PAGINA: 0003 Intervengono nella discussione sulle linee generali i deputati DAVIDE CAPARINI (LNA) (Vedi RS), che il Presidente richiama, LUIGI DALLAI (PD) (Vedi RS), SERENA PELLEGRINO (SEL) (Vedi RS), ORESTE PASTORELLI (Misto-PSI-PLI) (Vedi RS), GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA (FI-PdL) (Vedi RS), VINCENZO PISO (AP) (Vedi RS), COSIMO PETRAROLI (M5S) (Vedi RS), che il PRESIDENTE (Vedi RS), dopo averlo invitato ad utilizzare un linguaggio più consono, richiama all'ordine, VINCENZA LABRIOLA (Misto) (Vedi RS), SAMUELE SEGONI (Misto-AL) (Vedi RS) e PAOLO GRIMOLDI (LNA) (Vedi RS).
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PAGINA: 0013 DAVIDE CAPARINI. Presidente, lei faccia la Presidente, non si faccia i c... miei. Mi scusi, glielo dico proprio papale papale (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). PAGINA: 0017 LUIGI DALLAI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, è già stata rimarcata negli interventi dei relatori sia di maggioranza, Ginefra, che di minoranza, Allasia e Crippa, la complessità della situazione dell'Ilva e della città di Taranto. Una situazione che incrocia questioni ambientali, legali, industriali, sanitarie e ha risvolti drammatici sul tessuto sociale della città e delle aree limitrofe.
In questa legislatura, è già stato richiamato, abbiamo già avuto modo di esaminare aspetti connessi a questo argomento e di inserirli in decreti-legge diversi, in particolare nel decreto-legge n. 61 del 2013. Abbiamo, cioè, affrontato problematiche specifiche per un'impresa di interesse strategico nazionale, che trovano origine dalle procedure di contenzioso per inadempienza all'AIA del 2012, e che devono ancora raggiungere soluzione. Oggi facciamo un passo nuovo ed importante e lo facciamo perché abbiamo deciso, ancora una volta, di farci carico nei fatti, di un problema notevolissimo.
L'Ilva ha necessità di procedure di carattere eccezionale: tra tutte si possono ricordare la copertura dei parchi minerari, quella dei nastri, lo stoccaggio dei rifiuti tossici della ex Cemerad nel limitrofo comune di Statte. Siamo consapevoli che il tipo di autorizzazione per impatto ambientale rilasciata è unica per impegno e standard ambientali a livello europeo e avanzata nel quadro della siderurgia mondiale, ma un'autorizzazione così impegnativa corrisponde al sito siderurgico più grande in Europa e al più inquinato.
Per questo, anche sulla base delle best available practices, siamo più restrittivi delle prescrizioni europee. Nel dicembre scorso il commissario Gnudi, in audizione parlamentare, ha sostenuto che circa il 75 per cento delle prescrizioni era stato assolto. @pagina=0018@Dobbiamo proseguire in questa direzione e, dunque, la tempistica delle prescrizioni nel decreto che oggi è in discussione, peraltro già contenuta nel decreto-legge n. 61, assume il conseguimento dell'AIA se almeno l'80 per cento del numero delle prescrizioni stesse sia stato raggiunto entro il mese di luglio del 2015.
La deadline del 100 per cento è definita per l'agosto 2016. Essa individua un tempo congruo per fare tutte le cose e per cercare di farle bene. Farle bene, a maggior ragione nell'amministrazione straordinaria di un'impresa di interesse strategico nazionale come l'Ilva di Taranto, significa in primo luogo utilizzare le migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell'incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro. Significa soprattutto vincolare alla sola puntuale e rigorosa attuazione del piano di risanamento, l'esclusione dalla responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati.
Nel lavoro in Commissione, pur nella differenza delle posizioni, abbiamo avuto modo di confrontarci nel merito delle questioni perché la questione Ilva è troppo delicata per essere argomento di polemica strumentale. Infatti, c’è un punto che abbiamo imparato a spese di interi quartieri, intesi sia come porzioni di territorio che come aggregazioni sociali: la storia dei siti inquinati, ed in particolare quella dei siti siderurgici, ha reso evidente che la chiusura degli impianti è una soluzione non utile a risolvere le emergenze ambientali. Si deve procedere invece all'adozione di prescrizioni molto rigide da attuare in un arco di tempo limitato ma sostenibile. È bene ribadirlo: prescrizioni rigide, monitoraggio attento, tempistica adeguata e tutela degli operatori.
Adesso è necessario garantire un'efficace ripresa dell'attività produttiva. L'ammissione della società Ilva alla procedura di amministrazione straordinaria è intesa per convogliare le risorse finanziarie necessarie a garantire il risanamento ambientale, opera di cui lo Stato diventa anche garante attraverso la disposizione relativa al prestito ponte di 400 milioni di euro e serve per individuare le soluzioni e rispondere in tempi rapidi alle legittime aspettative dei lavoratori del sistema dell'indotto, degli appalti e delle forniture Ilva.
In questa fase la produzione giornaliera sarà di poco inferiore alle 12 mila tonnellate al giorno di acciaio rispetto alle 30 mila tonnellate al giorno in pieno assetto produttivo. Il confronto tra azienda e sindacati metalmeccanici ha definito in più di 4 mila i lavoratori in esubero che, a partire dal 2 marzo prossimo, usufruiranno dei contratti di solidarietà, contratti che saranno prorogati di dodici mesi. La necessità vera è quella di tenere insieme ambiente, lavoro e salute e la prospettiva di tutela sanitaria, per la quale c’è un finanziamento aggiuntivo di 5 milioni di euro in due anni.
Per quanto riguarda gli aspetti di carattere medico, nell'area di Taranto-Statte il quadro di inquinamento ambientale derivante principalmente dalle attività dello stabilimento Ilva presenta concentrazioni significative di inquinanti di interesse sanitario. Dunque, questo piano è per il Governo e per la maggioranza che lo sostiene una sfida per governare un modello di sviluppo e di economia, perché l'Ilva di Taranto rappresenta una crisi che è insieme ambientale ed economica.
In conclusione, signor Presidente, andiamo oggi ad approvare un nuovo provvedimento ma sappiamo che torneremo comunque ad affrontare le problematiche legate all'Ilva di Taranto. Lo faremo per tenere aggiornata la legislazione rispetto ad un quadro che vogliamo porti ad una soluzione e questa non può che essere il ripristino di condizioni di sicurezza e sostenibilità sia per chi lavora nell'azienda che per chi abita nell'area di Taranto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). PAGINA: 0018 SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, @pagina=0019@approda in Aula l'ennesimo decreto-legge d'urgenza del Governo, le ennesime, nuove, urgenti disposizioni sull'emergenza ambientale ed occupazionale dello stabilimento Ilva di Taranto che la Camera dei deputati è chiamata ad approvare senza alcuna possibilità di modifiche o miglioramenti, anzi, quasi sicuramente con l'ennesima richiesta di fiducia da parte del Governo.
Infatti, l'atto su cui l'Aula sta provando ad iniziare la discussione, prima della tagliola della fiducia posta dal Governo, interviene di nuovo sull'Ilva di Taranto.
Come scrive, con raffinatezza, il servizio studi della Camera, si legifera nuovamente su un ambito che «ha formato oggetto, in tempi recenti, di una significativa stratificazione normativa», avendo annoverato, a partire dall'agosto 2012, la generazione di ben sette – ripeto: sette – decreti-legge.
Con questo Governo, a che servono ormai i richiami ai principi costituzionali contro l'abuso dei decreti-legge e della questione di fiducia ?
Ma perché, nelle tante riforme costituzionali che state facendo a colpi di maggioranza, non ne fate una che avochi al Governo il potere legislativo d'urgenza senza l'ipocrisia della ratifica parlamentare, prendendovi tutte le responsabilità delle vostre scellerate scelte ? Almeno così il Parlamento potrà occuparsi finalmente delle preziose leggi ordinarie che riempiono da due anni gli scaffali delle Camere. Infatti, Presidente, siamo pure al paradosso che l'Esecutivo utilizza la decretazione d'urgenza per emanare una legge e poi, durante l'esame in sede referente, come è successo questa volta al Senato, la riscrive quasi completamente.
Decretazione d'urgenza e torsioni del procedimento di conversione, che sviliscono il ruolo del Parlamento e che sono anche la dimostrazione di una legiferazione governativa approssimativa e accidentale, sicuramente, come in questo caso, più attenta alle pressioni delle lobby che non alla costruzione di un impianto normativo coerente e, soprattutto, immediatamente adottabile.
Viene legittimamente da chiedersi: a che punto è il risanamento ambientale di Taranto e dell'Ilva, in particolare, con sette decreti-legge che si sono succeduti in due anni ? Cosa hanno prodotto decretazione d'urgenza, normative speciali e straordinarie, continui rinvii e prescrizioni dell'AIA, espropriazione delle competenze proprie della regione Puglia, nomina di due commissari straordinari, di due subcommissari addetti al piano ambientale, di tre esperti e di tre supercommissari straordinari ?
Non è un segreto. A tutt'oggi non c’è un ettaro, né di mare, né di terra, bonificato o su cui è stata avviata la bonifica ambientale.
Non solo: se oggi possiamo parlare di un miglioramento dal punto di vista dei dati è perché si è chiuso un forno e a breve se ne chiuderà un altro, cioè è stata ridotta la produzione.
E questo settimo decreto-legge non individua gli strumenti giusti per invertire la rotta dei disastri ambientali e dei crimini sanitari dell'area, né incide sul futuro destino industriale dell'Ilva. Insomma, se fino ad ora le politiche industriali, volte sempre al profitto – non dimentichiamolo – avevano comunque un occhio di riguardo nei confronti dell'occupazione a scapito dell'ambiente, oggi possiamo dire, senza paura, che stiamo perdendo tutto.
Purtroppo, nessun passo avanti è stato fatto sul fronte ambientale e sanitario in due anni di decretazione d'urgenza, semmai la pervicacia nel rinvio e nelle procedure speciali ha procurato al nostro Paese l'ennesima procedura di infrazione europea.
In relazione allo stabilimento Ilva di Taranto, la Commissione europea ci ha contestato la violazione della cosiddetta direttiva IPPC sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento, e della direttiva 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali.
Infatti, la Commissione ritiene il gestore dello stabilimento Ilva di Taranto inadempiente in relazione a numerose prescrizioni previste dall'AIA dell'ottobre 2012. Le inadempienze riguardano – e ve @pagina=0020@lo ricordo – la mancata copertura dei siti di stoccaggio dei minerali e dei materiali polverulenti, la mancata adozione di provvedimenti volti alla minimizzazione delle emissioni gassose dagli impianti di trattamento dei gas, la mancata adozione di misure per il controllo dell'emissione di particolato con il flusso di vapore acqueo in uscita dalle torri di spegnimento e la mancata adozione di provvedimenti per la riduzione delle emissioni di polveri dalle acciaierie.
La Commissione rileva anche che il rinvio dei termini di adempimento delle prescrizione di un'AIA è contrario alla logica della direttiva sulle emissioni industriali, che dispone che gli Stati membri adottino tutte le misure necessarie affinché le condizioni di autorizzazione siano rispettate e che non risulta l'adozione del piano industriale, propedeutico, a norma del decreto-legge n. 61 del 2013, all'attuazione del piano ambientale.
Un secondo ambito di violazioni contestate dalla Commissione europea riguarda le disposizioni delle direttive IPPC e sulle emissioni industriali, anche con riferimento alla mancata adozione di misure che garantiscano che le installazioni industriali siano gestite in modo che non si verifichino fenomeni di inquinamento significativi.
Il terzo ambito di contestazioni mosse dalla Commissione si riferisce al mancato aggiornamento dell'AIA nel 2013, alla mancanza di disposizioni per la protezione del suolo e delle acque sotterranee, per la verifica periodica del loro stato e per la prevenzione delle emissioni nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, alla mancanza di misure relative all'arresto definitivo dell'impianto.
Ad avviso della Commissione, l'AIA dello stabilimento Ilva di Taranto continua ad essere inadeguata, non contenendo tutte le misure prescritte dalle direttive europee. Non c’è che dire ! Un significativo risultato per due anni di significativa stratificazione normativa, realizzata con sette decreti che avrebbero dovuto intervenire sull'urgenza.
Ma il decreto-legge che esaminiamo oggi va anche oltre l'immaginabile. Prendiamo il comma 6 dell'articolo 2, che esclude espressamente che le condotte poste in essere dal commissario straordinario e dai soggetti da lui delegati diano luogo a responsabilità penale e amministrativa, in riferimento alle condotte connesse all'attuazione dell'AIA e alle misure previste nel piano ambientale relativo allo stabilimento Ilva. Siamo alla violazione sia del principio fondamentale di uguaglianza – la legge non è più uguale per tutti –, di cui all'articolo 3 della Costituzione, sia del principio in materia di responsabilità penale, civile e amministrativa dei funzionari e dei dipendenti dello Stato per gli atti compiuti in violazione dei diritti, sancito dall'articolo 28 della Costituzione.
Il Governo ha introdotto una clausola d'impunibilità assoluta nei confronti del commissario straordinario e di un numero di soggetti da lui delegati nel caso in cui dall'attuazione delle prescrizioni AIA derivi il compimento di qualsiasi fattispecie di reato, colposo o doloso che sia. Viene fatta carta straccia del diritto civile e penale. Viene legittimata la configurazione di un vero e proprio «diritto di disastro» in capo ad alcuni soggetti. A chi governa e gestisce questioni di tale natura e delicatezza, in nome e per conto dello Stato, verrà garantita la non punibilità preventiva per tutte le responsabilità amministrative e penali. Presidente, con questa norma si concede un salvacondotto al commissario straordinario e a tutti i suoi delegati, sub e sotto sub, ovvero una licenza a delinquere la cui incostituzionalità è più che palese e non trova alcun precedente né alcuna possibile e ragionevole sponda dove argomentare la sua motivazione.
Ma quello che più fa accapponare la pelle è che ora al Senato finalmente si comincia a vedere la fine dell'iter della legge sui reati ambientali, quella del «chi inquina paga» che attendiamo da 20 anni, e nel frattempo si mettono in sicurezza coloro che dovrebbero rispondere in prima persona sui reati ambientali !@pagina=0021@
Presidente, ma che Governo è questo ? È un Governo che boccia i nostri emendamenti per potenziare l'ARPA Puglia. Si nega la possibilità di una deroga ai divieti di nuove assunzioni, un'integrazione degli organici necessaria per far fronte a quella che è la funzione fondamentale per un'agenzia regionale per l'ambiente, cioè la funzione dei controlli ambientali, che riguarda anche l'efficacia degli investimenti fatti e l'attuazione delle prescrizioni dell'AIA. Insomma, si tolgono le risorse ai controllori; complimenti !
Che dire, poi, dell'irrisoria dotazione accordata per l'ampliamento dell'offerta di prevenzione oncologica pediatrica a Taranto ? Cinquecentomila euro per quest'anno, che non basteranno nemmeno all'acquisto di un solo macchinario per prevenire o diagnosticare queste drammatiche patologie. Il nostro emendamento, per portare a cinque milioni di euro le risorse assegnate per il 2015 a favore del polo oncologico pediatrico di Taranto, è stato bocciato in Commissione e non sarà discusso in Aula, perché il Governo non concede modifiche durante questa lettura. Siamo di fatto al monocameralismo, Presidente. La riforma costituzionale è ormai già attuata nei fatti !
Al comma 2 dell'articolo 2 del decreto vengono disciplinati i rapporti intercorrenti tra la valutazione del danno sanitario e le prescrizioni contenute nell'AIA, escludendo non solo che la valutazione del danno sanitario possa modificare unilateralmente le prescrizioni dell'AIA, ma consentendo al Governo di negare il riesame eventualmente richiesto dalla regione competente, ai sensi del codice dell'ambiente.
In tal modo, l'organo che emette l'atto potrebbe negarne la revisione anche in presenza di una valutazione del danno sanitario tale da renderla necessaria. Si considera, dunque, come aspetto secondario l'impatto sugli aspetti ambientali e sanitari, che doveva essere invece l'emergenza iniziale vera, continua e costante, su cui concentrare tutti gli interventi e gli investimenti. Viene tolto valore alla valutazione del danno sanitario presentata dalla regione Puglia, prescrivendo che i rapporti di valutazione del danno sanitario debbano essere conformi ai criteri metodologici stabiliti dal decreto interministeriale, già previsto dalla legge «salva-Ilva» n. 231 del 2012. Ed è il caso di ricordare che tali criteri utilizzano una metodologia meno protettiva per la salute dei cittadini.
Ricordo che, con la legge regionale n. 21 del 2012, la regione Puglia aveva disposto la redazione della valutazione del danno sanitario che valeva per determinate aziende particolarmente inquinanti. Tuttavia, a detta valutazione del danno sanitario regionale si è sovrapposta quella di carattere nazionale, disciplinata dall'articolo 1-bis del decreto-legge n. 207 del 2012 e dal successivo decreto del Ministero della salute 24 aprile 2013, con il quale il Ministero ha stabilito criteri metodologici utili per la redazione della valutazione del danno sanitario nazionale, che di fatto può essere redatta successivamente alla conclusione dei lavori di ambientalizzazione prescritti dalle vigenti autorizzazioni integrate ambientali, rendendo inapplicabile quella redatta sulla base della normativa regionale.
Con un nostro emendamento, Presidente, avevamo chiesto che la valutazione del danno sanitario andasse fatta in corso d'opera, ossia durante tutti i lavori di ambientalizzazione prescritti dalle vigenti AIA, e non alla fine, e che, a seguito del rapporto di valutazione del danno sanitario, l'AIA fosse poi soggetta a riesame secondo le procedure previste dal codice ambientale. Anche questo emendamento verrà «spazzato» via dalla richiesta di fiducia.
Sempre l'articolo 2, inoltre, prevede, che il Piano ambientale si intende attuato se, entro il 31 luglio 2015, saranno realizzate, almeno nella misura dell'80 per cento, le prescrizioni che siano in scadenza entro quella data, precisando altresì che tale soglia deve essere valutata con riferimento al numero delle prescrizioni. Tale disposizione, non ponendo alcun onere e alcuna priorità all'azienda circa le scelte delle prescrizioni da ottemperare, porterà al differimento proprio delle prescrizioni @pagina=0022@più importanti per la tutela dell'ambiente e della salute del territorio di Taranto.
Il numero delle prescrizioni, come prevede questa norma, non dà ragione del volume economico degli interventi, che è invece il parametro più importante da prendere in considerazione, perché le prescrizioni più onerose sono anche quelle più importanti per il risanamento ambientale dell'Ilva. Infatti, le prescrizioni più onerose per l'azienda, come la copertura del parco minerali, gli interventi su agglomerato, cokerie e altiforni, sono anche quelle più determinanti dal punto di vista ambientale. Solo queste prescrizioni, come investimenti economici, valgono quasi un miliardo di euro. Per questo, noi avevamo chiesto che il Piano ambientale si intendesse attuato se, entro il 31 luglio 2015, il volume complessivo, in termini di impegno economico necessario, delle prescrizioni in scadenza, fosse realizzato almeno nella misura dell'80 per cento. Una inaccettabile e ulteriore violazione degli articoli 114 e 117 della Costituzione in materia di competenze dei vari livelli di governo, che estromette, di fatto, la regione Puglia in tale ambito, è l'eccessiva semplificazione delle procedure prevista dall'articolo 4 in tema di approvazione dei piani di gestione dei rifiuti e delle discariche per rifiuti pericolosi e non pericolosi attuata mediante l'approvazione ex lege dei piani proposti esclusivamente dall'organo governativo commissariale.
Il rischio di tale procedura di snellimento è che il piano per la gestione e lo stoccaggio di rifiuti pericolosi possa concedere, a causa dell'estromissione delle istituzioni locali deputate al controllo e alla tutela dell'ambiente e della salute – l'ARPA, l'ASL e gli enti locali – pericolose deroghe alle misure di tutela ambientale e sanitaria richieste per la realizzazione di tali insediamenti, anche in considerazione della collocazione delle discariche in un'area urbana definita ad alto rischio ambientale e gravata da altri insediamenti simili mai bonificati.
Ammettiamo che, durante la discussione al Senato, siano approvate alcune modifiche su cui diamo un giudizio positivo. Il boccone buono lo dobbiamo all'audizione del procuratore aggiunto di Milano, Greco. Il decreto-legge, Presidente, per come era uscito dal Governo, avrebbe potuto impedire il rientro dalla Svizzera di 1,2 miliardi di capitali confiscati all'Ilva.
Il piccolo boccone buono è che è stata approvata la sospensione per le imprese di autotrasporto e per le piccole imprese del versamento dei tributi erariali, sospendendone le procedure esecutive. Certo, queste modifiche apportate al Senato sono state migliorative del testo, ma, nel complesso, il decreto-legge è giunto qui alla Camera ricco di scelte incostituzionali e non risolutive dell'emergenza, che scardinano il diritto civile e penale del nostro Paese, che non garantiscono alcuna concreta possibilità di risanamento ambientale, che posticipano ulteriormente il diritto alla salute dei cittadini di Taranto.
E noi, oggi, ci troviamo a discutere di un provvedimento già fatto e finito, dove la nostra discussione, qui in Aula e prima in Commissione, diventa mero esercizio intellettuale, perché la fiducia, Presidente, è alle porte. E a quando, a questo punto noi ci chiediamo, l'ottavo decreto-legge sull'emergenza Ilva (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ? PAGINA: 0022 ORESTE PASTORELLI. Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 1 del 2015 affronta molti dei nodi problematici legati alla grave situazione sociale ed ambientale che si è venuta a verificare presso gli stabilimenti dell'Ilva. I tragici eventi che lì si sono consumati e continuano a consumarsi sono noti a tutti voi, e non serve, dunque, che ve li illustri.
Vicende che hanno richiesto, nell'anno appena trascorso e all'inizio di questo, interventi normativi ed amministrativi di straordinaria necessità ed urgenza da parte del Governo, rispetto ai quali noi oggi siamo chiamati a dare il necessario supporto parlamentare.@pagina=0023@
Il Governo, con questo decreto-legge, da un lato, ha messo in campo una serie di strumenti giuridici per il riavvio e la prosecuzione, in condizioni di maggiore sicurezza e salubrità rispetto al passato, delle attività industriali dell'Ilva, mentre, dall'altro, ha individuato, con riferimento al territorio interessato dalla presenza di questo stabilimento, le risorse e gli obiettivi da perseguire nel campo della ricerca scientifica oncoematologica.
Il pacchetto di misure contenute nel decreto-legge n. 1 del 2015, così come integrato dagli emendamenti approvati in Senato, rappresenta non solo uno strumento necessario per consentire la prosecuzione delle attività industriali dell'Ilva in un contesto di legalità e di rispetto delle minime norme di sicurezza, ma il mezzo per far risollevare un intero territorio il cui tessuto economico e sociale è fortemente sofferente.
La direzione intrapresa con questo decreto-legge è quella giusta: solo attraverso politiche tempestive e fra loro coordinate è possibile coniugare efficacemente ambiente, lavoro e salute, e dunque restare competitivi in Europa e nel resto del mondo. In questo senso, la disciplina sull'ammissione dell'amministrazione straordinaria di impianti industriali di interesse strategico-nazionale, la tutela dell'indotto e dei crediti delle piccole e medie imprese relativi a prestazioni necessarie al risanamento ambientale, alla sicurezza ed alla continuità dell'attività, la possibilità, a determinate condizioni, di poter affittare stabilimenti di questo tipo e la loro ammissibilità alle procedure di riconversione.
Poi, le altre disposizioni in tema di ricerca sanitaria nella provincia di Taranto o in tema di agevolazioni di natura fiscale e finanziaria nei confronti di alcune imprese che vantano crediti nei confronti dell'Ilva o di imprese di interesse strategico-nazionale. Tutte queste misure sono indispensabili in un Paese che desidera voltare pagina, in un Paese che deve trovare il giusto equilibrio tra politiche ambientali e politiche industriali. Al di là della responsabilità a livello nazionale e locale circa i fatti dell'Ilva, quello che più deve interessarci è il recupero ambientale, sociale ed economico di un territorio e di un pezzo del nostro Paese. Segnalo, peraltro, all'attenzione degli onorevoli colleghi il fatto che, alla luce anche dei ristretti tempi per la conversione dei decreti-legge e della severa disciplina sull'ammissibilità degli emendamenti alla legge di conversione, nel disegno di legge in esame non hanno trovato spazio molti emendamenti che sicuramente avrebbero meritato di essere discussi. In particolare, segnalo la necessità di misure ancora più stringenti sotto il profilo della compatibilità ambientale e della possibile riconversione dello stabilimento Ilva. Ad ogni modo, il comune denominatore che lega tutte le norme contenute nel decreto-legge n. 1 è l'ammirevole sforzo di trovare un nobile compromesso tra tutte le istanze e le necessità connesse alla vicenda dell'Ilva e di mantenere attiva, attraverso tale equilibrio, la produzione dello stabilimento. D'altronde, la formazione del nostro Paese, nel contesto europeo o globale, dipende anche dalla nostra capacità di elaborare tempestivamente risposte adeguate a problematiche industriali complesse come quella prodotta dagli stabilimenti dell'Ilva. In conclusione, invito dunque gli onorevoli colleghi, ad adottare questa prospettiva nell'esame di un provvedimento del Governo, il quale costituisce una risposta ben articolata al problema Ilva, alla quale dovranno seguire necessariamente ulteriori interventi (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) e Partito Democratico).
PAGINA: 0023 GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, ancora una volta siamo chiamati in questa Aula ad approvare la conversione di un decreto-legge nel giro di pochi giorni e senza la possibilità di modificarlo. Questo decreto-legge dovrebbe salvare la città di Taranto, il futuro delle sue famiglie, delle sue imprese, dei suoi @pagina=0024@bambini e dei suoi lavoratori e invece rischia di trasformarsi in una nuova occasione perduta. Le tristi e drammatiche vicende del caso Ilva impongono soluzioni serie, credibili, concrete e durature, ma negoziati e accordi non sono, ancora una volta, all'altezza della situazione.
Abbiamo chiesto, sia alla Camera, tramite un'interrogazione a risposta immediata, che al Senato, durante l'esame del provvedimento stesso, che il Governo affrontasse le criticità dell'indotto dell'Ilva, dovute ai mancati pagamenti da parte della medesima azienda, con particolare riferimento alle imprese di autotrasporto che avevano eseguito servizi per le imprese. Grazie anche al nostro impegno è stata affrontata la questione del pagamento dei debiti pregressi delle imprese, dell'indotto e degli autotrasportatori, che ad oggi ammontano ad oltre 250 milioni di euro. Le risorse stanziate dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese sono state purtroppo molto inferiori alle aspettative e l'importo di 35 milioni di euro servirà solo in minima parte a salvare le 250 imprese che rischiano di fallire, senza la possibilità di rialzarsi, semplicemente perché si sono fidate dello Stato durante la gestione commissariale. D'altra parte, fidarsi dello Stato voleva dire tenere presente che l'Ilva, fino a due anni fa, era una realtà industriale imponente nello scenario economico europeo, con 6 miliardi di fatturato. Nel 2013, in pochi anni, c’è stato lo scivolamento verso il basso. Il commissario straordinario Bondi prevedeva ricavi quasi dimezzati e adesso il commissario Gnudi presenta al tribunale di Milano l'istanza per l'ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria.
Stiamo parlando di realtà economiche, quelle dell'indotto, che danno lavoro a circa 3.500 dipendenti, che meritano una risposta concreta attraverso strumenti normativi credibili, in cui anche lo Stato riacquisti dignità di interlocutore credibile da parte del cittadino. Le norme introdotte al Senato prevedono la sospensione dei pagamenti fiscali e una moratoria sui prestiti di queste imprese, ma questa misura non è assolutamente sufficiente per essere considerata accettabile da parte delle aziende. Forse sarebbe ora di cominciare a collegare l'assolvimento dei doveri, ovvero il pagamento delle tasse, al riconoscimento dei diritti, ovvero il pagamento dei debiti che lo Stato ha nei riguardi dei lavoratori e delle aziende. I dipendenti di queste aziende finiscono in cassa integrazione o vengono licenziati. Si tratta, dunque, di ulteriori oneri che il contribuente deve pagare e, purtroppo, non sono degli oneri produttivi. Sono oneri che servono per mantenere in vita persone che lavoravano in aziende sane, che sarebbero tuttora sane, se lo Stato pagasse i suoi debiti.
Vale la pena soffermarsi anche su una tra le norme più incredibili di questo provvedimento. Il secondo periodo del comma 6 dell'articolo 2 del decreto-legge al nostro esame recita: «Le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati». Il Senato ha approvato il testo nonostante questa gravissima norma.
La I Commissione Affari costituzionali della Camera, ancora ieri, nell'esprimere il parere, ha sollevato seri dubbi di costituzionalità sull'esenzione da responsabilità penale ed amministrativa del commissario Ilva e dei suoi delegati. In particolare chiede se, consentendo allo stesso commissario e ai suoi collaboratori piena libertà di azione al riparo da ogni sanzione, non si stia violando il principio di uguaglianza fra tutti i cittadini, il diritto di difesa, il principio di legalità in materia penale, la personalità della responsabilità penale stessa.
In questo passaggio si prevede che i commissari Ilva abbiano l'impunibilità e addirittura la possano delegare a chi pare loro, in quanto funzionalmente delegati. In pratica si sostiene che per fare la migliore politica di tutela dell'ambiente, di tutela della salute e quant'altro può essere necessario violare la legge.@pagina=0025@
Mi vorrei soffermare, inoltre, sulla necessità che il Governo si faccia carico di vigilare sull'effettiva disponibilità dei fondi per la bonifica. Nel decreto-legge è previsto anche l'utilizzo di parte delle risorse della famiglia Riva, oggi poste sotto sequestro, attraverso l'accensione di un prestito obbligazionario, rimandando, nei fatti, la copertura a dinamiche extra parlamentari, rinviando la definizione del quantum e soprattutto dei tempi di attuazione ad una delibera del CIPE e lasciando tutto alla discrezionalità della burocrazia.
Quello della certezza delle risorse è un aspetto fondamentale per non trasformare il provvedimento in una beffa per le famiglie e per i lavoratori, già stremati da un'attesa che non può più conoscere deroghe. Taranto ha pagato un prezzo altissimo. Non si tratta di un tema di carattere meramente territoriale: è un problema che riguarda l'intero Paese, anzi, per i profili di natura economica e considerando l'attività del sito siderurgico di Taranto, acquista anche una dimensione sovranazionale.
Lavoro e salute sono facce della stessa medaglia. È stata assolutamente marginale l'attenzione dedicata dal Governo all'aspetto della salute pubblica rispetto alla necessità di estendere ad un più ampio ambito territoriale la possibilità di usufruire dell'offerta di esami per la prevenzione.
L'altro aspetto riguarda l'ARPA, a cui sono stati dati maggiori competenze e maggiori oneri organizzativi, gestionali e funzioni senza prevedere uno sblocco o una deroga, almeno del 60 per cento, all'organico dell'azienda stessa. Dobbiamo accontentarci dell'impegno, che il Governo ha preso in Commissione qui alla Camera, di trovare nel prossimo provvedimento utile – che potrebbe essere il collegato ambiente in discussione al Senato – la copertura per il potenziamento dell'organico ARPA della Puglia.
Infine, l'Ilva è sottoposta alla gestione statale dal 2013, prima attraverso il commissariamento per ragioni ambientali e adesso attraverso l'amministrazione straordinaria con la nomina di ben tre commissari straordinari. In questo decreto-legge non c’è alcun riferimento al lungo periodo, non si intravede un orizzonte temporale che vada al di là di qualche mese e vi sono poche risorse disponibili per predisporre un piano concreto di strategia industriale e un serio progetto di risanamento ambientale.
Forza Italia, durante l'iter di esame parlamentare del provvedimento, ha cercato di apportare modifiche sostanziali al decreto-legge, che lo avrebbero reso sicuramente migliore e più attento alle esigenze primarie dei cittadini e che avrebbero permesso un'azione strategica ed incisiva per uno dei poli più importanti d'Europa. Ancora una volta il Governo ha preferito la via della chiusura del dialogo e di scelte schizofreniche, che guardano, da una parte, all'immediata convenienza elettorale e, dall'altra, si preoccupano solo di indicare soluzioni provvisorie di breve periodo.
Questo decreto-legge non è che l'ultima misura estemporanea e ci sarà certamente bisogno di adottare ulteriori decreti-legge per gestire la situazione dell'Ilva. Proprio in considerazione della newco, non possiamo che rilevare che è mancato il coraggio di renderla una vera società di mercato, non avendo previsto sin da ora l'intervento dei privati. Si è scelta, al contrario, una sorta di ristatalizzazione dell'azienda dell'acciaio, decidendo di non prevedere neanche il passaggio successivo, che non può essere altro che una reale apertura al libero mercato.
Il passaggio all'amministrazione straordinaria deve essere, quindi, di estrema garanzia per tutti coloro che hanno un interesse nella gestione precedente dell'azienda. Va tenuto conto del grande problema ambientale che va sottratto alla gestione della magistratura e riportato in una gestione aziendale che punti al risanamento duraturo delle aree inquinate.
È il caso di tenere bene a mente cosa sia l'Ilva di Taranto: non una semplice impresa, ma l'impresa siderurgica che gestisce il più importante polo produttivo d'Europa, rappresentando una componente fondamentale di tutta la siderurgia @pagina=0026@del nostro Paese. Se si ferma l'Ilva di Taranto, dicono gli operatori del settore, le ripercussioni risulteranno drammatiche, a partire dagli stabilimenti collegati di Genova e Novi Ligure, destinati anch'essi al blocco delle attività. Il polo di Taranto ha una capacità produttiva di circa 10 milioni di tonnellate annue, pari a oltre il 40 per cento della produzione nazionale di acciaio. I costi di sostituzione sulla bilancia commerciale e gli extra costi di approvvigionamento sono stimabili tra i 4,5 e i 7 miliardi di euro per anno (circa mezzo punto di PIL). I costi per la collettività (cassa integrazione, imposte e oneri sociali) saranno pari a quasi un miliardo di euro l'anno.
Ad oggi l'Ilva occupa circa 16 mila persone direttamente, più altre migliaia di dipendenti se si tiene conto dell'indotto locale e nazionale. Il Governo vive in un mondo virtuale, ma noi gli ricordiamo, attraverso i numeri, attraverso questi numeri, la drammatica realtà. PAGINA: 0026 VINCENZO PISO. Grazie Presidente. Colleghi, ci troviamo di fronte al settimo decreto-legge emanato da quando gli impianti dell'Ilva di Taranto sono stati sequestrati dalla magistratura nell'agosto 2012. Una vicenda che ha visto contrapporsi in maniera drammatica i temi del lavoro, dell'ambiente, della salute. E questo è un provvedimento importante, perché con l'amministrazione straordinaria dell'impianto, con le importanti risorse economiche che vengono liberate, con la creazione di un tavolo interistituzionale presieduto dal Presidente del Consiglio, destinato al coordinamento complessivo degli interventi ambientali, con le numerose previsioni in materia di bonifica dei siti e di riqualificazione della città di Taranto si avvia finalmente un percorso di rilancio produttivo, occupazionale e di riqualificazione ambientale.
Tuttavia, nonostante quanto detto in premessa, non possiamo considerare questo decreto-legge definitivo, essenzialmente per due ordini di motivi. Il primo consiste nel fatto che l'Ilva, che inizialmente doveva essere ceduta prima a gruppi siderurgici italiani poi a gruppi stranieri in cambio della garanzia del rilancio produttivo, viene oggi sostenuta con un massiccio intervento dello Stato. Il secondo, di fondamentale importanza per i cittadini di Taranto, è la limitatezza di risorse per gli interventi di screening sanitario e di cura, necessari dopo anni di inquinamento incontrollato.
Giova ricordare che l'impatto sulla salute dei cittadini nell'area di Taranto e il rischio sanitario crescente sono stati determinanti nei sequestri ordinati dalla magistratura. Va detto chiaro che Area Popolare intende lavorare per incrementare quegli stanziamenti, ma va ricordato che essi si aggiungono a quelli già previsti nei precedenti decreti. Ulteriori risorse si trovano sotto forma di interventi di diretta competenza nel bilancio del Ministero della salute. Occorrerà, quindi, coordinare e ottimizzarne l'uso.
Tornando all'aspetto più rilevante dal punto di vista economico e occupazionale, occorrerà respingere l'accusa, da più parti sollevata, che l'intervento dello Stato sia dettato da un ritorno a un intervento dello stesso nell'economia, alle illusioni centralistiche e statalistiche del passato. Si tratta, invece, della necessità concreta di rispondere alla domanda su che cosa si può fare oggi di reale, di realizzabile per tenere in vita l'Ilva. L'alternativa, infatti, in assenza in questo momento di un'offerta privata di acquisto, sarebbe stata quella di chiudere l'Ilva e avviare la bonifica del sito industriale di Taranto a spese dei contribuenti, invece di finanziare anche il risanamento ambientale con i soldi che un impianto ammodernato e progressivamente a ridotto impatto ambientale andrà a generare. Insomma, la strategia del possibile rispetto alle chiacchiere fritte.
L'Ilva è il più grande polo siderurgico, non solo italiano, ma anche europeo, con una capacità produttiva di 8 milioni di tonnellate annue di acciaio. Ma i dati del fatturato dimostrano il collasso subito dall'azienda negli ultimi tre anni. C’è in gioco @pagina=0027@il posto di lavoro di circa 15 mila dipendenti e il ruolo di fornitori al settore dell'indotto che ruota intorno all'azienda e che conta almeno altri 8 mila addetti. Intorno alla realtà dell'industria dell'Ilva gravitano circa 4 mila imprese, di cui circa 2 mila sono concentrate nelle sole Lombardia e Piemonte. Numerose altre sono in Veneto e anche in Liguria. Ai fornitori di Ilva va ricondotto oggi un volume d'affari di oltre 2,5 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi di euro riguardano le piccole e medie imprese, che sono da sempre quelle meno tutelate e che questo decreto-legge invece tutela con norme espresse.
Al Senato Area Popolare si è posta l'esigenza di ampliare l'ambito di operatività del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese previsto dal decreto-legge per allargare la platea delle piccole e medie imprese creditrici che potevano beneficiare dei ristori previsti, suggerendo di intervenire anche sui requisiti di accesso al fondo e sulle percentuali di copertura. In questo senso, è stato significativo l'accordo siglato pochi giorni fa dal Ministro Lupi con gli autotrasportatori dell'indotto. Prevedere la chiusura dell'Ilva di Taranto avrebbe, quindi, un effetto catastrofico. A Taranto lavorano i forni a caldo; fermarli porterebbe a cascata alla chiusura di tutti gli altri stabilimenti dell'Ilva sul territorio nazionale, con gravi ripercussioni per la nostra industria, per l'indotto e per l'occupazione in generale. Si tratta di una situazione che creerebbe un'emergenza sociale e che aggraverebbe a dismisura la crisi economica che sta attraversando il Paese.
L'intervento dello Stato si è reso quindi necessario per la mancanza di un valido acquirente privato, come poc'anzi detto. Il gruppo che aveva mostrato il suo interesse nel 2014 non ha presentato alcuna offerta. E parliamo di un gruppo che veniva definito come il più forte e che negli ultimi tre anni, 2014 compreso, ha perso 7 miliardi di dollari. Questo per capire cosa accade nella siderurgia a livello mondiale. Viceversa, si sta avviando un intervento forte dello Stato che indichi una nuova direzione. Ed è con questa consapevolezza che si è creata una cabina di regia a Palazzo Chigi, che coordini tutti gli interventi e gli attori istituzionali coinvolti, per far sì che questo decreto-legge sia organico e soprattutto efficace.
Con l'amministrazione straordinaria parte una nuova stagione. Più esattamente, la previsione di entrare in amministrazione straordinaria e le disposizioni di questo decreto-legge hanno creato le condizioni per fare affluire all'Ilva circa 2 miliardi di euro di liquidità. Si rendono fruibili le risorse sequestrate ai Riva dalla procura di Milano che ammontano a circa 1,2 miliardi euro. Il nostro auspicio è chiaramente che la magistratura possa recuperare anche gli altri 700 milioni di euro sotto sequestro, ma attualmente contesi. Si tratta di risorse fondamentali per garantire l'indispensabile opera di risanamento ambientale. Su queste somme, già sequestrate dall'autorità giudiziaria, il commissario straordinario potrà emettere obbligazioni. Le obbligazioni saranno intestate al Fondo unico giustizia e gestite da Equitalia Giustizia Spa. Il riavvio del processo industriale è reso possibile anche grazie allo sblocco dei 156 milioni di euro dei fondi di Fintecna, al comma 3 dell'articolo 5, e dalla concessione di linee di credito ordinarie per circa 260 milioni di euro, che le banche hanno reso disponibili anche e soprattutto grazie all'intervento decisivo del Governo. Il comma 1-ter dell'articolo 5 autorizza il commissario Ilva a contrarre finanziamenti per 400 milioni di euro, assistiti dalla garanzia dello Stato, destinati a risanamento ambientale, ricerca, occupazione. Con queste risorse si mette l'Ilva nelle condizioni di ripartire e con il tempo, non necessariamente lungo, i debiti potranno essere anche convertiti in azioni da mettere sul mercato.
Alcune ultime considerazioni. Il decreto-legge costituisce una significativa, anche se non definitiva, risposta al parere negativo emesso dalla Commissione dell'Unione europea lo scorso 16 ottobre 2014 nei confronti dell'Italia, nell'ambito della procedura di infrazione n. 2177/2013, avviata il 26 settembre 2013. Pur riconoscendo i progressi ottenuti, la Commissione ha contestato @pagina=0028@allo stabilimento Ilva di Taranto la violazione della direttiva n. 2008/1/CE (cosiddetta direttiva IPPC) sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento e la violazione della direttiva n. 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali.
Mancano misure che garantiscano in maniera definitiva che le installazioni industriali siano gestite in modo che non si verifichino fenomeni di inquinamento significativi e che assicurino la protezione del suolo e delle acque sotterranee. In risposta a queste problematiche il decreto-legge all'articolo 4-bis autorizza l'uso del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie per anticipare gli oneri derivanti dalle sentenze di condanna a sanzioni pecuniarie inflitte dalla Corte di giustizia europea, con successiva rivalsa sulle amministrazioni responsabili delle violazioni, anche tramite compensazione con i finanziamenti loro assegnati per interventi comunitari; con gli articoli da 5 a 8, oltre a istituire il tavolo istituzionale permanente per l'area di Taranto, si introducono interventi organici di bonifica e riqualificazione dell'area tarantina e si avvia il piano nazionale per la riqualificazione urbana della città.
Area Popolare avrà modo di evidenziare nei prossimi interventi la qualità, la vastità e la quantità degli interventi ambientali e di recupero della qualità della vita a Taranto che il decreto-legge contiene.
Concludendo, esprimiamo il giudizio favorevole nostro e del partito che rappresento, Area Popolare, sul decreto-legge in esame, in particolar modo anche in considerazione del punto da dove si era partiti rispetto ad una vicenda che riguarda una delle nostre aziende di interesse strategico, sia con riferimento agli interventi di natura industriale, sia per quelli relativi alle bonifiche ambientali dell'area dell'Ilva e della qualità della vita dei cittadini di Taranto, che speriamo possa quanto prima migliorare. PAGINA: 0028 COSIMO PETRAROLI. Grazie Presidente. Come hanno già anticipato altri colleghi, ancora una volta ci ritroviamo a discutere della questione Ilva di Taranto. Una vicenda che ha causato oltre 350 morti accertati, una vicenda che ha devastato un intero territorio. Questa vicenda oggi la stiamo discutendo attraverso la trentacinquesima fiducia. Questo cosa significa ? Significa di fatto non dare la possibilità a dei parlamentari della Repubblica di entrare nel merito del provvedimento e magari di migliorarlo. Dopo sette decreti-legge, praticamente nulla è stato fatto, ripeto, nulla è stato fatto riguardo alle bonifiche e riguardo alla sicurezza e non lo dico io: lo dicono gli stessi operai che ci lavorano, che lavorano anche all'interno dell'indotto.
Sono stato eletto in Lombardia ma di fatto sono originario della provincia di Taranto e tutti gli abitanti dell'arco jonico hanno come minimo un parente o un amico che lavora all'interno di quello stabilimento. Questo significa che gli operai ci raccontano cosa realmente accade e devo dire che sinora, dopo sette decreti, oltre all'obbligo di indossare una semplice mascherina antipolvere oppure oltre a qualche cartello qua e là, nulla di concreto è stato fisicamente fatto sia per la sicurezza degli stessi operai ma anche e soprattutto per l'ambiente circostante e quindi stiamo nuovamente assistendo ad un enorme inganno e ad una presa in giro, alla settima presa in giro, perché l'Ilva di Taranto non sta morendo, come alcuni miei colleghi hanno più volte ribadito; l'Ilva di Taranto è già morta ormai da dieci anni. Come si fa a tenere in piedi un'azienda i cui proprietari e dirigenti, insieme ai vertici degli enti territoriali, sono tutti sotto processo per associazione a delinquere e disastro ambientale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Un'azienda che, oltre a provocare il cancro, perde 30 milioni di euro al mese, produce un acciaio pressoché scadente, ha 3 miliardi di debiti e occorrono altri 3 miliardi per renderla «ambientalmente» compatibile. Che futuro può avere una società di questo tipo ? Riprendo le @pagina=0029@parole di una mia collega dette al Senato, perché qui è come se si stesse dicendo ad uno stupratore: guarda, mantieni pure la tua vittima ferma e continua a fare quello che vuoi, continua a violentare, tanto nessuno potrà far nulla fino a sentenza definitiva o magari fino al quindicesimo decreto.
Questo è quello che voi state facendo alla città di Taranto.
In questo decreto si parla di bonifiche, ma di bonifiche, di fatto, si era già parlato anche tre anni fa, per le quali, mi sembra, furono stanziati 110 milioni di euro. Cosa è successo ? Giovedì 12 febbraio di quest'anno, il sindaco di Taranto, imputato anche lui nel processo «Ambiente svenduto» insieme ai Riva e ai loro presunti complici, ha offerto alla città una grandissima dimostrazione di inerzia, una qualità che farebbe invidia anche al più bravo dei top manager, perché con il commissario per le bonifiche, Vera Corbelli, ha firmato un protocollo d'intesa che darà il via finalmente alle bonifiche. Peccato che di quei 110 milioni di euro previsti ne useranno soltanto due; due su 110 per rifare le aiuole del quartiere Tamburi di Taranto. Cioè, solo il fatto che un sindaco abbia bisogno di soldi stanziati in un precedente decreto per rifare le aiuole della sua città la dice lunga proprio sulle capacità amministrative di un sindaco, oltre al fatto che quelle aiuole rappresentano lo 0,1 per cento di tutto il territorio che dovrebbe essere bonificato intorno allo stabilimento. Sono ormai anni che Taranto continua ad avere questo tipo di interventi mediatici a spot: una continua, perenne e costante presa per il culo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! PAGINA: 0029 PRESIDENTE. Onorevole Petraroli, la richiamo ad un linguaggio consono ed è il primo richiamo all'ordine. PAGINA: 0031 VINCENZA LABRIOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui oggi a discutere il settimo decreto riguardante l'emergenza ambientale, sanitaria, occupazionale e il rilancio della città di Taranto. I punti fondamentali del decreto sono sette: applicazione della procedura dell'amministrazione straordinaria alle imprese di interesse strategico nazionale, disciplina applicabile alla società Ilva Spa, la tutela dell'indotto, disposizioni finanziarie... PAGINA: 0033 SAMUELE SEGONI. Grazie, Presidente. Sette, sette decreti «salva Ilva», sette come i sette re di Roma, i sette nani o, più propriamente, i sette vizi capitali. Sono sette anche i decreti «salva Ilva» adottati dai Governi succedutesi negli ultimi anni. Quello in discussione adesso alla Camera è solo l'ultimo in ordine temporale.
Questo settimo decreto mette le pezze a quanto lasciato irrisolto dal decreto precedente che modificava, a sua volta, il decreto precedente ancora, su un aspetto già modificato dal precedente decreto, e via e via fino a risalire a ritroso questa catena, decreto dopo decreto, vizio dopo vizio, fino al peccato originale: le disperate condizioni sanitarie, ambientali e lavorative di una terra violentata e depredata come quella di Taranto. Come gli altri decreti, anche questo non riesce a sanare questo peccato originale.
Ricordiamo che la Costituzione italiana, all'articolo 32, comma 1, sancisce che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse @pagina=0034@della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti» e all'articolo 41 dispone che «L'iniziativa economica privata (...) non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».
Pertanto, il Governo ha l'obbligo di programmare norme chiare, che in prima istanza devono garantire un'efficace bonifica ambientale, in particolar modo delle falde acquifere e delle terre sottostanti e limitrofe allo stabilimento, invece di introdurre, come si fa in questo decreto, vergognose scappatoie, come quella apportata dal comma 5 dell'articolo 2, che aggira le prescrizioni più stringenti e urgenti dell'autorizzazione integrata ambientale. Secondo il testo, infatti, il piano si intende attuato se entro il 31 luglio 2015 sia stato realizzato, almeno nella misura dell'80 per cento, il numero di prescrizioni in scadenza a quella data. Il comma 5, cioè, introduce un criterio quantitativo e non qualitativo dell'attività da attuare.
Pertanto, nessuno garantirà che nell'80 per cento delle misure attuate vi saranno quelle che maggiormente incidono sull'abbattimento delle cause della malattie e delle morti a Taranto. Ad esempio, ci sarà la copertura dei parchi minerari ? Non è dato di saperlo ! Verranno effettuate solo le meno onerose, probabilmente, o le più significative ? Probabilmente la prima ipotesi, visto come viene gestita «l'emergenza Taranto» dai Governi che si sono succeduti ultimamente.
Ribadiamo che nel precedente decreto non ci sono risposte concrete per l'emergenza ambientale e sanitaria, sebbene tre anni fa furono stanziati 110 milioni per le bonifiche fuori dal perimetro aziendale. Ma alla luce dei fatti poco o nulla è stato fatto e, anche se lo scorso dicembre il Presidente Renzi aveva promesso 30 milioni per la creazione di un polo oncologico pediatrico, concretamente i soldi in campo sono stati soltanto 5 milioni.
Inoltre, non ci sono indicazioni in merito alla newco pubblica che dovrebbe prendere in affitto gli impianti e riportarli a redditività entro dieci anni. Ricordiamo che ad oggi l'azienda perde 30 milioni al mese ed ha 3 miliardi di debiti.
Infine, appare incomprensibile la necessità di introdurre per i commissari straordinari anche una straordinaria immunità penale ed amministrativa per azioni commessa con colpa o con dolo durante l'esercizio del mandato. Una misura scandalosa !
Vi ricordo che in merito alla drammatica questione dell'Ilva di Taranto giace una risoluzione in Commissione ambiente a mia prima firma, firmata anche dai colleghi del MoVimento 5 Stelle e di Alternativa Libera.
Approfitto di questa discussione per chiedere al Governo e a tutti i miei colleghi parlamentari di operare affinché si riesca ad avere una visione programmatica che possa garantire il ripristino della sicurezza sanitaria ed ambientale nell'area di Taranto e, a tal fine, che tutte le risorse dissequestrate vengano messe a disposizione per stanziare: le opere di messa in sicurezza dell'emergenza, per salvaguardare le falde acquifere sottostanti lo stabilimento Ilva; la caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica ambientale dei terreni, dei sedimenti e delle falde contaminate nei comuni di Taranto e di Statte, valutando con accurati studi, resi pubblici, anche le opzioni zero, ovvero metodi anche alternativi al dragaggio dei sedimenti per il mar Piccolo; la creazione di un fondo presso il Ministero della salute che la regione Puglia possa utilizzare per l'esenzione dal ticket sanitario per i cittadini di Taranto e Statte per almeno cinque anni; la formazione e riqualificazione professionale dei dipendenti Ilva, al fine di una ricollocazione in attività alternative, ambientalmente sostenibili e socialmente responsabili, i cosiddetti green jobs; misure di sostegno al reddito che tutelino i lavoratori che non dovessero rientrare tra gli occupati nelle opere di dismissione, di riconversione e di bonifica dello stabilimento Ilva, in quelle di bonifica dei territori @pagina=0035@circostanti o per i dipendenti che non dovessero trovare impiego nei green jobs.
Bene, concludendo, in apertura ho paragonato i sette decreti Ilva ai sette vizi capitali. Secondo Alternativa Libera, queste sono le ricette necessarie a sanare il peccato originale che sta a monte ed evitare ulteriori vizi, pardon, decreti. PAGINA: 0035 PAOLO GRIMOLDI. Grazie Presidente, io faccio mio, per non essere ripetitivo, l'intervento dell'onorevole Caparini, che è intervenuto prima di me, e come tutti gli altri sottolineo che siamo al settimo decreto, quindi evidentemente i decreti precedenti a questo hanno avuto delle lacune e, quindi, il Governo deve assumersi anche la responsabilità che, quando si arriva al settimo decreto, evidentemente quelli precedenti non sono stati fatti nel modo corretto per risolvere in modo, quanto meno, definitivo il problema. Vede, si può sbagliare una volta, si può sbagliare due volte, si può sbagliare tre volte, ma se si arriva alla settima volta evidentemente qualcuno un certo mea culpa dovrebbe pur farlo.
Comunque, venendo al merito del provvedimento, noi vogliamo sottolineare che, nel corso degli ultimi decenni, si è registrata una profonda modifica strutturale nel settore siderurgico, legata soprattutto alla globalizzazione della produzione, che ha generato una crisi che ha colpito soprattutto le grandi imprese. Non a caso, il Parlamento è stato impegnato ultimamente nella risoluzione di problemi critici connessi alle nostre più grandi imprese del settore, cioè, oltre all'Ilva, anche la Lucchini, con gli impianti di Piombino e Trieste, e l'AST di Terni, tutte imprese strategiche per l'economia del Paese, la cui crisi sta creando gravi ripercussioni occupazionali. Si tratta di realtà che si assomigliano sotto diversi aspetti e che hanno una matrice comune, quella della crisi economica e finanziaria, che comunque sono riconducibili ad una carenza di politica industriale nel Paese, oltre che ad una mancanza di visione di insieme del settore siderurgico nazionale.
L'industria siderurgica italiana non ha storicamente fruito, al pari di altre realtà internazionali, di una volontà politica indirizzata a difenderne e tutelarne l'eccellenza, e ciò ha favorito la penetrazione nel settore di colossi internazionali, la cui missione sta nella tutela dell'eccellenza siderurgica e nell'interesse al mantenimento della produzione italiana.
Su questo punto io inviterei anche a riflettere su quello che ha fatto la Gran Bretagna, Paese membro dell'Unione europea che ha avuto dei problemi analoghi ai nostri. Mi riferisco al caso dell'Alcoa e, quindi, alla produzione dell'alluminio. La Gran Bretagna evidentemente se ne è un po’ fregata delle regolette europee ed è intervenuta per garantirsi la produzione dell'alluminio e, quindi, inevitabilmente la tutela dei propri posti di lavoro. Noi questo non lo facciamo, noi questo non l'abbiamo fatto. A volte basterebbe copiare dagli altri Paesi europei che, ogni tanto, come dire, strappano un po’ rispetto alle regole e alle direttive dell'Unione europea, strappano anteponendo alle regolette europee l'interesse nazionale, la tutela dei posti di lavoro e la tutela della propria produzione.
Non è che si può accusare la Gran Bretagna di essere un Paese estraneo all'Unione europea; semplicemente, hanno più forza politica o più coraggio politico o più determinazione per mettere prima i loro interessi di quelli che qualche scribacchino o qualche tecnocrate pensa a Bruxelles e poi pretende di imporre.
Essi si fanno rispettare, tutelando la propria economia; noi non lo facciamo. Su queste tematiche invito a riflettere, perché, quando la Lega pone il problema dell'Unione europea, dell'euro, si riferisce anche a queste questioni quotidiane di carattere occupazionale e di produzione nazionale, dove, ogni tanto, battere un colpo in più a livello europeo potrebbe servire, soprattutto quando poi siamo @pagina=0036@messi davanti ai drammi che la mancanza di occupazione sta generando nel nostro Paese.
Nell'ultimo decennio – tornando alla questione Ilva – la produzione di acciaio in Europa ha registrato un fortissimo calo, a fronte della crescita della quantità di acciaio prodotto in altri Paesi, come, in primis, la Cina, generando preoccupazione sul futuro della siderurgia europea ed italiana, quest'ultima da tempo minacciata da fenomeni di deindustrializzazione.
Nel 2013 il calo è stato di meno 11,7 per cento rispetto all'anno precedente, con un dato inferiore del 27 per cento rispetto alle 33 milioni di tonnellate raggiunte nel 2007. Il calo della produzione, tra l'altro, dipende senz'altro dalla riduzione della domanda interna, in particolare dei settori manifatturiero e delle costruzioni.
Sul secondo punto, quello delle costruzioni, anche qui, il fatto che abbiamo tassato, avete tassato, in modo esagerato le case, dovrebbe far riflettere il Governo, perché il fatto che sia i capannoni che le case siano tassati ha portato a un crollo della situazione del mercato immobiliare, e quindi, inevitabilmente, con ripercussioni anche sul settore di cui stiamo parlando, cioè quello dell'acciaio.
Tale situazione sta mettendo a dura prova tutte le imprese dell'indotto, che rischiano il fallimento per la mancanza di ordini e, soprattutto, di liquidità. Al Senato è stata inserita la possibilità dell'accesso al credito con garanzia dello Stato per le piccole e medie imprese fornitrici di aziende con stabilimenti dichiarati strategici o crediti di tali società.
Ma la questione è anche diversa. Il problema delle imprese fornitrici dell'Ilva non è quello di rendere agevolato un ulteriore indebitamento con le banche, ma, invece, quello di poter recuperare i crediti vantati nei confronti della società ad amministrazione straordinaria, l'amministrazione precedente alla costituzione della newco. A quanto pare, le risorse non sono tutte immediatamente disponibili e, soprattutto, idonee.
Allora, ci si pone un quesito: è più importante adempiere alle prescrizioni per il risanamento ambientale dell'Ilva oppure portare avanti interventi che servono a permettere la continuazione delle attività di impresa e il saldo dei crediti dei fornitori, dei trasportatori ? Si tratta di un equilibrio delicato: prima di tutto, occorre salvaguardare la salute dei cittadini, ma, dall'altra parte, occorre anche garantire l'attività di impresa e la sopravvivenza dell'indotto.
Voi, cioè, non potete, con questo decreto, mettere in concorrenza, o meglio in contrapposizione, da un lato, la salute dei cittadini, dall'altro, il problema di tantissime piccole imprese che sono creditrici nei confronti dell'Ilva e che oggi non vengono pagate, quindi creando un problema, a sua volta, di indotto sull'occupazione.
In una situazione già drammatica di crisi economica, vi sono tante aziende fornitrici che hanno dei problemi di liquidità, e, con questo decreto, voi non chiarite questa situazione, ma, anzi, create una contrapposizione assolutamente antipatica tra l'evadere i crediti delle piccole e medie imprese, dei trasportatori, creditori nei confronti dell'Ilva, e l'intervenire per sistemare la questione ambientale, e quindi il problema della salute dei cittadini.
Infatti, il nostro gruppo si è battuto, sia al Senato che in Commissione, per la tutela delle imprese e il riconoscimento dei crediti da queste maturati per servizi e forniture resi all'Ilva. Le modifiche apportate al Senato peccano, in realtà, di mancanza di chiarezza. Non si comprende se nella definizione delle prestazioni necessarie per la continuità dell'attività degli impianti produttivi essenziali si debbano intendere compresi anche i servizi e le forniture di tutto l'indotto o se tra questi risultino compresi i crediti delle imprese di trasporto su gomma.
Ci rammarichiamo che non sono stati tenuti in debito conto i nostri emendamenti che risolvevano tutti gli aspetti connessi ai creditori nel settore delle forniture e, sottolineo, dei trasporti.
Intorno alla realtà industriale dell'Ilva gravitano, infatti, circa 4 mila imprese, di cui circa 2 mila sono concentrate nella @pagina=0037@sola Lombardia e nel Piemonte. Ai fornitori di Ilva va ricondotto oggi un volume d'affari di oltre 2,5 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi di euro vede coinvolte le piccole e medie imprese, che sono poi l'ossatura economica del nostro Paese, quelle che veramente generano occupazione e che, quindi, in un decreto come questo, sarebbero dovute essere la priorità, visto che – non lo diciamo noi, lo dicono i dati dell'ISTAT – siamo al record storico di disoccupazione.
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PAGINA: 0004 Intervengono altresì nella discussione sulle linee generali i deputati LUIGI LACQUANITI (PD) (Vedi RS), LARA RICCIATTI (SEL) (Vedi RS), MAURO PILI (Misto) (Vedi RS), FILIBERTO ZARATTI (SEL) (Vedi RS), ALBERTO ZOLEZZI (M5S) (Vedi RS), ALFONSO BONAFEDE (M5S) (Vedi RS), ANDREA VALLASCAS (M5S) (Vedi RS), EMANUELE COZZOLINO (M5S) (Vedi RS), GIUSEPPE BRESCIA (M5S) (Vedi RS) e GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI (FI-PdL) (Vedi RS).
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PAGINA: 0039 LUIGI LACQUANITI. Grazie, signora Presidente. Signor Viceministro, onorevoli colleghe e colleghi, esiste una ragionevolezza, un'accortezza del buon Governo che può prescindere per una volta dalle divisioni ideologiche. Io credo che esista e, se esiste, l'Ilva di Taranto e la sua situazione critica sono un caso lampante, forse il maggiore con cui questa Camera, in questa legislatura, ha dovuto confrontarsi.
Torna l'Ilva in Parlamento e sta a testimonianza della complessità immane del problema che il legislatore si trova a dover risolvere e degli effetti gravissimi sul territorio, sulla salute delle persone che la vivono, sul loro lavoro: effetti che una gestione aziendale decennale dissennata ha prodotto.
Fin da quando quest'Aula, in questa legislatura, ha cominciato ad affrontare il problema Ilva due anni fa, chi parla ha sostenuto la necessità di un contemperamento del diritto alla salute e del mantenimento dei posti di lavoro. L'ultimo errore in cui potremmo incorrere qui, oggi, tutti quanti, tutte le forze politiche è una contrapposizione fra il diritto alla salute e il diritto al lavoro, come già si verificò due anni fa da parte dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, come ci hanno ripetuto quest'oggi.
Taranto è la tragedia di un'intera nazione, dicevo in quest'Aula due anni fa: i parametri di salute dei cittadini compromessi, un comprensorio vastissimo avvelenato al punto da dover ricorrere all'abbattimento dei capi di bestiame, alla chiusura di allevamenti e di aziende agricole, all'interdizione delle coltivazioni.
E dopo la nomina di Bondi a commissario straordinario, davanti all'aggravarsi della crisi finanziaria del gruppo, con posti di lavoro e indotto sempre più a rischio, più volte avevo avuto modo di richiamare il Governo anche alla necessità di un intervento finanziario da parte dello Stato, senza il quale gli 11 mila posti di lavoro dell'azienda e dell'indotto non sarebbero stati salvati e la stessa bonifica ambientale non sarebbe stata avviata.
Ma se tutto questo è vero, allora non solo questo provvedimento, che oggi siamo chiamati a convertire in legge, ci deve apparire opportuno nella sua urgenza, direi provvidenziale, ma non si comprende nemmeno la posizione di quanti lo contestano, ancora una volta, mi pare, ciechi e sordi davanti a problemi immani. Urgente era il caso Ilva due anni fa, con il decreto-legge n. 61 del 2013, ancora più urgente è oggi; 300 milioni di euro è il buco finanziario nella gestione dell'Ilva, che alcuni hanno calcolato solo pochi mesi fa, e 11 mila i posti a rischio, ricomprendendo anche l'indotto.
Da tempo avremmo dovuto ammettere lo stabilimento alla procedura dell'amministrazione straordinaria e questo provvedimento @pagina=0040@lo fa. Da tempo avremmo dovuto permettere all'Ilva di utilizzare le somme sequestrate ai Riva e questo provvedimento lo fa. Da tempo avremmo dovuto lanciare un piano di sostegno all'indotto corposo dell'Ilva, indotto vitale per i tarantini almeno quanto l'Ilva. Questo provvedimento in effetti vara tutta una serie di benefit fiscali e vantaggi finanziari per aiutare l'indotto e le imprese creditrici. E non sono marchette, signora Presidente, come abbiamo appena ascoltato qui da parte del rappresentante della Lega.
Si tratta di provvedimenti che devono aiutare l'indotto, di provvedimenti che devono salvare dei posti di lavoro. Altro che marchette ! Mi riferisco alla sospensione dei termini per i versamenti dei tributi erariali, alla sospensione del pagamento dei mutui, allo stanziamento di 35 milioni di euro per il fondo di garanzia a valere sulla liquidità di piccole e medie imprese; 10 milioni di euro, poi, saranno impiegati per mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi del deposito di Statte. E il commissario straordinario dovrà predisporre un grande programma di bonifiche per assicurare la salute dei cittadini del comprensorio e il pieno recupero ambientale. Per questo, lo Stato garantirà in prima persona per l'ottenimento di prestiti ponte fino a un massimale di 400 milioni di euro. Eccezionale, dunque, è il programma di risanamento che abbiamo davanti ed eccezionale deve essere la responsabilità cui sono chiamate tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione.
Avrebbe potuto essere migliorato questo provvedimento ? Certamente sì, non esistono provvedimenti perfetti e anche questo provvedimento presenta, a mio avviso, delle lacune, ma il termine di scadenza ormai impellente del decreto-legge, cui il Governo è stato costretto dall'urgenza e dalla straordinarietà del caso Ilva – urgenza e straordinarietà che giustificano, dunque, l'emanazione del decreto-legge –, non ha permesso a questa Camera di apportare ulteriori significative integrazioni rispetto a un testo che è stato discusso e licenziato al Senato.
Il Governo, per bocca del Viceministro qui presente, si è detto disponibile ad accogliere ordini del giorno fattivi, di indirizzo e non meramente programmatici, e ad avviare un tavolo istituzionale che efficacemente sostituirà i tanti tavoli oggi esistenti e monitorerà costantemente la realizzazione degli impegni che il Governo oggi assume. Nessuna lacuna, invece, quanto al pieno rilancio del comprensorio che questo provvedimento ha a cuore. Il commissario straordinario dovrà presiedere alla riqualificazione di Taranto, della sua città vecchia, del complesso del vecchio arsenale, alle nuove infrastrutture del porto di Taranto, all'edificazione di centri culturali e ambulatori specialistici. Infatti, l'urgenza a cui siamo chiamati non è data solo dalla soluzione dei problemi immani che abbiamo innanzi e che la cattiva gestione dell'Ilva ha prodotto nel tempo, ma anche dalla creazione delle condizioni che permetteranno il rilancio economico di Taranto, il suo rilancio turistico, il benessere e la salute dei suoi cittadini, la creazione di nuovi posti di lavoro. È un aspetto che non è stato a mio avviso abbastanza approfondito. C’è il bene primario della salute dei cittadini, c’è la bonifica del territorio, ma, poi, ci deve essere pure il comprensorio economico, turistico e produttivo; c’è il lavoro che a singoli e famiglie dobbiamo garantire. In tal senso, ricordo poi anche l'accordo firmato ieri per il rinnovo dei contratti di solidarietà conclusi nel 2013 e nel 2014.
Signora Presidente, il buon governo si realizza sempre nella gestione dell'oggi e nella costruzione del domani. Ma gestire l'oggi e le sue urgenze impone anche una severa analisi dei problemi senza confondere fra risposta immediata alle emergenze e costruzione programmatica delle condizioni per l'avvenire. Come dicevo all'inizio, c’è una ragionevolezza che è condizione del buongoverno. Alle condizioni date, questo provvedimento è quanto di meglio si può fare oggi per Taranto e i tarantini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). PAGINA: 0041 LARA RICCIATTI. Signora Presidente, inizia oggi una discussione non di certo nuova e che di certo non ci colpisce positivamente. Passa il tempo, ma non cambiano né i metodi né i contenuti. Questo è un approccio che noi non condividiamo, né nel merito, né nel metodo. Stiamo, anzi state nuovamente utilizzando lo strumento della decretazione d'urgenza, appellandovi a normative straordinarie e speciali. Sono sette volte che approcciate la questione Ilva e ancora non avete capito che non è questo lo strumento più idoneo. E non lo è perché strozzate i dibattiti, mortificate il ruolo dei parlamentari, prima nelle Commissioni e poi in Aula. Mi permetto di ricordare che, fino a prova contraria, la vostra riforma costituzionale non è ancora stata definitivamente approvata; pertanto, non siamo ancora in uno stato di monocameralismo.
Sarebbe quindi opportuno che la smetteste di imbavagliare questa o l'altra Aula. Abbiamo assistito ad uno scenario al quale siamo tristemente abituati, a dire il vero, dove ci siamo ritrovati di fronte ad un muro di gomma. In Commissione abbiamo provato ad impiantare una discussione di merito sugli emendamenti, che di certo non sono stati ostruzionistici, e ci siamo sentiti rispondere, in maniera candida, come solo un bambino sa fare, che nel merito i nostri ragionamenti sarebbero anche condivisibili, ma che la Camera non può assolutamente apportare alcuna modifica al decreto-legge, perché pende sulla nostra testa, come una spada di Damocle, la data di scadenza, il 6 marzo. Ci sarebbero stati i tempi, eccome se ci sarebbero stati, bastava semplicemente volerlo, ma non lo avete voluto fare perché non avete voluto concedere cittadinanza politica in questo decreto-legge alle opposizioni: è questa la verità.
Questo walzer si sta ripetendo, come una danza lenta da ben due anni, in cui per sette volte avete paventato la soluzione più efficace per tutti i problemi che l'Ilva presenta. Possiamo dire con serenità che siete ancora molto lontani dalle soluzioni, e questo non lo sostiene Sinistra Ecologia Libertà ma l'Unione Europea, che punta il dito contro questo Governo e ci bacchetta a suon di aperture di procedure di infrazione. Eccolo, l'unico risultato prodotto dalle vostre politiche, care colleghe e cari colleghi della maggioranza: fallimentare su tutta la linea, perché – venendo al merito della questione – nonostante la nomina di due commissari straordinari, di due subcommissari addetti al piano ambientale, di tre esperti e di tre supercommissari straordinari, tra continui rinvii e prescrizioni dell'AIA, alla fine non abbiamo avuto un ettaro né di mare né di terra bonificato. Questo è quanto.
Lo abbiamo ribadito in tutte le sedi, dentro e fuori quest'aula: per noi vigono tre diritti imprescindibili, nessuno dei quali può essere subordinato all'altro: il diritto alla salute, il diritto al lavoro ed il diritto ad un'ecologia sostenibile. Non potete pensare di approcciare i problemi da una delle tre angolazioni: saremo in grado di dipanare la matassa e di costruire una soluzione condivisa solo fondendo questi tre diritti, facendo sì che entrambi godano di una piena attuazione e di un pieno riconoscimento. Solo così potremo dimostrare alla città di Taranto innanzitutto di aver compreso chiaramente quale è il focus del problema. E solo così potremo dimostrare che si può ancora avere fiducia nelle istituzioni. Mi permetto di ricordare che la famosa lotta all'astensionismo elettorale si combatte anche attraverso concrete azioni che dimostrano la vicinanza fra governanti e governati.
Come spiegherete, riferendovi all'ambiente e alla salute, che date una interpretazione solo meramente numerica alle prescrizione dell'AIA ? Come direte che ci siamo impegnati a rispettare 1'80 per cento delle prescrizioni senza approcciare da un punto di vista qualitativo le prescrizioni ? Ma lo direte che il dato peraltro è assolutamente negativo proprio dal punto di vista di risultati in termini di bonifica ambientale, che non basta insomma ? Non si sa bene di cosa, ma rispetteremo 1'80 per cento delle prescrizioni. @pagina=0042@È almeno positivo il fatto che si sia data una deadline, un termine ultimo per l'attuazione, il 4 agosto 2016, che non appartiene ad un futuro prossimo ma molto imminente.
Non siamo d'accordo, questo impianto è totalmente sbagliato: in questo decreto-legge si manifesta chiaramente che la valutazione di impatto sanitario è un aspetto secondario. Qui sta tutta la nostra disapprovazione e tutto il nostro stupore. Come fate a non capire che l'emergenza vera è che a Taranto la gente muore e che è in corso una emergenza oncologica ? Avete stanziato 5.000 euro per quest'anno per il reparto oncologico pediatrico di Taranto: è un passo avanti, ma non basta. Ne avete stanziati 5 milioni ma, per amore di verità, bisogna ricordare che quando siete andati a fare la promessa elettorale a Taranto Renzi promise 30 milioni. Non possiamo risparmiare sulla salute delle persone. Abbiate il coraggio di andare ad indicare di chi sono le responsabilità, e noi di SEL saremo al vostro fianco in questa battaglia. Ma ci vuole coraggio. Quel coraggio che non avete avuto nell'indicare nomi e cognomi dei responsabili ma che avete nel confermare dentro quest'aula che la legge non è uguale per tutti. State smantellando uno dei principi cardini della nostra giurisprudenza. Avete infilato nelle righe di questo decreto-legge un salvacondotto al commissario straordinario ed a tutti i suoi delegati, sub e sotto sub: garantite cioè la non punibilità preventiva per tutte le responsabilità penali ed amministrative.
Riflettete, colleghe e colleghi, Taranto chiede giustizia e non dei salvacondotti che feriscono e lacerano profondamente i principi costituzionali di questa Repubblica.
Alle colleghe e ai colleghi del PD vorrei chiedere di riflettere sulle affermazioni del Premier Renzi, che dice: se le opposizioni in tutti i passaggi della vita parlamentare scelgono l'ostruzionismo è un loro diritto, ma lo strumento naturale secondo Costituzione diventa fatalmente il decreto. Poi magari ci dice anche in quale Costituzione lo ha letto, perché la nostra dice che il decreto è adottato dal Governo in casi straordinari di necessità e urgenza. Spiegate al Premier che, per risolvere questo problema, deve, una volta per tutte, costruire una politica industriale per questo Paese, ma che, per farlo, non può e non deve ascoltare solamente Confindustria. Manca un'idea, manca una prospettiva, manca il futuro. Abbandoni il Premier la propaganda e la retorica, perché le conseguenze non saranno solo normative, ma anche economiche e sociali per una regione intera. I nostri territori avanzeranno la richiesta di vedersi riconosciuto il diritto ad una attività industriale che in molti casi è anche strategica e voi dovrete rispondergli che state svendendo tutta la nostra capacità produttiva; vi assumerete questa responsabilità. Non abbiamo questa consapevolezza e non abbiamo neppure la consapevolezza della tragedia che è stata arrecata al nostro Paese per l'assenza di una politica industriale vera, che riguardi anche aspetti di natura ambientale e quelli legati alla salute. Non si fa produzione industriale se non si tiene conto, oltre che dei riflessi direttamente connessi all'attività produttiva, anche di quelli economici, ambientali e sanitari.
Su questi temi ci sarebbe piaciuto tanto confrontarci e riflettere insieme, non solo perché avremmo dato un senso alla nostra presenza e al nostro lavoro in quest'Aula e nelle Commissioni ma perché avremmo potuto provare a dare delle risposte ad un Paese. Per noi, care colleghe e cari colleghi, il senso della politica è proprio questo: portare le istanze delle persone nelle istituzioni, legiferare per migliorare la vita delle persone, intervenire, anche radicalmente, se necessario, nelle questioni, per debellare i cancri di questo Paese, non ce n’è solamente uno. Non ce lo avete permesso. Non avete voluto ascoltare e non avete voluto un confronto. Correte, affannandovi, inseguendo le date di scadenza dei decreti-legge, mostrandovi sordi e muti verso chi sta qui fuori. State perdendo grandi occasioni, colleghe e colleghi di questa maggioranza, che non recupererete @pagina=0043@nemmeno con un milione di tweet (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). PAGINA: 0043 MAURO PILI. Presidente, mi perdoneranno i colleghi se non mi concentrerò sui dettagli di questo decreto, perché, essendo anche il settimo che affrontiamo, è evidente e fin troppo chiaro che sarebbe pleonastico ed inutile soffermarsi sui dettagli che si sono rivelati in questi due anni assolutamente fallimentari. Mi permetterò, invece, di entrare nel merito della strategia di questo Governo e di questa maggioranza, perché sarebbe un errore concentrarsi soltanto sul Governo Renzi e perché questi numerosi decreti (il settimo) sono figli di una strategia fallimentare messa in campo in questi anni da questa maggioranza. Non solo perché non ha saputo affrontare concretamente la vicenda dell'Ilva ma perché non è riuscita a dare uno sbocco reale allo sviluppo industriale del nostro Paese. Anzi, si è riusciti, in qualche caso in modo evidente, ad aggravare ulteriormente la situazione industriale del nostro Paese. E ci si potrebbe impegnare ad argomentare la positività. Ho sentito alcune argomentazioni di alcuni colleghi e ho sentito il Governo dire che sostanzialmente questo decreto risolverà quello che non è riuscito a fare il Governo precedente con l'ulteriore decreto. Ebbene, questo è il settimo decreto e non si è ancora focalizzato l'obiettivo. Si passa da un commissario all'altro come se si dovesse cambiare soltanto l'uomo al comando e non invece la strategia sul tema fondamentale. Un fallimento dietro l'altro caratterizzato dal metodo. Il metodo che avete anche questa volta seguito è quello dell'urgenza. E quando un Governo non è in grado di tracciare strategie compiute, quando un Governo come questo si affida ad un uomo come De Vincenti, che ha fallito tutte le vertenze possibili e immaginabili – lo dico perché entrerò nel merito di alcuni particolari –, è evidente che questo atteggiamento non ha capacità di valutare l'efficacia della norma.
Ed è un fatto assolutamente rilevante che non si facciano valutazioni ex ante di ciò che si va a normare e che si preveda di passare da un commissario all'altro, dal decreto Marzano, dalla norma Marzano sull'amministrazione straordinaria a quello che è seguito con il Governo Monti, con il Governo Letta e oggi con il Governo Renzi, senza capire quale è la soluzione che deve essere perseguita. Operate, invocando, come è successo anche con questo, l'urgenza. In realtà, con l'invocazione dell'urgenza, voi dimostrate, ancora una volta, di essere più lenti che mai, quasi come se l'urgenza fosse una declinazione della lentezza del Governo. Il Presidente del Consiglio, in uno dei suoi innumerevoli sproloqui che ha annunciato in questa sua esperienza di Governo, ha detto: «metteremo una marcia in più all'industrie italiana». Effettivamente Renzi ha detto l'unica cosa seria: ha messo una marcia in più, ha messo la retromarcia perché è evidente che di fatto tutto quello che sta accadendo nelle industrie italiane è soltanto finalizzato a coprire nefaste scelte che sono state messe in campo in questi pochi mesi di suo Governo che hanno portato all'incremento marginalissimo della produzione soltanto funzionale ad aspetti esterni al nostro Paese.
Allora, è evidente che bisogna fare una valutazione compiuta sul tipo di normativa che viene proposta. Ancora una volta, non c’è una qualità normativa e io vorrei citare, per esempio, le direttive comunitarie sul legiferare meglio. Ma per quale motivo oggi si ripropone un decreto-legge che interviene sulla materia delle industrie strategiche nazionali e non lo si fa inquadrando tutte le industrie del Paese ? Creando condizioni non soltanto per gli affari degli acciaieri che magari sono vicini a questo Governo ma creando le condizioni perché ci siano valutazioni a monte sul primo tema del decreto, cioè le industrie strategiche nazionali che noi dobbiamo sostanzialmente mettere sotto osservazione, cioè far ripartire, con strumenti straordinari, sapendo che occorre scegliere una linea economica interventista; di fronte all'assenza di una ripresa @pagina=0044@economica, occorre che lo Stato si faccia interventista sul piano economico, sulle principali industrie del nostro Paese.
Allora, per quale motivo si sceglie e ci si focalizza soltanto sull'acciaio ? Per quale motivo ? Perché ci sono interessi diversi, perché ci sono troppi ammiccamenti di questo Governo con i potentati, con alcuni poteri forti e soprattutto non si tiene conto di realtà produttive che hanno esigenza di materie prime che sono fondamentali quanto l'acciaio e forse lo sono anche di più. Mi riferisco, per esempio, all'alluminio primario. La produzione nazionale di alluminio primario è pari a circa 190 mila tonnellate annue e copre solo il 12 per cento del fabbisogno interno e cioè l'industria automobilistica; quindi una catena, un parallelo tra l'acciaio e l'alluminio che andava obbligatoriamente fatto ma, forse, per l'alluminio primario, per i poveri lavoratori del Sulcis non ci sono le stesse condizioni: il supporto delle lobby e l'interesse ad aiutare le lobby forti che sono a Taranto e che sono dietro l'acciaio. Perché, anche in questo caso, la mission del Governo non è quella di tutelare la salute o magari i lavoratori, ma quella di favorire ulteriori accordi sottobanco tra l'industria dell'acciaieria del nostro Paese e il Governo e le parti politiche, non risolvendo alla radice i temi che devono essere messi alla base del ragionamento.
Ebbene, se c’è questo dato dell'alluminio primario, che è fondamentale per l'industria, per esempio quella automobilistica, ma non voglio citare tutte le altre, dalla aeronautica e via dicendo, se c’è questa emergenza, per quale motivo si è fatto il decreto soltanto per l'Ilva di Taranto e non, per esempio, per l'alluminio primario di Fusina e di Portovesme ? Come si è detto e come l'ha scritto De Vincenti con il suo Ministro e lo stesso Renzi, è stato scritto un memorandum che è rimasto segreto – poi lo citerò nei dettagli perché è talmente segreto che ce l'hanno tutti – dove si afferma che bisogna intervenire su quella partita in termini strategici. Ma se lo scrivete in un memorandum che resta segreto che valore ha ? Perché non l'avete utilizzato, questo decreto, per fare invece una operazione più intelligente, più lungimirante, affiancando all'acciaio anche l'alluminio primario, che avesse la capacità di dare l'autonomia produttiva al nostro Paese su una materia prima fondamentale, per esempio, per l'impatto energetico ambientale sull'utilizzo di questo materiale ?
Ebbene, non l'avete fatto e non l'avete voluto mettere in campo, avete scelto una strada che sul piano normativo è assolutamente errata ma è errata nella sua collocazione nel provvedimento d'urgenza che avete seguito, perché se fosse stato urgente è chiaro che l'avreste già risolto con i precedenti sei decreti. La realtà è che sei decreti sono stati fallimentari perché sono stati intrisi di un'urgenza funzionale soltanto ad un azzeccagarbugli come quello che qui oggi sta governando il Ministero dello sviluppo economico e più in generale il sistema economico del Paese. Azzeccagarbugli, perché non si può definire diversamente chi mette in campo sette decreti per affrontare e risolvere un problema. Chi è che può pensare in Europa che ci possa essere talmente tanta superficialità, talmente tanta incapacità, talmente tanta proliferazione normativa per risolvere un problema ? E si è detto nelle Commissioni, l'ha detto lo stesso rappresentante del Governo, non è escluso che si debba reintervenire: ma questo è un Governo autorevole ? Questo è uno Stato che si candida a intervenire nell'economia come sarebbe giusto in questo momento ? Con sette-otto provvedimenti per una fabbrica, per un settore, senza affrontare in termini strategici invece quello che era necessario, così come è indispensabile una riflessione compiuta su un altro tema che è all'attenzione di questo provvedimento, la crisi ambientale di Taranto.
Ma quali sono i gradienti che disciplinano in Italia il sistema delle aree industriali compromesse sul piano ambientale ? Ci sono i siti di interesse nazionale che sono decretati dal Presidente del Consiglio dei ministri; quanti ce ne sono ? C’è quello di Taranto, ma c’è per esempio, sempre decretato dal Presidente del Consiglio dei ministri, quello del Sulcis; e per quale @pagina=0045@motivo si sceglie di favorirne uno a scapito di tutti gli altri venticinque siti nazionali di rilevante decretazione ministeriale ? Se il rappresentante del Governo, anziché stare al telefono, stesse attento a quello che si dice in Aula, sarebbe meno maleducato e più attento a quello che si deve fare. PAGINA: 0047 FILIBERTO ZARATTI. Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, ci troviamo qui per la settima volta a discutere un decreto che riguarda l'area dell'Ilva, una delle aree di più drammatica crisi ambientale, di grande crisi sanitaria, un'area di grande crisi industriale, tant’è che finalmente è stata dichiarata l'amministrazione straordinaria. Ora, il fatto che noi ci troviamo per la settima volta a discutere di questo argomento il buon senso vorrebbe che qualcuno facesse un po’ di autocritica rispetto ai sei precedenti decreti che, evidentemente, non sono stati in grado di affrontare problemi così importanti come quelli dell'Ilva e di Taranto. Invece, abbiamo ascoltato in questi giorni dalle labbra degli esponenti del Governo e della maggioranza una serie di dichiarazioni enfatiche, che tendevano a dire che, appunto, a fronte della più grande crisi ambientale ci si trova di fronte a un grandissimo piano di risanamento, a un grande piano industriale, a una grande avventura che poneva il nostro Paese all'avanguardia su questo tipo di interventi.
Le parole sono spesso belle ma nel nostro caso, ahimè, sono come le bugie, che hanno le gambe corte, perché se è vero che il piano è ambizioso e se è vero che la crisi è straordinaria, noi dobbiamo constatare con amarezza che fino ad oggi in due anni questa maggioranza e questo Governo non sono stati in grado di affrontare nessuno dei problemi che sono emersi, in modo così evidente e così gravoso, in relazione all'Ilva e a Taranto.
I miei colleghi che sono intervenuti precedentemente hanno ricordato come neanche un metro di terreno sia stato bonificato, grazie a ciò che era previsto nei precedenti sei decreti, anch'essi portati con urgenza nell'Aula di questo Parlamento, non uno spicchio di mare è stato bonificato, non un intervento a tutela della salute è stato messo in atto. Questa è la realtà alla quale ci troviamo di fronte e anche alcune iniziative positive che pure il Parlamento ha messo in campo sono rimaste lettera morta. Mi riferisco, per esempio, ai 25 milioni di euro stanziati in relazione alla screening sanitario che era necessario fare a Taranto. Questi 25 milioni di euro sono rimasti lettera morta perché sono 25 milioni di euro stanziati, ma sono 25 milioni di euro non erogati alla regione Puglia per poter fare lo screening sanitario e, quindi, anche quell'iniziativa positiva presa dal Parlamento rimane lettera morta.
La verità è che ci troviamo di fronte ad un fallimento significativo della vostra maggioranza e del Governo nell'affrontare una delle crisi più drammatiche a cui il nostro Paese si è trovato di fronte, appunto quella crisi ambientale di una struttura industriale che – lo voglio ricordare – occupa una superficie superiore a quella dell'intera città di Taranto, una struttura industriale che ha causato danni sanitari ormai accertati, anche grazie all'operato della regione Puglia, che ha messo in condizioni gli operatori di avere quei dati fondamentali per poter monitorare davvero il danno sanitario. Ecco, un danno sanitario enorme, rispetto al quale si è aggiunta una crisi industriale significativa, perché la novità che noi abbiamo di fronte è che non solo quella è una struttura ambientalmente non compatibile con quel territorio, non solo quella è un'industria che causa danni enormi alla salute, ma è anche una struttura in crisi che produce perdite. E questo è dato non soltanto dall'andamento del mercato, non soltanto dall'intervento positivo della magistratura, ma è dato anche dal fatto che i commissari @pagina=0048@che si sono succeduti hanno speso vanamente i soldi che erano a disposizione, perché le scelte sbagliate che sono state fatte in precedenza hanno comportato una perdita secca di denaro, che non è stato utilizzato per il risanamento ambientale, che non è stato utilizzato per il rilancio industriale di quella attività. Io penso che un Governo serio dovrebbe venire davanti al Parlamento e fare, come si diceva una volta, autocritica rispetto alle scelte sbagliate che sono state portate avanti fino ad oggi.
Ancora una volta voi portate avanti delle iniziative e dei provvedimenti dentro il decreto che sono sbagliati. Mi riferisco per esempio all'80 per cento delle prescrizioni, cioè al fatto che l'AIA si intende assolta se almeno l'80 per cento delle prescrizioni in termini numerici, così com’è stato specificato evidentemente da un opportuno emendamento del Partito Democratico in Senato, sono state assolte in data 31 luglio 2015. Ebbene, io voglio ricordare che, quando si parla di prescrizioni dal punto di vista numerico, gran parte delle prescrizioni sono di ordine normativo e non si può mettere sullo stesso piano una norma che riguarda l'andamento dell'attività in quell'azienda con una prescrizione che copre i parchi minerari, perché è del tutto evidente che la prima si cambia semplicemente cambiando un regolamento, mentre per mettere in campo la seconda ci vogliono centinaia di milioni di euro. La conclusione di questo ragionamento, che voi introducete in questo decreto, è che si salverà la coscienza di chi deve mettere in campo quelle prescrizioni, ma ancora una volta non si metterà in campo un euro, per risanare dal punto di vista ambientale una situazione disastrosa, perché il 20 per cento delle prescrizioni che rimarranno fuori sono proprio quelle degli investimenti economici che servono a tutelare la salute e l'ambiente a Taranto. D'altro canto, è evidente che è così, perché nel decreto voi mettete anche al sicuro coloro che dovrebbero applicare le prescrizioni e, per la prima volta nel nostro ordinamento, voi introducete il principio dell'impunibilità, cioè il fatto che un cittadino non è uguale davanti alla legge come tutti gli altri; non è mai accaduto nella storia del nostro Paese, non della Repubblica, ma nella storia giuridica del nostro Paese, che si introducesse in un decreto-legge, in una legge, un principio che riconosceva a qualcuno l'impunibilità penale per il proprio operato. Il titolo di un vecchio film era 007 Licenza di uccidere, in cui a quel personaggio veniva concessa la possibilità di uccidere nell'esercizio delle sue funzioni di agente segreto, voi al commissario straordinario dell'Ilva, e addirittura anche ai suoi non meglio identificati delegati, lasciate la totale impunibilità rispetto a quello che faranno nell'esercizio delle loro funzioni. Ma io vi prego davvero di riflettere sull'assurdità e sulla gravità di questa norma.
Se questa norma viene introdotta nel nostro ordinamento giuridico, che cosa ci può garantire che questa stessa norma non sia inserita in una seguente legge che riguarda i diritti delle persone o qualunque altro argomento ? Voi state stravolgendo la civiltà giuridica del nostro Paese, state distruggendo la certezza della legge nel nostro Paese, minando una delle questioni fondamentali, che riguarda non soltanto le norme della Costituzione, ma anche lo Statuto Albertino: il fatto, cioè, che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge.
Penso che questa sia la cosa più grave che il vostro Governo – che ha già causato, ahimè, significativi guasti al nostro Paese – e voi abbiate introdotto in uno dei decreti che così numerosi continuate a portare nelle nostre Aule. Che vi sia, diciamo così, una certa malafede – mi scuserete – nel vostro ragionamento è dato dal fatto che voi non avete neanche voluto finanziare la possibilità di ampliare gli organici dell'ARPA Puglia. L'ARPA, in questo caso, è esattamente l'ente che deve servire a verificare se le prescrizioni, se la bonifica sta andando avanti o meno.
Allora, voi, non finanziando questa attività, non dando la possibilità di ampliare gli organici dell'ARPA, di fatto state sancendo un principio per cui non vi sarà mai @pagina=0049@nessuno che possa controllare, e, comunque, coloro che faranno degli errori e saranno punibili per colpa grave non avranno la possibilità di essere perseguiti, perché, appunto, voi, con questa legge, gli date l'impunità.
Penso che questo sia davvero un elemento di gravità inaudita; lo dico sinceramente, anche con la stima che mi lega ai colleghi della Commissione ambiente, al Viceministro De Vincenti. Insomma, abbiamo lavorato su molti decreti e spessissimo non ci siamo trovati d'accordo, ma in questo caso la differenza è di fondo: voi vi state assumendo una responsabilità che io credo non sia nella vostra disponibilità. Voi state utilizzando e usurpando, diciamo così, un potere che non è nelle vostre mani, ed è per questo che vi prego di ripensare a questo decreto, di modificarlo e renderlo più adeguato ad affrontare i problemi che abbiamo di fronte.
Signor Presidente, signor Viceministro, voglio aggiungere che voi vi dovreste occupare un po’ di più, forse, di politica industriale nel nostro Paese. Ancora oggi non abbiamo capito che volete fare: se volete sostenere la nostra industria, se volete puntare sulla siderurgia o meno, se volete puntare sul manifatturiero italiano. Su questo non parlate; parlate soltanto di mille altre cose, che, francamente, non servono al Paese.
Noi abbiamo la sensazione, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, che voi davvero stiate facendo la politica de Il Gattopardo, e, come disse Tancredi Falconeri, nipote del principe Fabrizio, appunto ne Il Gattopardo, se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. Voi continuate a cambiare i decreti, ma la situazione dell'Ilva rimane sempre uguale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). PAGINA: 0049 ALBERTO ZOLEZZI. Grazie, Presidente. Parlerò un pochino di questo decreto-legge n. 1 del 2015: è un numero che già da solo sta a significare l'intendimento del Governo su questo tema, sta a significare che c'era un piano preordinato di non consentire alcun tipo di attività parlamentare su questo tema, perché il Governo non può predire certo il futuro, ma può avere in tasca un'agenda molto più precisa rispetto alla nostra su quella che è l'attività. Quindi, era previsto che vi fosse poi una discussione di riforme incostituzionali, di una legge elettorale più incostituzionale della precedente.
Quindi, era chiaro che questo decreto non avrebbe avuto nessun tempo e nessuna possibilità d'interazione con il Parlamento. Questo dà l'idea della superbia del Governo, che crede di poter intervenire su temi così importanti come quelli di uno stabilimento di interesse nazionale, della salute della popolazione di una città e di una regione intera, e di un settore strategico a livello nazionale, come è quello della produzione dell'acciaio. Per cui proverò a descrivere qualcosina senza neanche un discorso scritto, perché come dicevano i latini «rem tene, verba sequentur». Se ho capito qualcosa da questi sette decreti, forse qualcosina su questo decreto potrò provare a dire. Noi possiamo parlare sulla base di quello che ci viene dato sapere, siamo nell'epoca della rete, ma purtroppo molti dati vengono tenuti assolutamente occulti, assolutamente nascosti nella realtà industriale, nella realtà politica italiana. Noi siamo un gruppo di opposizione per cui siamo curiosi e cerchiamo di capire, di approfondire, tutti gli aspetti, tutti gli emendamenti proposti dagli altri gruppi, cerchiamo di proporre miglioramenti, ma ci rendiamo conto che su molti temi ci sono dati assolutamente nascosti, assolutamente resi non fruibili a noi e, quindi, a tutti gli altri cittadini italiani. Poi ci rendiamo conto che probabilmente le idee, anche di chi sta nascondendo molte verità, sono assolutamente confuse. Io credo che bisogna partire proprio dalla base, dal nome Ilva. Ilva, in realtà, è un nome latino, Ilva deriva dal nome latino dell'isola d'Elba dove veniva prodotto il ferro, dove Portoferraio testimonia questa tradizione metallurgica dell'isola. Quando nel 1905 fu fondata appunto @pagina=0050@la società Ilva, fu l'unione di una serie di attività produttive già fiorenti che legavano un po’ tutte le attività produttive del settore a livello nazionale, quelle dell'Umbria, di Terni, quella dell'Isola d'Elba, quella di Piombino e quelle presenti a Genova, la società, appunto, ebbe la sede iniziale nel capoluogo ligure. Ma già allora ci furono una serie di problemi, questa azienda quando si costituì su un livello di produzione nazionale, iniziò a destare preoccupazione da parte di altre nazioni europee. Si inizio già nei primi del Novecento con un vero è proprio dumping industriale, la produzione nazionale italiana che si organizzava, si strutturava, causò un attacco vero e proprio, da un punto di vista economico, da parte di nazioni che sono quelle che ancora oggi stanno nella maniera più assoluta cercando di stroncare non solo il settore dell'acciaio, ma tutto il settore della produzione industriale italiana. Quindi, questa ripetizione storica dovrebbe avere insegnato, a mio parere, molto di più al nostro Governo se davvero intende esercitare un'azione di miglioramento dell'attività produttiva dello stabilimento Ilva di Taranto. Abbiamo visto solo in questa legislatura questi sette decreti che hanno tentato, in qualche modo, di inserirsi su una gestione societaria assolutamente deficitaria su tutti i versanti. Ricordiamoci, anche se sono cose che un pochino abbiamo sentito molte volte, che questa famiglia Riva, addirittura fino al 1999, aveva le emissioni dalle ciminiere prive di qualsiasi filtro, contrariamente a quelle che erano le norme di legge. Per cui i cittadini di Taranto, e della regione Puglia, hanno subito emissioni importantissime. Quando poi furono acquistati i filtri per le ciminiere, si capì che la spesa, l'esborso per questi filtri, non fu neanche così importante.
Come dire: sì, forse volevamo proprio odiare questi cittadini di Taranto, volevamo farli soffrire, poi alla fine non era neanche un discorso economico che ci impediva di ambientalizzare un minimo sulle emissioni dello stabilimento. Adesso, andando avanti con la tecnologia e anche un pochino con le normative, ci si rende conto che probabilmente non è l'aspetto economico a impedire il recepimento del 100 per cento delle prescrizioni AIA. Probabilmente c’è un atteggiamento davvero di sfruttamento del prossimo, sfruttamento dei cittadini tutti e dei lavoratori della città di Taranto.
Questo secondo me è in parallelo con il fatto che non si diano tutte le informazioni a livello pubblico. L'Unione europea ci chiede delle cose molto semplici. Ci chiede un piano industriale relativo a uno stabilimento di interesse nazionale, in merito anche ai finanziamenti e ai prestiti, che possono essere in qualche modo auspicabili per tenere in vita un settore e renderlo sostenibile. Ma il piano industriale non c’è. Ormai in queste audizioni – che si tengono con i vari commissari, subcommissari e queste santissime trinità di persone che devono reggere lo stabilimento dell'Ilva – non ci raccontano mai la verità e non rendono pubblico quello che sicuramente hanno chiaro loro e, spero, alcuni membri del Governo. Infatti, se non ci fosse neanche chiarezza da parte del Governo, risulterebbe chiaro che forse manca totalmente la governance, che lo stabilimento non è di interesse nazionale e che non si sa neanche bene di chi sia l'interesse.
Pertanto, mancando un piano industriale, non capiamo se ci sarà un futuro per questo tipo di attività, nello specifico lo stabilimento di Taranto. Quindi non si riesce neanche a capire quanto abbia senso spingere su tutte le misure di ambientalizzazione. Non si capisce se questa produzione, che adesso è decisamente ridotta rispetto al passato, sia qualcosa che serve solamente a tentare di tappare dei buchi di bilancio o se, invece, sia un diversivo per non fare capire qual è la vera situazione dello stabilimento Ilva di Taranto. Per cui tutte queste pratiche per cercare di tamponare – anche ovviamente in maniera formalmente corretta – sui debiti e sulla situazione creditizia verso le piccole e medie imprese dell'indotto bisogna capire che tipo di futuro avranno.@pagina=0051@
È notizia di poche ore fa, appunto, che i lavoratori che in qualche modo vengono considerati esuberi sono circa 4 mila. Sembrava che fossero 3.500, ma 500 li abbiamo aggiunti proprio in queste ore in cui si discute questo decreto-legge. Così, visto che il Governo riesce a imporre la blindatura di un testo, impone anche altri 500 esuberi. Quindi non c’è neanche più il ricatto occupazionale, è proprio il contrario: impongo che il Parlamento non si esprima su un testo e, oltretutto, regalo altri 500 esuberi, con ammortizzatori sociali che non si sa assolutamente per quanto potranno andare avanti. È una situazione davvero incresciosa. Al settimo decreto-legge è chiaro che lo scandalo deve rimanere comunque uguale, perché si rischia davvero di assuefarsi a questo tipo di politiche. Va ricordato ai cittadini italiani che, dal 5 gennaio, quando il decreto-legge è stato pubblicato – quindi è un decreto-legge che scade il 6 marzo –, solo due settimane fa, fra voti sulla riforma costituzionale e voti sulla legge elettorale, c’è stata l'approvazione poi al Senato di questo testo.
Però non è stato approvato il testo base del decreto-legge del 5 gennaio. È stato approvato un altro testo con un maxiemendamento. Questo cosa vuol dire ? Vuol dire che in pratica non c’è mai stata la possibilità di interagire neppure sul testo iniziale, in nessuna delle Camere. Stiamo di fronte ad un «acameralismo», nel senso che non c’è più nessuna Camera che sta cercando di legiferare in Italia, senza neppure che sia passato un testo di riforma, più o meno costituzionale, all'interno di queste Camere.
In questa mancanza di Camere ci troviamo con un testo che davvero non parte dalla base. È un testo che non affronta la realtà dello stabilimento e, tanto meno, la realtà dell'area del comune di Taranto e di Statte, purtroppo, inquinata in maniera davvero importante, tanto che tra i SIN (siti di interesse nazionale per le bonifiche) probabilmente è quella più compromessa.
Ci sono tanti aspetti che non vengono considerati in questo testo che noi avremmo cercato e cercheremo, con gli emendamenti presentati, di affrontare. Devo dire che questo è avvenuto anche grazie alla costituzione della Commissione bicamerale di inchiesta sugli illeciti nel ciclo dei rifiuti.
La formazione e l'attuazione di questa Commissione è stata ritardata. Le attività sono iniziate nell'ottobre del 2014 e tra le attività c’è stata anche l'ispezione a Taranto e a Statte. L'ispezione a Statte ha riguardato, in particolare, il deposito delle scorie tossiche e in parte nucleari nel magazzino della ex Cemerad. È vero che questo decreto-legge in parte finanzia il tentativo di messa in sicurezza di questo magazzino. Il magazzino della ex Cemerad è come se fosse un magazzino di campagna dove si possono accumulare balle di fieno. Ma in realtà in questo magazzino di campagna, privo di parafulmine e privo di qualsivoglia sorveglianza e di recinzioni, sono contenuti 16 mila fusti, di cui 13 mila sono rifiuti pericolosi generici e altri 3 mila sono rifiuti radioattivi.
Credo che l'impegno del presidente della Commissione di inchiesta sia stato importante. È chiaro che quella situazione era la classica goccia che fa traboccare qualsiasi vaso. Penso che le foto relative a questo scandalo pazzesco che sono girate in quel periodo siano state utili. È un po’ il ruolo della rete: quando passano le informazioni, pian piano si ottiene di capire spesso e di migliorare le situazioni più vergognose che si verificano in alcune realtà.
Ed è successo così. Aver visto questi bidoni accumulati, questo quantitativo enorme di fusti accumulati provenienti dalla zona di Taranto in qualche modo ha mosso l'opinione pubblica. Si è potuta portare la questione all'attenzione del Presidente del Consiglio e in qualche modo arrivano questi 10 milioni di euro. Ma a mio parere questo non è sufficiente, perché c'era un'urgenza molto maggiore. Quindi, quella situazione avrebbe dovuto essere già risolta, perché è una situazione di urgenza tale che anche il sindaco di Statte il giorno dopo doveva essere messo @pagina=0052@in condizione di mettere in sicurezza quella situazione. Siamo comunque in ritardo.
Ma soprattutto non si capisce la tracciabilità dei rifiuti presenti in quel magazzino. Infatti, non si capisce davvero cosa sia l'Ilva, questa Isola d'Elba che si è spostata fino a Taranto. Non si capisce perché una parte di questi rifiuti radioattivi provengano direttamente dallo stabilimento Ilva di Taranto e non si capisce perché lo stabilimento Ilva di Taranto produce rifiuti radioattivi. Ma non si vuole neanche capire. Noi nelle proposte emendative lo abbiamo scritto: vogliamo monitorare, mappare l'eventuale ulteriore presenza di altri rifiuti radioattivi dentro al perimetro dello stabilimento. Vogliamo monitorare come si formano questi rifiuti, perché non è secretato.
Quindi, va portato all'attenzione dell'Aula come rispose il funzionario durante le audizioni in prefettura a Taranto quando gli chiesi perché l'Ilva aveva prodotto rifiuti radioattivi e di farci qualche esempio. Lui disse che i filtri delle ciminiere, per esempio, sono radioattivi perché funzionarono durante il disastro di Chernobyl. Insomma, avere una radioattività elevata come fosse quella di un precursore di un'arma nucleare semplicemente perché un filtro era stato esposto nel periodo di Chernobyl credo che, da un punto di vista tecnico, sia una spiegazione che non sta in piedi.
Quindi, non ci sono mappature di quello che arriva come matrice per la produzione dell'acciaio all'Ilva di Taranto. Si risparmia, si prendono le matrici meno costose di tutto il mondo.
Era un po’ per quello che in qualche modo si sosteneva in maniera patologica il mercato. Quindi, adesso, con questo decreto-legge non si parte con una vera volontà di ambientalizzare e di risolvere una situazione che ormai è chiaramente insostenibile ed irreversibile sul versante della produzione industriale. Ma non si vuole neppure davvero cercare di porre rimedio a quello che è evidente. Tutti quanti siamo d'accordo sulla bonifica delle scorie nucleari e, quindi, i soldi adesso ce li mettiamo, ma bisogna andare semplicemente un po’ oltre, essere un pochino certi che non ci siano altre scorie nucleari dentro lo stabilimento, che non ci sia una produzione persistente di questo tipo di rifiuti perché magari li si utilizza nelle matrici per produrre l'acciaio.
Lo stesso vale per l'amianto: da dati molto imprecisi, di difficile incrocio, si potrebbe stimare – ma questo è un dato assolutamente impreciso – la presenza di mezzo milione di tonnellate di materiale contenente amianto dentro il perimetro dello stabilimento Ilva di Taranto. Tutti quanti siamo d'accordo che l'amianto sia cancerogeno e che possa causare danni, però in questo decreto-legge non è prevista la mappatura, non è prevista la messa in sicurezza adeguata del materiale contenente amianto che, come sappiamo bene, fino al 1992 era parte integrante delle attività produttive. Poi, da notizie di stampa, risulta che addirittura l'Italia avrebbe continuato ad importarlo, spero non per quanto riguarda l'Ilva di Taranto.
Questo, però, va fatto perché se c’è mezzo milione di tonnellate di amianto, deve essere messo in sicurezza per evitare che questo possa causare altri decessi. Anche gli ultimi studi epidemiologici, infatti, hanno consentito di stabilire che, nonostante l'attività sia a regime ridotto, ci siano ancora più di trenta decessi all'anno legati alle emissioni dirette dello stabilimento. Neanche a tutte le emissioni, ma alle emissioni del particolato, delle polveri sottili. È difficile elaborare un modello matematico che ascriva eventi di mortalità o di malattia collegabili, per esempio, alle diossine.
Il tema diossine in questo decreto-legge viene assolutamente e volutamente non affrontato. L'Ilva si basa sull'assioma che, essendoci una legge regionale molto restrittiva, allora le diossine non sono un problema. È vero, la legge regionale pugliese, bisogna dirlo, con gli 0,4 nanogrammi per metro cubo lineare emessi, è una legge di avanguardia a livello nazionale. C’è da dire, però, che questo è un dato di concentrazione. Andando a valutare, poi, il valore assoluto di emissione, @pagina=0053@cioè i metri cubi lineari o normali metri cubi che dir si voglia, emessi da tutto lo stabilimento, da tutte le emissioni, si trova che dai nanogrammi si passa a decine di grammi di diossine emesse da questo stabilimento. Qualcuno potrebbe dire: beh, ma sono decine di grammi, insomma, cosa vuoi che siano ? Decine di grammi vuol dire, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, che quelle diossine emesse sarebbero accettabili per una popolazione di un miliardo di persone e non di 100 mila come quelle che in qualche modo sono impattate dallo stabilimento. Quindi, è chiaro che ci sono centinaia di volte di più di emissioni di interferenti endocrini sull'area di Taranto e continuano ad esserci nonostante la legge regionale e nonostante ci sia stato, come va ammesso, un adeguamento a tecnologie migliorative.
Tuttavia, è così, insomma, si tratta di un decreto-legge che, nonostante sia il settimo, non affronta la realtà industriale di Taranto, non tende ad ambientalizzarla e con i metodi scelti è un decreto-legge che assolutamente il Parlamento non può modificare, nel bene o nel male. Infatti, non è che il Parlamento faccia bene o faccia male, questo dipenderà da come votano i cittadini. Ma se i cittadini hanno votato delle persone per essere qui a scrivere delle leggi, il fatto di non avere alcuna possibilità di intervenire, se non con questi ordini del giorno vincolanti, sinceramente è davvero limitativo e, purtroppo, le armi in questo momento sono comunque spuntate, non solo perché siamo in opposizione, ma perché, purtroppo, non è consentito riuscire con temi che, appunto, io credo sarebbero anche condivisi. Quindi, io tendo sempre meno a capire qual è l'intento di questo Governo e mi chiedo davvero se sappiano qualcosa loro.
Questa ispezione che abbiamo fatto a Taranto è stata caratterizzata per davvero dalla segretezza: abbiamo potuto visitare solo una minima parte dello stabilimento e non credo per motivi di sicurezza perché ci siamo recati anche recentemente in altri stabilimenti e ci siamo bardati con tute dalla testa ai piedi.
C’è, dunque, la possibilità di visitare anche perché, se davvero non fosse sicuro, probabilmente neppure i lavoratori potrebbero entrare per capire se ci sono sversamenti, se ci sono situazioni particolari. Pertanto, non si vuol far capire che cos’è questa Ilva di Taranto, questa isola che dovrebbe essere felice e si spera prima o poi lo ritorni.
Ripeto che non si capisce qual è la matrice con cui si fa l'acciaio, se arrivino ad esempio rifiuti tossici trasformati e fusi nella fonderia, non si ha l'idea di quello che viene fuso per creare acciaio. Non si ha tracciatura, non si hanno documenti. A domanda i commissari hanno risposto che, sì, in passato sono stati utilizzati, sono entrati rifiuti dentro lo stabilimento, che in questo momento non lo si fa per vari motivi, però in realtà ci sarà la richiesta in futuro, se la situazione industriale migliorerà, di continuare ad utilizzare rifiuti per produrre acciaio.
Quindi, forse l'Ilva – chi lo sa, visto che non abbiamo notizie ? – posso anche pensare che sia una grossa discarica di rifiuti tossici pericolosi, radioattivi, amianto e che sia necessaria e strategica per questo e non tanto per produrre acciaio che ormai purtroppo è fuori mercato, perché non si è riusciti a fare quello che nel 1905 eravamo stati più bravi a fare, cioè ad avere una produzione nazionale, ad avere un'industria nazionale.
Ormai questo Governo è succube del dumping industriale che ormai è un dumping politico. Si vede quando i nostri politici di Governo vanno a Bruxelles, quando incontrano questi personaggi che a loro volta non sono eletti, che costituiscono un consiglio d'Europa che è assolutamente lontanissimo dalla realtà, dalla popolazione, dalle persone, da questa rete. Hanno una paura folle della rete, delle notizie e quindi si tiene tutto nascosto.
Anche noi, ripeto, come Commissione di inchiesta abbiamo visitato un centesimo dello stabilimento e va detto. Ma, nonostante questo, tante cose si capiscono e basta avere gli occhi aperti e si riescono a percepire tanti aspetti. Si vede, ad esempio, che la discarica Mater Gratiae non è @pagina=0054@una normale discarica: è come sporgersi su un precipizio e guardare verso l'infinito perché sono chilometri e chilometri con diversi tipi di discariche dove in futuro si cercherà di portare altri rifiuti tossici e pericolosi. Infatti, se verrà concessa questa deroga contenuta nel decreto-legge, deroga a qualsiasi normativa, a quel punto i rifiuti potranno arrivare da altre regioni, potranno arrivare anche dall'estero. Forse è per questo che si vuol tenere in piedi in qualche modo una produzione fittizia di acciaio, peraltro in passivo (oltre 30 milioni di euro al mese di passivo), per produrre questo acciaio perché forse il guadagno, che non è certo dello Stato, è il conferimento di rifiuti. Forse, io dico «forse» perché non avendo nessuna notizia precisa, non avendo neppure potuto ispezionare tutto lo stabilimento, non so bene quello che avvenga anche perché è chiaro che il ricatto occupazionale è grande e non tutte le persone che lavorano lì sono disposte a fornire informazioni anche ad una Commissione di inchiesta.
Segnalo anche (almeno noi quello che sappiamo diciamo) che in prefettura a Taranto nessuna delle associazioni, nessuno dei cittadini e dei comitati è stato ammesso in audizione non perché non ci siano i comitati o non ci siano «i cittadini liberi e pensanti», che è proprio il nome di una delle associazioni che rappresenta il tentativo di andare oltre questa logica di sfruttamento, ma perché appunto forse dà fastidio; forse questi gestori dell'Ilva che in qualche modo partecipano e adesso ci mettono la faccia, questi commissari, fanno parte di un sistema di allevamento intensivo di esseri umani, Presidente. Vale a dire che bisogna subire l'inquinamento, bisogna subire un processo economico pagato dai cittadini italiani perché adesso – vorrei che si capisse – si passa dal commissariamento all'amministrazione straordinaria. Quindi, fare questo passaggio vuol dire semplicemente che saranno i cittadini italiani a pagare quello che è l'Ilva, quello che nessuno sa bene cosa sia ma, qualunque cosa sia, lo pagheremo noi di tasca nostra.
Quindi, c’è tutta questa faccenda molto fumosa, fumosa come il fumo dello slopping dell'acciaieria, perché, a parte quel giorno in cui siamo andati noi, quando chiaramente l'attività era stata ridotta, pare da almeno un paio di settimane, poi purtroppo lo slopping dallo stabilimento è ripreso, dall'altoforno 5, che adesso, tra l'altro, smetterà di funzionare e che, solo per ripristinarlo, costerà circa quasi 300 milioni di euro. Uno stabilimento che perde già 30 milioni al mese, dove troverà i soldi per ripristinarlo ? E se non si dovesse ricostruire, i soldi sarebbero ancora maggiori.
Ci sono tanti aspetti assolutamente indefiniti, se non quello che a pagare saranno i cittadini, i cittadini di Taranto in primis, con la loro salute, con la salute dei loro bambini, con le case del quartiere Tamburi che continuano ancora oggi a riempirsi delle emissioni dello stabilimento e si colorano di nero ogni settimana. Vengono pulite con gli idranti ancora oggi, nonostante si adottino misure un pochino più restrittive nelle emissioni.
E poi c’è questo tentativo, che definisce probabilmente il passaggio di livello di questo Governo, che crea una figura di commissari, di gestori, impuniti. Spesso ci si offende se si dice che c’è l'infiltrazione della mafia nello Stato, ma il fatto di dire che un commissario possa essere impunito potrebbe significare che magari ci sia davvero questa infiltrazione e che addirittura si voglia sancire che chi agisce in maniera criminale possa non essere punito.
Ed è interessante leggere il parere della Commissione giustizia su questo decreto: parere davvero legale, non tanto legale in un contesto parlamentare ma parere legale in un contesto di tribunale, in un contesto appunto di causa civile, in cui si dice che, sì, il commissario in effetti non sarà sanzionabile e non avrà nessun profilo civile e penale salvo che in qualche modo non compia illeciti civili o penali. Quindi, il parere è assolutamente insussistente. È un parere oracolare. Ritornando al latino: ibis redibis non morieris in bello. Non si capisce se davvero il commissario sarà punibile @pagina=0055@o non sarà punibile se farà degli atti contrari al codice, se ne conseguiranno degli atti o dei fatti gravi, come è successo con i lavoratori, che ancora continuano a morire, non solo di malattie professionali ma di incidenti per la mancata sicurezza delle gru. E addirittura tutti questi fatti vengono inseriti nello stesso processo, questo «ambiente svenduto», per il quale adesso non si capisce neanche se per fatti gravissimi come gli infortuni professionali poi si possa avere davvero un riconoscimento, perlomeno del danno che lo stabilimento ha fatto non mettendo neppure in sicurezza le gru.
Quindi, davvero questo decreto è lontanissimo dalla politica e, a mio parere, più vicino ai criminali, perché si definisce che possa essere criminale il commissario cercando di dargli questa impunità.
Comunque, chiudendo di nuovo con il latino, ho detto all'inizio rem tene, verba sequentur: se si hanno chiari i concetti, si dovrebbe riuscire a scrivere degli atti adeguati. Quindi, questo è molto grave, perché spero che il Governo abbia le idee molto più chiare rispetto a quella che è la situazione dell'Ilva, alla situazione ambientale, alla situazione produttiva, alla situazione dell'inquinamento di quell'area, e il fatto che sicuramente abbia chiara la situazione e poi scriva queste sconcerie normative, a mio parere, è molto grave (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). PAGINA: 0055 ALFONSO BONAFEDE. Presidente, ci troviamo a parlare oggi dell'annosa e drammatica questione Ilva. È il settimo provvedimento d'urgenza che riguarda questa questione e direi che drammatica sostanzialmente è l'esplicita ammissione della maggioranza di non saper risolvere questo problema.
Quindi, sono tutti decreti che dovrebbero risolvere una questione che invece non viene risolta.
Allora, ovviamente il dramma per quello che è successo nella dimensione della questione Ilva è enorme, è impossibile anche da raccontare. Ciò che però stiamo riuscendo a fare è peggiorare quel dramma nella misura in cui le false soluzioni del Governo si trasformano in una beffa. Una serie indiscriminata di mostri giuridici che vengono prodotti con provvedimenti d'urgenza e che quando arrivano al Parlamento vengono recepiti con il solito purtroppo ripetuto atteggiamento servile della maggioranza.
Questo discorso vale in generale, vale soprattutto per quello che concerne il profilo della giustizia perché ieri il decreto Ilva è arrivato alla Commissione giustizia dalla Camera, e qui è necessario fare una specificazione e una premessa. Infatti, nell'immaginario dei cittadini quando arriva un provvedimento in Commissione i componenti della Commissione analizzano quel provvedimento, lo valutano nel merito e poi arrivano anche a conclusioni differenti e si confrontano su quelle conclusioni. Questo è quello che dovrebbe accadere in una democrazia: analisi di un testo, confronto su quel testo e, a quel punto, soluzione finale che può essere più o meno condivisa. Ciò non accade più in questo Parlamento che ha sempre più pochi elementi in comune con una democrazia parlamentare perché invece quello che accade è questo: il provvedimento arriva in Commissione, viene analizzato e lì si ferma ogni tipo di collegamento con la democrazia. Perché ? Perché i componenti della maggioranza, a quel punto, non valutano se la norma è buona o meno, se è valida o meno, se quella norma avrà un effetto positivo nei confronti dei cittadini o meno, no. Valutano che quella norma va difesa e va difesa a tutti i costi, anche a costo di sembrare quasi di avere annullato ogni capacità di pensiero del parlamentare.
Questo è accaduto ieri in Commissione giustizia. Ovviamente, quindi, una volta che viene a mancare il presupposto del confronto, poi figuriamoci se c’è un confronto; poi succede che il MoVimento 5 Stelle fa valere le proprie ragioni e chiede anche alla maggioranza un confronto e questo confronto non arriva perché il @pagina=0056@punto importante è questo: se sei onesto intellettualmente puoi confrontarti con qualcuno che è altrettanto onesto intellettualmente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), e poi anche arrivare ad avere delle conclusioni differenti; ma se sei onesto intellettualmente e libero nel pensiero non puoi mai confrontarti con qualcuno che è servo mentalmente parlando, perché quella persona non è libera nel pensiero, quella persona sta viaggiando su un altro piano di opinione che è quello di difendere a tutti i costi l'opinione di chi ha piazzato quella persona in quella poltrona. Questo è quello che è accaduto con il decreto Ilva e vado al punto. Arriva il decreto Ilva e, ovviamente, quindi l'opposizione cosa fa, ogni volta che arriva un provvedimento ? Non lo analizza semplicemente per valutare se nel merito è più o meno valido, no, va a guardare dove è la fregatura.
Cioè il punto è questo, si va a cercare – perché ovviamente sappiamo con chi abbiamo a che fare – e andiamo a individuare la fregatura e sotto il profilo della giustizia la fregatura si trova subito. Quella più importante si trova nel comma 6 dell'articolo 2, lo leggo: «l'osservanza delle disposizioni contenute nel Piano di cui al DPCM 14 marzo 2014, nei termini previsti dai commi 4 e 5 del presente articolo» parliamo del Piano Ilva «equivale all'adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione, previsti dall'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, ai fini della valutazione delle condotte strettamente connesse all'attuazione dell'AIA e delle altre norme a tutela dell'ambiente, della salute e dell'incolumità pubblica». Ora, questo solo per inciso, se uno studente universitario della facoltà di giurisprudenza scrive una cosa del genere viene sbattuto quasi a calci fuori dall'Aula universitaria, qui invece si fanno le leggi con questi stessi termini.
Però, passiamo al secondo comma perché il secondo comma è drammaticamente comprensibile, perché quando c’è da scrivere una cosa che è allucinante lì vi riesce particolarmente bene, ve ne diamo atto, perché siete particolarmente in sintonia con le norme di leggi allucinanti. Vado a leggere: «Le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente» il Piano Ilva «non possono dare luogo» cioè le condotte in generale, cioè qualunque cosa faccia il Commissario straordinario «a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario» ma attenzione, siccome c'era il timore che l'ambito fosse troppo ristretto, cioè: perché solo lui deve essere esente da qualsiasi responsabilità penale e amministrativa, perché l'intoccabile ? Facciamo anche una citazione cinematografica e creiamo il gruppo degli «Intoccabili» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ovviamente a me piacerebbe poter inventare queste cose, invece no, le avete scritte veramente e sono norme di legge, è un decreto-legge questo «non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati» incredibile «in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale» cioè le condotte che adesso noi non conosciamo, quelle che il commissario straordinario e la sua banda attueranno, anche se noi non sappiamo quali sono, costituiscono già per legge «le migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell'incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro», sempre condotte che ancora non conosciamo. È chiaro che, con tutto il rispetto per il commissario Gnudi, ma una fiducia del genere saremmo disposti ad accordarla a Papa Francesco, forse (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) cioè, nel senso, che non si può pensare di dire che un soggetto in Italia, qualsiasi sia la sua condotta in attuazione di un piano, non possa delinquere, perché si tratta di questo. Qualcuno in Commissione giustizia, qualche difensore dell'indifendibile, è arrivato anche a dire che in realtà qui si parla dell'attuazione del provvedimento, quindi se il commissario agirà in attuazione del provvedimento non potrà essere punito, ma questo non c'era bisogno di specificarlo, questo è già così per norma di @pagina=0057@legge, nessuno che agisca in adempimento della legge può essere considerato penalmente perseguibile.
Mi sa molto di excusatio non petita preventiva, cioè di qualcuno che ha già la coda di paglia per quello che andrà a fare e dice: guardate che lo sto facendo per legge, qui il diritto penale non può arrivare; il che è chiaramente incostituzionale. Non è pensabile che ci sia un cittadino che possa compiere qualsiasi tipo di condotta delinquenziale in attuazione di un piano e non essere perseguibile penalmente. Io non lo so, ma immagino questo commissario straordinario che arriva, lui e una decina di persone; non so – non mi sono informato – quanti sono gli abitanti dell'isola felice dell'impunità: dieci, venti, trenta ? Stanno facendo già un comune a parte dove il giudice non arriva, dove al pubblico ministero è inibito l'ingresso ? Si perché, se per caso arrivassimo ad una popolazione nutrita anche di una cinquantina o di un centinaio di abitanti, sappiamo che, da queste parti, c’è qualcuno, che adesso è fuori dal Parlamento, che potrebbe essere interessato ad entrare e ad avere cittadinanza nell'isola felice dell'impunità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non si sa mai; magari facciamo Berlusconi cittadino onorario dell'isola del commissario straordinario e seguaci. Ovviamente di queste cose noi qui ne possiamo parlare solo in questi termini perché di ciò che è drammaticamente ridicolo se ne deve parlare in questi termini. Cosa volete, che qui arriviamo e facciamo una dissertazione giuridica su una porcata del genere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Cosa vi aspettate, un parere giuridico sull'irretroattività o sulla retroattività, sulle esimenti rispetto alla responsabilità penale ? È chiaro che questa è una cosa che in uno Stato di diritto non può esistere. Io immagino questo commissario straordinario che arriva con questa colonna sonora degli Intoccabili, tra l'altro colonna sonora meravigliosa di Ennio Morricone, che arriva e che fa quello che vuole, che dà appalti a destra e a sinistra perché tanto è in attuazione del piano. Chi può dirgli un giorno che invece sarà soggetto a responsabilità penale ? Tra l'altro, aggiungo che, per tagliare la testa al toro, come se già questo non valesse ad escludere qualsiasi responsabilità penale, c’è il comma 7 che prevede, se qualcuno avesse proprio un dubbio, che assolutamente non si può parlare di bancarotta semplice e di bancarotta fraudolenta, come a dire che tutta la responsabilità penale non vale, ma se a qualcuno venisse una perplessità sul fatto che c’è un reato di bancarotta fraudolenta, il decreto-legge dice di «no»: il commissario straordinario non può essere perseguibile per quel reato.
E allora, noi adesso di che cosa dobbiamo parlare, di giustificare una norma del genere ? Quello che è incredibile è che quando questa norma è arrivata in Commissione giustizia, ci sembrava normale, e dico veramente normale, – non di una classe politica illuminata e lungimirante, di una Commissione che ha tra i suoi componenti persone competenti che hanno studiato tutti i meandri del diritto – guardare questa norma di legge come farebbe chiunque, come farebbe l'uomo della strada – perché non è necessario avere competenze giuridiche per dire che questa cosa è allucinante – e ci saremmo aspettati che venisse dato un parere contrario e invece abbiamo colto subito delle facce un po’ stupite perché noi ci aspettavamo questo. E ovviamente, cosa abbiamo fatto ? Abbiamo chiesto motivazioni al riguardo, motivazioni che non sono arrivate. Allora, a quel punto, abbiamo ribadito la nostra richiesta di motivazioni e ci è stato detto che dovevamo fare presto perché questo provvedimento è un provvedimento d'urgenza e bisognava fare presto.
E quando noi abbiamo spiegato che l'urgenza non poteva essere il pretesto per calpestare i diritti dei cittadini e per cancellare qualcosa che è scritto, non a caso, in tutte le aule di tribunale, e cioè che la legge è uguale per tutti, quando abbiamo detto questo cosa ha fatto il Governo ? Ha fatto intervenire subito il sottosegretario Cosimo Maria Ferri, perché quando c’è qualcosa di insostenibile il @pagina=0058@Governo fa intervenire immediatamente il sottosegretario Ferri, il quale ovviamente è arrivato, ma questa norma è così indifendibile che anche il sottosegretario Ferri si è trovato in difficoltà. Dinanzi alla mia domanda insistente: «sottosegretario, prima di rispondere mi conferma almeno che se il commissario straordinario agirà in adempimento della legge non sarà perseguibile per reato e, quindi, quella norma è almeno inutile ? Perché se mi conferma questo poi dobbiamo arrivare alla diretta conseguenza che non si capisce perché è stata scritta», il sottosegretario Ferri a quel punto dice: «Preferisco rispondere dopo le audizioni», che iniziavamo su un altro provvedimento e a quel punto abbiamo pensato che forse si stesse aprendo uno spazio di riflessione. Dopo mezz'ora, anzi dopo un'ora, si riprende l'esame sul provvedimento sotto il profilo della giustizia e il sottosegretario Ferri ci dice che in realtà quella norma è una specificazione, che in fondo è chiaro che si parla della stretta attuazione del piano e che se anche era innegabile che questa situazione è già nel diritto, cioè che se uno agisce in adempimento della legge non commette reato, però in questo caso era meglio specificarla, vista la delicatezza della questione. E io dico: Ma forse, vista la delicatezza della questione, visto che stiamo parlando di tumori, visto che stiamo parlando di tanti cittadini che sono stati costretti a subire il ricatto tra il lavoro e la vita, vista la delicatezza della questione, non sarebbe stato di buon senso non inserire una norma del genere e aumentare la soglia di attenzione al posto di creare una zona franca per il commissario straordinario (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Cosa stiamo facendo ? Cioè, ci stiamo abituando all'ipotesi dell'illegalità ? Ovviamente, in tutto questo non c’è una sola accusa che va concretamente rivolta, in questo momento, alla condotta dell'attuale commissario straordinario, ci mancherebbe, perché non è questo il punto.
Il punto è che noi fino a qualche anno fa se ascoltavamo le intercettazioni delle telefonate in cui si sentivano le risate il giorno dopo al terremoto a L'Aquila, pensavamo, almeno pensavamo perché poi non è così, di dovere alzare la soglia di attenzione. Ma ora ormai il legislatore si sta abituando, piano piano, ad una situazione in cui, preso atto che è impossibile portare avanti un progetto in Italia in piena legalità, preso atto di questo, quasi quasi è meglio già all'inizio giustificare le possibili ipotesi di illegalità. Io mi chiedo come sia possibile che un legislatore arrivi a tanto. Come è possibile ? Qui abbiamo applaudito il Presidente della Repubblica Mattarella. E il Presidente della Repubblica giustamente ieri ha sottolineato l'importanza di dare un messaggio di legalità, e noi il giorno dopo di che cosa discutiamo ? Di una norma che, invece, concede l'illegalità per legge ? È possibile fare questo ? È possibile dare un messaggio sociale di questo tipo ?
Perché guardate che noi non possiamo più permetterci una società in cui tutti i cittadini, e soprattutto le nuove generazioni, possano pensare che dobbiamo rassegnarci all'illegalità. E questa norma è una norma pericolosa da questo punto di vista, perché dà la possibilità a tutti di pensare che ci siano situazioni in cui ci possa essere una delicatezza tale da permettere che si crei una zona franca. Noi ieri lo abbiamo ribadito questo concetto, lo abbiamo affermato e abbiamo chiesto una condivisione da parte di tutti gli altri commissari. Questa condivisione chiaramente non è avvenuta, e ci è stato detto però (e di questo do atto al relatore del parere di essere subito intervenuto): recepiamo in qualche modo le segnalazioni dell'opposizione. Come sono state recepite ? Dando parere contrario ? Dicendo che il parere favorevole poteva essere condizionato ad alcune osservazioni ? No, è stato affermato che bastava inserire nelle premesse del parere della Commissione giustizia, in sede consultiva e non vincolante, che la norma andava interpretata in senso restrittivo. Ve lo immaginate voi un giudice che per interpretare la norma, piuttosto che applicare i canoni interpretativi esegetici che sono quelli dati dalla legge, va a guardare i lavori preparatori ? @pagina=0059@Esiste anche la cosiddetta interpretazione storica, per cui una legge va interpretata alla luce anche di quelli che sono stati i lavori preparatori, ma si guarda ai lavori preparatori principali e soprattutto alle conclusioni a cui si è arrivati. E lì invece, nel parere, che è favorevole rispetto a questa norma – non so come chiamarla – rispetto a questa cosa allucinante, dice che è un parere favorevole, però nelle premesse dice che va data un'interpretazione restrittiva. Ora, a questo punto, noi dobbiamo riflettere, perché in Commissione giustizia eravamo tutti d'accordo, era evidente che eravamo tutti d'accordo sul fatto che questa specificazione, nel caso in cui la interpretiamo in buona fede, è una specificazione inutile, se poi andiamo ad interpretarla in malafede, è una specificazione pericolosa. E allora, volendola considerare almeno inutile, io mi chiedo e vi chiedo: ma se una Commissione giustizia non esprime un parere contrario in questo caso, quando lo esprime ? Mi direte, come spesso mi viene detto quando abbiamo ragione, e cioè sempre, che la politica è un'altra cosa. Questa è la risposta tipica del PD. Quando uno replica nell'argomento, nel merito, dall'altra parte si dice che la politica è un'altra cosa. E io posso anche non condividere, ma posso anche capire la logica della politica che è un'altra cosa se la Commissione sta esprimendo un parere vincolante e di fatto mette i bastoni fra le ruote al Governo, che in questo caso possiamo anche sostituire con la parola: padrone. E allora, in quel caso, posso anche – ripeto – non condividere e nemmeno capire, posso prendere atto del fatto che qualcuno, che è subordinato al padrone, decida di non mettere il bastone tra le ruote, ma non in sede consultiva con un parere che non è nemmeno vincolante.
Infatti, noi dobbiamo chiarire ai cittadini se qui dentro vi sono ancora parlamentari con una dignità oppure se l'elettroencefalogramma dei parlamentari della maggioranza deve risultare completamente piatto ogni volta che arriva un provvedimento di legge (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non capisco i gesti che vengono fatti dall'altra parte, forse per segnalare che, invece, qualcuno ancora pensa dall'altra parte, però sarebbe il caso di dimostrarlo, quando si analizzano le leggi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), in quel caso dicendo che non si può esprimere parere favorevole rispetto ad una cosa, perché, se noi definiamo questa una legge, da domani in poi tutto può essere definito legge: questo microfono, questo scranno, qualsiasi cosa.
Questo non è un decreto-legge, questo non è un comma. Un comma non può essere qualcosa che viola in maniera così indiscriminata praticamente tutti gli articoli della Costituzione, perché, alla base della Costituzione, vi sono i principi fondamentali, e, quando viene violato un principio così importante quale quello per cui la legge è uguale per tutti, in quel momento si violano tutti gli articoli della Costituzione: il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto all'istruzione.
Qualsiasi conquista abbia fatto lo Stato di diritto, se noi violiamo il principio per cui la legge è uguale per tutti, con una sola violazione noi cancelliamo ogni conquista del nostro Stato e cancelliamo tutta la Costituzione. Questo non è possibile, questo non è tollerabile, questo noi non lo accettiamo, ed è per questo che siamo qui a batterci.
Infatti, il nostro dovere è far sì che dall'altra parte vi sia una riflessione. Devo dire la verità, ormai è una speranza sempre più flebile, però noi ci proviamo e stiamo qui a denunciare, perché i cittadini sappiano di cosa è capace un Governo che dice che fa, fa, fa, e l'unica cosa che fa sono cose allucinanti, che non tutelano i cittadini, che ai cittadini non interessano, che danneggiano i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
E tutte le cose che non fa, sono le cose che, invece, interesserebbero, come un intervento serio sulla corruzione, come un intervento serio contro la criminalità organizzata, come un intervento serio in tutti i problemi veri dell'Italia. Il problema, però, è che nei problemi veri dell'Italia, in tutti i problemi veri, vi è un protagonista, che è la classe politica che @pagina=0060@ha fatto parte in questi anni del Parlamento prima che arrivasse il MoVimento 5 Stelle e che adesso sta governando. Ed è normale, quindi, che il Governo tenti di affrontare tutte le problematiche possibili, tranne quelle che riguardano veramente i cittadini.
Ieri è stata scritta una pagina terribile, nel momento in cui, in quella sede soltanto consultiva, la Commissione giustizia ha espresso parere favorevole rispetto a qualcosa che verrà certamente dichiarato come incostituzionale, ma noi siamo qui perché quelle pagine vengano piano piano cancellate, perché siano un lontano ricordo di quando in Italia governava qualcuno che pensava a fare spot stile vendita di pentole e non pensava ai cittadini italiani.
Ecco, quelle pagine, piano piano, verranno archiviate come una storia molto triste e drammatica, come una pagina molto triste e drammatica della nostra Repubblica, una pagina che verrà superata e coperta da altre pagine ben più importanti, e noi quelle pagine siamo pronti a scriverle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). PAGINA: 0060 ANDREA VALLASCAS. Presidente, colleghi, colleghe, prendo la parola dopo gli interventi dei colleghi e dopo un'attenta lettura del provvedimento all'esame. Soprattutto, prendo la parola dopo avere seguito le diverse fasi di questa storia infinita, gestita in modo pasticciato da Esecutivi pasticcioni, con la complicità di maggioranze silenti e incompetenti. Dopo questo ascoltare e studiare, dopo avere analizzato i dati sulle affezioni tumorali, sui decessi e sui ridicoli vantaggi economici dell'impianto, mi viene in mente una sola parola: vergogna.
La vergogna che dovreste provare per avere proposto l'ennesimo provvedimento tampone che mantiene in vita un impianto che ha devastato e che sta devastando una città, il suo territorio, il suo ambiente, i suoi abitanti. Un provvedimento che non dice nulla sul futuro del territorio, su una nuova pianificazione economica, sulla bonifica e il recupero dei siti e sulla salute dei cittadini. Questo provvedimento è animato dallo stesso spirito con cui si muove il Governo, l'incapacità di decidere, l'incapacità di individuare una strada che sia conciliabile con lo sviluppo industriale e soprattutto con la tutela della salute dei cittadini e dell'ambiente. Comprendo che sia difficile decidere, ma su una questione grave come l'Ilva, l'assenza di una visione di insieme, l'assenza di chiarezza, su cosa vogliamo fare di questo grande complesso industriale, significa essere tutti complici di un danno ambientale senza precedenti. È del tutto assente anche solo un'intenzione di una pianificazione industriale che, in qualche modo, sorregga alcune scelte. Perché teniamo aperta l'Ilva ? Qual è la sua utilità e qual è il suo ruolo strategico nel tessuto produttivo del Paese ? Tutte domande lecite che noi cittadini vogliamo sapere, in considerazione dell'alto grado di rischio che l'impianto comporta. Questa incertezza, questa vigliaccheria, è evidente dai continui decreti che diversi Governi hanno emanato. Dal 2012, tutti gli Esecutivi che si sono succeduti, sino all'attuale, non ha fatto altro che rinviare le scelte importanti al futuro, in altre parole significa assumere un comportamento pilatesco, della serie «facciamo qualcosa altro, ma non troppo, in attesa che la questione passi ad altri», quindi in attesa che la questione venga scaricata sulle spalle del prossimo Governo, in attesa che la città di Taranto si ammali sempre più, in attesa che ogni ipotesi futura di quel territorio sia compromessa. L'Ilva è un testimone scomodo di cui tutti si liberano, questo provvedimento non dà risposte a nessuna delle questioni che in questi anni sono emerse con grande drammaticità. Si rafforza, soprattutto, l'idea che la soluzione sia sempre quella di demandare ad altri, a qualcosa di estraneo alla politica, il carico della scelta. Il provvedimento ribadisce la missione dell'impianto alla procedura di amministrazione straordinaria che, nel garantire il patrimonio dall'azione di rivalsa @pagina=0061@dei creditori, dovrebbe aprire la strada a un'ipotesi di risanamento. In realtà, restano fumosi i contorni e le modalità dell'intervento pubblico, la costituzione di quella newco che dovrebbe prendere in gestione gli impianti e riportarli a nuova vita. Non poteva mancare il toccasana del momento, la soluzione ideale per una classe politica che rifiuta la responsabilità: vengono confermati i poteri straordinari ai commissari per attuare l'AIA, l'autorizzazione integrata ambientale, il tutto condito da una sorta di salvacondotto che desta inquietudine, l'immunità penale e amministrativa per le condotte poste in essere in attuazione del piano Ilva. Che cosa significa questo ? E perché nel caso Ilva, come in altri casi di disastro ambientale, nessuno in Italia è mai responsabile ? Continuo a ripetere: ma a chi giova la sopravvivenza dell'impianto ? Non certo agli 11.434 lavoratori interni, e ai circa 2 mila e cinquecento dell'indotto, un numero esiguo a fronte degli investimenti per mantenere in vita l'impianto e risanarlo. Un numero esiguo soprattutto a fronte dei danni che la sopravvivenza della siderurgia provoca alla salute e all'ambiente. Forse, ancora una volta, siamo di fronte ad un favore fatto alle banche ? Forse l'impianto viene mantenuto in vita per consentire agli istituti di credito di recuperare i crediti maturati ? La siderurgia non è neanche un settore strategico per l'Italia, per l'Europa e, in generale, per i Paesi avanzati. Per capirci, la siderurgia non è manifattura, ma è alla base della realizzazione delle infrastrutture di un Paese e per questa ragione che si tratta di un settore che ha un'alta incidenza nei Paesi in via di sviluppo mentre è in forte decontrazione in Europa e negli Stati Uniti. Infatti, oggi l'Ilva è l'unico grande impianto siderurgico europeo, dopo che le grandi aziende hanno chiuso i battenti, ridimensionate dai nuovi scenari internazionali. Il provvedimento è insufficiente sul fronte degli interventi a salvaguardia della salute dei cittadini.
Ridicoli sono i tanto annunciati interventi per l'apertura di un polo oncologico a Taranto, per la lotta ai tumori infantili e per le misure di prevenzione e cura contro i tumori. Si parlava di 30 milioni di euro che si sono ridotti a 5 milioni. Si tratta di un'ulteriore vergogna imposta da questo Governo, a cui si aggiunge anche il sistema di misurazione degli interventi previsti dal piano.
Il piano Ilva si considera attuato se entro il 31 luglio di quest'anno sarà realizzato almeno l'80 per cento degli interventi previsti, questo però indipendentemente dall'importanza e dalla valenza degli interventi. Altrettanto incerte sono le risorse previste per il risanamento degli impianti e del sito.
La questione Ilva – ripeto – è un pasticcio, di fronte al quale la politica ha gravissime responsabilità, responsabilità gravi derivanti dal mancato controllo sulla sicurezza degli impianti e sull'incidenza sull'ambiente esterno. È una classe politica che si è fatta complice di una bomba ecologica che continua ad uccidere. Questa classe politica continua ad essere complice di disastro, rinunciando a decidere di dire ai cittadini con coraggio che cosa fare di questo impianto. Il Governo ci deve dire quali siano gli obiettivi e le aspettative della siderurgia a Taranto e quale ruolo strategico può giocare in un Paese che punta alla manifattura. Continuando a rinviare qualsiasi decisione importante, il Governo ora non fa altro che ingigantire le dimensioni dei problemi che ormai stanno diventando insormontabili. È un fatto grave non avere una guida nelle scelte strategiche per il Paese e l'Ilva è una scelta strategica, perché è destinata ad assorbire ingenti risorse finanziarie.
Il provvedimento del Governo vorrebbe individuare un punto mediano tra l'esigenza di garantire la continuità delle produzioni e la necessità di tutelare la salute dei cittadini. Da una lettura del provvedimento emerge sempre più forte la contrapposizione di queste esigenze. La decretazione d'urgenza è inconciliabile con la politica industriale, tant’è vero che di decreti Ilva ne sono stati approvati diversi in pochi anni ed è certo che a questo ne seguiranno altri, che si caratterizzeranno come i precedenti.@pagina=0062@
È un Governo che ha una visione del futuro del Paese e che vuole incidere sugli scenari futuri propone delle prospettive attraverso piani di sviluppo a lungo termine. In conclusione, un Governo miope, privo di coraggio, complice la maggioranza, si affida a provvedimenti tampone e alla decretazione d'urgenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PAGINA: 0062 EMANUELE COZZOLINO. Grazie Presidente, il decreto-legge che stiamo discutendo del 5 gennaio 2015 è il settimo provvedimento di urgenza adottato per fronteggiare la situazione ambientale dell'Ilva di Taranto, che è strettamente collegata alle vicende dello stabilimento Ilva, ovvero, per così dire, sette decreti per la sorella Ilva.
Si rileva ormai ripetutamente un abnorme ed inappropriato uso della decretazione d'urgenza da parte del Governo, attraverso il quale in via di prassi si assiste al radicale e inaccettabile spostamento della produzione legislativa dal Parlamento al Governo stesso, cosa che sarà ancora più accentuata dalle riforme che volete approvare. Il susseguirsi continuo di decreti-legge, con norme derogatorie, generiche oppure oscuramente formulate, appare sempre lo strumento meno idoneo a garantire soluzioni efficaci, equilibrate e soprattutto durevoli per la grave situazione di Taranto e non solo.
Infatti il secondo periodo del comma 6 dell'articolo 2 di questo decreto-legge, con riferimento alla valutazione delle condotte connesse all'attuazione dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale) e delle altre norme a tutela dell'ambiente, della salute e dell'incolumità pubblica, esclude la responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati. Verrebbe da dire..., non saprei, non ho parole.
Il primo periodo del suddetto comma 6, mutuando analoga disposizione di un precedente decreto-legge, il decreto n. 61 del 2013, ma variandone il tenore letterale, prevede che l'osservanza delle disposizioni contenute nel piano, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 marzo 2014 – quindi risanamento Ilva –, equivale all'adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione, previsti dalla legge ai fini della valutazione delle condotte connesse all'attuazione della stessa AIA e delle altre norme a tutela della salute e dell'incolumità pubblica. Si tenga conto, altresì, del fatto che, in base al comma 5 del medesimo articolo 2, il piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria, relativo al summenzionato stabilimento dell'Ilva, si intende attuato nel caso in cui, entro il 31 luglio 2015, siano realizzate almeno l'80 per cento delle prescrizioni – senza specificare assolutamente niente, quindi potrebbe trattarsi anche di recintare un'aiuola – che siano in scadenza entro quella data.
Anche in tal caso è stata mutuata una disposizione già utilizzata nel decreto-legge n. 61 del 2013 (articolo 2, comma 3-ter, per chi non si ricorda), ma in modo parziale ed alterandone il tenore letterale.
In linea generale occorre osservare come la giurisprudenza costituzionale abbia chiarito come dal combinato disposto degli articoli 3 e 28 della Costituzione discenda la necessità di assicurare pari trattamento dei funzionari e dipendenti pubblici, quanto alla responsabilità penale per gli atti da essi compiuti. La Corte costituzionale ha chiarito che il legislatore ordinario, modificando le leggi penali vigenti in materia, può dettare regole particolari che, in deroga alle regole comuni, determinino il contenuto ed i limiti di detta responsabilità, a condizione che norme siffatte trovino puntuale fondamento nella Costituzione o in altre leggi costituzionali e che sia comunque assicurato il ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali in gioco.
Il decreto-legge in esame, lungi dal modificare le leggi penali in materia e dal @pagina=0063@limitare la responsabilità predetta, giunge ad introdurre una specifica clausola di non punibilità, travalicando l'imprescindibile limite dell'equo contemperamento degli interessi per indicare soggetti legibus soluti in ambiti non chiaramente tipizzati. La disposizione in esame, anzitutto, si pone in contrasto con il principio della riserva di giurisdizione, in quanto sembra vincolare il giudice ad effettuare una valutazione conforme nei confronti delle disposizioni del piano di risanamento del marzo 2014, con esclusione della responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario. Quindi, a un anno di distanza ci troviamo ancora a intervenire sul risanamento dell'Ilva. Dopo i sette decreti-legge penso che non si tratti più di un'urgenza, ma di un'emergenza.
Del tutto irragionevolmente, nessuna responsabilità pare esplicitata per le condotte omissive o dolose, né, tantomeno, per l'elusione fraudolenta dei modelli organizzativi di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001. Ne deriva una disparità di trattamento, sul piano penale, che non trova fondamento logico. Ciò anche in considerazione del fatto che l'esclusione della responsabilità penale e amministrativa in capo al commissario straordinario e ai non meglio precisati soggetti da questo funzionalmente delegati non sembra applicarsi ad altri ulteriori soggetti, eventualmente coinvolti nell'attuazione del piano ambientale, con la conseguenza di rendere doppiamente incerto l'ambito applicativo della clausola in oggetto.
Viceversa, ove fosse da intendersi in senso estensivo rispetto alla struttura commissariale, si avrebbe l'esito di rimettere alla discrezionale scelta del commissario dell'amministrazione straordinaria i soggetti che possono intendersi preventivamente liberati da responsabilità penale e amministrativa nei limiti sopra richiamati. Pare rimessa al solo commissario anche l'individuazione del nesso funzionale della delega al cui verificarsi scatta la clausola di esclusione della responsabilità.
Peraltro, la stessa qualificazione della condotta, con riferimento agli atti di gestione dell'impresa, si basa su una apodittica ed autoreferenziale definizione delle regole del piano medesimo quali migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell'incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro. Abbiamo fatto, o meglio avete fatto un testo unico sulla sicurezza sul lavoro e non credo che questo decreto-legge rispetti quelle norme. Quindi, andiamo ancora in deroga. La certezza del diritto in Italia è un optional. La valutazione non può non essere rimessa, nel concreto, al giudice, diversamente da quanto fa il decreto in esame. Lo stesso riferimento alle condotte connesse all'attuazione dell'AIA potrebbe lasciar intendere che l'ambito della non punibilità vada oltre le condotte strettamente richieste dall'attuazione dell'AIA prescindendo, comunque, dall'effettiva finale attuazione della medesima, specialmente alla luce del riferimento – contenuto nel richiamato comma 5 – al conseguimento di una astratta percentuale delle prescrizioni del piano di risanamento, e quindi non già della sua integrale attuazione. Quindi, facciamo le cose a metà, risolviamo il problema.
A tal riguardo, occorre notare come il decreto-legge in esame si innesti su una nutrita serie di leggi, quasi tutte nell'ambito della decretazione d'urgenza, che incidono, con riferimento a situazioni di crisi di impresa, sulla responsabilità degli amministratori. Va anzitutto rammentato il primo cosiddetto decreto Alitalia del 2008, in cui una clausola di esclusione della responsabilità operava per il pregresso e non si poneva quale salvacondotto futuro per azioni ancora da intraprendere. In quel provvedimento veniva, peraltro, tenuta ferma la responsabilità penale e quella amministrativo-contabile, venendo trasferita alla persona giuridica la responsabilità civilistica.
Nel caso di specie, tuttavia, l'esimente non viene limitata a quella prevista dagli articoli 2392 e seguenti del codice civile ed è anzi espressamente estesa al campo penale. Manca del tutto, ancora una volta in modo manifestamente irragionevole, l'esclusione di ogni scriminante per condotte @pagina=0064@che provochino eventi contro l'incolumità pubblica o l'integrità fisica delle persone, fatto assai grave se concerne, ad esempio, la sicurezza sul lavoro (un emendamento in tal senso risulta respinto dalle Commissioni referenti e, quindi, in Commissione non si parla del merito, ma si va avanti come treni) e gravissimo ove si consideri la peculiare storia e la drammatica situazione ambientale e sanitaria dell'area di Taranto, come ha illustrato il mio collega Petraroli.
In tale contesto, stride fortemente con la tutela costituzionale di cui agli articoli 9 e 32 della Costituzione, la previsione di cui all'articolo 2 del decreto-legge in oggetto, in cui si esclude che il rapporto di valutazione del danno sanitario possa unilateralmente modificare le prescrizioni dell'AIA in corso di validità. Quindi, ho un'autorizzazione, però vado in deroga.
La stessa Commissione giustizia del Senato, nell'esprimere il parere sul decreto-legge in esame, aveva auspicato, in sede di osservazioni, che, ai fini dell'esclusione della responsabilità dell'ente, rimanesse ferma la necessità dell'accertamento in concreto dei requisiti di cui alle successive lettere b), c) e d) dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001 e che, conseguentemente, con riferimento al secondo periodo del comma 6 dell'articolo 2, si valutasse l'opportunità, ai fini di un più prudente bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti da considerare, di escludere dall'ambito di applicazione della disposizione richiamata le condotte dolose.
Tali indicazioni, essenziali ai fini della tenuta sostanziale della legge, non sono state tenute in alcun conto ed anzi, come si vedrà, sono state introdotte disposizioni che, intervenendo su alcuni punti poco chiari, hanno sciolto i dubbi in senso diametralmente opposto a quanto auspicato.
Peraltro, costituendo il decreto legislativo n. 231 del 2001 la trasposizione interna della normativa comunitaria in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle società, il modello delineato dall'articolo 2, comma 6, non appare in linea con l'ordinamento comunitario e, quindi, per la parte di interesse, con gli articoli 10, 24 e 25 della Costituzione.
In ordine all'espressa osservazione della Commissione giustizia, volta a non includere nell'esonero di responsabilità dell'organo commissariale le circostanze indicate, appunto, come dicevo, nelle lettere b), c) e d) dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001, non è stata accolta dal Governo respingendo un emendamento in tal senso anche al Senato.
Con riferimento al citato limite dell'80 per cento del rispetto delle prescrizioni, va detto che esso dispiega i suoi effetti anche in ordine alla valutazione di responsabilità per fatto illecito di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001, come previsto dall'articolo 1, comma 9, del decreto-legge n. 61 del 2013. Tale decreto, all'articolo 2, comma 3-ter, prevedeva che, trattandosi di un numero elevato di prescrizioni con interconnessioni critiche, entro il 31 luglio 2015 dovesse essere attuato almeno l'80 per cento delle prescrizioni in scadenza a quella data e che, entro il 31 dicembre 2015, il commissario straordinario dovesse presentare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'ISPRA una relazione sull'osservanza delle prescrizioni del piano ambientale, fermo restando il termine ultimo già previsto del 4 agosto 2016 per l'attuazione di tutte le altre prescrizioni.
Il decreto-legge in esame interviene a pochissimo tempo dallo scadere del termine del 31 luglio 2015 – una sorta di milleproroghe solo per Ilva – e, senza richiamare, né modificare tale previsione, si limita a riprodurla con la sola, significativa, omissione dell'obbligo di rispetto del termine ultimo dell'agosto 2016. Quindi, non sarà mai risolto il problema Ilva. In luogo di questo, è stata, invece, prevista la possibilità, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di stabilire un diverso termine ultimo per l'attuazione di tutte le prescrizioni (articolo 2, comma 5). Ciò equivarrebbe alla possibilità, con atto meramente @pagina=0065@amministrativo, di vanificare temporalmente il rispetto delle prescrizioni ambientali.
L'esame in sede referente ha portato al reinserimento di un richiamo al termine ultimo del 2016 previsto dal decreto-legge n. 61 del 2013, ma senza sopprimere, come pure sarebbe stato consequenziale, la facoltà di ricorrere ad un futuro DPCM incidente sui termini temporali di attuazione del rimanente 20 per cento delle prescrizioni.
Cosa ancora più grave, poiché diametralmente opposta a quanto richiesto in audizione dall'autorità giudiziaria competente, è stata apportata una modifica al Senato che specifica come l'80 per cento in questione debba essere inteso in senso puramente numerico. Per effetto della modifica, si verifica che la pericolosa genericità del riferimento all'80 per cento si traduca, per l'anno in corso, in un'attività di adempimento delle sole prescrizioni puramente formali, a scapito di quelle sostanziali e decisive. Ciò costituisce un grave vizio di ragionevolezza, censurabile ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione.
E ciò tanto più alla luce del fatto che resta vigente la disposizione di cui all'articolo 2, comma 3-ter, del decreto-legge n. 61 del 2013, che non riconnette affatto all'80 per cento ivi citato una valenza puramente numerica. Ne potrebbe risultare – essendo l'entrata in vigore della modifica legata alla legge di conversione e non al decreto-legge originario – un doppio binario di valutazione per l'adempimento del limite in questione.
A tale proposito, oltre a non esser chiari né i criteri di valutazione di simile percentuale, né gli strumenti per contestarli o verificarli, né l'effetto del mancato conseguimento dell'80 per cento, si deve comunque rilevare come in capo all'azienda non sia posto alcun onere di motivazione circa la scelta delle prescrizioni da computare e di quelle da escludere, vale a dire la discrezionalità dell'ordine di priorità da seguire nell'adempimento delle prescrizioni ambientali, che potrebbe portare ad un illogico ed inaccettabile differimento di quelle più importanti e magari più costose.
Basti, a ribadire la gravità della modifica apportata, rilevare che nel computo numerico nessuna rilevanza viene data alle aree maggiormente esposte a rischio salute e a rischio ambientale, il che costituisce ulteriore fattore di contraddittorietà coi fini asseritamente perseguiti dal piano ambientale e, in ogni caso, di contrasto con i valori di cui agli articoli 9 e 32 della Costituzione. In tale ambito va rilevato come il necessario contemperamento degli interessi in gioco non sia stato raggiunto ed anzi neppure perseguito.
La riduzione dell'ambito di responsabilità sopra richiamata si inserisce in un contesto in cui l'ammissione dell'azienda all'amministrazione straordinaria – in virtù della normativa speciale e dello stato di insolvenza – sta già producendo effetti negativi sulle pretese risarcitorie delle parti civili che si ritengono lese. L'esclusione della vecchia società Ilva dalla responsabilità civile e la sua sostanziale sostituzione con un soggetto giuridico diverso in amministrazione straordinaria che risponderà, in dibattimento, solo nei limiti delle sue effettive disponibilità determina l'effetto che le parti offese dovranno procedere nei confronti dei singoli.... PAGINA: 0067 GIUSEPPE BRESCIA. Grazie, Presidente. Decreto «salva Ilva»: questo decreto ha nel nome la beffa, la beffa per la città di Taranto e per i tarantini. Siamo sicuri che di questa ennesima schifezza si vergognino gli stessi deputati del Partito Democratico e tutti coloro che appartengono a questo Governo e che voteranno questo provvedimento. E vediamo perché dovrebbero vergognarsene.
Tanto per cominciare, il decreto in oggetto stanzia pochi spiccioli per il polo oncologico di Taranto; questo nonostante gli annunci fatti con le lacrime agli occhi dallo stesso Presidente del Consiglio Renzi la vigilia di Natale.
A Taranto, se non lo sapete, si muore per inquinamento. I bambini muoiono di cancro per inquinamento, e questa – e solo questa – dovrebbe essere la priorità di un Governo sano di mente.
Invece, una marea di assurdità. L'assurdità di questa situazione è assoluta. L'Ilva è una fabbrica di morte, che costringe i suoi lavoratori a scegliere tra la propria salute, quella dei propri familiari e dei propri figli e il proprio lavoro. Una logica cinica e spietata quella cui Taranto si deve piegare da cinquant'anni a questa parte, quella del ricatto occupazionale. Una presa in giro colossale, se si tengono presenti tutti i posti di lavoro che hanno perso gli allevatori, i mitilicoltori e tutti i soggetti che avrebbero potuto trovare impiego in settori come la cultura e il turismo, vere vocazioni della città, se Ilva non fosse mai arrivata a Taranto.
Lavoro: si parla di rischio per i lavoratori dell'indotto, vediamo allora quanti sono questi lavoratori che rischierebbero il posto, quanta gente lavora all'Ilva.
Nel decreto c’è scritto 11.434 lavoratori, ma c’è chi parla di 12 mila, chi di 15 mila: si gonfiano i numeri per spaventare il più possibile e giustificare ogni nefandezza.
La realtà è che se i partiti, indistintamente di destra e di sinistra, sono costretti ad emanare questi decreti – siamo al settimo decreto «salva Ilva», il settimo – è perché come è noto l'Ilva ha pagato lautamente campagne elettorali indistintamente di destra e di sinistra. Bersani nel 2006 ha preso 98 mila euro, Forza Italia un po’ di più, è arrivata a 535 mila euro. Come dice qualcuno segui i soldi e capirai tante cose, e infatti noi abbiamo capito. Perché solo così si spiega come gente che si dice o si crede ambientalista possa firmare certe porcate. Il motivo è sempre e solo uno: i soldi.
C’è anche qualche folle che sostiene che salvare l'Ilva sia di vitale importanza per far ripartire Taranto e l'Italia addirittura. Ebbene, a questi individui io voglio dire, perché forse non lo sanno, che a Taranto, @pagina=0068@proprio a causa della presenza dell'Ilva – e non solo dell'Ilva – c’è il 40 per cento di disoccupazione; quindi, l'Ilva non ha fatto ripartire proprio niente, l'Ilva ha ammazzato Taranto e sta ammazzando i tarantini.
Ripeto qualche dato che è stato già citato dal mio collega Martelli al Senato: l'Italia occupa 40 mila persone nella siderurgia su 30,5 milioni di occupati, lo 0,13 per cento, è un settore assolutamente marginale, non conta niente; non conta niente a livello di PIL, perché il PIL della Puglia è positivo, quello dei tarantini è negativo, per cui non fa ripartire assolutamente nulla, anzi è una zavorra.
Inoltre, investire in acciaio oggi è una scelta cieca, stupida, un inutile spreco in un momento in cui non possiamo più permetterci errori. Allo stato odierno la produzione di acciaio in Europa è marginale e lo sarà sempre di più. Questo aspetto dovrebbe essere preso in seria considerazione da chiunque volesse fare un minimo di pianificazione industriale. Non è il vostro caso evidentemente, voi non ne avete mai fatta una, salvo prometterne una ad ogni campagna elettorale, ma questo è un altro dato di fatto ben noto: voi non fate mai quello che dite in campagna elettorale.
L'Ilva ha 2 miliardi e 900 milioni di passività, e questi 2,9 miliardi sono debiti finanziari con le banche, l'INPS e per 600 milioni con i fornitori. Che ragione c’è a tenere in piedi un'azienda destinata al fallimento come Ilva ? Semplice: la tenete in stato di coma affinché le banche possano riprendere i soldi che ci hanno messo. Tenete in pratica una città in ostaggio solo per salvare le vostre amate banche. Per le banche fareste di tutto e fate di tutto, per i cittadini non fate mai niente, questa è la verità.
Altro scandalo assoluto è che tutti questi soldi che avete intenzione di stanziare andranno a finanziare investimenti sugli impianti obsoleti dell'Ilva, non andranno alle bonifiche, tanto chi se ne frega dell'inquinamento, chi se ne frega dei morti, ciò che importa è la salute delle banche, solo questa importa. Chi se ne frega di chi non può nemmeno seppellire i morti perché il terreno non può essere movimentato perché inquinato. Chi se ne frega se Taranto è un'altra cosa, qualcosa di bellissimo che voi avete storpiato nel tempo senza pietà.
Guardate, molte volte le parole non possono, non sanno rendere l'idea, i numeri in questo sono molto più convincenti. E, allora, guardiamo i numeri, ma non quelli dei guadagni, non quelli delle perdite, non quelli dei debiti e dei crediti, guardiamo i numeri dell'inquinamento.
Nella prima perizia sulle emissioni del 2010 si legge che in quell'anno Ilva ha emesso in aria le seguenti sostanze convogliate (questi sono dati che trovate tranquillamente su wikipedia): 4.159.300 chilogrammi di polveri, 11.056.900 chilogrammi di diossido di azoto, 11.343.200 chilogrammi di anidride solforosa, 7.000 chilogrammi di acido cloridrico, 1.300 chilogrammi di benzene, 338,5 chilogrammi di idrocarburi policiclici aromatici, 52,5 grammi di benzo(a)pirene, 14,9 grammi di diossine, 280 chilogrammi di cromo III. A detta della stessa Ilva, 172.123.800 chilogrammi di monossido di carbonio, 8.606.106.000 chilogrammi di biossido di carbonio, 718.600 chilogrammi di composti organici volatili non metanici, 8.190.000 chilogrammi di ossido di azoto, 7.645.000 chilogrammi di ossidi di zolfo, 157,1 chilogrammi di arsenico, 137,6 chilogrammi di cadmio, 564,1 chilogrammi di cromo, 1.758,2 chilogrammi di rame, 20,9 chilogrammi di mercurio, 424,8 chilogrammi di nichel, 9.023,3 chilogrammi di piombo, 23.736,4 chilogrammi di zinco, 15,6 grammi di diossine, 337,7 chilogrammi di idrocarburi policiclici aromatici, 1.254,3 chilogrammi di benzene, 356.600 chilogrammi di cloro, 20.063,2 chilogrammi di fluoro e 1.361.000 chilogrammi di polveri. A tali emissioni convogliate vanno aggiunte tutte quelle non convogliate, cioè disperse in modo incontrollato. Questi numeri spaventosi equivalgono a centinaia e centinaia di morti, a migliaia di malati, equivalgono ad una mattanza silenziosa che si consuma con il vostro benestare.@pagina=0069@
E allora ve lo diciamo noi ciò che si dovrebbe fare, con tutto il coraggio di cui siamo capaci: l'unica strada da intraprendere, e il più presto possibile, è quella della dismissione e bonifica della fabbrica. I grandi impianti siderurgici appartengono al passato, quando c'era molto da costruire. Se vogliamo fare qualcosa di sensato, dobbiamo passare alle bonifiche, dobbiamo investire in quello. Il futuro è lì, con molto più impiego e molta più salute. Voi invece buttate via risorse preziose per un impianto destinato comunque alla morte, siete inguaribili incompetenti, noi invece siamo inguaribile sognatori e vogliamo il meglio per Taranto. Noi sogniamo per la città che fu capitale della Magna Grecia una vera e propria rinascita. Esempi nel mondo ce ne sono, città come Bilbao, che grazie ad una rivoluzione simile a quella che auspichiamo per Taranto è divenuta la terza meta turistica della Spagna. Vi rendete conto o no ? Capite la bellezza di questa visione ? Io mi commuovo al solo pensiero, abbattiamo il mostro, impieghiamo i lavoratori per le bonifiche e pianifichiamo una rivoluzione culturale a Taranto. Questo è il nostro sogno, vedere rifiorire una città che ha tutte le carte in regola per essere un polo sì, ma non industriale, bensì culturale. Al posto delle ciminiere puzzolenti, musei e biblioteche. Al posto dei forni inquinanti prati verdi, spazi dove giocare all'aperto. Anche questo, giocare all'aperto, è vietato in alcune zone di Taranto. Insomma, lo sapete anche voi che la strada è questa, ma avete la mani legate, legate dai soldi. Noi no invece, noi siamo liberi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). PAGINA: 0069 GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Presidente, colleghi e colleghe, premessa subito la circostanza di essere un parlamentare della provincia di Taranto, quindi fortemente coinvolto dalle vicende che riguardano l'Ilva, e soprattutto consapevole di quanto le sorti del colosso siderurgico riverberino conseguenze, anche gravi, sull'intero tessuto socioeconomico del territorio, la mia posizione rispetto al provvedimento in discussione ha una genesi indipendente, probabilmente anche in dissenso da quella del mio gruppo di appartenenza. Dirò subito che, obtorto collo, voterò a favore della conversione: dico «obtorto collo» perché ritengo questo ennesimo provvedimento, il settimo decreto sull'Ilva, assolutamente inadeguato, difficilmente attuabile, senza una reale prospettiva. Mi rendo conto, però, che allo stato in cui è stata portata l'azienda, e non certo solo dai Riva, ma con il forte contributo di una gestione commissariale fallimentare, senza questo provvedimento il rischio sarebbe il default totale, e questo Taranto e la sua provincia non possono permetterselo.
Io condivido in parte anche quanto l'onorevole Brescia dice; solo però vorrei spiegare che probabilmente non tutto ciò che vogliamo si può concretizzare; parliamo di certezze, parliamo di attualità perché è illusorio ciò che tutti fanno ovvero proiettarsi nel futuro senza avere certezze nel presente. Ritengo non sia giusto, non sia corretto e soprattutto non sia onesto nei confronti dei cittadini di Taranto e di chi in quella zona come me ci vive.
Se il Presidente Renzi avesse mantenuto uno dei tanti impegni annunciati e puntualmente disattesi, ovvero essere a Taranto entro il Natale scorso, probabilmente avrebbe avuto modo di comprendere meglio la realtà drammatica in cui il territorio ionico si trova. Vorrei ricordare che gli annunci ai quali ci ha abituato il Presidente Renzi ormai sono sotto gli occhi di tutti: a Taranto è venuto in cinque minuti garantendo e promettendo finanziamenti per oltre 30 milioni di euro per lo screening per le malattie infantili: nulla di tutto questo, non vi è un solo centesimo che possa riguardare questo dramma che Taranto vive così come i colleghi che mi hanno preceduto hanno messo in risalto.
È di ieri, proprio in riferimento all'Ilva, l'accordo sulla solidarietà che comporterà per un anno la drastica riduzione di @pagina=0070@reddito per oltre 4 mila addetti, con ripercussioni ovviamente anche sull'intero indotto; indotto che, come è noto, vive momenti di grande difficoltà, a cominciare dagli autotrasportatori che con grande dignità e senso di responsabilità continuano la loro protesta vicini ormai al fallimento a causa di crediti non onorati ancora una volta non da un imprenditore privato, bensì dalla gestione commissariale. E io vorrei anche sottoporre all'attenzione dell'Aula un altro aspetto: come è possibile pensare di inserire nella bad company tutti coloro che hanno lavorato su indicazioni dello Stato ? Perché, sostanzialmente, le forniture sono state fatte, i trasporti sono stati fatti, solo ed esclusivamente su indicazione del commissario che doveva rappresentare la garanzia degli emolumenti a favore di chi ha lavorato !
Io ho letto il testo, ho visto che è stato inserito anche il comma 1-ter cioè la prededuzione su quelle forniture fatte in precedenza rispetto alla data dell'ammissione al concordato; però vorrei che rimanesse agli atti così com’è rimasto agli atti...
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