PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (Vedi RS)
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI
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La seduta comincia alle 9,05.
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Missioni. (Vedi RS)
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Missioni.
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PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica che i deputati in missione sono settanta.
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PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amici, Bindi, Bonafede, Brunetta, Cirielli, Di Lello, Gregorio Fontana, Fontanelli, Galati, Gitti, Guerra, Lauricella, Migliore, Speranza, Tabacci e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente settanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
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Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla situazione politica generale. (Vedi RS)
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Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla situazione politica generale (ore 9,12).
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ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri (Vedi RS). Rende all'Assemblea le comunicazioni all'ordine del giorno.
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ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, onorevoli colleghi, sono qui oggi per chiedere il voto di fiducia per un nuovo inizio, con obiettivi realizzabili e tempi certi, soprattutto con la determinazione a lottare con tutto me stesso per evitare di rigettare nel caos il Paese proprio nel momento in cui esso è in grado di rialzarsi.
È vero, l'Italia è oggi una società fragile e stordita dalla crisi, è però nello stesso tempo una società pronta, dopo tanti sacrifici, a ripartire. È nostro compito, anzi è nostro obbligo, anche generazionale, guidarla in questa ricostruzione.
Essere qui per me è un privilegio e un dovere insieme, perché questo è il Parlamento della Repubblica, perché le istituzioni esigono rispetto, lo esigono sempre e lo esigono a maggior ragione in un tempo così amaro, nel quale sempre più spesso si tenta di immiserire quest'Aula con parole e azioni illegittime. Sono parole e azioni figlie di una cultura politica che mette all'indice i giornalisti, avalla la violenza, vuole fare macerie degli edifici stessi della democrazia rappresentativa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia e di deputati del gruppo Misto), arriva a incitare all'insubordinazione le forze dell'ordine (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Nuovo Centrodestra e Per l'Italia e di deputati del gruppo Misto), forze dell'ordine che invece io qui voglio ringraziare davanti a voi e al Paese, per la fedeltà indiscutibile ai valori repubblicani che dimostrano ogni giorno (I deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Nuovo Centrodestra, Per l'Italia e Fratelli d'Italia e deputati dei gruppi Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Misto si levano in piedi – Applausi).
Onorevoli colleghi, il 2 ottobre, a dispetto del voto finale, mi sono rivolto direttamente a una nuova maggioranza politica a sostegno dell'Esecutivo che presiedo: una maggioranza meno larga nei numeri, più coesa negli intenti; una maggioranza che ha dimostrato di essere tale con il voto di fiducia al Senato sulla legge di stabilità. Oggi, ciò che vi chiedo è di confermare quella fiducia, per segnare anche formalmente una discontinuità, per distinguere per bene tra un prima e un dopo.
Il prima lo conoscete, lo conosciamo. Rivendico la positività dell'esperienza di questi mesi e l'impegno a lavorare con dedizione, nonostante le intimidazioni quotidiane, gli aut aut, le minacce dalle quali ho scelto di tenere, per quanto possibile, in questi mesi, il Governo al riparo.
Lo rivendico perché ho sempre considerato questa esperienza come il passaggio da una situazione di contrapposizione tossica tra nemici a un sistema di competizione sana tra avversari; un passaggio obbligato dall'esito del voto di febbraio, ma, soprattutto, dalla necessità di archiviare un ventennio sprecato. Fatta eccezione per alcune importanti realizzazioni – l'ingresso nell'euro, naturalmente, è tra queste –, sono state infatti troppe le occasioni mancate: sprecata l'opportunità di riformare la politica, le istituzioni; sprecata la chance di invertire il declino dell'economia italiana prima che la crisi intervenisse, come un uragano, a sconvolgere la vita dei cittadini, delle famiglie e delle imprese.
Il nostro alibi è stato il conflitto, apparentemente insanabile, tra due Italie, ma il costo di questo alibi si è rivelato altissimo per tutti gli italiani, condannando le istituzioni all'impotenza.
Delle responsabilità di questo fallimento ho parlato nel discorso di aprile: nessuno può dirsi assolto, perché non si è riusciti, da una parte e dall'altra, a resistere alla tentazione di qualificarsi sempre e solo per contrasto; perché alla ricerca paziente e faticosa delle soluzioni utili all'Italia si sono preferite scorciatoie, slogan, il consenso qui e adesso.
Il Governo che presiedo è nato dall'impegno della maggioranza parlamentare a superare questi vizi e a distinguere temporaneamente le politiche dalla politica. Malgrado le differenze e le diffidenze reciproche, le infinite ferite del passato, penso che in molti abbiano vissuto con genuina convinzione questo impegno.
La scorsa estate, alla missione stessa di servizio al Paese, si è tentato – ed è questo alla fine il motivo per cui sono qui – di anteporre una questione sola, tanto da utilizzarla come condizione ultimativa rispetto alla vita dell'Esecutivo. Nella vicenda giudiziaria di Silvio Berlusconi non sono entrato in questi mesi e non entro oggi.
Accettando l'incarico dalle mani del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano cui va ogni giorno, oltre che la mia gratitudine personale, il ringraziamento per il sacrificio con cui adempie (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà, Nuovo Centrodestra e Per l'Italia), in condizioni difficilissime, all'incarico cui questo Parlamento l'ha impegnato per la seconda volta a larghissima maggioranza, avevo però detto che il mio non sarebbe stato un Governo a tutti i costi.
Non è stato un Governo a tutti i costi. Avevo detto che il rispetto per la separazione tra i poteri dello Stato e per la loro piena autonomia era un limite da non oltrepassare: quel limite non è stato oltrepassato. Tutto ciò l'ho deciso anche prendendomi il rischio di andare a casa ed è per questo che oggi sento più forza, sento che dobbiamo usarla, sento che dobbiamo usarla al meglio.
Dunque, a dispetto di chi dice che non cambia mai niente, la trasformazione politica determinatasi in questi sette mesi è di gran lunga la più radicale di tutta la Seconda Repubblica. C’è stato un prima, ci sarà un dopo e il dopo è una storia nuova da scrivere; può e deve farlo una leadership politica ringiovanita di alcuni decenni in soli pochi mesi, legittimata grazie a coraggio e partecipazione, da una parte all'altra di quest'Aula. Può e deve farlo il Parlamento, pena la condanna all'ingovernabilità perenne, alla paralisi, al caos simile o addirittura peggiore di quello vissuto nei due mesi di limbo che hanno separato il voto di febbraio dalla rielezione del Presidente della Repubblica.
Per scongiurare questo rischio vi chiedo di impegnarci insieme. Molti degli obiettivi a cui farò riferimento oggi sono in effetti il frutto di una base di consenso comune maturata a partire dalla fiducia iniziale e dalle successive evoluzioni. Li porteremo quindi avanti speditamente. Oggi però la coalizione è diversa, è più unita. Ci sono, dunque, le condizioni per definire nelle prossime settimane un patto di Governo tra chi sceglie di concederci la fiducia, un patto che chiamerò da adesso in poi «impegno 2014».
Questa discussione all'interno della maggioranza servirà per declinare in modo più definito i punti sui quali oggi vi chiedo la fiducia. Ma, per essere chiari, il nuovo inizio è oggi. Gli approfondimenti che faremo nella maggioranza non saranno occasioni per rimettere in discussione i punti cardinali del lavoro per il 2014, che sono nel discorso sul quale vi sto chiedendo, in questo momento, la fiducia.
L'impegno è quello che assumiamo con l'Italia, prima che tra di noi: comporta un'articolazione più collegiale tra i nuovi gruppi parlamentari della maggioranza; comporta affidamento, fiducia reciproca; comporta rispetto e linearità.
Nei mesi scorsi non c'erano le condizioni per dare seguito ad una proposta di tenore simile che mi aveva rivolto il senatore Monti: ne dovetti prendere atto. Oggi queste condizioni ci sono e aiutano senz'altro le sollecitazioni, che mi paiono peraltro componibili, espresse dai nuovi leader del Partito Democratico, del Nuovo Centrodestra e dai nuovi gruppi parlamentari Per l'Italia, oltre che ovviamente da Scelta Civica.
Onorevoli colleghi, il grande obiettivo, entro il quadro temporale dei diciotto mesi, è avere istituzioni che funzionino e una democrazia più forte e più solida. In questo, le riforme istituzionali occupano il primo posto, non solo perché proprio senza istituzioni credibili ed efficaci è immiserita ogni azione di Governo, ma perché la sentenza della Consulta, che ci ha liberato della peggior legge elettorale d'Europa, impone di trovare soluzioni al più presto.
L'urgenza e il nuovo quadro politico ci inducono al realismo: la scelta di Forza Italia di non garantire il sostegno al percorso rafforzato di riforma costituzionale, che era giunto proprio alla soglia dell'ultimo passaggio parlamentare, obbliga a un'onesta presa d'atto della necessità di cambiare percorso per evitare una dilazione dei tempi che sarebbe un errore capitale. Dobbiamo quindi arrivare al risultato e rapidamente. Per questo propongo che si lavori sulla procedura dell'attuale articolo 138 della Costituzione e che ci si concentri su quattro obiettivi di cambiamento.
Il primo: la riduzione del numero dei parlamentari, priorità largamente condivisa in questo Parlamento e che necessita di un intervento di cambiamento della Carta costituzionale.
Il secondo: l'abolizione delle province dalla Costituzione. Il disegno di legge in materia l'abbiamo depositato nei mesi scorsi. Si aspettava l'approvazione definitiva del disegno di legge costituzionale che istituiva procedure ad hoc per le riforme costituzionali; questo oggi è impossibile, quindi è bene, oggi, procedere subito sul disegno di legge costituzionale già presentato sull'abolizione delle province.
Il terzo: la fine del bicameralismo perfetto, con un'unica Camera che dia la fiducia e faccia le leggi e l'altra che esprima più compiutamente il disegno di raccordo con le autonomie, già presente nella Carta costituzionale.
Il quarto: una riforma del Titolo V della Costituzione che metta ordine nel rapporto tra centro e poteri decentrati, migliori il ruolo delle specialità e chiarisca le responsabilità di ciascun livello di governo, limitando al massimo quelle concorrenti in favore della competenza esclusiva dello Stato oppure delle regioni.
A partire da una discussione nella maggioranza, aperta poi a tutte le forze politiche, si dovranno rapidamente definire disegni di legge costituzionale per raggiungere questi obiettivi. Sarà utilissimo, in questo, il lavoro del Comitato dei saggi, che ringrazio tutti per la dedizione e la qualità delle proposte presentate al Governo. Da lì partiremo per la riflessione dei prossimi giorni su questi quattro punti.
Chi proverà a far saltare il banco ne risponderà di fronte ai cittadini, cittadini che con un referendum saranno comunque chiamati a decidere se confermare o meno una riforma che consentirà alle nostre istituzioni di funzionare meglio e all'Italia di scrollarsi di dosso l'immagine del Paese barocco, instabile, che non riesce mai a decidere.
Vengo adesso alla legge elettorale. Mi concentro su due aspetti. Primo: essa deve evitare un eccesso di frazionamento della rappresentanza, che ci condannerebbe all'ingovernabilità. Come ha ammonito il Presidente Napolitano, la democrazia dell'alternanza è un obiettivo irrinunciabile e ci impone di orientarci verso meccanismi maggioritari.
Il secondo: finalmente sono state cancellate le liste bloccate, negazione di ogni criterio di merito e rappresentanza, inno alla cooptazione. È fondamentale ora facilitare le scelte dei cittadini e creare un legame, il più diretto possibile, tra elettori e il loro eletto.
Nessuno, noi per primi, pensi ad una legge elettorale punitiva nei confronti di altri. Il Governo, la maggioranza, innanzitutto, e il Parlamento tutto lavorino nelle prossime settimane per dare pronta attuazione al pronunciamento della Consulta e restituire ai cittadini lo scettro, vale a dire il diritto di scegliere chi li rappresenta e chi li governa.
Anche sull'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti dobbiamo arrivare alla parola «fine», esattamente come è avvenuto da subito con l'eliminazione del doppio stipendio dei parlamentari che erano anche membri del Governo, come il sottoscritto. L'avevo promesso nel discorso di nascita dell'Esecutivo e l'abbiamo fatto il giorno dopo.
Sull'abolizione del finanziamento pubblico ho ripetuto più volte che, con la collaborazione tra Governo e Parlamento, si sarebbe potuto chiudere entro l'anno una questione il cui infinito trascinarsi fa giustamente infuriare l'opinione pubblica in modo assolutamente trasversale. Il Governo ha approvato la proposta, poi migliorata e licenziata da questa Camera, tuttavia troppi sono i mesi passati dal varo in Consiglio dei ministri. Per questo confermo qui la mia volontà a completare, definitivamente e con tutti gli strumenti a disposizione, la vicenda entro l'anno.
Onorevoli colleghi, ad aprile, davanti a voi e al Paese, mi sono impegnato per un programma di riforme economiche. Non cerco attenuanti e non nego che la minaccia continua di instabilità abbia contribuito a indebolire l'azione del Governo. Tuttavia resto convinto della bontà della nostra impostazione. Abbiamo messo in cantiere interventi importanti, ma soprattutto abbiamo privilegiato una politica economica basata sul rispetto degli impegni, da un lato, e sulla creazione di condizioni in grado di supportare la ripresa, dall'altro. La caduta del PIL si è arrestata, come dimostra il dato di ieri sul terzo trimestre dell'anno, il primo, dopo oltre due anni, senza un segno negativo. Il Paese oggi può ripartire, naturalmente però dobbiamo attuare le misure già approvate e varare subito le riforme indispensabili per rendere strutturale il recupero di competitività.
Confermando, quindi, questa impostazione, cinque sono i punti che devono essere, a mio avviso, alla base del nostro impegno per il 2014. Dobbiamo innanzitutto continuare a far scendere contemporaneamente il debito, il deficit, le spese di parte corrente e le tasse su famiglie e su imprese, piccole e grandi.
Secondo: dobbiamo raggiungere l'anno prossimo la crescita dell'ordine di grandezza dell'1 per cento e arrivare alla crescita del 2 per cento nel 2015, una crescita che sia strutturale e che si accompagni a un'aggressione efficace alla disoccupazione, a partire da quella giovanile.
Terzo: dobbiamo rilanciare gli investimenti pubblici, spendendo le risorse stanziate, usando al meglio i fondi strutturali europei ed eliminando i «colli di bottiglia» nell'attuazione delle decisioni prese su infrastrutture e opere, grandi e piccole.
Quarto: dobbiamo aggiornare le nostre politiche di competitività industriale a sostegno delle imprese, in particolare di quelle piccole e medie, affinché siano sempre più innovative, digitalizzate e internazionalizzate.
Quinto: dobbiamo creare un clima più favorevole agli investimenti attraverso il piano «Destinazione Italia», con le sburocratizzazioni, l'apertura dei mercati, le semplificazioni, in particolare dei codici del lavoro e di quello fiscale, e le riforme della giustizia civile.
Il 2014 – dicevo – sarà il primo anno con il segno «più» dopo il buio della crisi. È un risultato non scontato. Pur con molte difficoltà, possiamo incassare il dividendo della stabilità, senza il quale avremmo avuto certamente un innalzamento dei tassi di interesse, che a loro volta avrebbero strangolato la crescita.
Siamo l'unico grande Paese d'Europa, con la Germania, sotto il 3 per cento di deficit; il surplus primario – cioè la spesa al netto degli interessi – è oggi al 2,5 per cento; siamo, quindi, sempre assieme alla Germania, i più virtuosi tra i grandi Paesi d'Europa.
È vero, abbiamo il debito pubblico che è colossale. Lo stiamo aggredendo, lo dobbiamo aggredire, inizierà a scendere nel 2014, dopo cinque anni di crescita ininterrotta. È importante perché ce lo chiede l'Europa ? È importante e fondamentale perché un debito pubblico così alto in rapporto al PIL ci costa troppo: quest'anno spenderemo quasi 90 miliardi di euro in interessi. Novanta miliardi di euro: una decina di leggi di stabilità, soldi buttati. Qui in Parlamento ci accapigliamo per qualche milione; immaginate cosa potremmo fare anche solo con un quarto di quei 90 miliardi.
Ora, fermi restando gli indicatori virtuosi che ho detto e che devono rimanere tali, è il tempo delle azioni sull'economia reale per i lavoratori, per gli artigiani, gli imprenditori, i professionisti, i commercianti, i ricercatori.
Parto dal dire che intanto sono operativi ora, in questo mese, gli strumenti che sono stati messi a punto in questi mesi di Governo.
Chi vuole investire sui macchinari e sulle dotazioni tecnologiche, grazie alla nuova «legge Sabatini» contenuta nel «decreto Fare», può farlo, abbattendo gli interessi sul finanziamento e con un'ampia garanzia statale. Chi vuole assumere un giovane disoccupato, può farlo con l'incentivazione straordinaria della decontribuzione totale. Già, quindi, un primo segno su quella strada di riduzione delle tasse sul lavoro, che abbiamo intrapreso poi nella legge di stabilità e che rafforzeremo ulteriormente. Chi vuole dare un impiego a una persona di qualsiasi età, uscita dai cicli produttivi, una persona in difficoltà, può farlo, beneficiando, dal momento dell'assunzione, dell'ammortizzatore sociale residuo. Chi vuole ristrutturare, con criteri ecocompatibili la propria abitazione, ora lo può fare con uno sconto fiscale mai così alto e sulla casa voglio anche sottolineare i fondi messi a sostegno della morosità incolpevole, a sostegno delle giovani coppie e dei lavoratori precari.
Potrei continuare, ma so che bisogna fare molto di più, partendo da una priorità ineludibile: il soccorso per quegli italiani che la crisi ha esposto a livelli di vulnerabilità mai toccati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico); i disoccupati, le cui famiglie scivolano verso la povertà; gli esodati, per i quali le risposte, pure parzialmente arrivate, sono ancora incomplete, i giovani, frustrati nel non trovare un impiego; gli anziani e i pensionati, per i quali le prime misure per la non autosufficienza contenute nella legge di stabilità sono necessariamente da rafforzare, le indicizzazioni delle pensioni da estendere; i disabili, per i quali si è operata un'inversione di tendenza su alcune voci di spesa sociale che verranno rafforzate l'anno prossimo.
Sempre l'anno prossimo, vogliamo e possiamo sperimentare quei nuovi strumenti di sostegno per l'inclusione attiva contro la povertà previsti nelle riforme di questi mesi. Dobbiamo far sì che funzionino bene e siano estesi in modo strutturale dal 2015. Il tutto ovviamente con un'attenzione particolare e selettiva al Mezzogiorno, dove i problemi di esclusione, crescita della povertà, scoramento e rabbia esplodono se non si danno risposte immediate e mirate.
Allo stesso modo, nel 2014, completeremo la riforma degli ammortizzatori sociali: vanno disegnati meglio, vanno estesi a chi vive l'estrema vulnerabilità personale e familiare generata dalla chiusura di tante aziende, piccole e grandi. In un clima di dialogo sociale, si deve andare verso un sistema che privilegi il lavoratore rispetto al solo posto di lavoro. Nessuno deve restare indietro, nessuno deve avvertire il senso freddo della solitudine rispetto alla comunità. Ed è proprio quella parola «comunità» che vi chiedo di rilanciare con forza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), il ruolo dei corpi intermedi, dell'associazionismo, del volontariato, la forza economica e di competitività delle donne che oggi non valorizziamo come dovremmo e, soprattutto, come servirebbe. Per questo, dopo aver attivato, in questi mesi, le forme di incentivazione previste dalle misure a favore dell'occupazione femminile, il 2014 sarà l'anno delle misure sulla conciliazione lavoro-famiglia, delle quali stiamo già preparando i contenuti.
L'Italia è, quindi, e deve essere una comunità, non mi stancherò mai di ripeterlo; l'Italia è capacità di impresa, innovazione, dedizione, fierezza del lavoro. Siamo la quinta potenza manifatturiera del mondo, la seconda in Europa. Tra le prime venti filiere industriali in Europa, dieci sono tedesche e sei sono italiane. Abbiamo la seconda agricoltura europea per valore aggiunto; il nostro export cresce, si rinnova e trova nuovi mercati; siamo uno dei pochi grandi Paesi al mondo a presentare stabilmente un surplus commerciale strutturale nel manifatturiero.
Stiamo quindi reagendo: non dobbiamo rinunciare ad usare i nostri talenti e, in particolare, le tre risorse più importanti: il nostro capitale umano, innanzitutto, cioè le persone, puntando sull'istruzione dei giovani e sulla ricerca. In secondo luogo, la bellezza e la cultura, puntando sul turismo, sull'ambiente, sulla grande occasione dell'Expo, sulla vitalità e la creatività. In terzo luogo, le imprese: è vero che abbiamo perso, in questo ventennio, molta capacità industriale anche nei servizi, ma molta ce n’è ancora e molta possiamo recuperarne.
Partiamo dalle ragazze e dai ragazzi. Il primo gennaio prende avvio la garanzia per i giovani: il nuovo strumento che a giugno è stato approvato, per l'Italia, è una grande sfida; ci sono le risorse, tutto è pronto, adesso va attuato, dal primo gennaio.
Abbiamo riportato e vogliamo rimettere l'istruzione e la ricerca in cima alle priorità, prima con il decreto «l'istruzione riparte» e, nei prossimi mesi, con tre impegni concreti.
Anzitutto, un piano da attuare entro marzo, di interventi per rilanciare l'università e la ricerca, mettendo al centro studenti e qualità del sistema, potenziamento della valutazione, nuove regole per il finanziamento degli atenei e la contribuzione studentesca, costo standard per studente, diritto allo studio da rafforzare. In secondo luogo, una Costituente della scuola da concludere entro giugno, per adottare degli interventi con gli obiettivi precisi: i ragazzi devono diplomarsi prima, con competenze migliori e un orientamento più chiaro sulle future scelte professionali di formazione superiore. Gli insegnanti devono avere opportunità di formazione adeguate e regole di reclutamento e carriera stabili, basate su trasparenza e merito. Il ciclo di istruzione deve iniziare per tutti con la scuola dell'infanzia, che è un diritto dei bambini e uno strumento per favorire la conciliazione famiglia-lavoro e le pari opportunità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia). E poi i giovani ricercatori. Dopo aver portato il turnover al 50 per cento dobbiamo procedere su questa strada. La burocrazia non può ingabbiare l'autonomia dei ricercatori, la loro vocazione internazionale. Con questo spirito nel nostro semestre di presidenza europea lavoreremo per promuovere la mobilità dei ricercatori e completare l'area europea della ricerca.
Il secondo aspetto: la bellezza come grande risorsa economica. Proseguiremo nell'azione avviata, confermando l'impegno a investire sulla cultura. A gennaio, arriverà in Consiglio dei Ministri il decreto per rilanciare il turismo. Sempre a gennaio, in linea con il «decreto valore cultura» già varato, sarà lanciato il bando per il progetto annuale «Capitale italiana della cultura» e il 27 maggio, l'anniversario della drammatica strage dei georgofili, culminerà con la designazione della prima capitale italiana della cultura per l'anno 2015. Strettamente legati a questi temi ci sono, naturalmente, l'ambiente e la tutela del paesaggio. Dobbiamo scegliere la strada della prevenzione, dell'efficienza, della lotta agli sprechi, della sostenibilità. Dobbiamo aumentare gli investimenti contro il dissesto, a partire da una migliore capacità di spesa dei fondi già disponibili. Allo stesso tempo, dobbiamo semplificare le procedure per realizzare presto e bene gli interventi come previsto nell'agenda verde, il collegato ambientale alla legge di stabilità. Bisogna approvare il disegno di legge per il contenimento del consumo del suolo, già presentato.
Le imprese sono il terzo punto. Mettiamo al centro della nostra azione economica la competitività. Un fattore importante è la riduzione del costo del lavoro. Abbiamo cominciato ad affrontarlo con la legge di stabilità. Il Parlamento ci ha impegnato a impiegare nella ulteriore riduzione del costo del lavoro i proventi della revisione della spesa e del ritorno dei capitali dall'estero. Inseriremo questo automatismo nell'ultimo passaggio, nei prossimi giorni, del disegno di legge di stabilità proprio qui alla Camera, dopo averlo discusso con le parti sociali.
«Destinazione Italia», il piano per l'attrazione degli investimenti e il rilancio della competitività, sarà invece venerdì in approvazione al Consiglio dei Ministri. Vogliamo dare agli investitori e agli imprenditori certezza delle procedure, certezza dei tempi, anche della giustizia, certezza sul fisco, il tutto per abolire o semplificare procedure inutili e per modernizzare l'intera pubblica amministrazione. All'interno del piano ci saranno un credito di imposta per la ricerca e fondi per incentivare la digitalizzazione delle piccole e medie imprese.
Ancora venerdì interverremo, con «destinazione Italia», anche su un altro dei fattori frenanti della competitività, ovvero l'alto costo dell'energia. Una riduzione di 600 milioni di euro sulle bollette che si somma a quella già prevista dal «decreto Fare». Per rilanciare la competitività del nostro sistema c’è anche bisogno che lo Stato in alcuni campi sia in grado di giocare bene il proprio ruolo, non certo alla vecchia maniera, ma con un uso efficace e moderno dei nuovi strumenti in campo, con una riflessione a largo spettro per evitare di perdere asset preziosi e per concentrare risorse su operazioni di sistema e opportunità da non perdere, sia a casa sia sui mercati europei ed esteri. Su questo mi aspetto importanti contributi dalla discussione sul contratto di governo che ho già chiamato «Impegno 2014».
A completamento della legge di stabilità e di «destinazione Italia» il Governo ha poi lanciato – ne abbiamo già parlato – un piano di dismissioni. Il primo blocco, già presentato, vale tra i 10 e i 12 miliardi di euro, che andranno in gran parte a riduzione del debito. Lo sappiamo: quello delle dismissioni è un tema sensibile. Troppi sono stati gli errori del passato.
Voglio rassicurarvi: nessuno di noi si sogna di svendere per fare cassa. Io credo profondamente nel ruolo dello Stato, ma credo anche che lo Stato, per essere credibile e funzionante, non debba occuparsi di tutto. L'arrivo di capitali privati può essere momento di svolta per iniettare risorse fresche, rilanciare la produzione, garantire lo sviluppo delle aziende coinvolte (il caso esempio di Fincantieri e di Sace che trarranno dalla valorizzazione risorse fresche per il loro sviluppo). Il prossimo anno, nell'ambito del secondo tempo di questo piano di dismissioni – e, ripeto, stiamo parlando di dismissioni di quote, non di controllo – studieremo con l'azienda e con i sindacati l'apertura del capitale di Poste e di altre aziende, e la partecipazione dei lavoratori all'azionariato, permettendo loro rappresentanza negli organi societari. È un'esperienza unica, un tentativo – ne parleremo insieme, quella che voglio lanciare qui è una proposta –, è il tentativo di sperimentare in Italia la Mitbestimmung tedesca, destinata a influenzare in meglio le relazioni industriali, la partecipazione dei lavoratori e il modello di impresa nel nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia).
L'apertura dei mercati, le infrastrutture, la tutela dei consumatori: a questo riguardo, occorre proseguire sulla strada di una maggiore apertura, anche attraverso la presentazione presto dell'annuale legge sulla concorrenza. Il cronoprogramma delle liberalizzazioni comincia comunque questo mese, con l'entrata in attività dell'Autorità di regolazione dei trasporti, uno dei settori chiave per la nostra economia: diventerà operativa il 19 dicembre prossimo, un fatto che testimonia la serietà della nostra azione, garanzia del sistema delle regole per gli investitori italiani e stranieri, tutela dei diritti degli utenti e della qualità del servizio pubblico. Nel 2014 presenteremo il piano nazionale dei porti e degli aeroporti, che individui e fissi le priorità del Paese. Oggi, queste strutture agiscono in concorrenza tra loro senza programmazione né sinergia. È una grande operazione nazionale che dobbiamo fare di politica industriale strategica. Sulle infrastrutture proseguiremo nel finanziare opere e progetti immediatamente cantierabili o in corso di ultimazione, una rimodulazione della spesa che consenta di avere miglioramenti continui in tempi brevi a servizio di tutto il sistema produttivo. E ancora, nel prossimo Consiglio dei ministri, in tema di tutela della concorrenza e apertura dei mercati, partiremo dal settore assicurativo con un intervento in grado di far scendere sensibilmente le tariffe dell'RC auto.
Per riportare la fiducia nei cittadini, onorevoli colleghi, lo Stato deve fare la sua parte. Dico chiaramente come: in primo luogo, la revisione della spesa. Il lavoro del commissario Cottarelli, che deve andare avanti senza alibi, sarà l'occasione per procedere ad una opportuna ridefinizione del perimetro dello Stato. In queste settimane, per quanto riguarda la Presidenza del Consiglio, al termine di una ricognizione che è partita ad agosto con il taglio degli aerei blu, la vendita di tre aerei blu, la destinazione dei 50 milioni derivati dalla vendita avvenuta – l'avevo annunciato ed è stato fatto – alla Protezione civile, che ha fatto affiorare non poche criticità. Sta approvando oggi, tutto questo lavoro della Presidenza del Consiglio sulla ricognizione degli sprechi e dei tagli possibili, direttive necessarie per dare un metodo di lavoro orientato ai risultati, che estirpi rendite di posizione e privilegi. Questi interventi riflettono le nuove linee guida della Presidenza che faremo in modo siano condivise nell'impostazione e nelle priorità da tutti gli altri Ministeri.
Vogliamo cambiare una amministrazione che perde e fa perdere troppo tempo. Secondo Doing Business l'Italia è al centotrentottesimo posto al mondo per le complicazioni fiscali. Per pagare le tasse le nostre imprese impiegano 269 ore l'anno contro le 176 della media dei Paesi OCSE. Abbiamo introdotto, nel «decreto Fare», un principio importante che adesso dobbiamo attuare: l'amministrazione, il pubblico, deve pagare ogni ritardo che è colpa propria. Dobbiamo continuare a rimuovere le cause dell'altissimo numero di condanne dello Stato sulla ragionevole durata del processo, un costo per le finanze pubbliche e l'emblema di una giustizia civile a un passo dal fallimento. Le riforme fatte già stanno portando dei cambiamenti, vogliamo continuare e andare in questa direzione.
Terzo punto: un Paese più semplice si ottiene solo con le leggi ? No. Passa per i risultati e la valutazione delle politiche pubbliche.
Troppe semplificazioni slogan sono rimaste sulla carta. Per questo nel 2014 entrerà in funzione un contatore della semplificazione per verificare e valutare le performance della pubblica amministrazione. Il Governo deve agire in modo trasparente, chiarire le politiche pubbliche che persegue, rendere conto del loro stato di attuazione. Per questo, stiamo costruendo, analogamente a quanto fatto nel Regno Unito, un sito unico del Governo, delle agenzie e degli enti pubblici strumentali, in cui siano riportate, in modo dettagliato, le politiche pubbliche con gli obiettivi e i risultati attesi, le azioni adottate e gli adempimenti da assumere con la relativa tempistica. Tutti i materiali dovranno essere open data. Più trasparenza significa responsabilità sociale: vale per le imprese, deve valere per lo Stato.
Onorevoli colleghi, il Presidente della Repubblica ha rivolto a settembre un appello sulla drammatica situazione carceraria. Su alcuni temi è competente il Parlamento, che deciderà ovviamente in piena autonomia, ma su ciò che è di competenza del Governo siamo pronti. Lo dissi in occasione del primo voto di fiducia, voglio ripeterlo oggi: siamo la patria di Cesare Beccaria e dobbiamo dimostrarlo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà e Per L'Italia).
Dobbiamo dimostrarlo anche nella lotta contro la corruzione e contro le mafie. Quanti comuni sono stati sciolti negli ultimi anni per infiltrazioni mafiose ? Quante economie criminali abbiamo visto prosperare nella crisi, all'ombra delle frasi fatte «la mafia non esiste» o «la mafia esiste solo al Sud» ? Quanta illegalità c’è nel territorio deturpato nella cementificazione selvaggia, che ci lascia disarmati davanti al disastro del dissesto idrogeologico ? Quanto dobbiamo al coraggio ed all'abnegazione degli uomini impegnati in prima fila contro le mafie, cui il Governo non farà mancare un supporto doveroso nei prossimi anni ?
A questo proposito il decreto sulla Terra dei fuochi è stata una risposta forte dopo anni di immobilismo. Abbiamo rafforzato gli strumenti repressivi, interventi di caratterizzazione dei suoli che frenino il rischio di compromettere l'agricoltura del territorio, risorse a sostegno delle attività di bonifica.
Il lavoro della Commissione istituita dal Governo ha prodotto poi molte altre proposte concrete per combattere la criminalità organizzata, tra cui il contrasto patrimoniale ed una maggiore efficienza in tema di beni confiscati. A gennaio approveremo in Consiglio dei ministri il pacchetto di norme sulla legalità, frutto del rapporto della Commissione.
Onorevoli colleghi, oggi vorrei che tracciassimo una linea. Di qua, chi ama l'Europa, ne riconosce le contraddizioni, vuole riformarla, non delega ad altri la responsabilità di provare a farlo, sa che, senza l'Unione europea, ripiombiamo nel Medioevo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Per L'Italia e di deputati del gruppo Misto). Di là, chi vuole bloccare l'Europa, si scaglia contro i suoi limiti per speculare sul malessere, sulla disoccupazione e sul crollo dei consumi di questi cinque anni. La linea di separazione è la più netta: nessuna sfumatura. Il mandato che oggi qui vi chiedo è per costruire, insieme a chi si riconosce in questa parte, un'Europa migliore. Chi vuole isolare l'Italia non voti la fiducia. Chi vuole conquistare consenso con il populismo antieuropeo non voti la fiducia al mio Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Nuovo Centrodestra, Per L'Italia e di deputati del gruppo Misto).
Colleghi, la caratteristica distintiva dei populisti è inventare sempre un nemico contro il quale scaricare l'indignazione, trasformarla in conflitto. Serve, alla fine, per nascondere la debolezza o l'inconsistenza della propria proposta. Serve ad evitare di dover rispondere con credibilità e serietà delle proprie azioni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Nuovo Centrodestra, Per L'Italia e di deputati del gruppo Misto). Una politica forte della propria identità e dei propri ideali dialoga, discute, combatte, rispetta.
L'Italia ha una solida, profonda e nobile identità europea. Dobbiamo esserne fieri.
Per questo la discussione sull'Europa che vogliamo nei prossimi anni deve, una volta ancora, passare dal protagonismo italiano: è un nostro dovere. Affinché ciò avvenga, però, l'Italia deve essere credibile, se no non ci ascolta nessuno in Europa. Deve essere unita sui grandi interessi del Paese, deve dotarsi di un sistema politico e istituzionale comprensibile – quanto tempo ho passato in questi sette mesi a spiegare le cose di casa nostra fuori dai nostri confini e forse quanto poco successo ho avuto –, trasparente, in grado di decidere. Affinché ciò avvenga, dunque, l'Italia deve avere i conti in ordine, come oggi accade – e lo ricordiamo a tutti, anche ad alcuni tecnocrati di Bruxelles –, fare le riforme, come nel 2014 deve accadere.
Per sei mesi da luglio saremo alla guida dell'Europa in una delle epoche più tormentate della storia europea: un'Europa assediata ovunque da forze populiste e xenofobe, un'Europa finora incapace di liberarsi delle sue storture, per la quale, per la prima volta da molto tempo, nessuno è in grado di prevedere una prospettiva da qui a un decennio.
Voglio fare qui insieme a voi un esercizio: proviamo a vedere, in questa logica del decennio, com'era la situazione dieci, venti o trent'anni fa e com’è oggi. Nel 1983, trent'anni fa, il traguardo c'era dopo dieci anni: era quello del mercato unico, era quello delle quattro libertà, dell'Europa di Jacques Delors del 1992. Fu realizzato, dieci anni dopo. Nel 1993, vent'anni fa, qual era l'obiettivo dei dieci anni ? Era il progetto dell'unione economica e monetaria, che poi nel decennio successivo si è realizzata. Nel 2003, dieci anni fa, qual era il progetto dieci anni dopo ? Era quello dell'allargamento, della riunificazione delle due Europe, tanto che oggi, nel 2013 – raccontiamolo sempre a tutti quelli che parlano male dell'Europa – il semestre di Presidenza è guidato da un Paese che era, venticinque anni fa, Unione Sovietica. Questo è il segno del successo dell'Unione europea: tutti obiettivi fissati e costruiti con una visione a lungo termine (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Per l'Italia e di deputati del gruppo Misto).
E domani ? Qui sta il problema. Qual è oggi l'obietto per l'Europa del 2023 ? La verità è che questo obiettivo non c’è e dobbiamo essere molto onesti con noi stessi a dirlo. Nessuno è in grado di prevederlo, manca nella koinè delle istituzioni comunitarie. E se manca il progetto cui legare le singole riforme che di volta in volta vengono decise, l'Europa si ferma, l'Europa può implodere sotto il peso del dramma sociale causato dalla grande crisi. È con questo spirito che ci impegniamo a gestire il semestre e a vivere il 2014 come l'anno dell'Europa. Niente di più miope e pericoloso che considerarlo un appuntamento rituale e burocratico.
Dobbiamo giocare in attacco, anche qui, e convincere gli altri delle nostre buone ragioni. Vuol dire non avere paura di chi lucra sulle paure dei cittadini né di chi prova a conservare l'esistente per il proprio interesse nazionale; vuol dire parlare alle opinioni pubbliche dei grandi Paesi che fanno resistenza e ripetere, con credibilità e in ogni occasione, che senza l'Europa non si salva nessuno, nemmeno i Paesi e il Paese più grande dell'Unione europea.
Per questo vi propongo qui quattro obiettivi concreti. Il primo: impegnarsi a realizzare subito, a partire dal Consiglio europeo del 19-20 dicembre, senza ritardi, una vera unione bancaria. So che non è un tema, come si suol dire, accattivante – quello dell'unione bancaria –, so che non scatena i cuori e non scatena passioni, ma se avessimo avuto l'unione bancaria negli ultimi cinque anni non ci sarebbero state le crisi che hanno fatto buttare via ai contribuenti e agli Stati europei decine e decine di miliardi. Servirà per abbassare il costo del credito a imprese e famiglie; servirà ad impedire nuove crisi del settore bancario; servirà anche a lavorare perché si eviti quella instabilità sui mercati finanziari che tanti danni ci ha fatto e che continua, se vedo il tasso di cambio dell'euro di stamattina.
Il secondo: lottare per dare alla zona euro una capacità finanziaria che incentivi gli Stati membri a compiere l'ultimo miglio delle riforme e li renda più resistenti agli shock economici. Se questo passo avanti verso una vera solidarietà europea sarà compiuto, allora non avremmo timore di considerare la creazione di intese contrattuali per le riforme strutturali e lavoreremmo affinché esse si chiamino «contratti per la crescita», volontari e collegati a incentivi finanziari.
Il terzo: spingere per un Governo più equilibrato dell'unione economica e monetaria e per politiche più convincenti per la lotta alla disoccupazione, specie giovanile, a partire dall'importante vertice intergovernativo sul lavoro della prossima primavera, che dopo Berlino (3 luglio) e Parigi (11 novembre) si terrà proprio a Roma.
Il quarto: interpretare la nostra Presidenza – è questo il punto più importante – come quella che chiude la legislatura 2009-2014, della crisi e della sola austerità e che apre la legislatura 2014-2019, della stabilità e della crescita in Europa e quindi anche in Italia.
Il nostro semestre di Presidenza deve essere l'occasione per dare nuova energia ad un'Europa che oggi ha le batterie scariche. Vogliamo ridisegnare una strategia economica per l'Europa che, dopo l’austerity, punti su innovazione, spazio europeo della ricerca, tecnologie verdi, investimenti nei settori e nelle competenze del futuro, politiche per il manifatturiero.
L'Europa esce dalla trappola della stagnazione solo se torna a crescere. Vogliamo parlare dell'Europa che guarda al mondo dopo anni di introversione. Il grande progetto deve essere quello dell'Europa unita; quello, onorevoli colleghi, di cui, insieme alla Presidente Boldrini, ieri abbiamo avvertito la drammatica mancanza, a Johannesburg, quando, nell'evento forse più suggestivo di questo decennio, noi europei c'eravamo tutti, tutti, ma i protagonisti sono stati altri. Oltre a Mandela e al suo Sudafrica, il mondo ha ascoltato gli Stati Uniti, la Cina, l'India, il Brasile. E noi europei, divisi, e perché divisi, siamo stati silenti e attori non protagonisti. Il messaggio di ieri è sferzante: non abbiamo, noi europei, più tempo. Il mondo cambia e cambia senza aspettarci (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Nuovo Centrodestra e di deputati del gruppo Misto).
Solo uniti possiamo contare davvero, solo uniti possiamo gestire in modo più equilibrato il dramma, per esempio, dell'immigrazione illegale. Solo uniti possiamo gestire il dramma delle vicende delle migrazioni.
Voglio qui spendere una parola, insieme a tutti voi, per ringraziare i nostri militari, i nostri volontari (Applausi). Alle volte non ci rendiamo conto di come noi operiamo sempre e soltanto con l'attenzione legata al fatto che i temi esplodono sui grandi media e allora c’è grande attenzione. Dopo la tragedia di Lampedusa, dopo la seconda tragedia che è avvenuta al largo delle coste maltesi noi, l'Italia, grande Paese del Mediterraneo, il più grande Paese del Mediterraneo, ha deciso che non poteva stare a guardare. Abbiamo messo in campo «Mare nostrum», un'iniziativa militare umanitaria voluta dal nostro Paese. In questi due mesi da allora quell'operazione militare ha evitato che ai 350 e più migranti che drammaticamente sono morti a Lampedusa, se ne aggiungessero altri – secondo le nostre stime – 2 mila: 2 mila persone che sono state salvate mentre stavano per annegare in mare. Questa è l'Italia, al di là di tutte le differenze (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Nuovo Centrodestra).
Anche su questo possiamo e dobbiamo essere fattore di stabilità nei confronti di un Mediterraneo sempre più instabile, nei confronti dei Paesi del vicinato orientale. Possiamo essere un attore globale capace di difendere e promuovere i suoi interessi e i suoi valori con politiche di sicurezza e difesa, ma anche con un rilancio della cooperazione allo sviluppo, la cui legge base, in Italia, riformeremo nel 2014.
Vogliamo parlare di un'Europa, quindi, che non è solo mercato economico ma spazio dei diritti e delle persone, uno spazio in cui i cittadini possano riconoscersi ed essere riconosciuti come protagonisti.
L'Europa di tutti, l'Europa vicina, l'Europa con un'anima, non l'Europa fredda, che sta altrove, che sta solo a Bruxelles. Vogliamo, insomma, un semestre che coniughi l'Europa al futuro, come sempre abbiamo fatto nella storia del grande Paese fondatore che è l'Italia. L'Europa ha cambiato in meglio l'Italia, oggi l'Italia deve contribuire a cambiare in meglio l'Europa.
Signora Presidente, onorevoli colleghi, concludo. Oggi più che mai, dunque, l'Italia ha bisogno di competenza e di passione. Servono quei valori e quelle sensazioni che ognuno di noi in qualche momento della sua vita ha provato sentendosi davvero parte di una squadra. In mente un obiettivo preciso. Serve la fatica, indispensabile sempre per riuscire in qualche cosa. Servono giocatori che si fidino gli uni degli altri, servono poche parole, buoni esempi. Abbiamo tutti avuto un insegnante, un maestro che ci esortava a dare il meglio di noi per raggiungere obiettivi che sembravano irraggiungibili. Forse ci siamo tirati indietro, abbiamo deciso di non provarci nemmeno. «In fondo io sono fatto così, non ci riesco», è un alibi sempre a portata di mano questo. Forse, invece, abbiamo trovato una squadra per cui valeva la pena di provarci e ci siamo alle volte riusciti, perché la squadra è il luogo dove il punto di forza dei gruppi supera il limite dell'individuo e dove il punto di forza dell'individuo viene messo a disposizione del gruppo. No, oggi quell’«io sono fatto così» non può più valere. Sono orgoglioso di essere qui per convincervi che giocheremo all'attacco, perché gli italiani hanno diritto a vedere ripagati i loro sacrifici. Ora che questo sta per succedere, non permetteremo che l'Italia sprofondi di nuovo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Nuovo Centrodestra, Scelta Civica per l'Italia, Per l'Italia e di deputati del gruppo Misto – I deputati dei gruppi Partito Democratico, Nuovo Centrodestra, Scelta Civica per l'Italia, Per l'Italia e alcuni deputati del gruppo Misto si levano in piedi).
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PRESIDENTE (Vedi RS). Dichiara aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
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PRESIDENTE. Passiamo ora alla discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri. È iscritta a parlare la deputata Madia. Ne ha facoltà. Colleghi, per favore, consentiamo alla collega Madia di intervenire.
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Intervengono nella discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri i deputati MARIA ANNA MADIA (PD) (Vedi RS) e RICCARDO NUTI (M5S) (Vedi RS).
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MARIA ANNA MADIA. Signor Presidente, Presidente del Consiglio dei ministri, colleghi, tra le ragioni che ci portano oggi a sostenere questo Governo credo che la più importante stia nell'impegno, assolutamente superiore rispetto ai due Esecutivi precedenti, che questo Governo sta mettendo sul tema della disoccupazione giovanile. Non è un fenomeno solo italiano, questo è chiaro. A me ha colpito, molto qualche mese, fa la copertina del The Economist che titolava «generazione jobless», «generazione senza lavoro». È, quindi, un fenomeno mondiale, europeo, e le cause sono diverse e credo che non sia giusto prestarsi, né a volerlo ricondurre a un fattore unico, né a voler dare a questo grave e drammatico fenomeno una lettura semplicistica. E, però, ci sono degli elementi e delle condizioni che è indubbio che influiscono negativamente sulla disoccupazione giovanile.
Ne cito alcuni. Il Presidente del Consiglio li ha citati e approfonditi diffusamente nella sua relazione: la bassa crescita; l'iperregolazione, l'assenza di mercati liberalizzati, l'alto costo del lavoro, il rapporto non virtuoso tra formazione e bisogni, necessità del mercato del lavoro. Ecco, questi sono tutti aspetti che aumentano la disoccupazione giovanile e l'Italia, purtroppo, di tutti questi mali soffre. Ma se i giovani non lavorano è l'intero Paese a declassarsi. E oggi è difficile – e lo dico a maggior ragione a voi che rappresentate il Governo italiano – è difficile per un Paese da solo combattere la disoccupazione giovanile e, quindi, apprezzo particolarmente le parole del Presidente del Consiglio che sottolinea quotidianamente che questo tema debba essere affrontato almeno a livello europeo. E voglio ricordare che, da questo punto di vista, l'Europa ha segnato un inizio di cambio di passo importante. Barroso, lo scorso giugno, ha parlato di inaccettabile fenomeno di disoccupazione giovanile di massa. L'Europa ha iniziato a rendersi conto dell'esistenza di una nuova priorità, e di questo credo dobbiamo essere grati anche al Governo Letta, che ha posto questa novità politica e culturale, e che ha lottato per farci arrivare da gennaio, cioè da domani, un miliardo e mezzo (cifra importante in questo periodo di così difficili condizioni di bilancio), quindi un miliardo e mezzo da domani, per il programma europeo «Garanzia per i giovani» ovvero per fare entrare ragazze e ragazzi nel mercato del lavoro.
Ecco, io credo che responsabilità prima di tutto significhi sostenere il Governo affinché questi soldi vengano spesi bene e affinché, da sperimentazione, si possa decidere, magari un domani, proprio perché questi soldi sono stati spesi bene, di passare ad un processo strutturato.
Altrimenti io mi chiedo: con che faccia andiamo in Europa a chiedere allentamenti di vincoli se poi non ci dimostriamo capaci di spendere al meglio le risorse che ci danno ? Ecco, per questo io considero la «garanzia giovani» un banco di prova molto importante e credo davvero che attraverso questa politica, attraverso queste importanti risorse che ci arrivano dal 1o gennaio, l'istituzione debba riuscire ad arrivare a casa di quelle ragazze e di quei ragazzi senza disperdere queste risorse in mille rivoli, strutture e burocrazia. Altrimenti sarebbe uno spreco prima di tutto per l'enorme sforzo compiuto dal Presidente Letta. E poi credo che sempre sui temi del lavoro il Partito Democratico debba compiere un percorso nel 2014 che deve muoversi su due binari: il primo è quello di creare lavoro, perché non ci sfugge che la grande difficoltà sta proprio nel fatto che oggi c’è scarsezza di offerta di lavoro e che, quindi, questo è un primo canale fondamentale, una prima strada fondamentale da percorrere. Ma, in parallelo, in questo doppio binario, l'altro aspetto importante è il contributo italiano – così la definirei – all'Europa sociale, cioè all'europeizzazione dei diritti di chi lavora, qualunque sia il tipo di lavoro che si faccia, qualunque sia il tipo di contratto che si abbia: dipendenti, collaboratori, partite IVA, professionisti, autonomi devono potersi riconoscere in uno zoccolo duro di diritti che li riguarda tutti. E quali sono questi diritti europei ? Provo a sintetizzarli in tre filoni, in tre punti. Il primo: come si entra nel mercato del lavoro. Se non si migliora e non si rende più efficiente l'accesso al lavoro è inevitabile che per trovarlo ci si rivolga a conoscenze e reti informali. E ovviamente a questo, al tema dell'accesso, si lega il tema della riforma dei servizi per l'impiego.
Secondo: tutele sociali ed economiche per tutti. Malattia, infortunio, maternità, e qui dobbiamo inevitabilmente rappresentare il disagio di almeno due generazioni – faccio parte di queste generazioni – che da vent'anni leggono nei testi: «(...) in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali (...)» e che ancora oggi però perdono il lavoro senza un euro di indennità.
Io ho apprezzato, da questo punto di vista, le parole del Ministro Giovannini, che ha parlato di un'uscita progressiva dal meccanismo della cassa in deroga, che oggi inizia ad avere dei grossi e pericolosi rischi, perché, soprattutto per le aziende che non hanno futuro, disincentiva a cercare un lavoro e perché incide negativamente sulle professionalità di quei lavoratori. E penso davvero che siamo, comunque, in ritardo, ma che sia, appunto per questo, quanto mai urgente passare davvero a un meccanismo universale di sostegno al reddito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), a un sostegno che funzioni quando perdi il lavoro o cessi l'attività e che, però, sia anche legato a politiche attive per ritrovarlo, un lavoro !
Insomma, dobbiamo approdare – velocemente, perché siamo in ritardo – a un sistema europeo, chiamiamolo anche di reddito minimo, che coniughi lotta alla povertà e tutela dell'occupazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Il terzo tema di questa europeizzazione dei diritti io lo vedo nella parola pensioni, che non riguarda solamente, seppur sono aspetti importanti, le indicizzazioni e gli esodati – anzi, sono più che aspetti importanti: lì bisogna ristabilire il tradimento di uno Stato verso la fiducia che nello Stato avevano i cittadini – ma non riguarda, purtroppo, solo indicizzazioni ed esodati, riguarda anche le pensioni delle generazioni future, le pensioni dei giovani che oggi hanno 30 o 40 anni. E, certo, questo è un tema del futuro.
Purtroppo, la cultura dell'emergenza e della precarietà che viviamo ci porta a pensare che non sia un'emergenza perché arriverà fra trenta o quarant'anni, ma io non vorrei – e per questo lo dico oggi – che questa diventi la grande responsabilità della nostra classe dirigente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Così come noi, oggi, critichiamo l'irresponsabilità delle classi dirigenti precedenti, che ci hanno lasciato un immenso debito pubblico, non vorrei che fra trenta o quarant'anni ci dicessero: eh, però, hanno lasciato due generazioni senza pensioni o con pensioni da fame.
Ecco, signor Presidente del Consiglio, colleghi, Presidente Boldrini, sono queste, in estrema sintesi, le priorità sui temi del lavoro e sui giovani, sulle quali, come Partito Democratico, ci sentiamo oggi di rinnovare la fiducia a questo Governo, e ci sentiamo di rinnovarla mettendo a disposizione di questo Governo, come ha detto lei, Presidente Letta, tutta la nostra competenza, ma anche tutta la nostra passione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). RICCARDO NUTI. Signor Presidente, colleghi, Presidente del Consiglio, le devo far notare che si è incantato: ripete le stesse parole delle scorse volte, le stesse ! Non si capisce il motivo di venire nuovamente in Aula a ripetere le stesse cose e a prenderci nuovamente in giro. Per dirci cosa ? Che quelle parole non sono state realizzate ? Lei ha la faccia come il bronzo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E ha la faccia come il bronzo perché, nonostante tutto quello che ha detto in questi mesi non sia stato realizzato, si permette anche di offendere l'unica forza politica che, nel bene o nel male, quello che ha detto, lo ha fatto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
È bene, forse, chiarire ed informare meglio i colleghi e chi ci sta seguendo da casa di alcuni concetti distorti che spesso passano. Primo: Forza Italia non è opposizione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questa presa in giro, questo teatrino fatto apposta per far sembrare che Forza Italia sia opposizione lo risparmi a chi non ha memoria o a chi è nato da pochi giorni. Lo sappiamo benissimo che Forza Italia non è opposizione, lo vediamo in quello che propone: non è niente di diverso rispetto al PD o a tutte le altre forze politiche, semplicemente ha degli altri interessi, perché sono i propri, ma non per questo è diversa dagli altri.
Andiamo ai giornalisti. C’è un concetto, Presidente: forse non è chiaro cos’è il giornalismo.
Essere giornalista significa essere indipendente e non scrivere nel giornale di un partito; significa dare delle informazioni corrette, vere, non di parte e non parziali. Perché quando un giornalista scrive, offendendo, ma, soprattutto, dicendo il falso, come che il MoVimento 5 Stelle non ha ottenuto nulla per il bene dei cittadini, dice il falso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Perché ? Perché quando si fanno risparmiare 40 milioni di euro per le consulenze nella pubblica amministrazione o altri 42 milioni per i rimborsi elettorali, e potrei andare avanti con alcune piccole cose ottenute nonostante la situazione di questo Parlamento, sicuramente non si può dire che non siano cose utili per i cittadini. A meno che la giornalista in questione o altri giornalisti o lei non ritengano che risparmiare dei soldi non sia una cosa utile, ma una cosa inutile, anzi una cosa negativa per i cittadini: ma, in questo caso, si sta capovolgendo la normalità.
Andiamo alla polizia. È bene chiarire, e ci dobbiamo chiarire: chi deve difendere la polizia ? La polizia deve difendere le istituzioni corrotte o i cittadini onesti ovunque essi siano, anche eventualmente in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Io penso la seconda, però, probabilmente, magari, lei o chi la pensa come lei potrà dirci che di istituzioni corrotte, come, per esempio, di parlamentari, non ce ne sono qui e, quindi, in quel caso, sarebbero dei cittadini onesti. Però, mi corre l'obbligo di informarla, visto che i giornali non lo fanno tanto e lo fanno in maniera superficiale.
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (Vedi RS)
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 10,15)
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Dopo richiami al Regolamento dei deputati ETTORE ROSATO (PD) (Vedi RS), cui rende precisazioni il PRESIDENTE (Vedi RS) e GIANNI MELILLA (SEL) (Vedi RS), intervengono nella discussione i deputati ENRICO COSTA (NCD) (Vedi RS), NAZZARENO PILOZZI (SEL) (Vedi RS), RENATO BALDUZZI (SCpI) (Vedi RS), NICOLA MOLTENI (LNA) (Vedi RS), FUCSIA FITZGERALD NISSOLI (PI) (Vedi RS), MASSIMO ENRICO CORSARO (FdI) (Vedi RS), ANIELLO FORMISANO (Vedi RS) (Misto-CD) e FRANCESCO SAVERIO ROMANO (Vedi RS) (FI-PdL).
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ETTORE ROSATO. Signor Presidente, articoli 42 e 58. Presidente, l'articolo 58 prevede che, quando un deputato viene offeso nel corso di una seduta da un intervento di un collega, lei abbia il dovere di richiamarlo e questo non è avvenuto. Dopodiché, all'articolo 43, si prevede che il collega possa intervenire per fatto personale. È vero che c’è una prassi, una interpretazione della Giunta per il Regolamento, che lei adesso ci leggerà, secondo la quale i fatti personali si svolgono a fine seduta, ma è, altresì, vero che, quando c’è una gravità nelle affermazioni, il fatto personale può essere concesso anche immediatamente.
E io non voglio stare qui a spiegare a lei cosa vuol dire per un parlamentare essere accusato di contiguità con la mafia, così come ha affermato il collega. È un fatto gravissimo ! È un fatto gravissimo ! E il nostro collega ha il diritto di difendersi immediatamente in quest'Aula ! E il fatto che lei non lo conceda è altrettanto grave (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Sinistra Ecologia Libertà) ! PRESIDENTE. Fermo restando che rispetto all'intervento del deputato Nuti, io mi sono seduto qui a metà, perché c'era la Presidente Boldrini, se avessi ascoltato che ha dato del mafioso o ha detto che un parlamentare è contiguo alla mafia, io l'avrei richiamato (Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico). Adesso, solo per la questione dei tempi, collega Rosato, andiamo avanti e io sarò ben lieto di dare (Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico)... Collega, le sembra questo un comportamento corretto in Aula (Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico) ? Va bene. Allora, se vogliamo fermarci... GIANNI MELILLA. Presidente, su molte cose io finora ho sorvolato, nel senso che per quieto vivere uno sta zitto. Il deputato 5 Stelle, rivolto a tutti noi, ha detto che noi non possiamo neanche vergognarci, perché la vergogna appartiene soltanto alle persone oneste. Io ho 59 anni: ho iniziato a fare politica a 14 anni, distribuendo volantini, diffondendo L'Unità la domenica nelle case. Non ho mai ricevuto un avviso di garanzia nella mia vita e non tollero che qualcuno mi dica «disonesto» e le chiedo di difendere tutti i cittadini onesti presenti in Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà e Nuovo Centrodestra) ! Io sono una persona onesta ! Non so neanche che cosa sia un avviso di garanzia (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà e Nuovo Centrodestra) ! ENRICO COSTA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori ministri, onorevoli colleghi. Presidente Letta, lei è andato al sodo dei problemi, dei programmi, delle idee. Un intervento che inaugura una fase nuova; un intervento che, in modo molto eloquente, mostra che il suo Governo ha sganciato quel freno a mano che ne paralizzava l'azione, che puntava a far girare a vuoto il motore. Ora non ci sono più alibi: il suo pragmatismo è la migliore risposta.
Le sue parole di oggi voglio leggerle in un'ideale continuità con quelle pronunciate il 2 ottobre e mi chiedo, vi chiedo: siamo tutti davvero consapevoli di ciò che ha significato per il nostro Paese la data del 2 ottobre ?
Qualche anno fa ricordo di aver visto un film, neppure troppo celebre, che faceva riflettere su come possa bastare un piccolo, singolo episodio a far cambiare integralmente lo svolgimento della vita di una persona. Molte volte ci siamo interrogati su come sarebbero andate le cose per il nostro Paese se avessimo fatto scelte, anche marginali, diverse. Basta mettere a confronto quello che è accaduto a seguito di una decisione consapevole e meditata, che abbiamo assunto insieme ad Angelino Alfano, rispetto a quello che sarebbe successo se quella decisione non l'avessimo assunta.
Il 2 ottobre, quando il Nuovo Centrodestra non era neanche in embrione, è stata per l'Italia una data storica, una data che ci ha posto di fronte ad un bivio, una data che ha avviato in noi una profonda riflessione politica: di fronte al rischio di una crisi al buio, che il Paese non poteva permettersi, abbiamo anteposto le convinzioni alle convenienze.
Abbiamo ascoltato i cittadini, che invocavano un sussulto di responsabilità; abbiamo reagito a una decisione che ritenevamo profondamente sbagliata: aprire la crisi sarebbe stato un gesto inconsulto e dannoso per il Paese; gettare l'Italia in una campagna elettorale sarebbe stato suicida, anche perché era evidente che, ancora una volta, non si sarebbe poi trovata una maggioranza omogenea. Eravamo arciconvinti di aver fatto la scelta giusta, ma il 4 dicembre 2013, dopo la sentenza della Corte costituzionale, ne abbiamo avuto la prova provata. Ora tutti sanno quello che sarebbe accaduto senza il gesto di responsabilità di coloro che oggi siedono nei banchi del Nuovo Centrodestra. Ci troveremmo in piena campagna elettorale, magari con candidature già presentate e una legge elettorale dichiarata incostituzionale: un vero e proprio caos istituzionale, che avrebbe messo in ginocchio la credibilità dell'Italia.
Oggi, signor Presidente del Consiglio, con coerenza siamo in Parlamento al suo fianco per completare quel percorso che abbiamo iniziato insieme. Qualcuno ha abbandonato la barca e questo ci dispiace molto, perché si tratta di chi prima di altri aveva tracciato la rotta. Ci dispiace perché insieme avremmo potuto ottenere risultati importanti, ma non tutto il male viene per nuocere. Ci conforta il fatto che anche altri abbiano abbandonato la barca, coloro che non hanno mai perso occasione per remare contro.
La maggioranza di Governo sarà meno larga, ma più chiara, più solida e certamente più efficace. Porteremo, come Nuovo Centrodestra, i nostri valori e i nostri principi. Lavoreremo perché in ogni provvedimento si tenga conto dei nostri punti di riferimento: la competenza, il merito, la concorrenza, il mercato, il profitto, il rigore nella spesa, la gestione dei beni pubblici con la diligenza del buon padre di famiglia, la tutela del risparmio, la difesa della proprietà e del patrimonio, l'equità fiscale, il rispetto del signor cittadino, degli uomini che non siano numeri, la famiglia, le privatizzazioni, lo sfoltimento del numero di leggi e di norme che generano burocrazia e soffocano l'impresa, l'unità nazionale, la Patria.
Il centrodestra che abbiamo in mente è molto patriottico, nel senso che ha a cuore il Paese e la sua credibilità. Il centrodestra che abbiamo in mente rispetta le istituzioni e, in particolare, il Presidente della Repubblica e rispetta il Parlamento, che è legittimo e legittimato ad agire. Il centrodestra che abbiamo in mente si contrappone al centrosinistra in un'ottica bipolare, ma con l'avversario costruisce le regole del gioco. Siamo pronti a confrontarci per costruire insieme un'impalcatura di riforme che portino le nostre istituzioni ad essere funzionali, governabili e molto meno costose.
Chi ha imboccato la strada in discesa del facile populismo, con un ribaltamento di posizioni davvero contorsionista, si illude degli effetti speciali di qualche sondaggio di opinione. A costoro, oggi all'opposizione, vorrei lanciare un appello a lavorare insieme. Non si pensi di lucrare elettoralmente sulla crisi a spese degli italiani.
Noi, che insieme ad Angelino Alfano abbiamo imboccato la salita della responsabilità di Governo, saremo appagati quando, alla fine del 2014, potremo guardare indietro e osservare un anno puntellato di atti concreti, a partire dallo stop a due Camere, che vengono pagate il doppio per fare lo stesso lavoro, dall'approvazione di una legge elettorale sul sindaco d'Italia che consenta ai cittadini di scegliere i parlamentari e il Capo del Governo, passando per il taglio della spesa pubblica improduttiva e per la contestuale diminuzione delle tasse per imprese e lavoratori, avviando anche una lotta senza quartiere alla burocrazia che soffoca le imprese.
Su questi ed altri obiettivi saremo determinatissimi, perché ce lo chiede il Paese, ce lo chiedono gli italiani, ce lo chiede la nostra coerenza (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra). NAZZARENO PILOZZI. Signor Presidente, Presidente Letta – sono qui, Presidente, ai banchi di SEL – membri del Governo, colleghi, questo nuovo passaggio alle Camere del Governo per chiedere la fiducia dimostra inesorabilmente il fallimento dell'esperimento politico delle larghe intese.
Un fallimento che passa sicuramente attraverso l'indecorosa vicenda della decadenza del senatore Berlusconi, che, insieme al suo Governo, signor Presidente, ha messo alla berlina le più alte istituzioni democratiche del Paese. Un fallimento non solo politico, ma cosa d'altro ci si poteva aspettare da una maggioranza in cui la golden share era detenuta da Berlusconi, con pitonesse e falchi al seguito ?
Dicevo che è stato un fallimento non solo politico, ma di programma e di contenuti, un fallimento certificato sul piano dei diritti civili: la timidezza con cui si è affrontato il tema dell'omofobia o del femminicidio resterà scolpita a simbolo di accomodamento di interesse della larghe intese all'italiana, per non parlare del fatto che, ad oggi, ancora non si riesce ad istruire una legge sulla cittadinanza e sul diritto d'asilo degna dell'Europa civile. Un Governo, signor Presidente, nato – e giova ricordarlo – sull'unica volontà condivisa di stravolgere la Costituzione repubblicana, arrivando a proporre un procedimento di revisione costituzionale teso a comprimere il ruolo e le funzioni delle Camere a tutto vantaggio del Governo.
Inascoltato, il nostro gruppo ha svolto un puntuale lavoro di opposizione, proponendo emendamenti propositivi e migliorativi della legge istitutiva del Comitato dei quarantadue, ma nulla: la maggioranza da lei rappresentata, signor Presidente, ha deciso di andare avanti blindando il testo anche nelle sue parti più critiche, arrivando a mettere una sorta di «fiducia fantasma» sulla modifica dell'articolo 138.
Ora, sinceramente, ci auguriamo che un tema così delicato esca dal cono d'ombra della contrapposizione maggioranza-opposizione in cui lo avete relegato e torni, con buona pace del Ministro Quagliariello, ad essere il protagonista di una feconda e approfondita discussione di tutto il Parlamento.
Se così sarà, noi non ci tireremo indietro. Fuori dalle larghe intese, sia in Parlamento che nel Paese, è sentita l'esigenza di una modifica della Costituzione, ma di una modifica puntuale, circostanziata e assolutamente incline a rafforzare le ragioni fondamentali dell'ordinamento repubblicano e parlamentare della nostra Repubblica e questo, purtroppo, nel suo intervento non si è letto pienamente.
Vorrei ricordare rapidamente, caro Presidente, quanto noi ci siamo battuti affinché ci fossero singoli progetti di legge, relativi alla revisione del bicameralismo, in particolare alla formulazione di un Senato delle autonomie, alla riduzione del numero dei parlamentari e alla riforma del Titolo V. I nostri punti sono tre, non quattro, Presidente, perché la governance locale e le province fanno parte del Titolo V, quindi potrebbero anche i suoi essere tre.
Se non foste stati tanto sordi o tanto interessati a nascondere le deficienze del Governo dietro la foglia di fico delle riforme costituzionali epocali, oggi saremmo sicuramente molto più avanti sulla strada delle riforme e avreste evitato un'ulteriore pessima figura al Parlamento.
Ma su questo tema non possiamo tacere quanto avvenuto in questi mesi per il progetto di riforma della legge elettorale. Abbiamo, da subito e in tutte le sedi, denunciato la volontà dilatoria che si nascondeva nel voler inserire il capitolo della legge elettorale nel Comitato dei quarantadue.
Non è opera del fato, signor Presidente, come lei ha tentato di farci intendere, se si è tenuto in piedi il porcellum sino alla sentenza di incostituzionalità della Corte, ma vi è stata una precisa volontà politica. Onestamente, non voglio tornare sulla polemica fatta sul perché si è voluto incardinare il progetto di legge al Senato e non alla Camera, dopo che SEL, sin dall'inizio dell'estate, aveva chiesto e ottenuto l'urgenza della discussione in questo ramo del Parlamento.
Ci auguriamo che, almeno su questo, dopo la decisione della Consulta, vi sia da parte di tutti la consapevolezza che bisogna fare in fretta. Ci auguriamo che ora nessuno si nasconda dietro cavilli regolamentari e che la necessaria decisione di spostare alla Camera la discussione sulla legge elettorale venga al più presto sancita da una forte determinazione politica e che non si lasci la decisione al solo confronto dei Presidenti delle due Camere.
Riacquisire l'autorevolezza da parte della politica oggi passa in primis dalla capacità di sapere varare una buona e ampiamente condivisa legge elettorale. Superare le storture che l'incostituzionalità del «porcellum» ha inserito nella vita politica italiana, agevolando il consolidarsi di atteggiamenti autoreferenziali, da un lato, e di populismi, dall'altro, è sempre stata una battaglia fondamentale per SEL, una battaglia che oggi per noi assume toni ultimativi.
Ma, c’è un altro tema che mi preme sollevare oggi, signor Presidente, un tema molto caro al centrosinistra, che è stato al centro della campagna elettorale «Italia bene comune», la mia campagna elettorale, ma anche la sua campagna elettorale e quindi, signor Presidente, quella che è stata la nostra campagna elettorale. Mi riferisco al tema cruciale dell'energia, che anche lei ha sollevato oggi, e dei conflitti di interesse che in questo settore ci sono, perché in Italia parlare oggi di conflitto di interesse non è più parlare esclusivamente di Silvio Berlusconi.
Negli ultimi due anni i Governi hanno speso gran parte del loro tempo su questo tema, a studiare e ad approvare provvedimenti aventi l'obiettivo manifesto di fermare la rivoluzione in corso, che vede le energie rinnovabili protagoniste di un cambiamento epocale. Anche in questi mesi, mi sia consentito, Presidente Letta, i segnali concreti provenienti dal suo Governo hanno confermato questa ostilità, fino ad inserire il capacity payment nella legge di stabilità. Ma noi chiediamo di più e l'abbiamo fatto anche con un ordine del giorno di SEL approvato dalla Camera.
Chiediamo che venga cambiata la regola sullo scambio del... RENATO BALDUZZI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, ho sette minuti, Presidente Letta, e vorrei dedicarli a sette parole, una al minuto, tra quelle che lei ha usato.
La prima è «lavoro». Non è solo – sarebbe già molto – il fondamento della Repubblica, ma è l'emergenza di ogni giorno, l'emergenza di ogni famiglia italiana. La linea politico-culturale di questo Governo e del precedente è quella di puntare su politiche attive. Le politiche passive sono necessarie, ma sono per loro natura deboli. Quali sono queste politiche attive ? Di formazione, di incentivi, di ricollocazione. Sono queste che vanno promosse e su questo la linea intrapresa, Presidente, è buona, va perseguita con determinazione e vanno coinvolti i territori e l'associazionismo. Vada avanti su questa linea, Presidente, e i risultati arriveranno.
La seconda parola è «Europa». C’è bisogno di più buona Europa in Italia, ma c’è anche bisogno di più Italia in Europa. Stiamo cominciando a prendere sul serio la fase ascendente di formazione delle politiche europee e proprio in questo ramo del Parlamento abbiamo avuto un esempio di questo a proposito dell'Agenzia Frontex, controllo dell'immigrazione alle frontiere, ma non basta. È certo molto importante il suo ruolo, Presidente, sui tavoli europei, il suo ruolo autorevole, ma lo è altrettanto la capacità del Parlamento di dimostrare ai cittadini che l'Unione europea non è una torre d'avorio di una tecnocrazia algida e distante, ma è il sogno di una generazione, di una generazione tra le più importanti della storia italiana ed europea. Presidente Letta, noi vogliamo portare avanti questo sogno, è ancora il nostro sogno.
La terza parola è «riforme». Non abbia esitazioni. Un perimetro più contenuto della maggioranza, nella misura in cui riduce i poteri di veto e la – diciamo così – circonferenza delle larghe intese, può essere la premessa per una maggiore incisività. Scelta Civica le ha consegnato, negli scorsi giorni, proposte articolate di quello che per molti mesi Mario Monti ha invocato come contratto di coalizione e che oggi anche altri, a cominciare dal nuovo segretario del Partito Democratico, prendono sul serio. Noi non possiamo che essere contenti di questo.
Si parla spesso e non sempre a proposito di Germania.
Ma che cos'altro ha fatto Frau Merkel, se non definire con fatica e tenacia un trattato di coalizione con la SPD ? E perché non dovremmo fare anche noi questa stessa «fatica» ? (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia).
La quarta parola è «governabilità». Lei si è opportunamente soffermato sulla legge elettorale. Il testo di risulta dopo la sentenza della Corte costituzionale non poteva presumibilmente incorporare l'esigenza della formazione di una forte e stabile maggioranza parlamentare, che il proporzionale puro in collegi grandi non può garantire. Ma anche l'esigenza di avvicinare i candidati agli elettori attraverso una preferenza è frustrata dalla dimensione dei collegi e delle circoscrizioni. Dobbiamo allora intervenire, intervenire in fretta, sapendo andare oltre le convenienze di gruppo e di parte. Scelta Civica ha presentato una proposta che coniuga rappresentanza e governabilità, che non fotografa l'esistente: può essere una delle basi sulle quali ripartire. Anche su questo, noi ci siamo, Presidente Letta, e ci siamo in questa Camera.
La quinta parola è «autonomia». Assai opportunamente lei ha inserito tra i quattro oggetti del ritrovato – aggiungo io, e benvenuto – percorso dell'articolo 138 della Costituzione per rivedere la Costituzione la modifica del Titolo V sotto il segno di un autonomismo responsabile. Dobbiamo chiedere alle autonomie locali e territoriali questa capacità di serietà e di responsabilità, ma saremo credibili, Presidente, se faremo questo dando attuazione a una norma costituzionale che abbiamo per troppo tempo lasciata negletta: l'ultimo periodo dell'articolo 5, quello per cui la Repubblica adegua i principi e i metodi – i principi e i metodi ! – della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. Non solo dell'autonomia locale, dell'autonomia tout court ! Ebbene, noi questo faremo ricordando che nell'articolo 5 il limite è l'unità e l'indivisibilità, ma il principio è l'autonomia. Possiamo chiedere sacrifici ai territori, se riusciamo noi per primi ad attuare la Costituzione.
La sesta parola è «politica», quella buona politica che i cittadini nella loro collera talvolta invocano, e non sempre riuscendo peraltro a distinguere tra chi la buona politica la fa e la vive, la serve, e chi se ne serve. A tutti i cittadini è chiesta fedeltà alla Repubblica e hanno tutti il dovere di osservare la Costituzione e le leggi, ma ai cittadini che hanno funzioni pubbliche, ad essi, è chiesto qualcosa di più: è chiesto di adempierle con disciplina e onore, così dice la Costituzione.
Ebbene, tra Paese legale e Paese reale, tra Paese delle istituzioni e Paese reale, in democrazia c’è sempre una necessaria consonanza, ma al Paese della politica è chiesto qualcosa di più: la capacità di guardare negli occhi qualunque cittadino che protesta e di dirgli: «Puoi avere fiducia perché sono onorevole, cioè adempio il mio dovere con disciplina e onore». Questo è chiesto, Presidente, a tutti noi, e questo dobbiamo avere il coraggio di ribadire, e lo abbiamo fatto anche poco fa, in quest'Aula, rispetto a posizioni inaccettabili.
L'ultima parola è proprio «fiducia», Presidente. La diffidenza è una delle cifre della contemporaneità; ci affoga tutti nella nostra quotidianità. L'antidoto a quella diffidenza che impedisce una vera coesione sociale è proprio la fiducia, non al buio, non come atteggiamento naïf, ma basata sulle cose fatte e non soltanto promesse, e sulle cose ragionevoli proposte dopo un ragionevole dialogo.
Di quale fiducia parliamo ? Quella del Parlamento, certo, oggi, ma attraverso il Parlamento quella dei cittadini, quei cittadini che riconoscono a lei e al suo Governo, Presidente, serietà e autorevolezza. Il suo discorso è stato un discorso onesto e leale. Agli onesti e ai leali la fiducia si dà, si deve dare, Presidente. Faremo in modo, tutti insieme e senza sconti, che tale fiducia sia meritata (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia). NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, Presidente Letta, il 29 aprile con il voto di fiducia al suo Governo si apriva, o almeno nelle intenzioni si doveva aprire, una nuova stagione politica, una stagione definita di pacificazione, la stagione delle larghe intese che dovevano portare il Paese fuori dalla crisi e dalla recessione; si doveva creare sviluppo, crescita e rilancio dell'economia. E per evocare questa nuova eccezionale stagione politica lei utilizzò una evocazione biblica: quella di Davide contro Golia, nella valle di Elah. L'intelligenza di Davide contro la brutalità di Golia, dove per affrontare questa grande sfida e nuova sfida delle larghe intese bisognava raccogliere – come lei ci ricordava – cinque ciottoli nel torrente, metterli nella bisaccia, spogliarsi della spada e dell'armatura, e bisognava avere coraggio e fiducia, e con una fionda si sarebbe sconfitto Golia.
Ebbene, in questi otto mesi, non avete dimostrato di avere coraggio. Avete incassato – sì – le fiducie dal Parlamento e magari la incasserete anche oggi, ma non avete mai avuto la fiducia del Paese e dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Questa sfida, quella delle larghe intese, l'avete persa, l'ha persa, Presidente Letta: le larghe intese sono saltate, sono fallite e soprattutto non hanno migliorato il Paese.
Dopo solo otto mesi, siete di nuovo chiamati a fare il tagliando al Governo, a chiedere l'ennesima fiducia ad un Governo debole, debolissimo, tenuto assieme solo dall'ostinazione del Capo dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), più debole nei numeri, nonostante i quattro senatori a vita nominati per fare da «stampella» al suo Governo, più debole nell'opinione pubblica, più debole e sempre più debole per le spinte e per gli strattoni che il segretario, il neosegretario del suo partito, le darà, a partire dalla riforma della legge elettorale.
E dopo otto mesi la domanda che dobbiamo porci, la domanda che lei, Presidente, si deve fare e che deve porre al Paese, è questa: che Paese abbiamo oggi noi ? Abbiamo un Paese migliore o peggiore di otto mesi fa ? Noi della Lega la risposta l'abbiamo e, guarda caso, la nostra risposta è esattamente la medesima risposta che possono dare oggi gli esodati, i cassintegrati, i pensionati, i disoccupati, i nostri imprenditori, i nostri artigiani, i nostri giovani, i sindaci, le amministrazioni locali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), ovvero oggi abbiamo un Paese che sta nettamente peggio di otto mesi fa: 250 mila esodati; 3 milioni di disoccupati; 5 milioni di cittadini che vivono sotto la soglia di povertà; 450 mila partite IVA che hanno chiuso negli ultimi cinque anni; il 41,2 per cento di disoccupazione giovanile e questo alla faccia del Ministro Giovannini, che proprio ieri dichiarava con toni entusiastici che stiamo uscendo dalla crisi, dichiarazioni assolutamente illusorie ed effimere; il 68,3 per cento di tassazione sull'impresa; il 12,5 di disoccupazione generale; 2 mila miliardi di euro di debito pubblico che continua costantemente ed incessantemente ad aumentare. E potrei continuare. Numeri drammatici, che voi non siete stati in grado di invertire, anzi avete nettamente peggiorato.
Crescita, Europa e riforme erano le tre parole magiche, i tre grandi impegni, che lei si era preso davanti al Parlamento con la fiducia il 29 aprile. La crescita non c’è, il lavoro non c’è, l'occupazione non c’è, non c’è rilancio dell'economia, non c’è la riduzione della pressione fiscale, non c’è competitività e non c’è rilancio della produttività, le aziende chiudono, se non chiudono falliscono, se non falliscono delocalizzano in Svizzera, in Carinzia, in Slovenia e, se proprio va male, i nostri imprenditori si tolgono la vita.
Qual è quel Paese al mondo, quel Paese normale che fa pagare alle sue aziende acconti Ires e Irap al 102,5 per cento ? Lo dice oggi il presidente di Confindustria Squinzi: le aziende non sono e non possono essere il Bancomat dello Stato. Non avete bloccato l'aumento dell'IVA e sull'IMU, sulla politica fiscale della casa abbiamo assistito ad una tragicommedia, ovviamente una tragicommedia per i cittadini e per le imprese, e oggi quasi cento comuni, quasi mille comuni, la faranno nuovamente pagare.
IMU, Trise, Tari, Tasi, Service tax, TUC, IUC: avete confuso gli italiani, ma probabilmente i primi ad essere confusi eravate proprio voi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). E intanto il federalismo fiscale è rimasto al palo e vi siete accorti, solo grazie ai tre governatori del nord della Lega, dei costi standard. Vi siete accorti, dopo otto mesi, che l'applicazione dei costi standard porta al taglio della spesa pubblica improduttiva ed al taglio degli sprechi.
Avete perso otto mesi, avete fatto perdere otto mesi al Paese.
E gli enti locali ? Li avete uccisi, avete tagliato i trasferimenti, non avete sbloccato il Patto di stabilità per gli enti locali virtuosi. E voglio ricordarle che, in regione Lombardia, abbiamo 1.500 comuni virtuosi che hanno in cassa quasi 6 miliardi di euro – soldi loro – che non possono spendere e Dio sa quanto sarebbe utile oggi per il rilancio dell'economia poter spendere questi soldi. Però, non avete perso l'abitudine, vergognosa e indecente, di ripianare i debiti di Roma Capitale, altri 600 milioni di euro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie); 99 milioni di euro per i lavori socialmente utili di Napoli e Palermo; 110 milioni di euro per i lavori socialmente utili della Calabria. Ma i 350 milioni di euro per i comuni virtuosi non ci sono e non li trovate.
Trovate 210 milioni di euro per l'emergenza Lampedusa, per le politiche di accoglienza per gli immigrati clandestini, per creare loro dei veri e propri canali umanitari di approdo sul nostro territorio. E le ricordo che, solo nel 2013, ci sono stati 42 mila sbarchi. Non avete fatto i respingimenti, non avete fatto gli accordi per i pattugliamenti congiunti. Continuiamo ad essere trattati, anche su questo tema, dall'Europa come uno zerbino. Avete azzerato il Fondo per le espulsioni e i rimpatri (meno 90 milioni di euro); avete tolto 50 milioni di euro dal Fondo di rotazione per le vittime della mafia.
E, intanto, i reati aumentano, soprattutto i reati predatori, quelli più gravi: furti, furti nelle abitazioni. E continuate a tagliare le risorse alle Forze dell'ordine. Il Capo della polizia Pansa, esattamente una settimana fa, aveva dichiarato che, nel 2014, avremo 15 mila poliziotti in meno sulle nostre strade e quei pochi che abbiamo li avete mandati sulle navi della Marina a fare i camerieri agli immigrati.
Avete chiuso 6 CIE su 12; avete tentato di togliere il reato di immigrazione clandestina; considerate lo ius soli una priorità; volete smantellare la legge Bossi-Fini; avete consentito agli stranieri di poter accedere ai concorsi pubblici, gli avete riconosciuto la social card e gli avete riconosciuto l'accesso agli assegni sociali nei comuni. Vi ricordo – e soprattutto lo ricordo al Ministro Kyenge – che, fino a prova contraria, voi siete il Governo degli italiani e non degli stranieri (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Stranieri – e ce lo ha ricordato ieri l'Eurostat – che non sono neppure una ricchezza e una risorsa per il nostro Paese, se è vero come è vero che circa 6,8 miliardi di euro prodotti dagli stranieri vengono poi trasferiti nei loro Paesi di origine e non vengono mantenuti sul nostro territorio per incrementare i consumi.
Aumenta l'insicurezza, i cittadini hanno paura di vivere nelle proprie abitazioni e la risposta del Governo qual è stata ? È stato l'indulto mascherato. Abbiamo approvato, avete approvato – perché la Lega ovviamente ha fatto una battaglia contro – in otto mesi ben quattro «svuota carceri»: più di 15 mila detenuti sono stati messi fuori dalle carceri. Continuate – lo ha citato anche oggi il tema delle carceri, Presidente Letta – a occuparvi e a preoccuparvi dei detenuti, che, per l'amor di Dio, meritano, sono dei cittadini, quindi hanno la propria dignità, però non avete mai speso, non ha mai speso, Presidente Letta, e nemmeno il Ministro Cancellieri, una sola parola per le vittime dei reati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Proponete di costruire le palestre nelle carceri, ma le palestre servono nelle nostre scuole per i nostri ragazzi e per i nostri giovani (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Sull'Europa, il nostro Paese continua ad essere il cameriere e il maggiordomo di Bruxelles: Bruxelles ordina, l'Italia esegue. Presidente Letta, doveva andare in Europa a battere i pugni sul tavolo per cambiare i vincoli europei che stanno uccidendo il nostro Paese, il nostro lavoro, le nostre imprese, la nostra economia e, invece, quei pugni li abbiamo presi in faccia ancora noi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Questa Europa non ci piace e abbiamo il sacrosanto diritto di poterlo dire. Non ci piace questa Europa delle banche, non ci piace questa Europa dei tecnocrati – termine che anche lei ha utilizzato –, l'Europa della burocrazia. Questa Europa ha portato solo recessione, disoccupazione e miseria. Va cambiata: serve un'Europa più federalista e più democratica, serve l'Europa delle patrie e non delle nazioni fallite.
Presidente – concludo –, una cosa, però, gliela voglio riconoscere e, anzi, la ringrazio.
E gliela riconosco non come politico, non come parlamentare della Lega, ma gliela riconosco da cittadino canturino, da tifoso del basket, da tifoso della pallacanestro Cantù: ha contribuito – e gliene do atto – all'azionariato popolare per la pallacanestro Cantù. I canturini le sono sicuramente grati, le sono sicuramente riconoscenti e, anche grazie al suo aiuto e al suo contributo, probabilmente la squadra di basket si salverà. Però non potremo dire la stessa cosa per il nostro Paese e per il nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Congratulazioni). FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Sì, lo pronuncia bene.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo... MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, mi rivolgo direttamente a lei perché quello che stiamo celebrando oggi è una primizia assoluta, cioè siamo convocati per fare un dibattito sulla fiducia a un Governo senza che sia presente il padrone, vero e certificato, del Governo che non può essere presente perché, non solo non è formalmente in carica, ma non è nemmeno parlamentare, non avendo avuto, come invece è accaduto ai suoi predecessori, il beneficio di essere stato appositamente nominato senatore a vita nelle giornate e nelle ore precedenti all'assunzione dell'incarico. Quello che ci è possibile, quindi, è solo di rivolgerci all’avatar del nuovo padrone della maggioranza... ANIELLO FORMISANO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, poniamo fine a una situazione anomala, che era quella che si era verificata ad ottobre, quando c'era una maggioranza numerica diversa e superiore a quella politica. Siamo adesso nel campo normale di una maggioranza politica corrispondente a quella numerica.
Nel suo incipit lei ha parlato di obiettivi realizzabili e tempi certi. Credo che questo sia quello che si addice ad un percorso serio che si voglia costruire.
Ha fatto riferimento ad un nuovo patto di Governo per il 2014 tra chi la fiducia stamattina la dà, con una storia tutta da scrivere rispetto a questo percorso. Non abbiamo timore, come Centro Democratico, a dirle che stamattina, oggi, daremo fiducia al suo Governo, perché ci convince l'impianto riformatore che, dal nostro punto di vista, è condivisibile. Ci convincono i quattro punti di riforme istituzionali a cui lei ha fatto riferimento lei: la riduzione dei parlamentari, l'abolizione delle province, la fine del bicameralismo perfetto e la riforma del Titolo V della Costituzione; ci convincono i cinque punti economici sui quali lei si è soffermato nella relazione che ha illustrato alla Camera oggi. Quindi, un impianto riformatore e un assetto riformatore condivisibile che ci portano a dare, con convinzione, sostegno.
Noi, però, interpretiamo fin da subito quella storia tutta da scrivere come facoltà di dare suggerimenti e di dare consigli. Poc'anzi era fianco a lei il Ministro Giovannini, non riesco ad interloquire con lui, si è allontanato, lo faccio tramite lei. Uno dei punti sui quali questo Governo dovrebbe ritornare – avendolo fatto all'inizio di questa vicenda – è quello della staffetta generazionale. Noi dobbiamo dare risposte concrete ai giovani, soprattutto, ai giovani del Mezzogiorno: il Ministro Giovannini ripetutamente vi si era soffermato, poi, improvvisamente è calato il sipario su questa istituzione. FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, io sono dispiaciuto, le mie parole sono avvolte in un velo di tristezza. Quando si battezza un fallimento non si può essere contenti, soprattutto, se fallisce un'esperienza politica alla quale avevamo fortemente creduto, se fallisce un'esperienza carica di aspettative e di buoni propositi, se fallisce un Governo verso il quale siamo stati critici, ma leali, se fallisce una compagine di Governo che annovera alcuni Ministri meritevoli della nostra stima oltre che della nostra amicizia.
Ma, caro Presidente del Consiglio, mi rivolgo a lei. Prima ancora di entrare nel merito delle questioni da lei poste con la richiesta di fiducia, devo osservare l'innovazione della prassi costituzionale della quale ella si è reso protagonista, con la complicità del Capo dello Stato. Non era mai avvenuto, nella storia della Repubblica, che un Governo ormai privo della maggioranza che lo ha originato non ne traesse le dovute conclusioni, rassegnando le dimissioni. C’è voluto il nostro richiamo per ottenere almeno l'odierno passaggio parlamentare.
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (Vedi RS)
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 11,28)
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Intervengono altresì nella discussione i deputati MARCO DI LELLO (Vedi RS) (Misto-PSI-PLI), GERO GRASSI (PD) (Vedi RS), MARISA NICCHI (SEL) (Vedi RS), MARIA ROSARIA CARFAGNA (Vedi RS) (FI-PdL) e ADRIANO ZACCAGNINI (Misto) (Vedi RS).
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MARCO DI LELLO. Signor Presidente, onorevole Presidente Letta, onorevoli colleghi, un nuovo inizio è quanto ci ha proposto oggi il Presidente del Consiglio. Un nuovo inizio è quanto occorre al Paese, ancor più in un momento come questo in cui c’è chi persegue la destabilizzazione delle istituzioni e sono in tanti a soffiare sul fuoco: il movimento dei forconi, il movimento della lingua biforcuta. Neo-movimentismo di chi cavalca la forca per paura della forca.
«Ammuina», avrebbe detto un comandante della marineria borbonica. «Facite ammuina», dev'essere l'ordine che, chissà in quale lingua e da chissà quale PC, è partito nelle scorse settimane.
Le istituzioni, tutte, Parlamento, Governo, magistratura, hanno il dovere di intervenire per difendere la democrazia. Anche per questo i Socialisti le riconfermeranno la fiducia, ma a patto, onorevole Presidente, che, come ci ha detto, ci sia un nuovo inizio.
Oggi non ci sono più alibi. Non ce ne sono più per avere finalmente un fisco più equo, una giustizia più giusta, una burocrazia meno oppressiva. Più tasse sul gioco d'azzardo, più investimenti sul sapere pubblico, più attenzione sul Mezzogiorno d'Italia dove la crisi morde, il PIL si è ridotto del doppio rispetto al nord del Paese, e dove le mafie trovano terreno ancora più fertile.
Il rischio di una nuova strategia delle bombe appare oggi più concreto. Noi dobbiamo rispondere con lo sviluppo, con nuova occupazione, ma anche, onorevole Presidente, dimostrando che lo Stato c’è e funziona.
Occorre, allora, intervenire subito perché gli 11 mila immobili e le quasi 2 mila imprese confiscate alla mafia, alla camorra, alla ’ndrangheta, producano ricchezza e non costi come avviene oggi.
Occorre evitare di sciogliere le amministrazioni comunali infiltrate e lasciare lì gli apparati burocratici. Occorre impedire che pronunce di incandidabilità arrivino dopo che un sindaco mafioso, ’ndranghetista o camorrista sia stato rieletto. Occorre tornare a dare la speranza lì e in tutto il Paese.
Anche per questo consideriamo sbagliate le parole del Ministro dell'economia: «Sarebbe ingiusto sperare», ha dichiarato ieri all'Ecofin. Il suo compito, onorevole Ministro, è invece proprio quello di dare all'Italia una speranza, non illusioni, non bugie, ma speranze; anzi, magari certezze.
Chiuderemo il 2013 dopo due anni di indicatori negativi sullo 0 a 0; dopo le sconfitte, arriva un pareggio: non ci basta, onorevole Presidente Letta. L'Italia vuole vincere, noi vogliamo vincere e vogliamo farlo insieme a lei. Occorrono, dunque, dei cambiamenti, valuti lei se nei giocatori o nel modulo tattico, ma basta catenaccio.
Cambiamo l'Italia, onorevole Presidente, con l'Italia più forte, forse, cambieremo anche l'Europa. Lei ha una grande responsabilità davanti, noi siamo pronti a fare la nostra parte. GERO GRASSI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Presidente del Consiglio, onorevoli ministri, credo sia corretto e giusto che il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Enrico Letta, abbia chiesto al Parlamento una nuova fiducia rispetto ad una composizione di Governo mutata nella partecipazione dei gruppi parlamentari.
Non è solo una questione di metodo quanto di merito perché il Governo ha numeri più ridotti di quello precedente, ma, sono certo, ha un maggiore collante, una maggiore compattezza, una maggiore volontà non di enunciare, ma di risolvere i problemi degli italiani con occhio e cuore rivolti soprattutto a quanti, in questa società, sono ai margini, non hanno voce per reclamare, soffrono condizioni economiche pesanti.
La maggiore compattezza dell'attuale maggioranza deriva da una considerazione analoga sugli interessi del Paese. Il Governo Letta dovrà prendere atto che Forza Italia, con il voto di oggi – ma, io aggiungo, non solo con il voto di oggi – si consegna al ruolo di forza demagogica e populista che, sulla base di una sentenza di un organo dello Stato, decide di ritirare la fiducia.
Evidentemente la precedente partecipazione al Governo non era finalizzata agli interessi generali, ma si basava sul presupposto sbagliato che stare al Governo può voler dire annullare sentenze della magistratura. Noi siamo per la giusta e largamente condivisa divisione della funzione legislativa, di quella esecutiva e di quella giudiziaria. Siamo gelosi della nostra funzione, ma rispettosi di quelle altrui.
Il Governo, che oggi avrà larga fiducia, ha obiettivi ambiziosi e condivisi: se qualcuno prima aveva il desiderio di salvare una persona, noi abbiamo oggi l'ambizione di salvare tutti i cittadini, lo Stato; per consegnare ai cittadini e al Paese una nazione cambiata anzitutto nei sentimenti, e poi nel modus operandi; infine, nel merito della soluzione dei grandi problemi che ci affliggono.
Dico queste cose, consapevole che il Governo nasce da una situazione eccezionale: nasce da una legge elettorale incapace di far scegliere ai cittadini i parlamentari; nasce dalla impossibilità di formare un Governo omogeneo; nasce su una crisi economica ed occupazionale che non ha precedenti.
Questo non è il nostro Governo: è anche il nostro Governo. Ma è il Governo al quale 293 parlamentari democratici, legittimati quanto quelli che fanno opposizione, offrono una fiducia ragionata e solida, consapevoli di farlo nell'interesse del Paese.
Certo, sarebbe stato bello ed anche facile evitare una coabitazione difficile, e ricorrere alle urne esaltando lo spirito di appartenenza e l'orgoglio dell'appartenenza; molto più difficile correre la dura sfida del confronto tra diversi, anteponendo però le ragioni del Paese.
Credo sarà altrettanto esaltante poter dire, e spero quanto prima: consegniamo il Paese, risollevato e avviato alla normalità, e da oggi torniamo alla nostra democratica alternatività.
A quanti reclamano ogni giorno le elezioni, vogliamo ricordare che queste sono la esaltazione della libertà, della democrazia, del diritto di scelta del cittadino; ma non possono essere la soluzione rispetto alla logica del non decidere, del non scegliere o dell'immobilismo. Le elezioni si svolgono per dare risposte al Paese, non per creare altri problemi. Il senso di questo Governo è dare risposte in un passaggio delicatissimo e difficile della storia d'Italia; ma è un grande senso, perché tiene al centro l'interesse generale del Paese.
E allora, signor Presidente del Consiglio, noi del Partito Democratico, il suo partito, ieri come oggi, sosterremo il Governo con lealtà, serietà, cuore e passione: non senza spirito critico, non con atteggiamento subordinato, non con l'obiettivo di far durare il Governo per una questione di tempo, ma per risolvere subito i problemi che il Governo e il Parlamento hanno indicato. La vita del Governo è direttamente collegata alla soluzione dei problemi.
Vogliamo ricordarne alcuni in maniera sintetica. Pensiamo alle riforme istituzionali, che vanno dalla eliminazione del bicameralismo perfetto, con trasformazione del Senato in Camera delle autonomie, alla riduzione dei parlamentari, alla riforma, io direi obbligatoria, moralmente e giuridicamente, della legge elettorale, dando la possibilità al cittadino di scegliere, ma dando al Paese la certezza di un vincitore e di una maggioranza solida in grado di governare, a conferma di un bipolarismo migliorabile, ma che tenga assieme una visione comune del Paese.
Dobbiamo fare le riforme per rimodernare e velocizzare il Paese; dobbiamo farle per ridurre la spesa pubblica; dobbiamo farle per avviare la ripresa economica; dobbiamo farle per spiegare all'Europa che non tutto può essere regolato solo in base ad aridi criteri economici.
Dobbiamo ricordare a tutti che l'Europa nacque non per allargare le differenze, né per esaltare alcuni e mortificare altri: l'Europa per noi democratici è inclusione, solidarietà; l'Europa è pace, ma non può essere guerra economica.
Noi vogliamo l'Europa dei popoli democratici, non quella delle banche o della moneta. Signor Presidente del Consiglio, si avvicina il Semestre europeo a guida italiana. Lei, in un precedente intervento in quest'Aula, ha giustamente ricordato e rivendicato con orgoglio i precedenti storici dei Semestri a guida italiana.
In questa occasione la sua Presidenza, la Presidenza dell'Italia, lasci un segno al processo di unificazione e integrazione europea, immaginando e realizzando un sistema di recupero delle marginalità sociali attraverso il reimpiego di una parte di quella grande somma che proviene alle banche dai prestiti nazionali e internazionali.
Dobbiamo fare le riforme per tenere al centro della politica la persona e il cittadino, dobbiamo fare le riforme perché questo è il compito che oggi ci chiede l'intero popolo italiano e perché tutti comprendano che il Governo di un Paese non può essere destruens, ma deve necessariamente essere construens. Dobbiamo fare le riforme, ma nello stesso tempo governare l'Italia, per ridurre – io direi abolire – le ingiustizia e le disuguaglianze, per accorciare le distanze tra quanti continuano ad avere troppo e quanti purtroppo hanno pochissimo.
Non intendo elencare i diversi problemi che l'Italia vive. Un accenno alla funzione insostituibile della scuola, che deve essere agenzia formativa ed educativa, ma deve essere accessibile economicamente a quelli che meritano, non solo a quelli che economicamente sono in grado di pagare.
Un riferimento al Mezzogiorno, spesso considerato distinto e distante, quasi fosse un problema; invece è una grande risorsa, una risorsa che va ravvicinata anche fisicamente al resto dell'Italia.
Ultimo riferimento alla grande risorsa della nostra nazione, le piccole e medie imprese, che vanno liberate, caro Presidente Letta, subito, subito, subito da pastoie burocratiche e regimi fiscali onnivori, perché sprigionino il meglio della creatività e inventiva italiana e riprendano ad essere il tessuto vitale di un'economia che si basa su di loro.
Dobbiamo fare tutte queste cose per ridare speranza, ma anche per dare risposte serie a quanti credono che la violenza, gli insulti, le denigrazioni siano la soluzione del problema e delle difficoltà.
Il Partito Democratico, nella sua complessità, nella sua diversità e pluralità, ha dimostrato, anche in occasione dell'ultimo congresso, cui hanno partecipato oltre tre milioni di persone, che sa bene che non basta premere il tasto di un computer per cambiare l'Italia, ma bisogna metterci cuore e passione, qualche volta concordando, qualche altra discordando, ma sempre con la passione di un gruppo di 293 persone che ha l'ambizione di dare il proprio contributo al cambiamento dell'Italia.
Concludo dicendo al Paese della critica sterile, a quello degli insulti, a quello delle minacce di morte, a quello delle liste di proscrizione, a quello dei gossip, a quello dell'individualismo, a quello della divisione, a quello delle bugie, a quello delle accuse gratuite e pericolose all'amico e collega Davide Faraone e a quello dei privilegi, che noi del Partito Democratico anteponiamo il Paese dei cittadini responsabili, il Paese della solidarietà, il Paese della promozione di uomini e donne protagonisti dello Stato e del cambiamento positivo.
In quest'Aula Enrico Berlinguer ricordava: quando si chiedono sacrifici alla gente, ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. E Aldo Moro ricordava: questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera se non sorgerà un nuovo senso del dovere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). MARISA NICCHI. Signor Presidente, colleghi e colleghe, Presidente Letta, nella sua relazione impegnativa è mancata una parola: disuguaglianza. Una parola che questa opposizione ama molto, è importante. Questa opposizione, che è ben avvertita delle insidie del populismo, ma non per questo lascia la piazza e si ritrae da una mobilitazione democratica e non violenta per costruire una nuova alternativa.
Allora, che il nostro Paese viva una condizione di impoverimento materiale e immateriale inaccettabile glielo voglio ricordare con gli occhi dei bambini e delle bambine italiane. È un punto di vista insolito, che mostra bene, però, l'ipoteca plumbea che pesa sul nostro futuro.
Io vi propongo di leggere il dossier – lo avrà fatto sicuramente – di Save the Children, che è stato reso noto proprio ieri, in queste ore, dove si denuncia «la tenaglia della povertà, che stringe tanti minori, segnandoli in modo indelebile». Allora, tra gli indicatori con il più, che lei ci ha proposto, aggiunga questo: più povertà assoluta per i bambini, il 30 per cento. Sono – e risparmio altri dati e altri indici, ma rimando alla lettura – i figli di genitori disoccupati, precari, di famiglia monoreddito, senza reddito, sono nipoti di esodati.
La povertà economica alimenta, in un circolo perverso, anche la povertà educativa: molte meno opportunità di riscatto e perfino molta meno speranza di vita e di salute. L’«ascensore sociale» della scuola si è rotto, il numero dei disoccupati ha raggiunto cifre record e, nel frattempo, la fuga degli italiani all'estero non conosce soste. Nell'ultimo decennio è raddoppiata e più della metà ha meno di 35 anni. Sono dati allarmanti, ma li ho scelti appositamente, tra i tanti che si potevano scegliere, perché ci dicono del futuro del nostro Paese.
Vede, Presidente, mentre lei chiede al Parlamento la fiducia su titoli, su rimandi, su promesse, su accomodamenti, nel futuro del nostro Paese si stanno scolpendo le più profonde ingiustizie e le più profonde disuguaglianze, disuguaglianze che producono sconforto continuato – sono le parole del Censis – che tolgono respiro ai giovani e alle giovani. La responsabilità di questa rovina sociale non è – come si vuole far credere – della generazione precedente tout court, ma delle politiche liberiste, di austerity, che hanno portato il nostro Paese e tanta Europa in un tunnel nero e il prima e il dopo del suo Governo, che qui lei ha voluto tracciare, noi lo valuteremo sulla capacità di affrancarsi dalle politiche di austerity e di imboccare un'altra strada e, in questa strada, al primo posto, ci deve essere la lotta alla disuguaglianza.
La crisi per tutti è una condanna, ma non per tutti, perché oggi emerge, anche dalle mobilitazioni che avvengono e stanno contagiando il Paese, in tutta la sua crudezza, il tema dei temi: la redistribuzione di ricchezza, lavoro, reddito, sapere, benessere e potere. Ma è proprio questo tema che continua a non essere affrontato dalle cose che lei ha detto e, soprattutto, da ciò che fa questo Governo. Non c’è traccia di politiche che puntino a stringere la forbice tra lavoro e rendita, tra produzione e finanza, tra ricchi e poveri, tra garanzie e privilegi. Non c’è traccia di una volontà politica che voglia prendere i soldi dove i soldi ci sono: grandi patrimoni, ricchezze, una lotta vera all'evasione fiscale, contro la rendita finanziaria, una politica che tolga ricchezze dove fanno danni, dove non servono, come abbiamo dimostrato facendo una lotta contro le spese militari.
È palpabile, invece – Presidente, mi ascolti –, quella che è stata definita dal Censis la coazione alla stabilità, identificata con la tenuta comunque di questa ristretta maggioranza – sto per concludere –, una tenuta a prescindere, di cui abbiamo poi sentito anche un corollario, nella sua presentazione, secondo cui chi non le dà la fiducia è populista.
Ecco, mentre lei disegna false e irrispettose contrapposizioni, noi le ricordiamo che manca lavoro, che si spalmano irrisori benefici con il cuneo fiscale, che gli stipendi pubblici e privati sono bloccati, che si è fatto un gran parlare propagandistico degli scongiurati tagli al sistema sanitario pubblico, eppure manca 1 miliardo e 150 milioni. MARIA ROSARIA CARFAGNA. Signor Presidente, colleghi, ministri, signor Presidente del Consiglio, le dico molto onestamente che, sette mesi fa, quando votammo la fiducia al suo Governo, non avrei mai immaginato di dover fare un discorso come quello che sto per pronunciare adesso. Non l'avrei mai immaginato perché allora era forte la convinzione che il suo Esecutivo, grazie ad una straordinaria maggioranza su cui potere contare, frutto di una comune volontà di dovere fronteggiare le emergenze del Paese e grazie anche ad una condivisione di obiettivi strategici, sarebbe stato in grado di restituire speranza e fiducia al Paese e, soprattutto, di creare quelle condizioni necessarie per far uscire l'Italia da una recessione che ha affamato famiglie, cittadini e imprese come mai era successo negli ultimi anni.
Ebbene, Presidente, con grande amarezza oggi sono qui a dirle – e mi costa molto, perché sono stata tra quelli che, con sincera convinzione, hanno sostenuto la necessità che il suo Governo nascesse e proseguisse con determinazione e serenità la sua azione – che lei ha fallito. E badi bene, non si tratta del mio personale e modesto parere, ma del parere dei tanti cittadini, che, probabilmente, meno stupidi di quanto voi stessi immaginiate, ogni giorno ci chiedono a chi giova mantenere in vita un Governo che non risolve i loro problemi, che non affronta le emergenze del Paese, che non riforma le istituzioni, che non modernizza il Paese, insomma, un Governo che non governa. A chi giova ? Cui prodest ? È la domanda che ormai viene formulata non soltanto dagli appassionati di dietrologia o di complotti, ma anche da tutti quelli – e sono tanti, Presidente – che non capiscono perché continuare a sostenere un Governo che ha fallito gli obiettivi per i quali era nato e che non ha più la maggioranza politica e numerica grazie alla quale è nato.
Lei anche oggi ha voluto utilizzare un artificio retorico e ha distinto tra maggioranza politica e maggioranza numerica. Ebbene, queste raffinatezze da «piccolo chimico» della politica, Presidente, le lasciamo a lei e, soprattutto, le lasciamo a chi, in maniera anche un po’ patetica, è costretto a giustificare la sua permanenza al Governo a scapito di chi questo Governo ha contribuito a farlo nascere.
E, allora, se gli strumenti più efficaci per misurare le ambizioni di un Governo sono i provvedimenti che emana, non si può non riconoscere che quelli da voi prodotti sono stati in larghissima parte timidi, minimalisti, privi di spinta propulsiva in termini di sviluppo e di crescita, insomma, l'esatto contrario di ciò che questo Parlamento aveva chiesto a questo Esecutivo accordandogli la fiducia: interventi coraggiosi e straordinari, a fronte di una situazione emergenziale straordinaria.
Da un Esecutivo nato forte ci si aspettavano misure altrettanto forti, incisive, decisive. Invece, ci troviamo di fronte ad una sequenza infinita di decisioni rinviate e posticipate. Un Governo del «vorrei ma non posso, perché non sono in grado di fare» o, meglio, «perché ho paura di fare altrimenti perdo la poltrona».
Purtroppo, è questa la storia del Governo Letta. È questo l'amaro caso del fu Esecutivo delle larghe intese. È questo il copione che hanno recitato tutti gli attori della commedia che ormai da sette mesi va in scena a Palazzo Chigi, e non soltanto a Palazzo Chigi.
Eppure, ciò per cui ci siamo battuti, Presidente, era altro. Le premesse erano altre, le legittime aspettative erano diverse, perché questo Esecutivo è nato soprattutto grazie alla nostra volontà, grazie alla volontà del centrodestra e del presidente Berlusconi, affinché imprimesse veramente una scelta coraggiosa e ambiziosa al nostro Paese. Le larghe intese per noi significavano grandi aspettative e provvedimenti strutturali e coraggiosi.
Il discorso che lei ha pronunciato il giorno della sua prima fiducia in quest'Aula – lo ricordo bene – era la quintessenza del riformismo: parole sagge, lungimiranti e condivisibili. Abbiamo creduto a quelle parole, abbiamo voluto sostenerle, ma ci avete illuso e con noi avete illuso gli italiani.
La pacificazione nazionale è fallita, le grandi riforme istituzionali sono impantanate nelle sabbie mobili di un «indecisionismo» che riguarda soprattutto il Governo. La ripresa economica non si «aggancia», Presidente, non perché, come lei ha voluto dire oggi nel suo discorso, vi è stata una costante minaccia di instabilità, ma perché la politica economica di questo Governo, la politica del «tassa e spendi», è sbagliata, non è la medicina giusta per curare i mali dell'Italia.
Il discorso che lei ha fatto oggi, invece, conferma che questo non è più il nostro Governo. Non è il Governo delle grandi ambizioni, non è il Governo delle forti speranze, non è il Governo delle larghe intese. È diventato il Governo delle poco nobili pretese: la conservazione del potere dei pochi a danno dei molti. Lo abbiamo capito noi, lo hanno capito gli italiani e, al di là dei convenevoli di turno, lo ha capito anche Matteo Renzi, a cui diciamo che, se è veramente in sintonia con il Paese, se il suo desiderio di cambiamento è reale, se le sue intenzioni non sono soltanto quelle di «asfaltare» il Paese, ma anche di costruire, faccia l'unica cosa che serve per uscire da questo tunnel: riforma della legge elettorale e voto. Noi siamo pronti e abbiamo le idee chiare perché, Presidente, peggio di nuove elezioni c’è solo un Governo inutile, un Governo che – per utilizzare le parole che lei ingenerosamente ha riferito al ventennio appena trascorso – è un Governo delle occasioni sprecate.
Questo è il motivo per cui non vogliamo votare la fiducia e non voteremo la fiducia al suo Governo. E mi perdoni, Presidente: ha ragione quando dice che oggi si traccerà una linea di demarcazione netta, ma non tra chi ama l'Europa e tra chi è populista, demagogo e vuole isolare l'Italia. Lei non ha il diritto di dare patenti di europeismo o di populismo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) ! Caro Presidente del Consiglio, oggi la linea di demarcazione netta sarà tracciata tra chi vuole governare a tutti i costi, come voi, e tra chi, come noi, invece, non vuole partecipare ai vostri giochetti di palazzo o forse farei meglio a dire, Presidente, ai vostri giochetti di palazzi.
Caro Presidente – e concludo –, noi crediamo nell'Europa, noi crediamo nel mantenimento dell'euro, noi crediamo nel rafforzamento della costruzione europea. Ma ci perdoni tanto, Presidente: noi continuiamo a credere nell'Italia, ad amare l'Italia e vogliamo e intendiamo rispondere soltanto all'Italia e agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente). ADRIANO ZACCAGNINI. Signor Presidente, la protesta sociale e il degrado socio-culturale storicamente avanzano quando c’è una crisi economica e conseguente crisi dei diritti e sfruttamento dei lavoratori. Le richieste di queste proteste sono da approcciare con un atteggiamento di ascolto attivo, ben riconoscendo le loro contraddizioni interne e ambiguità, e distinguendole da chi le cavalca. Questo ascolto è necessario per capire veramente quali sono le proposte e le richieste che genuinamente possono trasformare lo stato di cose dal basso.
Noi componenti di GAP, gruppi di azione e partecipazione popolare, crediamo che in questa necessaria fase politica costituente, che si apre con la decisione della Consulta, sia assolutamente prioritario prevedere l'introduzione di nuove forme di democrazia partecipativa, con istituti di democrazia diretta e partecipativa, quali in primis i referendum propositivi e la discussione obbligatoria per il Parlamento delle leggi di iniziativa popolare. I cittadini non possono essere considerati solo come massa elettorale; devono avere più voce, nella nuova legge elettorale e in Europa soprattutto.
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PRESIDENTE (Vedi RS). Dichiara chiusa la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
Avverte altresì che è stata presentata la risoluzione Speranza ed altri n. 6-00041 (Vedi All. A).
Interviene in replica il Presidente del Consiglio dei ministri ENRICO LETTA (Vedi RS).
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PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri. ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, molti degli interventi – cito i colleghi Corsaro, il collega Francesco Saverio Romano, il collega Nuti, il collega Molteni e, da ultimo, la collega Carfagna – si sono soffermati su un tema: la situazione è peggiorata, da quando c’è questo Governo le cose vanno peggio.
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (Vedi RS)
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 12,05)
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ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri (Vedi RS). Pone la questione di fiducia sull'approvazione della risoluzione Speranza ed altri n. 6-00041 (Vedi All. A).
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ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Io voglio partire proprio da quello che ha detto l'onorevole Carfagna poco fa, quando ha detto quali erano gli obiettivi per cui il Governo è nato ad aprile, perché ho l'impressione che almeno su questo ci sia un punto sul quale c’è stato probabilmente un equivoco, perché nel mio discorso di aprile era chiarissimo – invito ad andare a rileggere quel discorso – che la separazione tra le vicende giudiziarie e le vicende politiche era un punto che io non avrei mai oltrepassato (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico. Scelta Civica per l'Italia, Nuovo Centrodestra, Per L'Italia e di deputati del gruppo Misto).
Venire, quindi, oggi a dire che tutto è saltato perché non c’è stata una pacificazione, che doveva essere riconnessa a quei passaggi, è un modo a mio avviso sbagliato di impostare una vicenda, rispetto alla quale – ripeto ai colleghi che hanno espresso prima quei concetti negativi rispetto alla situazione – io invece voglio dire con grande franchezza – e l'ho detto nel discorso, ma lo voglio ribadire adesso in modo molto più semplice – che noi abbiamo cominciato a lavorare a fine aprile nella situazione che tutti conoscevamo: è inutile che io la racconti, perché ce la ricordiamo benissimo, sia la situazione politico-istituzionale sia la situazione economica.
Sulla situazione economica avevamo immediatamente tre obiettivi e tre inversioni di tendenza, che erano necessarie. Le voglio citare, perché su alcune di queste si sono raggiunti i risultati, su altre devono essere ancora raggiunti i risultati e, quindi, io non sono contento di come sono andate le cose su queste altre.
Noi avevamo bisogno innanzitutto di arrestare la caduta del nostro Paese dal punto di vista della crescita. Avevamo bisogno di far scendere a un livello più fisiologico possibile i tassi di interesse, quindi lo spread, e avevamo bisogno di fermare la crescita della disoccupazione. Queste erano le tre immediate e sono le tre immediate esigenze, sulle quali con urgenza e senso di emergenza dobbiamo e dovevamo lavorare.
Io voglio dire che in sette mesi, non soltanto oggi, proprio oggi, tocchiamo il livello minimo dello spread da due anni e mezzo a questa parte, cioè dal 7 luglio del 2011, quando iniziò, sotto il Governo Berlusconi, quell'avvitamento che ha portato il nostro Paese alla situazione che conosciamo nell'autunno successivo.
Oggi possiamo dire che un percorso che è stato fatto in questi due anni e mezzo ci riporta in una condizione in cui siamo arrivati al 4 per cento sui tassi di interesse a dieci anni. Questo rappresenta – lo so benissimo – non il massimo risultato, né un toccasana, ma state tranquilli che quando le imprese devono andare a chiedere dei mutui, quando le famiglie devono chiedere dei mutui, quando noi dobbiamo fare una legge di stabilità in cui mettiamo gli interessi che paghiamo sul nostro debito, la differenza tra avere interessi al 7 per cento, come erano in quel periodo dell'autunno del 2011, e averli al 4 per cento vuol dire la differenza fra la vita o la morte, per le imprese, per il bilancio pubblico, per le famiglie (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico. Scelta Civica per l'Italia, Nuovo Centrodestra e Per L'Italia e di deputati del gruppo Misto).
Oggi questo è il primo risultato importante che noi consegniamo: avere riportato al 4 per cento i tassi di interesse – ancora non al 4 per cento, ma al 4,0... – è il primo risultato importante, fondamentale.
Il secondo risultato importante e fondamentale lo abbiamo letto sui giornali di oggi, devo dire la verità, seminascosto, come spesso capita quando ci sono delle buone notizie da dare. Ma è successo che il nostro Paese ha arrestato la caduta in modo anche ufficiale, non soltanto dal punto di vista delle previsioni. Nel senso che il terzo trimestre di quest'anno – quindi il trimestre da luglio a settembre – è un trimestre che ha consentito al nostro Paese di terminare due anni di decrescita ininterrotta, due anni di calo ininterrotto del PIL. Siamo arrivati nel trimestre scorso ad interrompere tutto questo.
Ieri sera a Time Square, a New York, tra le notizie che giravano sui grattacieli di New York, c'era la notizia: «L'Italia ufficialmente fuori dalla recessione», con quel dato del trimestre ultimo. Oggi ci troviamo in una condizione...
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(Dichiarazioni di voto) (Vedi RS)
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(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia)
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MARCO DI LELLO (Vedi RS) (Misto-PSI-PLI). Dichiara che la sua componente politica confermerà la fiducia al Governo.
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MARCO DI LELLO. Signora Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, abbiamo ascoltato ed apprezzato la sua relazione e le sue parole di replica. I deputati e le deputate socialisti le rinnoveranno la fiducia.
Oggi si rende manifesto quello che noi già il 2 ottobre sottolineammo: una nuova e diversa maggioranza sostiene il suo Governo. Non ci sono più alibi, le dicemmo allora; non ci sono più alibi, le confermiamo oggi. Non ci sono più alibi per cambiare l'Italia, per creare sviluppo e agganciare la ripresa, ma non ci saranno sviluppo e ripresa, non nutriremo le ambizioni dei giovani e delle donne di un futuro migliore se continueremo ad imbrigliare le imprese di lacci e lacciuoli della nostra insopportabile burocrazia. Non ci saranno sviluppo e ripresa se non aumenteremo gli investimenti sul sapere pubblico. Non ci saranno sviluppo e ripresa se non riformuleremo il nostro fisco in maniera più equa e più umana. Esentare dall'IMU gli immobili di pregio è stato un errore da non ripetere, consentire che dai giochi d'azzardo ci sia un prelievo inferiore al 10 per cento del gettito è sbagliato due volte, visti anche i costi sociali e sanitari per le ludopatie. Non ci saranno sviluppo e ripresa finché la disoccupazione femminile sfiorerà il 50 per cento e il divario tra il nord e il sud dell'Italia continuerà ad aumentare. Non ci sarà sviluppo stabile se non inizieremo a fare prevenzione dai rischi naturali: sismico, vulcanico, idrogeologico.
Al populismo di forconi biforcuti e forcaioli si reagisce con i fatti, con le risposte che il Paese attende, con nuova occupazione. Ora è il momento dell'assunzione delle responsabilità, ma basta giocare in difesa. Dopo due anni di recessione e di sconfitte, il 2013 si chiuderà sullo zero a zero. Bene, ma non basta. Ora occorre vincere e il motivo per cui noi Socialisti siamo qui è il motivo per cui voteremo la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano).
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BRUNO TABACCI (Vedi RS) (Misto-CD). Espresso apprezzamento per le considerazioni del Presidente del Consiglio, dichiara che la sua componente politica voterà la fiducia al Governo.
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BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, mi pare di poter dire che lei ha interpretato bene, con il suo discorso concreto e onesto, la fragilità del nostro Paese, indebolito dalla durezza della crisi e pur tuttavia attraversato da una crescente voglia di riscatto. E ancor più lo ha fatto con la sua replica. Presidente, sulla violenza delle parole di questi giorni, che anche qui sono risuonate; non resta che la censura delle coscienze per bene. L'arma retorica dell'onestà proclamata si ritorcerà contro chi la utilizza, ma è dannoso per tutti rispondere alle provocazioni: si accorgeranno tutti che c’è più forza nella testimonianza composta che nella reazione inconsulta.
Mi è piaciuto il suo discorso e anche il senso di questo passaggio parlamentare, che era peraltro già chiaro il 2 ottobre. Lavoriamo all’«Impegno per l'Italia 2014»: il Centro Democratico vi parteciperà con la consueta linearità.
La nuova maggioranza parlamentare con l'innesto di nuove leadership, come quella di Matteo Renzi, può essere politicamente più forte e viene rafforzata dalla convergenza strumentale e furbesca tra Grillo e Berlusconi. Conveniamo sul percorso delle riforme istituzionali, così come delineato da lei, nei quattro punti, con l'utilizzo pieno dell'articolo 138. Ma sulla legge elettorale non facciamo pasticci: si può anche uscire definitivamente dal sistema parlamentare, ma va fatto con trasparenza e con coerenza istituzionale, altro che sindaco d'Italia ! Diversamente, questa Seconda Repubblica, così tragica, continuerà i suoi effetti nefasti. E stiamo attenti alla retorica del giovanilismo: mettiamo, invece, con fiducia nelle mani degli elettori la scelta dei propri rappresentanti.
In economia più coraggio per far scendere debito, deficit, spesa di parte corrente, pressione fiscale: solo così ci saranno le condizioni per incrociare la ripresa e dare fiato all'occupazione. Sul piano strutturale dobbiamo sradicare la scandalosa evasione fiscale e intaccare la rendita burocratica che vive sulla complicazione. Ben venga il «contatore delle semplificazioni» di cui lei ha parlato. Mi è piaciuta l'esaltazione delle grandi potenzialità dell'Italia: il capitale umano, le risorse naturali, la bellezza e la cultura, il sistema delle imprese. Anche per perseguire lo sviluppo di queste opportunità non possiamo né chiuderci né isolarci.
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DANIEL ALFREIDER (Vedi RS) (Misto-Min.Ling.). Nel manifestare piena condivisione per le considerazioni svolte dal Presidente del Consiglio, dichiara che la sua componente politica voterà la fiducia al Governo.
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DANIEL ALFREIDER. Signor Presidente, il voto di fiducia che lei, Presidente del Consiglio, oggi chiede al Parlamento deve costituire un impegno decisivo affinché la legislatura possa continuare un reale percorso riformatore e di rilancio, ma, soprattutto, riportare continuità, stabilità e fiducia nel nostro Paese. Il Südtiroler Volkspartei e il Partito autonomista trentino tirolese (PATT) condividono pienamente le sue dichiarazioni programmatiche che ha presentato questa mattina, in primo luogo, l'impegno del Governo per le riforme costituzionali, il superamento del bicameralismo perfetto, con una rinnovata centralità del Parlamento, una revisione della forma di Stato e, soprattutto, l'impegno per il rafforzamento dell'economia reale: sono gli obiettivi che, come Autonomie, condividiamo.
Riteniamo irresponsabili le posizioni antisistema e che vorrebbero dichiarare oggi illegittimo il Parlamento e che, in questa logica, hanno attaccato il ruolo e le prerogative del Capo dello Stato. Il Presidente della Repubblica è il punto di riferimento essenziale, e da parte della SVP è piena la condivisione dei suoi richiami alla responsabilità del Parlamento e della politica a dover agire dinanzi alla situazione della crisi e della sfiducia nel Paese.
Con il suo Governo, Presidente, come Autonomie speciali, abbiamo stabilito un rapporto leale e di costruttiva collaborazione. È stato intrapreso, anche per il ruolo che ha avuto il Ministro Delrio, un percorso concreto verso ulteriori sviluppi dell'autogoverno; sono state definite nuove competenze, coerenti soprattutto con l'impegno, reciprocamente assunto, di ridurre il contenzioso oggi aperto davanti alla Corte costituzionale. La nostra visione del Paese coincide con la prospettiva europea che lei, Presidente, sui temi della crescita e della stabilità ha indicato come irrinunciabile.
Condividiamo pertanto il suo appello: occorre più Europa. Il mondo cambia senza aspettare, ha detto. Ha affermato che occorre giocare in attacco, sia in Italia che in Europa; solo uniti possiamo gestire le sfide ed avere un ruolo di guida nel corso del semestre europeo, al fine di uno sviluppo sociale e di una reale ripresa economica. Per queste ragioni, i deputati del SVP e delle minoranze linguistiche voteranno la fiducia al Governo. Buon lavoro, Presidente.
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GIORGIA MELONI (FdI) (Vedi RS). Dichiara che il suo gruppo non accorderà la fiducia al Governo.
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GIORGIA MELONI. Signor Presidente, colleghi, io penso che il dibattito di questa mattina abbia qualcosa di surreale, del quale ciascuno di noi si rende conto. Personalmente, voglio dire che nella mia, non lunghissima, storia parlamentare raramente mi è capitato di percepire una distanza così siderale tra la politica istituzionale e la realtà della gente che ciascuno di noi ha la presunzione di rappresentare. Certo, non possiamo non dirci che questo è il frutto anche della legge elettorale con la quale siamo stati votati. A differenza di alcuni colleghi, io non penso che ad essere abusivi siano solamente i 140 deputati eletti con il premio di maggioranza; io penso che ogni singolo parlamentare sia entrato clandestinamente nell'Aula della Camera e del Senato, nascosto all'interno di liste bloccate compilate da un manipolo di persone che si sono arrogate un diritto che non avevano, e che ragionevolmente molti qui sono rappresentativi soprattutto della loro fedeltà a questo e a quel «capobastone». Questa è una responsabilità storica che hanno le forze politiche che avevano la possibilità in questi ultimi due anni di cambiare la legge elettorale e non l'hanno voluta cambiare.
Tuttavia, non è la cosa più surreale alla quale assistiamo; anche questo dibattito sulla fiducia, diciamocelo. Noi abbiamo una tradizione per cui la fiducia serve e servirebbe a chiarirsi un po’ le idee, a indicare le priorità. Da noi, Presidente Letta, la fiducia in questi ultimi mesi è diventata un'implicita ammissione di sconfitta. Siccome, cioè, non si vuole ammettere il fallimento dei Governi delle larghe intese e dei Governi tecnici, si sceglie di perseverare nell'errore continuando a proporre come soluzione ai mali della nazione un Governo che non viene scelto di fatto da nessuno e che è legato mani e piedi a quegli stessi interessi economici e corporativi che sono la ragione delle nostre emergenze nazionali. Ce lo dobbiamo dire, perché le cose stanno così. Sono i fatti che mettono a nudo questo grande imbroglio, perché da quando l'Italia è governata da questi Governi – dal Governo Monti, dal Governo Letta –, al di là degli auspici per il nuovo anno, noi dobbiamo dirci che abbiamo assistito a un fallimento dopo l'altro. Non c’è un solo indicatore economico che sia migliorato. Io leggo i dati. Insomma, sono una persona semplice; mi accorgo che quando è arrivato Monti il debito pubblico era al 120 per cento e oggi è al 133 per cento, che continuiamo a battere ogni record sulla disoccupazione, particolarmente su quella giovanile, e che il nostro andamento produttivo è il peggiore d'Europa. Leggo i dati ! Che cos'altro serve a certificare un fallimento ?
Guardi, Presidente Letta, lo dico con simpatia: non si faccia turlupinare dai suoi colleghi Capi di Stato europei, che la spronano ad andare avanti su questa strada e che si comportano un po’ come se si stessero prendendo gioco di lei, un po’ come si fa con il «pollo» di turno messo al tavolo del poker dai giocatori esperti e che continuano a fargli i complimenti, per poterlo depredare meglio. Sono miliardi e miliardi di euro quelli che ci hanno tolto, facendoci accettare delle condizioni delle quali ridono ancora ! Perché noi anche questo dobbiamo sopportare: prima avevamo un Presidente del Consiglio che si vantava del fatto che gli avevano detto che sarebbe stato il genero perfetto per una suocera tedesca, adesso abbiamo lei che si vanta perché i suoi colleghi dicono che ha tirato fuori contro il suo popolo le balls of steel, gli attributi di acciaio. E io me li vedo – e mi dispiace – ridere a Parigi e a Berlino, mentre gli unici che non ridono sono gli italiani, che giustamente stanno in piazza con i forconi. Questa è la realtà con la quale noi facciamo i conti. È certo che la situazione drammatica nella quale si trova l'Italia è frutto di una storia lunga, di tante mancanze dei Governi precedenti; abbiamo tutti la nostra parte di responsabilità. Il punto è che proprio perché le risposte che servono devono essere coraggiose, strutturali, profonde, non si può pensare che a trovarle possa essere un Governo che alla sua base non ha e non può avere una visione strategica. Questo è il punto.
Questo è il punto, la paura che abbiamo, Presidente Letta, più realisticamente direi la consapevolezza perché io ho sentito i suoi auspici per il 2014 ma, insomma, per oggi leggo i dati e devo anche dire che finora drammaticamente non abbiamo sbagliato una previsione, la nostra paura è che noi, nei prossimi mesi continueremo semplicemente a perdere tempo mentre l'Italia va in fiamme. Guardate, voglio dirlo questo ai deputati del Nuovo Centrodestra, in fiamme oggi c’è soprattutto quella parte d'Italia che si riconosce e che si è sempre riconosciuta nei valori conservatori, liberali, nazionali. In piazza oggi ci sono produttori, commercianti, piccole e medie imprese manifatturiere, ci sono gli agricoltori, ci sono i giovani precari, ci sono tutti quelli sulle cui spalle la sinistra italiana, con le sue banche, con i suoi sindacati, ha caricato tutto il peso di privilegi ingiusti e tutti i retaggi di una ideologia che formalmente è stata sconfitta dalla storia e dalla democrazia, ma nei fatti è ancora fortemente ramificata nel sistema nazionale ad ogni livello, fino alla sommità, del nostro sistema politico e giuridico.
Si è caricata la schiena del ceto produttivo con tasse e burocrazia e anche le scelte che si continuano a fare – che continuate a fare voi anche con la legge di stabilità –, questo continuo utilizzo, per esempio, delle accise sulla benzina come fosse una specie di bancomat da utilizzare per coprire la nostra mostruosa spesa pubblica: su chi pensate che gravi ? Pensate davvero che si vada a ripercuotere, che so, sulle gite fuori porta dell'Italia ricca nel fine settimana ? Andatelo a chiedere ai pescatori, agli agricoltori, ai commercianti che devono trasportare i loro prodotti in giro per l'Europa quale è il vero risultato che si ha ogni volta che aumenta il costo del carburante. Il tema è questo e non venite a dirci, Presidente Letta, che la coperta è corta, non fino a quando non avrete il coraggio di andare a prendere i soldi dove stanno: nell'evasione fiscale delle banche o delle società dello slot machine, che avete vergognosamente condonato, nei miliardi che se ne vanno in pensioni d'oro ogni anno e che non avete il coraggio di revocare, mentre bloccate le indicizzazioni delle pensioni della povera gente, nei 5 mila organismi partecipati solo dagli enti locali che vanno in perdita ogni anno, negli 830 miliardi di spesa pubblica nei quali ci sarà qualche spreco ? O nei soldi che ogni anno regaliamo all'Unione europea, Presidente Letta, per farci chiamare PIGS, maiali, noi che siamo i principali contributori di Europa in rapporto al nostro prodotto interno lordo, ci chiamano maiali.
E allora vede, io penso che sia normale che ci siano altre priorità per la sinistra italiana, io lo capisco, quello che non capisco come faccia chi si dichiara di centrodestra a fiancheggiare proposte di questo tipo. Io penso che puoi definirti di centrodestra, ma non lo sei se voti provvedimenti che di fatto continuano ad aumentare le tasse, che rimettono la tassa sulla prima casa praticamente tal quale, dopo aver fatto una campagna elettorale contro l'IMU sulla prima casa; quando si votano provvedimenti come quello vergognoso che ha trovato i soldi per l'accoglienza agli immigrati, azzerando il fondo per il rimpatrio dei clandestini e azzerando il fondo per le vittime della mafia del racket e dell'usura; quando si fa parte di un Governo che in qualche maniera consente la continua umiliazione dell'Italia a livello internazionale, che sia l'India dei due marò o che siano le retate preventive dei cittadini italiani, come è accaduto in Polonia qualche giorno fa.
Penso che – e lo voglio dire al ministro Alfano, con tutto il rispetto e l'amicizia di cui sono capace – che partecipare a questo Governo non è un messaggio di speranza, è un retaggio del peggiore passato. Io non penso che abbia bisogno di questo l'Italia per risollevarsi, penso piuttosto che occorra fare tutto quello che il centrodestra prometteva che avrebbe fatto vent'anni fa e che è riuscito a fare solo in parte. Su questo ha ragione il collega Corsaro quando chiede autocritica. Penso che oggi l'Italia abbia bisogno di una rivoluzione del merito, di liberare i cittadini e le imprese dal giogo della burocrazia, delle tasse, dai condizionamenti dei sindacati e dei poteri più o meno occulti, da un'antica e odiosa visione secondo la quale il cittadino suddito deve sempre chiedere e attendere il permesso da uno Stato, oltretutto ingiusto e incapace.
Penso che la sfida sia libertà di crescere e intraprendere, perché di questa cura abbiamo bisogno; e se questo significa doverci scontrare con un assetto europeo asservito solamente agli interessi di una nazione, quando non a specifici interessi finanziari, burocratici e di consorteria, beh, lo faremo !
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GIANCARLO GIORGETTI (LNA) (Vedi RS). Giudica non condivisibili le scelte politiche compiute dal Governo.
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GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, Presidente Letta, è difficile trovare parole e argomenti per descrivere l'attuale situazione politica; a cominciare da questo ennesimo dibattito sulla fiducia, che effettivamente segna una discontinuità: finisce l'epoca dei diktat di Berlusconi e comincia l'epoca dei diktat di Renzi.
Le larghe intese all'italiana hanno prodotto miseri risultati: la stabilità del suo Governo ha raggiunto effettivamente (ieri ce l'hanno confermato altri dati) la stabilità della recessione, ha stabilizzato la recessione; perché, se dobbiamo andare a vedere i dati, gli ultimi indicatori del PIL in positivo risalgono al così tanto vituperato Governo Berlusconi, terzo trimestre dell'anno 2011: dopo di allora soltanto PIL negativo o in picchiata.
Ma lasciamo perdere il PIL, e lasciamo perdere anche quello che dicono i giornalisti a New York: la realtà di questo Paese è che i disoccupati aumentano, i cassintegrati aumentano, i poveri aumentano, gli immigrati clandestini aumentano, gli emigranti italiani aumentano. La verità è che la protesta sociale, che in questi giorni vediamo in televisione, forse è un miracolo che si sia limitata a queste piccole e isolate vampate.
L'Italia è un Paese che invecchia ed è sfiduciato, e chi ha ancora qualcosa da giocarsi emigra, che siano imprese o giovani che hanno voglia di fare. Purtroppo, è arrivata adesso al dunque quella che è la micidiale convergenza degli effetti, tanto decantati nel ventennio in quest'Aula, della globalizzazione e dell'ingresso dell'euro, che impone grandi sfide e grandi problemi, e che richiede una classe politica all'altezza per affrontarli e risolverli: cosa che evidentemente l'Italia non ha, non ha avuto in questi anni.
Oggi lei viene a proporci la sua medicina. Ovviamente lei ha detto che in quest'Aula non c’è nessuno che ha bacchetta magica. Certo, confermo: in quest'Aula nessuno ha la bacchetta magica; magari fuori da quest'Aula qualcuno la bacchetta magica l'avrà, vedremo magari nel prossimo futuro.
La medicina che lei ci propone: riforme e politiche sociali, Europa e riforme costituzionali. Non mi soffermo sulle riforme economiche e sociali, perché ha fatto una lista della spesa talmente lunga da risultare assolutamente poco credibile; però, sull'Europa e sulle riforme costituzionali qualcosa devo dire, perché noi rifiutiamo l'etichetta di populisti.
Noi non siamo populisti che oggi; in base agli effetti che vediamo e constatiamo nelle famiglie italiane, siamo contro questa Europa e questa euro; noi come Lega da soli, da vent'anni, abbiamo denunciato quello che sarebbe stato l'euro in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) e chi ha sottoscritto dei patti di stabilità e convergenza, peraltro neanche passando per il voto del Parlamento, in cui si impegnava l'Italia a fare l'avanzo primario del 5 per cento per vent'anni, una ricetta che avrebbe distrutto qualsiasi economia, figuriamoci quella italiana, in qualche modo oggi dovrebbe chiedere scusa.
Per quanto riguarda le riforme – dimezzamento del numero dei parlamentari, riforma del bicameralismo perfetto – ma insomma, dove sono quelli che hanno fatto campagna contro la devoluzione, che queste cose già le prevedeva sette anni fa ? Non avremmo perso sette anni inutilmente.
Oggi siamo qui e il suo Governo è qui a chiedere una fiducia, come se non fosse successo niente sotto due fronti: i terremoti che hanno travagliato tutti i partiti che le avevano dato la fiducia qualche mese fa, dal PdL, al PD, a Scelta Civica, e una sentenza della Corte costituzionale – sulla quale lei si è soffermato un po’ poco – che, secondo me, una qualche rilevanza ce l'ha. Perché lei viene a chiedere un voto di fiducia non legittimato dal popolo e legittimato da forze politiche presenti in Parlamento, ma in un Parlamento che la Corte costituzionale ha detto sia stato eletto in un modo incostituzionale.
Quindi, noi siamo incostituzionali, ma legittimi. D'accordo, legittimi, legittimati a fare cosa, posto che siamo stati eletti incostituzionalmente ? A fare una nuova legge elettorale ? Sicuramente. È doveroso. A gestire l'economia e l'ordinaria amministrazione per evitare che ci siano danni maggiori ? Questo ha un senso. Per approvare un'amnistia o un indulto nel mese di maggio ? Questo sarebbe vergognoso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Per riscrivere la Costituzione ? Qui ho qualche dubbio. Noi della Lega saremmo d'accordo, ma un Parlamento così legittimato o delegittimato ha in cuor suo, nella sua ragion d'essere, anche la possibilità di riscrivere la Costituzione ? Io questo francamente non lo so ed è un elemento di riflessione che qualcuno dovrebbe porre, posto che lei in qualche modo ci ha sollecitato su questo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Allora, io non la voglio fare lunga perché le cose da dire sono chiare e credo di averle dette. Noi della Lega ci siamo dall'inizio messi in un atteggiamento di sfiducia nel merito, ma di fiducia per quanto riguarda il percorso delle riforme, che abbiamo appreso oggi riparte totalmente da zero, perché il Comitato viene abbandonato a sé stesso; quindi, ripartiamo con i diciotto mesi.
Lei ha parlato ancora di diciotto mesi, mi ricordo che ne aveva parlato anche sette mesi fa: ripartiamo da lì, va bene, ma io mi metto nei suoi panni. Posto il fallimento delle larghe intese alla tedesca, oggi qualcuno le sussurra anche di adottare l'opzione inglese – io la chiamo così – lasciando il passo ai nuovi Tony Blair che si vedono all'orizzonte. Diciamo così, qui noi una qualche forma di perplessità l'abbiamo, soprattutto perché manca un presupposto fondamentale affinché il nuovo Tony Blair possa usare la sua bacchetta magica, perché non abbiamo visto al momento nessuna Margaret Thatcher che abbia arato il terreno per fare qualche riforma di quel tipo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Detto questo, forse quello che oggi lei ha detto, quello che i giornali hanno chiamato «un patto alla tedesca» e che lei oggi ha rinominato «impegno 2014» è un qualcosa che è suggestivo, e devo dire che più volte noi l'abbiamo invitata a volare alto. Oggi ha volato altissimo, perché si è proposto di riformare la Costituzione in modo significativo, peraltro tutti argomenti esattamente... sì, la contraerea notoriamente arriva fino a un certo livello, ma se si vola talmente alto non si tira giù l'aereo che vola alto.
A proposito di riformare radicalmente la Costituzione, siamo assolutamente d'accordo, eravamo talmente d'accordo che faceva esattamente parte della riforma della devoluzione su cui lei è andato al referendum – sicuramente lei e tutti i membri del Partito Democratico – a votare contro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), ricordo.
Ha proposto e si propone, nel Semestre europeo di Presidenza italiana, di fare cambiare rotta a tutta Europa: non solo all'Italia, a tutta Europa.
Anche su questo, devo dire che la nostra battaglia ventennale da euroscettici, populisti – chiamateci come cavolo volete – ma assolutamente coerenti, la vediamo con favore.
Auspichiamo che qualcuno sia in grado di cambiare rotta; non so se sarà consentito a qualche italiano – vediamo già all'opera la Banca centrale europea – di potere, in qualche modo, incidere anche a questo proposito.
Però, le devo dire che queste grandi riforme, che mi auguro davvero si possano fare, anche se un Parlamento messo così e delegittimato in questo modo non vedo come sia legittimato a farle, forse nascondono – e questo è il timore e lo dico molto chiaramente perché l'ho sentito echeggiare troppe volte e, quindi, mi tocca buttarglielo fuori – in realtà, dietro a questo patto alla tedesca, un accordo alla romana, un accordo alla romana di questo tipo, che preluda ad una sua promozione a commissario europeo e a una nuova legge elettorale che, in qualche modo, agevoli e spiani la strada al futuro candidato Premier.
Guardi, Presidente, se così fosse, se fosse vero, sarebbe pace nel Partito Democratico, ma requiem per questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
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LORENZO DELLAI (PI) (Vedi RS). Dichiara che il suo gruppo accorderà la fiducia al Governo.
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LORENZO DELLAI. Signori Presidenti della Camera e del Consiglio, colleghe e colleghi, bastano pochi minuti e pochi punti, a noi popolari del gruppo Per l'Italia, per motivare il nostro voto di fiducia senza riserve e per indicare le priorità, le nostre priorità, affinché questa fiducia si conservi a lungo, senza qualsiasi sudditanza.
Quattro motivi politici per la fiducia: in primo luogo, le ragioni del 29 aprile sono ancora tutte valide. Non erano solo questioni legate ai numeri dentro le Camere, ma erano legate al passaggio stretto della nostra storia nazionale, in un momento di grande incertezza politica e di crescente allarme sociale.
In secondo luogo, il suo Governo, Presidente, non è stato un inciucio – definirlo così è sbagliato e irresponsabile – e non è stato neppure un male minore: è stato un grande atto di coraggio, un forte e rischioso atto d'amore e di servizio ad un Paese frastornato e alla deriva.
In terzo luogo, esercitare questa azione di Governo richiede tenuta psicologica e politica, generosità, visione non a breve termine. Molti, nella maggioranza del 29 aprile hanno dimostrato di possedere queste doti, altri no e hanno abbandonato.
La nuova maggioranza, che il voto di oggi consacrerà, è, per questa ragione, ancora di più, un atto di servizio al Paese, il segno forte di una responsabilità che prosegue in un momento ancora grave e noi dobbiamo sapere che, da questo, dipende una parte importante del futuro dell'Italia.
Vorrei aggiungere che il nuovo, la nuova speranza, la nuova frontiera non sono cose che verranno, ma sono già qui e crescono e cresceranno con il crescere di questo nostro comune e collettivo atto di responsabilità.
In quarto luogo, non è vero che non ci sono alternative e che, dunque, siamo tutti costretti a dare la fiducia al suo Governo. La storia insegna che c’è sempre un'alternativa e l'alternativa è fare esattamente il contrario di ciò che stiamo facendo e cioè scaricare sulle spalle della gente il peso della nostra mancanza di coraggio politico, o quello dei nostri cinici calcoli di bottega, bottega grande o piccola che sia.
È ciò che, per la verità, è già incominciato, è ciò che è già incominciato ad accadere di fronte – questo lo diciamo – alla triste ed inedita, ma non so quanto inedita coppia, Grillo-Berlusconi.
Signor Presidente del Consiglio, per queste ragioni politiche prima di tutto noi rinnoviamo la fiducia al suo Governo e aggiungiamo quattro condizioni per mantenerla a lungo questa nostra fiducia.
Sono condizioni e proposte sulle quali lavoreremo nell'ambito di quell'attività di stesura di un programma più dettagliato al quale lei ha fatto riferimento. A noi poco importa, e non siamo molto appassionati, se sarà un contratto alla tedesca con notaio e di quante pagine sarà. Per noi l'importante è che traduca, con chiarezza, gli obiettivi che sono stati contenuti nel suo discorso di oggi. E le quattro priorità fondamentali per noi sono: la prima, vogliamo un'Italia più europea ed un'Europa più amica. Noi, di matrice popolare, siamo europeisti convinti e tenaci e consideriamo pura follia agitare i fantasmi dell'uscita dall'euro e dall'Europa. Sarebbe come uscire da noi stessi ! Il programma del Semestre europeo che lei, Presidente Letta, guiderà a nome di tutto il nostro Paese, dovrà segnare – e ne siamo fiduciosi – il ritorno ad un'Europa amata e «spendibile», sia dentro i confini europei sia nei quadranti mondiali più critici, iniziando dal Mediterraneo e da quel Medio Oriente progressivamente orfano della leadership americana.
In secondo luogo, vogliamo una politica che aiuti chi cerca e chi produce lavoro. Ciò vuole dire difesa dell'impresa che c’è, anche in emergenza, ma anche, contemporaneamente, impulso all'innovazione, con una politica fiscale coerente, ma anche con riforme che creino un clima favorevole a chi produce valore.
In terzo luogo, vogliamo che torni ad avere un senso forte e compiuto la parola solidarietà, una parola che troppo spesso è lontana dai nostri recenti discorsi e vogliamo che questo accada perché altrimenti non solamente continueranno a crescere le disuguaglianze, ma crescerà anche l'individualismo e si comprometterà, via via, il grande valore della nostra democrazia comunitaria.
Per queste ragioni, noi insisteremo soprattutto su due messaggi: innanzitutto, la necessità di un grande patto con i territori, con il terzo settore, con il volontariato sociale, per una grande lotta nazionale contro la povertà e l'impoverimento e per un grande progetto di inclusione sociale (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia); in secondo luogo, insisteremo per un grande investimento sulla famiglia (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia). Abbiamo colto segnali in questo senso, ma sono ancora troppo deboli e sono anche talvolta contraddittori. Noi non siamo convinti da quanto previsto nel nuovo ISEE. Pensiamo che la famiglia non sia un tema ideologico, ma sia una condizione fondamentale per una società più giusta, che voglia accumulare futuro, e per una comunità competitiva – le rubo un'espressione, Presidente – e solidale.
In quarto luogo, infine, vogliamo riforme istituzionali non episodiche e non solamente proclamate. Magari le vogliamo meno roboanti, meno altisonanti, ma praticabili in tempi brevi e, soprattutto, praticate, praticate con consenso e con coerenza.
Condividiamo il suo riferimento all'utilizzo dell'attuale articolo 138 della Costituzione per iniziative legislative costituzionali che prevedano il superamento dell'attuale bicameralismo, l'attivazione di un Senato delle autonomie – eletto o non eletto se ne discuterà – e, in ogni caso, con la riduzione del numero dei parlamentari. Siamo d'accordo che è giunto il tempo di procedere alla revisione del Titolo V della Costituzione, nel senso di un riordino dei poteri locali, ma vogliamo che ciò avvenga con uno spirito di rifiuto del centralismo statalista e con il rilancio di una cultura e di una pratica di autonomia responsabile.
Concordiamo sul fatto che sia urgente una riforma elettorale e concordiamo sul fatto che la maggioranza, che oggi si formalizza, si prenda la responsabilità di trovare al proprio interno un punto ragionevole di equilibrio, per poi aprire una discussione aperta con tutte le forze politiche.
Condividiamo i principi che lei ha indicato nella sua relazione. Noi non vogliamo affatto tornare al sistema pre-anti-novanta. Ma non è vero che è tutto oro ciò che sembrava luccicare negli anni successivi e non è vero che ci sia un unico modello di sistema elettorale che garantisca quel valore importante e condiviso da noi che è il principio della democrazia dell'alternanza. Dunque, discutiamo senza pregiudiziali e senza tabù.
Signor Presidente, la nostra fiducia esce rafforzata dal suo discorso e, direi, ancor più dalla sua replica. Lei ha tracciato una rotta che è molto di più dei punti fondamentali per il lavoro dei prossimi dodici mesi.
Si dice che il buon cristiano deve vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo. Si può dire anche che il buon politico deve vivere ogni giorno come se fosse il primo di un lungo ciclo, perché è così che si serve il Paese e perché ciò che serve al Paese è una visione di lungo periodo (Applausi di deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia). E se è vero che la fiducia ottenuta dalle Camere si deve poi meritare ogni giorno, è anche vero – e oggi ancora di più – che a nessuno è dato di ipotecare una data di chiusura di questa sua e nostra esperienza nell'interesse del Paese. Buon lavoro (Applausi dei deputati dei gruppi Per l'Italia e Scelta Civica per l'Italia – Congratulazioni) !
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ANDREA ROMANO (SCpI) (Vedi RS). Dichiara che il suo gruppo confermerà la fiducia al Governo.
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ANDREA ROMANO. Signor Presidente, colleghi, signor Presidente del Consiglio, otto mesi fa Scelta Civica diede convintamente il proprio voto di fiducia al Governo che lei presiedeva, che era un Governo di larghe intese, più larghe di quelle con cui oggi lei si è presentato alle Camere, perché allora eravamo convinti che l'unica soluzione possibile dopo il voto di febbraio fosse un Governo sostenuto da chi si era battuto in campagna elettorale, ma che condivideva in quel momento un'agenda essenziale di cose da fare per evitare che l'Italia sprofondasse. Lo credevamo allora e lo crediamo ancora oggi, perché ancora oggi è fondamentale che le forze politiche che sono disposte ad impegnarsi per evitare che l'Italia sprofondi collaborino: collaborare non certo in nome di un sentimento vago, irenico, di pace o di responsabilità, che pure non ci manca, ma collaborare per fare quelle cose di cui il Paese ha urgentemente bisogno. E anche oggi Scelta Civica ribadisce la propria fiducia a questo Governo, perché prendiamo molto sul serio il suo impegno di oggi: un nuovo inizio per un nuovo Governo, che proceda più speditamente nella realizzazione di quelle riforme che l'Italia attende da troppo tempo.
La stabilità è certamente un valore, ma non può essere confusa con la stagnazione. Non possiamo permetterci di galleggiare. Gli Italiani non possono permettersi di galleggiare. Per questo, i confini più stretti della maggioranza possono essere un'occasione. Una maggioranza certamente più ristretta, ma altrettanto certamente più seria, e dunque più convinta della necessità di fare davvero le riforme e quindi di non abbandonarsi alla retorica degli slogan facili elettorali. Perché ancora una volta oggi, nel dibattito che abbiamo ascoltato, abbiamo tutti ascoltato slogan elettorali facili, che venivano anche da persone che siedono in questo Parlamento da più legislature, che hanno anche svolto importanti ruoli di Governo e che forse più di altri dovrebbero sentire su di sé la responsabilità delle condizioni nelle quali si trova il Paese.
Non possiamo galleggiare, dunque. Non possiamo farlo, quando c’è nel Paese – e nella politica italiana, aggiungo – la crescente tentazione del «tanto peggio, tanto meglio» e quindi la convinzione che buttando giù tutto si possa contribuire a migliorare le condizioni di vita degli italiani, quella tendenza a soffiare sul fuoco di fenomeni che non possono essere confusi con la legittima espressione di malcontento e disagio sociale. Perché in una grande democrazia come l'Italia non è accettabile che si costringano a chiudere i negozi con la minaccia e con l'intimidazione. In una grande democrazia, l'intimidazione resta intimidazione e le forze che blandiscono l'intimidazione e la violenza si assumono una responsabilità molto precisa di fronte agli italiani, anche quelle forze che magari hanno appena riscoperto il fascino travolgente dell'opposizione, la nuova giovinezza dello slogan incendiario e che si trovano, in questa loro condizione, come compagni di strada, magari, coloro con i quali avevano violentemente polemizzato fino a pochi giorni prima.
Per questo noi crediamo che sia indispensabile un nuovo inizio come quello che lei, oggi, Presidente, ha annunciato, anche in nome di quell'aggancio all'Europa che troppo spesso sottovalutiamo e che troppi si dicono pronti ad archiviare.
Le sue parole sull'Europa sono state particolarmente convincenti: fuori dall'Europa per l'Italia vi sarebbero solo il declino e la devastazione. Lo crediamo convintamente noi di Scelta Civica, che abbiamo fatto dei valori dell'Europa uno dei nostri focus centrali, e aggiungiamo che sarà indispensabile condurre una campagna politica trasparente in Italia, spiegando agli italiani i costi della non Europa, spiegando quanto costerebbe ad ogni italiano concretamente uscire dall'euro e uscire dall'Unione europea.
Noi non sappiamo e nessuno in quest'Aula credo sappia con certezza quanto durerà questa legislatura, ma una cosa sappiamo: dobbiamo tutti evitare di perdere tempo. Dodici mesi di lavoro possono fare la differenza per gli italiani, per la loro qualità della vita e per i partiti e i movimenti che qui tutti noi oggi rappresentiamo, perché, se tornassimo al voto senza aver combinato granché, come molti in quest'Aula auspicano, difficilmente gli italiani ce lo perdonerebbero. Serve quindi un programma non velleitario, ma che possa davvero essere portato a compimento.
Il collega Balduzzi poco fa ha ricordato alcuni dei temi sui quali si concentrerà la nostra azione parlamentare. Ne voglio aggiungere uno: crescita. Oggi abbiamo letto – lei lo ha ricordato – che l'Italia è finalmente – mi perdoni la battuta – a crescita zero e non a crescita negativa. Possiamo rallegrarci che si sia arrestata la caduta, non possiamo credo rallegrarci che la crescita non ci sia ancora. Anche per questo vogliamo prendere sul serio il suo impegno: crescita dell'1 per cento nel 2014, crescita del 2 per cento nel 2015. Io credo che lei per primo sia consapevole che si tratta di obiettivi ambiziosi e lei per primo deve sapere che da Scelta Civica avrà un sostegno leale, leale anche quando dovremo sottolineare cosa non funzionerà abbastanza nell'azione del suo Governo, cosa non sarà sufficiente in quest'azione, cosa non ci sembrerà efficace.
Per questo siamo particolarmente lieti che lei abbia fatto propria la proposta del patto di coalizione, che Mario Monti e Scelta Civica hanno lanciato per primi. E questa proposta oggi vediamo che è diventata un prodotto di grande successo tra le forze politiche e ne siamo davvero lieti, senza ironia, perché ci riteniamo generosi soprattutto con le nostre buone idee e volentieri le cediamo alla collettività politica. Ci aspettiamo, per questo, che il patto di coalizione sia rapidamente realizzato e spiegato agli italiani nei suoi punti concreti.
In questo patto, secondo me, una parola dovrà ricorrere quasi ossessivamente: lavoro, lavoro, lavoro. Cito alcune delle proposte che noi abbiamo inserito nell'ipotesi di patto di coalizione che abbiamo sottoposto alla sua attenzione: un codice semplificato del lavoro, per rendere più trasparenti e meno bizantine le regole per chi vuole creare lavoro in Italia; i contratti di ricollocazione, perché è difficile promettere un lavoro a tutti, ma certamente abbiamo il dovere di garantire a tutti i giovani senza lavoro un aiuto nella ricerca del lavoro e nella formazione e anche rendere più facile l'attrazione degli investimenti esteri in questo Paese. Sono temi questi che non sono solo slogan, ma sono temi sui quali Scelta Civica ha presentato progetti di legge precisi, che ci attendiamo vengano messi al centro dell'agenda politica già dalle prossime settimane: proposte concrete che abbiamo già sottoposto all'attenzione dei nostri colleghi parlamentari.
Per questo, Presidente – mi avvio alla conclusione –, ci attendiamo – voglio sottolinearlo – che il suo Governo volti davvero pagina rispetto ai mesi scorsi. Il nostro compito non sarà di pungolo – mi perdoni la battuta –, perché forse di pungoli siamo circondati dappertutto, ma la nostra funzione sarà di vigilanza, anche intransigente. Siamo una piccola forza politica che rappresenta la voce di quegli italiani che si aspettano i risultati, che remano in silenzio, che non predicano il culto della devastazione, ma che però non fanno e non faranno sconti, come noi non faremo sconti, a chi come lei oggi si è assunto una responsabilità precisa, che valutiamo positivamente: dare all'Italia un Governo del nuovo inizio che proceda molto rapidamente a realizzare quelle riforme essenziali che il Paese si attende.
Per queste ragioni oggi Scelta Civica voterà la fiducia al suo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia – Congratulazioni).
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FABRIZIO CICCHITTO (NCD) (Vedi RS). Richiama le ragioni per le quali il suo gruppo conferma il sostegno al Governo.
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FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, c’è un punto fondamentale che noi condividiamo del discorso che il Presidente Letta ci ha fatto oggi, e cioè che non si può assolutamente scherzare con il fuoco, che non si può lisciare il pelo all'estremismo e, però, per altro verso, se si vuole dare una risposta a tutto questo, bisogna fare un salto di qualità sulle grandi questioni economiche, sociali e istituzionali che stanno davanti a noi.
Noi non dobbiamo dimenticarci mai due dati negativi che stanno alle nostre spalle: la più lunga crisi economico-finanziaria del capitalismo mondiale negli USA, in Europa e poi in Italia, con conseguenze disastrose per quello che riguarda l'occupazione, specialmente l'occupazione giovanile, e con il rischio di una crisi della coesione sociale, e, in secondo luogo, la crisi del sistema politico, del rapporto tra i partiti e i cittadini.
Noi non dobbiamo mai dimenticare il risultato delle elezioni del 2013. Il PdL in quelle elezioni ha perso 6 milioni di voti, il PD ha perso 3 milioni di voti ed è andato in crisi il bipolarismo, perché è sorto un nuovo soggetto politico, con caratteristiche chiaramente protestatarie e con elementi anche eversivi, e, quindi, è cambiato tutto il panorama che sta davanti a noi.
Rispetto a quel voto, voglio ricordare che Silvio Berlusconi ebbe una grande intuizione politica, e cioè che l'unica via era quella di un Governo di larghe intese fra partiti, neanche avversari, ma addirittura nemici. E – attenzione ! – per poter realizzare quella operazione, Berlusconi esplicitamente separò in modo netto quella operazione politica, quella scelta politica dalla battaglia che egli e, con lui, tutto il PdL conducevano e conducevamo contro l'uso politico della giustizia. Berlusconi ribadì questa scelta il 9 maggio, di fronte a una sentenza, affermando: «Abbiamo fatto tanto per dare all'Italia un Governo e avviare le riforme per la ripresa e questo non può essere messo in discussione e in pericolo per una sentenza infondata e iniqua. Dobbiamo sforzarci per tenere distinte le mie vicende personali dal Governo e dalle riforme. Mi rendo conto che lo sforzo non è facile, soprattutto per me».
Ecco, noi siamo partiti da questo dato e il Governo si è impegnato lungo questa linea. Io ricordo anche che questo Governo, pur con tutti i suoi limiti, alcune cose le ha fatte: la restituzione del credito alle imprese, il ridimensionamento delle «perversità» di Equitalia, il rilancio delle infrastrutture, il taglio di 4 miliardi di euro di pressione fiscale. Tutto ciò è sufficiente ? No, non è per niente sufficiente.
Noi dobbiamo fare un salto di qualità sul terreno della politica economica, in primo luogo sul terreno della politica del lavoro. Dobbiamo combinare insieme il taglio della spesa pubblica con una riduzione della pressione fiscale concentrata sul cuneo fiscale, sull'IRAP e sull'IRES, cioè sulla struttura produttiva del Paese, e dobbiamo misurarci con un percorso assai difficile che riguarda l'Europa.
Per ciò che riguarda l'Europa, noi abbiamo due scelte sbagliate ai nostri lati: quella di chi, in un certo senso, si riconosce nell'Europa in un modo subalterno e passivo e quella di chi, invece, utilizza e vuole utilizzare gli elementi negativi che l'Europa oggi presenta per far saltare tutto, per uscire dall'euro, per andare, in effetti, verso una catastrofe. Ecco, noi dobbiamo identificare il percorso difficile di un «revisionismo europeistico», che faccia i conti con la Germania sul nodo degli eurobond, sul nodo della diversa funzione della Banca centrale europea, e costruire su questo un grande schieramento di nazioni europee che hanno gli stessi nostri interessi.
E dobbiamo impegnarci per delle riforme istituzionali fortemente innovative, che si concentrino sulla riduzione del numero dei parlamentari, sul superamento del bicameralismo e su un recupero difficile – perché non siamo più in due, ma siamo almeno in tre – del bipolarismo. La via che noi indichiamo come riflessione su questo è quella che si suol chiamare del «sindaco d'Italia», che vuol dire tante cose, ma vuol dire certamente una linea innovativa rispetto alla situazione attuale.
Ecco, qui siamo di fronte ad una scelta fondamentale: la scelta di fare un salto di qualità sul terreno della governabilità. Invece a noi è dispiaciuto che nostri amici, con i quali abbiamo diviso tanti impegni politici e tante battaglie nel corso di questi anni, hanno fatto e stanno facendo la scelta dell'ingovernabilità, la scelta dell'estremismo, la scelta delle strizzate d'occhio, addirittura, a movimenti protestari ed eversivi.
Nasce di qui la nostra separazione dalla nuova Forza Italia, purtroppo segnata da una deriva estremista che è addirittura crescente. Prima le dimissioni dei parlamentari, poi la richiesta di crisi del Governo, adesso addirittura una lettura nichilista della sentenza della Corte costituzionale, per cui sarebbe delegittimato tutto: il Presidente della Repubblica, questo Parlamento, questo Governo e al fondo la stessa Corte, visto come è stata nominata (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra). Ma al termine di questo percorso ci sarebbe soltanto un mucchio di macerie e di rovine, rispetto al quale non sappiamo quale sarebbe la sorte del Paese.
Inoltre questa deriva estremista ci ha rivolto una strana richiesta: si è intimato ad Alfano e ai ministri del PDL di dimettersi dal Governo Letta per non collaborare con i carnefici, cioè con il Partito Democratico. Adesso sentiamo proporre un Governo di scopo con il MoVimento 5 Stelle e con SEL, che non ci risulta siano stati teneri, né con le parole né con le opere, nell'attacco a Berlusconi sia al Senato, sia nel Paese (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).
Ecco, noi riteniamo che la scelta peggiore che il centrodestra e lo stesso presidente Berlusconi possano fare è quella di mettere in contraddizione questa giusta battaglia contro l'uso politico della giustizia con la governabilità del Paese, con la stabilità, con la politica economica e con il mutamento profondo del quadro istituzionale.
Già l'onorevole Costa ha lucidamente esaminato tutte le implicazioni di tutto ciò e per questo noi, come Nuovo Centrodestra, rimaniamo saldamente nell'area di centrodestra e proprio per questo sosteniamo questo Governo, in nome della legittimità istituzionale, della governabilità e di un rapporto positivo con le forze sociali che storicamente e concretamente costituiscono il retroterra storico e tradizionale del centrodestra. Al confronto programmatico che si aprirà a gennaio ci andremo con le nostre posizioni, con una linea che marchi tre obiettivi: l'opposizione all'oppressione fiscale, a quella giudiziaria, a quella burocratica.
Per concludere, ci auguriamo anche che gli amici di Forza Italia facciano una seria riflessione, perché questa deriva li sta collocando in un vicolo cieco. Ho letto che il mio amico presidente Brunetta si alleerebbe anche con il diavolo pur di avere elezioni immediate. Non le otterrà. Ma se le ottenesse, ci andrebbe con l'esplosione degli spread e senza un candidato: un vero favore fatto al centrosinistra e al PD.
Noi non siamo per fare questo favore a Renzi e al PD, ma partiamo di qui per costruire un centrodestra moderato, garantista, riformista, collegato a vari settori della società italiana disponibile e umile nell'ascolto di quello che viene da questa società (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra – Congratulazioni).
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GENNARO MIGLIORE (SEL) (Vedi RS). Dichiara che il suo gruppo confermerà la propria opposizione al Governo.
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GENNARO MIGLIORE. Signora Presidente, colleghe e colleghi, signori Ministri, signor Presidente del Consiglio, Sinistra Ecologia Libertà si è opposta al suo Governo quando lo ha definito impropriamente di larghe intese, perché era incapace di allargare il suo sguardo oltre questo Palazzo, e continuerà a farlo in questo Governo che non ha neppure una definizione perché è molto più fragile ancora rispetto a quello che sta succedendo fuori da qui e rispetto alla missione di cambiamento che dovrebbe avere nei confronti del Paese. Siamo di fronte a quattro anni nei quali c’è stato il 21 per cento della caduta della domanda interna per il nostro Paese. Lei sa che la media europea è del 4 per cento. E quando lei dice che l'Italia è fuori dalla recessione, prima di tutto bisognerebbe dire se sono fuori dalla recessione gli italiani perché molti uomini, molte donne, molti giovani e molte persone anziane questa recessione, non solo la sentono sulle proprie spalle, ma la considerano una questione esistenziale ormai.
Allora, le posso dire che questo segno zero – già esaltarsi per un segno zero mi sembra molto – che riguarda la crescita del nostro Paese è dovuto innanzitutto all'eccesso e al recupero delle riserve. Questo è il punto per il quale noi abbiamo buone ragioni per quello che le chiediamo. Per le «scorte a zero» noi intanto chiediamo che ci sia una risposta efficace da parte del suo Governo e della sua compagine alle domande degli italiani. Il ventennio si sta chiudendo e noi penso lo stiamo chiudendo nel modo peggiore. Fuori da qui c’è una grande sofferenza, una grande disperazione. Qui dentro, invece, assistiamo a calcoli di breve momento. E lei, devo dire la verità, sta svolgendo una funzione per certi versi addirittura notarile rispetto a questo dogma della stabilità che non ci convince, soprattutto non convince chi è fuori da qui.
Noi vorremmo liberare le nuove energie che ci sono nel nostro Paese, le migliori energie che ci sono nel nostro Paese, quei giovani, quei nuovi italiani, quei migranti, quelle donne che in questo momento avrebbero bisogno di un Governo al loro fianco e non di un Governo che si schiera dalla parte di chi vuole chiedere ancora un po’ di tempo per fare altri sacrifici. Il compito del suo Governo è quello di spegnere ogni entusiasmo, anche gli entusiasmi che si sono mostrati fuori da quest'Aula, e di frustrare chi è già piegato dalla crisi. Quando lei ha segnalato l'urgenza di difendere le istituzioni, io l'ho applaudita e penso che questo sia doveroso per chiunque in quest'Aula si preoccupi per quelle che sono delle frasi eversive. Io penso che concludere un appello alla disobbedienza dei carabinieri, come ha fatto Beppe Grillo sul suo blog (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), concludere dicendo: «In alto i cuori», esprima una cultura e delle parole malate che noi dobbiamo respingere e che in qualche modo sono assolutamente in contiguità con quei fenomeni eversivi che in questo momento stanno attraversando anche il nostro Paese.
Io vorrei sapere dal Ministro dell'interno Alfano, che lei difende così strenuamente, che cosa ha da dire sul fatto che a Savona la questura ha chiesto al comune di chiudere le porte del comune stesso di fronte all'assedio dei manifestanti, e che cosa ha da dire sui segnali che vengono dati quando ci si toglie un casco. Non lo si fa mai davanti a un movimento sociale, non lo si fa mai, né in val di Susa, né in altri posti dove ci sono le manifestazioni democratiche di chi si oppone a leggi ingiuste (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Io ho disobbedito tante volte nella mia vita alle leggi ingiuste e per questo motivo mi sono trovato spesso a pochi centimetri i caschi, senza il numero d'identificazione, perché una legge di questo genere ancora deve essere fatta, che rappresentavano lo Stato nella sua forma più aggressiva. A me, in questo momento, preme dire che, nel rispetto delle forze di sicurezza pubblica e nel rispetto, soprattutto, di coloro i quali si sono sacrificati nel corso della loro vita per garantire la nostra sicurezza, noi dobbiamo innanzitutto garantire la sicurezza dei cittadini e delle cittadine da pericolose avventure reazionarie che si stanno coltivando in questo Paese scientemente.
In questo noi abbiamo ben chiara la differenza tra l'opposizione ad un Governo come il suo, inefficace e che spegne ogni barlume di rinascita che potrebbe esserci in questo Paese, e lo «sfascismo» del padrone del MoVimento 5 Stelle. Ma lei, a proposito di populisti, è stato alleato fino a un mese fa con il capo dei populisti, con Silvio Berlusconi, e solo lei poteva immaginare di farlo padre costituente, chiedendo addirittura di derogare all'articolo 138. Vede, avevamo ragione noi. Basta che vada a rilegge i nostri interventi. Con l'articolo 138 derogato si perdeva tempo e non si affrontava il tema importante delle riforme e soprattutto si apriva la scorciatoia e la strada a qualche avventura che poteva sconfinare fino al presidenzialismo.
Oggi lei ci propone un programma più dettagliato ma noi vogliamo dirle una cosa: sulla legge elettorale e sulle riforme istituzionali bisogna agire subito e, quando diciamo agire subito, significa che, quando si dice «superamento del bicameralismo paritario», bisogna dire che ci vuole un monocameralismo nel quale si discuta la politica e di una Camera delle autonomie per le regioni perché, altrimenti, anche questa sarebbe una storpiatura di quelle che sono le nostre richieste di crescita della nostra dimensione istituzionale.
Noi siamo stati dalla parte di coloro i quali il 12 ottobre chiedevano di impedire che ci fosse lo «sbrego» del 138 e pensiamo che il 19 ottobre ci sia stata una pacifica e utile invasione di questa città perché sono venuti a chiedere casa, parola che lei ha persino ignorato forse. Per non dire che cosa avrebbe fatto sull'IMU, cosa avrebbe fatto sulle tante iniziative che avete costruito nel corso di questi mesi per confondere effettivamente il nostro Paese e soprattutto per rialzare la pressione fiscale. Noi abbiamo bisogno in questo Paese di cambiare strada, Presidente del Consiglio, e lo diciamo anche alla maggioranza che la sostiene, al PD: attenzione a «spegnere» tutto in nome della stabilità, lo scriveva il Wall Street Journal. Esiste anche la stabilità dei cimiteri, quella che non produce nessun effetto, quella che strangola qualsiasi ipotesi di rinnovamento.
Lei dice di essere contrario al populismo e sicuramente non metto in dubbio la sua buona fede ma sappia che i Governi come il suo sono Governi che possono diventare il detonatore del populismo perché nel corso di questi anni tecnocrazie e Governi di inciucio sono stati di per sé il motivo per il quale questo populismo è cresciuto ed è cresciuto prima nelle urne e poi cresce anche nella sofferenza e nel rancore che si attraversa passeggiando nelle nostre strade.
Per quattro voti di Alfano, per quattro voti di un centrodestra lei si oppone a quello che potrebbe esser un cambiamento e il suo Governo è il maggiore impedimento alla costruzione di un'altra prospettiva per il nostro Paese. In questo momento sono due anni che noi sopportiamo la possibilità di non cambiare in questo Paese perché voi avete scelto un'altra strada, quella che parla un'altra lingua, quella che non cita se non come commemorazione, ad esempio, il dissesto idrogeologico. Ma lei lo sa che c’è bisogno di tanti lavori nuovi, lei lo sa che ci vorrebbe per discutere e per combattere la disoccupazione di un piano per il lavoro ? Se non vuole fare un piano per il lavoro, non solo non avrà la nostra fiducia ma non avrà la credibilità per affrontare i problemi drammatici del nostro Paese. Un piano per il lavoro, questo serve e serve per essere realmente europeisti come noi siamo. Noi siamo federalisti europei e impegnati nella costruzione di una svolta più europeista del nostro Paese.
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RENATO BRUNETTA (Vedi RS) (FI-PdL). Dichiara che il suo gruppo non accorderà la fiducia ad un Governo che ritiene sostenuto da una maggioranza illegittima.
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RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, colleghi, oggi si discute la fiducia al suo Governo, onorevole Presidente Letta. L'abbiamo voluta noi, qui, oggi. Lei ne avrebbe volentieri fatto a meno, ma il Presidente della Repubblica gliel'ha imposto. Fiducia su che cosa ? Escludo che lei possa chiederla su quanto ha fatto, anzi non ha fatto, finora. Lei è qui per un'altra ragione: vuole la fiducia su ciò che non c’è, su un documento che dovrebbe elaborare col suo azionista quasi totalitario, e cioè il segretario Renzi. Ma i termini di questo accordo, se il segretario Renzi è uomo d'onore e fa quel che dice, dovranno essere un radicale cambiamento di marcia e di contenuti.
Accordo, poi, con chi ? Con i trenta di Alfano, paragonati sprezzantemente ai trecento del Partito Democratico ? Oggi, se come ha detto Renzi, deve valere il rapporto di forza numerico, il metodo sarà quello del dettato scolastico al suo Governo in un monocolore PD. Che tristezza, Vicepresidente Alfano, che tradimento dei suoi, dei nostri elettori, che tradimento anche della sua storia, Vicepresidente Alfano, e glielo dico con dolore, il dolore di un amico. Presidente Letta, lei in questo momento sta in un limbo, è un fantasma che non sa ancora in quale corpo politico e programmatico dovrà incarnarsi, né se quel corpo possa avere anche formalmente il diritto di esistere. La sola cosa certa è che, in nome della stabilità, l'unica cosa fatta davvero è stata finora stabilizzarsi lì, a Palazzo Chigi, garantendo quella che il Wall Street Journal ha definito – lo ha ricordato Migliore poco tempo fa – la pace del cimitero.
Dopo il 2 ottobre non abbiamo poi visto nulla, neanche un frammento di quella riforma della giustizia per cui lei ha usato i termini impegnativi «opportuna», «urgente» e «necessaria». Nulla, Vicepresidente Alfano ! È questo il prezzo che ha dovuto pagare ? Che le è stato chiesto di pagare ? Nulla ! Ora lei, Presidente Letta, si lancia verso il futuro, ma quale futuro ? Con quale legittimità ? Non mi sottrarrò certo al dibattito nel merito, credo sarà il Governo a sottrarsi, ma prima di andare oltre si rifletta su un punto: ha senso andare avanti in questo modo ? Ripeto il concetto: quale legittimità ha la sua maggioranza ? In quest'Aula, Presidente Letta, lei ha numericamente una sicura maggioranza senza neanche bisogno di apporti esterni al suo partito, ma la Corte costituzionale ha sentenziato l'incostituzionalità del sistema che le consegna questa maggioranza. Non si tratta di discutere se sono legittime le decisioni già prese, le scelte già fatte e i voti già espressi – e lo dico a Fabrizio Cicchetto – si tratta di stabilire se saranno legittime le cose che faremo, che farete e che saranno fatte sulla base di una legge sicuramente incostituzionale, grazie a una legge incostituzionale, con una maggioranza incostituzionale. Davvero ce la sentiamo ? Davvero ve la sentite di andare avanti in questo modo ? A me sembra che sia un pericolosissimo azzardo, una scommessa ad altissimo rischio, che mette alla prova la stessa tenuta costituzionale del nostro Paese.
Lei si è appoggiato al Presidente Napolitano, chiamandolo di fatto a compartire con lei la responsabilità di proporre una maggioranza che non esiste nel Paese ed esiste solo in un Parlamento che c’è, ma non esiste costituzionalmente e moralmente. Non esiste nel Paese, non esiste per il Paese. Le verità costituzionali non sono a geometria variabile, e ancora, la dannata moda di invocare le elezioni: dannata, Presidente Napolitano ? E perché dannata ? Invocare lo strumento principale del popolo per affermarne costituzionalmente la sovranità in nessun caso può essere definito dannata moda. È una moda quella della democrazia che non passa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) ! Non cambia questa moda, erano altre, Presidente Napolitano, realtà di tipo sovietico, in cui questa moda era piuttosto dannata.
Ha, inoltre, parlato, Presidente Napolitano, di frastuono: noi diciamo che va ascoltato il frastuono, il frastuono che sale dai partiti, dal Paese. Sale caoticamente, è vero, ma è compito della politica, nobilissimo compito, l'ascolto del frastuono, delle grida dolenti che si sono manifestate, delle proteste estreme, del dolore silenzioso. Anche ciò che silenzioso è frastuono tremendo. Ascoltare e accogliere, poi, con cura, con passione, con scienza e coscienza, decifrare, comprendere e dare risposte: ne è capace il suo Governo, Presidente Letta ? È populismo voler ascoltare e rispondere ?
Ora vado oltre, ammesso che oltre si possa andare. Ricordiamo bene con quali premesse e per quali ragioni il Presidente della Repubblica, su indicazione pressante del senatore leader del centrodestra, Silvio Berlusconi, l'ha incaricata, l'aveva incaricata di formare e presiedere il Governo di larghe intese o, come preferisco dire, di grande coalizione.
Pacificazione, riforme, rilancio dell'economia. La pacificazione nazionale è naufragata a causa della sindrome dell'odio che attanaglia ancora buona parte della sinistra e, in particolare, del suo Partito Democratico. Ricordiamo tutti, il 1o agosto, Epifani, ebbro di compiacimento e rosso in volto, annunciare la volontà di eliminare subito, immantinente, Berlusconi dalla scena politica. Senza larghe intese non ci sono riforme costituzionali possibili, perché esse avevano per presupposto la legittimazione reciproca. Lei, Presidente Letta – e se lo faccia spiegare dal suo Vicepresidente Alfano –, avrebbe dovuto uscire dal suo mutismo: non ha avuto coraggio e pagherà nei confronti della storia – della sua storia – questa sua mancanza di coraggio.
Smettiamola con l'ipocrisia della separatezza: a questo punto, diviene pletorico e persino offensivo chiederci di votare la modifica dell'articolo 138. Chi proverà a far saltare il banco ne risponderà al Paese: la sua minaccia di oggi. Certo che ne risponderemo al Paese, al Paese che non vuole giochi di Palazzo, che soffre e non è rappresentato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
E veniamo alla terza missione, il rilancio dell'economia. I risultati fallimentari di un Governo indeciso a tutto sono percepibili ad occhio nudo: recessione, recessione, recessione. A settembre, il PIL acquisito è del meno 1,9 per cento. Non giochi con i numeri, Presidente Letta, non faccia il Saccomanni, per favore (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
Come lei sa, signor Presidente, incertezza e confusione sono un costo in economia. In tempi di crisi c’è bisogno di tutt'altro: di un Governo forte con una legittimazione giuridica e morale che solo elezioni immediate possono darci, a condizione che insieme ci si accordi per una legge elettorale maggioritaria tale che non ci faccia precipitare nella palude del proporzionalismo puro, che dovrebbe essere il portato della sentenza della Corte costituzionale.
Non si può governare con una maggioranza fortissima di numeri fasulli. Su una base giuridica e morale di cartapesta non si affronta la tempesta della crisi economica e, soprattutto, di quella della rappresentanza politica. Lei sinceramente, Presidente Letta, pensa di poter presiedere il Semestre europeo con la sua maggioranza illegittima ? Glielo chiedo dal profondo dell'animo, dal profondo del cuore: lei pensa, con la sua maggioranza illegittima, di poter presiedere l'Europa ? Se lo chieda e si dia una risposta.
Nessuna fiducia a un Governo poggiato su fondamenta malate: ci trascinerebbe tutti nella rovina e non è per questo che siamo qui, Presidente Letta. Siamo qui per servire libertà, giustizia e democrazia, non la stabilità del cimitero (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente – Congratulazioni).
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ALESSIO MATTIA VILLAROSA (M5S) (Vedi RS). Richiama le ragioni per le quali ritiene che il Governo non meriti la fiducia.
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ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Signor Presidente, Presidente Letta, ci rivediamo. Inizio senza riferirmi a lei, devo parlare con la Presidente per Regolamento. Questo, probabilmente, sarà il mio ultimo discorso sulla fiducia: lunedì passerò il testimone al mio vice, Federico D'Incà. Non so perché, ma ho il dubbio che anche lui ne avrà occasione, così come l'hanno avuta i miei predecessori.
Non avete mai avuto i numeri, non meritate la fiducia. Devo dire queste cose, ne sento la necessità, le devo dire perché ho paura: ho paura che da qui dentro – che è il Parlamento, la casa degli italiani – dovrò continuare ad assistere ad un continuo imbarbarimento, ad una continua mistificazione della realtà perpetrata mediante un'informazione non più libera, ormai al settantesimo posto nel mondo, secondo le stime di quest'anno.
Eppure ci vantiamo di essere un Paese civile. Adesso basta, è il momento che lei e tutto il suo Governo venga sfiduciato. Errare è umano, ma perseverare è diabolico. Lei ha scritto due tweet in questi mesi. Il 23 luglio lei cinguettava su Twitter: non faremo passi indietro su abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Non faremo passi indietro ? Forse voi non vi rendete conto: dov’è l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti ? Dov’è (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Solo quest'anno vi siete rubati quasi 90 milioni di euro, e dico rubati perché so che posso permettermelo, visto che c’è stato un referendum nel 1993 che lo ha deciso. Cioè, i cittadini hanno deciso che non vi doveva più spettare e voi ve ne siete fregati. E da pochi giorni, anche la Corte dei conti, che ci ha dato ragione, lo ha ribadito. Ora chi restituirà questi 3 miliardi di euro che si sono e vi siete pappati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
E di queste furbate ne abbiamo subite parecchio. L'ultima è quella della giunta del Piemonte, che, vista la decisione di mettere un tetto agli stipendi, decide di ridurre le indennità, tassate, e, facendo il solito gioco delle tre carte, aumenta il rimborso della diaria, che non è tassata. Furbastri e ladri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Dopo la vostra falsa abolizione continuerete a prendere i soldi dei cittadini mediante il 2 per mille e le agevolazioni alle scuole di partito. Vi dovreste vergognare. Ecco perché i cittadini sono così arrabbiati, perché li prendete in giro. Un tempo lo facevano con attenzione, ormai siete cambiati: ora lo fate spudoratamente. Il 31 luglio lei nuovamente cinguettava: ottima procedura d'urgenza decisa alla Camera per la legge elettorale, ora ognuno dovrà assumersi le sue responsabilità; io sono «no porcellum». Dov’è la legge elettorale ? Siamo a dicembre, dov’è ? Voi la vedete ? Abbiamo anche fatto una figuraccia davanti la Corte costituzionale.
Sono stato l'unico, sono stato l'unico a parlare di legge elettorale; ho richiesto una Conferenza dei capigruppo per richiedere di confrontarsi, per far arrivare a definire il prima possibile una nuova legge elettorale e voi a ridere. La Presidente mi ha detto che la Capigruppo non veniva convocata perché non era il luogo adatto. Quindi, non si doveva discutere la decisione della Consulta ? Non era importante ? E poi, se non è la Conferenza dei capigruppo il luogo del confronto, qual è il luogo del confronto fra i capigruppo ? Le segrete stanze (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Il presidente Speranza ha insistito per far sì che lei mantenesse la legge elettorale al Senato. La vostra presidente di regione, la Serracchiani, ieri, a Otto e Mezzo, su Rai 3, ha dichiarato che è stato il PD a chiedere di portare la legge elettorale alla Camera: voi siete pericolosi, dichiarate falsità senza rendervi neanche conto del danno che arrecate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Siamo stati gli unici a combattere per cambiare la legge elettorale, ma voi siete stati furbi a far uscire il messaggio che è grazie a voi che la legge elettorale è alla Camera. Queste sono falsità. Sono otto anni che questo Paese richiede una legge elettorale: dove eravate voi ? O volete dare la colpa al MoVimento 5 Stelle, che neanche c'era in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Andiamo alle vostre soluzioni. Voi siete il Governo delle assurdità, e sono un signore. Ecco le vostre false soluzioni: vendita immobili nazionali, vendita quote delle migliori aziende strategiche nazionali, aumento tassazione in tutti i settori. L'unica tassa che avete levato è stata l'IMU, per poi rimetterla incorporata alla TASI. Avete dichiarato che mediante il decreto lavoro avreste risolto il problema della disoccupazione: ma sapete contare ? Sapete contare ? I disoccupati in Italia sono oltre 3 milioni, con gli inoccupati si arriva a 5 milioni; con quel decreto – ed è matematica, quindi non è opinabile – arriverete ad agevolare l'assunzione di forse 30 mila lavoratori. Vergogna (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Perché ogni tanto parlo di dittatura ? È una Repubblica parlamentare, questa ? Quindi, le leggi le deve fare il Parlamento, giusto ? Ci avete permesso di fare solo quattro leggi di iniziativa parlamentare, mentre voi emanavate venti decreti-legge, che spesso da qui neanche passavano. Si arrivava agli ultimi giorni e poi scadevano, si contingentavano i tempi e quindi non si lavorava qui dentro. E quando non ci riuscivate con i numeri cosa facevate ? Mettevate la fiducia: fiducia sul decreto emergenza, fiducia sul decreto del fare, fiducia sul decreto missioni, fiducia sulla stabilità al Senato e volete mettere la fiducia alla manovrina, così non torna neanche alla Camera, e a quanto pare, metterete anche il decreto-legge su enti locali e regioni all'interno della legge di stabilità alla Camera e rimetterete la fiducia. Bravi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! E ci parlate di rispetto della Costituzione. La state calpestando la nostra Costituzione.
Questo Parlamento non è il vostro; è del popolo italiano; il popolo vuole che rispettate la Costituzione, o senza i numeri o con i numeri. In tutti questi anni ci avete fatto fare la figura del classico personaggio di paese che voleva apparire come aristocratico e si indebitava per fare bella figura. Poi apri il frigo e trovi le ragnatele, gli chiedi un passaggio in macchina ed è parcheggiata perché è a secco. Avete ingrassato il nostro debito, fino a farlo triplicare rispetto alle nostre entrate ed è inutile che andate in giro a raccontare frottole, perché il debito nel 2005 era di 1.512 miliardi – tutti dati ufficiali – dopo solo otto anni di vostra gestione e di europea gestione, nel 2013 siamo arrivati a 2.068 miliardi: cioè in otto anni – otto anni, mi vengono i brividi – vi siete mangiati 556 miliardi, 556 miliardi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Noi stiamo qui a pensare ai 4 miliardi dell'IMU, ve ne siete mangiati 556 !
Attualmente, quindi, in Italia si produce per 1.500 miliardi, abbiamo entrate per 600 miliardi, ma abbiamo un debito di 2 mila miliardi, ottimo. In più cresce, questo debito, di anno in anno e su questo grava un interesse di 85 miliardi l'anno, che paghiamo sempre regolarmente, a differenza delle fatture delle piccole e medie imprese, per le quali abbiamo dovuto attuare una direttiva europea per obbligare la pubblica amministrazione a pagarle entro 30 giorni.
Ma d'altronde voi siete quelli che hanno permesso che le consulenze in Italia siano arrivate a costare 1 miliardo 300 milioni di euro di euro, siete sempre quelli che hanno deciso di spendere per queste consulenze 14 mila euro per monitorare i salami essiccati o per monitorare i camosci. Siete sempre quelli che hanno bocciato la nostra proposta di dimezzamento dello stipendio del parlamentare.
Presidente Letta ora chi c’è al suo posto ? Prima c'era Bersani, poi è arrivato lei, ora c’è Renzi. Nel giro di otto mesi tre capipartito avete cambiato. E non cambierà assolutamente niente perché ieri il vostro nuovo segretario ha continuato con le falsità. A Ballarò sulla Cancellieri ha affermato: «Credo sia stato un errore tenerla lì». In Aula però hanno votato per tenerla lì, s'inizia bene, bravi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)
Il sistema, tanto lo sappiamo, è sempre lo stesso, la cosa più assurda è che lo dite anche voi, lo ha detto il vostro nuovo segretario nel suo ultimo discorso.
Quali sono le nostre soluzioni ? Io vedo le persone più forti e intelligenti costrette a servire ai tavoli di un bar o pulire i marciapiedi nelle periferie delle nostre città; occupazioni nobilissime se non fosse che vedo molta più gente incapace seduta su questi scranni.
Ora, tantissimi cittadini capaci sono arrivati in Parlamento e questi cittadini non hanno nessun interesse, se non quello di portare nuovamente l'onestà in questi palazzi, che dovrebbero esserne pregni, ma che voi, negli anni, avete completamente spremuto. Voi avete spogliato i cittadini della loro sovranità, vi siete celati dietro la rappresentanza parlamentare. Ma chi rappresentate ? I cittadini o i vostri interessi ?
Le soluzioni del MoVimento 5 Stelle in Italia sono soluzioni concrete, sostenibili da subito, se si vuole, e fattibili. Un reddito di cittadinanza che immetta nel mercato 20 miliardi di euro, una divisione tra banche d'affari e banche commerciali, una chiara e stabile programmazione sul risparmio energetico che porterebbe un enorme impatto in termini occupazionali, una legge sul conflitto di interessi che farebbe risparmiare miliardi di euro. In Italia la corruzione costa 60 miliardi l'anno e – voi che urlate ? – passa anche da qui (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Noi abbiamo votato per il ritorno al Mattarellum, voi no ! Noi abbiamo votato per evitare l'acquisto di 53 miliardi di cacciabombardieri, voi no ! Noi abbiamo votato per evitare che le concessionarie d'azzardo venissero trattate meglio degli altri evasori, voi no ! Noi abbiamo votato per eliminare le pensioni d'oro al Senato, voi no ! Noi abbiamo difeso la Costituzione salendo sul tetto e portando a conoscenza di tutti la schifosa deroga al 138 (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), voi naturalmente no. Siete gli artefici.
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ETTORE GUGLIELMO EPIFANI (PD) (Vedi RS). Dichiara che il suo gruppo confermerà la fiducia al Governo.
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ETTORE GUGLIELMO EPIFANI. Signora Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, Ministri, colleghe e colleghi, il Partito Democratico conferma la fiducia al Governo e condivide le proposte di lavoro che il Presidente del Consiglio ha illustrato in apertura dei nostri lavori. Credo che si tratti – come è stato detto anche nella discussione – di un quadro onesto, non retorico, serio, concreto, che tiene conto delle difficoltà e si propone di affrontarle ridando fiducia e speranza al Paese.
Ognuno di noi, signor Presidente del Consiglio, conosceva, al momento della sua nascita, le difficoltà che questo Governo avrebbe incontrato: difficoltà economiche, difficoltà sociali, quelle che ci sarebbero derivate da un quadro europeo non all'altezza dei problemi che la crisi propone. A queste si sono aggiunte, com’è noto, quelle legate al rapporto tra le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi e le scelte politiche. Da questo punto di vista, il voto di oggi è la logica conclusione della vicenda che abbiamo discusso e affrontato, anche in quest'Aula, il 2 ottobre, quando lei ebbe a dire che si era formata una maggioranza politica e una maggioranza numerica, e quando io ebbi a dire che si sarebbe dovuto andare avanti verso una maggiore chiarezza, costituendo gruppi autonomi alla Camera e al Senato.
La nostra, dall'inizio, è stata una posizione intesa a dare, attraverso il Governo e la nostra partecipazione, un servizio al Paese, toccato dalla crisi, e ai suoi immensi problemi. Dal nostro punto di vista – e lo ribadisco adesso, perché sia chiaro nei confronti di tutti – per noi c’è un'esigenza di stabilità e c’è un'esigenza di cambiamento; e l'esigenza di stabilità è funzionale all'esigenza di cambiamento. Il Paese ha bisogno di riforme e di cambiare, e ha bisogno di un Governo che faccia queste cose.
Lo esige la situazione economica, quella che ancora adesso ci colpisce. È vero, il terzo trimestre ha segnato, per la prima volta da tanti anni, la fine della caduta, ed è probabile che il quarto trimestre abbia un segno più dopo tanti segni meno che hanno accompagnato tutte le stime; ma noi tutti sappiamo che proprio adesso, adesso che può iniziare una risalita, le tensioni sul fronte dell'occupazione, dopo sei anni di decrescita e di crisi, si fanno e si faranno più acute. Per questo approveremo nei prossimi giorni la legge di stabilità, i nuovi strumenti, soprattutto in chiave di politiche di investimento e di sviluppo. E aveva anche ragione a rivendicare il risultato sullo spread, perché è evidente che uno spread che scende sotto il 4 per cento è uno spread che può essere molto più utile di altri strumenti. Ma anche qui tra di noi dobbiamo convenire che da sola la discesa dello spread in tempi brevi non risolve il primo problema che hanno le nostre imprese e le nostre famiglie: l'accesso al credito.
Lo richiede, questo Governo di cambiamento, il bisogno di riforme istituzionali ed elettorali, a partire dalla riforma elettorale.
Qui non ce n’è per nessuno, siamo stati in ritardo colpevole e dobbiamo rapidamente affrontare una riforma che ridia agli italiani il diritto di scelta, una logica di alternanza in modo tale che sia chiaro, una volta finito il voto, chi può governare ed è chiamato a governare con il voto dei cittadini e chi è chiamato a svolgere le funzioni di opposizione.
Ma voglio dire, rispetto alle cose che ho sentito anche in questo dibattito, che io capisco oggi tutti coloro che si appellano alla sentenza della Corte costituzionale; mi sarebbe piaciuto che gli stessi avessero qui detto che si sono sbagliati quando quella legge l'hanno votata, l'hanno voluta, l'hanno difesa anche quando noi volevamo cambiarla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Troppo facile oggi dirlo, perché noi queste cose le abbiamo dette in tutti questi anni, inascoltati.
Infine, lo richiede la tensione sociale, quella che era prevedibile, anzi, diciamo la verità, noi abbiamo attraversato queste crisi con un livello di tensione sociale molto più bassa di quello che altri Paesi hanno conosciuto, merito degli strumenti e degli ammortizzatori, merito delle nostre reti sociali e delle nostre reti territoriali, merito di tante cose. Oggi però le cose cominciano a farsi difficili, non ce l'ho con la ragione di chi protesta e anche per la mia storia mi sarebbe difficile, ma nella mia storia ho imparato che un conto sono le ragioni di chi protesta e un conto è l'uso della violenza per sostenere queste ragioni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia) e qui non ce n’è per nessuno ! Su questo tutto il Parlamento non può che essere punito, perché non puoi pensare che le proteste e le tue buone ragioni possano sfociare nella violenza; non ci può essere nessuna indulgenza, e per questo bisogna evitare che le forze politiche e i movimenti politici soffino sulla protesta, gettino olio, benzina sul fuoco, perché sai che ci vuole niente ad accendere un fuoco e poi ti accorgi che non sai più come spegnerlo e spegnerne le conseguenze.
Voglio anche dire che c’è bisogno di questo Governo del cambiamento perché abbiamo bisogno anche di smetterla con questo degrado continuo del confronto pubblico anche tra di noi e anche qui dentro. Ognuno deve essere legittimato e pienamente responsabile del proprio giudizio, delle proprie valutazioni, delle proprie accuse e delle proprie critiche, ma anche qui un conto è il diritto sacrosanto della critica, in nome della quale ognuno di noi non potrà che chinare la testa, un conto sono le offese, le intimidazioni, le criminalizzazioni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Sinistra Ecologia Libertà, Scelta Civica per l'Italia e Per l'Italia). Mi volete spiegare che senso ha mettere le foto e i nomi di quei deputati eletti con il premio di maggioranza quando, in ragione della legge, tutto questo Parlamento si trova esattamente nella stessa condizione ? Perché additare una parte quando il problema è di tutti ? Che logica è ? Che rispetto c’è delle persone e di quello che noi compiamo ?
Voglio anche aggiungere per le stesse ragioni che al deputato Faraone va convinta la solidarietà di tutto il gruppo dei Democratici (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché noi non ci faremo intimidire, né come persone, né come gruppo ! E lo dico proprio nel momento e in ragione di questa violenza, sulla quale si soffia sul fuoco, che le nostre sedi vengono attaccate, vengono oltraggiate, vengono vilipese, e anche questo non può essere consentito in uno Stato democratico e in uno Stato di diritto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) !
Io condivido anche, signor Presidente il Consiglio, il suo richiamo di cambiare le politiche europee, di utilizzare il semestre italiano per porre quei cambiamenti dei quali c’è bisogno e c’è necessità. In sostanza – e concludo – il Partito Democratico conferma il suo alto senso di responsabilità nazionale, conferma la sua totale volontà di operare quei cambiamenti che i cittadini ci richiedono, conferma di essere dalla parte dei più deboli, coloro che in questa crisi stanno pagando i prezzi più alti, e conferma anche insieme di non volersi piegare a un degrado del confronto civile che disonora le nostre istituzioni e il nostro Paese. Lo diciamo anche sulla base di quello che è successo domenica.
Quasi tre milioni di persone chiamate al voto per eleggere e scegliere il nuovo segretario del Partito Democratico, lo hanno fatto. Non è solo uno straordinario risultato per noi: naturalmente, noi siamo orgogliosi di questa partecipazione, ma – come abbiamo detto – è un risultato che serve al Paese, a rafforzare lo spirito di partecipazione, a farla finita con la logica della sfiducia, della rassegnazione e dell'apatia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Voglio dire, mutuando una frase a effetto che è stata detta: noi tre milioni di persone le abbiamo portate al voto. Non chiedo solo rispetto, chiedo che, quando si parla di questa forza, si sappia quale fondamento e quale legittimazione pone. Lo dico a tutti coloro che hanno sollevato in quest’ Aula problemi di legittimazione morale alla maggioranza di questo Governo.
Il nostro voto è la migliore legittimazione di un sostegno e questo sostegno lo mettiamo a disposizione di un Governo del cambiamento e del rafforzamento delle nostre istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).
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Dopo un richiamo al Regolamento del deputato WALTER RIZZETTO (M5S) (Vedi RS), cui rende precisazioni il PRESIDENTE (Vedi RS), intervengono per dichiarazioni di voto a titolo personale i deputati MARIO SBERNA (PI) (Vedi RS), ADRIANO ZACCAGNINI (Misto) (Vedi RS), RUDI FRANCO MARGUERETTAZ (LNA) (Vedi RS), VINCENZA LABRIOLA (Misto) (Vedi RS) e FRANCESCO CARIELLO (M5S) (Vedi RS).
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WALTER RIZZETTO. Presidente, un richiamo al Regolamento penso che si possa fare anche extra dichiarazioni di voto... PRESIDENTE. Può farlo se è sulle dichiarazioni di voto. Andiamo avanti, ha chiesto di intervenire (Proteste dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)... Allora, se riguarda le dichiarazioni di voto, lo dica ! MARIO SBERNA. Signor Presidente, mi rivolgo al Presidente del Consiglio, e sono certo che comprenderà la sofferenza che mi attanaglia nel pronunciare queste parole, per la stima che le porto e che lei merita davvero.
Tuttavia, questo dolore è nulla a confronto di quello che vivono le famiglie in questo Paese: un giogo pesante le annichilisce, i grembi sono diventati sterili, i giovani cadono e non si rialzano, papà e mamme sono sfiniti. Il nuovo ISEE che avrebbe dovuto essere una carezza di attenzione, è divenuto uno schiaffo per le famiglie numerose e per le famiglie dei disabili.
L'hanno ingannata, Presidente, ma non si può mentire alla famiglia, non più. Il suo Governo non ha, per la famiglia, chi si lasci cingere al collo e lo vediamo in questa legge di stabilità dove tutti gli emendamenti pro famiglia sono bocciati inesorabilmente.
Come diceva Newman, la coscienza è il primo vicario del Figlio: e questa mia povera coscienza mi impone di guardare i fatti, che non mentono mai, e gridare dai tetti l'ingiustizia e l'iniquità che colpisce la famiglia, non solo dimenticata, ma annichilita.
Siamo il Paese che maggiormente punisce chi mette al mondo i figli e di questo sento forte il peso e la vergogna. Per questo, mi asterrò oggi. Una parola e un gesto che faccio fatica a pronunciare e a compiere, ma che devo fare per rispondere alle nostre famiglie. Diversamente, non potrei più guardarle negli occhi e abbracciarle.
C’è bisogno di liberazione e c’è bisogno di ali come d'aquila per risollevare chi è a terra e per ridare speranza e futuro. Lo faccia, Presidente Letta, lo faccia e la mia fiducia tornerà con gioia.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti). ADRIANO ZACCAGNINI. Signor Presidente, noi di GAP chiediamo un atteggiamento di ascolto attivo nei confronti delle fasce sociali in difficoltà, voce diretta, come ho già detto in discussione, con l'introduzione di nuovi istituti di democrazia diretta e partecipativa.
Ben venga il fatto che si proceda alla riforme costituzionali senza la deroga all'articolo 138 della Costituzione. Abbiamo bisogno di un'Europa che superi lo sfruttamento della manodopera a basso costo, che limiti lo strapotere della finanza e del fiscal compact e promuova una politica euro-mediterranea inclusiva, rivolta al disarmo.
Due parole soltanto per il settore di cui mi occupo: l'agricoltura. Più serietà per un'agricoltura agroecologica, ecocompatibile e OGM free. Abbiamo bisogno di questo e il 2014 sarà l'anno dell'agricoltura familiare. Vorrei sapere voi cosa farete ? Lei e il Ministro cosa farete per questo, legato indissolubilmente all'agricoltura familiare per fermare il consumo di suolo e per il rilancio dell'agricoltura.
Sfiduceremo costruttivamente questo Governo «deberlusconizzato» finché non avremo risultati che siano rivolti alle classi sociali in difficoltà e ai settori produttivi che possono sorreggere l'economia in questa difficilissima fase. RUDI FRANCO MARGUERETTAZ. Signor Presidente, l'anomalia di questa fiducia è che viene chiesta in mezzo ai lavori in corso sulla legge di stabilità. I parlamentari valdostani, come sa, Presidente Letta, hanno sostenuto il suo Governo riservandosi, fin dall'inizio della legislatura, di verificare se fatti concreti avessero seguito le parole di attenzione nei confronti delle autonomie speciali della Valle d'Aosta e la legge di stabilità sarà lo strumento principale per capire se vi saranno questi fatti concreti.
Presidente, come lei sa questo disegno di legge di stabilità, così come è stato licenziato dal Senato, non ci convince. Lei conosce bene le questioni che sono sul tavolo, tanto che aveva proposto di organizzare un incontro chiarificatore tra la presidenza della regione, la Ragioneria dello Stato e i ministri, di cui ad oggi, però, non abbiamo ancora notizia.
Il voto di fiducia che esprimerò oggi ha, dunque, questo significato. Vogliamo essere, appunto, fiduciosi che si intervenga sulle questioni rimaste irrisolte nel disegno di legge di stabilità e che sono ora presentate dagli emendamenti che abbiamo proposto.
Le ricordo che il collega senatore Lanièce le ha accordato e le accorderà oggi il suo voto di fiducia sulla base di chiari e precisi impegni del Governo a modificare il testo della legge di stabilità nel passaggio alla Camera.
Il nostro «sì» alla fiducia, dunque, è per così dire a breve, brevissimo termine, e ci auguriamo di poterlo estendere al programma che lei oggi ci ha presentato quando, appunto, voteremo sul disegno di legge di stabilità. VINCENZA LABRIOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le critiche a questo Governo sarebbero tante, come sono tante le risposte che non dà a questo Paese. Ma, io voglio soffermarmi sulla questione ambientale e faccio un esempio per tutti: erano gli anni Novanta e lo Stato vende l'Italsider alla famiglia Riva, vendita dettata da un'esigenza inderogabile per il Governo di allora, in quanto lo Stato non era in grado di fare fronte agli ingenti investimenti.
L'azienda venne spremuta come un limone affinché producesse più possibile, disinteressandosi della città e dei lavoratori. Questa è la logica del profitto neoliberista e, conseguentemente, il sistema industriale nazionale ha creato devastazioni ambientali, inquinamento delle falde e dei prodotti alimentari.
Allora, cosa fare ? Transizione energetica e riconversione del sistema industriale italiano, con rigorosissimi criteri di ecocompatibilità e una green economy non sviluppista. Chi potrà fare tutto questo ? La risposta è ovvia. Sicuramente non i privati, vista la mole degli investimenti. Il Governo, questo Governo ? Ho forti dubbi. L'azione messa in campo finora non va in questo senso. Per l'Ilva e per tutti i siti inquinati l'unica soluzione sembra la nazionalizzazione, rispettando i criteri ambientali e della salute dei cittadini. Ma, per fare cosa ? Per gestire la cassa integrazione... FRANCESCO CARIELLO. Signor Presidente, mi rivolgo al nostro Presidente del Consiglio: se c’è la volontà di questo Parlamento di placare la rivolta che emerge in questo Paese in questi giorni, io le chiedo, visto che ha convinto questo Parlamento con le sue parole, perché non scende in piazza direttamente tra la gente a raccontare queste parole ? Vediamo se convince la gente direttamente, faccia a faccia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Perché noi ci siamo con loro, e vogliamo come voi, placare la violenza di questo Paese. Vogliamo solo rappresentare la loro protesta, ma chiediamo che lei faccia lo stesso: che vada nelle piazze, di fronte agli italiani, a dire le stesse parole e vediamo se riesce a placarle lei le persone, con le sue parole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
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PRESIDENTE (Vedi RS). Indice la votazione per appello nominale sulla risoluzione Speranza ed altri n. 6-00041 (Vedi All. A), sulla cui approvazione il Governo ha posto la questione di fiducia.
(Segue la votazione).
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PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione per appello nominale sulla risoluzione Speranza, Costa, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio, Formisano, Alfreider e Di Lello n. 6-00041, sulla cui approvazione il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati appartenenti ai vari gruppi, che ne hanno fatto motivata richiesta per gravi ragioni personali o per impegni legati alla loro carica.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio)
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (Vedi RS)
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 14,22)
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PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica il risultato della votazione:
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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sulla risoluzione Speranza, Costa, Andrea Romano, Dellai, Pisicchio, Formisano, Alfreider e Di Lello n. 6-00041, sulla cui approvazione il Governo ha posto la questione di fiducia:
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La seduta, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 16,30.
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (Vedi RS)
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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO
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Missioni. (Vedi RS)
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Missioni.
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PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica che i deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta sono settantatré.
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PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Baretta, Berretta, Bindi, Bocci, Boccia, Bonafede, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Brunetta, Capezzone, Carrozza, Casero, Cicchitto, Cirielli, Costa, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Guerra, Kyenge, La Russa, Lauricella, Legnini, Letta, Lorenzin, Lupi, Giorgia Meloni, Meta, Migliore, Mogherini, Orlando, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Rigoni, Sani, Speranza, Tabacci, Valeria Valente e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
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Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni (A.C. 1542-A ed abbinate). (Vedi RS)
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Seguito della discussione del disegno di legge: Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni (A.C. 1542-A); e delle abbinate proposte di legge Melilli; Guerra ed altri (A.C. 1408-1737).
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PRESIDENTE (Vedi RS). Avverte che l'articolo aggiuntivo Russo 23.0302 è stato ritirato prima dell'inizio della seduta.
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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1542-A: Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Melilli; Guerra ed altri, nn. 1408-1737.
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(Ripresa esame dell'articolo 4) (Vedi RS)
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(Ripresa esame articolo 4 – A.C. 1542-A)
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Intervengono sull'emendamento Matteo Bragantini 4.17 i deputati ETTORE ROSATO (PD) (Vedi RS) e GIRGIS GIORGIO SORIAL (M5S) (Vedi RS).
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ETTORE ROSATO. Signor Presidente, anche in questo caso l'emendamento soppressivo del comma 1 ci trova in disaccordo, perché il lavoro di equilibrio, che è stato fatto dal relatore all'interno della Commissione e dai colleghi che hanno partecipato all'esame di questo provvedimento, consente di costruire un rapporto tra gli enti locali nell'ambito della decisione politica assunta di soppressione delle province che non può essere intaccato in questo caso dalla soppressione di questo comma.
Io credo che noi abbiamo il dovere di «mettere le energie» di questo Parlamento su alcuni fatti che hanno una rilevanza politica; in particolare, in questo senso, la riduzione della spesa pubblica è il primo punto che deve essere nell'agenda di questo Parlamento e che questo disegno di legge ben rappresenta.
Quindi gli equilibri che sono stati costruiti, anche con il concorso indispensabile dell'associazione dei comuni, delle province che hanno portato il loro contributo pur non ritrovandosi naturalmente nel complesso della riforma, consentono di pensare ad un nuovo disegno delle autonomie in Italia, a un ridisegno che veda in maniera molto più chiara un sensibile rapporto che comuni e regioni possono costruire con lo Stato nella riduzione di tutti gli enti intermedi, che pure esistono e rappresentano spesso solo centri di costo, e che a questo corrisponda un'azione, diversa e nuova, delle nuove strutture delle città metropolitane che vengono istituite con questo provvedimento, volte anche qui a dare una rappresentanza più omogenea a un territorio che è in grande evoluzione e che è diverso da quello pensato nella Costituzione.
Io penso che vada anche ripreso il tema della dichiarazione che oggi il Presidente Letta ha fatto nel suo intervento, che riguarda la necessità poi di proseguire con la cancellazione delle province come definizione all'interno della Costituzione e che questo trovi proprio la sua attuazione pratica e rapida in un provvedimento come questo, che impedisce che, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, alla scadenza delle elezioni amministrative, si torni a votare.
Quindi, inviterei veramente – esprimo qui la posizione del mio gruppo – a bocciare questo emendamento e ad andare avanti con solerzia sul provvedimento, che va approvato assolutamente entro la fine dell'anno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, per dichiarare il nostro voto favorevole sull'emendamento in esame.
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Intervengono sugli identici emendamenti Centemero 4.204, D'Ottavio 4.205 e Cirielli 4.206 il deputato ELENA CENTEMERO (Vedi RS) (FI-PdL), nonché sull'ordine dei lavori il deputato CARLO SIBILIA (M5S) (Vedi RS).
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ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, volevo ribadire quella che è la posizione di Forza Italia, che è espressa all'interno di questo emendamento... CARLO SIBILIA. Signor Presidente, teoricamente anche sì, perché fuori da... antistante Palazzo Montecitorio, c'erano alcune persone, un paio di centinaia di persone, alle quali sono andato a fare visita durante il voto sulla questione di fiducia, subito dopo aver dato il mio «no» alla fiducia ad Enrico Letta. Parlando con i manifestanti, mi hanno chiesto – e quindi lo riporto qui all'Aula – se qualche rappresentante per ogni gruppo dei partiti presenti all'interno del Parlamento voglia andare a confrontarsi. Era anche in merito alla questione delle province. Io faccio da ambasciatore e portavoce cittadino, qual è il mio ruolo.
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Intervengono sull'emendamento Bianconi 4.212 i deputati PIETRO LAFFRANCO (Vedi RS) (FI-PdL) e MAURIZIO BIANCONI (Vedi RS) (FI-PdL).
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PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente. MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale. Questo emendamento ribadisce l'elezione diretta del sindaco dell'area metropolitana a suffragio universale per tutta la popolazione interessata all'area metropolitana, e con il sistema vigente per i sindaci dei comuni al di sopra di 15.000 abitanti.
È un emendamento, votando contro il quale si assevera che la prima riforma che il PD «nuovo verso» fa nell'ambito delle amministrazioni locali nega il principio della democrazia a suffragio universale e stabilisce la validità della democrazia di secondo grado, e che un sindaco di una città può avere anche la carica di sindaco di area metropolitana, cioè praticamente venendo meno al principio anatomico di «un sedere, una sedia».
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Intervengono sull'emendamento Matteo Bragantini 4.24 i deputati MATTEO BRAGANTINI (LNA) (Vedi RS), EMANUELE PRATAVIERA (LNA) (Vedi RS), MAURIZIO BIANCONI (Vedi RS) (FI-PdL), PIETRO LAFFRANCO (Vedi RS) (FI-PdL), DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI (PD) (Vedi RS), PAOLO RUSSO (Vedi RS) (FI-PdL), ELENA CENTEMERO (Vedi RS) (FI-PdL), GIUSEPPE ROMELE (Vedi RS) (FI-PdL), GUIDO GUIDESI (LNA) (Vedi RS), FRANCESCO PAOLO SISTO (Vedi RS) (FI-PdL), LUCA SQUERI (Vedi RS) (FI-PdL) e il relatore per la maggioranza GIANCLAUDIO BRESSA (PD) (Vedi RS).
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MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, questo è un emendamento molto semplice, che va a dire che il sindaco metropolitano deve essere eletto a suffragio di tutti i cittadini della città metropolitana. Dunque, invito tutti i colleghi a votarlo. EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, ma le pare possibile che chi difende i valori costituzionali, che ha accusato anche la Lega di non difendere per nulla quei valori – e in parte aveva assolutamente ragione, perché noi la Costituzione la vorremmo demolire –, si trovi adesso completamente d'accordo sul fatto che un sindaco della città metropolitana non venga eletto democraticamente da tutti i cittadini, che verrebbero, da un giorno all'altro, sotto il proprio dominus ? Ma è pazzesco !
Io le porto il caso del mio territorio, la provincia di Venezia: 840 mila abitanti e, una volta realizzata la città metropolitana con le fattezze dell'attuale territorio provinciale, improvvisamente 600 mila cittadini di questi 840 mila non avrebbero la possibilità di scegliere il proprio sindaco e nemmeno di potersi esprimere poi sulla gestione di questo nuovo sindaco, proprio perché non avrebbero gli strumenti diretti di esercizio del voto, di elettorato sia attivo che passivo... MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole del nostro gruppo. PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, intervengo in dissenso per articolare solo brevissimamente, per quello che è consentito dal Regolamento, l'argomentazione relativa alla incredulità – che è l'unica reazione che possiamo avere – dinanzi alla decisione di rendere il sindaco dell'area metropolitana nella situazione di non essere eletto dai cittadini, ma di essere eletto tramite un meccanismo di secondo grado, ovvero di essere eletto dai suoi colleghi sindaci della medesima area, in palese contraddizione con le forme di democrazia diretta, come, per esempio, le primarie, di cui ormai si fa uso e abuso, e con quelle forme di democrazia diretta che ormai vanno per la maggiore, non solo nelle grandi democrazie occidentali, ma anche nella nostra, o come dovrebbero andare, poiché è di tutta evidenza che questa impostazione smentisce alla radice il principio della sovranità popolare e delle forme di democrazia diretta e partecipata. DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Signor Presidente, intervengo perché, siccome come milanesi abbiamo fatto una lunga battaglia per poter avere l'elezione diretta del sindaco metropolitano, io credo che ci sia un'interpretazione sbagliata da parte dei miei colleghi di questo articolo della legge, perché di fatto il sindaco metropolitano ha una funzione di secondo livello.
In tutte le città europee, tranne Londra, sostanzialmente è il sindaco della città capoluogo – e io condivido che lo sia – ad essere il punto di riferimento e comunque la legge, così come cita l'articolo, sostanzialmente prevede che siano i comuni ad autoregolamentarsi: se vogliono che nelle città metropolitane ci sia un sindaco eletto direttamente, devono indicarlo in statuto e nel 2016 potranno eleggerselo.
Quindi, io credo che ci sia il pieno rispetto di quelle che sono le autonomie locali, che nella loro autonomia potranno decidere come autogovernarsi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). PAOLO RUSSO. Signor Presidente, intanto intervengo per ricordare che, laddove i comuni davvero volessero, con lo statuto, provvedere ad un'elezione diretta del sindaco metropolitano, il comune capoluogo dovrebbe scindersi, dividersi in più comuni. Questo sta a significare che c’è una clausola, sostanzialmente, che non consentirà mai l'espressione diretta da parte del cittadino perché possa essere realmente esercitata.
Si determinerà, cioè, Presidente, la condizione per la quale il cittadino di San Donato Milanese vale a metà rispetto al cittadino di Milano. Negli stessi termini il cittadino di Acerra vale a metà rispetto al cittadino di Napoli, perché il cittadino di San Donato Milanese e quello di Acerra voteranno il loro sindaco, il cittadino di Milano e quello di Napoli voteranno, nel votare il loro sindaco, anche il sindaco della città metropolitana.
Guardate, veramente è una cosa insulsa, irragionevole e sicuramente sarà anche oggetto di valutazione da parte della Corte (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente). ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, intervengo per ribadire lo stesso concetto: il fatto che l'elezione diretta da parte dei cittadini dell'area metropolitana del sindaco della città metropolitana può avvenire solo con una condizione prevista dallo statuto, che di fatto è una condizione impossibile. Siamo di fronte ad un periodo ipotetico dell'irrealtà, cioè il fatto che il comune di capoluogo – pensiamo ad un comune come può essere quello di Milano o come può essere quello di Napoli – si articoli in ulteriori autonomie locali, cioè in ulteriori comuni. Quindi, credo che questa sia una grande presa in giro per i cittadini, una grande presa in giro per gli elettori dell'area metropolitana. GIUSEPPE ROMELE. Signor Presidente, molto velocemente vorrei chiarire un attimino alcuni punti e alcuni presupposti. Ieri sera venivo tacciato da un collega, tra l'altro compaesano, di non essere capace di leggere gli atti parlamentari. Probabilmente può essere anche vero. In compenso, però, credo di avere sufficiente conoscenza dei territori, dei comuni, delle province, delle comunità montane, delle regioni e dello Stato, visto che ci sono passato bene o male su tutti i fronti, partendo da sindaco del mio paese a 25 anni e così via. Pertanto di territorio credo di saperne abbastanza per chiedere una cosa sola: quindi, non andrò più all'attacco, ma sulle domande e qualcuno magari – perché no ? – mi risponda, se è possibile.
Io chiedo un aspetto solo: nelle province in cui si crea la città metropolitana con qualche comune di periferia attorno e un terzo dei comuni piuttosto che qualcosa di più non chieda di appartenere a quella città metropolitana, a sua volta, cosa si crea ? Un'altra provincia ? GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, dobbiamo chiarirci su un punto essenzialmente.
Se è vero che la stessa possibilità di eleggere il sindaco della città metropolitana viene data ai cittadini dei comuni non capoluogo, fatto salvo che il comune capoluogo si suddivide in ulteriori autonomie, è una complicanza evidente, ma è soprattutto un limite alla partecipazione democratica.
Io non riesco a capire per quale motivo noi non possiamo permettere immediatamente che i cittadini del comune non capoluogo facenti parte della città metropolitana possano esprimersi democraticamente su che sindaco vogliono nella città metropolitana, senza passaggi di tipo burocratico che limitano notevolmente la democrazia, la partecipazione e l'equa partecipazione da parte di tutti i cittadini dell'area metropolitana. FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, segnalo come il meccanismo predisposto in questa norma sia un meccanismo che, lungi dal consentire, impedisce. Rappresento all'Aula che si vorrebbe il suffragio universale, che è previsto come strumento di diretta partecipazione dei cittadini, non prima del 2017, successivamente all'approvazione della legge statale sul sistema elettorale. Condizione necessaria che vi sia entro il 2017 un'articolazione del territorio in comuni capoluogo e in più comuni. A tale fine, deve essere proposto in consiglio comunale e sottoposto a referendum tra tutti i cittadini della città metropolitana in base alle leggi.
Io mi chiedo se sia possibile articolare uno strumento del genere, per dire che cosa ? Che il sindaco della città capoluogo deve essere di diritto e praticamente for ever il sindaco della città metropolitana. Io credo che questo sia un abuso normativo, una tecnica che non è propria di un Parlamento democratico e che dal punto di vista strumentale va denunciata. Io invito a votare favorevolmente su questo emendamento (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Lega Nord e Autonomie). LUCA SQUERI. Signor Presidente, l'onorevole Russo citava quel cittadino di San Donato Milanese che si sarebbe sentito dimezzato nel dover votare, anzi non votare tramite questa norma. Io sono il cittadino di San Donato Milanese e confermo che tale è la condizione che si sente un cittadino della provincia di Milano.
Questa è la dimostrazione nel dettaglio di una legge che non affronta in maniera adeguata una riforma importante come quella delle province. Sentivo che il Presidente del Consiglio diceva che per riformare le province in maniera seria bisogna aspettare una legge costituzionale. Non è una scusante perché farlo in questo modo vuol dire prendere una piccola parte della riforma dello Stato che, appunto, la Costituzione dice va fatta con molta più attenzione e con molta più serietà. GIANCLAUDIO BRESSA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, solo per rappresentare all'Aula che l'articolo che ha letto il presidente Sisto è stato soppresso.
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PRESIDENTE (Vedi RS). Prende atto del ritiro dell'emendamento De Mita 4.207.
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PRESIDENTE. No, presidente, è già intervenuto. Non può intervenire.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Matteo Bragantini 4.24, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
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Intervengono sugli identici emendamenti Matteo Bragantini 4.304 e D'Ottavio 4.305 i deputati UMBERTO D'OTTAVIO (PD) (Vedi RS), PIETRO LAFFRANCO (Vedi RS) (FI-PdL), PAOLO RUSSO (Vedi RS) (FI-PdL), ELENA CENTEMERO (Vedi RS) (FI-PdL) e EMANUELE PRATAVIERA (LNA) (Vedi RS).
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UMBERTO D'OTTAVIO. Signor Presidente, siamo nella parte più importante di questo provvedimento. Continuo a pensare che il fatto che il sindaco del comune capoluogo sia di diritto il sindaco metropolitano, può rappresentare un problema. Penso che sia meglio che venga eletto o che, comunque, venga eletto un sindaco che abbia una maggioranza. Cioè, secondo me, se non accogliamo questo emendamento, può succedere che il sindaco metropolitano sia sindaco ma non abbia una maggioranza. PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, per dichiarare il nostro voto favorevole agli identici emendamenti Matteo Bragantini 4.304 e D'Ottavio 4.305. PAOLO RUSSO. Signor Presidente, questo è un altro emendamento per il quale forse andrebbe fatta una riflessione. Ma quale è l'area metropolitana, quale è la città metropolitana che si vuole costruire ? Si vuole costruire una finzione che non deve amministrare, che deve costare ma che non deve governare, o si vuole piuttosto costruire uno strumento snello ma che abbia anche in sé una capacità di Governo attraverso adeguate e proprie maggioranze ? È evidente che non approvare un emendamento del genere significa lasciare in una condizione di stallo la città metropolitana, volere insomma, in buona sostanza, cambiare per non cambiare nulla. Tutto questo andrebbe riferito al neosegretario Renzi, a cui vanno i miei auguri, per fargli sapere che mentre lui dice che le province vanno abolite, qui si sta facendo l'esatto contrario: un pasticcio che moltiplica province e città metropolitane. ELENA CENTEMERO. A titolo personale, solo per chiarire che l'emendamento approvato al testo originario che, nel testo attuale, è il comma 3-bis, ribadisce come, per attuare l'elezione diretta da parte dei cittadini del sindaco metropolitano, appunto a suffragio universale, sia condizione necessaria, come ha detto il presidente Sisto poco fa, il fatto che il comune capoluogo sia articolato in più comuni, ci sia un referendum e, per quanto riguarda le sole città al di sopra dei 3 milioni di abitanti, ci sia anche per esse un'articolazione in realtà dotata di un'autonomia amministrativa. EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, solo per dire che ora ho l'assoluta certezza che la volontà del Ministro Delrio, del Governo e della maggioranza di questo Parlamento, non è quella di ridurre i costi, non è nemmeno quella di razionalizzare, non è nemmeno quella di semplificare, non è nemmeno quella di dare una risposta ai cittadini, ma è quella di «sovietizzare» le più importanti città e aree urbane del nostro Paese.
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Intervengono sull'emendamento Gelmini 4.213 i deputati PIETRO LAFFRANCO (Vedi RS) (FI-PdL) e PAOLO RUSSO (Vedi RS) (FI-PdL).
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PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, noi voteremo a favore di questo emendamento. PAOLO RUSSO. Signor Presidente, intanto intervengo per precisare che è evidente, anche dalla valutazione dell'emendamento che è stato appena posto in votazione, quello precedente, che aveva ragione il collega Sisto, e non Bressa. È complicatissimo consentire il voto ai cittadini e si è costruito una sorta di «gioco dell'oca», teso a non consentire l'esercizio diretto del voto universale popolare.
Ma, a parte questo, mi preme sottolineare un altro aspetto: uno dei temi che più volte è stato qui evocato è che, attraverso questa norma, è possibile un risparmio significativo delle spese della pubblica amministrazione. La Corte dei conti vi ha segnalato, con una puntualità straordinaria, che non solo non è certo il risparmio, ma è molto probabile un aumento dei costi.
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Intervengono sull'emendamento Bianconi 4.214 i deputati PIETRO LAFFRANCO (Vedi RS) (FI-PdL) e MAURIZIO BIANCONI (Vedi RS) (FI-PdL).
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PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, voteremo a favore. MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, questo emendamento è per la soppressione del consiglio metropolitano, e quindi dei suoi modi di elezione, perché, oltre a fare il sindaco della città metropolitana come pare a loro, pretendono anche una pletora di conferenze di sindaci per prenderci in giro di più e meglio, dicono loro, gratuitamente.
Quando si crea un organismo, non è mai gratuito, perché ci sono sempre un po’ di funzionari intorno. Il fatto, poi, che dopo i commi 2 e 3 ci sia il comma 3-bis, Presidente, che dà ragione al presidente Sisto e non al collega Bressa, mi sembra molto indicativo anche della buona fede con la quale ci si atteggia riguardo a questo provvedimento.
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Intervengono sull'emendamento Mazziotti Di Celso 4.218 i deputati ELENA CENTEMERO (Vedi RS) (FI-PdL), FRANCESCO PAOLO SISTO (Vedi RS) (FI-PdL), PAOLO RUSSO (Vedi RS) (FI-PdL), MAURIZIO BIANCONI (Vedi RS) (FI-PdL), PIETRO LAFFRANCO (Vedi RS) (FI-PdL), GIUSEPPE ROMELE (Vedi RS) (FI-PdL), MATTEO BRAGANTINI (LNA) (Vedi RS), EMANUELE PRATAVIERA (LNA) (Vedi RS), ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO (SCpI) (Vedi RS), GUIDO GUIDESI (LNA) (Vedi RS), nuovamente il deputato ELENA CENTEMERO (Vedi RS) (FI-PdL), nonché i deputati CRISTIAN INVERNIZZI (LNA) (Vedi RS) e GIUSEPPE D'AMBROSIO (M5S) (Vedi RS).
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ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole di Forza Italia su questo emendamento. FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, ho l'occasione, per la verità non difficile in questo provvedimento, di ribadire il percorso ad ostacoli che rende pressoché impossibile, non voglio dire neanche improbabile, l'elezione diretta del sindaco metropolitano. Basterà leggere il comma 3-bis, che è il clone di quello che ho letto esattamente qualche secondo fa, per dire che l'elezione può avvenire successivamente all'approvazione della legge elettorale; è condizione necessaria affinché si possa far luogo all'elezione del sindaco a suffragio universale che entro il termine predetto si sia proceduto ad articolare il territorio del comune capoluogo in più comuni; a tal fine il comune capoluogo deve proporre la predetta articolazione territoriale con deliberazione del consiglio comunale adottata, eccetera; la proposta deve essere sottoposta a referendum. Non basta, la regione deve aver provveduto con propria legge all'istituzione di nuovi comuni e alla loro denominazione nel senso dell'articolo 133 della Costituzione. Mi chiedo e vi chiedo con quale coraggio si vuole introdurre un meccanismo impossibile del genere. È la prosecuzione senza termine del sindaco della città capoluogo, ed è facile comprendere perché. PAOLO RUSSO. Io suggerirei, credo che sia anche più agevole nella lettura poiché avete visto quanto è complicato una articolo siffatto, e inviterei il ministro ha farlo tempestivamente, di mettere anche i nomi. Visto che la partita serve soltanto che a travasare un po’ di sindaci del PD, e a renderli per legge anche sindaci della città metropolitana senza che conoscano la restante parte della provincia, senza che siano legittimati, senza che mai nessun elettore li abbia indicati per quella prospettiva.
Giacché vi è questa anomalia, diciamo così, anomalia democratica, come la volete rappresentare ? Rendete la vita più semplice a tutti, ai cittadini, a noi parlamentari che stiamo votando e soprattutto a chi legge la norma: precisate per norma chi volete, con nome e cognome, che siano i sindaci delle città metropolitane. Diventerebbe tutto più facile (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Lega Nord e Autonomie). MAURIZIO BIANCONI. Questo percorso ad ostacoli mi ricorda la barzelletta di quello che ha condannato a morte un signore invitandolo però a fare dei quiz per vedere se riesce a salvarsi la vita e gli chi chiede: «quanti sono gli abitanti di Pechino ?» e lui gli risponde: «5 milioni 776 eccetera» «E quelli della Cina ?» e quello glieli dice precisi, un miliardo e passa. Questo smarrito gli dice: «fuori i nomi !». E così avete fatto voi con questa norma. Avete chiesto tutti i nomi del popolo cinese. Questa è una norma impossibile. Questa è una norma da dittatori, avete fatto una norma da dittatori (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Lega Nord e Autonomie) ! Volete comandare il territorio, vergogna ! PIETRO LAFFRANCO. La foga e l'enfasi del collega che mi ha preceduto non mi fanno dimenticare il motivo per il quale intendo intervenire e pormi e porre all'Aula e a lei soprattutto, Presidente, il quesito: ma perché è stata fatta una norma di questo genere ? A chi va pagata la «cambiale politica» ? A chi va dato questo genere di potere ? Forse a tutti i sindaci che alle primarie hanno appoggiato Renzi ? (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente). GIUSEPPE ROMELE. Io invece, siccome credo ancora al buonsenso, innanzitutto di questa Aula, purtroppo alla buona fede degli estensori di questo provvedimento non credo, ma credo sì al buonsenso e all'equilibrio dell'Aula. Ebbene il silenzio tombale che regna quest'oggi, in particolare nelle file della sinistra e del Partito Democratico ma un po’ anche nelle altre realtà che si dichiarano sì contrarie a questo provvedimento, ma le vedo molto taciturne perché, in realtà, probabilmente fa comodo a tutti in alcune realtà territoriali, locali, comunali e provinciali.
Ebbene, cari colleghi, attenzione che qui si sta giocando sul destino di tanta, tanta nostra gente a livello locale, della convivenza territoriale, per chi sa cosa vuol dire vivere nei comuni, vivere nelle province, attorno a una serie di servizi che sono necessari e che da anni – oserei dire da secoli – vengono puntualmente serviti da questi organismi. Voi, con un colpo di spugna, siete finalizzati solo ed esclusivamente a premiare qualche papavero locale. Ebbene questo è improponibile. MATTEO BRAGANTINI. Per comunicare che la Lega voterà a favore di questo emendamento. EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, credevo di avere esagerato prima nell'affermare che questa è una volontà precisa, politica di «sovietizzare» la maggior parte del territorio di questo Stato. Ma sentendo gli interventi che mi hanno preceduto mi sa che ci avevo azzeccato.
Stavo riguardando adesso la lista delle città e delle province che dovrebbero diventare area metropolitana, e tra queste c’è anche Firenze: me lo immagino Renzi ad occuparsi della sua città, dei suoi rioni, dei cittadini che lo hanno eletto, e ad occuparsi anche al contempo di tutta la provincia della nuova area metropolitana; e me lo vedo al tempo stesso girare l'Italia col suo camper per portare la buona novella. Credo che questa sia una grandissima presa in giro, l'ennesima presa in giro e volontà politica di piazzare qualche uomo e di nascondere qualche carta, e di spalmare i debiti creati in questi grossi centri urbani in decenni, in particolare gestiti dalla sinistra, su dei concittadini che non ne potranno assolutamente nulla. ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, colleghi, intervengo soltanto per interpretare l'emendamento, avendolo presentato. Ho sentito una polemica generale su tutto l'argomento: l'emendamento ha solo una finalità, che è quella di evitare una duplicazione di elezioni dirette che non avrebbe dal mio punto di vista alcuna logica, essendoci elezioni comunali che non giustificano una duplicazione con l'elezione anche a livello di città metropolitana. Non sono d'accordo con le considerazioni che sono state fatte in via generica sulla legge, e anche sul tema della coincidenza tra il sindaco della città metropolitana e del capoluogo di provincia: non sono d'accordo con quello che ho sentito, perché credo che risponda ad una logica in una legge di questo tipo, che abbiamo deciso di sostenere come gruppo Scelta Civica. L'unica funzione quindi di questo emendamento, che non è quella di una critica generale dell'insieme della legge, è semplicemente una critica a lasciare una facoltà di elezione diretta molto complicata e con dei requisiti difficilmente attuabili, quando esistono già le elezioni a livello comunale. GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, volevo capire essenzialmente una cosa dall'altra parte dell'emiciclo che ho visto che è quanto mai silente oggi, ma anche dal Ministro. Stamattina, quando si è discussa la fiducia al Governo, voi avete presentato attraverso le parole del segretario uscente del Partito Democratico una grande partecipazione alle primarie come metodo democratico, e quant'altro: cose di cui vi diamo atto. Oggi siamo qui a discutere invece il limite di partecipazione dei cittadini non solo elettorale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), perché alcuni non potranno scegliere il loro sindaco, il sindaco della città metropolitana. ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, intervengo solo per dire che ho apposto la firma a questo emendamento, perché per Forza Italia questo emendamento invece va nell'ottica di abolire tutta quella che è la complicazione dell'elezione diretta, per sostenere invece l'elezione diretta del sindaco della città metropolitana, che non può – lo ribadisco – essere di diritto il sindaco della città capoluogo. CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, intervengo ulteriormente per sottolineare come sembra ormai che sia invalso, anche all'interno di questa Camera, il principio in base al quale l'elezione diretta, e la partecipazione quindi di tutti i cittadini, sia la vera causa della degenerazione della politica. Avremo occasione, nel corso della discussione della legge, di verificare e di sottolineare ulteriormente come ormai anche a livello centrale, anche a livello di Parlamento, si cerchi di «scaricare» ogni tipo di critica proprio sugli enti locali, soprattutto sugli amministratori locali. GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, oggi lo spettacolo che stiamo osservando in quest'Aula – spero che magari in questo momento siano collegati tanti cittadini sul canale web della Camera – è la dimostrazione plastica di quello che oramai è diventata la politica: un teatrino, all'interno di quest'Aula, un teatrino delle parti, dove nessuno ha il coraggio realmente di prendere parte al merito delle cose. Infatti, si fa semplicemente un gioco politico tra le parti e nessuno ha il coraggio di affrontare la questione concretamente. Quindi mi dispiace, ad esempio, vedere un Ministro che comunque afflitto assiste a questa discussione e in qualche modo non sa concretamente dove porsi perché anche quella che è la maggioranza ormai – perché la possiamo definire maggioranza da questa mattina – non appoggia un atto del Governo se non attraverso una marea di emendamenti.
Allora la nostra domanda è semplice: siccome al di fuori di quest'Aula dicono ancora una volta che il MoVimento 5 Stelle è contro l'abolizione delle province, io volevo ricordare semplicemente due dati di fatto precisi: il MoVimento 5 Stelle non è da oggi contro le province, ma fino a prova contraria, è e resta l'unica forza politica che mai, sottolineo mai, ha partecipato ad alcuna elezione provinciale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Inoltre, secondo appunto, io sfido ancora per l'ennesima volta queste forze politiche ad impegnare il Ministro invece, che vediamo lì da quella parte, a cancellare adesso e a dire: ok, chiudiamo questo spettacolino che in qualche modo sta andando avanti e cominciamo realmente un percorso di riforma costituzionale impegnando il Governo e quello che è il nuovo segretario anche del Partito Democratico, che ha detto che vuole le province (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)..., ricordo che il tempo c’è...
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Intervengono sull'emendamento D'Ottavio 4.220 i deputati MATTEO BRAGANTINI (LNA) (Vedi RS), Relatore di minoranza, PIETRO LAFFRANCO (Vedi RS) (FI-PdL) e PAOLO RUSSO (Vedi RS) (FI-PdL).
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MATTEO BRAGANTINI, Relatore per la minoranza. Signor Presidente, intervengo per rettificare il parere, che invece è contrario. PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, per dichiarare la nostra astensione su questo emendamento. PAOLO RUSSO. Signor Presidente, intervengo per una precisazione. Immagino che i colleghi abbiano già ben chiaro questo dato e magari provo a spiegarlo con un esempio, mi procuro il privilegio di provare con un esempio a lei caro. Una città metropolitana come Napoli ha il compito della gestione di sistemi di area vasta, quindi anche di vicende che riguardano, per esempio, il comune di Pomigliano D'Arco. Ebbene, le scelte strategiche del sindaco della città metropolitana, cioè il sindaco di Napoli eletto dai cittadini di Napoli, incideranno naturalmente sulla città, sull'urbe di Napoli e sulla parte della provincia, ma quel sindaco è eletto soltanto dai cittadini di Napoli. È evidente che le scelte strategiche saranno orientate a vantaggio della città capoluogo, del comune capoluogo e a danno naturalmente della provincia.
Mi permetterei di significare questo per ricordare che, quando una cosa è eccessiva e fatta male, poi non funziona, signor Ministro.
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Intervengono sugli identici emendamenti Cirielli 4.302 e D'Ottavio 4.306 i deputati CRISTIAN INVERNIZZI (LNA) (Vedi RS), EMANUELE PRATAVIERA (LNA) (Vedi RS), ROCCO PALESE (Vedi RS) (FI-PdL), MAURIZIO BIANCONI (Vedi RS) (FI-PdL), MATTEO BRAGANTINI (LNA) (Vedi RS), GIUSEPPE D'AMBROSIO (M5S) (Vedi RS), SERGIO BOCCADUTRI (SEL) (Vedi RS), GIUSEPPE ROMELE (Vedi RS) (FI-PdL), IVAN DELLA VALLE (M5S) (Vedi RS), FABIO LAVAGNO (SEL) (Vedi RS) e PIETRO LAFFRANCO (Vedi RS) (FI-PdL), nonché, per un richiamo al Regolamento, il deputato MASSIMILIANO FEDRIGA (LNA) (Vedi RS), cui rende precisazioni il PRESIDENTE (Vedi RS). Interviene altresì il deputato PAOLO RUSSO (Vedi RS) (FI-PdL).
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CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, solo per annunciare il voto favorevole della Lega Nord su questo emendamento. EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, intervengo solo per chiederle se il gruppo del MoVimento 5 Stelle sta leggendo la stessa legge che sto leggendo io perché probabilmente ha accusato di teatrino della politica, ma qui non c’è nessun teatrino.
Il MoVimento 5 Stelle sta, con questa votazione, avallando il fatto che solo una parte dei cittadini residenti in una provincia che si trasforma in città metropolitana, possa eleggere un sindaco che comanda su tutti gli altri con riguardo a questi poteri e a queste funzioni: piano strategico del territorio metropolitano, pianificazione territoriale generale, strutturazione dei sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale e di ambito metropolitano, mobilità e viabilità (milioni di euro al mese), promozione e coordinamento dello sviluppo economico-sociale, promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano. Tutti motivi per cui il MoVimento 5 Stelle è nato. Con questi voti, sta facendo in modo che il sindaco possa avere ancora più poteri di quelli che ha, che la casta possa avere ancora più poteri, scollegata dal diretto controllo dei cittadini. Probabilmente, hanno un testo diverso da quello che ho io. ROCCO PALESE. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole su questo emendamento da parte del gruppo Forza Italia. MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per suffragare quanto diceva il collega della Lega, cioè dell'importanza che ha questo provvedimento e che non c’è affatto teatrino di sorta in quello che diciamo. Quando parlava il collega dei 5 Stelle mi è venuto in mente il libro di Sartre, La nausea, quando il protagonista del libro parla di tutto con uno che lui definisce l'autodidatta e vedeva che su tutti gli argomenti sapeva molto e su altri non ne sapeva assolutamente niente perché poi scoprì che era andato in biblioteca e aveva letto tutto fino alla lettera «p».
Evidentemente loro hanno tutto fino alla lettera «o». Con la «p» di provincia ancora non hanno studiato e, allora, fanno scena muta e cercano di giustificarsi. MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, intervengo a titolo personale. Volevo segnalare una cosa molto semplice. Questo emendamento non dice che deve essere utilizzato questo sistema elettorale per l'elezione diretta dei sindaci metropolitani, ma prevede che la città metropolitana e i suoi organismi possono prevedere l'elezione diretta. Dunque, diamo la possibilità alle città metropolitane e a tutti i sindaci, se vogliono, di fare l'elezione diretta del proprio sindaco. Penso che sia una cosa democratica, penso che sia una cosa giusta e non ci sia quel bizantinismo che, invece, è presente nella norma che dice che se viene fatta l'elezione diretta bisogna che il comune capoluogo venga sciolto.
Dunque, non riesco a capire perché anche il PD sia contrario, perché noi diciamo semplicemente che se i comuni della città metropolitana vogliono fare l'elezione diretta possono farla. GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, partendo dal presupposto della simpatia per il collega Bianconi, per il quale comunque non cambia la valutazione in tal senso, io volevo fare presente che il MoVimento 5 Stelle infatti non ha studiato, evidentemente, nella stessa biblioteca in cui Bianconi magari va a studiare. Semplicemente noi in Commissione, perché lì si studia, lì si lavora e lì si vedono anche gli atti, abbiamo preso atto di quello che loro tutti i presenti hanno chiamato come auditi, costituzionalisti ed esperti vari, e tutti coloro che sono venuti lì a parlare, in Commissione, hanno di fatto distrutto questo atto.
Quindi, noi prendiamo atto di quello che i loro esperti dicono e loro, invece, dei loro esperti, che hanno chiamato per avere eventualmente qualche consulenza sull'atto, fanno finta di fregarsene altamente e vanno avanti. Inoltre, voglio anche ricordare una cosa: un carattere di incostituzionalità in quest'atto, noi che non abbiamo studiato, ad esempio, lo ravvediamo tranquillamente nello spostamento di questi enti al secondo livello, perché in questo modo – dal primo al secondo livello – togliendo la rappresentatività – e quindi la votazione – un atto del genere può essere fatto soltanto con una riforma costituzionale e questo la Corte dei conti e i costituzionalisti che sono venuti a parlare ce lo hanno detto in ogni modo. Ma, evidentemente qualcuno si è fermato altro che alla lettera «p»; si è fermato, magari, al passaggio a livello del proprio paese e, quindi, qui non è proprio venuto, anche perché magari in Commissione l'abbiamo visto poco o quanto niente. Quindi, noi, invece, che in Commissione c'eravamo, i loro esperti li abbiamo ascoltati e di quello abbiamo preso atto e oggi stiamo facendo quello.
Poi, alla Lega rispondo, Presidente, magari se ne faccia tramite, che noi non abbiamo bisogno delle province, in qualche modo, per radicarci sul territorio e, quindi, non siamo legati a queste poltrone. Noi abbiamo bisogno semplicemente delle piazze per essere vicini ai cittadini. Magari in questo inizino a seguire quello che il loro nuovo segretario dice e, cioè, il ritorno in piazza. La provincia non è una piazza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! SERGIO BOCCADUTRI. Signor Presidente, il nostro gruppo voterà a favore di questo emendamento e siccome si fanno presenti sempre molte cose in quest'Aula, vorrei rinfrescare la memoria perché la prima volta in cui il MoVimento 5 Stelle ha partecipato alle elezioni furono esattamente le elezioni provinciali del 6 e 7 giugno 2009, le elezioni provinciali della provincia di Torino, dove ci fu anche un comizio del leader Beppe Grillo a Rivoli (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), il 25 maggio, a sostegno della lista di Vittorio Bertola, oggi capogruppo a Torino del MoVimento 5 Stelle.
Quindi, per favore quando dovete rinfrescare la memoria qualche «ricerchina» fatela anche voi su Wikipedia (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). GIUSEPPE ROMELE. Sicuramente Presidente, mi rivolgo però complessivamente, come già fatto poc'anzi, all'Aula e stavolta, in particolare, mi rivolgo al Ministro. Io so che, da notizie raccolte fra i colleghi, il Ministro Delrio è stato un buon amministratore locale, credo sia stato sindaco, di passaggio magari poi anche per la regione Emilia Romagna e dintorni. Però, mi preoccupa molto anche come immagine, oserei dire, che questo Ministro stia qui tacito e acconsenta, quasi a fare la funzione del servus servorum, di chi però non si sa. Questo mi preoccupa molto, in quanto sa benissimo – e già lo diceva poc'anzi anche il collega del MoVimento 5 Stelle – che questo provvedimento è anticostituzionale, antipopolare e illegittimo su tutti i fronti. Ebbene, perché questa tenacia quasi patologica, quasi isterica di andare avanti senza limiti di fermo ? Io oserei dire invece che si abbia il coraggio, come dissi già in Commissione qualche giorno fa, di fermare il tutto – qualche giorno non fa male – e riprendere il provvedimento secondo saggezza, equilibrio e nel rispetto della Costituzione. IVAN DELLA VALLE. Signor Presidente, probabilmente il collega di SEL queste notizie le legge su l'Unità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), perché non si capisce dove abbia scoperto questa cosa. Le faccio presente che, quando ci sono state le provinciali che citava, cioè nel 2009, il Movimento ancora non esisteva. FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, mi permetto di leggere un breve testo, poi le dirò la fonte: Venerdì mattina presto ci siamo recati in tribunale e abbiamo presentato la lista; sono state considerate valide le firme e pertanto la lista è stata ufficialmente accettata e sarà sulla scheda delle prossime elezioni provinciali di Torino. PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, in merito a questa remota possibilità che l'articolo prevede e che è oggetto dell'emendamento, e quindi pregandola di voler trasferire questa considerazione al collega Bianconi che ha parlato precedentemente, non posso non farle notare che quell'autodidatta che lui citava in realtà non si è fermato alla lettera O, ma si è fermato alla lettera N, perché la lettera O di opposizione ancora gli è ignota. MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, faccio riferimento all'articolo 36 e ai successivi. Io voglio ricordare che in questo provvedimento c’è il tempo contingentato. Adesso che la Presidenza prima che un intervento possa finire – mi riferisco sia agli interventi di SEL che del MoVimento 5 Stelle, non voglio far torto a nessuno – possa dire che l'intervento sia pertinente o meno al tema che stiamo trattando – magari un deputato ritiene che, raccontando uno specifico avvenimento avvenuto in qualche elezione, possa motivare liberamente e bene il proprio voto – e inizi a togliere la parola, pensando già come finirà l'intervento del collega, penso non sia corretto, oltretutto considerando che i tempi sono contingentati. Invito quindi la Presidenza ad utilizzare un atteggiamento, rispetto a tutti i gruppi parlamentari, di libertà di espressione all'interno di questa Aula. PRESIDENTE. Io cerco di garantire la libertà di espressione e il diritto di voto anche degli altri parlamentari che non si stanno esprimendo, cercando semplicemente di attenerci a quello che è il merito dell'emendamento. Come dice anche il Regolamento, richiamo due volte ad attenersi al merito dell'emendamento e, nel caso, tolgo la parola. Questo dice il Regolamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Russo. Ne ha facoltà. PAOLO RUSSO. Signor Presidente, intanto con questo emendamento, Presidente, vorremmo sollecitare la riflessione su altre due questioni. Il primo risultato che si è ottenuto è che l'ANCI al suo interno avrà una naturale condizione di conflittualità fino alla difficile convivenza tra i comuni delle grandi città e tutti gli altri comuni. Il secondo risultato che si va ottenendo – e questo devo dire sarà un grande merito di questo Governo – è quello di generare naturalmente una voglia di tutti i comuni, un desiderio da parte di tutti i comuni della cinta periurbana rispetto al comune capoluogo, di uscire dalla città metropolitana. Il risultato sarà che alle province si sostituiranno le città metropolitane e le province residuali. Bel risultato sul fronte della riduzione della spesa !
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PRESIDENTE (Vedi RS). Come stabilito a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, sospende l'esame del provvedimento.
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PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Cirielli 4.302 e D'Ottavio 4.306, con il parere contrario della Commissione e del Governo, e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
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Sul calendario dei lavori dell'Assemblea. (Vedi RS)
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Sul calendario dei lavori dell'Assemblea (ore 18).
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PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica che, secondo quanto stabilito a seguito della odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, il seguito dell'esame del disegno di legge n. 1542-A e abbinate avrà luogo la prossima settimana subito dopo l'esame in Aula dei documenti di bilancio, con priorità rispetto a tutti gli altri argomenti già previsti.
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PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo di oggi, è stato stabilito che l'ulteriore seguito dell'esame del disegno di legge n. 1542 e abbinate – Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni avrà luogo la prossima settimana subito dopo l'esame in Aula dei documenti di bilancio, con priorità rispetto a tutti gli altri argomenti già previsti.
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Annunzio di una informativa urgente del Governo. (Vedi RS)
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Annunzio di una informativa urgente del Governo.
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PRESIDENTE (Vedi RS). Avverte che nella seduta di domani, alle 11, avrà luogo un'informativa urgente del Governo sulle manifestazioni di protesta che hanno avuto luogo a Torino e in altre città italiane e sul comportamento di esponenti delle Forze dell'ordine.
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PRESIDENTE. Avverto che domani alle ore 11 avrà luogo una informativa urgente del Governo sulle manifestazioni di protesta che hanno avuto luogo a Torino e in altre città italiane e sul comportamento di esponenti delle Forze dell'ordine.
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Annunzio delle dimissioni di un sottosegretario di Stato. (Vedi RS)
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Annunzio delle dimissioni di un Sottosegretario di Stato.
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PRESIDENTE (Vedi RS). Dà lettura delle lettera inviata dal Presidente del Consiglio dei ministri nella quale si comunica che il Presidente della Repubblica ha accettato le dimissioni rassegnate dall'onorevole dottoressa Jole Santelli dalla carica di sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali.
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PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 10 dicembre 2013, la seguente lettera:
«Onorevole Presidente,
La informo che il Presidente della Repubblica con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, ha accettato le dimissioni rassegnate dall'onorevole dottoressa Jole Santelli, deputato al Parlamento, dalla carica di Sottosegretario di Stato al lavoro e alle politiche sociali.
Firmato: Enrico Letta».
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Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare. (Vedi RS)
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Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.
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PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica che il deputato Andrea Romano ha reso noto di essere stato eletto, in data 10 dicembre 2013, presidente del gruppo parlamentare Scelta Civica per l'Italia.
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PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 11 dicembre 2013, il deputato Andrea Romano ha reso noto di essere stato eletto, in data 10 dicembre 2013, presidente del gruppo parlamentare Scelta Civica per l'Italia.
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Per fatto personale. (Vedi RS)
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Per fatto personale (ore 18,05).
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Intervengono per fatto personale i deputati DAVIDE FARAONE (PD) (Vedi RS) e RICCARDO NUTI (M5S) (Vedi RS).
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DAVIDE FARAONE. Signor Presidente, io volevo fare questo mio breve intervento intanto per ringraziare il mio partito, il mio gruppo parlamentare, Guglielmo Epifani, il Presidente del Consiglio, Enrico Letta, Gero Grassi, per il sostegno che insieme a centinaia di cittadini è stato espresso nei miei confronti.
E lo voglio fare contrapponendolo – questo gesto di solidarietà di una comunità che è rappresentata da questo partito, che nonostante abbia fatto un congresso, anche abbastanza teso, quando c’è motivo di difendere un componente di questo gruppo parlamentare lo fa – a chi, invece, ha, con cinismo, utilizzato metodi fascisti e mafiosi, fascisti e mafiosi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché il manganello e l'additamento della mafia, a volte, non sono soltanto utilizzati materialmente, ma possono essere anche utilizzati con il linguaggio e con la parola.
E sfido il collega Riccardo Nuti, se ha coraggio, a ripetere le stesse identiche parole che ha detto in quest'Aula, a riparo di quest'Aula, a riparo del segno della casta, che lui contesta, e che è rappresentato dall'immunità parlamentare, di uscire da quest'Aula, ripeterle e rinunciare all'immunità parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), per consentirmi di querelarlo e verificare se le parole che ha detto sono vere o sono mere falsità !
Ma non lo farà, perché il collega Nuti, oltre ad essere un bugiardo, è anche un codardo ! Ed è bugiardo ed imbroglione perché quando si è candidato al comune di Palermo – lezioni di moralità uno così non può darle – ha scritto, pur di avere qualche voto in più, imbrogliando i cittadini palermitani: Riccardo Nuti detto «Grillo». E nonostante abbia detto: «Grillo» non è stato eletto, i cittadini non lo hanno votato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Proteste dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! RICCARDO NUTI. Solamente per dire a gente che non dovrebbe avere neanche il coraggio di parlare, dopo quanto... (Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico).
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Sull'ordine dei lavori. (Vedi RS)
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Sull'ordine dei lavori (ore 18,10).
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Intervengono sull'ordine dei lavori i deputati STEFANO ALLASIA (LNA) (Vedi RS), ANDREA COLLETTI (M5S) (Vedi RS), GIUDITTA PINI (PD) (Vedi RS), FRANCO BORDO (SEL) (Vedi RS), DANILO TONINELLI (M5S) (Vedi RS), ROCCO BUTTIGLIONE (PI) (Vedi RS), GIUSEPPE D'AMBROSIO (M5S) (Vedi RS), LUIGI GALLO (M5S) (Vedi RS) e GIROLAMO PISANO (M5S) (Vedi RS).
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STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, oggi all'età di 79 anni, a Torino, si è spento dopo una lunga malattia Gipo Farassino: chiedo che venga commemorato in Aula (Applausi). Gipo è stato un uomo la cui statura culturale, morale e intellettuale ha permesso di unire generazioni intere. È stato un punto di riferimento capace di creare... ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, ieri ho ascoltato con interesse l'intervento del collega Scotto, che si riferiva ad una espressione sul blog di Beppe, in cui diceva «in alto i cuori». E con un grande profluvio di applausi da parte di PD e di SEL. Oltretutto ho sentito anche ripetizioni di questo «incitamento nazista» da parte di Migliore oggi, in Aula.
Ebbene ieri sera mi ha chiamato mia madre, che è insegnante di latino – io purtroppo non sono così intelligente, né saggio – e mi ha detto: ma «in alto i cuori», in realtà, deriva da sursum corda, il quale è la traduzione latina di «in alto i cuori» e appartiene al rito della messa in lingua latina dalla Chiesa cattolica.
E quindi ora mi chiedo: ma magari per SEL e PD anche la Chiesa cattolica è diventata apologia del nazismo e del fascismo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Ma con che faccia voi dite queste stupidaggini ? Ma veramente bisognerebbe fare silenzio ogni tanto e farci certamente più bella figura.
E, poi, dopo aver sentito anche la risposta del collega Nuti... (Commenti). GIUDITTA PINI. Signor Presidente, nelle ultime settimane abbiamo assistito, all'interno delle pagine di un famoso blog di un comico coprolalico che è anche capo di un partito che è presente in quest'Aula, a una sorta di escalation che è partita dagli attacchi alla giornalista de L'Unità Maria Novella Oppo, è continuata con la schedatura, con una lista di proscrizione, mettiamola così, dei deputati ritenuti illegittimi da questo stesso comico, tra cui mi vanto anche di essere stata inserita, e poi è culminata ieri con un appello alle forze di polizia, alle forze dell'ordine e di sicurezza di questo Paese a – cito – «non schierarsi più davanti ai palazzi del potere». Io sono nata nel 1984, i miei nonni hanno combattuto per la democrazia e mi hanno insegnato cosa vuol dire avere paura e saper intuire cosa vuol dire quando ci sono delle sembianze di protofascismo. Noi non siamo assolutamente violenti e condanniamo le violenze che ci sono in questi giorni. Condanniamo anche le minacce che subiscono quotidianamente anche i ragazzi, le donne e i cittadini che si impegnano tutti i giorni e che vorrebbero andare a lavorare, e per questo stiamo valutando il fatto che nelle prossime ore, con ogni probabilità, denunceremo alle autorità competenti il signor Giuseppe Grillo, perché c’è un limite che non deve essere mai superato, che è quello della legalità, e noi siamo per fare in modo, ognuno con le proprie capacità, ognuno con le proprie competenze, che chi va al di là della legge, poi dopo passi anche per la legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). FRANCO BORDO. Signor Presidente, a me non ha chiamato mia madre, ma mi hanno chiamato amici e compagni... DANILO TONINELLI. Signor Presidente, il MoVimento 5 Stelle è contro la violenza. Condanna chiunque stia commettendo e abbia commesso in questi giorni atti di violenza. Molto più violente e violentissime sono le parole che si sono sentite invece oggi a partire dal dibattito sul voto di fiducia e anche negli ultimi interventi in quest'Aula. Voi state cercando di far passare il messaggio che il MoVimento 5 Stelle sia un movimento politico violento quando, in realtà, è l'esatto opposto e lo prova il fatto che fuori da quest'Aula, come in tante altre piazze, ci siano decine e centinaia di cittadini normali ed onesti e a questi cittadini sia andato a parlare esclusivamente il MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Nessuno di voi è uscito dall'Aula e senza scorta è andato a parlare a questa gente. Prendete, uscite da queste porte e andate a parlare con queste persone... (Commenti). ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, vorrei cominciare ricordando che oggi è il novantacinquesimo anniversario della nascita di Alexander Solzenicyn, l'11 dicembre 1918. Lo ricordo perché è stato un grande della lotta per la libertà e della lotta contro il totalitarismo comunista, oltre che perché è stato un mio amico in tempi in cui non aveva molti amici in Italia. Ho avuto l'onore di dargli la laurea honoris causa della Internationale Akademie für Philosophie del Principato del Liechtenstein.
Ma voi sapete che io non ho la mania del commemorare gli anniversari. Ricordo Solzenicyn soprattutto per ricordare alcune parole che egli ci ha lasciato. Come inizia un movimento totalitario ? Un movimento totalitario inizia quando qualcuno ritiene se stesso la parte sana della nazione e oppone questa parte sana alla parte malata, che sono tutti gli altri, e considera quindi che gli altri non hanno reale diritto di parola, non sono veramente cittadini, e quelli mandati in Parlamento da questi altri, che sono la parte marcia della nazione, non sono veramente parlamentari. La loro parola non vale come la mia parola. Il loro voto non vale come il mio voto. I loro diritti non valgono come i miei diritti. E allora posso aggredirli, posso diffamarli, posso dire su di loro cose che non sono vere o che non so se sono vere o meno, ma non ho bisogno neanche di andare a controllare troppo in profondità se le cose che dico sono vere oppure sono false, perché comunque loro sono la parte marcia della nazione e loro devono essere separati dalla nazione, perché la nazione possa vivere e svilupparsi. Mi sono domandato oggi cosa avrebbe detto Solzenicyn se avesse ascoltato il dibattito che ha avuto luogo in quest'aula. Credo che ne sarebbe uscito preoccupato. Ne sono preoccupato anch'io (Applausi dei deputati dei gruppi Per l'Italia, Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia). GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, mi consenta di dire in quest'Aula due cose: anzitutto che l'indignazione verso le parole violente e la violenza in quest'Aula sembra ci sia solo in un senso, cioè verso il MoVimento 5 Stelle mentre, ad esempio, quando una nostra deputata ha fatto un intervento, condivisibile o meno, e ovunque – sottolineo: ovunque – è stata minacciata di morte, nessuno in quest'Aula ha minimamente fiatato ma, ancora più da codardi, vergognosamente, alcuni hanno manifestato la propria solidarietà segretamente, alla nostra deputata.
Questo già qualifica le persone che sono qui dentro, che perlomeno non hanno gli attributi per poter dire pubblicamente ciò che pensano.
Secondo passaggio: visto che comunque – mi rivolgo a lei, signor Presidente, con un appello – questo spazio oramai è diventato lo spazio in cui ci si rivolge al blog di Beppe Grillo, trasformiamolo da spazio per gli interventi di fine lavori in interventi sul blog di Beppe Grillo, e magari invitiamo anche Beppe Grillo, in maniera tale che il cittadino Beppe Grillo possa difendersi e noi non siamo qui a fare gli avvocati difensori di nessuno. Tra parentesi, voglio concludere, signor Presidente, gli interventi violenti fatti sul blog fanno adesso un pochino ridere, perché non possiamo stare ad inseguire ogni profilo finto che insulta e minaccia, perché magari scopriamo poi alla fine che sono tutti renziani, signor Presidente ! LUIGI GALLO. Signor Presidente, vedo che si sta formando un pensiero: chiunque è contro il centrosinistra, contro le politiche del centrosinistra o del PD, è un fascista. In pratica, questo era l'appellativo del MoVimento 5 Stelle prima delle elezioni, è l'appellativo quando vi sono delle contestazioni di piazza alle politiche fatte da questo Governo del PD e del centrosinistra. Quindi, vi è una deriva: quando vi è qualcuno che critica, diventa fascista.
Noi siamo contro la violenza, però mi chiedo se tutte le leggi che si proclamano in questo Parlamento sono anche queste contro la violenza. Infatti, le politiche emergenziali della Campania, che hanno militarizzato le discariche, che hanno portato in caserma le persone che con una videocamera andavano a riprendere all'interno delle discariche, quelle erano leggi violente o meno ? Che leggi erano ? I partiti che hanno fatto quelle leggi e le hanno proclamate, che partiti erano, partiti violenti ?
E quando si decide di intervenire contro tutta la popolazione della Val di Susa con una grande opera, quella è una violenza che riceve il popolo della Val di Susa o non è una violenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Finanziare le missioni di guerra è una violenza o non è una violenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Finanziare gli F-35 è violenza o non è violenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Permettere il suicidio di disoccupati e di imprenditori è violenza o non è violenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? GIROLAMO PISANO. Signor Presidente, in maniera molto pacata, vorrei cercare anche di tornare sul passato, perché in quest'Aula abbiamo la pessima abitudine – avete, in particolare, la pessima abitudine – di non ricordare da dove stiamo arrivando. Noi non ci siamo mai stati qui dentro. Io, personalmente, condanno qualsiasi atto di violenza, verbale o fisica, da qualsiasi esponente politico, dei vostri e dei nostri. Ciononostante, sono anni che lo stesso vostro Presidente Napolitano incita le forze politiche a calmare i toni, a cambiare, da un punto di vista mediatico, nell'aggressività con la quale si scambiavano opinioni e offese.
Lo stesso Napolitano ha sempre denunciato la necessità di rimoralizzare la politica, perché ormai vi è stata una degenerazione totale, in questo Paese, nei toni e nei modi con cui questa si porge verso i cittadini. Quindi, non riesco a capire come sia possibile che in quest'Aula persone con la veneranda esperienza di cui voi siete dotati non ricordino gli eventi di violenza, anche verbale, propinati non tramite un blog, ma per televisione, che sono stati fatti vedere ai cittadini italiani.
Quindi, non potete oggi addossare a un movimento politico che si affaccia da meno di un anno sulla realtà politica italiana degli episodi di violenza: il contesto sociale nel quale stiamo vivendo è molto peggiorato da cinque o sei anni a questa parte. Quindi, questa vostra volontà di dare la responsabilità a noi è ridicola. Ricordatevi da dove veniamo e dove ci avete portati, prima di parlare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
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Ordine del giorno della seduta di domani. (Vedi RS)
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Ordine del giorno della seduta di domani.
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PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica l'ordine del giorno della seduta di domani:
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PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
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La seduta termina alle 18,25.
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