ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO

Seduta n. 152 di mercoledì 15 gennaio 2014

INDICE


ATTI DI INDIRIZZO:

Mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento):
  D'Incà  1-00314  8681

Mozione:
  Gigli  1-00313  8683

Risoluzioni in Commissione:
 IV Commissione:
  Artini  7-00223  8687
 IX Commissione:
  De Lorenzis  7-00222  8690
 XI Commissione:
  Rizzetto  7-00221  8693

ATTI DI CONTROLLO:

Presidenza del Consiglio dei ministri.

Interrogazione a risposta scritta:
  Marcon  4-03150  8694

Affari esteri.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Tacconi  5-01872  8695

Interrogazione a risposta scritta:
  Mura  4-03157  8695

Ambiente e tutela del territorio e del mare.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Zardini  5-01875  8696
  Cominelli  5-01881  8697

Beni e attività culturali e turismo.

Interrogazione a risposta scritta:
  Caparini  4-03151  8698

Difesa.

Interrogazioni a risposta scritta:
  Taglialatela  4-03148  8699
  Rizzo  4-03155  8700

Economia e finanze.

Interrogazione a risposta orale:
  Bianchi Dorina  3-00559  8701

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Rubinato  5-01879  8702

Giustizia.

Interrogazione a risposta scritta:
  Melilla  4-03144  8703

Infrastrutture e trasporti.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Culotta  5-01870  8704
  Bergamini  5-01874  8704
  De Lorenzis  5-01880  8705

Interno.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Cimbro  5-01871  8707

Interrogazioni a risposta scritta:
  Tofalo  4-03146  8708
  Pannarale  4-03147  8708
  Marcon  4-03149  8709
  Naccarato  4-03153  8710

Istruzione, università e ricerca.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Vacca  5-01869  8711
  D'Ottavio  5-01877  8712

Interrogazione a risposta scritta:
  Palmizio  4-03156  8712

Lavoro e politiche sociali.

Interrogazione a risposta scritta:
  Gagnarli  4-03154  8714

Salute.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Biondelli  5-01876  8715
  Covello  5-01878  8716

Interrogazione a risposta scritta:
  Piazzoni  4-03145  8717

Sviluppo economico.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Tidei  5-01873  8719

Interrogazione a risposta scritta:
  D'Ambrosio  4-03152  8720

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari  8721

Apposizione di una firma ad una risoluzione  8721

Apposizione di una firma ad una interrogazione  8721

ERRATA CORRIGE  8721

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione (ex articolo 115, comma 3, del regolamento):

   La Camera,
   premesso che:
    un Ministro, figura chiave della compagine governativa ed elemento di equilibrio politico nei rapporti con tutte le forze parlamentari, deve, non solo essere, ma anche apparire trasparente rispetto ai propri atti, ai propri impegni ed ai propri comportamenti;
    ogni Ministro, nell'assunzione dell'incarico per cui è chiamato ad operare, avrebbe l'obbligo di riconoscenza della propria integrità morale, al fine di non determinare, lungo il cammino al servizio della Nazione, situazioni che ne offuscherebbero la trasparenza d'immagine causando ulteriore sfiducia ed allontanamento dei cittadini dalla politica;
    da notizie di stampa de Il Fatto Quotidiano del 4 gennaio 2014 risulta che l'attuale Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Onorevole De Girolamo, nel mese di luglio 2012 si sia resa complice di fatti gravemente dannosi a questo Governo per la mancanza di rispetto della moralità e dell'onestà, elementi fondanti ed imprescindibili della fiducia da parte dei cittadini italiani;
    da quanto emerge nelle intercettazioni telefoniche fornite dall'ex direttore dell'Asl di Benevento, Felice Pisapia, pubblicate da Il Fatto Quotidiano in data 4 gennaio 2014, il Ministro De Girolamo, all'epoca dei fatti deputata in forza PDL, avrebbe influenzato, in diversi incontri con i vertici dell'Asl, ed orientato:
   l'affidamento milionario per il servizio 118;
   l'ubicazione di presidi e strutture dell'Asl;
   i «controlli ad hoc» in strutture ospedaliere guidate da persone a Lei non gradite;
    per quanto attiene all'appalto milionario del 118 di Benevento sembrerebbe dalle intercettazioni che una società gradita al «direttorio politico–partitico» come lo ha definito il Gip dell'indagine sulla Asl di Benevento, sarebbe stata favorita, mentre un'altra sgradita è stata penalizzata con pagamenti ritardati;
    dalle trascrizioni dell'informativa della Guardia di finanza del 12 dicembre scorso che il giornale Il Fatto ha pubblicato integralmente si può leggere che il Ministro De Girolamo, parlando con due collaboratori il giornalista Luigi Barone e l'avvocato Giacomo Papa, suo vicecapo gabinetto al Ministero, e il direttore generale della Asl Michele Rossi, ancora in carica, e Felice Pisapia soggetto a provvedimento restrittivo, chiede se sia possibile procedere ad affidamento diretto per il 118 di un appalto triennale per il valore di 12 milioni di euro. Il Pisapia dichiara anche che si rifiutò di passare, in anticipo, al Dott. Papa, ora vicecapo gabinetto al Ministero delle politiche agricole, il capitolato di appalto;
    sulla base dell'informativa della Guardia di finanza del 12 dicembre 2013 il pubblico ministero di Benevento Giovanni Tartaglia dispose il provvedimento restrittivo per il dottor Pisapia e chiese alla Guardia di finanza di accertare se nelle conversazioni intercettate siano ravvisabili reati;
    seppur non indagata, la De Girolamo, è presente nelle registrazioni depositate nell'ambito di una inchiesta per truffa e peculato per centinaia di migliaia di euro sottratti dalle casse dell'azienda sanitaria a favore di alcuni imprenditori;
    sarebbe evidente che l'intenzione della De Girolamo e dei suoi interlocutori non era di rendere più efficiente il funzionamento della macchina della sanità pubblica nel nome dell'interesse collettivo,
ma la preoccupazione principale era quella di premiare gli amici e gli amici degli amici;
    nei nastri registrati il 30 luglio 2012 la De Girolamo, tra l'altro, avrebbe usato, rivolgendosi a Michele Rossi (Manager dell'Asl), frasi del genere (letteralmente trascritte): «Michè, scusami, al Fatebenefratelli facciamo capire che un minimo di comando ce l'abbiamo. Altrimenti mi creano coppetielli con questa storia. Mandagli i controlli e vaff....!... Io non mi permetto di farlo, però ad essere presa per culo da Carrozza, quando poi gli ho dato tanta disponibilità ogni volta che mi hanno chiesto, Miché». (Il dottor Giovanni Carrozza è il direttore amministrativo dell'ospedale Sacro Cuore di Gesù – Fatebenefratelli);
    queste affermazioni sarebbero solo la continuazione di quanto era già avvenuto una settimana prima, quando la De Girolamo avrebbe tentato palesemente di influenzare gli affidamenti per il servizio 118, cercando di evitare l'uso di una pubblica gara per l'aggiudicazione dell'appalto, ma tentando la strada dell'affidamento diretto per «bypassare» – testuali parole così riportate dal quotidiano – «la gara pubblica» che non le avrebbe consentito, probabilmente, un diretto controllo dell'esito;
    è interessante, in particolare in relazione alle vicende del servizio 118 reso, sembrerebbe, con enormi difficoltà di gestione create, certamente, da errate decisioni ai vertici dell'ente; infatti sarebbe proprio di questi ultimi giorni un comunicato con cui i sindacati dei lavoratori proclamano uno sciopero per protestare contro la mancanza di rispetto degli impegni assunti dal direttore generale dell'Asl, dottor Michele Rossi;
    «In merito» – scrivono le parti sociali – «riteniamo fondamentale il puntuale rispetto delle clausole di garanzie riguardanti il mantenimento dei livelli occupazionali e stipendiali previsti dal punto 7.2 del capitolato di appalto per i suddetti lavoratori in relazione al cambio di appalto in essere e disposto a seguito dell'aggiudicazione alla Confederazione Nazionale delle Misericordie di gara avvenuta con delibera Asl di Benevento n. 122 del 14 giugno 2013. Ci preme rimarcare che: non sono stati mantenuti dal direttore generale dell'Asl gli impegni assunti sia in sede Prefettizia in data 24 ottobre in merito alla salvaguardia dei livelli occupazionali, retributivi e normativi in favore dei lavoratori e confermati in data 22 novembre 2013 nel corso di apposito incontro che aveva portato alla sospensione della procedura di passaggio di cantiere tra gli attuali gestori e la subentrante Confederazione Nazionale delle Misericordie»;
    Il Fatto Quotidiano fa riferimento anche alle registrazioni inerenti le importanti decisioni sull'ubicazione dell'ufficio territoriale dell'Asl. «Dove dovremmo metterlo?», si chiese la futura ministra, «a Sant'Agata che Valentino (il sindaco del Partito democratico) è uno str.....? Cioè, non è nemmeno venuto da me»;
    sempre secondo la versione de Il Fatto Quotidiano, il veto su collocare una struttura a Forchia: «Preferisco darlo a uno del Pd che ci vado a chiedere 100 voti»;
    il fatto che un Ministro, che all'epoca dei fatti, in qualità di deputato della Repubblica italiana, abbia tentato in maniera inconfutabile di imporre la sua posizione politica per influenzare decisioni così importanti per l'aspetto della salute pubblica, per il funzionamento trasparente della macchina pubblica, getta un'ombra indelebile sulla sua figura istituzionale da un punto di vista etico, morale e politico;
   per i motivi esposti in premessa:
    visti gli articoli 28 e 94 della Costituzione, l'articolo 115 del Regolamento della Camera dei deputati;
    esprime sfiducia al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
Nunzia De Girolamo e lo impegna a rassegnare le immediate dimissioni.
(1-00314) «
D'Incà, Silvia Giordano, Lupo, Brescia, Nuti, Agostinelli, Alberti, Artini, Baldassarre, Barbanti, Baroni, Basilio, Battelli, Bechis, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Catalano, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Currò, Da Villa, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo, Grande, Grillo, Cristian Iannuzzi, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lorefice, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Mucci, Nesci, Parentela, Pesco, Petraroli, Pinna, Pisano, Prodani, Rizzetto, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Rostellato, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Segoni, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Tacconi, Terzoni, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Turco, Vacca, Simone Valente, Vallascas, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».

Mozione:

   La Camera,
   premesso che:
    vi è assoluta necessità e urgenza di porre mano alla questione del deterioramento delle condizioni economiche di una parte della popolazione in seguito alla crisi;
    la crisi economica esplosa nel 2007 negli Stati Uniti e che ha finito per contagiare l'intero Occidente, sia in termini di fallimenti bancari che in termini di drastica diminuzione dei livelli occupazionali, ha prodotto, per quanto concerne il nostro Paese, un radicale cambiamento socio-economico, i cui effetti sono destinati a perdurare negli anni a venire ed a pesare inevitabilmente sulle generazioni future;
    classi sociali, che fino a pochi anni fa si potevano ritenere al riparo dal rischio povertà, potendo esse contare su una sicurezza economica legata alla stabilità lavorativa, si sono viste, con il passare del tempo, coinvolte in una spirale economico-finanziaria che ha finito col minacciare il loro tenore di vita;
    recenti fatti di cronaca hanno evidenziato in modo drammatico la disperazione in cui versano i cittadini che subiscono questi processi di impoverimento;
    gli effetti della crisi si sono verificati in un contesto di progressivo smantellamento delle risposte del welfare locale;
    in solo sette anni, dal 2005 al 2012, il numero gli italiani che vivono in povertà assoluta è raddoppiato. Nel 2012, anno a cui risalgono gli ultimi dati dell'Istat le famiglie che versavano in una condizione di povertà assoluta erano un milione e 725 mila (il 6,8 per cento delle famiglie residenti) per un totale di oltre 4,8 milioni di persone (l'8 per cento, della popolazione), di questi poco più di 2,3 milioni erano residenti al Sud;
    la perdurante crisi economica ha prodotto l'impoverimento di un'ampia parte della popolazione, ma non ne ha impedito la fruizione dei beni e dei servizi essenziali, a differenza di chi non raggiunge «uno standard di vita minimamente accettabile» calcolato dall'Istat e legato a un'alimentazione adeguata, a una situazione abitativa decente e ad altre spese basilari come quelle per la salute, i vestiti e i trasporti;
    si stima che la ripresa potrà ridurre l'attuale percentuale di povertà assoluta ma non di molto dato che la sua maggiore presenza è un fenomeno strutturale, così come il suo nuovo profilo, non concentrandosi più esclusivamente nel meridione e tra le famiglie numerose (con almeno tre figli) anche se queste rimangono le realtà dove risulta maggiormente presente;
    negli ultimi anni si è assistito, infatti, ad un incremento sempre crescente di tale fenomeno in segmenti della popolazione prima ritenuti immuni: il Nord - dove le persone in povertà assoluta sono aumentate dal 2,5 per cento (2005) al 6,4 per cento (2012) – e le famiglie con due figli (dal 4,7 per cento al 10 per cento);
    è cresciuta anche l'insicurezza di non essere più in grado di far fronte a eventi negativi come per esempio una improvvisa malattia, associata a non autosufficienza, di un familiare, o l'instabilità del rapporto di lavoro, o gli oneri finanziari sempre maggiori;
    la diffusione del precariato fra le giovani generazioni rende questa categoria tra quelle a maggior rischio di povertà, rinviando le possibilità ed il desiderio di una vita in coppia e di procreare, con riflessi negativi sul tasso di natalità;
    per fronteggiare questa situazione, l'impegno dei comuni e delle tante realtà non profit impegnate nel territorio o dei conoscenti o ad altri, non è sufficiente ed i grandi numeri della povertà di oggi fanno sì che, nella maggior parte dei casi, chi sperimenta questa condizione debba innanzitutto contare sulle proprie forze;
    l'Italia è l'unico paese dell'Europa a 15, insieme alla Grecia, privo di una misura nazionale a sostegno di chi si trova in questa condizione;
    anche se con differenze, le legislazioni degli altri paesi membri UE prevedono fondamentalmente un contributo economico per affrontare le spese primarie accompagnato da servizi alla persona (sociali, educativi, per l'impiego) che servono ad organizzare diversamente la vita di queste persone aiutandole a cercare di uscire dalla povertà;
    si tratta, null'altro, che della messa in opera del patto di cittadinanza tra lo Stato e il cittadino in difficoltà: chi è in povertà assoluta ha diritto al sostegno pubblico e il dovere d'impegnarsi a compiere ogni azione utile a superare tale situazione;
    alcune delle misure messe in atto dai Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, a partire dalla «social card», non hanno sortito gli effetti desiderati: si è trattato di provvedimenti tampone che non hanno intaccato il problema strutturalmente e contrastato adeguatamente i disagi derivanti dalla condizione di povertà assoluta;
    in uno Stato moderno la spesa sociale dovrebbe svolgere una funzione di perequazione delle differenze in termini di dotazione di servizi tra i territori, operando in particolare una redistribuzione delle risorse in base ai rischi specifici dei diversi comparti quali la povertà, le condizioni di salute per la sanità, il disagio per l'assistenza sociale e l'investimento in capitale umano per l'istruzione;
    recentemente sono state elaborate alcune iniziative per contrastare questo fenomeno tra le quali si distinguono quella elaborata da un gruppo di lavoro insediato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali presieduto dal Vice-Ministro Guerra, volte all'introduzione di una nuova misura di contrasto alla povertà, il SIA (Sostegno all'inclusione Attiva) e quella elaborata dalle Acli e Caritas che hanno proposto il REIS (Reddito d'inclusione Sociale) fino ad arrivare all'elaborazione del Piano nazionale contro la povertà propugnato da Alleanza contro la povertà in Italia, un insieme di soggetti sociali che ha deciso di unirsi per contribuire
alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta nel nostro paese;
    il Piano nazionale contro la povertà, da avviare nel 2014, contiene le indicazioni concrete affinché venga gradualmente introdotta una misura nazionale, rivolta a tutte le persone in povertà assoluta nel nostro Paese, che si basi su una logica non meramente assistenziale ma che sostenga un atteggiamento attivo dei soggetti beneficiari dell'intervento;
    sin dal 2014, la misura consiste nel diritto ad una prestazione monetaria accompagnato dall'erogazione dei servizi necessari ad acquisire nuove competenze e/o organizzare diversamente la propria (Servizi per l'impiego, contro il disagio psicologico e/o sociale per esigenze di cura e altro);
    in via sperimentale si procede al varo di una «Nuova Social Card» (12 grandi comuni), della «Carta per l'inclusione Sociale» (8 regioni sud) e della Carta Acquisti tradizionale (quella introdotta nel 2008);
    l'avvio della nuova misura sulla lotta alla povertà assoluta non dovrà considerarsi in alcun modo sostitutivo del necessario rifinanziamento del Fondo nazionale politiche sociali e del Fondo Non autosufficienza, oggetto peraltro negli anni recenti di tagli radicali;
    evidenziare la necessità del finanziamento statale non significa assolutamente svilire tutto quello che è già stato realizzato nel territorio contro la povertà che, al contrario, dovrà essere valorizzato e confluire nella riforma, mentre dovranno rimanere comunque destinate alla spesa sociale per le famiglie in condizione disagiata le risorse attualmente impiegate nella lotta alla povertà a livello regionale e territoriale;
    allo stesso modo, tutto il patrimonio di esperienze maturate a livello territoriale, da parte di enti locali, terzo settore e organizzazioni sociali, dovrà essere valorizzato nella costruzione della riforma e confluire in essa;
    nel progetto del Piano nazionale contro la Povertà si prevede che l'apporto finanziario di donatori privati possa svolgere un ruolo di rilievo, con funzione complementare rispetto al necessario finanziamento statale del livello essenziale,

impegna il Governo:

   proseguire nella costruzione di una strategia di lungo respiro per la lotta alla povertà, inserendola tra le priorità delle politiche di Governo, mirante alla graduale introduzione di una misura nazionale, rivolta a tutte le persone in povertà assoluta nel nostro Paese, che si basi su una logica non meramente assistenziale ma che sostenga un atteggiamento attivo dei soggetti beneficiari dell'intervento;
   a prevedere quindi che il beneficio, oltre a essere limitato nella sua estensione temporale, non si riduca a sole misure economiche, ma debba accompagnarsi a un patto virtuoso con il quale definire un piano personalizzato volto al reinserimento lavorativo e alla più generale inclusione sociale dell'intero nucleo familiare, prevedendo specifici impegni in termini di contatti con i servizi, ricerca attiva di lavoro, adesione a progetti di formazione, frequenza e impegno scolastico dei figli, assistenza ai membri disabili e tutela della salute della famiglia;
   a valutare la possibilità di assumere iniziative per potenziare l'utilizzo dello strumento delle deduzioni e delle detrazioni fiscali per le spese relative all'assistenza e al sostegno delle famiglie con componenti minori, persone non autosufficienti e anziani, al fine di facilitare l'accesso ai servizi per le famiglie meno abbienti e con maggior carico di bisogni e per ridurre allo stesso tempo le forme di lavoro nero e l'evasione fiscale, escludendo – con riferimento alla clausola di salvaguardia della legge di stabilità – le detrazioni per carichi familiari dalle previste riduzioni di aliquota;

   a procedere celermente, previa intesa in Conferenza unificata, alla firma del riparto delle risorse del fondo nazionale per le politiche sociali concordato in sede di Conferenza delle regioni, al fine di rendere queste risorse immediatamente disponibili alle regioni e quindi agli enti gestori;
   ad assumere iniziative per introdurre nella normativa del nostro Paese i livelli essenziali delle prestazioni socio-assistenziali, affinché si possa realizzare su tutto il territorio nazionale una rete integrata di servizi;
   a stabilizzare gli strumenti per l'inclusione attiva già disponibili e accelerare l'avvio degli interventi già finanziati;
   a definire, nel rispetto dei vincoli di bilancio, il punto di arrivo della misura del SIA a regime, identificando una data di arrivo certa per l'universalizzazione dei benefici alla platea degli aventi diritto, a partire dalla quale tutte le famiglie in povertà assoluta beneficeranno dell'intervento;
   a definire, nel rispetto dei vincoli di bilancio, le tappe intermedie di un percorso pluriennale che contenga indicazioni concrete per la graduale estensione dei provvedimenti per l'inclusione attiva, fino al concreto raggiungimento dell'obiettivo, specificando l'ampliamento dell'utenza e il relativo finanziamento, previsto per ogni annualità;
   a definire i criteri per l'allargamento della platea dei beneficiari, secondo un ordine di priorità, e valutare le seguenti condizioni tra i criteri di individuazione dei soggetti più fragili: famiglie numerose, presenza di disabili, famiglie monogenitoriali, povertà minorile, anziani soli;
   a destinare l'intervento di contrasto alla povertà al nucleo familiare, prevedendo che le azioni messe in atto vadano a beneficio dell'intero nucleo familiare cui appartiene il soggetto percettore e non solo del singolo;
   a valutare, al termine della fase biennale di sperimentazione, la possibilità di rivedere le scale di equivalenza dell'ISEE utilizzando i fattori di correzione suggeriti dall'ISTAT e dall'Osservatorio nazionale per la famiglia (fattore famiglia), mantenendo nel contempo gli incrementi per disabilità, monogenitorialità, vedovanza, disoccupazione, per fare in modo che tale strumento tenga conto di tutte le spese per i figli e per renderlo meglio corrispondente alla reale situazione socioeconomica ed al carico assistenziale delle famiglie;
   a promuovere la reale integrazione di tutti gli interventi (statali, delle regioni e degli enti locali) tale da costruire un piano nazionale contro la povertà assoluta in cui tali interventi siano coordinati;
   a pervenire ad uno strumento capace di integrare l'azione dello Stato con quella degli enti locali, del terzo settore e del volontariato, prevedendo il coinvolgimento attivo del terzo settore e del volontariato nella programmazione, nella progettazione e nella gestione degli interventi di accompagnamento e in particolare nell'affiancamento della persona e della famiglia;
   a sviluppare in particolare tra le misure di reinserimento quelle che permettono a una persona di mettere le sue capacità a servizio dei soggetti svantaggiati della società, come il Servizio civile volontario o forme di lavoro socialmente utile;
   ad incoraggiare la partecipazione complementare dei donatori privati, favorendola attraverso opportuni meccanismi di detassazione;
   ad assumere iniziative dirette a stabilizzare, anche in risposta alle recenti determinazioni della Corte dei conti e nel rispetto dei vincoli di bilancio, lo strumento del 5 per mille dell'IRPEF a favore delle organizzazioni no-profit, cancellandone il tetto per assicurare che tutto il ricavato del gettito sia effettivamente allocato secondo le indicazioni dei contribuenti;
   a mettere in atto opportuni interventi, anche attraverso il coinvolgimento
del volontariato degli enti no-profit, per superare il problema dell'informazione nell'accesso ai servizi che potrebbe penalizzare proprio i soggetti più diseredati;
   a contrastare il gioco di azzardo, quale forma di prevenzione dell'impoverimento delle famiglie.
(1-00313) «
Gigli, Patriarca, Dorina Bianchi, Bobba, Sberna, Roccella, Lenzi, Binetti, Dellai, Sereni, Cimmino, Preziosi, Marguerettaz, Iori, Murer, Argentin, Carnevali, Capone, Scuvera, Basso, Biondelli, Piccione, D'Incecco, Amato, Paola Bragantini, Terrosi, Antezza».

Risoluzioni in Commissione:

   La IV Commissione,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 246 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare – COM), per aeromobile a pilotaggio remoto (APR), si intende un mezzo aereo pilotato da un equipaggio che opera da una stazione remota di comando e controllo;
    il successivo articolo 247 del codice dell'ordinamento militare delinea l'autorizzazione ed limiti all'impiego degli APR in dotazione alle Forze Armate, chiarendo che:
   a) le forze armate italiane sono autorizzate a impiegare APR in dotazione in attività operative e addestrative per la difesa e la sicurezza nazionale;
   b) l'impiego degli APR avviene nell'ambito di spazi aerei determinati e con le limitazioni stabilite nell'apposito Documento Tecnico-Operativo adottato dall'Aeronautica militare, sentita la Forza armata che impiega gli APR, e dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), di concerto con l'Ente nazionale di assistenza al volo (ENAV), per gli aspetti di gestione e controllo del traffico aereo;
   c) le limitazioni di cui al comma 2, riguardanti i profili di missione, le procedure operative, le aree di lavoro e gli equipaggiamenti, sono stabilite nel rispetto dei principi della sicurezza del volo;
   d) corso di operazioni sul territorio nazionale o all'estero connesse a situazioni di crisi o di conflitto armato l'impiego degli APR non è sottoposto alle limitazioni di cui al comma 2.
    il succitato documento tecnico-operativo (DTO) siglato tra Aeronautica militare ed ENAC, stabilisce le modalità ed i requisiti per individuare, attivare ed utilizzare le aree ed i corridoi aerei di transito destinati alle operazioni con gli Aeromobili a pilotaggio remoto (APR);
    il programma Predator dell'Aeronautica militare nasce dall'esigenza operativa dello strumento militare di disporre di un'efficace e moderna componente strategica di sistemi APR, conosciuti in ambito NATO e UE con la terminologia Remotely Piloted Aircraft (RPA) ovvero di Unmanned Aircraft System (UAS);
    i sistemi Predator sono tutti stanziati sulla base aerea di Amendola (Foggia), sede del 32o Stormo dell'Aeronautica Militare;
    l'Aeronautica militare avviò, a partire dal 2001, l'acquisizione del sistema Predator A, di produzione statunitense, per un totale di 6 velivoli. Nel 2009, in considerazione degli ottimi risultati conseguiti con il Predator A in Iraq ed Afghanistan, l'Aeronautica militare decise un ulteriore incremento delle capacità operative acquisendo 6 sistemi Predator B, con prestazioni superiori alla precedente versione;
    i sistemi Predator assicurano l'attività di monitoraggio, sorveglianza e ricognizione aerea, per prolungati periodi di tempo, anche a notevoli distanze ed in aree contaminate o pericolose. Tale tipo di operazioni (definite dull, dangerous, dirty & deep) sono possibili grazie al fatto che il pilotaggio e la gestione dei sensori vengono effettuati da piloti ed operatori mediante l'impiego di una stazione di controllo a terra, posizionata anche a notevole distanza dall'aeromobile, anche impiegando canali satellitari;
    il vantaggio maggiore nell'impiego dei Predator, e degli APR in generale, risiede nel fatto che l'essere umano, non essendo presente sul vettore aereo, non è soggetto ai rischi intrinseci del volo, al pericolo dovuto ad agenti contaminanti, ovvero alla minaccia aerea esistente;
    tra le caratteristiche più rilevanti dei Predator si evidenziano quelle di:
   a) persistenza, riuscendo a rimanere in volo per lunghi periodi sulle zone da monitorare (oltre 24 ore);
   b) presenza non rilevabile, essendo in grado di operare anche a quote molto elevate (fino a 25.000 ft – 7.600 mt per la versione A, ed oltre 48.000 ft – 14.600 mt per la versione B) e quindi non individuabile visivamente o acusticamente;
   c) accuratezza, mediante la disseminazione di un video ad alta definizione in tempo reale agli operatori a terra;
   d) tempestività, potendo dirigersi in tempi brevi sull'area d'operazioni;
   e) flessibilità d'impiego, dato che consente la riprogrammazione delle missioni in corso;
   g) versatilità, in quanto capace di svolgere attività in supporto di diversi utenti, anche civili;
    i Predator dell'Aeronautica militare non sono dotati di alcun tipo di armamento;
    il Predator, sebbene definito unmanned, è costantemente controllato da un pilota, responsabile della condotta del velivolo, coadiuvato da un equipaggio composto da un operatore dedicato alla gestione dei sensori e da un supervisore della missione per il coordinamento delle attività interne e per le comunicazioni con l'esterno. Il team operativo del Predator è completato da analisti che estrapolano le informazioni richieste dai video prodotti dai sensori;
    il Predator è costituito da quattro componenti principali: il velivolo, i sensori, la stazione di controllo a terra ed i sistemi di telecomunicazione, necessari per il pilotaggio del velivolo, il controllo dei sensori e la ricezione dei dati raccolti. I sensori integrati sul sistema sono elettro-ottici, all'infra-rosso e radar (Synthetic Aperture Radar/Ground Moving Target Indicator – SAR/GMTP) e permettono di rilevare, identificare e monitorare persone, mezzi e oggetti al suolo sfruttando il campo visivo, la differenza di temperatura, la riflessione radar od il movimento;
    l'esperienza maturata dall'Aeronautica militare nel corso delle varie operazioni fuori dai confini nazionali, prima nei teatri operativi iracheno e libico, tuttora in quelli afgano e kosovaro, ha dimostrato l'elevata efficacia, efficienza ed economicità del sistema Predator per l'effettuazione di attività di intelligence, sorveglianza e ricognizione aerea;
    la versatilità d'impiego dei sistemi Predator li rende idonei anche a svolgere attività in supporto ad altri Ministeri, ad esempio in concorso con le forze dell'ordine, le agenzie di sicurezza o gli organi di soccorso e protezione civile;
    in generale l'utilizzo degli APR, ormai consolidato per usi militari, è crescente anche per applicazioni civili, ad esempio in operazioni di prevenzione e intervento in emergenza incendi, per usi di sicurezza non militari, per sorveglianza oleodotti, per la ricerca ed il soccorso in aree colpite gravemente da terremoti e inondazioni, per il concorso alle forze dell'ordine, per la sorveglianza dei confini, per il monitoraggio ambientale e, più in generale, in tutti i casi in cui tali sistemi possano consentire l'esecuzione di missioni con maggiore efficacia, efficienza ed economicità, riducendo al contempo il rischio per gli equipaggi. Ad esempio i Global Hawk statunitensi hanno sorvolato
la centrale nucleare di Fukushima, in Giappone, addentrandosi nella zona contaminata dalle radiazioni, col fine di monitorare i reattori nucleari dopo le esplosioni causate dal terremoto del 2011;
    recentemente, il Ministero della difesa ha deciso di impiegare anche i Predator dell'Aeronautica Militare nell'operazione di sorveglianza, ricerca e soccorso nel Mediterraneo denominata «Mare Nostrum». L'impiego di questi sistemi consente di avvistare i naufraghi in pericolo di vita, rilevare con largo anticipo le imbarcazioni dirette verso le coste italiane, individuare gli scafisti ed identificare le navi-madri utilizzate da quest'ultimi;
    è notoria l'emergenza roghi, che attanaglia ampie porzioni di territorio comprese tra il litorale domitio-flegreo, l'agro aversano-atellano, l'agro acerrano-nolano, l'area vesuviana e la città di Napoli. Queste zone hanno ormai assunto l'appellativo «Terra dei Fuochi», dove ogni giorno, più volte al giorno, tonnellate di rifiuti industriali, urbani e speciali, sono abbandonati incontrollatamente ai margini delle strade o nelle campagne e poi dati alle fiamme. Uno smaltimento a basso costo per chi compie questi atti illeciti, che però si ripercuote sull'ambiente e sulla salute di chi lo subisce con costi altissimi in termini di malattie ed inquinamento;
    la combustione di materiali eterogenei e pericolosi sprigiona una quantità enorme di fumi tossici ed il particolato, ricadendo al suolo, oltre ad avvelenare l'aria di tutta la zona e dei territori limitrofi, compromette irrimediabilmente le colture e gli allevamenti presenti, immettendo attraverso la catena alimentare, un'enorme quantità d'inquinanti tossici, incontrollati e incontrollabili, fortemente nocivi per la salute umana. Inoltre, in alcuni punti il percolato ed i liquami scaturiti dal processo di putrefazione dei rifiuti abbandonati o interrati hanno prodotto delle pozze. Molti di questi prodotti alimentari, sottoposti a controlli insufficienti, sono poi commercializzati in tutto il territorio nazionale, con conseguenze nocive per la salute di chi li mangia e per l'economia della Campania;
    in data 3 ottobre 2013 il sito di informazione Julie news informa che: «A Caivano, in località Sant'Arcangelo, durante un servizio di controllo del territorio finalizzato alla prevenzione e repressione di reati in materia d'inquinamento ambientale, i carabinieri della locale tenenza insieme ai colleghi del nucleo operativo ecologico di Napoli, in un'area di circa 30.000 mq, adiacente rimpianto di depurazione delle acque reflue urbane di Acerra, durante lavori di manutenzione alla condotta fognaria, hanno rinvenuto, interrati a circa 40 cm di profondità, rifiuti speciali pericolosi e non, in particolare costituiti da plastica, materiale edile di risulta, pneumatici usati, pulviscolo grigio verosimile scoria di alto forno, materiale in cemento amianto, ferro, asfalto, legno ed altri rifiuti solidi non meglio identificabili, stimati in circa 36.000 tonnellate di rifiuti. Tutta l'area è stata sequestrata. L'area posta sotto sequestro dai carabinieri è di proprietà della Regione Campania: i militari stimano che nel terreno siano stati interrati decine di migliaia di tonnellate di rifiuti speciali e non. I lavori per la realizzazione delle condotte che collegano le fogne di Caivano all'impianto di depurazione delle acque reflue di Acerra (Napoli) risalgono ad una decina di anni fa»;
    sono circa vent'anni che questi crimini sono perpetrati in quell'area, e le conseguenze sono state l'aumento del tasso di mortalità, lo sviluppo di malformazioni nonché la diffusione di forme tumorali particolarmente aggressive e fulminanti correlabili all'inquinamento;
    il concorso degli APR dell'Aeronautica Militare porterebbe ad un impiego più efficace, efficiente ed economico delle forze di polizia impiegate o da impiegarsi nelle aree campane ove avvengono smaltimenti, sversamenti ed incendi illegali di materiali pericolosi e sostanze tossiche, riducendo i rischi per la salute di agenti e militari che vi operano e permettendo un
pronto intervento sui fatti delittuosi per l'individuazione dei responsabili, anche considerando quanto stabilito dall'articolo 24, comma 74, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 e l'articolo 7-bis, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125;
    è stata approvata parzialmente la mozione Di Maio (1-00150, testo di martedì 5 novembre 2013, seduta n. 111), il 5 novembre 2013 ed in special modo, impegnando il Governo: «a) Porre in essere tutte le forme di controllo incisivo del territorio campano atte a far cessare il criminale e illecito sversamento di rifiuti tossici in zone agricole e ad alta densità abitativa»,

impegna il Governo:

   ad impiegare aeromobili a pilotaggio remoto (APR) dell'Aeronautica militare, di classe strategica del tipo Predator, per il monitoraggio, la sorveglianza ed il controllo del territorio in concorso con le forze di polizia per la prevenzione e la repressione dei crimini ambientali in Campania;
   ad avviare un coordinamento interministeriale, in particolare, tra la Presidenza del Consiglio dei ministri ed i Ministeri della difesa, dell'interno, dei trasporti e dell'ambiente, per l'impiego degli APR suddetti;
   a destinare un capitolo di spesa specifico per l'approntamento, la gestione e l'impiego in concorso con le forze di polizia, degli APR dell'Aeronautica militare;
   all'adozione di un piano mirato all'impiego degli APR dell'Aeronautica militare per intervenire, in concorso con le forze di polizia, nei territori compresi tra il litorale domitio-flegreo, l'agro aversano-atellano, l'agro acerrano-nolano e vesuviano e la città di Napoli.
(7-00223) «
Artini, Micillo, Basilio, Corda, Tofalo, Rizzo, Frusone, Paolo Bernini».

   La IX Commissione,
   premesso che:
    il diritto a un trasporto efficiente è uno dei diritti fondamentali dei cittadini;
    l'infrastruttura ferroviaria della Puglia versa in uno stato di degrado e precarietà spesso oggetto di denuncia da parte dei viaggiatori;
    l'unico tratto della linea ferroviaria Adriatica attualmente rimasto a binario unico è quello tra Termoli-Lesina che risulta un vero e proprio collo di bottiglia della linea. Nella fattispecie si tratta di 37 chilometri a binario unico tra Lesina e Termoli, ed 1 chilometro a nord della stazione ferroviaria di Ortona;
    il raddoppio della linea Termoli-Lesina risulta coerente con gli obiettivi dei principali strumenti di programmazione collocandosi tra gli interventi previsti nel progetto «Corridoio Adriatico» (1999) che a sua volta è richiamato a livello comunitario dal programma di sviluppo e di integrazione delle reti di collegamento con i paesi CEEC e CIS affiancato al programma TEN-T (Trans-European network for Trans);
    il 14 marzo 2001 con decreto del Presidente della Repubblica è stato approvato il «Piano generale di trasporti e della logistica» (PGT), nel cui ambito sono proposte azioni mirate ad aumentare l'efficienza complessiva dell'offerta dei servizi di trasporto in termini di affidabilità, qualità, sicurezza e riduzione dei costi. All'interno del quadro delineato dal PGT, il progetto di raddoppio della tratta Termoli-Lesina figura nei pacchetti di interventi previsti nei progetti di corridoio insieme ad altre opere plurimodali e che interessano il territorio molisano e pugliese strettamente connesse e funzionalmente legate al raddoppio della direttrice ferroviaria longitudinale di corridoio adriatico Rimini-Ancona-Pescara-Termoli-Bari;
    la delibera del CIPE del 21 dicembre 2001 n. 121 contempla, nell'allegato 2, tra gli interventi strategici di preminente interesse nazionale di cui all'articolo 1 della legge n. 443 del 2001, il corridoio adriatico con la tratta pugliese del corridoio Bologna-Foggia-Bari-Lecce;
    nel 2003, in sede di presentazione del progetto della ITALFERR Spa per ricevere la VIA (valutazione d'impatto ambientale), si sono riconosciuti i principali obiettivi del progetto che possono essere sintetizzati per punti:
     a) aumento della velocità massima e della potenzialità della linea;
     b) rilevazione degli indici di qualità del servizio;
     c) massimizzazione degli indici di produttività del lavoro;
     d) riduzione dei costi dell'uso dell'infrastruttura con un migliore coordinamento delle attività di circolazione dei treni nonché di manutenzione delle infrastrutture stesse;
     e) miglioramento della circolazione conseguente la sensibile riduzione dei tempi di percorrenza della tratta;
    tuttavia in tale procedimento la «Commissione speciale di valutazione di impatto ambientale», accogliendo il parere negativo del Ministero per i beni e le attività culturali del 23 marzo 2002, in considerazione anche della nota trasmessa dalla competente soprintendenza per i beni archeologici, architettonici di Campobasso, esprimeva parere negativo ai fini dell'emissione della valutazione sulla compatibilità ambientale dell'opera, situazione che testimonia i delicati equilibri ambientali/paesaggistici/idrogeologici che sono presenti lungo questa particolare area;
    la linea «Bari-Pescara, raddoppio Termoli-Lesina» è inclusa tra le opere previste dall’«intesa generale quadro» sottoscritta il 3 giugno 2004 tra il Governo nazionale e la regione Molise e dall’«intesa generale quadro» sottoscritta il 10 ottobre 2003 tra il Governo e la regione Puglia;
    il 2 dicembre 2010 è stato approvato il «Piano della Logistica», un piano identificato per indicare i cambiamenti delle politiche di trasporto e logistica necessari per le linee strategiche che si dovranno seguire nel breve-medio periodo per aumentare la competitività del sistema paese e che ha uno sviluppo temporale che va dal 2011 al 2020;
    la Commissione europea ha adottato il 19 ottobre 2011 una proposta per trasformare l'attuale insieme di strade ferrovie aeroporti e canali in una rete di trasporti unificata la rete TEN-T. e nel dicembre 2012 la Commissione trasporti del Parlamento europeo ha approvato i tracciati delle reti Trans europee di trasporto (TEN-T) tra cui il nuovo corridoio Baltico-Adriatico che partendo dall'Europa nordorientale raggiunge Trieste, Venezia e Ravenna. Il potenziamento della dorsale adriatica compresa tra Bari e Ravenna diviene prioritario perché garantirà la connessione transeuropea al sud Italia;
    nel periodo compreso tra maggio e dicembre 2011 è stato avviato presso la struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un tavolo tecnico con Rete ferroviaria italiana, i rappresentanti del Ministero dei beni e delle attività culturali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare al fine di superare le criticità emerse nel progetto del 2003. Durante gli incontri i rappresentanti dei Ministeri dei beni e delle attività culturali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno richiesto un ulteriore sforzo progettuale finalizzato ad allungare quanto più possibile il tratto di affiancamento alla autostrada A14 e di conseguenza l'allontanamento della sede ferroviaria dalla linea di costa;

    in tale ambito, nella riunione del 30 novembre 2011 si è convenuto di adottare il tracciato denominato «soluzione D», di ritirare il progetto inviato nel gennaio 2003 e di presentare un nuovo progetto nel rispetto della soluzione concordata ai sensi delle procedure previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, con richiesta di suddividere l'intervento in fase funzionali al fine di poter procedere alla relativa attività istruttoria;
    il «Contratto di Programma 2007-2011», «aggiornamento 2010-2011», sottoscritto in data 10 luglio 2012 è stato approvato con decreto ministeriale del 12 luglio 2012 e registrato alla Corte dei conti il 10 ottobre 2012, all'interno del contratto, nella tabella A03 «sviluppo infrastrutturale rete convenzionale» - direttrici e trasversali, altre linee sud, tra le «opere in corso» è inserita il raddoppio della tratta Termoli-Lesina;
    l'opera di raddoppio ferroviario risulta in parte ricompreso anche all'interno del «Contratto Istituzionale di Sviluppo» (CIS) per la realizzazione della direttrice ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto siglato in data 2 agosto 2012 tra il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il ministero per la coesione territoriale, le regioni Campania, Puglia e Basilicata, Ferrovie dello Stato italiane e Rete ferroviaria italiana;
    la Società Italferr Spa in data 20 febbraio 2013 con nota prot.n.DT 11621.13.U., ha presentato domanda per l'attivazione della procedura di valutazione di impatto ambientale concernente il progetto preliminare della linea «Bari-Pescara, raddoppio Termoli-Lesina», procedura che è ha visto in data 12 luglio 2013, da parte della «Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS», parere positivo di compatibilità ambientale sul progetto preliminare della raddoppio della linea Termoli-Lesina condizionato all'atto della presentazione del progetto definitivo alla ottemperanza di 34 prescrizioni;
    la Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome riunita in assemblea plenaria a Roma il 13 dicembre 2013 ha approvato un ordine del giorno in cui si impegna, tra l'altro, il governo a «voler porre in essere tutte le iniziative utili e reperire le risorse finanziarie necessarie» e ad «adoperarsi perché il raddoppio della tratta ortonese e della Lesina-Termoli venga compreso quanto prima tra le opere strategiche indifferibili, per superare la strozzatura che tuttora limita ad un solo binario 38 chilometri della rete ferroviaria che collega nord e sud della penisola sul versante orientale»;
    la direttrice adriatica, che si sviluppa in massima parte lungo la costa orientale italiana da Bologna a Lecce/Taranto, collega il Nord Italia e il Centro Europa, con il sistema dei porti meridionali (Brindisi, Taranto, Gioia Tauro) e costituisce parte integrante del sistema dei corridoi merci di interesse europeo denominati «Rete Terfn» (trans european rail freight network);
    la realizzazione del raddoppio della tratta Lesina-Termoli comporterebbe una serie di benefici immediati tanto sul fronte della qualità globale del servizio che su quello dell'abbattimento dei tempi di percorrenza e dei costi, così come evidenziato nella sezione «Risultati attesi» della relazione tecnica del contratto istituzionale di sviluppo»;
    il raddoppio è riconosciuto come prioritario da anni, ciononostante i tempi di apertura dei cantieri e di realizzazione delle opere sono ancora del tutto incerti;
    le aree dove si svilupperebbe il progetto in oggetto, sono aree di ecosistemi particolare non devono esser sottovalutati i rischi ambientali,

impegna il Governo:

   a considerare prioritario il raddoppio della dorsale adriatica;
   di adoperarsi perché il raddoppio della tratta ortonese e della Lesina-Termoli venga compreso quanto prima tra le opere strategiche indifferibili, per superare la strozzatura che tuttora limita ad un solo binario 38 chilometri della rete ferroviaria che collega Nord e Sud della penisola sul versante orientale;
   ad assumere tutte le iniziative necessarie per stabilire entro 90 giorni la pianificazione e il crono-programma della realizzazione dell'opera;
   a non anteporre l'importanza del completamento dell'opera di raddoppio della tratta Termoli-Lesina a danno dell'ambiente, dei beni paesaggistici/archeologici e soprattutto a realizzare anche i più stringenti accorgimenti contro i problemi dovuti al dissesto idrogeologico del territorio;
   a porre in essere tutte le iniziative utili e reperire le risorse finanziarie necessarie per la realizzazione dell'opera ad esclusione dei meccanismi finanziari quali del project-financing e meccanismi di finanziamento similari;
   a verificare che tutti i materiali di scavo e i rifiuti provenienti dai lavori per la realizzazione dell'opera dovranno esse trattati nel pieno rispetto delle direttive europee e normative italiane vigenti senza alcuna deroga, monitorando e lasciando la possibilità ai cittadini di controllare mediante apposito sito web, dove verranno conferiti, quale o quali aziende saranno coinvolte per tali attività e l'importo economico dei lavori dei conferimenti dei materiali provenienti dagli scavi e i rifiuti prodotti.
(7-00222) «
De Lorenzis, L'Abbate, De Rosa, Nicola Bianchi, Cristian Iannuzzi, Catalano, Tofalo, Brescia, Scagliusi, Liuzzi, Mannino».

   La XI Commissione,
   premesso che:
    il Consorzio cooperativo latteria friulane – società cooperativa agricola, che nasce nell'anno 1933, è la prima realtà del settore agroalimentare della regione Friuli Venezia Giulia e, ogni anno, registra una capacità di lavorazione di oltre 70.000.000 di litri di latte provenienti dagli allevamenti dei 150 conferenti del Consorzio, per un fatturato complessivo, nell'anno 2012, pari a 62.735.056 euro;
    Latterie Friulane rappresenta il fulcro dell'economia friulana, sia per la produzione di articoli alimentari, noti per l'alta qualità e per il marchio regionale, che per la collaborazione instaurata con una moltitudine di realtà aziendali casearie, che consente alle stesse di fronteggiare l'attuale crisi economica;
    il Consorzio versa in una situazione di grave crisi determinata da problematiche non comprensibili, viste le dimensioni e l'attività produttiva di tale realtà e considerando che, proprio alla luce del suo ruolo in Friuli Venezia Giulia, il Consorzio ha anche usufruito di sovvenzioni regionali;
    a riguardo, si apprende la volontà dei vertici aziendali di procedere alla fusione dell'azienda con il gruppo emiliano Granarolo, difatti, si legge su articoli di stampa del 9 gennaio 2013 che il consiglio di amministrazione di Latterie Friulane ha dato mandato al presidente Roberto Rossi, confermato ai vertici della cooperativa, di portare a termine l'operazione di fusione con il gruppo emiliano;
    la predetta manovra, comporterebbe la messa in mobilità di più di 100 dipendenti, notizia che ha già provocato una gravissima tragedia, in quanto, di fronte al timore di restare senza lavoro in un periodo drammatico di crisi come quello attuale, Giuseppe Bassi, lavoratore del consorzio, si è tolto la vita lo scorso 27 dicembre 2013;
    occorre elaborare, urgentemente, un piano che consenta la salvaguardia dei livelli occupazionali del consorzio cooperativo ed escluda, quindi, la messa in mobilità dei lavoratori, anche qualora venga effettuata la fusione con Granarolo spa;
    è necessaria un'indagine sulle problematiche che hanno determinato la crisi dello stesso che, ad oggi non sono chiare e trasparenti, anche in considerazione del sostegno che in passato ha ottenuto il consorzio attraverso le sovvenzioni regionali;
    si deve intervenire per il superamento della crisi del consorzio cooperativo per scongiurare il grave danno che riceverebbe il settore agroalimentare del Friuli Venezia Giulia, poiché perderebbe un patrimonio consistente nei «prodotti tipici friulani», affidando la produzione ad una holding emiliana quale è Granarolo spa;
    si evidenzia, altresì, che l'adozione di iniziative per fronteggiare la crisi del consorzio è indispensabile anche a salvaguardia delle molteplici realtà aziendali friulane che collaborano con lo stesso,

impegna il Governo:

   a promuovere azioni finalizzate ad una corretta gestione delle relazioni industriali e sindacali, per elaborare un piano di intervento che preveda la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali e i redditi dei lavoratori, escludendo la messa in mobilità degli stessi anche qualora si proceda ad un'azione di fusione con Granarolo spa;
    ad adottare idonei provvedimenti affinché vi sia un tavolo di confronto a livello governativo con le parti sociali, che, consenta di individuare le specifiche problematiche che hanno determinato la crisi del consorzio cooperativo e ad intraprendere iniziative a tutela della tipicità delle produzioni alimentari del Consorzio cooperativo, per la salvaguardia del settore agroalimentare del Friuli Venezia Giulia.
(7-00221) «
Rizzetto, Prodani, Sandra Savino, Fedriga, Rostellato, Cominardi, Ciprini, Tripiedi, Bechis».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:

   MARCON, PIRAS, DURANTI e PIAZZONI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità 2014 all'articolo 1, comma 253, ha stabilito: «Per le finalità di cui alla lettera c) dell'articolo 1 della legge 6 marzo 2001, n. 64, è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, per l'istituzione di un contingente di corpi civili di pace, destinati alla formazione e alla sperimentazione della presenza di 500 giovani volontari da impegnare in azioni di pace non governative nelle aree di conflitto o a rischio di conflitto o nelle aree di emergenza ambientale. All'organizzazione del contingente si provvede secondo quanto previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77»;
   pur facendo riferimento a quanto previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, il progetto dei Corpi civili di pace rappresenta un'iniziativa specifica e precipua che necessita di una organizzazione e programmazione ad hoc;
   con la spending review del 2012 (riferimenti) è stato disciolto il DCNAN (Comitato consultivo per la difesa civile non armata e nonviolenta) che pure non aveva costi, se non simbolici, e che poteva avere un ruolo fondamentale per l'ideazione e la programmazione di un'iniziativa come i Corpi civili di pace –:
   quali iniziative intenda intraprendere l'Ufficio nazionale per il servizio civile per l'organizzazione e la programmazione dei suddetti Corpi civili di pace;
   se il Governo non intenda assumere iniziative per istituire, senza impatto per la spesa pubblica, un comitato o altro organismo consultivo con le finalità previste per il disciolto DCNAN, in modo da utilizzare una fondamentale struttura di ricerca, ideazione e formazione per un progetto come i Corpi civili di pace. (4-03150)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

   TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito delle esigenze dettate dal processo di razionalizzazione della spesa (spending review) di cui al decreto-legge n. 95 del 2012 il Ministero degli affari esteri ha varato un piano di «riorientamento» della nostra presenza all'estero che prevede la soppressione di complessivi 33 uffici all'estero, dei quali 13 già in fase di chiusura;
   le 33 chiusure in questione, come ha ricordato il direttore generale Elisabetta Belloni, derivano da un obbligo di legge;
   nonostante lo stesso direttore generale, Ministro Elisabetta Belloni, si sia detto disponibile ad intensificare il confronto con il Parlamento e le rappresentanze degli italiani all'estero democraticamente elette prima che l'amministrazione formalizzi la sua posizione da sottoporre al Governo per la necessaria decretazione, a tuttora tale confronto è stato solo annunciato, ma mai attuato;
   al fine degli obiettivi di finanza pubblica riveste primaria importanza l'individuazione degli sprechi e delle diseconomie di bilancio, in particolare nell'ampio bacino delle consulenze e dell'esternalizzazione dei servizi e che conseguentemente l'eventuale chiusura di sedi all'estero deve essere un esercizio assolutamente residuale;
   tra le sedi di cui si è programmato la chiusura nel corso dell'anno figura l'Ambasciata a Santo Domingo, competente oltre che per la Repubblica Dominicana, anche per Haiti, la Giamaica, Antigua e Barbuda e Saint Kitts e Nevis;
   sempre a norma di legge, le chiusure di sedi già deliberate e quelle in programma, non devono intaccare la quantità e la qualità dei servizi all'utenza;
   la chiusura dell'Ambasciata a Santo Domingo, al contrario, priverebbe una numerosa collettività di circa 7.000 connazionali, oltre a quelli che visitano per ragioni di turismo le Isole Caraibiche, di qualsiasi tipo di assistenza;
   le difficoltà logistiche dovute all'isolamento e alla lontananza dalle rappresentanze consolari nei Paesi limitrofi creerebbero ulteriori disagi sia ai connazionali lì residenti, sia ai numerosi turisti italiani –:
   se il Ministero degli affari esteri prevede la permanenza di una rappresentanza dell'Amministrazione sull'isola caraibica che possa garantire i servizi minimi indispensabili alla nostra collettività ivi residente e, in caso affermativo, in che forma;
   qualora non sia assicurata la predetta rappresentanza che cosa intenda fare il Ministero per garantire gli anzidetti servizi amministrativi e di assistenza ai nostri connazionali. (5-01872)

Interrogazione a risposta scritta:

   MURA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che la nave Ark Futura, noleggiata dal Gruppo Grendi, normalmente in servizio sulla, tratta Vado Ligure-Cagliari, sarebbe impegnata nell'eliminazione delle armi chimiche siriane;
   la stessa compagnia Grendi ha ufficialmente dichiarato che «il contratto di noleggio stipulato con la proprietà, prevede espressamente che, se richiesta, la nave, per periodi circoscritti, debba essere concessa in uso alla Marina militare danese, che attualmente la sta impiegando nell'ambito della missione di pace prevista dalla missione Onu-Opac per l'eliminazione della armi chimiche sequestrate in Siria»;
   queste notizie, non smentite da alcuna autorità nazionale, hanno suscitato grande preoccupazione nella popolazione e nelle istituzioni locali –:
   se corrisponda al vero quanto riportato da settimane sugli organi di informazione;
   qualora non si possa impedire il transito su territorio italiano, come si auspica se ci sia stato o ci sarà un coinvolgimento delle amministrazioni regionali e comunali dei territori interessati dal passaggio di armi ritenute pericolose, nonché del Parlamento;
   se non ritenga indispensabile accompagnare una simile eventualità con una corretta campagna di informazione, che rassicuri le popolazioni e faccia conoscere modalità, tempi, luoghi del trasporto delle armi sequestrate. (4-03157)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   ZARDINI e D'ARIENZO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della campagna di misurazioni effettuata dal Centro nazionale delle ricerche in accordo con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è emerso che le acque superficiali di 13 comuni della provincia di Verona (Arcole, Veronella, Zimella, Albaredo d'Adige, Cologna Veneta, Bonavigo, Minerbe, Pressana, Roveredo di Guà, Legnago, Boschi Sant'Anna, Bevilacqua e Terrazzo), come pure di altre realtà limitrofe delle province di Vicenza e Padova (in tutto 30 comuni), sono interessate da livelli di inquinamento di diversa entità da sostanze perfluoro-alchiliche (Pfoa), composti utilizzati principalmente per rendere resistenti ai grassi e all'acqua vari materiali come tessuti, tappeti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti, utilizzati nell'industria conciaria diffusissima in quella realtà territoriale;
   oltre ai controlli del caso, la regione Veneto, che ha anche istituito una specifica commissione tecnica interdisciplinare, attraverso il dipartimento regionale prevenzione ha richiesto un parere all'istituto superiore di sanità sulle possibilità di rischio per la popolazione;
   la situazione è monitorata dalle Ulss coinvolte (5 Ovest Vicentino, 6 di Vicenza, 17 di Este, 20 di Verona e 21 di Legnago) con il coordinamento regionale ed un supporto a livello centrale da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'istituto superiore di sanità;
   nonostante il pericolo, pare che non sia chiaro quale sia il livello di nocività dell'acqua ovvero sembrerebbe che in Italia non esista ancora una normativa che stabilisce un limite ad hoc in questi casi. Nel dettaglio, come si legge dalla stampa locale, nel bacino idrografico Agno-Fratta la concentrazione delle sostanze in questione superava i 1.000 o addirittura i 2.000 nanogrammi per litro (ng/l), quando l'Istituto superiore di sanità individua in 300 nanogrammi per litro la concentrazione tollerabile, considerando un'esposizione per tutta la vita a queste sostanze;
   l'unica precauzione suggerita dall'Istituto superiore di sanità, dopo la rassicurazione sull'assenza di un pericolo immediato per la popolazione, è stata quella di trattare le acque in quanto non è possibile escludere un rischio potenziale per la salute assumendo la sostanza in concentrazioni per lunghi periodi;
   pertanto, a scopo cautelativo la regione Veneto ha dato indicazione agli enti gestori di installare sistemi di trattamento/impianto di filtraggio a carboni attivi delle acque per l'abbattimento sostanziale delle concentrazioni degli inquinanti presenti. Per la falda di Almisano di Lonigo (Vicenza), da dove i comuni interessano pescano l'acqua, a ciò ha provveduto la società «Acque Veronesi», ente gestore. Ciò ha comportato la riduzione (con alterni risultati) delle concentrazioni delle sostanze in questione;
   sembrerebbe che la fonte dell'inquinamento sia stata individuata: si tratta della ditta chimica «Miteni spa» di Trissino, Vicenza, che scarica nel depuratore del comune vicentino e, quindi, nel più grande depuratore di Montebello Vicentino gestito dal Consorzio Arica;
   tutto questo sta creando diffusi timori, tanto che a Legnago (Verona), la decisione da parte dell'amministrazione comunale di sostituire le bottigliette di acqua minerale con acqua naturale cosiddetto «del sindaco» dell'acquedotto nelle mense scolastiche è stata avversata dai genitori ed è stata, per questo, successivamente riesaminata e cancellata;
   il 12 agosto 2013 il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato la direttiva 2013/39/UE che modifica le direttive 2000/60/CE e 2008/105/CE per quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque;
   tale direttiva inserisce nella tabella degli standard di qualità ambientale (SQA) al numero 35, l'acido perfluorottanosolforico e derivati (PFOS) tra le sostanze identificate a pericolosità prioritaria e fissa un limite di concentrazione massima pari a 65 ~g da raggiungere negli Stati membri entro il 2027;
   sarebbe auspicabile un coinvolgimento del Governo nel monitoraggio in corso –:
   se non ritengano urgente e improcrastinabile:
    ogni possibile azione positiva, di stimolo e di condivisione con la regione del Veneto e l'Istituto superiore di sanità, affinché si giunga ad una soluzione in tempi brevi della vicenda che sta creando diffusi timori tra la popolazione residente nelle zone interessate;
    ogni iniziativa di competenza al fine di colmare al più presto il vuoto legislativo fissando i limiti di potabilità nei casi della specie. (5-01875)

   COMINELLI, GALPERTI, LACQUANITI, BAZOLI, SBERNA e BERLINGHIERI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, come riportato anche nell'articolo di Giacomo Damiani sul Giornale di Brescia del 28 dicembre ultimo scorso, durante i lavori per la realizzazione di un nuovo sottopasso sull'autostrada A4, nel comune di Castegnato, è stata rinvenuta casualmente una discarica abusiva sotto il manto stradale con presenza di cromo in concentrazioni 1400 volte superiori ai limiti di legge;
   la preoccupante scoperta avviene dopo altri ritrovamenti emersi nei mesi scorsi di altre discariche abusive di rifiuti pericolosi portate alla luce nel corso dei lavori per la realizzazione delle linee dell'alta velocità;
   i ritrovamenti destano particolare allarme perché appaiono come segnali della pratica criminale portata avanti a partire dagli anni ’70 e proseguita negli anni successivi, coincidenti con la realizzazione della A4, di smaltire illegalmente nei terreni rifiuti pericolosi, tossico nocivi, talvolta utilizzandoli come base del manto stradale per la costruzione di strade e autostrade;
   si tratta di un fenomeno di particolare gravità, che come emerso nelle tante indagini portate avanti negli anni dalle forze dell'ordine e dalle relazioni parlamentari della Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, ha riguardato non solo le regioni del sud d'Italia, ma anche molte regioni del nord, Lombardia compresa, dove l'attività delle organizzazioni criminali ha trovato terreno fertile nell'alleanza con imprenditori senza scrupoli che hanno minato il futuro dell'ambiente e della salute dei cittadini;
   il comune di Castegnato, in data 4 dicembre 2013, ha convocato una conferenza di servizi a seguito del ritrovamento dei rifiuti da parte della Ditta Itinera S.p.A, responsabile dei lavori, rifiuti classificati come scorie di fonderia contenenti cromo esavalente (6980 microgrammi rilevati a fronte dei 50 consentiti) e piombo (124 microgrammi a fronte del limite di 50); nel corso di tale conferenza, il comune di Castegnato ha informato che avrebbe inviato copia del verbale alla procura della Repubblica di Brescia per eventuali provvedimenti di propria competenza e sono state stabilite una serie di analisi e campionamenti da parte dell'Arpa per verificare la situazione e predisporre l'immediata bonifica dell'area;
   secondo quanto dichiarato dal sindaco di Castegnato, sebbene la situazione desti preoccupazione e necessiti di ulteriori urgenti verifiche, la contaminazione da cromo non compromette in alcun modo le falde acquifere che alimentano le fonti di acqua potabile, molto più lontane e profonde;
   Legambiente chiede che la situazione non venga sottovalutata e che vengano predisposti controlli lungo tutto il tratto autostradale interessato con analisi dell'Arpa perché «appare verosimile che altri rifiuti pericolosi possano essere stati utilizzati per la realizzazioni delle massicciate», inoltre sebbene siano passati oltre vent'anni dai lavori sarebbe ancora possibile risalire ai responsabili, consultando le procedure di appalto della terza corsia dell'autostrada A4 –:
   se non intenda procedere a controlli urgenti e immediati per verificare l'entità e la diffusione della presenza di rifiuti pericolosi smaltiti illegalmente sul tratto autostradale interessato, ai fini di tutelare la sicurezza dei cittadini e dell'ambiente nonché al fine di una immediata bonifica delle discariche già portata alla luce dai recenti lavori;
   se intenda acquisire elementi in merito agli eventuali controlli effettuati nel corso di esecuzione dell'opera e sui relativi esiti. (5-01881)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:

   CAPARINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   da mesi i campeggiatori dei laghi della provincia di Brescia sono in protesta contro l'ingiunzione della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Brescia, con cui è stata disposta la rimozione delle strutture stanziali all'interno dei campeggi, divenute non più a norma;
   tali strutture, in permanenza nei campeggi da oltre trenta anni, sono attualmente ritenute abusive in quanto prive della necessaria autorizzazione paesaggistica;
   i turisti campeggiatori stanziali sono una risorsa importante per la sopravvivenza delle imprese turistiche sui laghi, alimentando con la loro presenza l'economia di territori che li ospitano;
   i dati, pubblicati sui siti web comunali e uffici anagrafe, indicano che oltre 27 mila persone, cioè le popolazioni dei comuni del lago di Garda, del lago d'Idro e del lago di Iseo, vedranno ridotto il Pil comunale, con ricadute sui posti di lavoro, a causa del drastico calo della presenza di campeggiatori stanziali nei suddetti territori;
   le ordinanze di demolizione emesse dalla soprintendenza, che interesserebbero circa 50 mila turisti campeggiatori stanziali nei campeggi dei comuni della provincia di Brescia, arrecano un danno economico pesantissimo alle circa ottanta imprese turistiche della zona, le quali danno lavoro ad oltre cinquecento addetti;
   le imprese turistiche dei laghi della provincia di Brescia, non avendo conoscenza degli introiti legati alla presenza dei turisti stanziali presso le loro strutture, non possono programmare con certezza gli investimenti per all'avvio dell'attività, rischiando di non aprire per la stagione 2014 –:
   se il Ministro in indirizzo voglia interessarsi della vicenda descritta nelle premesse affinché si possa quanto prima giungere alla tutela dei diritti dei turisti campeggiatori stanziali dei laghi della provincia di Brescia. (4-03151)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

   TAGLIALATELA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   gli articoli 655 e 663 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, recante il Codice dell'ordinamento militare, disciplinano l'arruolamento degli ufficiali nei ruoli speciali dei diversi Corpi;
   in particolare, l'articolo 655 disciplina l'alimentazione degli ufficiali del ruolo speciale di Esercito, Marina e Aeronautica, differenziando i requisiti di partecipazione ad un concorso per il conseguimento di uno stesso posto di lavoro, ovvero per il conseguimento del grado di sottotenente (guardiamarina per la marina militare) in base alle condizioni personali e di status sociale dei soggetti aspiranti, non tenendo in alcun conto le qualità professionali o la formazione pregressa del concorrente;
   secondo la norma infatti, si è idonei a partecipare ad un concorso per vestire il grado da sottotenente: fino al non superamento del 32o anno di età dal personale giudicato idoneo e non vincitore dei concorsi per la nomina a ufficiale in servizio permanente effettivo dei ruoli normali dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare; fino al non superamento del 34o anno di età se si proviene dal ruolo dei marescialli o dal ruolo dei sergenti, oppure se si proviene dagli ufficiali di complemento; fino al non superamento del 40o anno di età se si proviene dagli ufficiali del completamento, oppure se si proviene dal ruolo degli Ufficiali in ferma prefissata; senza limite di età per i frequentatori dei corsi normali delle accademie militari che non hanno completato il secondo o il terzo anno del previsto ciclo formativo, purché idonei in attitudine militare;
   di conseguenza, a parità di requisiti, un maresciallo di 35 anni non è idoneo a partecipare ad uno stesso concorso per il quale, invece, sarebbe idoneo un suo coetaneo che presti – o abbia prestato – servizio di ufficiale in ferma prefissata;
   analogamente, l'articolo 663 del citato decreto legislativo, relativo all'alimentazione del ruolo speciale ufficiali dell'arma dei carabinieri, prevede che vi si possa accedere, tramite concorso, fino al non superamento del 32o anno di età se si proviene dagli ufficiali di complemento dell'arma dei carabinieri, e fino al non superamento del 40o anno di età se si proviene dal ruolo dei marescialli dell'arma dei carabinieri;
   anche con riferimento a questa disposizione si ravvisano, quindi, le differenziazioni inerenti il requisito dell'età in base allo status di provenienza che impediscono la progressione in carriera, per il raggiungimento di uno stesso impiego –:
   quali iniziative intenda assumere con riferimento alle problematiche esposte in premessa. (4-03148)

   RIZZO, BASILIO, ARTINI, FRUSONE e CORDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione difesa della Camera, nella seduta del 3 dicembre 2008, ha espresso, all'unanimità, un parere favorevole in merito al Programma pluriennale A/R n. SMD 07/2008, relativo all'acquisto di quattro velivoli della famiglia ATR e al relativo supporto logistico con una opzione per un eventuale quinto velivolo da esercitare in tempi successivi;
   come precisato nel citato Programma e nella relativa scheda illustrativa trasmessa dal Governo ed allegata alla richiesta di parere parlamentare, l'operazione in esame, definita «soluzione interinale», si rendeva necessaria in considerazione del fatto che a partire dal 2012 la funzione di pattugliamento marittimo di lungo raggio, svolta dalla flotta Breguet BR Atlantic, non poteva più essere assicurata a causa della «conclusione della vita tecnica dell'aeromobile», operativo nel nostro Paese da alcuni decenni. Pertanto, in attesa del consolidarsi di una alternativa di lungo termine, si rendeva necessario individuare una soluzione transitoria (fino al 2020) che garantisse, nel medio periodo, lo svolgimento delle attività di pattugliamento marittimo di lungo raggio, con particolare riferimento all'area del Mediterraneo;
   nello specifico, la relazione illustrativa trasmessa dal Governo faceva presente che i nuovi velivoli sarebbero stati impiegati per operazioni di ricerca e soccorso, pattugliamento marittimo, lotta al traffico illegale di beni e persone, ricerca e soccorso, protezione dell'ambiente marino e rilevazione di inquinamento, controllo delle zone economiche e, più in generale, sorveglianza di tutte le attività che si svolgono in mare e lungo le coste;
   per quanto riguarda le caratteristiche generali del velivolo la citata relazione illustrativa, faceva, altresì, presente che il sistema d'arma in corso di acquisizione sarebbe stato in grado, tra l'altro, di operare per lungo tempo anche a bassa quota sul mare e di possedere, comunque, nello svolgimento dei compiti di missione una autonomia di cinque ore. Il Velivolo sarebbe stato, altresì, in grado di acquisire informazioni di carattere generale (situazione geografica e metereologica) e specifico (singoli obiettivi) attraverso l'osservazione diretta (visual) e l'impiego di sistemi idonei alla ricerca di tali dati e alla loro trasmissione in tempo reale ai centri operativi e alle unità di superficie. Infine, il velivolo avrebbe assicurato un periodo di impiego superiore a dieci anni con un rateo di ore di volo non inferiore a 800 ore anno per velivolo e sarebbe stato in grado di coordinare le attività di altri «assetti aeromarittimi» coinvolti nello svolgimento della missione ed operare con altri analoghi sistemi in servizio presso le Nazioni alleate e di coalizione;
   veniva, altresì, specificato che il velivolo in esame sarebbe stato dotato di un sistema di navigazione Gps, di un radar di sorveglianza marittima e meteo e veniva, altresì specificato che i velivoli sarebbero stati rischierati presso l'aeroporto di Sigonella dove il nuovo gruppo da pattugliamento avrebbe utilizzato le strutture operative e tecniche già esistenti presso la base;
   la durata del programma veniva stimata in sette anni, con previsione d'inizio nel 2008, mentre il costo del Programma veniva considerato complessivamente pari a 360 milioni di euro, suddiviso in sette esercizi finanziari a partire dal 2008;
   successivamente all'espressione del richiamato parere espresso dalla Commissione difesa della Camera, l'Aeronautica Militare italiana ha siglato un contratto per la fornitura di 4 velivoli ATR-72/600; Alenia Aermacchi è, attualmente socio paritario del programma ATR, in collaborazione con EADS. Alenia ha progettato e costruisce l'intera fusoliera e gli impennaggi;
   attualmente il programma pluriennale relativo all'acquisizione di velivoli ATR 72 MP per il pattugliamento marittimo risulta in corso di esecuzione tra i Programmi della componente interforze e per la ricerca scientifica e tecnologica previsti sia dal documento programmatico pluriennale per la difesa, per il triennio 2013-2015, presentato al Parlamento lo scorso aprile 2013, sia dalla nota aggiuntiva allo stato di previsione del Ministero della difesa per l'anno 2014 anch'essa presentata al Parlamento dal Ministro della difesa lo scorso mese di novembre –:
   quale sia lo stato di attuazione del programma in esame e le cause che hanno determinato lo slittamento, rispetto all'originaria tempistica, dei tempi di consegna dei primi velivoli all'aeronautica militare;
   quali siano le clausole contrattuali, eventualmente pattuite, che regolano i ritardi nella consegna dei velivoli;
   quale sia il costo complessivo del programma relativo all'acquisto degli aerei ATR72 e dei singoli velivoli;
   quale sia l'equipaggiamento previsto per gli ATR72;
   quali siano, rispetto al programma originariamente sottoposto al parere parlamentare, le eventuali variazioni intervenute nel corso dell'esecuzione del contratto. (4-03155)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

   DORINA BIANCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come noto, la Banca centrale europea (BCE) è in procinto di assumere nuovi compiti in materia di vigilanza bancaria e finanziaria in quanto parte di un meccanismo unico di vigilanza (SSM). Tale meccanismo darà vita a un nuovo sistema di supervisione. Alla BCE saranno affidati in una prima fase gli attuali compiti inerenti alla vigilanza prudenziale degli enti creditizi svolti dalle singole BCN, che faranno parte dell'istituendo meccanismo;
   la sorveglianza unica consentirà di accrescere il livello di solidità delle istituzioni bancarie al fine salvaguardare maggiormente l'affidabilità del sistema bancario europeo in un'ottica di una crescente armonizzazione e integrazione, come sottolineato dal Presidente Mario Draghi;
   si prevede pertanto che la BCE effettuerà la vigilanza diretta su circa 130 istituti, che rappresentano quasi l'85 per cento delle attività bancarie totali nell'area dell'euro;
   in vista della supervisione unica la BCE deve condurre un esame degli attivi delle banche europee, esame che si articolerà su tre livelli: valutazione del rischio, verifica della qualità degli assets e stress test. Le banche italiane coinvolte nell'esercizio di valutazione dello stato di salute dei bilanci sono ben quindici: Banca Carige S.P.A. – Cassa di Risparmio di Genova e Imperia; Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.; Banca Piccolo Credito Valtellinese, Società Cooperativa; Banca Popolare Dell'Emilia Romagna – Società Cooperativa; Banca Popolare Di Milano – Società Cooperativa A Responsabilità Limitata; Banca Popolare di Sondrio, Società Cooperativa per Azioni; Banca Popolare di Vicenza – Società Cooperativa per Azioni; Banco Popolare – Società Cooperativa; Credito Emiliano S.p.A.; Iccrea Holding S.p.A; Intesa Sanpaolo S.p.A.; Mediobanca – Banca di Credito Finanziario S.p.A.; UniCredit S.p.A.; Unione Di Banche Italiane Società Cooperativa Per Azioni; Veneto Banca S.C.P.A.;
   al fine di espletare il compito di vigilante unico la BCE ha avviato le procedure di selezione di circa un migliaio di specialisti di cui circa settecento da destinare alla supervisione. Tra queste risorse individuerà quelle figure di taglio manageriale che concorreranno alla determinazione ed applicazione delle politiche di supervisione stesse –:
   poiché il nuovo sistema di vigilanza ricopre un'importanza cruciale nell'assicurare l'uniformità di regole e di comportamenti tra istituzioni creditizie appartenenti a diversi Paesi, in presenza di gruppi italiani consolidati e di respiro multinazionale, quali siano le azioni che il Ministro intenda promuovere per garantire una qualificata presenza italiana nell'istituendo meccanismo, che sia commisurata al peso del sistema Italia in Europa. (3-00559)

Interrogazione a risposta in Commissione:

   RUBINATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 19 della legge n. 74 del 1987 tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa;
   l'articolo 17 del decreto legislativo n. 28 del 2010 stabilisce che tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi ai procedimenti di mediazione finalizzati alla conciliazione delle controversie civili e commerciali sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura;
   il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, all'articolo 10 ha modificato a decorrere dal 1o gennaio 2014 l'aliquota in tema di imposta di registro, ipotecaria e catastale, relative ai trasferimenti immobiliari e, contestualmente, al comma 4 del citato articolo 10 ha stabilito che, in relazione ai trasferimenti indicati all'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al Testo unico registro, sono soppresse «tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali», ciò comporterà, in luogo degli attuali regimi incentivanti l'imposizione proporzionale nella misura del 9 per cento per i fabbricati (2 per cento ove ricorrano i requisiti per i benefici prima casa) o del 12 per cento per i terreni;
   l'ampia formulazione del citato comma 4 dell'articolo 10 pone il problema di stabilire quali tra le disposizioni previste da leggi speciali ed aventi ad oggetto gli atti indicati nell'articolo 1 della tariffa parte prima siano qualificabili come le «esenzioni e agevolazioni tributarie» a cui si riferisce il legislatore, tanto che il 27 novembre 2013, in risposta all'interrogazione 5-01523 presentata dall'onorevole Renate Gebhard, il Sottosegretario al Ministero dell'economia e delle finanze, Pier Paolo Baretta, assicurava che «Sarà cura dell'Agenzia delle entrate, d'intesa con il Dipartimento delle finanze, nell'ambito della propria attività istituzionale di interpretazione delle norme tributarie, fornire in tempo utile chiarimenti in merito all'applicazione delle nuove disposizioni»;
   ad oggi l'Agenzia delle entrate non ha ancora emanato alcuna circolare esplicativa per chiarire l'ambito di applicazione della nuova normativa, nel frattempo già entrata in vigore, chiarimento che è di fondamentale importanza per assicurare certezza tra l'altro per la definizione degli assetti patrimoniali della famiglia in occasione di procedimenti di separazione o di divorzio, nonché nei procedimenti di mediazione e conciliazione, nei quali le esenzioni ed agevolazioni previste favoriscono la deflazione del contenzioso giudiziario;
   il Consiglio del notariato, nello studio tributario n. 1011 approvato il 13 dicembre 2013, ha avuto modo di evidenziare che, ferma restando l'applicabilità di tutte le esenzioni e agevolazioni tributarie riferite ad atti non riconducibili all'ambito applicativo dell'articolo 10 (ovvero non riconducibili ad atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di immobili), «la soppressione non dovrebbe riguardare, allora, quelle disposizioni aventi un ambito più ampio, funzionali a particolari “istituti” o al perseguimento di determinati fini o interessi rispetto ai quali il trasferimento di beni non costituisce l'oggetto dei regimi di favore e che potrebbero trovare applicazione anche (ma non solo) rispetto ai trasferimenti immobiliari, a prescindere dalla loro natura onerosa o gratuita»;
   a parere del notariato, non è ragionevole infatti ritenere che la soppressione operi con taglio «lineare» travolgendo «quei regimi fiscali agevolati fondati su situazioni di particolare meritevolezza sul piano dei principi e delle guarentigie costituzionali, pena la possibile sospetta «irragionevolezza» della previsione soppressiva, tra i quali rilevano in modo particolare «il regime agevolato dettato per la sistemazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi separati o tra ex-coniugi, fondato come è noto sulla tutela e sulla semplificazione della difesa in ambito giudiziale dei diritti riconosciuti a quei soggetti, (confronta articolo 24 Cost.), riguardati nella particolarità dello «status» personale ed affettivo in cui versano per effetto di un procedimento giurisdizionale afferente la loro unione o ex-unione», e «analogamente (e per raffronto al medesimo articolo 24 Cost.) per il regime agevolato in ambito di mediazione, conciliazione giudiziale e predibattimentale»;
   il notariato ricorda altresì «che si tratta di una soppressione e non già di un'abrogazione il che avvalora la tesi per cui la ricomposizione del quadro disciplinare all'esito della novella deve avvenire avuto riguardo alla finalità di “sopprimere” discipline derogatorie rispetto a quella che si vuole assumere come tassazione ordinaria dei trasferimenti di beni immobili a titolo oneroso», senza «voler alterare le scelte stratificatesi nel tempo in ordine alle finalità perseguite dal legislatore, anche in termini di tutela di beni interessi e di raggiungimento di canoni di civiltà giuridica (tutela della famiglia e del diritto di difesa, deflazione del contenzioso, ricomposizione fondiaria, riqualificazione del territorio, ecc.)»;
   quanto ai procedimenti di separazione e divorzio, l'interpretazione che esclude l'intervenuta soppressione delle agevolazioni tributarie è sostenuta anche da autorevoli studiosi, sulla base dell'ulteriore considerazione che l'esenzione prevista dall'articolo 19 della legge n. 74 del 1987 riguarda una tipologia di trasferimenti immobiliari effettuati «senza corrispettivo», non solo da un coniuge all'altro, ma anche a favore dei figli, dunque, non a titolo oneroso e come tali esclusi dall'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 23 del 2011 –:
   se non ritenga di sollecitare l'Agenzia delle entrate affinché quanto prima fornisca chiarimenti in ordine alla interpretazione della norma di cui al comma 4 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 23 del 2011 nel senso di escludere dall'intervenuta soppressione delle esenzioni ed agevolazioni tributarie i trasferimenti immobiliari effettuati nell'ambito di procedimenti di separazione e divorzio ex articolo 19 della legge n. 74 del 1987 e dei procedimenti di mediazione e conciliazione ex articolo 17 del decreto legislativo n. 28 del 2010. (5-01879)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   CULOTTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 6 gennaio scorso, la strada statale 643 nei pressi di Polizzi Generosa, comune del palermitano, rimane chiusa al traffico per il crollo durante le ore notturne di un muro di contenimento privato sulla sede stradale al chilometro 4,000 circa;
   fortunatamente non si sono registrati danni a persone;
   un centinaio di cittadini del comune di Polizzi Generosa ha occupato nella mattina dell'8 gennaio 2014 l'aula consiliare per chiedere interventi immediati per riaprire la statale 643 preoccupati per i disagi legati all'isolamento della loro comunità;
   a seguito di una serie di sopralluoghi da parte dei tecnici del comune, del genio civile e dell'ANAS, si è deciso di mettere in sicurezza tutta l'area interessata dal crollo del muro, prima di liberare completamente la strada dalla frana;
   i commissari prefettizi in funzione al momento presso il comune di Polizzi Generosa, in data 14 gennaio hanno inoltrato richiesta al Presidente della regione siciliana, dello stato di calamità così da ottenere il riconoscimento da parte dello stesso da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   il comune di Polizzi Generosa ad oggi risulta completamente isolato, con gravi disagi per tutti coloro che giornalmente si spostano per motivi di studio e di lavoro e per tutti coloro che per le stesse regioni devono raggiungerla, con l'aggravante legata alle difficoltà di raggiungimento di ospedali –:
   quali azioni il Ministro interrogato abbia posto in essere o intenda porre in essere al fine di raccordare le diverse parti coinvolte per l'immediato ripristino della viabilità;
   se sia possibile nelle more della messa in sicurezza di tutta l'area, che richiederà chiaramente tempi più lunghi, legati anche all'eventuale riconoscimento dello stato di calamità, di rendere fruibile solo una parte della carreggiata della strada statale 643 con la conseguente uscita dall'isolamento e il ritorno ad una normale vivibilità per la comunità colpita dalla frana. (5-01870)

   BERGAMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 2014, a seguito di un incidente ferroviario che ha provocato il deragliamento di una motrice del treno in manovra, avvenuto nella stazione di Santa Maria Novella di Firenze è deceduto un operaio delle Ferrovie dello Stato, schiacciato dalla locomotiva stessa;
   la vittima, era un addetto alla composizione dei convogli ferroviari e stava predisponendo le carrozze per i pendolari in partenza la mattina successiva;
   sull'episodio dell'incidente mortale, secondo quanto pubblicato dagli organi di stampa, è in corso una indagine della polizia ferroviaria, per stabilire la dinamica della tragedia e le cause di quanto accaduto, poiché la carrozza interessata che era in formazione, e a cui si stavano aggiungendo ulteriori vagoni, avrebbe divelto i respingenti di fine binario e sarebbe deragliata per circa 20 metri;
   il suddetto deragliamento ripropone il tema della sicurezza sui luoghi di lavoro ed, in particolare, nei riguardi di coloro che operano nelle stazioni ferroviarie i cui livelli di salvaguardia e di incolumità fisica, rappresentano una costante preoccupazione per chi svolge compiti professionali duri, difficili e pericolosi nell'ambito del complesso settore trasportistico;
   il decesso del ferroviere, alla stazione centrale di Santa Maria Novella, a Firenze, rappresenta, a giudizio dell'interrogante, l'ennesimo e intollerabile episodio di morte sul lavoro nel nostro Paese e conferma la necessità di intervenire attraverso adeguate ed urgenti politiche di prevenzione nel settore dei servizi di trasporto e di collegamento ferroviario, che negli ultimi tempi è stato coinvolto da numerose disgrazie provocate da incidenti mortali –:
   quali orientamenti intendano esprimere nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se in considerazione della gravità dell'incidente non ritenga urgente ed opportuno avviare nell'ambito delle rispettive competenze, un'indagine ministeriale, al fine di accertare le cause e le eventuali responsabilità gestionali sull'accaduto ed evitare il ripetersi di simili tragedie;
   quali iniziative infine intendano intraprendere nei confronti della società Rete ferroviaria italiana, al fine di potenziare i livelli standard di sicurezza sul lavoro all'interno delle stazioni ferroviarie italiane, le cui condizioni di efficienza e capacità risultano complessivamente non soddisfacenti se si valutano il numero di incidenti sul lavoro nel settore interessato, verificatisi negli ultimi tempi. (5-01874)

   DE LORENZIS, LIUZZI, L'ABBATE, DE ROSA, NICOLA BIANCHI, CRISTIAN IANNUZZI, CATALANO e TOFALO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la SAT (Società autostrada tirrenica), s.p.a è una società costituita nel 1968 a cui è stata affidata in concessione dallo Stato la costruzione e la gestione dell'Autostrada Livorno-Civitavecchia A 12, di chilometri 242;
   attualmente la SAT Spa opera sulla base della Convenzione di concessione sottoscritta l'11 marzo 2009 e resa efficace dal 24 novembre 2010 a seguito del recepimento di prescrizioni imposte dal CIPE;
   nel 2003 viene nominato presidente della SAT spa, Antonio Bargone, carica che mantiene tutt'ora;
   Antonio Baragone è un avvocato che è stato eletto per la prima volta deputato della Camera nel 1987 con l'allora partito comunista ed è diventato Sottosegretario di Stato per i lavori pubblici nel primo governo di Romano Prodi, ma anche nel primo e nel secondo governo di Massimo D'Alema (dal 22 ottobre 1998 al 27 aprile 2000) con delega alle autostrade;
   nel 1998, durante un difficile periodo economico per SAT spa, viene effettuato un aumento di partecipazione pubblica nell'azionariato della società in oggetto che riceve 172 miliardi e 500 milioni di lire;
   nel 2010 l'ex Ministro Matteoli (che in quel periodo contemporaneamente rivestiva la carica di Ministro ma anche il ruolo di sindaco del comune di Orbetello, comune che è sulla tratta dell'autostrada in oggetto), nomina commissario straordinario del Governo per la costruzione dell'autostrada tirrenica, Antonio Bargone, che si trova a rivestire contemporaneamente il ruolo di presidente per la SAT spa e di Commissario straordinario per conto dello Stato;
   la Società Autostrada Tirrenica s.p.a, si configura come una SpA a capitale misto, di cui la maggioranza delle quote è in mano privata, suddivisa per gran parte tra «Autostrade per l'Italia S.p.A.» (riconducibile al controllo del gruppo Benetton), «Holcoa S.p.A.» (holding di concessionarie autostradali i cui azionisti sono CCC, CMB, CMC, Unieco, Cooperare e UGF Merchant) e «Vianco S.p.A.» (partecipata al 100 per cento da Vianini Lavori S.p.A. del Gruppo Caltagirone) che detengono poco meno del 25 per cento a testa del capitale sociale. Il «Monte dei Paschi di Siena» detiene circa il 15 per cento delle quote azionarie e la «S.A.L.T. S.p.A.» poco meno del 10 per cento. Il resto dell'azionariato, inferiore all'1 per cento dell'intero capitale di SAT Spa, è suddiviso tra Camera di commercio, industria e artigianato di Grosseto, Camera di commercio, industria e artigianato di Viterbo, e le amministrazioni provinciali di Grosseto e Viterbo;
   l'avvocato Antonio Bargone, è stato anche Presidente di «Unionsoa» per sette anni fino all'11 settembre 2013, data in cui ha assunto la carica di presidente onorario. Unionsoa, «Associazione Nazionale società organismi di Attestazione», conta 12 associate SOA. Le SOA – società organismi di attestazione – sono disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000 n. 34 (così come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 2004 n. 93), che le istituisce attribuendo loro il compito di rilasciare «l'attestato di qualificazione» che abilita le imprese alla esecuzione di appalti o subappalti di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro su tutto il territorio nazionale;
   la società Autostrada Tirrenica spa è una società per azioni che al pari di ogni società per azioni, a prescindere da chi possegga il capitale, è sempre una società commerciale e risponde, ancora prima che alle leggi, all'articolo 2247 del codice civile che ne stabilisce l'obiettivo: «Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili», ovvero fare un utile e dividere i dividendi tra gli azionisti;
   nell'ordinamento italiano il commissario straordinario è un dirigente pubblico nominato dal Governo, per far fronte ad incarichi urgenti o straordinari nella pubblica amministrazione, tramite un accentramento o un aumento dei poteri e un'azione in deroga. La figura del Commissario straordinario è stata istituita dalla legge 400/88, che tra l'altro stabilisce: «al fine di realizzare specifici obiettivi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri, o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento tra amministrazioni statali, può precedersi alla nomina di commissari straordinari del Governo». I commissari straordinari possono operare tramite procedure accelerate, e in deroga alla normativa vigente, ad esempio, possono assegnare senza bando di gara d'appalto, ma a propria discrezione, i lavori pubblici; appare quindi ad avviso degli interroganti incomprensibile fuori luogo e in palese conflitto d'interessi, il doppio incarico affidato ad Antonio Bargone che deve quindi, da presidente tutelare gli interessi della SAT spa, interessi legati alla divisione degli utili tra i soci della spa e da commissario assicurare gli interessi dello Stato che non sono legati alla divisione degli utili, bensì alla possibilità, qualora ci siano tutte le condizioni idonee, di fornire il miglior servizio possibile ai cittadini –:
   se il Ministro ritenga di intervenire in merito al doppio ruolo di Bargone che deve da una parte tutelare gli interessi
privati e dall'altra tutelare gli interessi pubblici, cosa che secondo gli interroganti implica un chiaro conflitto di interessi, e se il Ministro sia a conoscenza di altri ruoli o compiti assegnati ad Antonio Bargone, da parte dello Stato o, qualora sussista un obbligo di comunicazione dei medesimi, da parte di privati. (5-01880)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

   CIMBRO e CHAOUKI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi cinque anni l'Unione europea ha stanziato più di 500 milioni di euro per migliorare il nostro sistema nazionale di controllo e di assistenza ai profughi; e che dei 122 milioni del «Piano nazionale sicurezza» sono stati finora utilizzati solo 30 milioni, e che entro il 2015 dovremo investire i 90 restanti;
   nonostante l'entità dei capitali a disposizione l'Italia o, se si vuole, il sistema-Paese va perseverando in una mala, e in molti casi truffaldina amministrazione dei fondi, la quale è responsabile delle disumane condizioni dei nostri centri di accoglienza, e in generale della nostra farraginosa, mal coordinata e inadempiente politica di assistenza;
   causa prima di ciò, oltre che la labirintica e pesante macchina burocratica e amministrativa dello Stato, la mancanza di una normativa chiara e l'assenza di parametri oggettivi che regolamentino la creazione, le spese, le finalità e modalità delle strutture di accoglienza sul nostro territorio, e in generale tutto il sistema di assistenza; scarso è anche il controllo sui destinatari dei finanziamenti, oltre che sul lavoro in corso e a fine d'opera;
   tra i casi più marchiani di mal affidamento di fondi figura quello di Connecting People, cooperativa indagata per associazione a delinquere e truffa ai danni dello Stato, che tutt'ora gestisce diciannove Centri per immigrati in Italia; o quello del «Valico di frontiera» dell'aeroporto di Fiumicino, gestito dall'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, cooperativa denunciata da Save the Children per falsi rimborsi. E per quel che riguarda i ritardi nella realizzazione dei centri: il cantiere di quello di Marineo (Palermo), a tre anni dal via definitivo all'opera, è tutt'ora chiuso, abbandonato al degrado; e dei cinquantasei ambigui «Centri polifunzionali» (poco chiare le loro finalità) che dovranno sorgere fra Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, non ne è stato fin ora completato, dal 2007, nemmeno uno;
   è di invece ben 300 milioni di euro il finanziamento comunitario devoluto al programma pluriennale di vigilanza dei confini, «Frontex»; spiace rilevare a proposito che di questi trecento milioni: quattordici siano stati utilizzati per I-Vis, negli intenti avanzatissima piattaforma telematica di controllo dei visti degli extracomunitari, colpita, appena avviata, da un incursione di hacker; novantasei per l'acquisto di tre aerei Piaggio P180, cinque elicotteri Aw 139, due elicotteri Agusta Westland, che però, anziché essere utilizzati per le finalità proprie di Frontex, giacciono a Pratica di Mare, sorvegliando al più le manifestazioni romane. Medesimo destino è toccato a utilitarie, fuoristrada, pullman e minibus che, acquistati con ventisette milioni del programma di vigilanza, sono stati dirottati ad altri compiti –:
   quali misure intendano applicare per utilizzare al meglio i fondi messi a disposizione dall'Unione europea, per creare centri di accoglienza che siano degni di tale nome, abbandonando la logica di una politica di accoglienza di fatto, com’è oggi, securitaria, e indifferente al rispetto dei più elementari diritti dell'uomo. (5-01871)

Interrogazioni a risposta scritta:

   TOFALO, LUIGI GALLO, COLONNESE, SIBILIA, MICILLO e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del 1o dicembre 2010 n. 269 il Ministero dell'interno regolamentava la disciplina delle caratteristiche minime del progetto per gli istituti per la pubblica sicurezza, negli anni si è visto nel settore della vigilanza privata, trasporto valori ed affini, una competizione tra imprese che, per conquistare nuove fette di mercato, hanno portato alla nascita di sistemi per l'accesso al conferimento di appalti tramite i cosiddetti «network», nei quali entrano ed operano aziende la cui proprietà è riconducibile a soggetti non trasparenti. Questo è quanto sembra si stia evidenziando nell'evoluzione della vicenda legata alla IPERVIGILE srl di Nocera Inferiore (Sa) ed a tutti i network ai quali si è collegata;
   nello specifico l'IPERVIGILE srl di Nocera Inferiore (Sa) veniva (vedi allegato n. 1 CISAL):
    con provvedimento cautelare della Banca di Italia del 23 ottobre 2013, colpita da divieto di rimessione di banconote; con provvedimento del 10 dicembre 2013 la prefettura di Salerno veniva (vedi allegato n. 2 prefettura di Salerno) ha sospeso la licenza con la quale venivano svolti servizi di vigilanza privata, poiché si accertava che la titolarità della società, veniva formalmente amministrata da tale Andrea Satiro, ed era da ricondurre alla famiglia De Santis, quindi la società è stata posta in liquidazione volontaria, con l'avvio di licenziamenti collettivi e messa in mobilità che interesseranno l'intera forza lavoro (circa 257 unità);
   i dipendenti sono attualmente creditori delle retribuzioni di circa 4 mesi e del maturando trattamento di fine rapporto; nel mentre, i servizi di movimentazione e trasporto valori che venivano svolti dalla società in parola, sono stati affidati ad altre società di vigilanza privata, tra cui la Battistoli spa con sede legale a Vicenza, la Cosmopol srl di Avellino e la Notturno di Caivano (Napoli), nonostante rituale convocazione della Prefettura di Salerno, hanno disertato l'incontro teso a garantire il mantenimento della forza lavoro nei servizi –:
   se in merito sia già in corso un tavolo di trattativa con i sindacati di categoria e come si intenda procedere per le problematiche evidenziate ed eventualmente integrare nella discussione i sindacati di riferimento;
   se intendano chiarire come si possa intervenire in merito alla funzionalità generale dei network e delle società che svolgono servizi di vigilanza privata e trasporto valori, concentrando l'attenzione sul trattamento delle forze lavoro, sia in merito alle ore lavorative realmente svolte, le condizioni disagiate di lavoro ed il relativo trattamento economico. (4-03146)

   PANNARALE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   villa Roth a Bari, di proprietà della provincia, un complesso edilizio che fino al 2011 era in stato di abbandono e in condizioni di degrado, è stato sgomberato, con la forza, la mattina del 14 gennaio 2014;
   il complesso edilizio era occupato dal novembre 2011 da associazioni giovanili che, autorganizzandosi, l'avevano restituito alla vita e alla socialità, offrendo riparo a talune famiglie senza tetto e promuovendo iniziative sociali e culturali;
   in particolare, nella struttura venivano allestite attività ricreative e sportive per bambini, proiezioni di film e altre iniziative di elevato significato sociale, di contrasto dell'emarginazione e del disagio dei migranti;
   lo sgombero ha avuto luogo in esecuzione di un provvedimento di sequestro preventivo emesso dall'autorità giudiziaria in relazione al procedimento avviato per il reato di invasione di edifici;
   la polizia, a quanto risulta all'interrogante, in tenuta antisommossa, ha proceduto a svegliare gli occupanti e li ha costretti a fare le valigie per l'esecuzione dello sgombero. Nella villa dormivano in maniera stabile una quindicina di persone, tra le quali anche studenti che avevano perso il diritto al posto letto in collegio, precari senza fissa dimora e migranti richiedenti asilo;
   non è ovviamente nota, peraltro, la destinazione che verrà attribuita a villa Roth, una volta rientrata nel possesso della provincia;
   ad avviso dell'interrogante, fermo restando il rispetto di decisioni dell'autorità giudiziaria, non può non sottolinearsi, oltre alle modalità con le quali ha avuto luogo lo sgombero – di prima mattina e costringendo con la forza gli occupanti al freddo, senza alcuna soluzione di alloggio alternativa – la necessità, più in generale, di prevedere iniziative, compresa la destinazione di spazi, al fine di gestire le emergenze sociali;
   a Bari, in particolare, vi sono caserme vuote, un ospedale militare di grandi dimensioni chiuso e inutilizzato, che ben potrebbe essere destinato alla gestione delle emergenze sociali –:
   quali siano le informazioni del Ministro dell'interno circa le attività portate avanti dal 2011 dagli occupanti di villa Roth, nonché le modalità di esecuzione del relativo sgombero;
   se l'autorità di pubblica sicurezza avesse mai segnalato problematiche di ordine pubblico in relazione alla situazione determinatasi a seguito dell'abbandono dell'edificio da parte della scuola Fermi, che l'occupava in precedenza, e alla conseguente occupazione degli studenti e degli altri giovani;
   considerata la gravità dell'emergenza sociale, quali siano le iniziative urgenti che, più in generale, i Ministri intendano intraprendere riguardo la gestione dell'emergenza sociale, di contrasto all'emarginazione, alla povertà, anche prevedendo la destinazione di immobili abbandonati e in disuso a luoghi di riparo per i soggetti più deboli, nonché di promozione sociale e culturale. (4-03147)

   MARCON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte fra il 6 ed il 7 gennaio 2014 una bomba incendiaria «molotov» è stata gettata e fatta esplodere sulla facciata della Casa dei beni comuni di Treviso, una struttura che ospita numerosi soggetti fra i quali la scuola per stranieri «Fuoriclasse», l'associazione Razzismo Stop, l'associazione Ya Basta, il collettivo ZTL Wake Up, il Coordinamento provinciale e cittadino Acqua Bene Comune, l'A.D.L. Associazione Diritti Lavoratori, il Coordinamento degli studenti di Treviso ed il Comitato genitori e insegnanti «Scuolandia»;
   tale struttura e le associazioni che vi si riuniscono sono state oggetto già in passato di numerose intimidazioni, aggressioni ed atti di stampo chiaramente squadrista da parte di gruppi che si ispirano a dottrine di estrema destra e che ormai da anni imperversano con questo tipo di azioni su tutto il territorio trevigiano. Numerose svastiche, croci celtiche e frasi inneggianti al razzismo e all'antisemitismo sono infatti comparse negli anni sulla facciata della Casa dei beni comuni nonché in altre zone della città;
   risultano alquanto preoccupanti le dichiarazioni alla stampa locale del prefetto di Treviso Maria Augusta Marrosu e certamente controproducenti in una prospettiva di allentamento del clima di tensione creatosi. Il prefetto ha infatti asserito, dalle colonne di un quotidiano locale, che «Con il ripristino della legalità, anche il clima di tensione che si è generato andrà scemando». Individuando la ragione scatenante dell'episodio in questione nell'occupazione di alcuni spazi comunali abbandonati da anni, occupazione avvenuta peraltro in altri tempi e in altri luoghi, da parte di uno dei collettivi presenti all'interno della Casa dei beni comuni. E sostenendo dunque che lo sgombero immediato di tali spazi si rivelerebbe un'azione risolutiva della situazione;
   l'episodio in questione non è che l'ultimo di una lunga serie di chiara matrice neo-fascista ai danni di soggetti che promuovono i valori della socialità, della cultura, della condivisione, della discussione politica e dunque certamente della democrazia. Rivelando dunque un contesto di grande tensione al quale sarebbe irragionevole ed antidemocratico porre rimedio limitando l'azione di questi ultimi, e che andrebbe bensì affrontato, in primo luogo dalle istituzioni che sono preposte a tutelare il diritto di espressione dei cittadini, in maniera molto più seria ed orientata all'identificazione di coloro che si rendono responsabili di violenze –:
   quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda intraprendere nonché quali siano le direttive date e seguite concretamente dalle autorità locali di pubblica sicurezza per favorire l'identificazione dei responsabili del lancio dell'ordigno incendiario. (4-03149)

   NACCARATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 14 gennaio 2014 il nucleo dei Carabinieri del Ros ha eseguito 13 ordinanze di custodia cautelare tra le province di Milano, Padova, Reggio Calabria e Catanzaro;
   la maxi-operazione antidroga denominata dagli investigatori «Tamburo» è stata ordinata dal sostituto procuratore della procura distrettuale antimafia e l'ordinanza è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano;
   l'indagine ha coinvolto 13 pregiudicati contigui alle cosche dei Barbaro-Papalia di Piatì, Ursino-Macrì di Siderno (in provincia di Reggio Calabria) e Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia);
   l'operazione ha colpito una rete per lo spaccio di cocaina nell'Italia del nord, che, secondo le prime ricostruzioni, avrebbe gestito il traffico di stupefacenti dopo il vuoto creatosi all'indomani dell'operazione «Crimine», conclusasi nel luglio 2010 con circa 300 arresti;
   questi arresti confermano gli allarmi più volte lanciati circa il coinvolgimento diretto della criminalità organizzata nel traffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti nel Nord e si sommano ad altre numerose operazioni con sequestri di ingenti quantitativi di droga anche negli ultimi mesi;
   la massiccia presenza criminale nelle regioni settentrionali si manifesta ormai costantemente sia nei traffici illeciti sia settori economici molto importanti quali l'edilizia, il movimento terra, le energie rinnovabili e i rifiuti;
   le relazioni periodiche della direzione centrale per i servizi antidroga individuano in Milano e Padova, per posizione geografica e conformazione sociale, come centri strategici per la criminalità organizzata per consolidare posizioni di potere e di influenza sull'economia attraverso il traffico di sostanze stupefacenti –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti fin qui esposti;
   in che modo il Ministro intenda adoperarsi per rafforzare con strumenti e uomini la prevenzione e il contrasto delle organizzazioni criminali e delle attività illecite finalizzate al traffico di stupefacenti. (4-03153)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   VACCA, COZZOLINO, SPESSOTTO, BUSINAROLO, DA VILLA, BRUGNEROTTO, ROSTELLATO, BECHIS, D'INCÀ, LUIGI GALLO, CHIMIENTI, MARZANA, SIMONE VALENTE, BATTELLI, D'UVA, DI BENEDETTO e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dalla riapertura della scuola dopo la pausa natalizia alcuni istituti veneti si sono venuti a trovare in situazioni igieniche non idonee;
   da articoli di stampa apparsi il 10 gennaio 2014 si apprende che circa 70 scuole sono a rischio chiusura perché troppo sporche in quanto la mancanza di igiene potrebbe mettere a rischio la sicurezza dei bambini;
   alcuni sindaci sono stati costretti a chiudere le scuole per operare disinfestazioni straordinarie, come ad esempio a Mira (Venezia), e in altri comuni limitrofi;
   a seguito di tale situazione già nella giornata di venerdì 10 gennaio i parlamentari della Commissione cultura della Camera dei deputati Simone Valente, Gianluca Vacca e Sergio Battelli si sono recati a Mira, dove il sindaco è stato costretto a chiudere le scuole per verificare personalmente le condizioni igieniche delle scuole;
   la situazione trovata nelle scuole di Mira e di alcuni comuni limitrofi è risultata inaccettabile in quanto molte aule risultavano senza pulizia da prima delle vacanze natalizie;
   tale situazione sembrerebbe causata dalla diminuzione dei fondi ministeriali per le pulizie a cui conseguirebbe una contrazione delle ore di pulizie che la Manutencoop – società esterna a cui è affidata il servizio di pulizie degli istituti – ha a disposizione per svolgere i servizi;
   la Manutencoop ha appalti in tutto il nord Italia e tale situazione potrebbe verificarsi, oltre che nella provincia di Venezia, anche in altre regioni;
   il deputato Luigi Gallo, in data 8 gennaio 2014, ha presentato una interpellanza urgente riguardante i lotti di appalti di servizi concessi attraverso la gestione Consip, di cui beneficia anche Manutencoop, chiedendo al Governo quali provvedimenti intendeva adottare per rivedere il modello di organizzazione e gestione della Consip, affinché l'organismo di vigilanza, costituito all'interno della Consip, dotato di autonomi poteri di controllo, risultasse in grado di vigilare sul funzionamento, sull'efficacia e sull'osservanza del «Modello di organizzazione e gestione»;
   l'affidamento dei servizi di pulizia ed altri servizi tesi al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili, per gli istituti scolastici di ogni ordine e grado e per i centri di formazione della pubblica amministrazione è suddivisa in tredici lotti ed il criterio di aggiudicazione adottato è basato sulla offerta economicamente più vantaggiosa in cui l'offerta tecnica ha un valore massimo di 60 punti mentre l'offerta economica ha un valore massimo di 40 punti;
   l'importo massimo complessivo di tutti i lotti è pari a 1.795.860.000,00 euro, IVA esclusa;
   nei mesi precedenti, sia in occasione della discussione sul decreto-legge n. 69 del 2013 che sul decreto-legge n. 104 del 2013, i parlamentari del Movimento 5 Stelle avevano presentato delle proposte emendative che contrastavano la politica delle esternalizzazioni proponendo, invece, l'assunzione di collaboratori scolastici direttamente alle dipendenze dello Stato;
   tale proposta risultava sostenibile dal punto di vista dei costi in quanto, per stessa ammissione del Governo, la spesa massima che si sarebbe sostenuta attraverso l'assunzione diretta di 11.851 collaboratori supplente, sapendo che lo stipendio lordo di un collaboratore scolastico supplente è pari a euro 23.581 compresa l'indennità di vacanza contrattuale, sarebbe risultata pari a 280,2 milioni l'anno a fronte di una spesa per le società esterne pari a 390 milioni l'anno;
   la politica delle esternalizzazioni che, spesso, non porta ad ottenere conseguenti economie di gestione, sono vantaggiose solo per quelle società, talvolta legate ai partiti, che devono realizzare profitti a discapito dei servizi pubblici e degli stessi lavoratori –:
   come il Governo intenda rimediare all'emergenza venutasi a creare nelle scuole venete;
   come e se il Governo intenda rivedere il sistema della gestione dei servizi di pulizia alla luce dell'evidente fallimento e dei maggiori oneri che lo Stato deve sostenere rispetto ad una gestione diretta che comprenda l'assunzione dei collaboratori scolastici. (5-01869)

   D'OTTAVIO, PAOLA BRAGANTINI e SCUVERA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da molti anni per centinaia di edifici scolastici in tutta Italia le pulizie e altre attività di supporto alla gestione sono affidate attraverso appalti ad imprese e cooperative;
   l'esperienza ha consentito di evitare nuove assunzioni nella pubblica amministrazione e permesso, soprattutto alle cooperative sociali, di avviare al lavoro cittadini in condizioni di disagio;
   nel corso del 2013 ai fondi per garantire il rinnovo degli appalti sono stati effettuati tagli che da subito hanno creato preoccupazioni per la continuità del servizio;
   in occasione della discussione sulla legge di stabilità per il 2014 erano stati presentati emendamenti tesi a recuperare il taglio delle risorse;
   le risorse non sono state trovate, ma con l'accordo del Governo, è stato approvato un emendamento che consentiva la proroga fino al prossimo febbraio 2014 dei contratti in essere alle stesse condizioni e alla realizzazione di un tavolo per trovare le necessarie soluzioni, soprattutto tese ad evitare problemi occupazionali –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fatto che le Autonomie scolastiche interessate hanno ricevuto una comunicazione non coerente con quanto deciso dal Parlamento;
   se intenda dare seguito alla costituzione del tavolo di lavoro;
   se sia consapevole che la mancata continuità nei servizi di pulizia e di custodia comporterà la chiusura di edifici scolastici;
   se siano state individuate le possibili soluzioni al problema. (5-01877)

Interrogazione a risposta scritta:

   PALMIZIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato da alcuni organi di stampa locali e dalla segnalazione di un consigliere comunale di Forza Italia-Lega Nord del comune di Cavriago, nel corso di una visita scolastica di una mostra presso la parrocchia di Rio Saliceto in provincia di Reggio Emilia, relativa al Beato Rolando Rivi seminarista sequestrato, torturato e infine assassinato a 14 anni, da partigiani comunisti il 13 aprile 1945, è avvenuto un grave episodio di censura, a seguito di alcune rimostranze da parte di alcuni genitori degli alunni;
   la censura si è verificata in conseguenza della decisione di una dirigente dell'istituto scolastico Anna Frank, la quale successivamente alle lamentele di alcuni genitori riguardo al pannello d'ingresso intitolato: «Domani un prete in meno», ha sospeso le visite dei ragazzi delle scuole elementari con la seguente motivazione: «In considerazione dell'impossibilità, a causa dei tempi ristretti, di contestualizzare dal punto di vista storico e didattico la Mostra dedicata a Rolando Rivi, si sospende la visita»;
   a giudizio dell'interrogante la motivazione da parte della dirigente scolastica, nonché preside della medesima, risulta essere secondo l'interrogante «pilatesca», in quanto finalizzata soprattutto a non fare conoscere ai giovani studenti, Rolando Rivi, martire della seconda guerra mondiale, ucciso dai partigiani comunisti;
   l'interrogante segnala inoltre che, secondo la denuncia del medesimo consigliere comunale, è stato domandato al parroco di Rio Saliceto, Don Carlo Castellini, di eliminare finanche il pannello accusato, richiesta tuttavia rifiutata da quest'ultimo;
   giova peraltro sottolineare, a giudizio dell'interrogante, che lo scorso ottobre a Modena, alla presenza di più di 5.000 persone, è avvenuta la beatificazione di Rolando Rivi e nell'occasione, il vescovo riportava le parole di Papa Francesco, dopo la preghiera dell'Angelus, il quale lo ha ricordato come un «bell'esempio per i giovani» e come «eroico testimone del Vangelo»;
   nell'ambito degli articoli pubblicati dalla stampa locale sulla vicenda avvenuta, l'interrogante segnala un intervento appropriato e condivisibile, sull'avvenuta censura, da parte di un giornalista reggiano: il dottor Andrea Zambrano il quale ha evidenziato che «Una scuola che rinuncia a presentare la storia è una scuola che rinuncia alla sua identità e alla sua missione. Lo scandalizzarsi decisamente politically oriented di alcuni genitori è niente di fronte all'asservimento che l'Istituto di Rio Saliceto ha mostrato verso l'arroganza di pochi che hanno così costretto tanti a rinunciare ad un momento di conoscenza»;
   il suindicato giornalista ha altresì aggiunto che: «Dire che la frase “domani un prete in meno” è un oltraggio alla Resistenza è non solo un falso storico, perché quella frase è vergata dalla penna di un Giudice della Repubblica Italiana e mai messa in discussione in 50 anni né da chi la pronunciò né dall'Anpi. Ma è anche un non riconoscere che la storia della Resistenza con questa Beatificazione fornisce delle chiavi di lettura che la vulgata resistenziale ha il più delle volte, se non negato, almeno taciuto»;
   l'intervento del medesimo giornalista è proseguito inoltre sostenendo che: «la scuola pubblica è tale, se è al servizio del bene comune in una logica inclusiva e di rispetto prima di tutto della verità. Immaginiamo che con Anna Frank tutto questo sia stato fatto. Con un'altra vittima della follia delle ideologie totalitarie invece si è preferito negare questo spazio con scuse che rasentano il grottesco. Bocciata in storia, ma anche in educazione civica»;
   l'interrogante evidenzia altresì che, la vicenda così descritta, proprio in virtù delle sue implicazioni etiche e religiose, ha avuto una vasta risonanza non solo a livello locale ma anche in una dimensione più vasta, in considerazione della valenza e degli effetti sociali ed educativi che un episodio del genere può determinare –:
   quali orientamenti intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se la censura eseguita dalla dirigente dell'istituto scolastico Anna Frank, riportata nella premessa, nell'ambito dello svolgimento di un ruolo istituzionale vincolato a criteri di imparzialità e correttezza didattica e formativa, le cui conseguenze hanno impedito la libertà di apprendimento e conoscenza degli alunni sia coerente con il corretto esercizio delle funzioni;
   in caso negativo quali iniziative nell'ambito delle sue competenze intenda intraprendere, nei riguardi della medesima dirigente, al fine di ristabilire i necessari doveri di responsabilità da
parte di insegnante scolastico dettati dal codice disciplinare e di comportamento della scuola. (4-03156)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:

   GAGNARLI e BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Comune di Cortona (Arezzo) nel corso del 2013 ha indetto una gara d'appalto per l'affidamento dei servizi ed attività connessi alla mensa scolastica destinato ai nidi d'infanzia, alle scuole dell'infanzia e primarie del Comune di Cortona, per il periodo 2013/2014;
   la gara d'appalto è stata vinta da una società la P.A. srl di Salerno, con un notevole ribasso (20 per cento circa) rispetto alla base di partenza stabilita dal comune, che ha quindi sostituito il precedente gestore del servizio, la Sodexo spa di Milano che lo aveva amministrato per diversi anni;
   la nuova azienda vincitrice della gara, P.A. srl, in base alle disposizioni normative sulla giurisdizione del lavoro ed al CCNL turismo/pubblici esercizi, ha assunto tutto il personale in carico alla azienda precedente; al momento della sottoscrizione del nuovo contratto da parte dei lavoratori, tuttavia, la P.A. srl ha trasformato i contratti dei lavoratori da tempo indeterminato a tempo determinato, in contrasto, a parere dell'interrogante, con quanto previsto dal CCNL sopra citato (CAPO XII – NORME PER LA RISTORAZIONE COLLETTIVA – mense aziendali – protocollo appalti), nei casi in cui la nuova ditta gestore del servizio applichi lo stesso CCNL o altro CCNL che prevede tale conservazione di diritti;
   questa trasformazione del rapporto di lavoro da tempo indeterminato a tempo determinato fa sì che il prossimo soggetto vincitore del nuovo appalto che il comune indirà, non sarà più obbligato ad assumere il personale del soggetto uscente, così come è avvenuto in questa occasione, con la conseguente perdita del posto di lavoro dei lavoratori in questione;
   inoltre, alcuni lavoratori che vantavano anni di anzianità presso la Sodexo spa con il proprio rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non si sono visti più riconosciuti i trattamenti di anzianità maturati, proprio per effetto del disconoscimento del precedete rapporto;
   l'Azienda uscente Sodexo spa, ha assolto in pieno tutti i propri doveri di comunicazione dei lavoratori e dei loro dati alla nuova azienda ed alle associazioni sindacali zonali, pertanto gli eventuali inadempimenti e/o violazioni sarebbero imputabili al nuovo soggetto appaltatore;
   nel capitolato speciale d'appalto per l'affidamento dei servizi ed attività connessi alla mensa scolastica, all'articolo 7 – PERSONALE, sono riportati gli obblighi e gli adempimenti che ha il datore di lavoro nei confronti dei lavoratori, ed in particolare risulta molto chiaro il seguente obbligo: «la ditta sarà tenuta alla completa osservanza, nei riguardi del personale alle proprie dipendenze, di tutte le disposizioni e norme contenute nel CCNL della categoria, accordi interconfederali, regionali, locali ed aziendali, nonché le disposizioni di legge in materia di riposo settimanale, ferie, assicurazioni sociali, e altro»;
   nello stesso capitolato, tuttavia, all'articolo 12 – PENALITÀ E RISOLUZIONE DEL CONTRATTO non vi è alcun riferimento ad eventuale risoluzione del contratto di appalto in merito ad inadempimenti o violazioni contrattuali riferite ai rapporti di lavoro con i propri dipendenti;
   l'associazione sindacale ed i legali dei lavoratori si stanno occupando della tutela del rapporto di lavoro, il mancato riconoscimento del contratto a tempo indeterminato, le differenze retributive e relativi obblighi previdenziali ed hanno già inoltrato la pratica all'ispettorato del Lavoro di competenza –:
   se il Ministro interrogato, sulla base delle normative vigenti in materia di appalti pubblici, ritenga di assumere iniziative per quanto di competenza, anche per il tramite dei suoi uffici periferici, per verificare se nel caso esposto in premessa, possano esistere i presupposti di violazione delle norme contenute nel CCNL della categoria, anche in merito alla mancanza, tra i casi di risoluzione del contratto, di un riferimento alla trasformazione dei contratti dei lavoratori anche al fine di evitare possibili ricorsi giurisdizionali. (4-03154)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   BIONDELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da organi di stampa sia locali che nazionali si è appreso della tragedia avvenuta qualche giorno fa riguardante il decesso al momento della nascita di una bimba la cui madre, in attesa di un parto gemellare, era stata costretta a spostarsi in ambulanza dall'ospedale di Domodossola a quello di Alessandria;
   la signora, infatti, era arrivata all'ospedale San Biagio di Domodossola al sesto mese di gravidanza ed aveva in corso un parto gemellare prematuro ma l'ospedale non ha potuto far nulla perché il «punto nascita» non è operativo;
   ad aggravare questa la situazione è intervenuto anche il fatto che l'ambulanza medicalizzata chiamata per trasportare la signora in un altro ospedale era impegnata in un trasporto urgente quindi è stato necessario chiedere l'intervento del 118 di Novara;
   l'ambulanza intervenuta è partita da Verbania per risalire sino a Domodossola e poi correre all'ospedale di Alessandria: 170 chilometri di autostrada, troppi per uno dei gemelli;
   sulla vicenda è stata aperta sia un inchiesta dalla procura di Novara volta ad accertare eventuali responsabilità penali sia un'altra inchiesta è stata aperta dalla Regione Piemonte poiché come riportato in una nota della stessa Regione «Nonostante la riforma abbia previsto la chiusura del punto nascite di Domodossola perché al di sotto dei requisiti minimi previsti dall'Oms e dall'accordo Stato-Regione del 2010 oggi questa struttura risulta ancora aperta perché in attesa di un pronunciamento del Tar». «Il caso riconferma che la concentrazione dei punti nascita, così come è stato deciso dalla Giunta regionale, risponde a criteri di appropriatezza di cura e di tempestività di intervento: la sosta della donna a Domodossola non è stata opportuna». L'indagine interna servirà «per verificare in modo puntuale come si siano svolti i fatti, a partire dalla serata di sabato 4 gennaio, comprese le visite e le fasi precedenti al ricovero». E «si riserva di valutare tutti i profili disciplinari, deontologici o di altro genere che eventualmente dovessero emergere». «Premesso che gravidanze così premature e soprattutto gemellari sono sempre soggette a gravi complicanze come del resto sta emergendo dai primi riscontri all'ospedale di Alessandria – afferma la nota – la direzione regionale Sanità esprime vicinanza alla famiglia della donna per la perdita di uno dei due gemelli nella giornata di oggi»;
   il pronunciamento del TAR nasce dai ricorsi fatti dagli amministratori ossolani e dalla federazione medici pediatri, che puntano sul mantenimento del reparto. Un'azione nata dopo le proteste che hanno visto una vera sollevazione popolare contro le scelte della regione, accusata di voler penalizzare l'ospedale ossolano;
   recentemente sono stati anche resi noti i dati dei parti dell'anno scorso a Domodossola, scesi a 229 «a causa dei protocolli restrittivi imposti dall'Asl» sostengono i comitati che segnalano anche la preoccupante situazione dell'ospedale di Verbania dove ci sono stati 438, con un calo del 25 per cento rispetto al 2012. Di questo passo il rischio è che chiudano entrambi i punti nascita, con le donne costretta ad andare fuori provincia –:
   se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dell'incresciosa vicenda verificatasi presso gli ospedali di Domodossola e di Alessandria e se non ritenga opportuno intraprendere, per quanto di competenza, adeguate iniziative per fare piena luce sull'accaduto nonché per assicurare il diritto alla salute così come sancito dall'articolo 32 della nostra Costituzione. (5-01876)

   COVELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la drammatica ed allarmante situazione che si è venuta a creare all'ospedale Civile dell'Annunziata di Cosenza, causata da carenze enormi di personale medico, paramedico ed infermieristico, anche dovuta ad ostacoli oggettivi quale il blocco del turn over, è preoccupante ed esige una immediata riorganizzazione non più rinviabile per salvare l'Ospedale da una situazione di tracollo totale, per come anche asserito e denunciato in più occasioni ed in più sedi, da tutte le sigle sociali quali Cgil, Cisl, Uil, Anaoo, Smi, Fassid, Aaroi, Cimo e per come evidenziato dalle stesse più volte su tante testate giornalistiche tra cui «Gazzetta del Sud» del 4 gennaio 2014, come da allegato;
   il pericolo che comporta l'attuazione dell'accorpamento di reparti non porta ad un risparmio dell'azienda, ma ad una riduzione di posti letto di un ospedale attorno al quale gravitano tutti i malati di una provincia che è la più estesa della Calabria con 155 comuni ed una orografia difficilissima; provincia che è stata totalmente penalizzata con la parziale chiusura o, peggio, con la totale chiusura di ospedali della zona. La parziale chiusura degli altri ospedali che ha procurato solo disservizi e mantenimento delle spese, ha costretto tutti i cittadini della provincia a ricorrere all'ospedale cosentino che è al collasso;
   il management invece che potenziare lo stesso, lo sta definitivamente affossando creando allarmismo e disservizi in tutti i reparti cominciando dal pronto soccorso. Infatti è da qualche giorno che è stato ufficialmente proclamato lo stato di agitazione permanente del personale sanitario con indispensabile e contestuale comunicazione al Prefetto di Cosenza Gianfranco Tomao;
   la preoccupazione richiede un immediato intervento affinché si prenda atto che è necessario un rapporto di collegamento tra ospedale e territorio facendo in modo che medici ed infermieri che lavorano anche sul territorio possano essere una risorsa per un ospedale HUB come l'Annunziata;
   tutto ciò parte dalla necessità di mettere il Ministro a conoscenza delle criticità esistenti e persistenti quali:
    a) mancanza di personale;
    b) mancanza di posti letto (pazienti ricoverati su barelle o su panche e contestuale emigrazione in altre regioni);
    c) esigenze dei pazienti (tempi di attesa delle visite 6 mesi);
    d) mancanza di collegamento con il territorio;
    e) diagnostica per immagini (mancate risposte per tempi di attesa troppo lunghi e difficoltà nella refertazione);
    f) carenza totale nelle strutture e nei macchinari che comportano carenza per interventi chirurgici (per esempio per una cataratta i tempi di attesa sono in media 7 mesi);
    g) problemi sulla diagnostica;
    h) impossibilità di effettuare la Pet per la quale bisogna ricorrere a Napoli o a Catanzaro;
    i) totale carenza strutturale dell'immobile che è vetusto ed obsoleto;
   è estremamente difficile parlare di soluzione ai problemi se non esiste realmente un programma di riorganizzazione dell'assetto sia del personale che della struttura;
   il tavolo Massicci non è stato tenero riguardo ai risultati conseguiti dalle strutture sanitarie calabresi;
   partendo, pertanto, dal presupposto basilare che la centralità del paziente deve essere l'elemento guida attorno a cui ruota l'ospedale, i professionisti e si aggregano le tecnologie (dalla diagnostica per immagini, alle tecniche chirurgiche, anestesiologiche e rianimatorie, dalla genetica, ai laboratori di analisi, ai trapianti, al potenziamento del centro trasfusionale) con il nuovo concetto di assistenza per intensità di cura a seconda se alta, media o bassa intensità;
   è necessario incidere con profonde rivoluzioni ed evoluzioni dell'intero sistema sanitario, rivedendone le strutture (le cui pareti cadono a pezzi e dai cui soffitti piove quotidianamente nelle stanze dei pazienti, dei medici, con rigurgiti fognari persino nei bagni annessi alle stanze dei pazienti e contestuali propagazioni di odori del tutto spiacevoli, carenza di lenzuola a corredo dei letti ed uno spreco inenarrabile per 8 mesi all'anno di aria calda dai condizionatori che comporta insopportabili temperature altissime in tutti i reparti) affinché nell'immaginario collettivo venga meno, con il massimo sforzo di tutto il personale, la fotografia dell'ospedale come luogo ostile, disumano, con aspettativa di dolore e di paura dell'ignoto;
   è necessario poter pensare ad un ospedale accogliente, moderno, umano, all'avanguardia, con un personale che ha tutta la voglia di esprimere il massimo della professionalità ai pazienti calabresi che meritano tutta l'attenzione dovuta affinché venga riconosciuto il loro diritto alla salute –:
   se il Ministro non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del deficit sanitario e nel rispetto delle prerogative degli altri soggetti istituzionali coinvolti, intervenire urgentemente per acquisire elementi in merito a quanto sopra esposto, assumendo le eventuali conseguenziali iniziative di competenza.
(5-01878)

Interrogazione a risposta scritta:

   PIAZZONI e MICCOLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo del 28 settembre 2012, n. 178, ha disposto la riorganizzazione della Associazione Italiana della croce rossa (CRI) mediante una procedura complessa e graduale di privatizzazione dell'Ente pubblico non economico CRI;
   la trasformazione dell'ente CRI in associazione privata ad interesse pubblico, originariamente prevista per il 1o gennaio 2014 è stata rinviata dal decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 come convertito dalla legge n. 125 del 2013, che ha operato il generale differimento di un anno di tutti i termini originariamente previsti dal decreto legislativo n. 178 del 2012, separando tuttavia il destino del comitato centrale e dei comitati regionali da quello dei comitati provinciali e locali. Questi ultimi, destinatari di una norma ad hoc, sono stati infatti privatizzati a partire dal 1o gennaio 2014;
   la procedura di privatizzazione in questione ha suscitato, fin dal principio, una serie di perplessità relative alle scadenze temporali previste per la ridefinizione della natura giuridica dell'ente, con particolare riferimento ai diritti e alle garanzie del personale in servizio nelle diverse componenti militari e civili, considerando inoltre l'altissimo numero di lavoratori a tempo determinato;
   l'ultimo intervento normativo in materia non ha contribuito a chiarire la questione; facendo sorgere ulteriori dubbi sulle sorti dei lavoratori. L'articolo 1-bis del decreto legislativo n. 178 del 2012, introdotto dal comma 10-ter dell'articolo 4 del decreto-legge n. 101 del 2013, ha infatti stabilito al comma 3 che il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato – in servizio presso i comitati provinciali e locali esistenti alla data del 31 dicembre 2013 – debba esercitare il diritto di opzione tra il passaggio al comitato centrale o ai comitati regionali, l'assunzione da parte dei comitati provinciali e locali, ovvero il passaggio in mobilità presso altre amministrazioni pubbliche;
   la norma in questione mal si concilia con quanto disposto dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 178 del 2012 e, in assenza del decreto di natura non regolamentare che doveva fissarne le modalità organizzative e gestionali, potrebbe dar luogo a disparità di trattamento fra i lavoratori in servizio presso i comitati provinciali o locali rispetto ai lavoratori assunti – sempre mediante concorso pubblico e con i medesimi requisiti – presso il comitato centrale o i comitati regionali;
   la situazione del personale a tempo determinato risulta ancora più problematica: il comma 4 dell'articolo 1-bis citato prevede che i comitati locali e provinciali possano avvalersi del personale a tempo determinato solo nell'ambito dell'espletamento di attività in regime convenzionale ovvero nell'ambito di attività finanziate con fondi privati. Secondo la nota interpretativa del Ministero della salute n. 1922-P-24/04/2013, i contratti di lavoro del personale in questione non potrebbero essere considerati validi, né tantomeno prorogabili se non correlati alla contestuale vigenza di una convenzione che ne giustifichi la causa e l'oggetto;
   occorre sottolineare, tuttavia, come le organizzazioni sindacali abbiano più volte denunciato il comportamento contraddittorio e difforme posto in essere da diversi comitati locali. In diversi casi sono giunte a dipendenti assunti con contratto a tempo determinato, che avevano ottenuto in via giudiziale la stabilizzazione del rapporto di lavoro, comunicazioni di fine rapporto; sono stati rinnovati contratti per un numero inferiore di ore rispetto a quelle svolte sino al 31 dicembre 2013, pur in presenza di convenzione; si è agevolato il proseguimento del rapporto di lavoro secondo forme contrattuali interinali o di somministrazione;
   in relazione al personale militare, con ordinanza presidenziale n. 0514-13 del 27 dicembre 2013, sono stati collocati in congedo per cessate esigenze 44 lavoratori appartenenti al Corpo militare, stabilendo inoltre la proroga di altre 275 unità solo fino al 30 giugno 2014;
   la situazione di incertezza nell'interpretazione e nell'applicazione della normativa descritta, sta incidendo fortemente sulla prosecuzione di numerosi rapporti di lavoro, spesso necessari a garantire attività strettamente legate allo svolgimento di servizi pubblici essenziali;
   quali iniziative intendano intraprendere per l'emanazione in tempi celeri e certi del regolamento ministeriale previsto dal comma 3 dell'articolo 1-bis del decreto legislativo n. 178 del 2012;
   se non ritengano opportuno, nell'ambito delle rispettive competenze, convocare al più presto un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali al fine di assumere determinazioni organiche sulla questione, considerando altresì la necessità di tutelare i livelli occupazionali e garantire la qualità dei servizi erogati;
   se non ritengano opportuno, nelle more dell'emanazione del regolamento ministeriale più volte citato, disporre la proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato
e quali iniziative intendano intraprendere per garantire i diritti dei lavoratori in questione. (4-03145)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

   TIDEI, IMPEGNO e PELUFFO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con decreto 11 marzo 2008 la Presidenza del Consiglio dei ministri ha autorizzato l'istituto per il commercio con l'estero (ICE) a bandire concorsi per l'assunzione di 360 unità; conseguentemente è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, n. 82 del 21 ottobre 2008, il relativo bando di concorso pubblico per titoli ed esami finalizzato alla copertura di n. 107 posti nei ruoli del personale dell'ICE, area funzionale «C», posizione economica «C1»;
   tale concorso ha avuto una durata di circa due anni per concludersi con la pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale n. 34 del 30 aprile 2010, della graduatoria definitiva con 107 vincitori;
   l'articolo 14, commi da 17 a 27, del decreto-legge del 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha provveduto a sopprimere l'istituto nazionale del commercio estero, disciplinano il passaggio delle funzioni del soppresso ICE, nonché delle risorse umane, strumentali e finanziarie, al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero degli affari esteri per le parti di rispettiva competenza;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2011, è stata disposta l'Autorizzazione ad assumere e a trattenere in servizio unità di personale per le esigenze di varie amministrazioni dello Stato, ai sensi dell'articolo 3, comma 102, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni ed integrazioni e dell'articolo 9, comma 31, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 2010, n. 122, prevedendo l'autorizzazione all'assunzione per il soppresso Istituto nazionale del commercio estero di 12 unità;
   con decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 è istituita, ai sensi dell'articolo 22, comma 6, l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, denominata «ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane»; ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, che li esercita, per le materie di rispettiva competenza, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e sentito il Ministero dell'economia e delle finanze;
   il medesimo articolo 14 del decreto-legge n. 98 del 2011, al comma 26, come da ultimo modificato dall'articolo 41, comma 1 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, trasferisce all'Agenzia un contingente massimo di 450 unità, provenienti dal personale dipendente a tempo indeterminato del soppresso istituto ICE, da individuarsi sulla base di una valutazione comparativa per titoli;
   il 21 aprile 2012, su richiesta dell'Ufficio affari generali del Ministero dello sviluppo economico e del Ministro Giarda, l'Avvocatura generale dello Stato ha emesso un parere dal quale sembrerebbe evincersi l'autorizzazione ad assumere personale ex ICE nonché la successione nei rapporti attivi e passivi dall'ex ICE al Ministero dello sviluppo economico;
   alla luce di questo parere, il rapporto instaurato con la procedura concorsuale sembrerebbe pertanto essere proseguito dal soggetto successore (quindi il Ministero dello sviluppo economico);
   sempre secondo l'Avvocatura dello Stato, i vincitori del citato concorso vanterebbero un diritto all'assunzione parificabile a quello del personale già in servizio presso l'ex-ICE;
   il 4 giugno del 2012, con bando interno di avviso della procedura valutativa del personale a tempo indeterminato appartenente ai ruoli del soppresso Istituto e del conseguente avvio della procedura di valutazione comparativa dei titoli si è proceduto a dare attuazione alle direttive della Presidenza del Consiglio per la creazione dell'Agenzia inquadrando 450 unità nella nuova pianta organica e mettendo in mobilità i 140 dipendenti in esubero non selezionati per il nuovo ente;
   considerando che tale personale in mobilità potrebbe richiedere in futuro di rientrare nell'organico della nuova Agenzia, secondo i tempi e le modalità del turn over, i vincitori di concorso — assimilabili ai dipendenti ex Istituto per il commercio con l'estero, in quanto «in rapporto giuridico» con l'istituto — vedrebbero svanire la possibilità di essere assunti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali azioni intenda intraprendere per dare corso, in tempo ragionevole, all'assunzione di tutti i vincitori del concorso espletato nel 2008, dando in tal modo una risposta ai titolari di un diritto. (5-01873)

Interrogazione a risposta scritta:

   D'AMBROSIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   esiste un problema enorme che tende a penalizzare ingiustamente e incomprensibilmente tutti i laboratori manifatturieri italiani, che si prodigano nel proporre alla propria clientela un prodotto che sia realizzato al 100 per cento su suolo italiano: purtroppo l'etichetta «made in Italy» può essere apposta anche su prodotti che non sono stati interamente realizzati in Italia;
   a tutt'oggi è sufficiente che in Italia vengano effettuate 2 fasi produttive per fregiarsi del «made in Italy», spingendo molti ad una parziale delocalizzazione che porta all'estero una ricchezza che sarebbe più giusto rimanesse nel nostro Paese; ovviamente questi prodotti sono vendibili a prezzi ben al di sotto di quelli praticabili per una produzione interamente italiana. Gli imprenditori che adottano questa «soluzione» ne ricavano dei profitti infinitamente maggiori, il tutto legalmente. Ma il risultato finale è lo svilimento di un prodotto che invece dovrebbe rispecchiare l'eccellenza, e lo smembramento sistematico di quella che dovrebbe essere la spina dorsale dell'economia italiana, ovvero l'industria manifatturiera. Moltissimi laboratori chiudono per mancanza di lavoro: il che è paradossale, vista l'ingente richiesta di «made in Italy»;
   l'Italia così sta perdendo, ogni giorno di più, un bene che non sarà più recuperabile: il know-how di laboratori storici che chiudono i battenti, e con loro si perdono tutte le capacità tecniche di artigiani che il mondo ci invidia, ridotti allo sbando e magari costretti ad accettare l'inaccettabile se, quando gli va bene, il laboratorio stesso viene rilevato da imprenditori esteri, per lo più cinesi;
   tale problematica è ormai diffusa in settori produttivi anche diversi dal manifatturiero –:
   se e con quali provvedimenti si intenda porre rimedio a tale situazione distruttiva per il settore manifatturiero italiano in particolare, ma in generale per tanti altri comparti produttivi nazionali. (4-03152)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Martella ed altri n. 1-00310, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Buttiglione e, contestualmente con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Martella, Buttiglione, Causi, Marchi, Mosca, Bobba, Bonavitacola, Capodicasa, Censore, De Micheli, Fanucci, Giampaolo Galli, Genovese, Guerra, Laforgia, Losacco, Marchetti, Melilli, Misiani, Parrini, Preziosi, Rubinato, Rughetti, Bargero, Bonifazi, Capozzolo, Carbone, Colaninno, De Maria, De Menech, Marco Di Maio, Marco Di Stefano, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Lorenzo Guerini, Gutgeld, Lodolini, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Rostan, Sanga, Amoddio, Basso».

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Mariani e altri n. 7-00220, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Moretto.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Piazzoni e altri n. 3-00547, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fava.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Vignaroli e altri n. 2-00368 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 151 del 14 gennaio 2014.
  Alla pagina 8624, seconda colonna, dopo la riga trentatreesima inserire: «ciò nonostante il 27 ottobre 2012 in una dichiarazione resa al Fatto Quotidiano.it e comprovata da un video, il commissario Sottile riferiva al giornalista Nello Trocchia di aver scelto l'invaso di Monti dell'Ortaccio perché si fidava del privato, ed aggiungeva inoltre: “non ho fatto un sopralluogo in zona e non ho neanche controllato le autorizzazioni passate, spetta alla magistratura farlo!”;».
  Alla pagina 8624, seconda colonna, alla riga trentaquattresima deve leggersi: «il 27 dicembre del» e non «ciò nonostante il 27 dicembre del», come stampato.


Appendice: ATTI MODIFICATI

   La Camera,
premesso che:
la crisi economica e finanziaria, registrata a partire dal 2009, ha spinto l'Unione europea verso un'ampia revisione della propria governante, con l'obiettivo di rafforzare gli strumenti e le procedure per una più rigorosa politica di bilancio, garantire la solidità finanziaria dell'area europea e rilanciare le proprie prospettive di sviluppo;
il nuovo sistema di governance economica europea si fonda su un complesso di misure, di natura legislativa e non legislativa, finalizzate a rafforzare i vincoli di finanza pubblica dell'unione economica e monetaria, ma anche a introdurre una cornice comune per le politiche economiche degli Stati membri, in particolare per quanto riguarda la crescita e l'occupazione;
il sistema si articola in sette principali assi di intervento:
a) un meccanismo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche nazionali, mediante un ciclo di procedure e strumenti europei e nazionali concentrato nel primo semestre di ogni anno (semestre europeo);
b) il patto «Euro plus», che impegna gli Stati membri dell'area euro e alcuni altri Stati aderenti a porre in essere ulteriori interventi in materia di politica economica, il cui eventuale inadempimento non comporta l'adozione di sanzioni;
c) il trattato per il coordinamento delle politiche di bilancio (cosiddetto «fiscal compact») entrato in vigore il 1o gennaio 2013;
d) le modifiche al Patto di stabilità (contenute in parte nel cosiddetto six pack, in parte nel cosiddetto two pack);
e) la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici (derivante dall'applicazione del six pack);
f) i meccanismi di stabilizzazione dell'eurozona;
g) il Patto per la crescita (cosiddetto Growth pact, accordo non vincolante stipulato dal Consiglio europeo di giugno 2012);
in materia fiscale, in particolare, il «fiscal compact» introduce la regola del pareggio di bilancio, stabilendo che esso si consideri realizzato qualora il saldo strutturale (definito come saldo corretto per il ciclo e al netto delle misure una tantum) delle amministrazioni pubbliche sia pari all'obiettivo di medio termine specifico per il Paese, come definito nel Patto di stabilità e crescita, con un limite inferiore di disavanzo strutturale dello 0,5 per cento del prodotto interno lordo; deviazioni temporanee dall'obiettivo di medio termine sono consentite solo in caso di circostanze eccezionali o di gravi crisi economico-finanziarie e, comunque, nella misura in cui tale deroga non comprometta la sostenibilità del debito di lungo periodo; inoltre, gli Stati firmatari del Trattato si impegnano all'inserimento della regola del bilancio in pareggio (in termini strutturali) all'interno del quadro legislativo nazionale con modifiche di carattere vincolante e permanente, preferibilmente a livello costituzionale, e a recepire gli specifici meccanismi di correzione da attivare nel caso di scostamenti tra i risultati conseguiti e l'obiettivo di medio termine;
l'allineamento del sistema di regole interne con le nuove disposizioni europee è avvenuto per l'Italia con l'approvazione della legge costituzionale n. 1 del 2012, che introduce nell'ordinamento un principio di carattere generale, secondo il quale tutte le amministrazioni pubbliche devono assicurare l'equilibrio tra entrate e spese del bilancio e la sostenibilità del debito, nell'osservanza delle regole dell'Unione europea in materia economico-finanziaria;
la legge n. 243 del 2012 ha successivamente disciplinato i principi e le regole di bilancio riferite al complesso delle amministrazioni pubbliche, che riguardano, in particolare, la definizione dell'equilibrio di bilancio, l'introduzione di una regola sull'evoluzione della spesa e le regole in materia di sostenibilità del debito pubblico, disciplinando, altresì, specifiche deroghe al principio dell'equilibrio, nonché i necessari meccanismi correttivi da adottare in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi;
nel 2014 è previsto un importante processo di riesame da parte della Commissione europea dei provvedimenti più recenti in materia di coordinamento delle politiche macroeconomiche e di bilancio (six pack e two pack): i rapporti sulla clausola di revisione, inserita negli articolati dei provvedimenti legislativi in questione, dovrebbero essere inviati dalla Commissione europea al Consiglio e al Parlamento Europeo entro il 14 dicembre 2014 e sarà valutata l'efficacia delle disposizioni, soprattutto riguardo ai meccanismi di voto, includendo, ove necessario, proposte di revisione;
se le condizioni finanziarie nell'area dell'euro sono oggi molto meno tese rispetto alla fine del 2011, il raggiungimento di un equilibrio stabile è tuttavia ancora lontano, poiché continua a mancare un meccanismo di riduzione delle divergenze nelle strutture economiche dei Paesi dell'area euro, in assenza del quale non sarà possibile dare definitiva soluzione neanche ai problemi dei debiti sovrani; al tempo stesso, risultano ancora in gran parte irrisolti i problemi relativi alle asimmetrie del ciclo economico, che privilegiano alcuni Paesi a danno di altri e che devono essere affrontati con uno sforzo comune, teso a riequilibrare le tendenze spontanee del mercato, con un vero coordinamento delle politiche economiche dell'eurozona che contempli strumenti adeguati a fronteggiare le asimmetrie del ciclo nei singoli Paesi;
la questione cruciale è il rafforzamento della governance dell'unione economica e monetaria, dal momento che solo 18 Paesi su 28 adottano l'euro: l'attuale asimmetria tra eurozona e Unione europea costituisce, infatti, uno dei principali argomenti a sostegno di una governance imperniata sul metodo intergovernativo e su strumenti e organismi esterni al quadro istituzionale dell'Unione europea, come il «fiscal compact» e il Mes (il cosiddetto Fondo salva Stati);
in sostanza, la crisi ha dimostrato la necessità di dotare la moneta unica di un vero governo economico, governo che va, però, collocato all'interno del quadro giuridico e istituzionale dell'Unione europea e imperniato sulle sue istituzioni;
approvando con una larga maggioranza il rapporto Gualtieri-Trzaskowski sui problemi costituzionali della governance multilivello nell'Unione europea, il Parlamento europeo è entrato con forza nel dibattito sul futuro delle istituzioni europee e del governo dell'euro: il rapporto, infatti, sottolinea la necessità di avviare da subito le riforme possibili sulla base degli attuali trattati e dell'utilizzo dei numerosi strumenti di flessibilità presenti al loro interno, a partire dalla costituzione di una «capacità fiscale» aggiuntiva per l'eurozona da collocare all'interno del bilancio dell'Unione europea;
in questo quadro, il rapporto propone un modello di coordinamento rafforzato delle politiche economiche diverso da quello contenuto nella proposta di «accordi contrattuali», che sarà in discussione al prossimo Consiglio europeo e che trova nella costituzione di un chiaro sistema di incentivi attraverso l'istituzione di uno strumento finanziario, che del bilancio dell'eurozona dovrebbe essere l'embrione (oltre che in un maggiore legittimazione democratica a livello europeo e nazionale e in una maggiore attenzione alla dimensione sociale), i suoi tratti distintivi;
all'interno della discussione sul future dell'unione economica e monetaria, l'unione bancaria rappresenta un passaggio di fondamentale importanza e si compone di tre elementi: un meccanismo unico di supervisione, un meccanismo unico di risoluzione delle crisi e, nella prospettiva dell'unione di bilancio, un'assicurazione unica dei depositi;
poiché l'unione bancaria è essenziale per contribuire al raggiungimento di condizioni più distese sui mercati finanziari nell'area dell'euro e nel nostro Paese e all'interruzione della spirale negativa tra rischio sovrano e attivi bancari, è necessario completare il meccanismo di supervisione con un sistema unico di risoluzione delle crisi bancarie, insistendo per il raggiungimento di un accordo tra Consiglio e Parlamento sul meccanismo unico di risoluzione delle crisi che includa anche un fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie e una regolamentazione per la garanzie dei depositi bancari il più possibile armonizzata;
è di particolare rilevanza l'evoluzione della discussione relativa alla mutualizzazione del debito pubblico a livello europeo: entro il marzo 2014, infatti, è attesa la pubblicazione di un rapporto che ne analizzerà le prospettive; anche su questo versante, è importante insistere sulla necessità di collocare i nuovi meccanismi all'interno del quadro giuridico e istituzionale dell'Unione europea, soprattutto alla luce della prossima scadenza per l'elezione di un nuovo Parlamento e dell'impegno delle principali forze politiche europee a legare più fortemente l'esito della competizione democratica con la composizione della futura Commissione europea;
se va vista con favore la cosiddetta investment clause (sancita dal Consiglio europeo su proposta italiana), sulla base della quale può essere consentito ai Paesi non sottoposti a una procedura per disavanzo eccessivo, ovvero a un programma di aiuti, di versare la quota di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali dell'Unione europea, in deroga all'obiettivo di pareggio del bilancio, continua ad essere assente una vera e propria golden rule estesa all'insieme degli investimenti che possano esercitare un impatto positivo sulla crescita territoriale e sulla riduzione della disoccupazione;
dopo i risultati conseguiti nei campi della stabilità finanziaria, della sorveglianza delle politiche economiche e dell'unione bancaria, è importante che la discussione non si areni su quei temi più delicati, come gli incentivi alle riforme strutturali, la mutualizzazione dei debiti e l'unione fiscale, essenziali per la realizzazione di un'unione economica e monetaria efficace ed equilibrata,

impegna il Governo:

ad attivarsi affinché tutte le decisioni relative al rafforzamento dell'unione economica e monetaria siano adottate sulla base del Trattato sull'Unione europea;
ad avviare un negoziato con le istituzioni europee finalizzato a far sì che, a seguito del riesame dei provvedimenti in materia di governance economica da parte della Commissione europea per il 2014, sia concessa una maggiore flessibilità degli obiettivi di bilancio a medio termine, per tenere conto del ciclo economico;
per quanto riguarda l'unione bancaria, ad affermare con forza la necessità di un presidio istituzionale in Europa nella fase di messa a punto della vigilanza bancaria unica e di costruzione del meccanismo di risoluzione delle crisi, per evitare scelte e indirizzi contrari all'interesse del Paese, in particolare in materia di valutazione dei titoli pubblici posseduti dalle banche e dalle assicurazioni e di metodi di vigilanza sulle piccole banche territoriali;
a promuovere nelle sedi europee l'introduzione di meccanismi asimmetrici e anticiclici incardinati nel bilancio europeo per il finanziamento dei sussidi alla disoccupazione e per il sostegno dell'occupazione, in particolare giovanile;
a sostenere l'estensione della golden rule in modo da permettere lo scomputo di alcune voci di spesa per investimenti che possano esercitare un impatto a breve positivo sulla crescita territoriale e sulla riduzione della disoccupazione dai parametri finanziari rilevanti nel processo europeo di coordinamento dei bilanci pubblici nazionali;
a favorire la costituzione di un fondo europeo di remissione del debito (debt redemption fund) e di strumenti di debito europeo a breve termine (eurobills) senza ricorrere a ulteriori trattati intergovernativi, ma utilizzando il quadro giuridico e istituzionale esistente dell'Unione europea;
a sostenere la necessità di costruire un'adeguata implementazione, nelle procedure e negli strumenti di incentivo/disincentivo, della procedura per gli squilibri macroeconomici (Macroeconomic imbalance procedure-Mip), con l'obiettivo di responsabilizzare i Paesi dell'eurozona eccedentari all'attivazione al loro interno delle misure necessarie per l'assorbimento degli squilibri, come più volte chiesto all'Unione europea dai più importanti partner internazionali, a partire dagli Stati Uniti;
in materia di unione economica e monetaria, a richiamare l'esigenza di compiere progressi in modo equilibrato e bilanciato su tutte e quattro le direttrici poste dal rapporto dei quattro Presidenti «Verso un'autentica unione economica e monetaria», così da arrivare progressivamente a definire una vera e propria politica economica della zona euro, in modo da assicurare un aggiustamento più equilibrato tra i Paesi in deficit e i Paesi in surplus.
(1-00310) «
Martella, Buttiglione, Causi, Marchi, Mosca, Bobba, Bonavitacola, Capodicasa, Censore, De Micheli, Fanucci, Giampaolo Galli, Genovese, Guerra, Laforgia, Losacco, Marchetti, Melilli, Misiani, Parrini, Preziosi, Rubinato, Rughetti, Bargero, Bonifazi, Capozzolo, Carbone, Colaninno, De Maria, De Menech, Marco Di Maio, Marco Di Stefano, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Lorenzo Guerini, Gutgeld, Lodolini, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Rostan, Sanga, Amoddio, Basso».

   L'VIII Commissione,
premesso che:
nella seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati n. 148 di giovedì 9 gennaio 2014, in risposta a interrogazioni a risposta immediata in merito ai recenti rincari delle tariffe autostradali, il Ministro delle infrastrutture ha fornito alcuni chiarimenti e proposto alcune iniziative in merito alla disciplina sulle concessioni autostradali;
le concessioni tra ANAS spa e le società autostradali, che gestiscono in regime di monopolio infrastrutture essenziali quali le autostrade, interessano circa 5.800 chilometri a pedaggio su 6.532 di rete autostradale;
nelle precedenti legislature sono state approvate modifiche rilevanti alla disciplina sulle concessioni autostradali; nel 2008 sono stati approvati tutti gli schemi di convenzione già sottoscritti dalle società concessionarie autostradali con ANAS spa; è stato introdotto un nuovo sistema tariffario; il decreto-legge n. 98 del 2011, è intervenuto in materia di gestione della rete stradale e autostradale, disponendo l'istituzione (poi sospesa) di una Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali;
in risposta alla Commissione europea nella procedura di infrazione C(2006) 2006/2419 nei confronti del Governo italiano l'articolo 8-duodecies del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59 è intervenuto a modifica della disciplina sulle concessionarie autostradali – di cui all'articolo 2, commi 82-90, del decreto-legge n. 262 del 2006 – in modo da escludere l'applicazione unilaterale delle convenzioni da parte del Governo, anche a rapporti concessori preesistenti, disponendo altresì – alla data di entrata in vigore del decreto – l'approvazione di tutti gli schemi di convenzione già sottoscritti dalle concessionarie autostradali con ANAS Spa sottraendoli all’iter ordinario di approvazione; con analoga disposizione la legge finanziaria 2010 (legge n. 191 del 2009) ha esteso l'approvazione di tutti gli schemi di convenzione a quelli già sottoscritti entro il termine del 31 dicembre 2009 (poi differito al 31 luglio 2010 dall'articolo 47 del decreto-legge n. 78 del 2010), con la sola condizione che gli schemi recepissero le raccomandazioni della delibera CIPE di approvazione;
la finanziaria 2010 ha disposto, per le tratte autostradali con scadenza entro il 31 dicembre 2014, che l'Anas spa, entro il 31 marzo 2010, avviasse le procedure ad evidenza pubblica per l'individuazione dei nuovi concessionari;
l'articolo 43, commi 1-4, del decreto-legge n. 201 del 2011, ha disposto, la procedura di approvazione degli aggiornamenti o revisioni delle convenzioni relative alle concessioni autostradali, che non fosse più prevista l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari e, addirittura, nel caso in cui gli aggiornamenti o le revisioni non comportino variazioni al piano degli investimenti o ad aspetti di carattere regolatorio a tutela della finanza pubblica o, infine, nel caso in cui l'aggiornamento o la revisione riguardi concessioni i cui schemi di atti aggiuntivi siano già stati sottoposti al parere del CIPE alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201, che non fosse più prevista l'acquisizione del parere anche del CIPE; in sostanza, gli aggiornamenti o revisioni delle convenzioni relative alle concessioni autostradali vengono approvati senza essere sottoposti al parere né del Parlamento né del CIPE;
l'articolo 8-duodecies del decreto-legge n. 59 del 2008, ha inoltre introdotto un nuovo meccanismo di adeguamento tariffario che lega la variazione dei pedaggi – da una parte – al tasso di inflazione effettiva dell'anno precedente (fissandolo al 70 per cento quest'ultima) e – dall'altra – alla remunerazione degli investimenti;
il decreto-legge n. 185 del 2008, ha introdotto un pacchetto di norme finalizzate al blocco e alla riduzione delle tariffe autostradali, disponendo l'estensione del nuovo sistema tariffario, su richiesta, a tutte le società concessionarie;
l'articolo 3-ter del decreto-legge n. 135 del 2009, – con l'introduzione nell'ordinamento nazionale il cosiddetto federalismo infrastrutturale – cha disposto, per la realizzazione di infrastrutture autostradali previste dagli strumenti di programmazione allora in vigore, il trasferimento, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, delle funzioni e dei poteri di soggetto concedente ed aggiudicatore ad un soggetto di diritto pubblico appositamente costituito in forma societaria partecipato dall'ANAS e dalle regioni interessate o da soggetto da esse interamente partecipato, limitando però la costituzione di società miste Anas-Regioni per la sola realizzazione di infrastrutture autostradali di esclusivo interesse regionale, interamente ricadenti nel territorio di competenza di una singola regione; ha previsto inoltre che le società miste ANAS-Regioni potessero esercitare le sole funzioni di concedente espressamente escludendo quelle di concessionario;
l'articolo 36 del decreto-legge n. 98 del 2011 ha affidato all'Agenzia per le infrastrutture potere di proposta sulla regolazione e sulle variazioni tariffarie per le concessioni autostradali secondo i criteri e le metodologie stabiliti dalla competente Autorità di regolazione dei trasporti, la quale avrebbe dovuto provvedere alla loro successiva approvazione; lo stesso decreto-legge n. 98 del 2011, ha introdotto un'articolata disciplina volta a ridefinire l'assetto delle funzioni e delle competenze in materia di gestione della rete stradale e autostradale di interesse nazionale, con l'istituzione a decorrere dal 1o gennaio 2012 dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la conseguente ridefinizione delle funzioni di ANAS spa; tale Agenzia sarebbe dovuta subentrare ad Anas S.p.A. nelle funzioni di concedente per le convenzioni in essere e in tutti gli atti convenzionali con le società regionali, nonché con i concessionari autostradali;
con la soppressione dell'Agenzia sono stati trasferiti al MIT a decorrere dal 1° ottobre 2012, le attività e dei compiti già attribuiti alla medesima; il MIT ha successivamente disposto l'istituzione della Struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali, cui sono state affidate le funzioni inizialmente affidate all'Agenzia;
le competenze in materia di regolazione del settore autostradale sono tuttora attribuite in parte all'Autorità di regolazione dei trasporti, istituita ai sensi dell'articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (cosiddetto salva Italia), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, così come modificato dall'articolo 36 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e successive modificazioni; l'Autorità si è insediata da settembre 2013;
l'articolo 37 del decreto-legge n. 201 del 2011 prevede che l'Autorità provveda, per incentivare la concorrenza, l'efficienza produttiva delle gestioni e il contenimento dei costi per gli utenti, le imprese e i consumatori, ad introdurre condizioni di accesso eque e non discriminatorie a tutte le infrastrutture di trasporto, e all'introduzione, solo per le nuove concessioni, di sistemi tariffari dei pedaggi basati sul metodo del price cap, con determinazione di indicatori di produttività a cadenza quinquennale per ciascuna concessione; a definire gli schemi di concessione da inserire nei bandi di gara relativi alla gestione o costruzione, gli schemi dei bandi relativi alle gare cui sono tenuti i concessionari autostradali per le nuove concessioni, e gli ambiti ottimali di gestione delle tratte autostradali, allo scopo di promuovere una gestione plurale sulle diverse tratte e a stimolare la concorrenza per confronto; delle concessioni esistenti invece continua ad occuparsi il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative dirette a introdurre opportune modifiche legislative allo scopo di prevedere l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari e del CIPE per gli aggiornamenti o revisioni delle convenzioni relative alle concessioni autostradali entro un termine perentorio, senza silenzio-assenso al fine di rendere trasparenti e verificabili il rispetto delle condizioni contrattuali tra concedenti e concessionarie;
in relazione all'urgente necessità di prevedere, per la competitività dei prodotti italiani, un contenimento dei costi di trasporto e una riduzione degli oneri per la mobilità dei pendolari, a predisporre misure volte ad evitare il grave impatto sulla timida ripresa del nostro sistema produttivo e sulle gravi difficoltà di famiglie e lavoratori pendolari e ad assumere iniziative per introdurre eventuali norme prescrittive «blocca-tariffe» su tutti gli atti convenzionali vigenti con i concessionari, o per individuare forme di aiuto e sgravio per delimitate categorie;
a rendere immediatamente operativa, l'Autorità di regolazione dei trasporti, in particolare nell'espletamento dei compiti ad essa assegnati in materia di regolazione delle concessioni autostradali su tutti gli atti convenzionali vigenti con i concessionari e non solo sulle nuove concessioni;
a verificare l'effettiva entità degli investimenti effettuati nel rispetto dei contratti sottoscritti e la distinzione tra essi ed i costi di gestione delle concessionarie;
a valutare con le autorità dell'Unione europea la possibilità di individuare i meccanismi per favorire i grandi investimenti ancora necessari per alcune aree strategiche del nostro Paese anche in prossimità della scadenza di alcune concessioni;
a garantire l'effettiva e tempestiva realizzazione degli investimenti sulla rete autostradale ed a prevedere che, qualora sia autorizzato un aumento – sempre contenuto entro prefissati limiti – delle tariffe autostradali per la copertura delle spese per la realizzazione di investimenti, sia specificato l'ammontare della spesa da finanziare e l'incremento massimo ammesso nonché le esenzioni, le riduzioni o le detrazioni in favore di determinate categorie di soggetti, stabilendo altresì il periodo massimo di applicazione della maggiorazione tariffaria, e soprattutto, che nel caso di mancato avvio del cantiere dell'infrastruttura autostradale entro due anni dalla applicazione della maggiorazione tariffaria i concessionari siano tenuti alla restituzione di tale maggiorazione, con applicazione di una riduzione tariffaria per un periodo equivalente.
(7-00220) «Mariani, Dallai, Braga, Gadda, Tino Iannuzzi, Bratti, Carrescia, Manfredi, Cominelli, Realacci, Mazzoli, Giovanna Sanna, Zardini, Morassut, Mariastella Bianchi, Arlotti, Borghi, Moretto».

   PIAZZONI, PILOZZI, ZARATTI, FAVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'indagine coordinata nell'ottobre scorso dalla dottoressa Barbara Sargenti, sostituto procuratore presso la direzione distrettuale antimafia di Roma contro un sodalizio di narcotrafficanti attivi in S. Basilio ha visto emergere il ruolo importante, come fornitori dello stupefacente, di elementi del clan ’ndranghetista Greco- Alvaro, stanziato in Ardea;
da una recente inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Roma si legge, infatti, che: «È stato accertato, con costanti e specifici servizi, come la permanenza abituale del GALLACE Bruno nelle località del litorale pontino (territorio compreso tra Anzio-Nettuno e Ardea), per effetto della presenza massiva e ramificata di numerose famiglie appartenenti al medesimo “locale” costituito da diverse ’ndrine, garantisca una sorta d'immunità e tranquillità “ambientale” per la gestione degli affari illeciti»;
la città di Ardea (Roma) è storicamente caratterizzata da infiltrazioni mafiose, poiché già negli anni Cinquanta vi si era insediato il boss Francesco Paolo Coppola, detto «Frank Tre Dita», e, tra la fine degli anni Novanta e il 2000, diverse indagini della procura distrettuale hanno individuato pericolose organizzazioni di narcotrafficanti che comprendevano anche esponenti della ’ndrangheta ivi residenti (vedasi le relazioni della Commissione parlamentare antimafia dall'XI alla XIV legislatura);
la relazione annuale della DNA 2007 riferiva quanto segue: «Va inoltre segnalato che il Prefetto di Roma con decreto notificato il 22 febbraio 2006 istituiva una Commissione di accesso al comune di Ardea per verificare condizionamenti dell'amministrazione locale da parte della criminalità organizzata. Il 9 giugno 2006 la Commissione concludeva la sua attività, evidenziando una grande vulnerabilità dell'amministrazione locale nei settori di maggiore rilievo e la presenza sul territorio di soggetti contigui alla criminalità organizzata, ma non accertava il condizionamento dell'ente locale da parte di tali elementi;
il prefetto pro-tempore di Roma, con lettera indirizzata al sindaco dell'epoca, 2 agosto 2006, affermava: «A seguito dell'attività svolta dalla commissione d'accesso, sono emersi concreti elementi di giudizio relativi alla percorribilità dell'ipotesi dello scioglimento di codesto ente locale, ex articolo 141 C1, lettera A del testo unico enti locali, (...) in particolare l'attività d'accesso ha evidenziato la convergenza di una pluralità di valutazioni su uno stato di perdurante illegalità dell'ente»;
la missiva in questione faceva riferimento anche all'assenza nel comune di un P.R.G., strumento urbanistico che ancora oggi non risulterebbe in vigore;
in relazione alla presenza della criminalità organizzata nel contesto territoriale in oggetto è opportuno ricordare inoltre che: la notte tra il 29 e il 30 maggio 2011 venivano assassinati, a colpi di pistola, in località Cecchina di Albano, Fabio Giorgi di Ardea e Rabii Baridi di Roma, nell'agguato rimanevano feriti anche altri soggetti; le indagini della procura distrettuale antimafia di Roma individuavano gli autori della strage in alcuni soggetti contigui al clan Santapaola da anni attivi tra Ardea e Pomezia; il 31 agosto 2011, venivano sequestrati, su richiesta della procura distrettuale di Reggio Calabria, numerosi beni al dottor Marcello Fondacaro, già condannato in primo grado per associazione a delinquere di stampo mafioso in quanto sodale del clan calabrese dei Molè;
il consigliere comunale di Ardea Luca Fanco (PdL), durante la seduta del consiglio comunale del 25 novembre 2013, leggeva quanto segue: «Le bugie hanno le gambe corte e a conferma di ciò si rammentano le telefonate e gli incontri dove venivano raccontati gli interessi tra l'attuale Sindaco Luca Di Fiori, dove in passato ricopriva la carica di Consigliere comunale e Presidente della Commissione Urbanistica e il Sig. Marcello Fondacaro, noto alle cronache per l'appartenenza alle cosche calabresi in relazione al maxi sequestro operato dall'antimafia in relazione alle stesse cosche presenti proprio nel territorio di Ardea. Si ricorda, Sindaco, del Residence del Fondacaro alla Nuova Florida?»;
nella città di Ardea, negli anni passati, sono stati compiuti eclatanti delitti che sembrerebbero di stampo mafioso: in particolare, il 17 giugno del 2007 veniva assassinato il pregiudicato siciliano Michele Di Grazia e il 4 gennaio del 2008 veniva assassinato il pregiudicato Alessandro Tomi, già coinvolto nelle indagini per il delitto di Mario Guzzon; tra il 2009 e il 2010 venivano compiute numerose intimidazioni ai danni dei consiglieri del PdL Franco Marcucci e Nicola Tedesco nonché nei confronti del bar ristorante B Palace; nella notte tra il 6 e il 7 ottobre del 2012 un grave incendio distruggeva l'ufficio tecnico comunale; il 10 luglio 2013 la vettura del giornalista Luigi Centore di Ardea subiva un grave incendio doloso (si tratta del secondo episodio intimidatorio nei confronti del Centore), secondo quanto apparso dalla stampa nelle settimane precedenti venivano incendiate altresì le auto del sindaco di Ardea, Luca Fiori e del consigliere del PdL, Marcucci; la notte del 15 luglio 2013, due autovetture appartenenti a consanguinei del giornalista Luigi Centore sono state oggetto di incendi dolosi da parte di ignoti; nell'ottobre del 2013 veniva colpita da un nuovo attentato incendiario l'auto del presidente del consiglio comunale di Ardea e l'auto dell'ex comandante della stazione del CC di Tor San Lorenzo, Giustini; nel dicembre del 2013 il consigliere del PD Abate riceveva una lettera minatoria che lo invitava a dimettersi; nella notte tra l'11 e il 12 gennaio 2014 si è verificato un nuovo atto incendiario ai danni dell'automobile del consigliere Franco Marcucci –:
se il Ministro in indirizzo sia al corrente di tali gravi fatti e se il prefetto di Roma intenda insediare una commissione d'accesso in seno al Comune di Ardea per verificare, ai sensi della normativa vigente, la presenza di condizionamenti da parte della criminalità organizzata. (3-00547)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
nella regione Lazio ha frequentemente trovato applicazione l'istituto del commissariamento in materia rifiuti. Tale istituto, fu abbandonato solo nel 2008, periodo in cui dopo ben nove anni, l'assunzione delle funzioni di programmazione, attuazione e controllo ritornarono in capo agli enti competenti ovvero regione, province e comuni. Il giudizio su questi nove anni di commissariamento fu ben espresso nella relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella regione Lazio. Il testo redatto dalla commissione bicamerale il 2 marzo del 2011 riportava quanto segue: «[...] Nella regione sin dal 1999 è stata decretata l'urgenza e la gestione commissariale. La più che decennale durata dell'emergenza rifiuti ha dimostrato purtroppo sia il fallimento dei poteri d'urgenza, sia la difficoltà di riportare a una gestione ordinaria la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti prodotti. Infatti la formale cessazione dell'emergenza rifiuti nel Lazio sembra rispondere più a motivazioni politiche che al superamento delle criticità nella gestione del ciclo, che sono essenzialmente rappresentate dallo scarso sviluppo della raccolta differenziata, dalla lavorazione di bassa qualità dei rifiuti, dalla commistione tra parte politica e parte gestionale. È stato privilegiato il ricorso allo smaltimento in discarica (con richieste di ampliamenti, deroghe e nuove installazioni) e non il ricorso al revamping, all'ammodernamento e potenziamento delle strutture di trattamento esistenti, in parte obsolete, per la separazione secco-umido del rifiuto tal quale, alla stabilizzazione della frazione umida con produzione di fos da destinare alla ricopertura delle discariche e/o al ripristino delle cave esaurite, al TMB (trattamento meccanico biologico). [...]». Il regime ordinario, attinente all'area geografica di Roma e provincia, durò solo fino all'estate del 2011;
il 17 giugno 2011, la Commissione europea riavviò la procedura d'infrazione 2011/4021 nei confronti dell'Italia per la non conformità del tipo di smaltimento all'interno della discarica di Malagrotta, in violazione della direttiva 1999/31/CE, in quanto accertato che nell'invaso veniva da anni smaltito rifiuto cosiddetto «tal quale». Tale ammonimento, a marzo del 2013, ha comportato il deferimento del nostro Paese alla Corte di Giustizia europea. V’è da aggiungere inoltre che tale conferimento illegale in discarica non riguarda solamente l'invaso della Valle Galeria, tanto è vero che la Commissione europea nel parere motivato inviato all'Italia nel maggio del 2012 puntò il dito anche contro altre discariche del Lazio;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011, venne dichiarato lo stato d'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma fino al 31 dicembre del 2012 e si rese necessario dopo oltre 35 anni di vita dell'invaso di Malagrotta ed infinite proroghe, trovare un sito alternativo;
con Opcm 3963 del 6 settembre 2011, il presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi, nominava il Prefetto di Roma, dottor Giuseppe Pecoraro, commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza ambientale di cui al su richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 luglio 2011. Al commissario il Governo, attribuì il gravoso compito, che evidentemente la politica non intendeva avocare a sé, di garantire l'individuazione, progettazione e successiva realizzazione attraverso l'utilizzo di poteri derogatori e straordinari di una o più discariche «provvisorie» nonché l'ampliamento di discariche preesistenti ed infine la costruzione di un nuovo impianto di TMB;
con successivo provvedimento del 24 ottobre 2011, il commissario delegato individuò, quali invasi alternativi a Malagrotta, i siti di Corcolle e Riano, «ove saranno progettate, per la successiva realizzazione, due discariche provvisorie per lo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti dai comuni di Roma, Fiumicino, Ciampino e dallo Stato Città del Vaticano» (doc. 882/1);
con mozione del 22 febbraio 2012 il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici del Ministero per i beni e le attività culturali (MIBAC) espresse ufficialmente l'assoluta contrarietà al progetto di realizzare una discarica, sia pure temporanea, in località Corcolle, in ragione della vicinanza con Villa Adriana, patrimonio culturale e paesaggistico a valenza universale, annoverato tra i siti Unesco e, come tale, oggetto di un accordo internazionale che obbliga lo Stato italiano alla tutela e alla conservazione;
in data 8 marzo 2012 fu indetta la conferenza di servizi per l'approvazione del progetto preliminare della discarica in località «CORCOLLE» (doc. 1163/1, 1163/2, 1163/3), affidata alla CIDIEMME Engineering Srl. Alla conferenza parteciparono, su convocazione del commissario Pecoraro, il Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Lazio, l'Arpa Lazio, il comune di Roma, la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, la soprintendenza speciale per i beni archeologici del Lazio, la provincia di Roma capitale, l'autorità di bacino del fiume Tevere, l'ACEA, l'ingegnere Luigi Sorrentino in qualità di consulente del Commissario ed infine gli ingegneri Morett e De Candia della CIDIEMME Engineering Srl. Nel corso della conferenza di servizi furono formulati da più parti pareri decisamente negativi in merito al progetto di Corcolle; in particolare in detta occasione l'autorità di bacino espresse parere negativo in merito al contesto idrogeologico del sito che ritenne «da valutarsi permeabile ed estremamente vulnerabile»;
a seguito degli esiti della conferenza di servizi fu richiesto, da Pecoraro, l'interessamento del Ministro pro tempore Clini, che convocò, nel mese di marzo 2012, la allora governatrice del Lazio Renata Polverini, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della provincia Nicola Zingaretti e il commissario Giuseppe Pecoraro, chiedendo loro una effettiva collaborazione per acquisire e valutare tutti i dati relativi alle problematiche presenti in ciascun sito individuato dalla regione Lazio, in modo tale da mettere in evidenza i vincoli, le deroghe necessarie e la fattibilità della realizzazione degli impianti;
il 25 maggio 2012, il commissario Pecoraro, oramai noto alle cronache come l'uomo che voleva aprire una discarica nei pressi di Villa Adriana, dopo appena otto mesi dall'assunzione dell'incarico, rassegnava le sue dimissioni a seguito degli innumerevoli profili di inadeguatezza emersi sulle aree di Corcolle e Riano, da lui individuate nell'ambito di sette siti inclusi nello studio di analisi preliminare realizzato della regione Lazio. Entrambi i siti vennero considerati dal Ministro Clini inidonei a divenire discariche;
il 31 maggio 2012 la Commissione europea inviò all'Italia un parere motivato rispetto alla procedura d'infrazione su Malagrotta. Un documento durissimo che, punto per punto, evocava le tante questioni irrisolte. Innanzitutto si contestavano alla Polverini le inutili ordinanze di proroga alla discarica di Malagrotta, atti fotocopia che con il passare dei mesi non avevano mutato minimamente la situazione. Si disapprovava, inoltre, la mancata messa a regime dei quattro impianti di trattamento meccanico biologico e la non costruzione di quegli impianti di trito-vagliatura che, anche se non riconosciuti dalla Commissione europea, avrebbero comunque permesso un impatto ambientale minore. Infine, veniva confermato il giudizio secondo il quale nel Lazio non esisteva una rete integrata ed adeguata di impianti per la gestione dei rifiuti;
il 3 luglio del 2012 la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti approvava la sua seconda relazione sul Lazio. L'organismo parlamentare puntò il dito contro la gestione dei rifiuti a Roma, denunciando diverse questioni. Innanzitutto, affermando come le diverse amministrazioni succedutesi negli anni non avessero agito concretamente per avviare un ciclo dei rifiuti degno di questo nome, il che aveva contribuito e consolidato il potere di alcuni che a loro vantaggio avevano fruttato la mancanza della politica per ingrassare esclusivamente il proprio business. L'emergenza era, dunque, al centro delle critiche della commissione Ecomafie, che contestava come la situazione a Roma e nel Lazio non fosse affatto imprevista. La presunta emergenza era evidente da tempo a tutti gli attori istituzionali. L'organismo parlamentare d'inchiesta esaminò nel particolare anche il decreto di nomina del commissario straordinario, al quale era attribuito il compito di «garantire l'individuazione, la progettazione e la successiva realizzazione, mediante l'utilizzo di poteri straordinari e derogatori, di una o più discariche e/o l'ampliamento di discariche esistenti indicate dalla Regione, nonché di un impianto di trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani necessari a garantire la piena copertura del fabbisogno dell'area interessata dallo stato di emergenza, di cui alla citata ordinanza, per il tempo necessario all'avvio degli impianti di smaltimento e trattamento definitivi da parte dei soggetti competenti e nelle more della messa in esercizio, del sistema impiantistico previsto dal piano regionale di smaltimento dei rifiuti». In sostanza la commissione evidenziava come il prefetto di Roma avesse compiuto le sue scelte affidandosi in via prioritaria solo al documento di Analisi preliminare di individuazione di aree idonee alla localizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi redatto dalla Regione Lazio. Il siting, quindi, svolgeva un ruolo centrale nelle scelte di Pecoraro, nonostante la mancanza di un'attività istruttoria degna di questo nome. Basti pensare che non si registrarono né verifiche scientifiche né sopralluoghi sul campo. Il tutto venne rinviato dal prefetto ad un momento successivo, motivo per cui la commissione bocciava inesorabilmente l'operato di quest'ultimo;
con decreto dei Presidente del Consiglio dei ministri del 27 maggio 2012, l'ex prefetto Goffredo Sottile, già commissario delegato all'emergenza rifiuti nella regione Calabria con esiti, ad avviso degli interpellanti, non proprio felici, fu nominato dal Governo commissario delegato ai rifiuti per la provincia di Roma;
il primo atto del nuovo commissario Sottile fu quello di proporre quale sito idoneo per la realizzazione della discarica temporanea, sostitutiva di Malagrotta, l'invaso di Pian dell'Olmo (anche questo ricompreso tra i sette siti individuati nel documento di analisi preliminare della regione Lazio). Il sito ubicato formalmente nel territorio del comune di Roma, distava solo pochi metri dall'invaso di Quadro Alto a Riano, già ritenuto inidoneo da un punto di vista idrogeologico dal ministro Clini, così come l'invaso di Corcolle; a seguito della notizia, i cittadini di Riano occuparono per ben 12 giorni la via Tiberina;
con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 203 del 27 giugno 2013 veniva prorogata la nomina del dottor Goffredo Sottile a commissario delegato per il superamento dell'emergenza ambientale nel territorio della provincia di Roma fino alla data del 7 gennaio 2014 ai sensi del comma 358 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012. Con tale decreto ministeriale incredibilmente venivano ampliati enormemente i poteri commissariali;
il 10 agosto 2012, con nota 157, acquisita al protocollo della regione Lazio n. 56098 del 14 agosto 2012, veniva presentata dal Consorzio Colari, di proprietà dell'avvocato Cerroni, l'istanza per la realizzazione e messa in esercizio di una nuova discarica per rifiuti speciali sita in località Monti dell'Ortaccio, nel comune di Roma e a pochi metri dalla discarica di Malagrotta;
in data 23 agosto 2012, con nota n. 145, il commissario delegato Goffredo Sottile, disponeva che l'ufficio commissariale assumesse la competenza in ordine al procedimento di autorizzazione integrata ambientale (AIA) relativo alla realizzazione, in località Monti dell'Ortaccio nel comune di Roma Capitale, di un impianto di discarica di rifiuti speciali non pericolosi, di cui all'istanza presentata dal Consorzio Colari e indiceva la conferenza dei servizi istruttoria con le amministrazioni competenti. Il Commissario decideva pertanto di indicare l'invaso di Monti dell'Ortaccio, ubicato all'interno della Valle Galeria, come sito idoneo ad ospitare la nuova discarica di Roma. Ciò nonostante i pareri negativi già espressi su tale sito, in particolare dalla precedente gestione commissariale;
con note del 6 settembre 2012, prot. n. 170/u-I-P.C.M/E.A. del 6 settembre 2012 prot. n. 191/u e del 18 settembre 2012, prot. n. 262/u, veniva convocata per il giorno 24 settembre 2012, la conferenza di servizi istruttoria, finalizzata all'esame dell'autorizzazione. Gli enti interpellati in conferenza di servizi erano: la regione Lazio, l'Arpa Lazio, il Ministero per i beni e le attività culturali, la provincia di Roma dipartimento IV, il comune di Roma Capitale, il comune di Roma XV municipio, l'Asl Roma D, la sopraintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per il comune di Roma, la sopraintendenza per i beni archeologici di Roma, l'Autorità di bacino del fiume Tevere, la Terna spa – rete elettrica nazionale, l'Enac spa ed infine l'Enav spa; detti enti, resero pareri scritti negativi in merito alle soluzioni progettuali relative al sito di Monti dell'Ortaccio, fornite dal consorzio Co.La.Ri;
ciò nonostante il 27 ottobre 2012 in una dichiarazione resa al Fatto Quotidiano.it e comprovata da un video, il commissario Sottile riferiva al giornalista Nello Trocchia di aver scelto l'invaso di Monti dell'Ortaccio perché si fidava del privato, ed aggiungeva inoltre: “non ho fatto un sopralluogo in zona e non ho neanche controllato le autorizzazioni passate, spetta alla magistratura farlo!”;
il 27 dicembre del 2012, il commissario Goffredo Sottile, firmava l'Aia autorizzando in tal modo il sito di Monti dell'Ortaccio a divenire nel breve periodo la nuova discarica di Roma;
le non superate osservazioni emerse in conferenza di servizi costringevano Sottile, ad imporre nell'Aia diverse prescrizioni. Tra tutte, quella di subordinare il conferimento dei rifiuti nella discarica alla presentazione di un modello idrogeologico redatto da una università e/o ente pubblico di ricerca, su di un'area, comprendente l'impianto, sufficientemente vasta da includere i corpi idrici recettori e tutte le fonti di inquinamento potenziali in atto, evidenziandone inoltre i possibili impatti, dai quali risultasse inequivocabilmente l'assenza del pericolo di inquinamento della falda;
è bene rammentare inoltre che in virtù dello stato d'emergenza dichiarato nell'intera provincia di Roma ed in deroga dunque alle norme vigenti in materia (possibilità che purtroppo l'abusato e disastroso istituto del commissariamento prevede) l'autorizzazione integrata ambientale (AIA), veniva rilasciata dal commissario delegato senza aver superato la necessaria procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA);
viste le inevitabili, giuste osservazioni e rimostranze da parte degli attenti cittadini residenti nell'area della Valle Galeria, che da molti anni vedono calpestato impunemente il loro diritto alla salute, e considerando la procedura anomala con la quale veniva rilasciata l'Aia per il sito di Monti dell'Ortaccio, alcun senatori del M5S, chiedevano in data 17 settembre 2013 di audire in Commissione ambiente del Senato, il commissario Sottile per conoscere la recondita ragione della scelta di un sito già ampliamento dichiarato inidoneo. Durante detta audizione peraltro registrata da Radio Radicale, Sottile ammetteva candidamente: «Dei 7 siti indicati dalla regione Lazio dei quali io dovevo tenere prioritariamente conto, l'unico sito che alla fine delle nostre sia rapide istruttorie ci sembrò idoneo alla scopo è stato quello di Monti dell'Ortaccio, che non ha incontrato l'adesione di alcun Ente territoriale. È stata una decisione che io ho preso in solitaria e debbo dire che quella decisione non ha dato i frutti sperati perché l'Aia concessa era subordinata alla presentazione da parte del proponente che era il Consorzio CoLaRi, cioè l'avvocato Cerroni, alla presentazione di un modello idrogeologico che ancora non è pervenuto». Identica dichiarazione il commissario rilasciava nel corso dell'audizione dei 18 settembre 2013 venutasi presso la Commissione ambiente del Consiglio regionale del Lazio;
da organi di stampa, nei mesi successivi alle inaccettabili dichiarazioni del commissario, si veniva a conoscenza che delle associazioni di cittadini, avevano impugnato innanzi al Tar, l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) emessa il 27 dicembre del 2012, nella quale il conferimento dei rifiuti veniva subordinato alla redazione del citato studio idrogeologico che certificasse inequivocabilmente l'assenza del pericolo di inquinamento della falda;
sempre dalla stampa si apprendeva che lo studio, nonostante le autorità preposte dichiarassero inspiegabilmente di non esserne a conoscenza in realtà esisteva ed era persino giunto a conclusione. Addirittura, la redazione di tale studio risaliva al mese di agosto 2013. Detto studio, condotto dal dipartimento DICEA dell'università La Sapienza di Roma, incaricato dal privato proprietario della discarica, per quanto non abbia analizzato, per stessa ammissione da parte dell'università, le conseguenze di tutti le possibili fonti di inquinamento, spinse gli autori a concludere che non si poteva affermare, inequivocabilmente l'assenza del pericolo di inquinamento della falda acquifera attorno all'erigenda discarica;
dunque ancora una volta, quanto più volte denunciato alle autorità competenti dalle associazioni dei cittadini con foto e video trovava conferma;
questa lunga ma doverosa cronistoria degli eventi succedutesi nel corso degli ultimi tre anni dimostra senza ombra di dubbio che la gestione commissariale sia stata sempre fallimentare oltre che particolarmente onerosa per i contribuenti ed inoltre che la scellerata gestione del ciclo dei rifiuti abbia sempre favorito e protetto il monopolista Cerroni;
il 9 gennaio 2014, i militari del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, coordinati dalla procura della Repubblica di Roma, hanno dato esecuzione all'ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari Massimo Battistini nell'ambito del P.P. 7449/2008 R.G.N.R, procedimento in cui convergono diversi filoni di indagine sviluppati dal N.O.E. e dalla sezione operativa centrale dal 2008 sino ad ogni, ed a cui ha collaborato anche la procura della Repubblica di Velletri;
con tale ordinanza viene stabilita la misura cautelare dell'arresto per 7 persone. Tra gli arrestati, l'avvocato Manlio Cerroni, monopolista nella gestione del pattume sia nella capitale che nel Lazio e patron del consorzio Colari, Francesco Rando, uomo di fiducia di costui e gestore della Pontina Ambiente, nonché della E.giovi srl, Pino Sicignano direttore della discarica di Albano Laziale ed infine Piero Giovi;
i reati contestati a costoro sono molteplici e gravi: associazione per delinquere (articolo 416 codice penale), attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 decreto legislativo n. 152 del 2006), attività di gestione dei rifiuti non autorizzata (articolo 256 decreto legislativo n. 152 del 2006), frode nelle pubbliche forniture (articolo 556 codice penale), truffa in danno di enti pubblici (articolo 640 codice penale), falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici (articolo 479 codice penale), deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi (articolo 632 codice penale), deturpamento e imbrattamento di cose altrui (articolo 639 codice penale), truffa (articolo 640 codice penale), realizzazione di opere urbanistiche in assenza di permesso a costruire (articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001);
sempre dall'ordinanza si viene a conoscenza anche della denuncia a piede libero di ben 14 persone, tra cui molti dirigenti regionali;
i principali profili illeciti emersi dall'inchiesta della magistratura sono riconducibili:
a) alla gestione dell'impianto di raccolta e trattamento rifiuti di Albano Laziale:
infatti, il progetto autorizzato dalla Pontina ambiente prevedeva la seguente produzione a seguito del trattamento dei rifiuti in ingresso: 43 per cento C.D.R, (combustibile derivato dai rifiuti), 22 per cento scarti di lavorazione, 13 per cento Fos (frazione organica stabilizzata), 17 per cento perdita di processo, 4 per cento materiali ferrosi, 1 per cento alluminio. Tuttavia, la percentuale di C.D.R. effettivamente avviata al recupero energetico (presso l'impianto di termovalorizzazione di Colleferro), si attestava intorno al 15 per cento, mentre la restante parte veniva avviata in discarica come sovvallo; inoltre, una parte di R.S.U. (rifiuti solidi urbani) in ingresso non veniva neppure trattata, ma era invece smaltita nella discarica di Pontina Ambiente, provocando così sia il superamento delle volumetrie disponibili che un ingiusto profitto per l'impresa, profitto derivante dalla differenza tra l'importo tariffario percepito (per il trattamento dei rifiuti) e quanto effettivamente speso, e stimato in circa 11 milioni di euro dal 2006 al 2012;
b) al termovalorizzatore di Albano Laziale:
l'Amministrazione del commissario straordinario per l'emergenza rifiuti della regione Lazio metteva il Consorzio CO.E.MA. nato dall'unione tra Pontina Ambiente (riconducibile a Cerroni), ed Ecomed, composta da Ama ed Acea, nelle condizioni di costruire e porre in esercizio un impianto di termovalorizzazione su un terreno della Pontina Ambiente, nonché di usufruire, nell'ambito della gestione di tale impianto, dei contributi pubblici denominati «CIP 6» (contributi erogati ad aziende produttrici di energia da fonti energetiche rinnovabili o assimilate). Tutto ciò avveniva nonostante già fosse operante un impianto di termovalorizzazione ovvero quello di Colleferro, non appartenente all'avvocato Cerroni; nonostante il Piano gestione rifiuti regionale del 2002 prevedesse per tale tipo di impianto la collocazione in una diversa area geografica (ovvero nell'area Fiumicino-Ciampino e non nell'area dei Colli Albani) e nonostante il contributo «CIP 6» non potesse essere erogato al CO.E.MA., perché questo, nei tempi previsti, non aveva né presentato il progetto dell'impianto, né poi lo aveva realizzato. Tale condotta veniva posta in essere dall'amministrazione pubblica, in particolare da Arcangelo Spagnoli (deceduto), De Filippis, Bargagna, Fegatelli e dall'ex governatore Marrazzo, attraverso molteplici condotte contrarie ai doveri d'ufficio ed illecite, quali abusi d'ufficio e falsi, volte a favorire le aziende del Cerroni;
c) alla realizzazione di un invaso per un discarica in località Monti dell'Ortaccio:
infatti, il gruppo Colari realizzava, in località Monti dell'Ortaccio, l'invaso di una futura discarica, ponendo così in essere una incisiva trasformazione urbanistica in assenza di qualunque autorizzazione, smaltendo inoltre illecitamente circa 3 milioni di metri cubi di rocce e terre da scavo. Questa operazione ha generato un profitto per le casse della E. Giovi stimato in non meno di 8 milioni di euro. Al fine di procurarsi tale ingiusto profitto, gli scavi venivano condotti illecitamente al punto di abbassare la quota di fondo di scavo della cava Monti del Lumacaro al di sotto dei limiti consentiti, determinando così la illecita deviazione della falda acquifera sotterranea, appartenente al demanio idrico. Anche in questo caso, Cerroni ha trovato valida collaborazione nell’entourage composto dai dirigenti e dai collaboratori delle aziende a lui riconducibili: per la vicenda risultano pertanto indagati Vitali, Muratori, Bellu, Scaglione, Risciutti e Rando;
d) alla attribuzione delle tariffe per lo smaltimento dei rifiuti ed alle ordinanze regionali sullo smaltimento dei rifiuti nei comuni di Anzio e Nettuno:
infatti, Cerroni ed il suo storico collaboratore Landi, con la complicità di funzionari della pubblica amministrazione, ponevano in essere una serie di condotte illecite volte ad impedire alla società Rida Ambiente srl, concorrente del Colari, di operare. In particolare, l'amministrazione ometteva di determinare la tariffa in ingresso dei rifiuti per l'impianto di Rida Ambiente, cosa che impediva alla predetta di contrattare con le amministrazioni pubbliche locali l'eventuale accettazione di R.S.U. nei suoi impianti. In tal modo, veniva intenzionalmente procurato alle società Pontina Ambiente ed Ecoambiente un ingiusto profitto patrimoniale consistente nella possibilità di gestire senza concorrenti i rifiuti provenienti dai comuni della zona. Oltre a ciò, la pubblica amministrazione rallentava di proposito l’iter di revisione tariffaria per il conferimento dei rifiuti a società del gruppo Cerroni. I funzionari regionali indagati, a vario titolo, per le predette vicende sono Fegatelli, De Filippis, Giovannetti e Marotta;
l'ordinanza coercitiva ricostruisce in dettaglio i comportamenti illeciti degli arrestati, qualificandoli come «fatti di inaudita gravità anche per le dirette implicazioni sulla politica di gestione dei rifiuti e per le ricadute negative sulla collettività» e mette in luce l'esistenza, almeno dal 2008, di una stabile struttura organizzativa «informale» sovrapposta a quella formale delle società relative al gruppo imprenditoriale guidato da Manlio Cerroni, avente un indeterminato programma criminoso e un assetto variabile secondo le attività svolte, le vicende della vita o i cambiamenti all'interno dell'apparato politico-amministrativo. Inoltre Cerroni viene definito dall'ordinanza coercitiva come promotore, organizzatore e dominus incontrastato del sodalizio criminale;
la macroscopica distorsione del sistema di gestione dei rifiuti a Roma e nel Lazio determinata dal «modello Cerroni» era evidente ben prima del provvedimento della magistratura dei giorni scorsi: le denunce e le azioni di cittadini, associazioni e comitati avevano già messo in luce le profonde anomalie che si celavano nel regime monopolistico che, complice l'incapacità o la connivenza dello istituzioni, si era instaurato; le Commissioni parlamentari di inchiesta hanno espresso giudizi molto netti sulle anomalie riscontrate, evidenziando – ad esempio – l'esistenza di una gestione monopolistica del settore dei rifiuti e la presenza di «una serie di illeciti che coinvolgevano anche la pubblica amministrazione»; il quadro impietoso delineato dalla trasmissione Report – di cui ampi stralci sono stati ripresi proprio nel dispositivo dell'ordinanza del GIP di Roma;
sempre nel provvedimento della magistratura viene effettuata una ricostruzione «storica», a partire dagli anni ’60, della gestione dei rifiuti nella Capitale, evidenziando in modo chiaro il singolare «raccordo pubblico-privato a tutto vantaggio del secondo»; preoccupa che gli amministratori e le forze politiche che si sono succeduti per decenni non si siano resi conto della gravità di una situazione che ha portato la regione Lazio ad essere una delle meno virtuose nel campo della gestione dei rifiuti, con risultati – per quanto concerne la percentuale di raccolta differenziata – ben distanti dagli obiettivi imposti dalle direttive europee e dalla normativa nazionale –:
alla luce di quanto emerso dall'indagine penale di cui in premessa, in che modo il Governo intenda affrontare il gravissimo problema evidenziato e se intenda assumere iniziative dirette a rinnovare lo stato di emergenza per la provincia di Roma e dunque nominare un nuovo commissario ovvero riconfermare il dottor Sottile;
se il Governo sia in grado di dire quanto sia costata al cittadino contribuente l'inefficiente struttura commissariale dal giugno del 2011 al gennaio del 2013;
come intenda agire affinché l'attività degli impianti per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti (TMB) sia comunque garantita, onde evitare la definitiva condanna dell'Italia da parte della Corte di giustizia europea nell'ambito della procedura d'infrazione 2011/4021 per l'illegittimo smaltimento all'interno della discarica di Malagrotta di rifiuto cosiddetto «tal quale» in violazione della direttiva 1999/31/CE (cosiddetta direttiva «discariche»);
come intenda agire il Governo italiano rispetto ai fatti riportati nell'ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari Battistini, innanzitutto in merito al danno ambientale e morale che molti cittadini del Lazio hanno dovuto subire a causa di un sistema marcio e scellerato, dovuto ad enormi responsabilità delle amministrazioni locali e regionali e che la gestione commissariale dei rifiuti non solo non è stata in grado di risolvere, ma che sembra avere addirittura peggiorato;
se sia noto quali siano le ragioni per le quali le copiose richieste di accesso agli atti non abbiano avuto esito positivo con gli enti gestori che si sono spesso trincerati dietro un inaccettabile quanto arrogante silenzio;
se il Governo intenda fornire dettagliati e circostanziati elementi sul sistema dei rifiuti romano e laziale, sia attraverso un quadro delle aree e degli impianti riconducibili al gruppo Cerroni, sia cercando di quantificare il danno economico ed ambientale che le scelte sulla gestione dei rifiuti a Roma e nel Lazio hanno causato all'intera collettività.
(2-00368) «Vignaroli, Daga, Busto, De Rosa, Terzoni, Mannino, Segoni, Zolezzi, Baroni, Massimiliano Bernini, Di Battista, Frusone, Grande, Cristian Iannuzzi, Lombardi, Ruocco, Dadone, Toninelli, Cozzolino, Dieni, Fraccaro, Turco, Bonafede, Businarolo, Agostinelli, Colletti, Ferraresi, Sarti, Micillo, Luigi Di Maio, Fico».