsto in favore del regista e degli autori del soggetto e della sceneggiatura delle opere, se cittadini di nazionalità italiana o dell'Unione europea;
altri tipi di sostegni economici vengono dati anche tramite compensazioni di debiti fiscali attraverso il versamento sulla quota residua per la realizzazione del film italiano entro 5 anni dalla liquidazione dei contributi (possibilità che interessa il regista e gli autori del soggetto e della sceneggiatura), oppure è possibile ottenere fondi grazie al riscatto dei contributi statali recuperabili Ires, Irap, Irpef, Iva, contributi previdenziali e assicurativi) con un'operazione chiamata tax credit, destinata alle entità industriale: imprese di produzione e distribuzione cinematografica, esercenti cinematografici, imprese di produzione esecutiva e post-produzione (industrie tecniche), imprese non appartenenti al settore cineaudiovisivo associate in partecipazione agli utili di un'opera cinematografica;
tra i film che hanno ricevuto il primo tipo di agevolazione si nota innanzitutto la presenza di alcune opere alle quali la commissione ministeriale ha assegnato un punteggio, ma non ha elargito alcuna somma di denaro. Queste ultime riportano la dicitura «solo interesse culturale» e questo significa che viene assegnata la nomina per l'esclusivo prestigio degli autori del film, il che permetterà, però, più facilmente di inserire i titoli in vari circuiti culturali del Paese con una distribuzione e una visibilità più ampia e quindi con maggiore possibilità di incassi;
a titolo di esempio, si possono citare film come «Quando c'era Berlinguer» (di Walter Veltroni) e «Benvenuto Presidente» (di Riccardo Milani) o «Le Passè» (anch'essa dichiarata «solo di interesse culturale», ma di produzione francese) ed il confronto tra i titoli porta gli interroganti a domandarsi con quale metro di giudizio vengano equiparati i primi titoli con l'ultimo, vista l'evidente differenza di valore culturale;
da un'analisi dei film che hanno ricevuto finanziamenti effettivi, nel 2013, desta sorpresa la quota destinata al film di Gabriele Salvadores, «Il Ragazzo invisibile», ben 900.000 euro, o alla «La Regina delle Nevi» di Carlo Mazzacurati che ha ottenuto 500.000 euro;
questi esempi ad avviso degli interroganti fanno comprendere la discrezionalità della commissione cinematografica nell'assegnare i propri giudizi, senza alcuna politica precisa di razionalizzazione, ma di sicuro ancora più rilevanti sono gli elementi che emergono analizzando i dati prodotti dalla Tax credit, che non è sottoposta a discrezionalità nell'assegnazione del finanziamento, il cui credito è stabilito per legge al 15 per cento – 30 per cento del costo complessivo della produzione dell'opera cinematografica, con un tetto massimo di 6 milioni di euro, un'aliquota del 15 per cento per la distribuzione (senza più alcuna differenza tra opere di interesse culturale o meno), ed il vincolo che l'80 per cento del beneficio fiscale deve essere speso in Italia in riferimento alla produzione;
l'aliquota del tax credit spettante alle imprese di esercizio cinematografico è stata elevata (dal 30 per cento) ad un massimo del 40 per cento delle spese sostenute ed è stata estesa l'ammissione al beneficio (finora prevista per le spese per impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale) anche alle spese per la ristrutturazione, l'adeguamento strutturale e tecnologico delle sale e dei relativi impianti e servizi accessori, la realizzazione di nuove sale o il ripristino di quelle inattive, secondo le specifiche e nei limiti di quanto previsto nel decreto attuativo, avendo particolare riguardo al fatto che la sala sia o meno «storica» (attiva, cioè, prima del 1o gennaio 1980);
si può accedere dunque alle agevolazioni fiscali per vie molteplici e forse è questo il motivo per cui ad esempio nel triennio 2009-2011, la somma totale del credito di imposta per le due categorie di distribuzione e produzione (escludendo il finanziamento ai film stranieri) è stata di circa 56.000.000 di euro;
è evidente la rilevante quantità di denaro che è servita a finanziare film il cui interesse culturale potrebbe, secondo gli interroganti, risultare discutibile: «Che bella giornata» di Checco Zalone (6.000.000 di euro di finanziamento), «Immaturi» (2.500.000), «Qualunquemente» (2.400.000), «Maschi contro Femmine» (1.900.000), «Nessuno mi può giudicare» (1.163.000);
nel 2015, invece, sono stati finanziati 46 lungometraggi per un totale di 15,4 milioni di euro (Ozpetek e Muccino i più finanziati hanno ricevuto 700 mila euro), mentre per le opere prime sono stati messi a disposizione dal Ministero 5,8 milioni di euro, finito nel sovvenzionare 37 pellicole, e i 1,4 milioni destinati ai 46 cortometraggi di interesse culturale –:
se il Ministro interrogato non reputi necessario intervenire affinché i finanziamenti siano ripartiti in modo più razionale, non privilegiando solo la produzione di registi ed attori già noti o di grandi case cinematografiche, per evitare così che il sostegno pubblico risulti inappropriato o che sia destinato a sostenere chi non ne avrebbe bisogno a discapito delle piccole case di produzione emergenti. (4-12699)
DIFESA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
VITO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
risulta all'interrogante che ad un membro del consiglio centrale di rappresentanza militare della sezione Esercito sia stato inflitto il provvedimento disciplinare della consegna per aver rilasciato diversi comunicati stampa e pubblicato diversi post nel periodo maggio 2015 relativi in particolare alle condizioni alloggiative del personale militare impiegato per la sicurezza di EXPO, qualificandosi, tra l'altro, delegato COCER, per non aver chiesto la preventiva autorizzazione;
sulle condizioni alloggiative del personale militare impiegato per l'EXPO sia il sottoscritto di recente con l'interrogazione n. 5-07495 che altri colleghi della Commissione difesa hanno presentato nel tempo diverse interrogazioni, tra cui la 5-07577 della collega Basilio, che citava appunto la punizione di un delegato del COCER con un giorno di consegna, a cui il Ministro interrogato ha risposto: «che l'invio o il rilascio alla stampa o a organi di informazione di comunicazioni o dichiarazioni a nome di un organo di rappresentanza militare comporti la possibilità di punire di delegati COCER con la consegna di rigore. Peraltro lo stesso decreto del Presidente della Repubblica, all'articolo 882, comma 5 lettera b), vieta ai singoli delegati della rappresentanza militare di rilasciare comunicati o dichiarazioni o svolgere attività di rappresentanza al di fuori degli organi di appartenenza» –:
se il Ministro interrogato abbia emanato direttive o disposizioni, ed in quale data, in merito al divieto per i singoli delegati COCER Interforze di rilasciare comunicati o dichiarazioni o svolgere attività di rappresentanza al di fuori degli organi di appartenenza ed in caso affermativo in quale data tali direttive o disposizioni siano state notificate al COCER Interforze e quali disposizioni di Forza Armata siano in merito state comunicate alle singole sezioni del COCER;
quali attività di verifica, a che titolo e con quali risultanze siano state poste in essere in merito all'inchiesta disposta sui fatti dell'EXPO. (5-08279)
BASILIO, FRUSONE, CORDA, RIZZO, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
la procura di Taranto ha chiuso le indagini sul presunto giro di tangenti estorte nella base navale di Chiapparo da alcuni rappresentanti dei vertici della Marina militare agli imprenditori che chiedevano di lavorare in appalto. Undici gli indagati per concussione: un'intera catena di comando di cui facevano parte, secondo l'accusa, alti ufficiali come Fabrizio Germani, ex direttore di Maricommi; gli ex vicedirettori Marco Boccadamo, Giuseppe Coroneo e Riccardo Di Donna; gli ex comandanti del 4o e 5o Reparto della base Roberto La Gioia, Giovanni Cusmano, Alessandro Dore e Giovanni Caso; Attilio Vecchi, l'alto ufficiale che allo Stato maggiore di Roma si occupava di garantire i fondi per le forniture destinate alla flotta di stanza a Taranto; il capo deposito Antonio Summa e un dipendente civile della base, Leandro De Benedectis;
le indagini del sostituto procuratore Maurizio Carbone, affidate ai carabinieri, secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica.it («Tangenti in Marina militare, ufficiali come i boss: a Taranto in undici a rischio processo») hanno rivelato, nel giro di pochi mesi, un vero e proprio sistema, definito «del dieci per cento»: una tangente fissa su ogni appalto, un vero e proprio pizzo imposto a imprenditori «in modo rigido e con brutale e talora sfacciata protervia, come fa la malavita organizzata», come scrisse il giudice per le indagini preliminari Pompeo Carriere. Tangenti chieste con la minaccia di escludere le aziende dal giro d'affari o rallentare i pagamenti. Il 13 marzo del 2014 agli arresti è finito il capitano di fregata Roberto La Gioia, comandante del 5o reparto di Maricommi, arrestato in flagranza dai carabinieri nel suo ufficio subito dopo aver intascato una tangente di 2 mila euro da un imprenditore;
quest'ultimo aveva raccontato di essere stato costretto a pagare negli anni tangenti per circa 150 mila euro pur di mantenere l'appalto per lo smaltimento delle acque di sentina delle navi militari. Tra casa e ufficio dell'ufficiale gli investigatori trovarono circa 44 mila euro, ma soprattutto alcune pen drive su cui era annotata la contabilità occulta e la lista delle imprese che pagavano le tangenti. La Gioia confessò il sistema, decifrò la contabilità in cui erano segnate anche le percentuali per spartire le bustarelle e oliare la macchina. Il «sistema del 10 per cento» funzionava nei reparti che si occupano dell'acquisto di carburanti, beni, servizi, lavori e convenzioni con professionisti esterni;
sempre secondo La Repubblica.it ci si è trovati davanti ad una sorta di passaggio di consegne fra i comandanti di reparto. «Una prassi», la definì Giovanni Cusmano, uno degli ufficiali arrestati a gennaio 2015, un «contributo natalizio» per il suo collega Dore, finito invece ai domiciliari a ottobre dello stesso anno; l'inchiesta e gli arresti non hanno però fermato il giro di bustarelle, che andava avanti, come racconta uno degli imprenditori, anche dopo l'arresto di La Gioia. L'unico imprenditore ribelle fu messo alla porta e finì fallito nel giro di un anno. Nel corso delle indagini la magistratura ha sequestrato beni per mezzo milione di euro –:
quali iniziative di competenza siano state assunte, al fine di tutelare il buon nome della Marina militare, nei confronti del personale militare e civile indagato nella inchiesta riportata in premessa; in particolare, se si sia provveduto alla sospensione dal servizio del personale indagato;
se l'Amministrazione della difesa intenda costituirsi parte civile nei confronti dei militari e del personale civile eventualmente rinviato a giudizio;
se sia stata avviata, per quanto di competenza, un'indagine interna presso la Marina militare al fine di verificare, qualora i fatti fossero confermati, come sia stato possibile che una simile pratica estorsiva abbia potuto diffondersi e radicarsi in un ramo così delicato dell'Amministrazione della difesa e segnatamente se siano state individuate falle nei controlli che avrebbero dovuto prevenire simili situazioni;
quali iniziative intenda assumere per garantire la trasparenza degli appalti nell'Amministrazione della difesa ed una più efficace strumentazione dei controlli al fine di evitare in futuro il ripetersi di queste incresciose situazioni. (5-08289)
Interrogazione a risposta scritta:
BONOMO, BORGHI, BENAMATI e MATTIELLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
la formazione degli ufficiali dell'Esercito è incentrata sui corsi di laurea in scienze strategiche con un percorso di 5 anni, che attualmente si articola nello svolgimento dei primi 2 anni a Modena (status di Allievo) – in collaborazione tra università di Modena Reggio Emilia e l'Accademia di Modena – e degli ultimi 3 anni a Torino (status di ufficiale), in collaborazione tra università di Torino e la scuola di applicazione di Torino, per il completamento del ciclo ed il conseguimento della laurea triennale e della laurea specialistica;
l'università di Modena e Reggio Emilia, nell'ambito della trasformazione degli ordinamenti universitari ai sensi del decreto ministeriale n. 270 del 2004 attualmente in corso di definizione, avrebbe l'intenzione di riarticolare il suddetto ciclo formativo, trasferendo da Torino a Modena il terzo anno della laurea triennale;
tale modifica nell'articolazione del corso di laurea metterebbe a rischio la sostenibilità dell'organizzazione che in questi anni è stata messa in campo dall'università di Torino;
invero, la formazione congiunta di militari e civili nei corsi di scienze strategiche è una vera peculiarità nel panorama universitario nazionale ed internazionale ed anticipatrice delle indicazioni ministeriali (libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa);
la consolidata struttura della scuola ufficiali di Torino, che vanta più di 200 anni, il complesso sistema della logistica, della didattica e ospitalità, nonché i numerosi accordi con le Università estere e con le organizzazioni internazionali, fanno di questo polo una vera eccellenza nel panorama nazionale;
molteplici sono i punti di forza della sede torinese, tanto da un punto di vista accademico, quanto sotto l'aspetto dei contenuti e delle infrastrutture realizzate;
in particolare, nell'immediato, si avrebbero circa 120 ufficiali frequentatori all'anno in meno a Torino e gravi ripercussioni sulla qualità dei corsi di laurea in scienze strategiche e sul percorso degli studenti civili (circa 200 studenti l'anno);
tali circostanze, nel lungo termine, metterebbero in discussione la stessa presenza della Scuola di applicazione nella città di Torino;
una scelta siffatta a giudizio degli interroganti merita quantomeno una valutazione approfondita della situazione esistente –:
se il Ministro sia a conoscenza dei descritti cambiamenti in atto nell'articolazione del corso di studi in scienze strategiche presso l'università di Torino;
quali iniziative, per quanto di competenza intende porre in essere al fine di tutelare il buon andamento e prestigio che hanno finora contraddistinto la scuola di applicazione di Torino e il corso di laurea in scienze strategiche. (4-12701)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
CARRESCIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il comma 855 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) ha previsto l'istituzione di un Fondo di solidarietà per l'erogazione di prestazioni in favore degli investitori che alla data di entrata in vigore del decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalla Banca delle Marche Spa, dalla Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa, dalla Cassa di risparmio di Ferrara Spa e dalla Cassa di risparmio della provincia di Chieti Spa. L'accesso alle prestazioni è riservato agli investitori che siano persone fisiche, imprenditori individuali, nonché imprenditori agricoli o coltivatori diretti;
il comma 856 ha altresì previsto che:
il Fondo di solidarietà è alimentato, sulla base delle esigenze finanziarie connesse alla corresponsione delle prestazioni e sino ad un massimo di 100 milioni di euro, dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, istituito ai sensi dell'articolo 96 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, secondo le modalità e i termini definiti con i decreti di cui al comma 857;
il Fondo di solidarietà opera nei limiti delle risorse disponibili e in conformità al quadro normativo europeo sugli aiuti di Stato;
il comma 857 ha infine previsto che con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono definiti: a) le modalità di gestione del fondo di solidarietà; b) le modalità e le condizioni di accesso al fondo di solidarietà, ivi inclusi le modalità e i termini per la presentazione delle istanze di erogazione delle prestazioni; c) i criteri di quantificazione delle prestazioni, determinate in importi corrispondenti alla perdita subita, fino a un ammontare massimo; d) le procedure da esperire, che possono essere in tutto o in parte anche di natura arbitrale; e) le ulteriori disposizioni per l'attuazione dei commi da 855 a 858 della medesima legge; la legge di stabilità 2016 è entrata in vigore il 1o gennaio 2016 per cui il termine dei novanta giorni è ormai scaduto senza però che il decreto per l'accesso al Fondo di solidarietà, un atto di vitale importanza per i tantissimi risparmiatori coinvolti dalle risoluzioni bancarie, sia stato emanato;
da notizie di stampa si apprende che il Ministero dell'economia e delle finanze starebbe valutando, unitamente con l'Unità di risoluzione e gestione delle crisi di Banca Italia, la possibilità di proporre l'incremento del suddetto fondo, la cui disponibilità attuale non è comunque sufficiente per garantire giustizia a tutti i risparmiatori coinvolti –:
quali siano i motivi per i quali il Ministro dell'economia e delle finanze non abbia provveduto nei termini di legge ad emanare il decreto di cui all'articolo 1, comma 857, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e se risulti fondata la notizia della possibile proposta di incremento del fondo di solidarietà per l'erogazione di prestazioni in favore degli investitori che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalla Banca delle Marche spa, dalla Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa, dalla Cassa di risparmio di Ferrara Spa e dalla Cassa di risparmio della provincia di Chieti Spa. (5-08280)
Interrogazione a risposta scritta:
PESCO, TRIPIEDI, DELLA VALLE, NUTI, ALBERTI, VILLAROSA, FICO, COLONNESE, D'AMBROSIO, TONINELLI, MANTERO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, BENEDETTI, ZOLEZZI, LOMBARDI, RUOCCO, MANNINO, GAGNARLI, TERZONI, DAGA, MICILLO, CARINELLI, DA VILLA, SPESSOTTO, DE LORENZIS, LIUZZI, COLLETTI, SPADONI, GRANDE, CIPRINI, COMINARDI, L'ABBATE, LUPO, PARENTELA, GRILLO, SARTI, DEL GROSSO, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SIBILIA, D'INCÀ, BRUGNEROTTO, CASTELLI, CASO, SORIAL, FANTINATI, D'UVA, DI BENEDETTO, VACCA, MARZANA, SIMONE VALENTE, PETRAROLI, VIGNAROLI, TOFALO, NESCI e COZZOLINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
da sito «La notizia Giornale» si apprende da un articolo a firma Stefano Iannaccone, dal titolo «Beffa sulle banche fallite. Ecco la norma anti indennizzi. Dalla liquidazione sparisce anche il risarcimento», che «La Notizia ha appreso di una riunione riservata, risalente allo scorso 25 febbraio, tra Padoan e alcuni tecnici. Al centro del confronto ci sarebbe la questione della liquidazione coatta amministrativa degli istituti di credito falliti. E, rivelano fonti del Mef, nel corso del vertice c’è stata la ricerca di una strategia per “confermare l'azzeramento di azionisti e obbligazionisti”. ... Il decreto entrato in vigore a novembre 2015 prevede che un “esperto indipendente incaricato dalla Banca d'Italia effettua senza indugio una valutazione per determinare il trattamento degli azionisti e creditori” in merito alla liquidazione. E sulla base dell'indagine del funzionario di Palazzo Koch, si dovrebbe indicare la cifra da ricevere – come forma di rimborso – dalla liquidazione. Attingendola dal Fondo di risoluzione. E qui, riferiscono dal Mef sarebbe nata l'intenzione di Padoan di trovare una formula che possa dare il valore zero. Stando alla ricostruzione fornita, la leggina potrebbe prendere in considerazione le sofferenze bancarie con una scala di valutazione. E per abbassare la stima sarebbero prese in considerazione i valori più bassi, ignorando quelli più alti. Offrendo così un modello confermativo della liquidazione zero. Nella riunione, comunque, alcuni presenti hanno sollevato delle obiezioni, avvisando Padoan sui rischi di un'operazione del genere. Il ministro – pare – che abbia preso nota per successivi aggiornamenti»;
non si hanno notizie di smentita da parte del Ministero dell'economia e delle finanze in merito all'articolo sopra menzionato;
da articoli di stampa si apprende che diverse società specializzate in analisi finanziarie stanno valutando da diversi mesi i crediti in sofferenze delle 4 banche, nello specifico «Kpmg (CariChieti), Deloitte (Banca Etruria), Bdo (Banca Marche e CariFerrara);
si apprende, sempre dalla stampa, che la Banca d'Italia affiderà, come previsto dalla legge, la stima definitiva a un tecnico indipendente: «Sarà un esperto indipendente a valutare in maniera definitiva il valore delle sofferenze cedute dalle 4 banche in risoluzione (Banca Marche, Carife, Carichieti e Etruria) alla bad bank»;
appare quindi «elevato», se non «ovvio» a giudizio degli interroganti, il rischio che le stime definitive possano risultare effettivamente viziate da consistenti differenze tali da non consentire di rimborsare azionisti e obbligazionisti –:
se il Ministro interrogato possa confermare:
a) lo svolgimento della riunione riservata, in merito alla stima definitiva di risoluzione delle 4 banche, risalente al 25 febbraio, come riportato nel primo articolo di stampa sopra riportato;
b) il possibile utilizzo di metodi di stima in grado di fornire un valore delle sofferenze più basso rispetto al valore reale come riportato nel primo articolo di stampa sopra menzionato;
se risulti al Ministro che la stima definitiva, che verrà svolta dell'esperto indipendente, si baserà sulle stime svolte dalle 4 società sopra citate. (4-12700)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
CAPONE e MARIANO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi la stampa territoriale e nazionale riportava la notizia del decesso presso il reparto di rianimazione dell'Ospedale «San Giuseppe Moscati» di Taranto, l'8 dicembre 2015, del 31enne Antonio Fiordiso, detenuto presso il carcere della stessa città;
da quanto si apprende dalla stampa i legali della famiglia (avvocati Pantaleo Cannoletta del Foro di Lecce e Paolo Vinci del Foro di Milano) «hanno chiesto al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto di verificare due circostanze a cui, intanto, non avrebbe dato abbastanza importanza il magistrato inquirente: primo, la natura dei lividi riscontrati sul corpo del ragazzo. Perché le indagini difensive hanno fatto emergere la possibilità che Fiordiso sia stato picchiato da un gruppo di rumeni, mentre era detenuto a Luce nel carcere di Borgo San Nicola. La seconda circostanza riguarda le condizioni in cui Fiordiso giunse in ospedale: i medici lo trovarono denutrito, disidratato, con una infezione che aveva colpito diversi organi, polmonite, insufficienza renale ed altro», opponendosi dunque alla decisione di archiviazione;
in effetti, da quanto trapela dalle notizie di stampa e dalla lettura delle cartelle cliniche riportata il quadro generale in cui è maturata tale drammatica vicenda e le condizioni del detenuto al momento del suo arrivo presso il reparto di rianimazione erano tali da destare più di qualche interrogativo;
detenuto, a quanto si apprende per furti, dal dicembre del 2011 nel penitenziario di Borgo San Nicola, Antonio Fiordiso, in qualità di detenuto psichiatrico, era sottoposto al trattamento «Grande sorveglianza». Come tale, commenta la stampa «chi lo ha avuto in cura poteva accorgersi se è vero che non si alimentasse»;
a quanto si apprende dal penitenziario di Borgo San Nicola, Fiordiso sarebbe stato trasferito in un primo momento a Taranto, nel carcere della cittadina jonica, poi ad Asti, dunque nuovamente a Taranto, anche se di questi trasferimenti la famiglia lamenterebbe di non aver ricevuto informazioni e in ogni caso di averne perso le tracce a partire dal 2 settembre 2015;
solo a pochi giorni dalla morte, a quanto si legge, una familiare sarebbe riuscita a rivedere l'uomo in una condizione irriconoscibile, riuscendo a scattare foto che adesso costituirebbero parte integrante della documentazione esibita al Gip e che testimonierebbero una situazione di evidente gravità;
situazione confermata dalle cartelle cliniche cui la famiglia ha avuto accesso dopo il decesso di Fiordiso, dove si parla tra l'altro di «stato settico in paziente con polmonite a focolai multipli bilaterali. Diabete di tipo 2. Grave insufficienza renale. Tetraparesi spastica» e ancora di «progressiva astenia con tremori, ipoalimentazione e progressiva chiusura relazionale» –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza – per quanto di competenza – di quanto esposto in premessa e, in caso affermativo, se abbiano già istruito verifiche interne al fine di ricostruire con precisione il quadro entro cui è maturata la vicenda; se – in caso contrario – i Ministri interrogati non ritengano necessaria, per quanto di competenza, una ricostruzione di quanto accaduto perché la verità dei fatti emerga con sufficiente chiarezza ed evidenza;
se i Ministri interrogati non ritengano di verificare il motivo per cui i familiari, come affermano, non sarebbero stati informati dei diversi trasferimenti cui veniva sottoposto il Fiordiso e in ogni casa del suo grave stato di salute;
se i Ministri interrogati non ritengano in ogni caso necessaria e urgente ancora una volta una verifica a tappeto sulla situazione nelle carceri italiane perché non abbiano più ad accadere situazioni tragiche di tale natura e ai detenuti carcerari sia garantito completamente il diritto all'umanità della pena e della condizione detentiva e il diritto alle prestazioni sanitarie e ai presidi di cura e tutela della salute. (5-08283)
BURTONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
a fine dicembre 2015 a seguito di una brutale aggressione da parte di due detenute nei confronti di una assistente capo della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Potenza l'interrogante ha depositato un atto di sindacato ispettivo a cui ancora non è pervenuta risposta;
le organizzazioni sindacali da tempo denunciano criticità nella vita dell'istituto penitenziario che mettono a rischio l'incolumità di operatori e detenuti;
da tempo a detta del Sappe verrebbero ospitati presso la casa circondariale di Potenza detenuti con gravi disturbi psichiatrici, i quali determinano situazioni di pericolo e disordine perpetrando atti di violenza nei confronti degli operatori di polizia penitenziaria, come riportato in premessa, e danneggiando strutture;
la dotazione organica del personale di polizia penitenziaria risulta sottodimensionata e necessita di un indispensabile potenziamento –:
se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative il Governo intenda porre in essere per rafforzare l'organico di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Potenza e per monitorare attentamente la questione relativa alla presenza presso l'istituto penitenziario di detenuti con criticità psichiche al fine di consentire agli operatori di poter svolgere il proprio lavoro in sicurezza. (5-08284)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta in Commissione:
TULLO, CAROCCI, ERMINI, BASSO, MARIANI, GIACOBBE, MARCO MELONI e VAZIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 26 marzo 2016 nell'area delle cinque terre dell'estremo levante ligure è stato avviato il nuovo servizio «5 Terre Express» di Trenitalia, attivo fino al 1o novembre 2016; la linea ferroviaria dedicata è stata istituita anche nell'intento di separare i flussi turistici da quelli dei pendolari, in modo da ridurre l'affollamento nei convogli nella stagione turistica;
il contratto di servizio prevedeva 44 corse al giorno, ogni mezz'ora, da Levanto a La Spezia, con fermate a Monterosso, Vernazza, Corniglia e Riomaggiore;
nei periodi di maggiore affluenza, in ogni stazione doveva essere offerto un servizio di « customer care» – curato da Trenitalia regionale Liguria – per informazioni, accoglienza e assistenza ai passeggeri;
a fronte di un netto aumento della carta «tuttotreno», il servizio che doveva configurarsi come la nuova «metropolitana leggera» del parco delle 5 terre, ha registrato, nei giorni delle festività pasquali, gravi disagi per treni in ritardo anche di 40 minuti, corse soppresse, caos nelle stazioni e convogli stipati di passeggeri;
il comitato dei cittadini delle Cinque Terre – in rappresentanza di residenti, operatori turistici e del commercio e pendolari – ha evidenziato gravi problemi e disagi; lo stesso comitato aveva presentato ricorso al TAR contro il nuovo orario stabilito da Trenitalia e regione Liguria, segnalando che – a fronte di un netto rincaro delle tariffe – i tempi di percorrenza della linea per i residenti aumentavano di oltre il 50 per cento; il TAR ha respinto la richiesta di sospensiva per «danno grave e irreparabile» è per mancato «bilanciamento degli interessi» dei residenti, dei pendolari e dei turisti a fronte di una forte domanda di mobilità per finalità turistiche nel territorio;
la riviera ligure orientale delle Cinque Terre è un paesaggio di eccezionale valore naturalistico e culturale, inserita nel 1997 dall'Unesco nella lista del Patrimonio mondiale dell'umanità come «paesaggio culturale» per «l'armoniosa interazione stabilitasi tra uomo e natura», per il valore dei manufatti architettonici inseriti nello straordinario contesto di un «paesaggio vivente», che «mantiene un ruolo sociale attivo nella società contemporanea, in stretta associazione con i modi tradizionali di vita, seguendo la loro evoluzione nel tempo» secondo criteri «di integrità e di autenticità» del paesaggio agrario, caratterizzato dall'insediamento rurale e dai terrazzamenti sostenuti da muri a secco –:
quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per garantire un servizio efficiente di collegamento ferroviario in un'area di eccezionale valore paesaggistico culturale e turistico – tutelata dall'Unesco – che registra una forte domanda di mobilità. (5-08288)
Interrogazione a risposta scritta:
CORSARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
risulterebbe di prossima chiusura, a quanto consta all'interrogante, la biglietteria della stazione internazionale di Stresa sulla linea Milano – Domodossola;
la stazione di Stresa è l'unica in cui fermano i treni internazionali «Eurocity» sull'intera tratta e concentra, soprattutto nei mesi estivi, un intenso traffico turistico proveniente da tutte le località del Lago Maggiore;
conseguentemente è necessario convergere su questa stazione se si intendono utilizzare le coincidenze internazionali o delle linee «Frecciarossa» ma le macchinette automatiche di emissione di biglietti (quando non sono state manomesse) emettono soltanto biglietti regionali e locali e tantomeno possono essere utilizzate per gli abbonamenti che vengono emessi solo dalla biglietteria;
ogni giorno alcune centinaia di pendolari usano la stazione di Stresa ma anche, durante l'anno scolastico, ne fruiscono diverse centinaia di studenti della scuola alberghiera «Maggia» di Stresa, una delle più importanti scuole turistiche alberghiere d'Italia;
risulta che l'incasso della biglietteria della stazione di Stresa sia di diverse decine di migliaia di euro al mese;
la biglietteria è l'unico punto di informazione e di appoggio per il cambio di treni, coincidenze, emissione biglietti e altro, tenuto conto che sono già state chiuse le biglietterie di tutte le stazioni limitrofe a Stresa quali Baveno, Belgirate, Lesa e Meina;
a motivazione della chiusura da parte di Trenitalia vi sarebbe la carenza di personale; inoltre la biglietteria della stazione di Stresa è aperta da alcuni mesi solo 3 giorni alla settimana e solo al mattino – causando notevoli danni e disagi alla clientela –. Ci si domanda però se non possano turnare con Stresa unità di personale in essere alla stazione di Domodossola;
sarebbe necessario poter godere dei servizi di stazione soprattutto nella stagione estiva e per tutta la giornata, tutt'al più con turni ridotti nei giorni festivi –:
se corrisponda al vero che Trenitalia intenda chiudere la biglietteria della stazione di Stresa e in questo caso con quali motivazioni;
se il Ministro non ritenga di dover intervenire, di concerto con l'assessore regionale alla mobilità del Piemonte, affinché questa chiusura venga scongiurata a tutela dell'utenza, ma anche della credibilità e delle entrate economiche della stessa Trenitalia. (4-12696)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
QUARANTA, D'ATTORRE, COSTANTINO e SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
le firme dei referendum, possono essere raccolte solo in presenza di un autenticatore che dovrà autenticare le firme dei sottoscrittori;
tra gli autenticatori abilitati, in base alla legge 28 aprile 1998, n. 130, e all'articolo 4 della legge 30 aprile 1999, n. 120, figurano anche i consiglieri comunali e provinciali che comunichino la propria disponibilità rispettivamente al sindaco o al presidente della provincia;
la legge 7 aprile 2014, n. 56, «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni», ha previsto la costituzione delle città metropolitane, ridefinendo il sistema delle province e disciplinando le unioni e fusioni di comuni;
in particolare, le città metropolitane in data 1o gennaio 2015, si sono sostituite alle preesistenti province, subentrando ad esse in tutti i rapporti e in tutte le funzioni;
l'articolo 1, comma 2, definisce le città metropolitane «enti territoriali di area vasta con le funzioni di cui ai commi da 44 a 46 e con le seguenti finalità istituzionali generali: cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano; promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana; cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, ivi comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee»;
l'entrata in vigore della legge 7 aprile 2014, n. 56, non ha privato i consiglieri provinciali della legittimazione ad autenticare le sottoscrizioni a sostegno della presentazione di liste elettorali, come ha testualmente affermato il Consiglio di Stato (sezione V, 10 luglio 2015, n. 3470);
se ne può pertanto dedurre, sul piano e dell'analogia e del sistema, la sostanziale continuità in ordine ad attività di autenticazione, giacché l'articolo 14, comma 1, della legge 21 marzo 1990, n. 53, nell'abilitare i consiglieri provinciali e comunali all'autenticazione delle firme dei presentatori delle liste elettorali, ha inteso agevolare il corretto svolgimento del procedimento elettorale, ampliando il novero dei soggetti abilitati all'autenticazione delle firme dei sottoscrittori di liste (Cons. Stato, Sez. V, 11/05/2012, n. 2731), con l'unico limite costituito dal territorio di competenza dell'ufficio di cui sono titolari o al quale appartengono. È quindi quello territoriale l'unico limite che in base alle disposizioni vigenti in materia di autenticazione di firme nel nostro ordinamento è da ritenere implicitamente sussistente in relazione al potere attribuito ai pubblici ufficiali indicati nel citato articolo 14, anche a seguito della legge n. 56 del 2014 (Consiglio di Stato, sezione V, 16 aprile 2014, n. 1885);
risulta assolutamente rilevante la finalità di agevolare e semplificare lo svolgimento del procedimento elettorale ampliando il novero dei soggetti abilitati all'autenticazione delle firme dei sottoscrittori di liste, implicita in tale normativa di sistema (Consiglio di Stato, Sezione V, 16 aprile 2014 n. 1885);
tuttavia, in tale ottica parrebbe non muoversi invece il parere rilasciato dal Ministero dell'interno, tramite la prefettura di Torino, che, prediligendo l'interpretazione letterale, come tale secondo gli interroganti irragionevole e frustrante rispetto alle finalità perseguite dalla normativa in materia di autenticazione delle firme dei sottoscrittori, avrebbe ritenuto escludere la possibilità per i consiglieri metropolitani e i funzionari delle città metropolitane di procedere in tal senso;
è evidente che tale interpretazione, assai discutibile, limitando il numero dei potenziali autenticatori, porterebbe anche ad una preoccupante e, secondo gli interroganti, illegittima limitazione della possibilità dei cittadini di accedere allo strumento del referendum –:
se il Ministro non intenda assumere iniziative volte a rivedere l'orientamento di cui in premessa e se non ritenga che alle città metropolitane, subentrate alle province in tutti i rapporti e in tutte le funzioni, debba ritenersi applicabile la normativa in tema di autenticazione delle firme dei sottoscrittori di liste, con particolare riferimento agli autenticatori delle firme, in tal modo ritenendo abilitati i consiglieri metropolitani, in luogo di quelli provinciali, ormai venuti meno per la soppressione delle province, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. (4-12691)
BRANDOLIN. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
risulta sempre più preoccupante la situazione relativa al fenomeno dei flussi di profughi provenienti dalla cosiddetta rotta balcanica, in particolare, dall'autunno 2015, e risulta opportuno informare correttamente i nostri concittadini ed evitare dannosi allarmismi;
sono stati rappresentati da organi di stampa locali del Friuli Venezia Giulia nuovi interventi di controllo, a partire dai primi mesi del 2016, lungo la frontiera sud dell'Austria con la Slovenia e l'Italia («L'Austria introdurrà controlli più severi al confine del Brennero, un collegamento vitale per il trasporto tra nord-sud. (...) La misura annunciata ieri include ispezioni supplementari alle migliaia di camion che attraversano il valico del Brennero ogni giorno. Inoltre, il Ministro delle finanze austriaco ha promesso un extra di 100 doganieri – Il Piccolo 16 marzo, «L'Austria blinderà il valico di Tarvisio» – Il Piccolo 17 febbraio);
un altro organo di informazione locale Friuli Venezia Giulia continua a riportare dati allarmanti in numerosi articoli anche recenti: «E le cifre sui profughi per quanto riguarda il FVG, sono impressionanti se consideriamo come nei primi due mesi dell'anno dall'Austria siano arrivati mille e 114 migranti. Non tutti si fermano in regione, parecchi di loro, una volta rintracciati dalla polizia di frontiera e dopo aver annunciato l'intenzione di richiedere una delle tre forme di protezione internazionale previste dall'ordinamento italiano, spariscono, semplicemente, nel nulla»; «negli ultimi giorni, inoltre, si è registrato un nuovo trend e cioè profughi che vengono rintracciati alla stazione di Tarvisio dicendo di provenire da oltreconfine, ma con in tasca un biglietto del treno con Udine come punto di partenza. Migranti in arrivo da altre parti d'Italia, mai registrati in precedenza, e che spacciandosi per persone appena entrate nel nostro Paese chiedono di cominciare in FVG il processo di valutazione della loro richiesta di asilo», (Messaggero Veneto, 13 marzo 2016);
lo stesso quotidiano afferma che, al valico di Tarvisio, esiste una situazione di reinvio di migranti dal territorio austriaco a quello italiano, i cosiddetti flussi di ritorno o reflussi, dei quali non si ha ancora una contezza precisa: «Come ampiamente annunciato dal Ministro dell'interno Johanna Mikl-Leitner, il Governo (di Vienna, ndt) ha deciso di ridurre, drasticamente, il numero di richieste di protezione accettate, specialmente se presentate da cittadini non siriani, con la conseguenza che — inevitabilmente — i profughi vanno alla ricerca di una sorta di "piano B" in qualche altro Paese comunitario. (...) Verso il Friuli, più che in Alto Adige dove i controlli alle frontiere sono già stati rafforzati, e senza affidarsi ai passeur, ma arrivando in regione direttamente via treno (...) In molti vengono fermati a Tarvisio — dove dall'inizio dell'operazione "Strade Sicure" sono aumentati sia i rintracci che i respingimenti alla frontiera nei confronti di chi ha già presentato domanda d'asilo in un altro Paese dell'Unione europea –, ma non sono pochi – tutti afghani e pakistani - quelli che riescono ad arrivare direttamente a Udine», (Messaggero Veneto, 11 marzo 2016); «Alla stazione ferroviaria l'arrivo dei profughi è incessante. In attesa che, attraverso il vertice annunciato dal prefetto, si trovi una collocazione più consona continuano a raccogliersi nel sottopasso. Domenica ce n'erano una sessantina, di cui 56 richiedenti protezione internazionale. Complessivamente, il Comune di Udine deve dare risposte a un migliaio di migranti», (Messaggero Veneto, 15 marzo 2016);
le notizie soprariportate, di cui non si ha conferma ufficiale, stanno comprensibilmente generando una preoccupazione se non di allarme verso questo fenomeno nella popolazione italiana e in particolare friulana –:
quante siano effettivamente le presenze di migranti, rifugiati e richiedenti asilo «reinviati» nel nostro paese negli ultimi due anni, e in particolare nei primi 3 mesi del 2016, dai confini austriaci;
quali iniziative siano effettivamente attive nel controllo di questi flussi(«reflussi/reinvii»), da parte delle polizia di frontiera italiana e austriaca;
quali iniziative siano state poste in essere dal Governo per affrontare questo fenomeno sia in Friuli Venezia Giulia sia sulla restante parte del territorio nazionale, oltre che nei rapporti con l'Austria. (4-12692)
BRIGNONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
il consiglio comunale di Terracina, con la deliberazione n. 34/V del 17/06/2005, considerato il fallimento del Mercato Arene a causa di scarsi operatori, carente attrattiva commerciale, mancanza d'introiti comunali e alti costi manutentivi, ha approvato, nell'ambito del piano delle opere pubbliche, un intervento di riqualificazione urbanistica dell'area e di ristrutturazione dell'immobile con una diversa destinazione d'uso dell'opera pubblica, prevedendo la sua trasformazione in centro polifunzionale culturale adibita a biblioteca, uffici pubblici, teatro, sala riunioni, roof garden per bambini, punto ristoro, piazza, parcheggi, verde attrezzato e viabilità;
il comitato cittadino «Casa della Cultura di Terracina», nel settembre 2013 ha avviato una pubblica raccolta di firme al fine di realizzare alcune iniziative culturali da svolgere nell'area del Mercato Arene promuovendo una petizione popolare e un'apposita proposta per interventi di riqualificazione dell'area e della struttura dell'ex Mercato Arene volte a ottenere la destinazione d'uso dell'area come Centro culturale polifunzionale, nell'ambito di un più vasto quadro d'iniziative riguardanti la valorizzazione e la fruizione di edifici e luoghi culturali pubblici della città;
tale proposta è stata approvata il 9 ottobre 2013, con voto unanime, dal Consiglio Comunale attraverso la deliberazione n. 47/IX;
nel mese di maggio 2015, a seguito dello scioglimento del consiglio comunale di Terracina, con decreto del Presidente della Repubblica del 9 giugno 2015 s'insediava il commissario straordinario dottoressa, Erminia Ocello, per la provvisoria gestione del comune;
al commissario straordinario sono stati attribuiti tutti i poteri spettanti al consiglio, alla giunta e al sindaco;
il commissario straordinario, contro la volontà espressa dai precedenti consigli comunali e dalla cittadinanza, con verbale di deliberazione n. 5 del 20 luglio 2015, relativo agli «immobili di proprietà suscettibili di alienazione e/o valorizzazione, ai sensi dell'articolo 58 decreto-legge n. 112/2008 convertito con modificazioni nella legge 133/2008 da allegarsi al bilancio di previsione per l'anno 2015 e pluriennale 2015-2017», dispone la vendita dell'immobile pubblico dell'ex Mercato Arene destinato dal 2013 a «Casa della Cultura di Terracina»;
l'immobile, destinato alla cultura della città, è stato venduto con destinazione di area commerciale, nonostante il fatto che numerose attività commerciali della città sono in dismissione a causa della crisi economica –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
se il Governo non ritenga poco favorevole, oltre che antieconomica perché effettuata a discapito della collettività della città di Terracina, la scelta, a giudizio dell'interrogante frettolosa del commissario straordinario di vendere l'area interessata tenuto conto del fatto che non sembrano esserci motivi di urgenza;
se risulti al Governo vi fossero elementi per predisporre la vendita del centro culturale al fine di ricavarne danaro da destinare a eventuali esigenze straordinarie come nel caso di necessità di reperimento di coperture finanziarie volte a evitare il dissesto dell'ente locale, o se invece non fosse più opportuno lasciare l'eventuale incombenza alla scelta politica dei successivi amministratori eletti.
(4-12702)
CRIVELLARI, ROSTELLATO, MOGNATO, MURER e NARDUOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
esiste un centro culturale islamico nella città di Adria (RO), con sede in un capannone industriale privato tra la località Curicchi e il centro cittadino e tale spazio è gestito dall'Associazione Fraternita, che gestisce un'analoga struttura anche nel vicino comune di Cavarzere (VE);
l'amministrazione locale di Adria (RO) per voce del suo assessore alla sicurezza, Giorgio D'Angelo, come pubblicamente apparso sugli organi di stampa locali, ha manifestato l'intenzione di eseguire «veri e propri blitz nel centro culturale islamico» presente in città;
lo stesso ha poi confermato l'intenzione asserendo che «manderemo i nostri uomini per capire cosa avviene in quello spazio, cosa si dice durante le funzioni, e soprattutto in che lingua si tengono le prediche», dichiarando inoltre di credere personalmente che in tale centro «dovrebbero parlare nella nostra lingua»;
l'intento asserito da parte dell'amministrazione locale è quello di utilizzare l'impiego del personale del comando di polizia locale;
l'amministrazione comunale ha il dovere fino in fondo e l'obbligo, morale e giuridico, di verificare che tutto ciò che avviene sul suo territorio sia conforme alle leggi, con l'utilizzo delle operazioni di controllo della polizia municipale e qualora lo ritenga anche di altre forze di polizia;
gli enti locali dovrebbero perseguire politiche di integrazione tra le varie forme di espressione religiosa;
l'articolo 19 della Costituzione italiana recita che «tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume»;
tutti, ovvero tutti gli esseri umani che si trovano a qualsiasi titolo sul territorio dello Stato italiano hanno diritto a beneficiare di quanto previsto dall'articolo 19 e ciò significa che sono costituzionalmente vietati i limiti posti all'esercizio di tale diritto, salvo che si tratti di riti contrari al buon costume;
il diritto di professare la propria fede religiosa è dunque parte dei diritti fondamentali di cittadini e di migranti, nonché di coloro che anche temporaneamente si trovano nel territorio dello Stato italiano;
l'esercizio del culto deve poter avvenire in forma individuale ed anche in forma associata;
l'esercizio del culto in forma associata rinvia a quanto stabilito dagli articoli 7 e 8 della stessa Costituzione;
l'esercizio del culto è imprescindibile dal diritto di farne propaganda e quindi viene così garantito il diritto di proselitismo;
l'articolo 19 stabilisce che l'ordinamento è pluralista in materia religiosa e che questa scelta non dipende dalla reciprocità applicata da altri ordinamenti o Paesi, ma è una scelta unilaterale della Costituzione italiana e, pertanto, ogni confessione religiosa svolge liberamente la sua attività nel territorio dello Stato;
esercitare il culto in privato o in pubblico significa riconoscere uno spazio pubblico alla religione e per esercitare il culto le confessioni e i credenti devono poter disporre di spazi idonei a svolgere tale attività da che ne deriva l'obbligo per lo Stato non solo di consentire ma anche di facilitare la disponibilità di edifici di culto, in quanto in essi si esercita un'attività delle formazioni sociali a carattere religioso;
nell'ordinamento italiano il diritto di disporre di edifici di culto è indipendente dall'aver stipulato un'intesa con lo Stato ma discende direttamente dall'articolo 19 della Costituzione che assicura a tutti – cittadini e stranieri – il diritto di celebrare il proprio culto;
pertanto gli enti territoriali o locali devono o dovrebbero prevedere nei piani regolatori aree destinate alla costruzione di edifici di culto quali opere di urbanizzazione secondaria e agevolare i finanziamenti per la costruzione (articolo 12 della legge n. 10 del 1997);
il diritto di costruire un edificio di culto non può essere sottoposto a referendum e le leggi regionali disciplinano la materia sempre in conformità alla Costituzione;
la libertà religiosa è una caratteristica fondante del nostro ordinamento e pertanto non è negoziabile;
le limitazioni di tale libertà costituiscono un vulnus ai princìpi supremi dell'ordinamento costituzionale;
questa garanzia di libertà non può essere condizionata dal mancato rispetto di essa da parte di altri ordinamenti;
lo Stato italiano è uno stato laico e, pertanto, non ha una religione ufficiale e da ciò costituzionalmente ne consegue che esso non può richiedere ad altri Stati la reciprocità;
l'articolo 19 della Costituzione, nel combinato disposto con gli articoli 2, 3 e 21 della medesima Costituzione assicura la libertà di coscienza e la libertà di non credere e dove non arrivano a tutela dei diritti dell'uomo e del cittadino le citate previsioni costituzionali arriva il diritto di privacy –:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere a garanzia della libera espressione di culto e delle libertà individuali dei cittadini o di chi a vario titolo è presente sul territorio italiano. (4-12705)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta in Commissione:
TINO IANNUZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
la facoltà di medicina dell'università degli studi Salerno, nell'arco di pochi anni, si è già affermata nel panorama universitario nazionale come una realtà di qualità e di pregio, con laureati e studenti di riconosciuto valore;
la crescita ulteriore del polo universitario di medicina di Salerno deve essere sostenuta con il riconoscimento di un numero adeguato di scuole e di borse di specializzazione;
nell'anno accademico 2012-2103, sono state assegnate all'ateneo salernitano solamente due borse di specializzazione, in aggregazione con l'università Federico Il di Napoli, delle quali una in medicina interna ed una in chirurgia generale;
si tratta di un provvedimento del tutto insufficiente e penalizzante per la facoltà di Salerno, alla quale, invece – proprio per il livello, gli standard e la qualità della sua offerta formativa e delle sue strutture complessive, per il numero di docenti e le relative attività scientifiche e di ricerca – l'osservatorio nazionale delle formazione medico specialistica nell'aprile 2013, aveva giustamente riconosciuto la piena idoneità per altre quattro scuole di specializzazione (accanto a chirurgia generale e medicina interna), precisamente: malattie dell'apparato cardio-vascolare; ortopedia; psichiatria; radio-diagnostica;
lo stesso osservatorio, per l'anno accademico 2013-2014, nella seduta del 3 dicembre 2013, ha giudicato fondata la richiesta dell'università di Salerno, relativa al riconoscimento di un congruo numero di scuole di specializzazione, in aggiunta alle sei già assegnate lo scorso anno;
infatti nel 2014 sono state accreditate con decreto interministeriale, dopo la positiva decisione dell'Osservatorio, ulteriori diciotto scuole di specializzazione per la facoltà di medicina di Salerno; tali ulteriori scuole, che vanno ad unirsi alle sei già accreditate, sono precisamente: audiologia e foniatria, biochimica clinica, patologia clinica, farmacologia medica, scienza dell'alimentazione, igiene e medicina preventiva, medicina legale, chirurgia plastica, neurochirurgia, urologia, oftalmologia, ematologia, gastroenterologia, nefrologia, neurologia, neuropsichiatria infantile, oncologia medica, pediatria;
di conseguenza la facoltà di medicina di Salerno è già stata accreditata per ben 23 scuole di specializzazione complessive;
con decreto ministeriale dell'agosto 2014, poi, alla università salernitana sono state attribuite per l'anno accademico 2013-2014, 6 borse di specializzazione, finalmente in regime di piena autonomia: due in medicina interna; due in chirurgia generale; due in malattie dell'apparato cardio-vascolare. A tali sei borse sono state, inoltre, aggiunte due borse in igiene e medicina preventiva, in regime di aggregazione con la SUN — Seconda università di Napoli e con l'università del Molise. La regione Campania, poi, nell'ambito dei fondi da essa stanziati, ha assegnato altre quattro borse alla facoltà di Salerno, in aggregazione con la SUN: una per medicina interna; una per chirurgia generale; una in malattie dell'apparato cardio-vascolare; una in medicina ed igiene preventiva;
nell'anno accademico 2014-2015 alla facoltà di medicina di Salerno sono state riconosciute – rispetto ed in aggiunta ai precedenti anni accademici – nuove scuole di specializzazione in aggregazione con la Università Federico II di Napoli (pediatria, psichiatria, ematologia, nefrologia) e con la SUN (neuropsichiatria infantile, urologia, chirurgia, plastica);
attualmente, quindi, nella facoltà di medicina di Salerno sono attivate ed in corso 9 borse in tre Scuole di specializzazione, in regime di autonomia, precisamente 3 in chirurgia generale, 3 in medicina interna, 3 in malattie dell'apparato cardiovascolare; inoltre in regime di aggregazione con le università di Napoli Federico II e SUN sono state autorizzate altre 8 scuole di specializzazione;
rimangono, invece, da attivare ben 12 scuole di specializzazione: neurologia, gastroenterologia, oncologia medica, neurochirurgia, oftalmologia, ortopedia, radiodiagnostica, medicina legale, audiologia e foniatria, patologia clinica, biochimica clinica, farmacologia medica;
sussistono, quindi, tutte le condizioni per assegnare nell'anno accademico 20152016 alla Università di Salerno – in un percorso graduale ed indispensabile che di anno in anno deve essere incrementato e rafforzato in quell'ateneo – nuove ed ulteriori scuole e sorse di specializzazione in regime di autonomia, anche attraverso la trasformazione delle scuole e delle borse attualmente in regime di aggregazione;
la situazione della facoltà di medicina di Salerno è stata al centro di numerosi atti di sindacato ispettivo dell'interrogante, che ha anche provveduto a rappresentarla direttamente ed in più occasioni ai due Ministeri competenti –:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere, in vista dell'imminente riparto delle scuole e delle borse di specializzazione per l'anno accademico 2015-2016, affinché alla facoltà di medicina dell'università degli studi di Salerno sia doverosamente assegnato un numero più elevato e adeguato di scuole e di borse di specializzazione, tenendo conto che all'ateneo salernitano, sono state autorizzate dall'Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica complessivamente 23 scuole di specializzazione rispetto alle sole 11 scuole sino ad oggi assegnate e che, pertanto deve essere riconosciuto a idoneità della facoltà di Salerno – alla luce della capacità ricettiva e del volume assistenziale delle strutture sanitarie inserite nella rete formativa delle scuole ed in considerazione del livello e degli standard elevati e di eccellenza del personale docente e delle strutture di questa facoltà, nonché del numero di soggetti iscrivibili – un ben maggiore numero di scuole e di borse di specializzazione in regime di autonomia, accanto a quelle fino ad ora autorizzate ed attivate. (5-08276)
Interrogazione a risposta scritta:
MARCOLIN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
a seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuove decreto del Presidente della Repubblica sulle classi di concorso, i docenti dei licei coreutici e musicali hanno inviato una serie di richieste di chiarimento al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca affinché la loro posizione venga garantita;
in particolare gli insegnanti lamentano che la nuova regolamentazione delle classi di concorso A-57, A-58 e A-59, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 14 febbraio 2016 n. 19, ribalta l'assetto organizzativo dei licei coreutici, offrendo la possibilità di accedere all'insegnamento a nuove figure professionali inadeguate ed eliminando completamente figure essenziali già esistenti;
in tal senso essi lamentano che il decreto del Presidente della Repubblica del 14 aprile 2016 n. 19 danneggia direttamente gli interessi dei docenti, sia in termini di possibilità di impiego, sia in termini di qualità della didattica da loro offerta;
in particolare, i docenti in servizio e i diplomati dei bienni specialistici con riferimento alle classi di concorso A-57, A-58, A-59, relative agli insegnamenti delle discipline di indirizzo dei licei musicali e coreutici – sezione coreutica rilevano che a seguito della pubblicazione della riforma delle classi di concorso si sono rilevate gravi incongruenze e anomalie relative ai titoli di accesso ed agli insegnamenti delle discipline di indirizzo – sia coreutiche che musicali – dei licei coreutici, ovvero:
nuove classi di concorso A-57 (tecnica della danza classica) e A-58 (tecnica della danza contemporanea):
colonna «Titoli di accesso Lauree Magistrali decreto ministeriale 270 del 2004» di entrambe le classi di concorso: è previsto l'inserimento del diploma accademico di composizione ad indirizzo in coreografia;
il diploma accademico di composizione ad indirizzo in coreografia non è a indirizzo didattico, come è invece richiesto dal decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249, articolo 9, comma 1. Infatti, il regolamento interno dell'Accademia nazionale di danza, tra gli sbocchi professionali di questo percorso, non prevede l'insegnamento nella scuola pubblica e privata di ogni ordine e grado, bensì il lavoro come coreografi presso teatri, compagnie private o all'interno degli enti lirici in Italia o all'estero. Di conseguenza, il piano di studi del rispettivo biennio specialistico non contiene discipline specifiche per la formazione di docenti di danza;
colonna «Indirizzi di studi» – Insegnamenti relativi di entrambe le classi di concorso: è previsto l'inserimento dell'insegnamento a carattere specificamente teorico-storico-culturale «Storia della Danza – 2o biennio, 5o anno»;
la stessa denominazione delle due classi di concorso in oggetto: «Tecnica della danza classica» e «Tecnica della danza contemporanea», esplicita che il carattere dei relativi insegnamenti è specificamente di tipo pratico. Infatti il documento dell'Accademia nazionale di danza, protocollo 2250 del 04 maggio 2012, allegato A, riconfermato con protocollo 6469/48 del 27 luglio 2015, allegato V (documento redatto in linea con quanto disposto dall'articolo 7, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89), prevede una cattedra specifica di «Storia della Danza», del tutto slegata da quelle relative agli insegnamenti delle tecniche e dei laboratori coreutici e coreografici, dato che i piani di studi dei percorsi dei diplomi accademici di II livello non prevedono una preparazione specifica per l'insegnamento di questa disciplina: solamente 4 crediti formativi associati in storia della Danza nei due bienni specialistici per l'insegnamento delle discipline coreutiche e addirittura nessun crediti formativi associati in quello di composizione ad indirizzo in coreografia;
per l'insegnamento di tutte le discipline scolastiche a carattere teorico-storico-culturale, comprese quelle di area artistica (storia della musica e storia dell'arte), è d'obbligo il possesso di una laurea specialistica o magistrale di nuovo ordinamento (decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249, articolo 3, comma 2b), ossia un titolo rilasciato dalle università, dunque la storia della danza verrebbe ad essere l'unica tra tutte le discipline del sistema scolastico nazionale e l'unica tra le due discipline di indirizzo a carattere teorico-culturale del liceo coreutico per la cui docenza sarebbe sufficiente un diploma Accademico Alta formazione artistica e correttiva (Afam) anziché una laurea magistrale universitaria;
a partire dall'anno scolastico 2012/2013 i dirigenti dei licei coreutici ha o reclutato i docenti di storia della danza tramite appositi bandi per graduatorie di istituto nei quali – sulla base di un documento presentato dall'Accademia nazionale di danza e accolto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si richiedeva come titolo di accesso: laurea in musicologia e beni musicali (LM 45) o Laurea in Scienze dello spettacolo e produzione multimediale (LM 65) o titoli equiparati ai sensi del D.I. 9 luglio 2009, purché il piano di studi quinquennale di ciascuno dei suddetti titoli comprenda almeno 30 crediti negli ambiti teorico e storico della danza;
pertanto, al fine di garantire il più alto livello possibile della qualità degli insegnamenti dei licei coreutici, è necessario riconoscere anche alla storia della danza una dignità culturale e altamente formativa – così come avviene per le altre discipline artistiche dei licei affini – mantenendo il titolo di accesso già previsto per l'insegnamento di questa disciplina;
nella colonna «Indirizzi di studi» – Insegnamenti relativi» della classe di concorso A-58 (Tecnica della danza contemporanea) è previsto l'inserimento dell'insegnamento «Laboratorio coreutico – 1o biennio»;
l'allegato E al decreto ministeriale 7 ottobre 2010, n. 211 recate «Indicazioni nazionali dei nuovi licei», nello specifico per il liceo musicale e coreutico – sezione coreutica riporta testualmente: LINEE GENERALI E COMPETENZE: il laboratorio coreutico è concepito come articolazione della materia «Tecnica della danza classica» ed interessa esclusivamente il primo biennio. Per questo motivo il già menzionato documento dell'Accademia nazionale di danza, protocollo 2250 del 04 maggio 2012, allegato A, riconfermato con protocollo 6469/48 del 27 luglio 2015, allegato V, assegna esclusivamente alla cattedra di «Tecnica della danza classica» questo insegnamento;
nella nuova classe di concorso A-59 (tecniche di accompagnamento alla danza): colonna «Indirizzi di studi» – Insegnamenti relativi, è riportata la compresenza del pianista solo in «Laboratorio coreutico» e «Laboratorio coreografico»;
in realtà il pianista accompagnatore, onde consentire la musica di base necessaria per l'effettuazione della lezione di danza, opera anche durante le ore di «Tecnica della danza classica» e «Tecnica della danza contemporanea». In aggiunta occorrerebbe reinserire le ore al biennio di «Teoria e Pratica musicale per la danza»; per maggiore chiarezza ci si richiama al sopra menzionato documento dell'Accademia nazionale di danza, protocollo 2250 del 4 maggio 2012, allegato A, riconfermato con protocollo 6469/48 del 27 luglio 2015, allegato V, in cui, per la cattedra denominata di «Musica per danza», sono esplicitamente indicati i seguenti insegnamenti afferenti: accompagnamento al pianoforte delle lezioni di tecnica della danza classica, tecnica della danza contemporanea e dei relativi laboratori: coreutico nel primo biennio e coreografico nel secondo biennio 5o anno di entrambe le sezioni; teoria e pratica musicale per la danza (primo biennio) –:
quali iniziative urgenti abbia intenzione di adottare il Ministro interrogato in merito ai rilievi esposti in premessa al fine di rivalutare i titoli di accesso e le materie di competenza delle classi di concorso per le discipline coreutiche (A-57, A-58 e A-59). (4-12690)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
DAMIANO e MICCOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
da nota sindacale del 29 febbraio 2016, rilasciata congiuntamente dalle sigle sindacali di categoria sindacato lavoratori della comunicazione — CGIL, Federazione informazione spettacolo e telecomunicazioni — CISL, Unione italiana lavoratori della comunicazione – si viene a conoscenza che «il 23 febbraio 2016 Francesco Gaetano Caltagirone e Azzurra Caltagirone (vicepresidente della Fieg) hanno comunicato lo spacchettamento delle attività produttive delle testate dei quotidiani «Il Messaggero» di Roma, «Il Mattino» di Napoli e «Il Gazzettino» di Venezia, in spregio alle regole previste dal contratto nazionale di lavoro. In modo subdolo il 23 dicembre 2015 hanno costituito le società «Servizi Italia 15 S.r.l.», e «Stampa Napoli 2015 S.r.l.» e «Stampa Roma 2015 S.r.l. Tali società acquisiranno i rami d'azienda delle testate dei quotidiani sopra richiamate»;
la descritta operazione, si apprende da missiva inviata dagli organi dirigenziali del gruppo Caltagirone alle rappresentanze sindacali di categoria, «si inserisce in un programma di riorganizzazione generale finalizzato a semplificare le strutture organizzative con lo scopo di massimizzare sia le sinergie aziendali sia l'equilibrio economico complessivo delle società coinvolte dalla presente operazione, ciò anche in considerazione della grave crisi che ha interessato il settore e che ha comportato pesanti perdite negli ultimi 5 anni»;
il trasferimento dei rami d'azienda a favore delle società beneficiarie sarà effettivo a partire dal primo aprile 2016;
alle organizzazioni sindacali invece la procedura attuata risulta volta ad una destrutturazione del contratto collettivo nazionale poiché provocherà, per 77 lavoratrici e lavoratori coinvolti, un passaggio dal CCNL dei Poligrafici a quello del Commercio nonché licenziamenti individuali senza giustificato motivo e spostamenti forzosi da una attività all'altra. Esempio di questa precisa volontà risiede nell'attuale licenziamento di 3 lavoratori de «Il Mattino» di Napoli;
sempre le forze sindacali dichiarano fallite le trattative avviate al tavolo di concertazione tra le parti tenutosi il 22 marzo 2016 per l'intransigenza mostrata dal gruppo Caltagirone. Quest'ultimo avrebbe rigettato qualsiasi proposta ed avviato un concreto attacco ai diritti di tutti i lavoratori Poligrafici;
per tali ragioni le segreterie nazionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil hanno indetto lo sciopero del settore per il 24 marzo 2016;
risulta agli interroganti che il gruppo Caltagirone abbia usufruito dei fondi previsti per l'editoria, il che rende discutibili dinamiche come quelle descritte in premessa –:
se intenda monitorare l'operazione di dislocamento dei dipendenti che, dal primo aprile 2016, saranno appaltati in una delle società esterne beneficianti, affinché ne siano tutelati i diritti. (5-08275)
Interrogazione a risposta scritta:
SANDRA SAVINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
l’Area Science Park di Trieste, parco scientifico e tecnologico multisettoriale, vigilato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per tutto l'anno 2014, in applicazione della legge n. 68 del 1999, ha assunto a tempo determinato quattro persone con disabilità che avrebbero poi dovuto essere stabilizzate ai sensi del decreto-legge n. 101 del 2013, provvedimento volto a superare la precarietà nella pubblica amministrazione;
a quanto si apprende da fonti di stampa, alla scadenza del 31 dicembre 2014, i lavoratori in questione non solo non sono stati assunti a tempo indeterminato, ma non si sono visti rinnovare nemmeno il contratto a tempo determinato; ciò si è verificato a causa di un'interpretazione restrittiva che ha escluso l'Area Science Park dall'applicazione del decreto-legge n. 101 del 2013, che nelle intenzioni del legislatore doveva sostanzialmente contribuire al superamento del precariato nella pubblica amministrazione;
da quanto disposto dal decreto-legge n. 101 del 2013 e da quanto stabilito dal dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri con circolare n. 5 del 21 novembre 2013 e con una nota operativa del 30 dicembre 2014, si ritiene che gli interventi normativi in materia oggetto della legge n. 68 del 1999, a cui fa riferimento Area Science Park, concernono soltanto l'assunzione a tempo indeterminato di lavoratori disabili da parte di enti pubblici che si trovano in condizione di soprannumerarietà, con esplicita deroga ai divieti di nuove assunzioni; condizioni che non ricomprendono il caso di specie considerando, soprattutto, che Area Science Park non si trova in stato di soprannumerarietà;
infatti, l'articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 101 del 2013 obbliga tutte le pubbliche amministrazioni (articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001) a rideterminare il numero delle assunzioni obbligatorie delle categorie protette sulla base delle quote e dei criteri individuati dalla normativa vigente («in primis», la legge n. 68 del 1999), tenendo conto, se necessario, della dotazione organica come rideterminata a seguito dei recenti provvedimenti; una volta effettuata questa ricognizione, ogni amministrazione sarà tenuta ad assumere un numero di lavoratori pari alla differenza tra il numero come rideterminato e quello allo stato esistente;
la disposizione appena citata deroga, espressamente, il «blocco delle assunzioni», pur se l'amministrazione interessata si trovi in situazione di «soprannumerarietà», fattispecie che non riguarda l’Area Science Park;
la condotta di Area Science Park è stata fortemente contestata sia dalle organizzazioni sindacali che dalla Fish Friuli Venezia Giulia; tuttavia, nonostante reiterati inviti e sollecitazioni, Area Science Park non ha modificato la propria posizione, né il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione è intervenuto per chiarire la vicenda nonostante sia stato interpellato dai sindacati; tra l'altro, l'ente in questione ha assunto una condotta che appare all'interrogante palesemente scorretta nei confronti di questi lavoratori considerando che sono stati illusi con continue promesse di rinnovo del loro contratto a tempo determinato riferendo della necessità di una presunta approvazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
Area Science Park, ad avviso dell'interrogante, ha erroneamente interpretato la normativa in materia, poiché avrebbe dovuto fare riferimento esclusivamente alla normativa ante decreto-legge n. 101 del 2013, sicché i quattro lavoratori dovrebbero essere riassorbiti in organico –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quale sia a questo riguardo l'orientamento del Governo e quali iniziative di competenza intendano adottare per tutelare i lavoratori citati in premessa, affinché possano essere, in tempi rapidi, perfezionati i già promessi contratti a tempo indeterminato. (4-12694)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
con la legge n. 194 del 2015, sono state introdotte «Disposizioni per la tutela della biodiversità di interesse agricolo e alimentare»;
tale provvedimento stabilisce i principi e definisce gli strumenti normativi per l'istituzione di un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare, finalizzato alla tutela delle risorse genetiche locali dal rischio di estinzione e di erosione genetica;
nello specifico l'articolo 16 della legge sopracitata dispone che il piano triennale di attività del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (predisposto ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 454 del 1999) preveda interventi per la ricerca sulla biodiversità di interesse agricolo ed alimentare, sulle tecniche necessarie per favorirla, tutelarla e svilupparla nonché interventi finalizzati al recupero di pratiche corrette in riferimento all'alimentazione umana, all'alimentazione animale con prodotti non geneticamente modificati e al risparmio idrico;
nella legge di stabilità 2016, sono stati stanziati 21 milioni di euro per la ricerca in agricoltura; secondo il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, si tratta del finanziamento del più importante progetto di ricerca pubblica fatto nel nostro Paese su una frontiera centrale come il miglioramento genetico attraverso biotecnologie sostenibili;
il suddetto piano è articolato su tre anni e la regia dell'operazione sarà gestita dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea), il centro di ricerca specializzato del Ministero; le culture coinvolte saranno: vite, olivo, pomodoro, pesco, albicocco, agrumi, frumento, melanzana, melo, ciliegio, pioppo;
il piano triennale prevede iniziative di ricerca in laboratorio con biotecnologie moderne e sostenibili come il genoma editing e la cisgenesi. Su queste tecnologie – a parere di una parte della comunità scientifica utili per consentire un impegno mirato di miglioramento genetico senza alterare le caratterizzazioni produttive del sistema agroalimentare, migliorandone le performance anche rispetto alla resistenza alle malattie, mentre secondo altri tali tecnologie non si distinguerebbero particolarmente dagli interventi di modifica del DNA – si è aperto un dibattito diffuso;
rispetto a tale progetto il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina ha dichiarato: «vogliamo tutelare al massimo il nostro patrimonio unico di biodiversità che è il tratto distintivo che fa dell'Italia un punto di riferimento per il mondo a livello agroalimentare. Per farlo investiamo nella ricerca pubblica, concentrando le risorse su un programma di attività che punta su innovazione e sostenibilità» –:
se le risorse stanziate verranno utilizzate interamente per approfondire le tecnologie sopra richiamate, e con quali modalità;
se, alla luce di quanto espresso in premessa, le risorse stanziate con la legge di stabilità 2016 e gestite dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, verranno finalizzate anche alle disposizioni di cui all'articolo 16 della legge n. 194 del 2015, e, in caso contrario, come il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali intenda far fronte agli adempimenti previsti dall'articolo sopra richiamato. (5-08281)
SALUTE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
BRIGNONE. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi, un carico di 900 agnelli vivi provenienti dalla Romania è stato fermato nella zona industriale di Pontinia (LT) dai forestali del comando provinciale di Latina e del nucleo investigativo per i reati in danno agli animali (NIRDA);
a causa di numerose violazioni riscontrate, il veicolo che li trasportava è stato sottoposto a fermo amministrativo con l'applicazione di sanzioni pari a un importo di seimila euro;
nell'ambito del controllo effettuato, inerente al benessere degli animali e alla sicurezza agroalimentare, il carico di agnelli vivi è stato controllato prima che il trasportatore provvedesse allo scarico degli ovini presso le industrie di macellazione;
durante il controllo effettuato dalla forestale con l'ausilio di medici veterinari dell'azienda sanitaria locale di Latina, servizio igiene degli allevamenti e produzioni zootecniche, si sono verificate le condizioni di salute degli animali accertando anche la morte di alcuni esemplari avvenuta prima dell'arrivo a destinazione;
le violazioni contestate al trasportatore sono numerose: spazi non sufficienti ad assicurare ventilazione adeguata agli animali; la mancata possibilità di movimenti naturali all'interno del semirimorchio; eccessivo carico causa di sofferenza agli animali; compromessa possibilità di riposo degli stessi; impossibilità di una corretta termoregolazione; ostacoli al dispositivo di abbeveraggio;
tutto ciò in violazione di quanto prescritto dalla normativa in materia che disciplina le disposizioni del regolamento della Comunità europea n. 1/2005 sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni collegate;
i controlli sugli animali destinati alla macellazione per uso umano siano molto sporadici in virtù del fatto che, in caso si fermo, il più delle volte, sono applicate sanzioni in violazione della normativa concernente la protezione degli animali durante il trasporto –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
se non si ritenga che tali controlli debbano inserirsi in una più ampia campagna di verifiche attuata dalle autorità competenti attraverso intensificazione di controlli su tutto il territorio;
se non si ritenga utile, alla luce di quanto spesso avviene durante il trasporto ai danni di animali da macello, assumere iniziative per modificare la normativa vigente in materia al fine di garantire il maggiore benessere degli animali durante il trasporto, nonché l'inasprimento di pene per chi commette reati di maltrattamento durante il trasporto agli animali. (5-08274)
ROMANINI, COVA, ZANIN, PRINA, TERROSI, CARRA, PAOLO ROSSI, ALBANELLA, TARICCO, VENTRICELLI e ARLOTTI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
l'anagrafe equina è attualmente gestita dall'Assi (Agenzia per lo sviluppo del settore ippico), subentrata nella titolarità di tutti i rapporti giuridici facenti capo in precedenza all'Unire (Unione nazionale incremento razze equine), posta sotto la vigilanza del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell'articolo 8, comma 15, del decreto-legge n. 147 del 2003 (istituzione della Bde – Banca dati equidi) e dell'articolo 14, comma 28, del decreto-legge n. 98 del 2011 (soppressione, incorporazione e riordino di enti ed organismi pubblici);
l'agenzia Assi ha articolato l'anagrafe degli equidi per razza, tipologia d'uso e diffusione territoriale, utilizzando a tale scopo anche l'Aia (Associazione italiana allevatori), tramite delle rispettive strutture provinciali (Apa), con la duplice finalità di custodire in apposita documentazione i dati concernenti i capi equini e curarne l'aggiornamento attraverso un monitoraggio costante;
le modalità gestionali dell'anagrafe equina in capo all'Assi sono state stabilite con il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 29 dicembre 2009, e successive modifiche ed integrazioni (linee guida), che, all'articolo 3, comma 11, ha previsto per ogni impresa di allevamento equino l'onere di conservare un autonomo registro di carico e scarico degli equidi detenuti in azienda, ove annotare, separatamente per ogni proprietario, tutte le variazioni entro sette giorni dal loro verificarsi, il cui manuale operativo è stato approvato con il successivo decreto ministeriale 26 settembre 2011 e successive modifiche ed integrazioni che ha adeguato le relative procedure al Regolamento (CE) 504/2008 (identificazione degli equidi);
il Ministero della salute è intervenuto a sua volta mediante le due circolari esplicative n. 13626 del 23 luglio 2009 e n. 14896 del 18 agosto 2011, ove sono state chiarite le modalità di registrazione dei capi equini nella Bdn (Banca dati nazionale dell'anagrafe zootecnica), istituita ex articolo 12 comma 1, del decreto legislativo n. 196 del 1999, presso il centro servizi dell'istituto zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e del Molise «G. Caporale», con sede a Teramo;
ciò malgrado le aziende del settore di allevamento equino hanno incontrato notevoli criticità operative, dovute, da un lato, alla coesistenza di svariate tipologie di passaporto che accompagnano gli equini destinati alla macellazione (Assi, ex Unire, Aia, Apa, e altri), dall'altro, ad oggettive lacune del sistema informatico che impediscono l'inserimento in tempo reale delle informazioni mancanti in banca dati nazionale;
al fine di ovviare a tali difficoltà lo stesso Ministero della salute, con ordinanza 1o marzo 2013 (misure urgenti in materia di identificazione sanitaria degli equidi), adottata in conformità al vigente manuale operativo di cui al citato decreto Mipaaf 26 settembre 2011, ha integrato l'anzidetta banca dati nazionale presso il centro servizi di Teramo, con l'introduzione di un'apposita sezione per i capi equini. La ratio del provvedimento risiede nell'esigenza di garantire maggior disponibilità dei dati contenuti nell'anzidetta anagrafe ai fini dell'epidemiosorveglianza per gestire correttamente le più diffuse emergenze sanitarie della specie equina (anemia infettiva, West Nile disease, morbo coitale maligno), nonché di tutelare il benessere degli equidi rendendo identificabili aziende ed allevamenti per i servizi veterinari ufficiali;
la nuova sezione per l'identificazione sanitaria degli equidi introdotta nella Bdn con la stessa ordinanza del 1o marzo 2013 è aggiornata sia attraverso i dati già inseriti nell'anzidetta banca dati dell'anagrafe equina (Bde), gestita temporaneamente dall'Aia mediante le richiamate Apa provinciali, sia tramite le informazioni fornite dai proprietari degli equidi e dal competente servizio veterinario Asl;
il servizio veterinario stesso rettifica, in sede di controllo, ogni eventuale informazione in contrasto con quanto rilevato in sede di vigilanza, dichiarando «non destinati alla produzione di alimenti, per il consumo umano» i soli equidi identificati in contrasto con le procedure di cui al manuale operativo del Mipaaf e registrando tale dichiarazione «non Dpa» sul passaporto degli animali interessati (sezione IX), nella banca dati nazionale (sezione equidi) ed infine nella Bde (Banca dati dell'anagrafe equina);
l'efficacia delle disposizioni adottate dal Ministero della salute nel 2013 è stata differita al 10 aprile 2016, in virtù di un'apposita proroga stabilita con successiva ordinanza del 23 marzo 2015, mentre continuano a sussistere le descritte criticità operative delle aziende del settore;
sono già state adottate iniziative normative da parte del Governo che affrontano la questione dell'Anagrafe degli equidi;
il 1o gennaio 2016 è entrato in vigore il regolamento di esecuzione (UE) 2015/262 del 17 febbraio 2015 recante disposizioni a norma delle direttive 90/427/CEE e 2009/156/CE del Consiglio per quanto riguarda i metodi di identificazione degli equidi (regolamento sul passaporto equino) –:
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere:
per implementare, de jure condito, anche ai sensi del citato regolamento (UE) n. 2015/262, le funzionalità ritenute più idonee ad assicurare alle imprese del settore equino modalità unitarie ed omogenee di registrazione dei capi destinati alla macellazione indipendentemente dalla provenienza geografica dei capi destinati alla macellazione;
per ottimizzare, de jure condendo, il funzionamento e l'implementazione dell'anagrafe zootecnica realizzando le auspicate condizioni di coordinamento delle informazioni concernenti tutti i capi equini dichiarati come «destinati alla produzione di alimenti per il consumo umano» (Dpa) da registrare in quanto tali in banca dati;
per coordinare le rispettive strutture amministrative competenti in materia di anagrafe equina nelle more di una organica riforma della materia. (5-08290)
BRIGNONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la trentasettenne Vincenza Sicari, atleta maratoneta, ha svolto un'encomiabile carriera sportiva. Il suo palmares conta diversi risultati in competizioni mondiali, tra le quali la ventinovesima alla maratona olimpica di Pechino del 2008;
nel 2013, la Sicari scopre di essere malata e da allora è stata ricoverata in diverse strutture ospedaliere d'Italia. Da mesi giace paralizzata in un letto dell'Ospedale di Pisa, poiché il male di cui è affetta è sconosciuto alla medicina e quindi non risulta esista una cura;
sulla Sicari sono stati eseguiti – dai medici che l'hanno presa in cura in svariati enti ospedalieri – diversi accertamenti ma considerati gli scarsi risultati ottenuti e la mancanza di una diagnosi certa, i sanitari decidevano di non intervenire più poiché non in grado di individuare né la malattia né una cura per salvarle la vita;
Vincenza Siceri è ora abbandonata dalle istituzioni ed ha il solo sostengo morale di amici e parenti e la solidarietà di una piccola parte del mondo sportivo maratoneta che ha promosso diverse competizioni al fine di ricavare in modo da consentirle di raggiungere un centro all'estero in cui possano trattare la sua malattia in modo adeguato;
alcuni mesi fa Vincenza Sicari scriveva un appello al Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, informandola della sua drammatica condizione di salute e ponendo l'accento sul problema della ricerca di malattie rare o sconosciute per le quali sono colpite pochissime persone e per questo non conveniente investire;
il Ministro Lorenzin, a detta della Sicari, rispondeva che avrebbe dovuto rivolgersi alla direttrice sanitaria della regione Toscana, ad avviso dell'interrogante sollevandosi così da ogni responsabilità;
la Sicari è stata abbandonata quindi dalle istituzioni, dal personale sanitario, dal Ministero della salute. Dichiarava inoltre a mezzo stampa che nemmeno la Fidal (Federazione Italiana di atletica leggera) si era interessata alla sua drammatica vicenda, se non il Presidente del Coni Malagò, che si rese disponibile a garantirle la massima assistenza nell'ambito di un ricovero in una struttura sanitaria di Roma;
il ricovero presso la struttura sanitaria di Roma è tuttavia stato breve poiché – sempre da dichiarazione rilasciate dalla Sicari – le sarebbe stato comunicato che non sarebbe potuta rimanere molto tempo perché per il servizio sanitario nazionale i costi per la sua lunga degenza erano troppo alti, e che quindi, avendo necessità del posto letto avrebbe dovuto provvedere alla ricerca di un'altra struttura ospedaliera;
dal 2013, inizio dell'invalidante e sconosciuta malattia, la Sicari ora ricoverata nell'ospedale di Pisa, è totalmente immobile e ridotta a un peso sotto i quaranta chili;
appare irragionevole che una persona malata debba ricorrere a fondi di solidarietà per potersi curare all'estero poiché in Italia, a causa dei costi troppi alti, non è eseguita la ricerca di malattie rarissime che colpiscono anche una sola persona;
non appare giusto all'interrogante lasciare che una persona affetta da un male inarrestabile sia abbandonata dalle istituzioni – nella sola attesa che sopraggiunga la morte – poiché il sistema sanitario nazionale non ricorre a tutti gli interventi medici necessari a stabile una diagnosi e una cura del malato;
sarebbe opportuno e doveroso acquisire tutte le cartelle cliniche riguardanti la vicenda di Vincenza Sicari per verificare la corretta applicazione d'interventi sanitari effettuati nel corso delle numerose degenza in più ospedali pubblici del Paese di Vincenza Sicari –:
se il Ministro sia a conoscenza dell'attuale grave stato di salute della maratoneta italiana Vincenza Sicari e quali iniziative di competenza ritenga di assumere affinché, nel caso in questione e in quelli analoghi che riguardano malattie rare, sia assicurate adeguate prestazioni sanitarie, anche implementando la ricerca in materia. (5-08292)
Interrogazione a risposta scritta:
BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, PASTORINO e MATARRELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 29 marzo 2016, sul tetto dell'azienda Italpannelli, impresa che produce strutture prefabbricate in acciaio, legno lamellare e cemento situata nell'SP Bonifica all'altezza di Ancarano – Castel di Lama, si sviluppava un grosso incendio;
i vigili del fuoco intervenuti anche dalle regioni limitrofe sono stati impegnati diverse ore nel tentativo di domare le fiamme;
sono ancora da accertare le cause dell'incendio, che non parrebbe doloso e non vi sono stati danni a civili, mentre un vigile del fuoco è rimasto intossicato in seguito all'inalazione ed è ora ricoverato presso la struttura ospedaliera di Ascoli Piceno;
a causa del propagarsi dell'incendio, e considerata la vasta area interessata, si è provveduto a chiudere la superstrada Ascoli-Mare;
la procura di Teramo ha aperto un fascicolo per indagare sulle cause che hanno scatenato l'incendio;
tuttavia, l'incendio ha scatenato un'enorme nube tossica, tant’è che da Ascoli a San Benedetto i sindaci hanno ordinato ai cittadini di tenere chiuse porte e finestre –:
se i Ministri siano stati informati dei fatti narrati in premessa e di quali elementi dispongano circa gli effetti che la nube tossica creatasi per il vasto incendio possa procurare ai danni della salute di persone e animali;
quali iniziative di competenza si intendano promuovere a tutela della salute pubblica, degli animali d'affezione e di allevamento, essendo questi ultimi presenti nelle numerose aziende agricole della zona interessata dall'inquinamento ambientale propagatosi. (4-12703)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta orale:
DE MARIA e BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la Alstom Ferroviaria spa, con 2.600 persone occupate in Italia e un fatturato pari a un 1 miliardo di euro, rappresenta sia per il numero e l'importanza dei progetti realizzati, che per il contenuto tecnologico, una delle principali realtà industriali italiane nel settore ferroviario;
la sede Alstom Ferroviaria spa di Bologna costituisce oggi un centro di eccellenza mondiale della multinazionale Alstom Transport per i sistemi di segnalamento ferroviario, garantendo occupazione a migliaia di famiglie e sviluppo all'intera regione, come tale meritevole di attenzione e valorizzazione da parte del Governo;
la Alstom Ferroviaria spa la dichiarato 22 esuberi a Bologna e 11 trasferimenti dallo stabilimento di Bologna a quello di Sesto S. Giovanni, trasferimenti che possono già essere considerati esuberi, visto che l'attività svolta da queste persone verrà esternalizzata a breve;
desta particolare preoccupazione che non sia al momento noto né comunicato alle rappresentanze sindacali unitarie il piano industriale e la riorganizzazione aziendale, così come desta preoccupazione il calo degli ordini che si potrebbero verificare dalla diminuzione delle commesse;
altre fonti confermano, inoltre, l'intenzione della multinazionale Alstom di delocalizzare migliaia di ore di progettazione – oggi in carico a Bologna – in India;
l'integrazione del sito di Firenze (ex-GE) con quello di Bologna presenta elementi poco chiari per ciò che concerne la riorganizzazione ed eventuali disposizioni riguardanti gli stabilimenti coinvolti, a partire da quello di Firenze; tali disposizioni o vincoli potrebbero pertanto avere ricadute, anche pesanti, sugli organici del sito bolognese;
l'assenza di pronunciamenti ufficiali da parte della Alstom fa crescere incertezza e preoccupazione, già espressa pubblicamente dalla rappresentanza sindacale unitaria aziendale;
la Alstom Ferroviaria spa ha confermato il rischio di un «buco produttivo e lavorativo», che porterebbe a dichiarare circa 1.500 esuberi su 2.600 lavoratori in forza a livello nazionale, qualora Alstom non dovesse aggiudicarsi commesse nell'ambito della gara dei 500 treni;
la regione Emilia Romagna ha già provveduto ad emanare le delibere relative alla gara e ha stanziato il budget per 75 treni;
la competenza nell'indire la gara spetta a Trenitalia che è però in attesa che anche le altre regioni si dotino degli strumenti amministrativi e contabili per accedervi;
avere tempi certi e celeri per l'indizione della gara d'appalto per i treni è di fondamentale importanza per il destino dello stabilimento di Savigliano (addetto alla produzione di treni, 1400 dipendenti) e per tutti gli altri stabilimenti italiani, Bologna (580 dipendenti, 1000 con l'indotto) in primis, che rischiano pesanti ripercussioni dovute a un prevedibile effetto domino –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative di competenza intendano intraprendere per chiarire la situazione della Alstom ferroviaria spa in relazione ai piani ed ai progetti di riorganizzazione aziendale e, ove necessario, per salvaguardare il futuro di una realtà produttiva di grande interesse e di altissima specializzazione, così come per garantire tempi congrui e certi per l'indizione delle gare d'appalto per i treni e per mettere in priorità piani di investimento per l'ammodernamento delle infrastrutture di segnalamento ferroviario. (3-02151)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
TERROSI, MAZZOLI, BONACCORSI e BRAGA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
i due progetti presentati per la realizzazione di altrettanti impianti pilota geotermici nella piana dell'Alfina, a cavallo tra le province di Terni e Viterbo, uno nel territorio del comune di Caste Giorgio (Terni) e uno nel territorio del comune di Acquapendente (Viterbo), procedono nel loro iter autorizzatorio e in particolare per il primo, questo risulta quasi ultimato;
si ricorda che i comuni situati nell'area in cui insisterebbero i due impianti, insieme alla provincia di Viterbo, si sono sempre contrapposti ai progetti stessi producendo osservazioni documentate e depositate presso i Ministeri competenti, nelle diverse fasi dell’iter istruttorio;
tali osservazioni riguardavano, fra l'altro, il fatto che, come noto e come dimostrato da diversi studi scientifici, l'attività geotermica a media ed alta entalpia può rappresentare un serio problema per le falde acquifere e per la possibile induzione di sismicità;
si sottolinea come i luoghi interessati dalla richiesta di realizzazione dei due impianti, ricadenti nell'area dell'Altopiano dell'Alfina, presentino caratteristiche di elevata fragilità sismo-tettonica e costituiscano, con le proprie falde, l'alimentazione naturale del lago di Bolsena, come noto il più grande lago europeo di origine vulcanica, sede di aree SIC e ZPS;
le assemblee consiliari dei diversi comuni coinvolti hanno prodotto specifiche deliberazioni in cui hanno evidenziato, anche in virtù delle considerazioni sopra esposte, le loro posizioni contrarie alla realizzazione degli impianti pilota geotermici;
nell'ottobre 2015, l'Assemblea dei venticinque sindaci riunita ad Orvieto ha sottoscritto un documento, indirizzato alla regione Umbria, nel quale si chiede espressamente a quest'ultima, fra l'altro, di non procedere alla sottoscrizione dell'atto di intesa con il Ministero dello sviluppo economico che rappresenterebbe il momento conclusivo dell’iter amministrativo e il via libera alla realizzazione dell'impianto previsto per il comune di Castel Giorgio;
da ultimo, nel mese di febbraio 2016, la II commissione consiliare permanente della regione Umbria ha votato a maggioranza un documento, approvato a maggioranza anche dalla assemblea della regione Umbria nella seduta del 22 marzo 2016, con il quale impegna la giunta regionale a tenere in debita considerazione, fra l'altro, «le indicazioni contenute nel documento redatto il 9 ottobre 2015» votato dai Sindaci del territorio interessato e la loro totale contrarietà espressa con atti ufficiali, prevedendo «che ogni decisione finale sia subordinata al rispetto del principio di precauzione» e che gli atti di competenza della giunta regionale vengano redatti «nel rispetto della normativa vigente e dell'interesse prevalente dei Comuni del territorio e delle comunità coinvolte»;
riconoscendo l'importanza della geotermia quale «risorsa strategica» per il nostro Paese, in data 15 aprile 2015 è stata approvata dalle Commissioni permanenti della Camera dei deputati VIII ambiente e X attività produttive, la risoluzione n. 8-00103;
i primi tre punti della citata risoluzione impegnano il Governo a:
1) avviare le procedure di zonazione del territorio italiano, per le varie tipologie di impianti geotermici, identificando le aree potenzialmente sfruttabili in coerenza anche con le previsioni degli orientamenti europei relativamente all'utilizzo della risorsa geotermica e in linea con la strategia energetica nazionale;
2) emanare, entro sei mesi, linee guida a cura dei Ministeri dello sviluppo economico e di quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che individuino nell'ambito delle aree idonee di cui al punto precedente anche i criteri generali di valutazione, finalizzati allo sfruttamento in sicurezza della risorsa, tenendo conto delle implicazioni che l'attività geotermica comporta relativamente al bilancio idrologico complessivo, al rischio di inquinamento delle falde, alla qualità dell'aria, all'induzione di micro sismicità;
3) a rilasciare, a seguito dell'emanazione delle linee guida, tutte le autorizzazioni per i progetti di impianti geotermici, comprese quelle relative ai procedimenti in corso, nel rispetto delle prescrizioni ivi previste;
nell'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06647 del 4 ottobre 2015 veniva richiesto ai Ministri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, se gli stessi avessero ultimato la zonazione e la elaborazione delle suddette linee guida considerando che, con riferimento a queste ultime, il termine di sei mesi individuato nella risoluzione n. 8-00103 è stato abbondantemente superato (la scadenza infatti era prevista al 15 ottobre 2015);
nella risposta data si afferma che «il Ministero dello sviluppo economico ha provveduto ad avviare i lavori di “zonazione” del territorio italiano affinché, per le varie tipologie di impianti geotermici, siano identificate le aree potenzialmente sfruttabili, e ad implementare le “linee guida” per le attività geotermiche, insieme al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di individuare i criteri generali di valutazione per lo sfruttamento in sicurezza della risorsa, che tengano conto delle implicazioni che l'attività geotermica comporta relativamente al bilancio idrogeologico, al rischio di inquinamento delle falde, alla qualità dell'aria, all'induzione di micro sismicità. È stato inoltre predisposto un documento contenente le Linee guida non ancora definitivo, in quanto sullo stesso si stanno coinvolgendo i vari stakeholder, oltre alle regioni maggiormente interessate dalle attività in argomento, al fine di poter condividere i contenuti delle stesse e definire compiutamente le best practice della materia. È stato anche istituito un gruppo di lavoro, costituito da esperti del settore geotermico che sta provvedendo a portare avanti le attività nel minor tempo consentito, stante la complessità delle tematiche trattate e i numerosi soggetti coinvolti. Il Ministero dello sviluppo economico, quindi, considerando la rilevanza della geotermia porrà in essere ogni sforzo affinché tale attività possa al più presto essere portata a compimento»;
in data 11 febbraio 2016 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, direzione generale per la salvaguardia del territorio e delle acque, a seguito di documentazione allo stesso inviata da associazioni ambientaliste del territorio in cui viene documenta la possibilità che i due impianti geotermici pilota interferiscano inquinandole con le falde acquifere dell'Altopiano dell'Alfina e quindi con il Lago di Bolsena, con lettera protocollo n. 0002371/STA chiede alle regioni Lazio e Umbria, «per quanto di propria competenza, di informare la scrivente Direzione in merito alla caratterizzazione chimica delle acque dell'acquifero vulcanico in relazione alla presenza di arsenico, allo stato di avanzamento dell’iter progettuale e alle misure preventive che si intendono adottare al fine di scongiurare il rischio di inquinamento delle acque interessate, tenuto conto altresì dei costi sopportati al fine di dearsenificare l'acqua estratta dall'acquifero superficiale per alimentare la rete potabile»;
con sentenza n. 00914/2016 del 7 marzo 2016 il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale ha ripristinato totalmente il vincolo paesaggistico apposto dal decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo del 12 maggio 2011 riguardante l'area su cui dovrebbe insistere l'impianto geotermico denominato «Torre Alfina» nel comune di Acquapendente (Viterbo) attualmente sottoposto a valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare –:
se siano stati conclusi i lavori di zonazione e la elaborazione delle linee guida propedeutiche al rilascio delle autorizzazioni per gli impianti geotermici, come previsto negli impegni della risoluzione n. 8-00103, considerando che la scadenza prevista dalla stessa risoluzione era stata individuata nella data del 15 ottobre 2015;
quale sia la composizione del tavolo tecnico di cui si parla nella risposta all'interrogazione n. 5-06647 del 4 ottobre 2015;
quali siano nel dettaglio i portatori di interesse ad oggi coinvolti nella elaborazione dei suddetti documenti e se tra questi siano stati ricompresi i comuni interessati dalla ubicazione degli impianti geotermici pilota;
se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, abbia ricevuto risposta agli approfondimenti richiesti con la lettera protocollo n. 0002371/STA dell'11 febbraio 2016 e se intenda rendere notizia del merito della stessa;
come i Ministri interrogati intendano raccordare le proprie prossime attività relative agli impianti geotermici pilota, con particolare riferimento a quelli di Castel Giorgio (Terni) e Torre Alfina (Viterbo), alla luce degli eventuali approfondimenti ricevuti dalle regioni Lazio e Umbria in merito al possibile impatto degli impianti stessi sulle falde acquifere. (5-08282)
PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nelle bollette elettriche dei sardi si registra una vera e propria inaccettabile sottrazione di risorse con incrementi del costo del 20-30 per cento nel trasporto energetico;
centinaia di migliaia di famiglie sono colpite da questa vera e propria vessazione nelle tariffe elettriche;
occorre attivare subito una class action contro Enel;
l'Enel e tutto il sistema che ruota intorno al trasporto di energia hanno messo a segno in questi giorni una vera e propria spoliazione di risorse dalle case dei sardi;
si tratta di centinaia di migliaia di sardi che ricevendo la bolletta dell'ultimo bimestre si sono trovati costi del trasporto energetico superiore del 20-30 per cento;
si tratta di un'operazione su larga scala considerato che gli aumenti sono stati decisi con un cambio di strategia commerciale di una gravità inaudita: prima il costo del trasporto era in carico ai maggiori consumatori dell'isola, ora che i grandi consumatori, si veda Alcoa sono chiusi, è stato deciso di ribaltare il principio scaricando sui consumatori più piccoli il costo del trasporto elettrico;
il risultato è senza precedenti con un'operazione che sta colpendo tutte le famiglie sarde e le micro realtà produttive;
l'incremento, non quantificabile nel dettaglio proprio perché il calcolo è legato ai consumi, va dal 20 al 30 per cento;
in questi giorni sono migliaia in tutta la Sardegna le contestazioni ma gli uffici di dettaglio commerciale non hanno ancora ricevuto le indicazioni sulle spiegazioni da dare ai cittadini;
da una verifica approfondita si è scoperto che l'Enel ha deciso il cambio di strategia: i piccoli consumatori sardi (famiglie, artigiani e altri) si dovranno far carico del costo del trasporto elettrico, mentre pagheranno di meno i grandi consumatori (ridotti in maniera consistente dalla crisi economica);
in queste ore l'Enel sta decidendo quale comunicazione adottare per rispondere alle migliaia di segnalazioni, proteste e contestazioni che stanno arrivando agli sportelli commerciali in tutta l'isola;
sono gli stessi funzionari addetti al rapporto con il pubblico a segnalare la gravità di quanto sta avvenendo con particolare riferimento alla mancata informativa preventiva e soprattutto per la mancanza di direttive sulle risposte da dare agli utenti;
il Governo, attraverso Enel e Terna, ha sostanzialmente messo in atto un'operazione che colpisce le famiglie sarde, attivando una procedura gravissima che senza contraddittorio preleva dalle tasche delle famiglie sarde oneri non solo non pattuiti ma che sono di fatto una inaccettabile sottrazione di risorse, considerata l'obbligatorietà del pagamento previo distacco della connessione elettrica;
è indispensabile l'immediata sospensione di questi nuovi oneri per le famiglie sarde;
è evidente che la cancellazione dell'essenzialità delle centrali sarde ha di fatto aumentato gli oneri di trasporto e che Terna ed Enel che gestiscono il trasporto elettrico in Sardegna, non avendo più grandi soggetti industriali a cui far pagare questo aggravio di costi lo hanno scaricato sui cittadini;
a questo forte danno economico si aggiunge il silenzio e la complicità della regione sarda. Una giunta regionale a giudizio dell'interrogante inadeguata che non solo non monitora uno dei costi fondamentali della vita quotidiana, ma niente sta facendo per modificare questa ulteriore e grave dipendenza dal sistema elettrico italiano;
ad avviso dell'interrogante è confermato, dunque, che il Governo ha messo in campo un'azione tutta politica contro la Sardegna a favore di Enel e Terna;
sono stati cancellati i costi dell'essenzialità delle centrali sarde, sono stati incrementati i costi di trasporto, e sono stati scaricati su tutti sardi, per giunta le famiglie e i consumatori più piccoli;
tutto ciò è inaccettabile e occorre una reazione fortissima;
il movimento Unidos ha già dato mandato ai legali per valutare una class action contro Enel per aver in modo, a giudizio dell'interrogante, unilaterale e subdolo messo in atto un'operazione duramente lesiva del diritto dei consumatori –:
se il Governo non ritenga di dover assumere immediatamente iniziative, per quanto di competenza, volte a evitare questa violazione delle più elementari regole commerciali;
se il Governo non ritenga di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, per ripristinare l'essenzialità delle centrali sarde;
se il Governo non ritenga di adottare iniziative per abbattere i costi di trasporto che non possono in alcun modo essere scaricati sui cittadini sardi proprio per la condizione insulare della Sardegna.
(5-08285)
TARANTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il Fondo europeo per gli investimenti (Fei) e il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese hanno firmato in data 4 marzo 2016, un contratto di controgaranzia che, nell'ambito del programma Cosme, si avvale del sostegno del Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis), fulcro piano di investimenti per l'Europa;
attraverso il contratto di controgaranzia – secondo quanto emerge dal comunicato ufficiale diffuso a margine della sua stipula – il Fondo di garanzia per le Pmi potrà sostenere «finanziamenti per oltre 1 miliardo di euro a favore di 20.000 piccole e medie imprese (PMI) italiane nel corso dei prossimi dodici mesi. Il Fondo di Garanzia sosterrà le PMI italiane tramite i confidi (società di mutua garanzia che forniscono garanzie alle PMI in Italia)»;
Jyrki Katainen vicepresidente della Commissione europea responsabile per il portafoglio «Occupazione, crescita, investimenti e competitività», ha così dichiarato: «L'Italia è molto impegnata nella conclusione delle convenzioni di finanziamento per le PMI nel quadro del Piano di investimenti: il numero di quelle stipulate in Italia è di gran lunga superiore a quelle concluse negli altri Stati membri. Si tratta di uno sviluppo particolarmente positivo in quanto le PMI sono la spina dorsale dell'economia italiana e non dovrebbero avere difficoltà di accesso ai finanziamenti necessari per i loro progetti. Spero che l'accordo firmato oggi e che gode del sostegno del FEIS consenta alle 20.000 piccole imprese di concretizzare le loro idee»;
in data 17 febbraio 2016, si è inoltre tenuto, presso il Ministero dello sviluppo economico, l'evento celebrativo dal titolo «500 mila garanzie. Il Fondo di garanzia per le PMI: un'eccellenza italiana»;
nella circostanza, Massimo Vivoli, presidente di Rete imprese Italia, ha così sintetizzato, in sede di intervento, i «punti cardine» dell'attesa riforma del Fondo di garanzia: «a) l'ampliamento della platea delle imprese beneficiarie anche mediante il passaggio al modello di rating interno, calibrando così gli accantonamenti; b) l'articolazione delle coperture del Fondo prevedendo misure crescenti all'aumentare della rischiosità dell'impresa; c) il ripristino del principio di neutralità del Fondo rispetto alla forma tecnica della garanzia rilasciata a Banche e Confidi»;
al riguardo, risultano di particolare interesse dati e valutazioni esposti nella «Relazione sugli interventi di sostegno alle attività economiche e produttive», del settembre 2015, predisposta dal Ministero dello sviluppo economico – direzione generale per gli incentivi alle imprese, ove, tra l'altro, così si legge: «Nel periodo considerato (2008-2014), il Fondo... ha accolto complessivamente n. 368.692 operazioni finanziarie, con un corrispondente importo garantito dal Fondo superiore ai 32 miliardi di euro, che ha attivato un volume di nuovi finanziamenti per oltre 56 miliardi di euro»;
quanto all'evoluzione delle modalità di concessione delle garanzie, il ridimensionamento della controgaranzia a vantaggio della garanzia diretta è dovuto «ad una molteplicità di fattori – prosegue la Relazione – di diversa natura. In primo luogo, l'elevata operatività negli anni della crisi economica ha maggiormente esposto i confidi alle escussioni e all'assottigliamento del patrimonio, riducendone gradualmente il raggio di azione. La necessità di contrastare il restringimento del credito per le imprese, in secondo luogo, ha reso necessario un intervento del policy maker (Cfr. decreto Salva Italia in tema di coperture, importo massimo garantito, costi dell'operazione) che, se da un lato ha facilitato l'accesso al credito per le PMI, dall'altro lato ha reso più conveniente la modalità di concessione mediante “Garanzia diretta”. In terzo luogo, infine, per le banche, in virtù della ponderazione al 100 per cento della garanzia dei confidi (in virtù del duplice downgrading del rating sull'Italia), in termini generali, in assenza dell'intervento del Fondo, diventa meno apprezzabile, in ottica comparativa, il valore della garanzia dei confidi»;
la relazione sintetizza, inoltre, l'esercizio di valutazione sul fondo di garanzia condotto, nel corso del 2014 e nei primi mesi del 2015, dal dipartimento di economia e statistica della Banca d'Italia, così annotando: «Sulla scorta dei risultati dell'esercizio valutativo, lo studio condotto da Banca d'Italia avanza tre principali indirizzi di policy, in termini di cambiamenti nel funzionamento dello strumento. In primo luogo, adottare criteri di accesso alla garanzia meno stringenti al fine di estendere ad un numero più ampio di imprese gli effetti positivi osservati. Introdurre meccanismi volti a favorire un beneficio in termini di minor tasso di interesse applicati ai finanziamenti garantiti dal Fondo. Rafforzare, infine, gli strumenti di valutazione del rischio di credito delle imprese e raffinare i meccanismi di selezione utilizzati dalle banche rispetto ai beneficiari»;
i dati relativi all'esercizio 2015 segnalano, ancora, oltre 100 mila domande di finanziamento accolte ed oltre 66 mila imprese garantite; oltre 15 miliardi di finanziamenti ed oltre 10 miliardi di importi garantiti;
nel complesso, dunque, attività ed esigenze di riforma del fondo di garanzia si confermano questioni decisive nel contesto di uno scenario in cui, in Italia, «... l'uscita graduale dalla recessione – come si legge nel Rapporto sulla stabilità finanziaria, pubblicato, a novembre 2015, da Banca d'Italia – favorisce un graduale ritorno alla crescita del credito al settore privato; se valutato in rapporto al prodotto, tale credito rimane tuttavia assai inferiore ai valori medi di lungo periodo» –:
quali siano le linee guida, le modalità e i tempi previsti per il processo di riforma del fondo di garanzia per le Pmi, con particolare riferimento alla valorizzazione della controgaranzia, anche alla luce delle prospettive del recente contratto tra detto fondo ed il Fondo europeo per gli investimenti (Fei). (5-08286)
SCUVERA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
i sistemi di distribuzione chiusi (Sdc) sono quelli all'interno di siti industriali o commerciali che distribuiscono energia elettrica a più utenze non civili;
l'autoproduzione energetica da parte delle imprese rappresenta un importante strumento per la promozione di nuovi modelli di business e di sostegno all'industria, e va sostenuto con agevolazioni economiche e un quadro normativo certo e chiaro;
in materia di regolamentazione della generazione distribuita e, in particolare, di sistemi di distribuzione chiusi (Sdc) e sistemi efficienti di utenza (Seu) il Governo ha risposto ad una interrogazione in commissione attività produttive del Senato, in data 12 gennaio 2016;
dalla risposta, a giudizio dell'interrogante, emerge l'intenzione di privare gli impianti di generazione distribuita di ogni benefico tecnico ed economico, attraverso l'abrogazione della normativa relativa ai sistemi efficienti di utenza che oggi consente la sostenibilità degli impianti da fonti rinnovabili;
l'effetto di tale abrogazione sarebbe infatti l'eliminazione progressiva dell'esenzione, parziale o totale, del pagamento degli oneri di sistema. In definitiva, tutte le utenze elettriche dovrebbero pagare tali oneri, senza distinzione tra energia prelevata dalla rete nazionale o autoprodotta;
la normativa vigente non pare violare le regole europee sugli aiuti di Stato e, nei sistemi efficienti di utenza, l'energia prelevata dalla rete è soggetta esattamente alla stessa imposizione tariffaria in termini di prelievo per gli oneri generali prevista per tutte le altre unità di consumo;
la distribuzione di energia elettrica autoprodotta negli edifici non residenziali deve considerarsi come sistema di distribuzione chiuso ammesso dalla normativa europea, poiché i presupposti dei sistemi di distribuzione chiusi prevedono che tali sistemi di distribuzione siano in ambito limitato, si riferiscano a utenze non residenziali e vi siano ragioni tecniche che giustifichino la rete interna (articolo 28 della direttiva 2009/72);
si può garantire l'efficienza ottimale di una fornitura energetica integrata (specialmente quando proviene da fonte non programmabile come quella fotovoltaica) solo attraverso la possibilità di alimentare un numero di utenze sufficienti a garantire la massimizzazione dell'autoconsumo, come stabilito, a pagina 10, della nota interpretativa del 2010 della Commissione europea in relazione alla direttiva 2009/72/CE;
per quanto finora esposto, i sistemi di distribuzione chiusi sono previsti dalla normativa europea per consentire negli edifici non residenziali, con una pluralità di utenti, l'autoconsumo di energia, che è, a sua volta, una misura di efficienza energetica, necessaria per gli obiettivi comuni di incremento delle prestazioni energetiche degli edifici (l'energia residua negli edifici a energia quasi zero, ai sensi della direttiva 2010/31, va prodotta in loco da fonte rinnovabile) e per massimizzare l'efficienza energetica (articolo 15 e allegato XI alla direttiva 2012/67);
l'articolo 11 del decreto legislativo n. 28 del 2011 specifica che la installazione di impianti da fonti rinnovabili negli edifici è necessaria «per la copertura dei consumi»;
per gli operatori dell'industria con sistemi di distribuzione chiusi l'eliminazione delle agevolazioni penalizzerebbe fortemente le imprese che hanno voluto innovare e/o posticipare il rientro economico-finanziario dell'investimento realizzato –:
quali iniziative normative intenda assumere il Ministro interrogato, alla luce delle problematiche esposte in premessa, per permettere lo sviluppo dei sistemi di distribuzione chiusi e dei sistemi efficienti di utenza e per scongiurare la possibile eliminazione dell'esenzione dal pagamento degli oneri di sistema sull'autoconsumo che rappresenterebbe una penalizzazione dello sviluppo efficiente di produzione e consumo dell'energia a vantaggio dei vecchi schemi di produzione e distruzione. (5-08287)
VEZZALI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la stampa nazionale ed estera ipotizza una fusione tra Italgas e 2iRete Gas, fatto questo che determinerebbe la perdita di concorrenza nel mercato della distribuzione del gas metano in Italia;
solo Italgas rappresenta già, con oltre 50 mila chilometri e 7 milioni di utenti serviti (se consideriamo anche le sue partecipate), il più grande distributore di gas con il 30 per cento dei contatori attivi;
Italgas è controllata da Snam, che è soggetta al controllo di Cassa depositi e prestiti (CDP) attraverso CDP Reti spa che detiene il 29 per cento delle azioni della società di San Donato Milanese;
una fusione fra Italgas e 2iRete Gas (facenti capo entrambi a Cassa depositi e prestiti) porterebbe alla costituzione di un colosso proprietario di oltre la metà delle concessioni esistenti e delle utenze servite;
negli anni scorsi l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) era già intervenuta nel settore esprimendo perplessità sul mantenimento dei profili concorrenziali ed adottando misure di governance che impedivano la partecipazione congiunta delle società alle gare, garantivano l'astensione di Cassa depositi e prestiti nelle decisioni, limitavano l'assunzione degli incarichi nelle società erogatrici da parte di soggetti membri del consiglio d'amministrazione di CDP, prevedevano l'affidamento a soggetti indipendenti dei ruoli negli organi direttivi per mantenerne l'autonomia, e altro;
i rischi connessi all'eccessiva concentrazione del mercato aveva preoccupato, l'Antitrust che vedeva CDP (il cui azionista di riferimento è il Ministero dell'economia e delle finanze) direttamente e indirettamente titolare di quote rilevanti di punti di riconsegna e azionista di riferimento del principale operatore di mercato (ENI);
con la fusione fra Italgas e 2iRete Gas si annullerebbero, di fatto, gli effetti che la liberalizzazione del mercato della distribuzione del gas avevano prodotto;
l'intervento pubblico nel settore porterebbe a una riduzione negli investimenti a danno dell'efficienza, dell'offerta di servizi e dell'attenzione agli utenti che la presenza di società concorrenti garantirebbe;
la concentrazione del 46 per cento delle concessioni, del 51 per cento delle utenze e del 47 per cento della consistenza delle reti in un'unica proprietà (quadro che si prospetterebbe se la fusione dovesse realizzarsi) porterebbe a un danno per i consumatori che non avrebbero più la possibilità di cambiare gestore per ottenere tariffe migliori in assenza di una reale concorrenza;
la presenza di CDP (e del Ministero dell'economia e delle finanze) dovrebbe garantire ai consumatori riduzioni di tariffe (a parziale compensazione della mancanza di concorrenza) visto che con la fusione i soggetti coinvolti nell'operazione potrebbero ottenere un vantaggio competitivo e avere una maggiore capacità di aggiudicazione di gare oltre che imporre un monopolio nel settore energetico –:
quali elementi intenda fornire il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali eventuali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al riguardo. (5-08291)
Interrogazione a risposta scritta:
FASSINA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
Almaviva è il più grande call center italiano con 8.000 lavoratori impiegati sul territorio nazionale e 1.735 occupati nella sede di Roma;
il clima sta diventando ogni giorno di più preoccupante ed incandescente nei tre siti di Roma, Napoli e Palermo dove i lavoratori chiedono giustamente un impegno chiaro del Governo, delle istituzioni locali e soprattutto delle aziende committenti per evitare i licenziamenti, la delocalizzazione e la chiusura dei call center;
il 1o aprile 2016 Almaviva ha convocato un incontro a Roma con i sindacati per discutere dell'apertura delle procedure di licenziamento collettivo;
una situazione di crisi dovuta anche alla mancanza di regole nel mercato delle aste, sui massimi ribassi, sulle gare senza alcuna protezione per chi lavora –:
quali iniziative urgenti, anche normative, il Governo intenda intraprendere al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e le prospettive industriali dei lavoratori di cui in premessa. (4-12693)
Apposizione di firme a mozioni.
La mozione Binetti e altri n. 1-01199, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gigli.
La mozione Di Salvo e altri n. 1-01204, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Sanga, Antezza, Amoddio.
Apposizione di una firma ad una risoluzione.
La risoluzione in Commissione Arlotti e altri n. 7-00952, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pagani.
Apposizione di firma ad una interrogazione a risposta immediata in Assemblea ed indicazione dell'ordine dei firmatari.
L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Fiano ed altri n. 3-02147, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 30 marzo 2016, è stata sottoscritta anche dal deputato Lodolini che, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventa il secondo firmatario.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta scritta Andrea Maestri n. 4-12665, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Brignone, Civati, Matarrelli, Pastorino.
L'interrogazione a risposta scritta Andrea Maestri e altri n. 4-12666, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Brignone, Civati, Matarrelli, Pastorino.
L'interrogazione a risposta in Commissione Cariello n. 5-08252, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Pesco, Villarosa, Pisano, Ruocco.
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Aiello n. 5-07580, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 558 del 29 gennaio 2016.
AIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
Idea Finanziaria spa di Catania società attiva nella cessione del quinto controllata dal gruppo Barclays attraverso Eudea è incappata secondo Bankitalia in numerose e gravi violazioni normative in irregolarità nei rapporti contrattuali con la clientela;
suddetta società risulta a seguito di tale azione di vigilanza effettuata da Bankitalia essere stata cancellata dall'elenco degli intermediari dal Ministero dell'economia e delle finanze con provvedimento n. 864 del 10 dicembre 2009;
i vertici del suddetto istituto di intermediazione risultano essere stati altresì rinviati a giudizio anche per mediazione usuraia dal tribunale di Roma;
le vicende giudiziarie dei vertici di Idea Finanziaria Spa non si fermano a quanto riportato in premessa;
da notizie di stampa apparse in data 30 dicembre 2013 risulta infatti che anche il Tribunale di Ragusa abbia rinviato a giudizio i vertici della suddetta società di intermediazione per un tasso ritenuto, da parte della pubblica accusa, eccessivo ed usuraio, pari la 27 per cento, praticato nei confronti di un ottantenne pensionato di Pozzallo;
in base alla ricostruzione da parte dei magistrati i vertici di idea Finanziaria spa in questa vicenda avrebbero preteso un interesse di quasi 9 mila euro per un finanziamento accordato a fronte della cessione di un quinto della pensione Inpdap, con un contratto sottoscritto nel 2009;
ad essere stati rinviati a giudizio risultavano essere l'amministratore delegato della principale società coinvolta nella vicenda, appunto Idea Finanziaria, e il rappresentante per l'Italia di banca Barclays (poi entrambi prosciolti);
analoga vicenda ha riguardato un ultraottantenne in Sardegna ex carabiniere in pensione come riportato dalla Nuova Sardegna nella edizione del 1o agosto 2013;
in questa vicenda iniziata nel 2008 le indagini della magistratura hanno appurato il reato di usura nei confronti del promotore, si legge testualmente: «perché si faceva promettere dal pensionato in cambio di un finanziamento netto di 9.417,11 euro la restituzione con cessione del quinto dallo stipendio in 108 rate mensili da 205 euro per complessivi 22.140 euro, applicando un tasso usurario del 25,17 per cento e comunque al di sopra della soglia di legge, perché venivano inserite spese di assicurazione pari a 5.647,91 euro, mai sottoscritta dal Doro e mai effettivamente stipulata»;
non solo, in questo caso, per procurare il relativo vantaggio patrimoniale ad intermediario e società idea Finanziaria erano arrivati a redigere una falsa scheda di adesione alla convenzione con la compagnia di assicurazione Axeria Prevoyance con la falsa firma del malcapitato pensionato;
in verità, la cancellazione dall'elenco generale degli intermediari impedisce nuove operazioni ma non incide sulla legittimità degli impegni assunti;
Idea Finanziaria spa ha visto a seguito di queste vicende mutare i suoi assetti con un piano di ristrutturazione societaria –:
se esista un monitoraggio sugli esiti degli impegni assunti con la clientela fino alla data di cancellazione di Idea Finanziaria spa dall'elenco generale degli intermediari da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
se risulti se e quanti contenziosi giudiziari si siano attivati e quanti risultino essere tuttora in corso, nonché se il Governo sia a conoscenza di eventuali attività afferenti allo stesso settore da parte degli allora vertici di Idea Finanziaria spa anche a seguito della cancellazione dal citato elenco, in considerazione della pericolosità anche sociale dei comportamenti professionali posti in essere dagli stessi ed ampiamente documentati dalle cronache di stampa. (5-07580)
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Cirielli n. 4-12687 del 30 marzo 2016.
La Camera,
premesso che:
l'indicatore della situazione economica equivalente, in acronimo ISEE, è uno strumento che in Italia permette di misurare la condizione economica delle famiglie e tiene conto delle condizioni di reddito, patrimonio (mobiliare e immobiliare) e delle caratteristiche di un nucleo familiare, per numerosità e tipologia;
è uno strumento di welfare, che si calcola effettuando il rapporto tra indicatore della situazione economica (I.S.E., dato dalla somma dei redditi e dal 20 per cento dei patrimoni mobiliari e immobiliari dei componenti il nucleo familiare) e parametro nella scala di equivalenza; la dichiarazione sostitutiva avviene per auto-certificazione, è valida un anno per tutti i componenti il nucleo familiare e si può presentare all'ente che fornisce la prestazione sociale agevolata, al comune, al Caf e all'Inps per via telematica;
da gennaio 2015 il calcolo dell'indice è stato revisionato in base all'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159, «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE)»;
il riferimento precedente era il decreto legislativo n. 109 del 31 marzo 1998, in cui si affermava che l'indicatore della situazione economica equivalente era definito dal rapporto tra l'indicatore ricavato dalla somma dei redditi, indicatore della situazione economica, combinato con l'indicatore della situazione economica patrimoniale ed il riferimento al numero dei componenti del nucleo familiare;
comunque gli elementi che concorrono alla definizione di questo indicatore sono: il reddito, il patrimonio mobiliare, il patrimonio immobiliare, il nucleo familiare, e le caratteristiche del nucleo familiare. L'ISEE serve quindi a evidenziare i criteri necessari per la valutazione della situazione economica del soggetto che richiede prestazioni o servizi sociali o assistenziali collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche. Il provvedimento interessa milioni di cittadini italiani poiché la dichiarazione ISEE (DSU) viene richiesta per l'accesso a prestazioni sociali agevolate, sia sotto forma di servizi che di aiuti economici rivolti a situazioni di bisogno o necessità: dalle prestazioni ai non autosufficienti ai servizi per la prima infanzia, dalle agevolazioni economiche sulle tasse universitarie a quelle per le rette di ricovero in strutture assistenziali, alle eventuali agevolazioni sui tributi locali;
l'indicatore ISEE entra in gioco anche in altre questioni come ad esempio le pensioni di reversibilità o le separazioni coniugali. In questo senso, basta consultare sul sito dell'INPS la sezione delle FAQ e ci si rende conto di quanto siano interessate a questo indicatore le famiglie separate e divorziate, di cui è noto l'impoverimento a cui vanno incontro dopo la rottura del nucleo familiare;
la recente revisione del calcolo dell'ISEE, effettuata in base all'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159, ha posto lo Stato nella paradossale posizione di riconoscere come voce di reddito e, quindi, di ricchezza le indennità che lo stesso corrisponde ai beneficiari sulla base di un'effettiva condizione di svantaggio e che mirano al superamento di tale condizione, così come prevede l'articolo 3 della Costituzione;
contro il provvedimento le associazioni e le federazioni di categoria, a cominciare dal Forum delle famiglie, hanno subito segnalato l'aspetto paradossale, per cui un soggetto destinatario delle provvidenze assistenziali vede innalzarsi la propria fascia reddituale e in alcuni casi si trova escluso proprio da quei servizi sociali di cui avrebbe maggiore bisogno, con grave disagio soprattutto per le famiglie a più basso reddito, anziani e persone disabili, che a questo punto non sono più riconosciuti come aventi diritto a una serie di servizi;
il Tar del Lazio, sollecitato da varie associazioni di categoria e delle famiglie di persone con disabilità è intervenuto con tre sentenze per affermare la necessità di rivedere la normativa in questione, per ridurre il valore finale dell'ISEE e rendere possibile l'accesso alle prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria per molte persone che con l'ultima norma risultavano escluse;
il Governo a questo punto ha presentato un ricorso al Consiglio di Stato, chiedendo di bloccare gli effetti della sentenza del TAR, in attesa della pronuncia definitiva; il Consiglio di Stato, con le sentenze 838, 841 e 842 del 29 febbraio 2016, si è pronunciato su più ricorsi, tra i quali quello della Presidenza del Consiglio, non concedendo la sospensiva delle sentenze del Tar, di cui veniva ribadita l'immediata esecutività; secondo il Consiglio di Stato, «l'indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all'accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un'oggettiva e ontologica situazione d'inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest'ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica della persona disabile rispetto alla persona non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa»;
l'aspetto fondamentale delle pronunce del Consiglio di Stato è che non si debba considerare la disabilità come fonte di reddito, cosa che accadrebbe se si includessero tra i redditi della persona i trattamenti indennitari percepiti e i trattamenti erogati dalle pubbliche amministrazioni, dal momento che si tratta di una forma di sostegno alla persona disabile, non di una remunerazione del suo stato di invalidità, in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione; in sintesi, le provvidenze economiche previste per la disabilità non possono e non devono essere conteggiate come reddito;
secondo le cifre fornite dal Ministero dell'economia e delle finanze sarebbero un milione e duecentomila le dichiarazioni ISEE delle famiglie con persone disabili che in virtù della impropria inclusione dei sussidi ai fini del calcolo del reddito familiare, sono andate incontro ad ulteriori difficoltà e, in molti casi, non hanno potuto accedere ad alcune agevolazioni perché il loro reddito è risultato erroneamente superiore alla soglia di accesso;
numerose ulteriori osservazioni sono state avanzate in relazione al nuovo ISEE, con riferimento al criterio di calcolo del valore patrimoniale della prima casa e all'applicazione del reddito ISEE alle tasse universitarie, sia pure recentemente modificato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: per numerose famiglie l'aggravio è stato tale da comportare una forte riduzione dell'accesso alle prestazioni e una lesione del diritto allo studio;
inoltre, poiché oltre l'80 per cento delle famiglie italiane è proprietaria della casa di abitazione, le attuali modalità di calcolo ISEE, che prevedono il calcolo del reddito degli immobili hanno colpito un'ampia fascia di popolazione; in tale ambito sarebbe opportuno introdurre delle soglie o una più elevata franchigia;
nel disegno di legge recante delega al Governo in materia di contrasto alla povertà, la reversibilità pensionistica viene trasformata da prestazione previdenziale (cioè legata a dei versamenti) a prestazione assistenziale legata all'ISEE; peraltro, il Governo ha fatto presente che intende modificare questa norma, considerata impopolare da tutti gli schieramenti politici;
al fine di poter usufruire, tramite l'ISEE, dei servizi pubblici in regime privilegiato, si assiste a fenomeni di «spacchettamento» delle famiglie con false separazioni coniugali e attribuzione di residenze e quote di reddito fittizi;
in sede di discussione nell'aula della Camera dei deputati della legge di stabilità per il 2016, il 19 dicembre 2015, sono stati respinti emendamenti che anticipavano quanto stabilito dalle citate sentenze del Consiglio di Stato. In quella sede è stato chiarito quanto segue:
a) il Governo ha indicato il provvedimento collegato sulle politiche sociali, quale sede naturale per la complessiva rivisitazione dei criteri di calcolo dell'ISEE;
b) il modello ISEE che riguarda la disabilità e la non autosufficienza, prevede un complesso di sgravi e franchigie, che, con la mera applicazione delle sentenze del Consiglio di Stato, dovrebbero essere soppressi, sbilanciando il sistema;
c) il nuovo modello aveva comunque il pregio di fornire un casellario, un quadro della situazione completo per ogni singola persona, essendo diverse le fonti da cui provengono i sostegni alla disabilità (comune, regione, INPS), ciò anche al fine di evitare possibili abusi;
Area popolare nella mozione n. 1124 sulle politiche a sostegno della famiglia approvata dalla Camera il 2 marzo 2016, ha preso chiaramente posizione a favore di tutte le famiglie, dalle più indigenti a tutto l'universo delle famiglie che costituiscono il ceto medio il quale negli ultimi anni si è impoverito in modo significativo, senza poter contare su indicatori adeguati della sua effettiva condizione; nella mozione in questione si impegnava il Governo a promuovere una politica trasversale di sostegno della famiglia, quale nucleo fondamentale della società, rispondendo, al tempo stesso, ad una grave emergenza economica e sociale e ad un'esigenza di attuazione della Costituzione; si impegnava altresì il Governo ad attuare interventi in materia di servizi socio-educativi per l'infanzia e soprattutto ad assumere iniziative per la revisione del regime fiscale della famiglia, in modo da farne un efficace stimolo alla genitorialità e un reale sostegno ai nuclei familiari con più figli. Tutte misure che richiedono una revisione dell'ISEE e un suo ricalcolo più appropriato;
da quanto sopra esposto appare evidente che la revisione complessiva dei criteri di calcolo dell'ISEE, non può essere considerato un mero problema tecnico o contabile, quanto invece un problema politico, da riportare nella sua sede naturale, cioè il Parlamento,
impegna il Governo:
nelle more di un intervento di riforma della normativa vigente, in conformità alla sentenza citata del Consiglio di Stato, ad emanare linee guida applicabili su tutto il territorio nazionale, indicanti le modalità transitorie di calcolo da effettuarsi in base alle disposizioni normative antecedenti alla riforma intervenuta con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2013, n. 159;
a convocare un tavolo di discussione con le associazioni familiari per la revisione del calcolo dell'ISEE, tenendo sempre presente che il calcolo dell'ISEE va effettuato tutelando i soggetti più deboli della società e che al centro di tutte le politiche di welfare deve esserci la famiglia con le sue problematiche ordinarie, compresi gli aspetti demografici di sostegno alla genitorialità;
a promuovere una corretta campagna di informazione, tramite i propri canali istituzionali, per rendere noti a tutti soggetti interessati, a cominciare da coloro che hanno presentato dichiarazioni ai fini ISEE non conformi alle sentenze del TAR e del Consiglio di Stato, tutte le informazioni e i chiarimenti necessari per la corretta compilazione del modello;
ad assumere iniziative normative per una riforma dell'ISEE, tenendo conto delle problematiche esposte in premessa e prevedendo in particolare l'introduzione di un quoziente familiare, una sorta di moltiplicatore dei carichi di famiglia, volto a tutelare la famiglia naturale così come individuata dall'articolo 29 della Costituzione.
(1-01199) «Binetti, Tancredi, Vignali, Buttiglione, Bosco, Pagano, Gigli».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).
La Camera,
premesso che:
nel nostro Paese l'erogazione di molti interventi e servizi sociali è connessa alla situazione economica del nucleo familiare del richiedente, ponderata attraverso l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) istituito dal decreto legislativo n. 109 del 1998 quale prova dei mezzi per l'accesso alle prestazioni agevolate;
il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 «Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha previsto, all'articolo 5, la riforma dell'Isee con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, entro il 31 maggio 2012;
il decreto, secondo l'articolo 5 della legge n. 214 del 2011 avrebbe dovuto indicare le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) affinché si adottasse una definizione di reddito disponibile che includesse la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale, e che nel contempo tenesse conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia, dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e di persone disabili a carico. In definitiva i criteri di riforma che la legge 214/2011 aveva fissato erano: 1) l'inclusione dei redditi fiscalmente esenti nel calcolo dell'Isee; 2) il miglioramento della sua capacità selettiva tramite una maggiore valorizzazione del patrimonio; 3) la differenziazione dell'Isee a seconda del tipo di intervento per renderne più flessibile l'applicazione; 4) il potenziamento dei controlli;
sulla base di queste indicazioni il Consiglio dei ministri il 3 dicembre 2013, ha approvato il decreto n. 159 recante il «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)» che è entrato poi in vigore l'8 febbraio 2014;
il successivo decreto del 7 novembre 2014 di approvazione del modello tipo della dichiarazione sostitutiva unica ai fini ISEE ha reso poi pienamente operativa la riforma a partire dal 1o gennaio 2015;
l'ultimo report del Ministero del lavoro e delle politiche sociali «Il nuovo ISEE: Monitoraggio al terzo trimestre 2015», del gennaio 2016, evidenzia che dal punto di vista della popolazione coperta da dichiarazione ISEE nei primi nove mesi del 2015, si tratta su scala nazionale del 16,7 per cento della popolazione residente a fronte del 22,6 per cento nel 2014; che il 50 per cento delle DSU proviene da nuclei familiari con minorenni, mentre circa il 20 per cento da quelli con persone disabili; che con il Nuovo ISEE in alcune regioni del Mezzogiorno si sta riducendo l'anomalia di un elevatissimo numero di DSU presentate a fronte di una spesa sociale molto bassa (nello stesso periodo del 2014, il 34 per cento della popolazione residente aveva presentato una DSU, a fronte del 22 per cento del 2015); sembra che la DSU venga presentata solo in occasione della effettiva richiesta di prestazioni sociali agevolate; che il nuovo ISEE è più favorevole per quasi la metà dei nuclei familiari (47 per cento), mentre è meno favorevole nel 42 per cento dei casi; che vi è l'incremento del 50 per cento del peso effettivo del patrimonio nella costruzione dell'ISEE (si passa da un settimo del valore dell'indicatore pari a 13,5 per cento a un quinto pari a 19,5 per cento); che l'utilizzo dei dati comunicati dagli intermediari finanziari all'Agenzia delle entrate per i controlli ISEE ha dato risultati eclatanti in termini di emersione del patrimonio mobiliare (confrontando i primi nove mesi del 2014 con lo stesso periodo del 2015 si osserva un abbattimento di oltre tre quarti delle DSU con patrimonio nullo (dal 69,4 al 16 per cento)); che nel caso dei disabili, la distribuzione è visibilmente modificata per effetto dell'introduzione delle nuove regole, con l'azzeramento e la sostanziale riduzione dell'ISEE per una consistente quota della popolazione. Per i nuclei con disabili, gli ISEE nulli passano da meno dell'8 per cento a più del 17 per cento della popolazione. Le nuove regole sembrano favorire nettamente i nuclei familiari sotto i 3.000 euro. Viceversa per la parte più «ricca» della popolazione avviene il contrario: oltre i 30.000 euro (dove oggi si concentra il 6,3 per cento della popolazione) la quota di nuclei con persone con disabilità o non autosufficienti appare svantaggiata rispetto alle vecchie regole; ed infine la presenza o meno del patrimonio, insieme al trattamento di favore della disabilità, sembrano essere le ragioni principali degli spostamenti nell'ordinamento della popolazione in base all'ISEE;
l'11 febbraio 2015, il TAR del Lazio ha accolto, seppur parzialmente, tre ricorsi molto articolati presentati da associazioni di tutela dei disabili per l'annullamento, previa sospensione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013. Le tre sentenze (TAR Lazio, sezione I, n. 2454/2015, 2458/2015 e 2459/2013) modificano parzialmente l'impianto di calcolo dell'Indicatore della situazione reddituale;
la sentenza del Tar del Lazio n. 2458 ha annullato l'articolo 4, comma 2, lettera f) del regolamento, nella parte in cui è previsto che «Il reddito di ciascun componente il nucleo familiare è ottenuto sommando le seguenti componenti [...] f) trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche, laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo di cui alla lettera a)», vale a dire nel reddito complessivo IRPEF;
è stato anche accolto il ricorso che annulla il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nella parte in cui prevede l'incremento delle franchigie per disabilità per i soli minorenni (articolo 4, lettera d), n. 1, 2, 3);
successivamente, la Presidenza del Consiglio ha deciso di ricorrere al Consiglio di Stato in qualità di giudice di appello, sostenendo che, considerato l'ISEE quale strumento a garanzia dell'equo diritto di accesso e dell'importo di misure per il contrasto alla povertà, l'assimilazione dell'indennità di accompagnamento dei disabili alla definizione di reddito – ancorché utilizzata in senso atecnico, vale a dire non corrispondente alle categorie di reddito elencate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 ai fini dell'imposizione fiscale a carico delle persone fisiche – è stata necessaria per esigenza e di equità perequativa e contributiva, in quanto tale indennità risulta già esente da IRPEF;
il 29 febbraio 2016, sono state pubblicate le sentenze del Consiglio di Stato che hanno respinto i ricorsi confermando le tesi della I sezione del TAR del Lazio, e quindi hanno escluso l'indennità di accompagnamento dei disabili e le altre indennità per persone disabili dal calcolo del reddito ai fini ISEE (Sentenza n. 00842/2016);
il Consiglio di Stato ha motivato sostenendo che «l'indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all'accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un'oggettiva ed ontologica (cioè indipendente da ogni eventuale o ulteriore prestazione assistenziale attiva) situazione d'inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest'ultimo ed a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tal situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa»;
le sentenze, al momento, generano una situazione di ampia incertezza applicativa e operativa che di fatto lede i diritti dei cittadini a ricevere le prestazioni che spettano loro;
in data 15 gennaio scadeva il termine per la presentazione della DSu dell'Isee per l'anno 2016 che i comuni al momento non hanno riferimenti su come procedere;
la Commissione VII Cultura istruzione università della Camera dei deputati ha approvato la risoluzione n. 800175 a prima firma Ghizzoni in merito all'Isee per universitari, proponendo tra l'altro di non calcolare la borsa di studio tra i redditi familiari,
impegna il Governo:
a dare organica attuazione alla sentenza del Consiglio di Stato del 29 febbraio 2016 modificando in tal senso il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2013, n. 159, con riferimento ai nuclei con persone con disabilità, ponendo così fine alla situazione di incertezza applicativa ed operativa che di fatto lede i diritti dei cittadini a ricevere le prestazioni di cui hanno diritto e, tenendo conto degli impegni assunti con la citata risoluzione approvata dalla VII Commissione della Camera dei deputati;
a mantenere l'indicatore di situazione economica equivalente quale strumento utile a contribuire a determinare chi ha diritto di accedere a prestazioni di sostegno al reddito o a determinare l'eventuale compartecipazione alle rette per servizi pubblici ma predisponendone la revisione e la semplificazione, tenendo conto di quanto emerso dalle esperienze fatte e in collaborazione con i comuni e regioni;
a valutare la necessità di intervenire con urgenza e con le opportune iniziative normative per evitare che, nelle more della revisione del citato regolamento in materia di ISEE, si generi una situazione di incertezza normativa con conseguenze potenzialmente dannose e per i nuclei più fragili, anche attraverso la transitoria applicabilità, per i soli nuclei familiari con persone con disabilità, delle modalità di calcolo dell'ISEE previgenti a quelle dichiarate illegittime dal giudice amministrativo.
(1-01204) «Di Salvo, Monchiero, Lenzi, Miotto, Amato, Argentin, Beni, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Burtone, Capone, Carnevali, Casati, D'Incecco, Fossati, Gelli, Ghizzoni, Grassi, Malisani, Mariano, Murer, Patriarca, Piazzoni, Piccione, Giuditta Pini, Sbrollini, Sanga, Antezza, Amoddio».
La XI Commissione,
premesso che:
la stagionalità è elemento strutturale nel settore del turismo. In particolare, nelle località turistiche, analoga stagionalità coinvolge molte migliaia di lavoratori di aziende di settori non direttamente riconducibili al medesimo settore turistico, ma ad esso strettamente connessi sotto il profilo produttivo;
come noto, il lavoro stagionale si caratterizza per la mancanza di continuità dell'attività esercitata, ossia per l'alternarsi — nel corso dell'anno — di periodi di attività lavorativa a periodi di non lavoro in presenza di concentrazione di flussi turistici in alcuni mesi dell'anno;
il decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, emanato in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183, il cosiddetto «Jobs act», prevede l'erogazione della nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego (NASpI) relativa agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1o maggio 2015 che interessano i lavoratori dipendenti, con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, nonché degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato;
con la NASpI è stata riconosciuta una indennità proporzionale alla retribuzione mensile ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentano almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione e 30 giorni di lavoro effettivo o equivalenti nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione;
ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 si stabilisce che la NASpI è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni e che ai fini del calcolo della durata, non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione;
tale circostanza ha portato, rispetto al passato, ad una penalizzazione per i lavoratori stagionali i quali si troveranno senza alcuna forma di reddito per alcuni mesi dell'anno;
l'impatto della nuova legge sulla durata delle prestazioni, in fase di prima applicazione delle disposizioni normative, è stato tuttavia reso graduale per effetto di una lettura interpretativa contenuta nelle circolari Inps nn. 94, 142 e 194 del 2015 e, successivamente, per effetto del decreto legislativo n. 148 del 2015;
l'articolo 43, comma 4, del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23 settembre 2015, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, dispone che, «con esclusivo riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi tra il 1o maggio 2015 e il 31 dicembre 2015 e limitatamente ai lavoratori con qualifica di stagionali dei settori produttivi del turismo e degli stabilimenti termali (...), la durata della NASpI corrisposta in conseguenza dell'applicazione del primo periodo non può superare il limite massimo di 6 mesi», salvaguardando in questo modo il trattamento di integrazione salariale per l'anno 2015;
dal 2016, per effetto della normativa, i lavoratori stagionali del turismo che godevano dell'ASpI o della precedente indennità di disoccupazione non avranno più una completa copertura economica dei periodi non lavorati nell'anno: dal 1o gennaio 2016, cessando l'effetto del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, anche per la categoria dei lavoratori stagionali, la durata della prestazione Naspi sarà calcolata secondo il regime ordinario, di cui alle disposizioni del decreto legislativo n. 22 del 2015, con la conseguenza che, a fronte di un rapporto di lavoro della durata di sei mesi nell'anno, la durata della prestazione sarà di tre mesi;
tale nuova previsione normativa, se non verranno apportati opportuni correttivi, causerà un danno economico, soprattutto per le famiglie che vivono e lavorano in luoghi dove il lavoro stagionale è l'unica o la principale forma di impiego;
al riguardo, giova ricordare che, sono stati accolti due ordini del giorno 9/3513-A/112 e 9/3444-A/256 che impegnano il Governo a introdurre disposizioni atte a facilitare la transizione verso la nuova disciplina prevedendo in via straordinaria misure integrative della durata della prestazione di disoccupazione per i lavoratori stagionali,
impegna il Governo:
a porre in essere, alla luce delle difficoltà legate alla contrazione del periodo di lavoro e alla conseguente riduzione del reddito, iniziative normative atte ad estendere il periodo di transitorietà della nuova disciplina dalla «Naspi» per i lavoratori stagionali, eventualmente condizionandone l'erogazione alla partecipazione a specifici corsi di aggiornamento e perfezionamento professionale, appositamente predisposti d'intesa con le regioni e con il coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro dei settori interessati;
ad adottare opportune iniziative finalizzate a disporre, sulla falsa riga di quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, misure volte ad impiegare tali lavoratori, nei periodi di inattività, d'intesa con le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori, in attività rivolte a fini di pubblica utilità a beneficio delle comunità locali.
(7-00952) «Arlotti, Patrizia Maestri, Gribaudo, Gnecchi, Di Salvo, Damiano, Baruffi, Casellato, Pagani».
FIANO, LODOLINI, ROBERTA AGOSTINI, BERSANI, CARBONE, CUPERLO, DE MENECH, MARCO DI MAIO, FABBRI, FAMIGLIETTI, FERRARI, GASPARINI, GIACHETTI, GIORGIS, LATTUCA, LAURICELLA, MARCO MELONI, NACCARATO, NARDI, PICCIONE, POLLASTRINI, RICHETTI, FRANCESCO SANNA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA, BINI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
i recenti drammatici attentati di Bruxelles, di Lahore, di Baghdad hanno riproposto con drammaticità la questione del «terrorismo islamico» in tutto il mondo, mentre il quadro politico e militare del quadrante mediterraneo e del vicino oriente forniscono elementi di preoccupazione e di instabilità;
in Europa, al momento, Francia e Belgio sembrano essere stati scelti come centrale prevalente di azione e di organizzazione dei nuclei di terroristi jihadisti, ma ovviamente anche l'Italia, come altri Paesi europei, inevitabilmente costituisce un territorio di passaggio e di presenza di elementi legati alle organizzazioni del terrorismo islamico;
il Governo ha da tempo elevato il livello di attenzione e allerta di tutto il comparto sicurezza: altissimo è il numero dei controlli, degli arresti e delle espulsioni effettuate in questo campo nel corso degli ultimi 12 mesi;
tuttavia, è sempre più necessaria un'azione specifica di contrasto alla radicalizzazione delle comunità islamiche nel nostro Paese;
il Parlamento e il Governo nel corso degli ultimi 12 mesi hanno sia innovato l'assetto legislativo specifico sia investito risorse ingenti per nuove assunzioni straordinarie e per investimenti in mezzi e strumenti nel comparto sicurezza e in quello dei servizi di intelligence –:
quali ulteriori iniziative intenda assumere per aumentare sempre più la capacità preventiva e repressiva di tale fenomeno sia in ambito nazionale sia a livello europeo e internazionale. (3-02147)
ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, CIVATI, MATARRELLI, PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il 13 marzo 2016, la «Rete dei comitati degli esodati» ha lanciato un ulteriore appello al Presidente del Consiglio nella speranza che finalmente, dopo due anni di tentativi senza alcun riscontro positivo, possa essere accolta la loro richiesta per un incontro mirato alla soluzione complessiva della scandalosa questione dei cosiddetti esodati;
anche la possibilità che era stata formulata da alcuni esponenti della maggioranza nell'incontro con una rappresentanza della Rete dei Comitati il 19 febbraio 2014, secondo la quale si ipotizzava di poter risolvere strutturalmente la «questione esodati» con parte delle risorse finanziarie recuperate dal rientro dei capitali dall'estero, non ha poi avuto seguito;
la mancanza di attenzione e di risposte da parte del Governo indica il voler rimuovere e negare il dramma con cui gli esodati non ancora salvaguardati sono costretti giornalmente a confrontarsi, nonostante la loro lunga mobilitazione dal 6 dicembre 2011 ad oggi, verso il recupero del loro diritto alla pensione con le regole previgenti la riforma;
nel corso dell'intervista, alla trasmissione « Che tempo che fa» dello scorso autunno, il Presidente del Consiglio dichiarò che per gli «esodati» (i 49.500 ex lavoratori certificati dal Ministero del lavoro al Parlamento) si sarebbe provveduto a risolvere il dramma con la settima salvaguardia nella legge di stabilità. Ad oggi, di quei 49.500, oltre 24.000 restano ancora non salvaguardati, esclusi da ogni possibilità di deroga;
si rende pertanto indispensabile un urgente ottavo provvedimento di salvaguardia diretto anche agli esclusi dalle deroghe;
con una specifica norma di legge si è istituito e finanziato (anche con le risorse non utilizzate delle 6 precedenti norme di deroga) il «fondo esodati» le cui somme avrebbero dovute essere usate esclusivamente per nuovi provvedimenti a favore degli «esodati». Le risorse del fondo istituto con la legge n. 228 del 2012 sono state distratte per il finanziamento della «no tax area», per interventi infrastrutturali per il Giubileo, per interventi sulle aree ex-Expo e per finanziare in parte il provvedimento di ripristino delle norme che regolano la cosiddetta «Opzione Donna»;
il 19 febbraio 2016, in sede di esame del disegno di legge n. 3495 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185», il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 9/03495/057 presentato all'interrogante appartenente alla componente Alternativa Libera-Possibile, in cui si rilevava una riduzione per l'anno 2015 dello stanziamento del capitolo 4236 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, «vale a dire le somme da destinare alla tutela dei lavoratori salvaguardati dalla riforma pensionistica tristemente noti come esodati... 500 milioni di euro che verranno utilizzati, a partire dal decreto n. 185 del 2015, per le procedure di sicurezza al Giubileo e per alcuni ammortizzatori sociali in deroga». A ai questa procedura si precisava: «...non sarà possibile la salvaguardia per tutti i circa 50 esodati che dal 2011 sono rimasti senza alcuna forma di sostegno al reddito»;
il Governo accogliendo il suddetto ordine del giorno, si è impegnato «a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, eventualmente anche normative, finalizzate a reperire le risorse necessarie per ripristinare lo stanziamento per l'anno 2016, del capitolo 4236 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali a tutela dei lavoratori esodati»; finora nessuna ulteriore risorsa è stata stanziata;
la «Rete dei comitati degli esodati» ritiene che il fondo specificamente istituito per la salvaguardia degli esodati sia stato usato in maniera di dubbia legittimità per ogni emergenza, ed evidenzia da parte del Governo, non soltanto una disattenzione verso gli impegni presi, ma anche il mancato rispetto di quanto previsto da una norma inserita in una legge dello Stato, quale è quella di cui all'articolo 1, comma 235 della legge n. 228 del 2012 –:
se il Governo intenda accogliere la richiesta di un incontro da parte della Rete dei comitati degli esodati;
se non ritenga urgente adottare iniziative normative volte a definire un ottavo provvedimento di salvaguardia per gli oltre 24 mila esodati finora rimasti esclusi, anche per dar seguito all'accoglimento dell'ordine del giorno n. 9/03495/057.
(4-12665)
ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, CIVATI, MATARRELLI, PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
la legge di stabilità 2016, all'articolo 1, comma 391, istituisce la carta della famiglia destinata alle famiglie costituite da cittadini italiani o da cittadini stranieri regolarmente residenti sul territorio italiano, con almeno tre figli minori a carico;
la carta famiglia nazionale è emessa dai singoli comuni, che attestano lo stato della famiglia al momento del rilascio, ha una durata biennale e consente a coloro che si trovano in determinate condizioni con un determinato indicatore ISEE, l'accesso a sconti sull'acquisto di beni o servizi o a riduzioni tariffarie con i soggetti pubblici o privati che intendano contribuire all'iniziativa;
i criteri e le modalità per ottenerla, verranno stabiliti con «decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge», quindi, entro il 31 marzo 2016;
la Rete nazionale dell'economia solidale, a cui aderiscono anche i gruppi di acquisto solidale (GAS) che si riconoscono nei principi e nei valori che da oltre 20 anni ispirano processi collettivi di economia solidale, recentemente hanno inviato una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, oltre che a tutti i parlamentari, chiedendo di riconsiderare il comma 391 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016, laddove si precisa: «La Carta famiglia nazionale è funzionale anche alla creazione di uno o più gruppi di acquisto familiare o gruppi di acquisto solidale nazionali, nonché alla fruizione dei biglietti famiglia e abbonamenti famiglia per servizi di trasporto, culturali, sportivi, ludici, turistici e di altro tipo»;
secondo la Rete nazionale dell'economia solidale, la legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), ai commi 266 e 267 dell'articolo 1, ha già definito e disciplinato il fenomeno dei «gruppi di acquisto solidale», definendoli come consumatori che la legge riconosce quali soggetti associativi autonomi, che agiscono con finalità etiche, di solidarietà e di sostenibilità ambientale;
con l'espressione «gruppo di acquisto solidale», infatti, si identificano le attività di gruppi di persone che intendono favorire comportamenti responsabili e consumi consapevoli, rivolti in particolare all'alimentazione, privilegiando l'agricoltura biologica, il rispetto dell'ambiente, l'accorciamento e la trasparenza della filiera e la costruzione di patti fiduciari tra produttori e consumatori, soprattutto locali. Tra i loro principali scopi c’è la creazione di relazioni di comunità basate sulla solidarietà e sulla sicurezza alimentare dell'oggetto della compravendita, in cui la persona è posta al centro del rapporto e dove lo scambio economico e il prezzo corrisposto, seppur importanti, rientrano in una relazione più ampia e articolata, dove la partecipazione è aperta a tutti i cittadini;
la Rete nazionale dell'economia solidale e l'interrogante ritengono quindi inopportuno e fuorviante, in un contesto di agevolazioni rivolte a cittadini in particolari condizioni di difficoltà economiche, definire «gruppi di acquisto solidali», gruppi che invece, attraverso l'incentivo delle agevolazioni previste e riservate ai possessori della carta famiglia, perseguono la realizzazione di compravendite vantaggiose;
il testo del comma 391 dell'articolo 1 sembra proporsi di favorire la formazione di gruppi di acquisto solidali di carattere nazionale, quindi senza alcuna base territoriale locale e non basate sulle relazioni di prossimità tra piccoli gruppi di consumatori e produttori, dove la dimensione della solidarietà sarebbe declinata solamente nel supporto economico a famiglie svantaggiate e non nella scelta consapevole di persone che intendono condividere un percorso di cambiamento di stile di vita e di graduale transizione verso modalità di produzione e consumo maggiormente sostenibili sul piano sociale ed ambientale;
si ritiene, quindi, che il riferimento ai gruppi di acquisto solidali, all'articolo 1, comma 391, della legge di stabilità 2016, sia un grave errore semantico dovuto alla scarsa conoscenza del fenomeno, che rischia di trasmettere un messaggio fuorviante rispetto alla reale natura di queste organizzazioni e di non aiutare la diffusione di pratiche economiche realmente sostenibili –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e se, in risposta alle legittime preoccupazioni espresse dalla Rete nazionale di economia solidale, non ritenga opportuno valutare la possibilità di assumere iniziative per rivedere la norma contenuta nell'articolo 1, comma 391, della legge di stabilità 2016, eliminando il riferimento ai gruppi di acquisto solidale. (4-12666)
CARIELLO, PESCO, VILLAROSA, PISANO, RUOCCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la procura della Repubblica di Bari, con comunicato stampa del 4 febbraio 2016, ha reso noto di aver dato esecuzione – per il tramite della tenenza della Guardia di finanza di Bitonto e del comando gruppo di Bari – all'ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Colapinto Giuseppe Donato e Colapinto Mario per i reati di peculato continuato connesso ad operazioni svolte da CE.R.IN. s.r.l. – società esercente l'attività di riscossione ed accertamento dei tributi per il comune di Bitonto e per altri comuni della provincia di Bari (Modugno, Grumo Appula, Santeramo, Binetto, Toritto) e di altre province (tra gli altri Massafra, Mesagne, Ascoli Satriano, Montecastrilli, Melendugno, Francavilla, Popoli, Ururi, Ciriè, Bisignano, Mariglianella, Pecognaga, Gazzaniga) – e da Siart s.r.l., con contestuale esecuzione del decreto di sequestro preventivo di beni immobili, anche di consistente valore, e di somme di denaro detenute nei conti correnti delle suindicate società;
l'iniziativa giudiziaria, stando a quanto asserito dal magistrato inquirente, scaturisce da una complessa attività d'indagine – preceduta da una verifica fiscale eseguita nell'anno 2014 dai militari della Guardia di finanza nei confronti di Siart s.r.l., società con sede in Bitonto esercente l'attività di gestione di database, con partecipazione di maggioranza da parte di CE.R.IN. s.r.l. – con la quale si sarebbe accertato che Colapinto Giuseppe Donato, amministratore/gestore di CE.R.IN. s.r.l., ed il figlio Mario, amministratore/gestore di Siart s.r.l., hanno posto in essere negli anni 2012-2014 articolate operazioni societarie e finanziarie – attraverso aumenti di capitale sociale di CE.R.IN. s.r.l. e Siart s.r.l., scissione parziale ed assegnazione di ramo d'azienda da parte di Siart s.r.l. alla neocostituita Siart Immobiliare s.r.l., scissione parziale di CE.R.IN. s.r.l. e costituzione della nuova società Tributi Service s.r.l., fusione per incorporazione di Siart s.r.l. in CE.R.IN. s.r.l. con annullamento delle quote di partecipazione di quest'ultima in Siart s.r.l. – scientemente preordinate, per un verso, al progressivo azzeramento del patrimonio e delle risorse finanziarie di CE.R.IN. s.r.l. con conseguente pregiudizio per i creditori, anche in funzione di nascondimento delle illecite operazioni di finanziamento eseguite da CE.R.IN. s.r.l., mediante drenaggio/appropriazione di risorse di pertinenza degli enti comunali, in favore di S.I.A.R.T. s.r.l., e, sotto altro profilo, alla costituzione di due nuove società – Tributi Service s.r.l. e Siart Immobiliare s.r.l., entrambe interamente partecipate ed amministrate da Colapinto Mario – alle quali sono stati trasferiti, rispettivamente, il patrimonio immobiliare residuo di CE.R.IN. s.r.l. ed i contratti in corso di esecuzione con varie amministrazioni comunali per i servizi di accertamento e riscossione dei tributi (tra gli altri, Tributi Service s.r.l. opera attualmente quale incaricato per la riscossione dei comuni di Molfetta e Gioia del Colle) e il ramo d'azienda di Siart s.r.l. costituito dal patrimonio immobiliare in precedenza acquisito;
secondo la ricostruzione operata dalla procura di Bari «negli anni 2011 e 2012, Siart s.r.l. – e per essa l'amministratore unico Colapinto Mario – aveva effettuato, in qualità di acquirente, varie operazioni di acquisto di immobili e compendi immobiliari – oggetto del decreto di sequestro sopra indicato – ricevendo, a tal fine, finanziamenti cospicui dal socio CE.R.IN. s.r.l. (il debito verso il socio CE.R.IN. s.r.l. ammontava al 1o gennaio 2012 ad euro 3.373.362,09) che gli approfondimenti svolti da questa Procura hanno consentito di accertare essere stati eseguiti mediante sistematici prelievi dai conti correnti postali e bancari accesi da CE.R.IN. s.r.l., tra l'altro, dal conto corrente postale denominato “Popoli Cosap” presso l'ufficio di Poste Italiane di Bitonto, oggetto di sequestro – sui quali affluivano le somme provento delle attività di riscossione dei tributi svolte, in regime di concessione, dalla società, con conseguente appropriazione delle somme di pertinenza delle amministrazioni comunali – per un ammontare complessivo di euro 2.462.000,00 – per finalità estranee ai fini istituzionali, trattandosi peraltro di denaro che, per giurisprudenza costante, è nella disponibilità della Pubblica Amministrazione al momento della consegna al concessionario incaricato dell'esazione ed è gravato da vincolo di destinazione»;
il comunicato prosegue dichiarando che: «è stato accertato per di più – in base ad una analisi incrociata tra gli incassi dei tributi annotati nelle scritture contabili di CE.R.IN. s.r.l. in relazione all'attività di riscossione effettuata per il Comune di Bitonto ed i ”conti di gestione” annuali dell'ente comunale relativi ai rendiconti trasmessi da CE.R.IN s.r.l. – che per il triennio 2010-2012 un importo non inferiore ad euro 3.188.000,00 riscosso da CE.R.IN. s.r.l. dai contribuenti di Bitonto non è stato riversato nelle casse comunali né è stato dichiarato come oggetto di riscossione da parte di CE.R.IN. s.r.l., con conseguente significativa divergenza tra gli importi indicati nel rendiconto mensile comunicato da CE.R.IN. s.r.l. e le somme effettivamente riscosse a titolo di tributi dal concessionario»;
come emerge dalle indagini della procura di Bari, le articolate operazioni societarie e finanziarie poste in essere da Colapinto Giuseppe Donato e dal di lui figlio Mario – si rammentano le fattispecie: aumenti di capitale sociale di CE.R.IN. s.r.l. e Siart s.r.l., scissione parziale ed assegnazione di ramo d'azienda da parte di Siart s.r.l. alla neocostituita Siart immobiliare s.r.l., scissione parziale di CE.R.IN. s.r.l. e costituzione della nuova società Tributi Service s.r.l., fusione per incorporazione di Siart s.r.l. in CE.ri.N. s.r.l., con annullamento delle quote di partecipazione di quest'ultima in Siart s.r.l.. – avrebbero costituito lo strumento per attuare un duplice disegno criminoso consistente nel progressivo depauperamento del patrimonio della CE.R.IN. s.r.l. a danno dei creditori sociali e nella distrazione e conseguente appropriazione delle somme provento delle attività di riscossione dei tributi versati dai cittadini e di pertinenza esclusiva, quindi, delle relative amministrazioni locali;
il decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, recante norme in materia di «Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337» stabilisce, all'articolo 2, comma 4, che i trasferimenti, per atto tra vivi, delle azioni delle società concessionarie, nonché le fusioni e le scissioni alle quali prendono parte tali società sono soggette, a pena di inefficacia, alla preventiva autorizzazione del Ministero delle finanze;
l'articolo 4 del decreto del Ministero delle finanze 11 settembre 2000, n. 289 – concernente il regolamento relativo all'albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, da emanarsi ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 – stabilisce che lo statuto delle società, di cui al comma 1, lettere a), b), c), e comma 2, deve prevedere l'inefficacia, nei confronti della società, del trasferimento di quote od azioni per atto tra vivi non preventivamente autorizzato dal Ministero delle finanze;
l'articolo 3-bis del decreto-legge n. 40 del 2010, convertito dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, prevede che «per l'iscrizione all'albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sono richieste le seguenti misure minime di capitale interamente versato: a) 1 milione di euro per l'effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività nei comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti, con un numero di comuni contemporaneamente gestiti che, in ogni caso, non superino complessivamente 100.000 abitanti; b) 5 milioni di euro per l'effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività di accertamento dei tributi e di quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate nei comuni con popolazione fino a 200.000 abitanti; c) 10 milioni di euro per l'effettuazione, anche disgiuntamente, delle attività di accertamento dei tributi e di quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate nelle province e nei comuni con popolazione superiore a 200.000 abitanti. I soggetti iscritti all'albo di cui al comma 1 devono adeguare alle predette misure minime il proprio capitale sociale entro il 30 giugno 2010; in ogni caso, fino all'adeguamento non possono ricevere nuovi affidamenti o partecipare a gare indette a tale fine»;
dalle visure camerali relative alla società CE.R.IN s.r.l. emerge che, nell'anno 2009, il capitale sociale veniva aumentato sino a concorrenza della misura minima di 10 milioni di euro necessaria per poter effettuare, anche disgiuntamente, le attività di accertamento dei tributi e di riscossione dei tributi e di altre entrate nelle province e nei comuni con popolazione superiore a 200.000 abitanti. Tuttavia, tale capitale solo in apparenza risultava effettivamente e totalmente versato, in quanto per una quota ammontante a euro 7 milioni (dunque il 70 per cento del capitale minimo richiesto) il conferimento in denaro sarebbe stato sostituito da una garanzia fideiussoria di pari importo prestata dalla società di intermediazione Minos s.p.a., che, nei sei mesi successivi alla prestazione, risultò cancellata dall'elenco generale degli intermediari finanziari come documentato dal bollettino di vigilanza n. 12 del mese di dicembre 2009 pubblicato dalla Banca d'Italia;
dalle indagini condotte dalla procura di Bari: «è stato accertato per di più – in base ad una analisi incrociata tra gli incassi dei tributi annotati nelle scritture contabili di CE.R.IN. s.r.l. in relazione all'attività di riscossione effettuata per il comune di Bitonto ed i “conti di gestione” annuali dell'ente comunale relativi ai rendiconti trasmessi da CE.R.IN. s.r.l. – che per il triennio 2010-2012 un importo non inferiore ad euro 3.188.000,00 riscosso da CE.R.IN. s.r.l. dai contribuenti di Bitonto non è stato riversato nelle casse comunali né è stato dichiarato come oggetto di riscossione da parte di CE.R.IN. s.r.l., con conseguente significativa divergenza tra gli importi indicati nel rendiconto mensile comunicato da CE.R.IN. s.r.l. e le somme effettivamente riscosse a titolo di tributi dal concessionario»; risulta quantomeno anomalo, per gli interroganti, che l'amministrazione del comune di Bitonto si sia limitata a chiedere alla CE.R.IN. s.r.l. un mero resoconto mensile ai fini della verifica delle somme da detta società riscosse per conto dell'ente locale, senza effettuare ulteriori e più incisivi controlli sugli incassi effettivi ottenuti dal concessionario;
come si evince dalla nota stampa emanata dalla procura di Bari, gli investigatori, inoltre, vogliono stabilire se, negli enti locali interessati, vi siano state o meno connivenze o anomalie sui controlli;
come riportato dal quotidiano telematico DaBitonto – Reg. stampa n. 684/2013 tribunale di Bari, edizione di martedì 8 marzo 2016 – «le forze dell'ordine vogliono capire se il presunto sistema messo in atto a Bitonto e finalizzato a distrarre a proprio vantaggio soldi che sarebbero dovuti finire nelle casse pubbliche (3,2 milioni di euro, secondo le ipotesi degli inquirenti), sia stato utilizzato anche negli altri comuni dove l'azienda ha svolto il servizio di riscossione dei tributi. Gli investigatori, inoltre, vogliono stabilire se, negli enti locali interessati, vi siano state o meno connivenze o anomalie sui controlli»;
dal comunicato della inquirente, non emerge, per gli interroganti, se l'indagine svolta dai militari della Guardia di finanza si sia avvalsa anche di esiti di pregressa attività di vigilanza eventualmente esercitata dalla direzione regionale dell'agenzia delle entrate della Puglia ai sensi del combinato disposto dell'articolo 3, comma 3 e dell'articolo 4, comma 1, lettera b), dello statuto della medesima Agenzia, nonché dell'articolo 5 del decreto legislativo 13 aprile 1999 n. 112, nel testo in vigore dal 22 ottobre 2015;
non è dato parimenti sapere, a quanto consta agli interroganti, se il comune di Bitonto, titolare dei crediti d'imposta e di altre entrate patrimoniali affidati in riscossione coattiva alla CE.R.IN. s.r.l., in diligente esercizio di attività collaterali alla realizzazione delle pretese patrimoniali mediante ruolo, abbia – in conformità a risalente prassi amministrativa – periodicamente curato, anche con il metodo dello scandaglio, l'invio di richiesta tesa ad appurare direttamente presso il debitore lo stato, se pendente o estinto, del credito vantato;
l'omesso riversamento al comune di Bitonto delle quote iscritte a ruolo a titolo di tributi nel triennio 2010-2012 – e regolarmente incassate da CE.R.IN. s.r.l. per un importo non inferiore ad euro 3.188.000,00 – avrebbe tra l'altro comportato la violazione del principio di veridicità di cui all'articolo 162, comma 5 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (oggi «principio della veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità», di cui all'allegato 1, previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e al decreto legislativo del 10 agosto 2014, n. 126, portante «Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42»), avendo i bilanci di previsione del predetto ente territoriale verosimilmente esposto residui attivi per importi difformi da quelli effettivi, con conseguenti immediati riflessi sull'autorizzazione alla spesa comunale per gli anni indicati;
l'intera vicenda descritta evidenzia la scarsa trasparenza e l'inefficienza del sistema di controlli e verifiche in una materia – quale la riscossione dei tributi locali – ove è in gioco oltre che il denaro pubblico versato dai cittadini, anche la credibilità degli enti dotati di potestà impositiva che, in questi ultimi anni, hanno, a più riprese, lamentato la scarsità di risorse finanziarie e fatto ricorso ad aumenti di aliquote e riduzione dei servizi per sopperire alle esigenze di budget;
l'impianto normativo attualmente vigente appare agli interroganti del tutto inadeguato a garantire gli enti locali e le relative comunità di cittadini dal rischio che le società concessionarie dei servizi di riscossione dei tributi si approprino indebitamente di quota parte dei tributi riscossi per loro conto ovvero gestiscano operazioni societarie in grado di azzerare i requisiti di solidità patrimoniale stabiliti dalla legge a tutela dei terzi e della collettività;
l'articolo 11, comma 1, lettera c) del decreto legislativo del 13 aprile 1999, n. 112 dispone che la commissione di gravi e reiterate violazioni degli obblighi stabiliti in disposizioni normative o amministrative legittima, a tutela del preminente interesse pubblico, la revoca della concessione del servizio di riscossione;
non è peraltro chiaro se quanto accaduto ne comune di Bitonto costituisca solo la punta dell’iceberg di un più ampio fenomeno esteso ad altri comuni e province italiane –:
se il Ministro interrogato ritenga di assumere adeguate iniziative a carattere normativo necessarie a rendere più efficaci, efficienti e sicure le procedure di concessione dei servizi di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, estendendo anche ai concessionari locali il sistema di autorizzazioni previsto per il servizio nazionale ed ampliando il ventaglio delle operazioni societarie soggette a preventiva autorizzazione ministeriale, includendovi tutte le fattispecie potenzialmente in grado di ridurre la solidità patrimoniale dei concessionari, in coerenza con l'evoluzione del diritto societario, in una prospettiva che garantisca, altresì, agli enti preposti il potere di implementare controlli più pervasivi sulla raccolta dei tributi effettivamente incassati dai soggetti in regime di concessione, al fine di assicurare la massima tutela del denaro dei contribuenti e la credibilità della potestà impositiva di comuni e province. (5-08252)
AIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
Idea Finanziaria spa di Catania società attiva nella cessione del quinto controllata dal gruppo Barclays attraverso Eudea è incappata secondo Bankitalia in numerose e gravi violazioni normative in irregolarità nei rapporti contrattuali con la clientela;
suddetta società risulta a seguito di tale azione di vigilanza effettuata da Bankitalia essere stata cancellata dall'elenco degli intermediari dal Ministero dell'economia e delle finanze con provvedimento n. 864 del 10 dicembre 2009;
i vertici del suddetto istituto di intermediazione risultano essere stati altresì rinviati a giudizio anche per mediazione usuraia dal tribunale di Roma;
le vicende giudiziarie dei vertici di Idea Finanziaria Spa non si fermano a quanto riportato in premessa;
da notizie di stampa apparse in data 30 dicembre 2013 risulta infatti che anche il Tribunale di Ragusa abbia rinviato a giudizio i vertici della suddetta società di intermediazione per un tasso ritenuto, da parte della pubblica accusa, eccessivo ed usuraio, pari la 27 per cento, praticato nei confronti di un ottantenne pensionato di Pozzallo;
in base alla ricostruzione da parte dei magistrati i vertici di idea Finanziaria spa in questa vicenda avrebbero preteso un interesse di quasi 9 mila euro per un finanziamento accordato a fronte della cessione di un quinto della pensione Inpdap, con un contratto sottoscritto nel 2009;
ad essere stati rinviati a giudizio risultavano essere l'amministratore delegato della principale società coinvolta nella vicenda, appunto Idea Finanziaria, e il rappresentante per l'Italia di banca Barclays (poi entrambi prosciolti);
analoga vicenda ha riguardato un ultraottantenne in Sardegna ex carabiniere in pensione come riportato dalla Nuova Sardegna nella edizione del 1o agosto 2013;
in questa vicenda iniziata nel 2008 le indagini della magistratura hanno appurato il reato di usura nei confronti del promotore, si legge testualmente: «perché si faceva promettere dal pensionato in cambio di un finanziamento netto di 9.417,11 euro la restituzione con cessione del quinto dallo stipendio in 108 rate mensili da 205 euro per complessivi 22.140 euro, applicando un tasso usurario del 25,17 per cento e comunque al di sopra della soglia di legge, perché venivano inserite spese di assicurazione pari a 5.647,91 euro, mai sottoscritta dal Doro e mai effettivamente stipulata»;
non solo, in questo caso, per procurare il relativo vantaggio patrimoniale ad intermediario e società idea Finanziaria erano arrivati a redigere una falsa scheda di adesione alla convenzione con la compagnia di assicurazione Axeria Prevoyance con la falsa firma del malcapitato pensionato;
in verità, la cancellazione dall'elenco generale degli intermediari impedisce nuove operazioni ma non incide sulla legittimità degli impegni assunti;
Idea Finanziaria spa ha visto a seguito di queste vicende mutare i suoi assetti con un piano di ristrutturazione societaria –:
se esista un monitoraggio sugli esiti degli impegni assunti con la clientela fino alla data di cancellazione di Idea Finanziaria spa dall'elenco generale degli intermediari da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
se risulti se e quanti contenziosi giudiziari si siano attivati e quanti risultino essere tuttora in corso, nonché se il Governo sia a conoscenza di eventuali attività afferenti allo stesso settore da parte degli allora vertici di Idea Finanziaria spa anche a seguito della cancellazione dal citato elenco, in considerazione della pericolosità anche sociale dei comportamenti professionali posti in essere dagli stessi ed ampiamente documentati dalle cronache di stampa. (5-07580)