ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO
Seduta n. 889 di martedì 21 novembre 2017
INDICE
ATTI DI INDIRIZZO:
Mozioni:
Scopelliti 1-01752 51617
Palese 1-01753 51620
Vargiu 1-01754 51623
Rondini 1-01755 51625
Risoluzioni in Commissione:
VIII e IX Commissione:
Zolezzi 7-01399 51628
X e XIII Commissione:
Oliverio 7-01401 51630
X Commissione:
Ricciatti 7-01400 51631
ATTI DI CONTROLLO:
Presidenza del Consiglio dei ministri.
Interrogazione a risposta orale:
Terzoni 3-03375 51632
Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:
Chiarelli 5-12772 51633
Interrogazione a risposta in Commissione:
Nuti 5-12754 51633
Interrogazioni a risposta scritta:
Catanoso 4-18554 51634
Prodani 4-18555 51635
Affari esteri e cooperazione internazionale.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Di Stefano Manlio 5-12755 51636
Ambiente e tutela del territorio e del mare.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Dadone 5-12774 51637
Interrogazione a risposta scritta:
Mannino 4-18556 51638
Beni e attività culturali e turismo.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Carloni 5-12760 51638
Difesa.
Interrogazione a risposta in Commissione:
Bernini Massimiliano 5-12773 51640
Economia e finanze.
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
Fassina 2-02027 51641
Interrogazione a risposta immediata:
Pini Gianluca 3-03376 51642
Interrogazione a risposta in Commissione:
Rizzetto 5-12753 51643
Interrogazione a risposta scritta:
Villarosa 4-18565 51643
Giustizia.
Interrogazioni a risposta immediata:
Rabino 3-03378 51645
Verini 3-03379 51645
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:
Guerini Giuseppe 5-12767 51646
Molteni 5-12768 51647
Santelli 5-12769 51647
Nesci 5-12770 51648
Maestri Andrea 5-12771 51649
Interrogazioni a risposta scritta:
Giachetti 4-18559 51649
Rampelli 4-18568 51650
Infrastrutture e trasporti.
Interrogazioni a risposta immediata:
Garofalo 3-03384 51651
Catania 3-03385 51652
Latronico 3-03386 51652
Interno.
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
I Commissione:
Costantino 5-12761 51653
Zanetti 5-12762 51654
Toninelli 5-12763 51654
Sisto 5-12764 51655
Fiano 5-12765 51655
Plangger 5-12766 51656
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Zolezzi 5-12757 51656
Valente Valeria 5-12758 51657
Interrogazioni a risposta scritta:
Cozzolino 4-18560 51658
Rondini 4-18564 51659
Maestri Andrea 4-18567 51659
Istruzione, università e ricerca.
Interrogazione a risposta immediata:
Centemero 3-03377 51661
Interrogazioni a risposta in Commissione:
Chimienti 5-12756 51661
Chimienti 5-12759 51662
Interrogazioni a risposta scritta:
Grimoldi 4-18563 51663
Prodani 4-18566 51663
Lavoro e politiche sociali.
Interrogazioni a risposta immediata:
Bersani 3-03380 51665
Sorial 3-03381 51665
Fassina 3-03382 51666
Rizzetto 3-03383 51666
Interrogazione a risposta scritta:
Paglia 4-18569 51667
Salute.
Interrogazioni a risposta scritta:
Costantino 4-18558 51668
Binetti 4-18561 51669
Villarosa 4-18562 51670
Fantinati 4-18570 51671
Sviluppo economico.
Interrogazione a risposta scritta:
Scotto 4-18557 51672
Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari 51672
Apposizione di una firma ad una mozione 51673
Apposizione di una firma ad una risoluzione 51673
Apposizione di firme ad interrogazioni 51673
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo 51673
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo 51673
ERRATA CORRIGE 51673
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
l'introduzione delle vaccinazioni è risultato un intervento di sanità pubblica estremamente significativo per l'umanità intera e ha determinato un abbattimento dei tassi di morbosità e di mortalità dovuti a patologie prevenibili ed una riduzione del tasso di ospedalizzazione e degli eventuali esiti invalidanti dovuti alle relative patologie. Le vaccinazioni hanno, dunque, una indiscutibile efficacia nella protezione della popolazione e nell'eradicazione delle malattie infettive. I vaccini costituiscono una delle misure preventive più efficaci con un rapporto rischi/benefici estremamente positivo e con un importante valore sanitario, umano e sociale. Va inoltre sottolineato come, per ragioni di comprovata sicurezza ed efficacia, i vaccini siano annoverati tra le misure fondamentali per interventi di copertura sanitaria della popolazione;
la sicurezza dei vaccini è documentata da milioni di dosi somministrate, dalla costante attività di sorveglianza dei possibili eventi avversi e dagli studi di sicurezza che vengono effettuati sia prima dell'autorizzazione che dopo l'immissione in commercio di ogni vaccino;
il decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, persegue quindi lo scopo della prevenzione di malattie ad elevata contagiosità che possono dare luogo a focolai epidemici particolarmente in alcuni ambienti come, ad esempio, quello scolastico. Tra l'altro, la vaccinazione costituisce uno straordinario strumento di sanità pubblica che deve essere conosciuto, valorizzato e usato nel migliore dei modi nell'interesse dei singoli e della collettività. Occorre quindi avviare, come ha fatto la misura normativa sopra citata, una politica volta ad implementare una cultura vaccinale sulla quale si è disinvestito troppo spesso;
gli argomenti a sostegno dell'obbligo vaccinale sono, del resto, facilmente riscontrabili nell'esigenza, ad esempio, di bloccare il moltiplicarsi dei casi di morbillo, che molta preoccupazione ha destato nell'opinione pubblica per la velocità della sua diffusione. Dall'inizio del 2017, i casi di morbillo hanno subito un incremento del 500 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (3.670 i casi accertati), con addirittura 3 decessi. La soglia di copertura vaccinale raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità è pari al 95 per cento; il raggiungimento di tale soglia consente quindi di tutelare anche i soggetti fragili che, a causa delle loro condizioni di salute non possono essere vaccinati;
la copertura media nazionale delle vaccinazioni era, prima delle misure adottate dal Governo, pericolosamente sotto le soglie raccomandate dall'Organizzazione Mondiale della sanità;
il fenomeno dell'immigrazione, che ormai costantemente interessa il nostro Paese, rappresenta sicuramente uno dei motivi alla base della ricomparsa di determinate malattie che, ormai, venivano considerate debellate o sotto controllo, oltre che riconducibili a contesti sociali superati. Nel dettaglio, sono le malattie infettive in diverse fasce di età quelle che hanno mostrato, e continuano a mostrare, un aumento dei casi accompagnato da una maggiore gravità dei quadri clinici e da una maggiore necessità di ricorrere al ricovero ospedaliero. L'assenza ormai storica di queste malattie dal territorio italiano comporta, inoltre, un ritardo nella loro diagnosi, rendendo quindi ancora più difficoltoso il processo di contenimento delle patologie e il loro trattamento. Anche il virus della rosolia è da considerarsi in netta ripresa, specialmente con riferimento alle donne in stato di gravidanza che, di conseguenza, finiscono per contagiare anche il nascituro, con conseguenze drammatiche come, ad esempio, la sindrome da rosolia congenita, il parto prima del termine effettivamente previsto, l'aborto spontaneo o terapeutico. Alcune delle cause della riduzione della copertura vaccinale sono da riscontrarsi nella scarsa consapevolezza degli effetti benefìci per la salute derivanti dalla somministrazione dei vaccini, nel diffondersi di teorie del tutto prive di fondamento scientifico che mirano ad enfatizzare la gravità e la frequenza degli eventi avversi da vaccinazioni e in una ridotta percezione dei rischi legati alle malattie infettive;
le conseguenze, pertanto, della riduzione della copertura vaccinale determinano un aumento dei casi di malattie infettive, la ricomparsa di malattie infettive che erano sotto controllo o debellate ed un aumento dei costi sanitari e sociali legati al diffondersi delle patologie e all'incremento dell'ospedalizzazione e degli eventuali esiti invalidanti;
in ogni caso, si consideri come il decreto-legge citato non possa non ritenersi fondato pienamente sull'articolo 32 della Costituzione che considera il bene della salute «come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività». Tale bene ha rilievo, pertanto, sia nella sua dimensione individuale e soggettiva che nella sua accezione sociale ed oggettiva. Tale orientamento giurisprudenziale si può trovare infatti riconosciuto nella sentenza della Corte costituzionale n. 107 del 2012;
il diritto alla salute, infatti, non comporta unicamente il diritto sociale di accesso ai trattamenti terapeutici, ma anche il diritto (o facoltà soggettiva) di rivolgersi a cure ritenute maggiormente efficaci o, addirittura, nella assoluta possibilità di rifiutarle. Un tale diritto, ovviamente, non può non scontrarsi con quello che si può definire come il limite esterno e negativo del diritto altrui, quindi del diritto costituito dall'interesse della collettività. È per questo motivo, pertanto, che l'altrui diritto alla salute, da intendersi sia a livello individuale che nella sua accezione sociale, costituisce anche un limite alla libertà individuale;
con le sentenze n. 218 del 1994 e n. 399 del 1996, la Corte costituzionale ha affermato come la cura della salute implichi (si cita testualmente), «il dovere dell'individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui»: le condizioni ritenute legittime dalla Corte costituzionale sono interamente ricomprese, quindi, nel caso delle vaccinazioni da intendersi come obbligatorie e previste dal decreto-legge n. 73 del 2017;
con la sentenza 258 del 1994, la Consulta chiarisce definitivamente come il trattamento obbligatorio è da ritenersi imposto in maniera del tutto conforme alla legge qualora:
1) esso abbia il fine non solo di apportare un miglioramento o tutelare le condizioni di salute del soggetto interessato, ma anche di preservare lo stato di salute altrui, dal momento che è proprio l'interesse della collettività a giustificare l'imposizione di limiti all'autodeterminazione del singolo che «inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale» (sentenza n. 307 del 1990);
2) esista la concreta possibilità che il trattamento non vada ad incidere in maniera negativa sullo stato di salute dell'interessato, eccezion fatta per quelle conseguenze che, per temporaneità e scarsa entità, dimostrino di essere il normale decorso di ogni intervento sanitario e, per tale motivo, siano tollerabili;
3) sempre alla luce della sentenza n. 307 del 1990, sia determinata una equa indennità a favore del soggetto danneggiato, lì dove ci si trovasse in un caso di danno ulteriore alla salute del singolo individuo sottoposto al trattamento obbligatorio (compresa, quindi, anche la patologia contratta a seguito di contagio da vaccinazione profilattica);
si consideri, inoltre, che effettuare una previsione su quanti potranno subire danni dalle vaccinazioni è praticamente da considerarsi obiettivamente impossibile e che la frequenza delle reazioni avverse ai vaccini è minima, ovvero pari a circa un caso ogni milione di vaccinati. Gli effetti collaterali gravi sono da ritenersi rarissimi e nessun esame, al momento, è in grado di stabilire se un bambino possa presentare un incremento del rischio di reazioni. Sussiste invece la possibilità, attraverso la valutazione della storia clinica, di identificare le situazioni che, temporaneamente o permanentemente, costituiscono una controindicazione della somministrazione di vaccini. Esiste, non a caso, una guida alle controindicazioni alle vaccinazioni destinata agli operatori sanitari in grado di fornire loro tutte le misure utili a considerare le varie situazioni che possono discostarsi dalla normale pratica quotidiana. Nel caso dei pediatri, ad esempio, nell'individuazione delle situazioni, è sufficiente che essi svolgano le proprie valutazioni basandosi sulla documentazione relativa al minore e che venga effettuata l'anamnesi pre-vaccinale, tenendo nella giusta considerazione le informazioni fornite dai genitori o da chiunque ne sia il responsabile. È opportuno rimarcare, inoltre, come non tutte le patologie per le quali il decreto-legge n. 73 del 2017 prevede l'obbligo vaccinale conferiscono una condizione di immunità permanente;
è, infatti, quanto mai opportuno che i genitori vengano tempestivamente informati sia sui benefici che sui rischi delle vaccinazioni. Non si dimentichi come la normativa attualmente in vigore ha previsto l'effettuazione di un monitoraggio ed una verifica a distanza di tre anni dall'obbligo, nei casi di morbillo, parotite, rosolia e varicella. Tali azioni verranno effettuate sulla base dei dati epidemiologici, delle reazioni nonché degli eventi avversi segnalati;
relativamente alla sperimentazione clinica dei vaccini, va poi detto che tale pratica non viene finanziata dal Ministero della salute;
è opportuno sottolineare come gli adempimenti documentali per l'iscrizione negli istituti scolastici, nei servizi educativi rivolti all'infanzia e nei centri di formazione professionale delle regioni, siano sufficientemente ridotti. Va comunque ricordato come tali adempimenti siano di fondamentale importanza per arginare la diffusione di malattie infettive di elevata contagiosità;
il Ministero della salute ha fornito le indicazioni operative per l'immediata applicazione dei nuovi obblighi vaccinali attraverso una circolare esplicativa;
inoltre, risulta importante anche l'impegno dello stesso Ministero per implementare le azioni dirette ad illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni previste dal decreto-legge citato in collaborazione con medici di medicina generale, pediatri e farmacisti,
impegna il Governo:
1) a continuare e a rafforzare la campagna intrapresa per contrastare la diminuzione delle percentuali di copertura vaccinale relative all'infanzia, all'adolescenza, ai giovani e agli adulti, con particolare riguardo agli operatori sanitari e scolastici, e consentire al Paese di rientrare nel limite della soglia di sicurezza raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità, al fine di scongiurare gravi conseguenze di carattere epidemiologico;
2) ad adottare iniziative per meccanismi di confronto con i Paesi della regione geografica di riferimento che, come la Francia, nella consapevolezza dell'esigenza di realizzare un cambiamento nelle strategie e nelle politiche vaccinali finora adottate, basate prevalentemente sulla raccomandazione, hanno recentemente esteso il numero delle vaccinazioni obbligatorie da somministrare ai minori;
3) a continuare e a implementare l'attività informativa attraverso adeguati strumenti di comunicazione, perché i cittadini siano resi consapevoli del fatto che scendere sotto le soglie minime di copertura vaccinale è pericoloso sul piano individuale e collettivo e determina non solo il progressivo aumento del rischio di contrarre gravi patologie da parte dei bambini, ma anche l'insorgere di pericolose epidemie e la ricomparsa di malattie che, da anni debellate grazie alla protezione dei vaccini, presentano quadri clinici quasi mai emersi nella pratica e, pertanto, non sempre riconoscibili e trattabili in tempo; in questo contesto, ad adottare iniziative per ripristinare la memoria storica delle varie epidemie e dell'alta percentuale di mortalità infantile relativa ai periodi in cui non erano stati ancora scoperti i vaccini e le stesse terapie;
4) ad assicurare, attraverso specifiche raccomandazioni da rivolgere alle regioni e, per il loro tramite, ai servizi vaccinali delle singole aziende sanitarie territorialmente competenti, che i minori stranieri, accompagnati e non accompagnati, presenti sul territorio nazionale, siano effettivamente sottoposti alle vaccinazioni obbligatorie, così come previsto dal decreto-legge n. 73 del 2017;
5) a ridurre e semplificare gli adempimenti burocratici previsti, per l'iscrizione alle scuole e ai servizi educativi, a carico delle famiglie e delle istituzioni scolastiche, educative e formative, dalla normativa vigente, promuovendo una modifica legislativa che consenta di anticipare il meccanismo semplificato previsto dall'articolo 3-bis del decreto-legge n. 73 del 2017 all'anno scolastico/calendario annuale in corso nelle regioni che dispongano di anagrafi vaccinali, in modo che le predette istituzioni scolastiche, educative e formative possano trasmettere all'azienda sanitaria locale territorialmente competente unicamente l'elenco degli iscritti (elenco generalmente predisposto dalle stesse istituzioni anche per l'esercizio di altre funzioni), per acquisire, successivamente, soltanto la documentazione comprovante la situazione vaccinale relativa ai minori segnalati dalle asl, perché non in regola con gli obblighi vaccinali, in quanto, pur non essendo vaccinati né rientranti nelle condizioni di esonero, omissione o differimento previste dall'articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 73 del 2017, non abbiano presentato alla asl stessa richiesta di somministrazione delle vaccinazioni non ancora effettuate, al fine di evitare che i genitori/tutori/affidatari dei minori siano tenuti a presentare la documentazione prevista dall'articolo 3 del medesimo decreto-legge all'atto dell'iscrizione all'anno scolastico/calendario annuale 2018/2019;
6) ad adottare iniziative per rendere più efficienti e rapide le procedure relative ai contenziosi che coinvolgano soggetti danneggiati dalle vaccinazioni, considerato che, come affermato dalla Corte costituzionale, al verificarsi di eventi avversi e di complicanze di tipo permanente a causa di vaccinazioni effettuate nei limiti e secondo le forme di cui alle previste procedure, deve essere la collettività ad accollarsi l'onere del pregiudizio individuale, piuttosto che i singoli danneggiati a sopportare il costo del beneficio collettivo (sentenza n. 107 del 2012);
7) a realizzare l'Anagrafe nazionale vaccini, prevista dall'articolo 4-bis del decreto-legge n. 73 del 2017, in modo tale che costituisca uno strumento effettivamente utile per l'efficace svolgimento, da parte del Ministero della salute, delle attività di indirizzo, programmazione, monitoraggio e controllo in materia di prevenzione sanitaria, cui è istituzionalmente preposto, nonché ai fini della redazione, d'intesa con le regioni, del prossimo piano nazionale di prevenzione vaccinale e in relazione all'eventuale revisione dell'obbligo relativo alle vaccinazioni di cui al comma 1-bis del medesimo decreto-legge.
(1-01752) «Scopelliti, Bosco».
La Camera,
premesso che:
la Camera dei deputati ha approvato, in data 28 luglio 2017, con modificazioni, la conversione in legge del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, ritenuto necessario per fronteggiare una situazione di allarme, a causa della diffusione all'interno del nostro Paese, supportata da significativi dati statistici, di alcune malattie;
il provvedimento reca misure che perseguono l'obiettivo dell'ampliamento dell'elenco delle vaccinazioni obbligatorie per i minori, attraverso una revisione delle relative sanzioni, modificando altresì la disciplina sugli effetti dell'inadempimento dei suddetti obblighi relativamente ai servizi educativi, alle scuole ed ai centri di formazione professionale regionale;
è noto, oggigiorno, che la vaccinazione protegge da malattie gravi e rappresenta uno degli interventi più efficaci e sicuri nell'ambito della sanità pubblica. Si assiste, infatti, grazie alla vaccinazione, alla drastica diminuzione dell'incidenza di molte gravi malattie nel mondo, evitando milioni di complicanze e decessi. A tale diminuzione è corrisposto un generale aumento delle coperture vaccinali tra la popolazione; di qui il rischio che alcune malattie fino ad ora eliminate o diventate rare (ad esempio, la poliomielite o la difterite) possano rapidamente riapparire, qualora non siano mantenute coperture vaccinali ottimali, in quanto gli agenti infettivi che le causano continuano a circolare in altre parti del mondo;
l'Organizzazione mondiale della sanità ha messo in luce una situazione che, in Italia, con riferimento al morbillo è letteralmente da allarme rosso, con i casi saliti da 3.500 a 3.672 solo in una settimana. Si tratta di una situazione ulteriormente aggravata dalla circostanza che, dall'inizio dell'anno, si sono registrati anche tre decessi;
sempre da più parti si afferma l'assoluta necessità che vengano promosse campagne di informazioni sul rilevante tema dei vaccini. La stessa vicedirettrice generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, la dottoressa Flavia Bustreo, ha recentemente dichiarato che, nel nostro Paese, è importante portare avanti non solo una campagna di informazione ma, altresì, l'istituzione di una commissione indipendente di esperti per contrastare la paura diffusa dai «No Vax»;
il decreto adottato dal Governo persegue anche l'obiettivo di riequilibrare le coperture vaccinali all'interno del nostro Paese, riportandole a livello europeo. Si tratta, dunque, di un provvedimento emanato allo scopo di fronteggiare un'emergenza riguardante, per un verso, la salute individuale e, per l'altro, la salvaguardia della salute pubblica del Paese;
sono tuttavia noti gli scontri e il clima di polemiche creatosi nel Paese, peraltro riecheggiato anche in Aula durante la conversione in via definitiva del decreto-legge, sino ad arrivare alla messa in discussione dei pareri di istituzioni scientifiche fornite in materia e alla pronuncia della Corte di cassazione per escludere la correlazione tra vaccinazioni ed autismo. Ciò non ha fatto altro che rendere più difficoltosa l'approvazione di un provvedimento che, al contrario, dovrebbe unire tutti per fronteggiare, con maggiore impegno ed efficacia, l'emergenza;
il decreto-legge sulla obbligatorietà delle vaccinazioni per l'iscrizione al sistema scolastico da zero a sei anni, inoltre, pone fine ad una situazione di forte eterogeneità normativa in materia, in virtù della quale alcune regioni avevano di fatto legiferato in modo difforme sulla medesima questione;
l'Organizzazione mondiale della sanità ha fissato la soglia di sicurezza minima per la copertura dei vaccini al 95 per cento: si tratta di un limite che l'Italia, nel suo complesso, non raggiunge per nessuno dei vaccini monitorati dall'istituto superiore della sanità. Al di sotto di quel 95 per cento gli agenti patogeni continuano a circolare, mettendo a repentaglio la salute di tutti;
forti preoccupazioni destano i dati che riguardano la copertura vaccinale per morbillo e rosolia, che ha perso addirittura cinque punti percentuali tra il 2013 e il 2015, passando dal 90,4 per cento all'85,3 per cento. Nell'ambito degli ultimi dati resi noti dall'Istituto superiore di sanità si riscontra che, con riferimento al morbillo, dall'inizio del 2017, si sono verificati nel nostro Paese 3.672 casi (per l'89 per cento relativi a persone non vaccinate, con un incremento del 230 per cento sul 2016) che hanno portato a tre decessi e a una percentuale del 41 per cento di persone ricoverate (il 35 per cento con una complicanza). L'Italia risulta inoltre tra i primi dieci Paesi al mondo che hanno segnalato più casi di morbillo da fine 2016 ad oggi;
obiettivo primario del provvedimento è dunque quello di riportare le coperture vaccinali al di sopra della soglia fissata dall'Organizzazione mondiale della sanità, per proteggere innanzitutto i minori, categorie più vulnerabili;
non mancano tuttavia aspetti, all'interno del provvedimento, che necessitano di una grossa attenzione: il Ministero dell'economia e delle finanze, ad esempio, per mancanza di copertura finanziaria, non ha consentito che possa addivenirsi ad un'estensione dell'obbligatorietà delle vaccinazioni nei confronti del personale scolastico, docente e amministrativo, e del personale del servizio sanitario nazionale. Inoltre, anche sugli immigrati vi è la necessità che coloro i quali entrano nel territorio italiano siano vaccinati;
l'articolo 1 stabilisce l'obbligatorietà per i minori di età compresa tra zero e 16 anni, e per tutti i minori stranieri non accompagnati, di sei tipologie di vaccinazioni, a carattere gratuito, allo scopo di assicurare la tutela della salute pubblica e il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale, garantendo il conseguimento degli obiettivi prioritari del piano nazionale della prevenzione vaccinale (Pnpv) 2017/2019, ed il rispetto degli obblighi assunti a livello europeo ed internazionale. Si tratta delle seguenti vaccinazioni: anti-poliomielitica; anti-difterica; anti-tetanica; anti-epatite B; anti-pertosse; anti-Haemophilus influenzae tipo b;
il comma 1-bis estende altresì tale obbligo, per i medesimi soggetti, con riferimento alle seguenti ulteriori vaccinazioni: anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite ed anti-varicella;
il decreto-legge, come convertito, inoltre, all'articolo 2, comma 2, prevede l'avvio di iniziative di formazione del personale docente ed educativo nonché di educazione delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti sui temi della prevenzione sanitaria e in particolare delle vaccinazioni. Tali iniziative sembrano, dunque, essere rivolte esclusivamente alle scuole statali. Sarebbe dunque necessario prevedere un'estensione anche alle scuole paritarie private e degli enti locali che, insieme a quelle statali, secondo quanto stabilito dalla legge 10 marzo del 2000, n. 62, costituiscono il sistema nazionale di istruzione;
si ritiene fondamentale che tale provvedimento sia parte di una più ampia strategia informativa tesa a rendere tutti i cittadini edotti sull'importanza delle misure di vaccinazione, non solo per la protezione individuale, ma anche per le evidenti ricadute sulla salute pubblica. Infatti, in molti casi, qualora riescano a coprire per un certo numero di anni la quasi totalità della popolazione, i vaccini permettono, di fatto, di ottenere la scomparsa del batterio o del virus che determina la malattia, come è accaduto nel caso del vaiolo;
un'efficace strategia di comunicazione ed informazione passa altresì attraverso il servizio sanitario nazionale che, con le sue strutture, dev'essere in grado di contrastare la diffusione di molte notizie false, attraverso l'utilizzo di mass media e social network, in grado di diffondere velocemente le informazioni via internet. In particolare, sarà importante dare ai cittadini la percezione che si instauri una farmacovigilanza attiva sugli effetti collaterali dei vaccini, per convincere dei grandi benefici rispetto ai rischi di questi trattamenti;
forte preoccupazione ha destato, nel dibattito politico, l'aspetto legato all'obbligatorietà delle misure vaccinali prevista dal decreto-legge. È vero che la Costituzione stabilisce il diritto di ogni cittadino italiano a scegliere liberamente le proprie cure; tuttavia, è altrettanto vero che ciò non può valere evidentemente per coloro i quali non siano in grado di fornire il proprio consenso, come avviene nel caso dei bambini. Sotto tale aspetto, quindi, è fondamentale considerare che l'obbligatorietà delle vaccinazioni deriva anche dalla necessità di non infettare chi è sensibile alle infezioni. La vaccinazione, dunque, dev'essere concepita non solo come una misura per raggiungere un vantaggio personale, ma anche e soprattutto come un atto di responsabile attenzione e solidarietà verso gli altri;
altro aspetto rilevante è rappresentato dal sistema dei controlli, che non devono essere condotti in maniera saltuaria ma, al contrario, in modo costante e capillare su tutto il territorio. Sotto tale aspetto, dunque, il decreto darà risultati tanto più positivi quanto più diventerà parte di una strategia capace di sconfiggere un'ingiustificata mentalità antivaccinale,
impegna il Governo:
1) a predisporre una strategia di potenziamento delle attività di prevenzione e monitoraggio sulla diffusione della comunicazione antiscientifica, attraverso i media tradizionali ed i social network, allo scopo di evitare la formazione e il consolidamento di una cultura antivaccinale che rischia di rivelarsi dannosa per la sanità pubblica dell'intero territorio;
2) a valutare la possibilità di assumere iniziative per introdurre misure puntuali volte ad una corretta e completa informazione rispetto alle tipologie di vaccinazioni previste dal decreto-legge n. 73 del 2017 convertito dalla legge n. 119 del 2017, con particolare riferimento alle modalità di effettuazione e di somministrazione degli stessi, nonché alle possibili conseguenze sanitarie derivanti dalla mancata vaccinazione;
3) a valutare l'opportunità di estendere, attraverso ulteriori iniziative normative, le iniziative informative e formative di cui al comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 73 del 2017 convertito dalla legge n. 119 del 2017 anche alle scuole paritarie e degli enti locali, nonché ai servizi educativi per l'infanzia di cui al decreto legislativo n. 65 del 2017;
4) ad assumere iniziative per superare tutte le criticità che risultano ancora presenti nell'attuale impianto della legge n. 119 del 2017 che disciplina la somministrazione dei vaccini, al fine di raggiungere la copertura vaccinale fissata dall'Organizzazione mondiale della sanità al 95 per cento;
5) a proseguire nella continua diffusione di una corretta campagna informativa sulla necessità e sull'utilizzo dei vaccini adottando, d'intesa con le regioni, tutte le iniziative utili al fine di consentirla anche sul piano regionale e locale, con eventuali prestazioni specialistiche sanitarie preventive;
6) ad adottare iniziative per reperire i necessari stanziamenti volti ad un'estensione dell'obbligatorietà delle vaccinazioni al personale scolastico, docente e amministrativo, al personale del servizio sanitario nazionale, nonché agli immigrati che sbarcano sul territorio italiano.
(1-01753) «Palese, Calabria, Occhiuto».
La Camera,
premesso che:
nessuno può negare quanto la copertura vaccinica sia stata importante per la scomparsa definitiva o per il contenimento di gravissime malattie che, per secoli, sono state lo spauracchio dell'umanità;
per confermare tale assunto, sarebbe sufficiente pensare all'eradicazione del vaiolo, considerato «estinto» dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel 1979, a seguito del monitoraggio biennale conseguente all'imponente campagna di vaccinazione iniziata nel 1966, dopo aver determinato epidemie bibliche che per secoli hanno flagellato il mondo;
anche in Italia, per avere una semplice certificazione di queste convinzioni, basterebbe non dimenticare ciò che è successo negli anni scorsi quando, anche a seguito di alcuni incidenti in fase di somministrazione della copertura vaccinica stagionale antinfluenzale, si è determinato un inquietante calo della percentuale di copertura delle fasce sociali a rischio, over 65, che nel nostro Paese è passata dal 68,3 per cento del 2005-2006 allo scoraggiante 49,9 per cento del 2015-2016 (a fronte di obiettivi nazionali tra il 75 e il 95 per cento causando un incremento dei morti per le complicanze dell'influenza che è costato ogni anno il sacrificio aggiuntivo di migliaia di vite umane al nostro Paese;
il dibattito parlamentare, sui media e sui social che ha accompagnato l’iter di conversione in legge del decreto-legge n. 73, del 7 giugno 2017, (legge n. 119 del 2017) contenente disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinica, ha evidenziato numerose criticità delle azioni di igiene pubblica e medicina preventiva a cui viene assegnato il compito di garantire la copertura vaccinica nel nostro Paese;
tale dibattito ha però permesso di certificare anche un'altra pericolosa propensione del nostro Paese: quella a dare spazio alla cultura antiscientifica, con tutti i conseguenti rischi di distorsioni della percezione dei problemi sanitari da parte dell'opinione pubblica e di maggiori costi inappropriati a carico del Ssn;
tale propensione alla cultura antiscientifica viene confermata da alcuni episodi recenti e meno recenti registrati nel nostro Paese, quando terapie non validate come il cosiddetto «Siero Di Bella» o la metodica «Stamina» del professor Vannoni hanno guadagnato la ribalta mediatica, illudendo dolorosamente i pazienti e le loro famiglie e creando seri problemi alla stessa sostenibilità del nostro Ssn;
la facilità della diffusione e del consolidamento delle fake news nel nostro Paese è ulteriormente certificata dall'iniziativa della procura di Trani che, sulla base di segnalazioni supportate dalle relazioni di un medico della polizia di Stato, aprì nel 2014 un'inchiesta sulla correlazione tra la somministrazione del vaccino trivalente (Mpr) nei bambini e l'insorgenza di patologia autistica, facendosi supportare anche dalla ormai tristemente famosa «bufala» della prestigiosa rivista «The Lancet» che, nel 1998, pubblicò lo studio (falso) del medico inglese Andrew Wakefield che dimostrava tali correlazioni;
tali elementi di cultura antiscientifica appaiono danneggiare significativamente l'immagine internazionale della serietà scientifica del nostro Paese e danneggiano altresì gravemente tutti gli investimenti nel mondo della ricerca;
nel caso dell'ultimo dibattito sulle vaccinazioni obbligatorie, il rifiuto della prevenzione vaccinale da parte di una piccola, ma determinata minoranza della popolazione, si basa su diverse considerazioni, alcune delle quali possono difficilmente essere contestate;
la prima di tali «buone motivazioni» è rappresentata dalla considerazione per cui, in un Paese di cultura liberale, difficilmente lo Stato sa meglio dei genitori qual è l'interesse dei propri figli. In altre parole, in un «posto normale», sarebbe stato ragionevole attendersi un dibattito a parti invertite rispetto a ciò che è stato, con i genitori determinati a richiedere e ad ottenere la prevenzione vaccinale gratuita da parte del Servizio sanitario nazionale;
se questo non è verificato, non vi è dubbio che una parte della responsabilità sia da attribuirsi all'insufficiente azione di comunicazione dello stesso Servizio sanitario che, evidentemente, non sono riusciti a trasferire all'opinione pubblica la necessita di mantenere alte le coperture vaccinali, al punto da essere costretto a rendere obbligatorie per legge quelle vaccinazioni che dovrebbero invece essere richieste dagli stessi genitori per proteggere i propri figli;
tra le argomentazioni utilizzate contro le vaccinazioni obbligatorie c'è la debolezza del sistema italiano per la rilevazione degli eventi avversi legati alla somministrazione delle coperture vacciniche e la complessità del reperimento dei dati personali sulle vaccinazioni, spesso affidati ad archivi esclusivamente cartacei;
un altro elemento conflittuale è rappresentato dalla farraginosità del sistema di rilevazione, valutazione e indennizzo dei danni alla persona eventualmente correlati alla somministrazione di vaccini;
la prescrizione vaccinale obbligatoria per l'iscrizione e la frequenza scolastica dei minori da 0 a 16 anni sta inoltre creando problemi pratici alle famiglie che pure intendono mettersi in regola a causa della complessità burocratica delle certificazioni, in particolare per quanto attiene alla attestazione delle vaccinazioni pregresse;
tenere nel giusto rilievo tali criticità aiuta sicuramente a migliorare la qualità della comunicazione con i cittadini, garantendo una migliore percezione di buon funzionamento del sistema;
in particolare, la soluzione delle criticità segnalate, aiuterebbe con certezza a superare l'attuale fase di persistente diffidenza da parte di una minoranza della popolazione nei confronti delle vaccinazioni obbligatorie e potrebbe consentire quella situazione di consapevolezza generale delle esigenze di prevenzione che aiuterebbe ad andare nella direzione della non obbligatorietà dei vaccini;
è però altrettanto importante non dimenticare come l'indicazione a rafforzare la copertura vaccinica per le malattie trasmissibili di cui alla legge n. 119 del 2017, non è certo un'iniziativa autonoma del Ministero della salute italiano, ma bensì un suggerimento stringente che arriva dall'Organizzazione mondiale della sanità,
impegna il Governo:
1) a promuovere un'attività di aggiornamento professionale permanente di tutti gli operatori sanitari, rivolta in particolare verso i medici di medicina generale e verso i pediatri, che consento un'adeguata intermediazione dell'informazione con le famiglie;
2) a predisporre una campagna nazionale di comunicazione rivolta alle famiglie e all'intera popolazione che sottolinei i vantaggi sanitari complessivi legati alla prevenzione vaccinica e consenta di smentire i più diffusi luoghi comuni negativi;
3) a potenziare il sistema nazionale di rilevazione degli eventi avversi conseguenti a somministrazione di vaccini, anche attraverso il rafforzamento e la messa in rete dell'attività dei centri regionali di farmacovigilanza;
4) ad assumere le iniziative di competenza per potenziare l'attività periferica dei servizi pubblici di igiene e di prevenzione ai quali è affidata l'attività di somministrazione e di certificazione;
5) ad adottare iniziative per potenziare e sostenere le attività dei centri di analisi sierologica, verificando la possibilità della somministrazione gratuita dei vaccini monovalenti;
6) a monitorare i livelli di copertura vaccinica – attuali e tendenziali – per le patologie a rischio, al fine di garantire gli adeguati aggiornamenti del Piano nazionale per la prevenzione vaccinale e ogni conseguente e opportuna revisione, su base scientifica, degli attuali obblighi vaccinali;
7) ad adottare iniziative per rendere quanto più possibili semplici e rapide le procedure di riconoscimento dei danni alla persona discendenti da eventi avversi collegati alla somministrazione vaccinica, estendendo gli indennizzi ai danni correlati a tutte le vaccinazioni consigliate e rendendone veloce e adeguato l'indennizzo;
8) ad attivare un sistema di intercettazione precoce delle «fake news» sanitarie che, proprio partendo dalle informazioni distorcenti sulla prevenzione vaccinica, consenta di eliminare dal web e di segnalare immediatamente all'autorità giudiziaria tutte quelle false informazioni, figlie della cultura antiscientifica, che sono potenzialmente in grado di danneggiare la salute individuale e collettiva e di creare pregiudizio alla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale.
(1-01754) «Vargiu, Latronico, Matarrese, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Pisicchio, Monchiero».
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge sui vaccini n. 73 del 2017, approvato in via definitiva dalla Camera il 28 luglio 2017, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 182 del 5 agosto 2017. La norma prevede, per i minori di età compresa tra 0 e 16 anni e per i minori stranieri non accompagnati, che siano obbligatorie e gratuite le seguenti vaccinazioni: anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilusinfluenzae tipo b, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella;
l'obbligatorietà per le ultime quattro (anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella) è soggetta a revisione ogni tre anni in base ai dati epidemiologici e delle coperture vaccinali raggiunte;
le vaccinazioni obbligatorie sono gratuite e devono tutte essere somministrate ai nati dal 2017. Per i nati dal 2001 al 2016 devono essere somministrate le vaccinazioni contenute nel calendario vaccinale nazionale vigente nell'anno di nascita. A queste 10 vaccinazioni se ne aggiungono quattro fortemente raccomandate che il decreto-legge prevede ad offerta attiva e gratuita, ma senza obbligo, da parte di regioni e province autonome: anti-meningococcica B, anti-meningococcica C, anti-pneumococcica, anti-rotavirus;
la mancata somministrazione dei vaccini obbligatori preclude l'iscrizione agli asili nido e alle scuole materne. Per il mancato rispetto dell'obbligo da parte di bambini e ragazzi più grandi, invece, è prevista una sanzione da 100 a 500 euro. Prima però si verrà contattati dalla propria Asl di competenza per avviare un percorso di recupero delle vaccinazioni. Sono esonerati dall'obbligo i bambini e i ragazzi già immunizzati a seguito di malattia naturale, e i bambini che presentano specifiche condizioni cliniche che rappresentano una controindicazione permanente e/o temporanea alle vaccinazioni;
appare incomprensibile, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, la assoluta insensibilità e mancanza di ascolto da parte del Governo verso le migliaia di famiglie che si oppongono alle modalità previste dal decreto-legge, a cominciare dall'obbligatorietà per legge, non in linea con i principi del diritto a livello mondiale ed europeo ma soprattutto non più al passo con i tempi, trattandosi di metodo cui non possono fare a meno di ricorrere solo i Paesi incapaci di convincere la popolazione governata con argomenti validi e persuasivi;
le criticità sorgono anche rispetto alla mancata informazione, soprattutto relativamente alle possibili reazioni avverse, che spesso viene fornita nel centri vaccinali;
si evidenzia inoltre l'assenza di linee chiare e precise per eliminare sacche di scarsa attenzione con la quale spesso i bambini vengono monitorati prima e dopo la vaccinazione, ignorando in questo modo anamnesi individuale e familiare e possibili controindicazioni che potrebbero in molti casi, quantomeno, suggerire di sospendere o rinviare alcune vaccinazioni se non di non eseguirle affatto;
nel testo è stata introdotta la possibilità di procedere alta vaccinazione monocomponente. Il soggetto immunizzato adempie all'obbligo vaccinale, di norma e comunque nei limiti delle possibilità del Servizio sanitario nazionale, con vaccini in formula monocomponente o combinata in cui sia assente l'antigene per la malattia infettiva per la quale sussiste l'immunizzazione;
oggi i bambini vengono vaccinati quando il sistema immunitario si sta sviluppando, così come il sistema nervoso. Il sistema immunitario del bambino reagisce in maniera diversa rispetto a quello di un adulto. Per questo deve essere stimolato in maniera particolare;
le procedure d'acquisto dei vaccini obbligatori dovranno riguardare anche i vaccini in formato monocomponente. Annualmente l'Aifa dovrà pubblicare sui suo sito i dati relativi alla disponibilità dei vaccini in formula monocomponente o combinata;
da più parti, anche autorevoli, si è sostenuto che va tenuto conto che l'avviamento della «produzione» di un vaccino non è facile (e quindi nemmeno economico) quanto la produzione di un farmaco generico. Produrre un vaccino monovalente ha i suoi costi, che partono innanzitutto dalla necessità di isolare il virus (o eventualmente acquistarlo) e successivamente avviare la coltivazione del vaccino;
in più occasioni i rappresentanti delle regioni ricordavano come l'accordo fatto con il Governo sui nuovi livelli essenziali di assistenza si era stabilito che le vaccinazioni obbligatorie venivano introdotte nel tempo sia per questioni di ordinativi sia per l'organizzazione del personale;
per il piano vaccinale che ha fatta seguito ai nuovi livelli essenziali di assistenza il Governo ha stanziato 300 milioni di euro: la cifra è stata calcolata sul 95 per cento di adesioni e comprende sia il costo dei farmaci che quello del personale che li somministra;
a quanto stanziato va aggiunta una cifra in percentuale superiore al 5 per cento di persone che dovranno mettersi in regola dopo il decreto-legge;
sino al 2013 l'Agenzia del farmaco ha pubblicato infatti il «Rapporto sulla sorveglianza postmarketing dei vaccini in Italia», un documento che ogni anno analizzava le segnalazioni di reazioni avverse registrate per tipologia di vaccino: esavalente, trivalente e tetravalente, antipneumococcico, antimeningococcico, contro il morbillo, la parotite, la rosolia e la varicella, vaccinazione HPV, antinfluenzale stagionale e altri vaccini;
dopo il 2013 di tale rapporto annuale non si ha misteriosamente più traccia. Eppure, come spiega il Codacons, si tratta di un documento fondamentale. Secondo l'ultimo documento pubblicato dall'Aifa «le segnalazioni di reazioni insorte dopo la somministrazione di esavalente nel 2013 sono state 1.343 con un tasso di segnalazione pari a 90 per 100.000 dosi vendute. Le reazioni gravi sono state 141 (10,5 per cento)»;
le reazioni gravi riguardano in particolare piressia e iperpiressia, ma nel 23,3 per cento dei casi, secondo il rapporto, si registrano disturbi psichiatrici, mentre il 16,8 per cento delle reazioni riguarda patologie del sistema nervoso. Il totale delle segnalazioni avverse a vari vaccini è stato pari a 3.727. A completamento della procedura sarebbe indispensabile che coloro che ritengono di essere stati danneggiati o, in caso di minori o incapaci, i detentori della potestà genitoriale o il titolare della tutela legale o dell'amministrazione di sostegno, possano presentare denuncia di reazione avversa presso i competenti uffici dell'azienda sanitaria locale territorialmente competente e/o presso le associazioni di tutela che, a loro volta, faranno segnalazione ai competenti uffici ministeriali;
il problema dei danni da vaccino può essere inquadrato a partire dalla loro gravità: per le persone danneggiate a livello individuale in modo più o meno grave, con la valutazione delle conseguenze su salute e qualità della vita;
forti sono le polemiche ove in alcuni casi si rimarca come la tendenza della ricerca scientifica nazionale ed internazionale sia quella di circoscrivere il fenomeno: rispetto a questo punto, come rispetto a tutti i danni da vaccino, sarebbe sufficiente la compilazione delle schede di sospetta reazione avversa da vaccino per avere un quadro del fenomeno;
appare fondamentale predisporre nuove linee guida che indichino come il riconoscimento avverrà tramite accertamento del nesso causale tra l'infermità e la vaccinazione da parte di una commissione ospedaliera composta da: un medico pediatra (nel caso il danneggiato fosse minore); un medico del Ministero della salute; un medico neurologo; un medico legale; un rappresentante delle associazioni di tutela delle persone danneggiate da vaccino; i componenti di tale commissione non dovranno far parte dell'azienda sanitaria locale in cui la persona è stata danneggiata e nemmeno avere o aver avuto, in alcun modo, legami con industrie farmaceutiche; la piena applicazione della legge n. 119 del 2017 comporta il rischio di esclusione dall'inserimento precoce nel sistema di istruzione per una fascia consistente di bambini e bambine dai 3 ai 6 anni che non ottemperino entro il 10 marzo 2018 agli obblighi assunti all'atto dell'iscrizione alla scuola dell'infanzia,
impegna il Governo:
1) ad assumere iniziative per prevedere una radicale revisione del testo del decreto-legge n. 73 del 2017 al fine di eliminare l'obbligo vaccinale, predisponendo linee guida per una volontarietà totale e lasciando libera scelta ai genitori, che devono essere informati su ogni aspetto del percorso che stanno per intraprendere insieme ai propri figli;
2) a promuovere le idonee modifiche normative affinché tutti i minori non vaccinati ma regolarmente iscritti e accettati possano giungere a conclusione dell'anno scolastico 2017/2018, senza alcuna interruzione di servizio né di continuità educativa;
3) a predisporre linee guida che disciplinino in modo scientificamente ineccepibile modalità di anamnesi e di confronto tra genitori e il pediatra per individuare correttamente i bambini che non possono essere sottoposti alla pratica vaccinale;
4) a promuovere le necessarie modifiche normative affinché vengano redatte le linee guida per il riconoscimento del danno da vaccino in modo che includa per i danneggiati il diritto a percepire gli indennizzi ex leggi n. 210 del 1992 e n. 229 del 2005;
5) a predisporre le necessarie linee guida per un costante e puntuale monitoraggio successivo alla somministrazione vaccinale con precise indicazioni per medici e genitori sulle procedure da attivare per la segnalazione di eventi avversi;
6) a promuovere le adeguate iniziative di competenza volte ad integrare quanto corrisposto alle regioni, che già hanno subito pesanti tagli nel passato ai bilanci della sanità, per la realizzazione dei programmi vaccinali;
7) ad incentivare la produzione di vaccini, in formula monocomponente o combinata, attraverso apposite iniziative da definirsi con decreto del Ministro della salute nel più breve tempo possibile al fine di garantire ulteriore tutela verso la salute dei bambini.
(1-01755) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Lo Monte, Molteni, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».
Risoluzioni in Commissione:
Le Commissioni VIII e IX,
premesso che:
dal 2014 il ponte di San Benedetto Po (MN) che risulta realizzato negli anni compresi tra il 1964 e il 1966, su progetto e incarico del compartimento Anas della Lombardia, è interessato da restringimento di carreggiata e limitazione totale al flusso dei mezzi pesanti; il ponte, attraversato da una strada provinciale ex strada statale n. 413 «Romana», ha una lunghezza di 613 metri. L'opera, di notevoli dimensioni, è stata danneggiata in maniera considerevole dal sisma del maggio 2012 e dagli eventi alluvionali del 1993-1994 e 2000 ed anche interessata, nei mesi di novembre e dicembre del 2014, dal ragguardevole innalzamento del livello delle acque che ha prodotto una piena, senza, però, portare ad esondazioni sulle aree esterne alle golene, come avvenne nel 2000; la ricostruzione del ponte è stata appaltata e il termine per l'ultimazione dei lavori è previsto non prima del 2019;
il ponte sul Po a Casalmaggiore (CR) dal 7 settembre 2017 è chiuso totalmente a causa di gravi problemi di collassamento di alcune travi, il cui cemento è risultato fratturato e con le barre d'acciaio spezzate. Una situazione tale da non garantire la portata della sovrastante soletta che regge il nastro d'asfalto. Almeno 10 travi sono da ricostruire anche solo per una temporanea ripresa del trasporto leggero. Il ponte chiuso isola le due sponde del Po per un lunghissimo tratto, con grandi disagi alle persone e alle attività economiche emiliane e lombarde mentre il traffico viene in gran parte dirottato sul vicino ponte di Viadana creando rallentamenti e code. Secondo la perizia eseguita dall'ingegner Scaroni per conto della provincia di Parma il ponte è da ricostruire;
il ponte di Viadana-Boretto (MN) è oggetto di interventi di manutenzione alle pile in alveo da alcuni anni e attualmente sta sostenendo il trasporto leggero e pesante deviato dal Ponte di Casalmaggiore, rischiando di peggiorare lo stato del ponte stesso;
tutti i principali ponti stradali sul Po in regione Emilia Romagna e Lombardia risultano gravemente lesionati o necessitano di ricostruzione totale;
sono note criticità infrastrutturali (con indici infrastrutturali non valutati o perlomeno non resi pubblici) territoriali e di tutta la Pianura Padana e finanziamenti, in Emilia-Romagna e Lombardia, per grandi opere, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, opinabili in quanto non legate agli spostamenti pendolari, che invece costituiscono l'urgenza con oltre il 90 per cento degli spostamenti quotidiani; tra queste, ad esempio, la Bretella di Campogalliano-Sassuolo o l'autostrada Cispadana che potrebbe essere sostituita da superstrada meno impattante, meno costosa e a servizio del territorio. Tra le grandi opere opinabili in Lombardia si trova ad esempio l'autostrada Pedemontana per la quale risultano 400 milioni di euro impegnati, mentre per il ponte di Casalmaggiore risultano impegnati solo 3 milioni di euro;
sono note inoltre pesanti criticità ambientali: la pianura Padana è una bomba ecologica in perenne emergenza per l'inquinamento diffuso in particolare dell'aria; ad oggi tutti i centri urbani hanno visto un numero doppio di sforamenti rispetto al massimo tollerato dalla normativa dell'Unione europea (direttiva UE 2008/50) con oltre 70 giorni; con la risoluzione Zolezzi n. 7/00871 erano state evidenziate possibili soluzioni alla crisi ambientale in atto e con la risoluzione Busto n. 7/01158 si intendeva impegnare il Governo a valutare lo stato di emergenza ambientale per la Pianura Padana;
le soluzioni proposte per la risoluzione del quadro, come riportate dalla stampa, prevedono in ogni caso tempi lunghi per la risoluzione del problema locale di transito attraverso il fiume, sia che si proceda con un lavoro di sistemazione parziale temporanea sia che si intervenga con la ricostruzione totale del ponte;
le linee ferroviarie locali (Parma-Brescia e Cremona-Mantova) sono desuete e con tempi di percorrenza limitanti per gli spostamenti pubblici e frequenti ritardi; di particolare interesse risulta anche la linea Ferrara-Suzzara che necessiterebbe di ammodernamento ed è elettrificata solo in parte: questa tratta, già oggi utilizzata anche da convogli merci per il traffico di container e di rinfuse da e per Ravenna, potrebbe risultare di grandissima utilità per spostare consistenti frazioni di traffico pesante dalla strada alla ferrovia, collegando efficacemente l'asse adriatico della regione e del Paese con quello centrale e da lì con il Nord-ovest o l'area ligure-tirrenica,
impegna il Governo:
a valutare se sussistano i presupposti per dichiarare lo stato di emergenza per i territori regionali coinvolti;
ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per finanziare gli interventi che consentano la più rapida ripresa del transito attraverso il fiume Po a Casalmaggiore e per monitorare e manutenere i ponti in esercizio impegnando le risorse prioritariamente sulla ricostruzione del ponte sul Po a Casalmaggiore, evitando che soluzioni temporanee di manutenzione rallentino la ricostruzione definitiva che comunque deve avvenire;
ad attivare lo studio e il finanziamento del potenziamento della linea ferroviaria Parma-Brescia e Cremona-Mantova nonché del «Tibre» ferroviario;
ad assumere tutte le iniziative di competenza dirette a spostare su ferro il trasporto delle merci che attraversa il Po, in particolare migliorando i collegamenti già esistenti e potenziando il percorso ferroviario che, con tratte della rete nazionale di Rfi altre della società regionale FER, mette in comunicazione il porto di Ravenna con Ferrara, quindi Poggio Rusco (posta sulla Bologna-Verona-Brennero) e Suzzara;
ad eseguire un piano di monitoraggio, manutenzione, ripristino dei ponti sul Po nelle regioni Lombardia ed Emilia-Romagna;
a promuovere, per quanto di competenza, una valutazione dettagliata delle opere civili e/o militari di emergenza per consentire l'attraversamento da parte dei mezzi di soccorso e di trasporto pubblico;
ad aprire un tavolo nazionale, coordinato dai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle infrastrutture e dei trasporti, in merito alla definizione di un indice infrastrutturale e a una valutazione della mobilità in zone critiche come la Pianura Padana, alla pianificazione infrastrutturale, alla manutenzione e ricostruzione di infrastrutture strategiche;
a valutare i fattori di rischio strutturale dei ponti sul Po, fra cui le metodiche costruttive inappropriate, passaggio di mezzi pesanti, anche con intensificazione di attività ispettive e di controllo, e attività di cavatura fluviale in sedi inadeguate e pericolose;
a valutare l'assunzione di iniziative per definire normative più stringenti per il controllo del peso trasportato dai mezzi e per rivalutare i pesi massimi trasportabili su strada;
ad assumere iniziative per perfezionare la sostenibilità della rete navigabile padana;
ad adottare iniziative per indirizzare le risorse economiche legate a infrastrutture non urgenti verso le attività sostenibili;
a valutare le ricadute economiche negative di tale situazione sul territorio dal punto di vista produttivo e turistico.
(7-01399) «Zolezzi, Dell'Orco, Toninelli, Spessotto, Nicola Bianchi, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Terzoni, Vignaroli».
Le Commissioni X e XIII,
premesso che:
la Strategia energetica nazionale (Sen) 2017 mira alla completa decarbonizzazione del sistema energetico italiano entro il 2030, garantendo la competitività dei costi e la sicurezza degli approvvigionamenti;
la realizzazione del phase out dal carbone entro il 2030 richiede uno sforzo sistemico, non solo nella generazione elettrica e nella fornitura di servizi, ma in tutte le tipologie di usi finali;
nella fase di transizione energetica verso un sistema low carbon, si riconosce alla rete gas il ruolo di infrastruttura strategica fondamentale, anche in virtù delle caratteristiche dei consumi finali di energia;
il raggiungimento degli obiettivi individuati dalla Sen richiede interventi per la valorizzazione delle potenzialità di tutti i settori, non solo nell'ambito della generazione elettrica;
il settore agricolo può contribuire alla decarbonizzazione e alla lotta ai cambiamenti climatici, con un impulso ad un modello di economia circolare in grado di sequestrare il carbonio e riportarlo al suolo, utilizzato come carbon sink, attraverso la produzione di biogas;
il biogas ha una potenzialità produttiva di 8 miliardi di metri cubi al 2030, secondo stime conservative, prevenendo ogni effetto di cambio indiretto di uso del suolo;
il contributo del biogas è fondamentale per la sostenibilità del settore dei trasporti, anche in ottemperanza alla normativa comunitaria, in particolare alla direttiva europea 1513/2015, che richiede la promozione del passaggio verso tipologie di carburanti con basse emissioni inquinanti;
l'immissione in rete del biogas consentirebbe di ridurre l'intensità di carbonio del sistema energetico italiano e altresì di contribuire alla decarbonizzazione di settori di difficile elettrificazione, come i trasporti pesanti e l'agricoltura;
la programmabilità e le caratteristiche del biogas consentono l'immissione in rete a costi contenuti e possono contribuire al mantenimento della sicurezza del sistema e della rete stessa;
gli sviluppi tecnologici consentono di prevedere una graduale riduzione dei costi, in particolare attraverso l'integrazione tra produzione agricola e biogas;
la produzione di biogas a fini energetici, ma non come pratica sostitutiva della filiera alimentare e/o foraggera, permetterebbe un aumento della sostenibilità e della competitività delle aziende agricole italiane, con la riduzione delle emissioni inquinanti e un aumento della loro produttività;
la valorizzazione dell'impiego di biogas consentirebbe lo sfruttamento delle potenzialità del settore agricolo, con risultati rilevanti anche in altri settori, per contribuire al raggiungimento degli obiettivi della Strategia energetica nazionale,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative per valorizzare la produzione di biogas, fonte rinnovabile e programmabile, come contributo del settore agricolo per il raggiungimento degli obiettivi della Strategia energetica nazionale 2017;
ad adottare iniziative per definire le soglie per l'accesso agli incentivi tenendo conto delle dimensioni aziendali e della potenzialità di produzione di biomassa agricola, prevedendo una soglia adeguata a garantire lo sviluppo delle relative filiere;
ad adottare iniziative per definire entro l'anno un nuovo regime di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili per il periodo 2018-2020 e, nelle more della definizione del nuovo regime incentivante, a valutare l'opportunità di prorogare l'attuale regime;
a favorire la creazione delle collettività di energia locale (energy community), anche in relazione alla localizzazione in aree rurali degli impianti a biogas.
(7-01401) «Oliverio, Senaldi, Sani, Falcone, Palma».
La X Commissione,
premesso che:
il 9 novembre 2017, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la legge europea 2017 con 247 sì, 72 no e 44 astenuti;
il provvedimento contiene, tra l'altro, le norme attuative degli sgravi sugli oneri di sistema elettrici per le industrie energivore;
rispetto alla questione della sovrapposizione da gennaio 2018 tra tali sgravi alle imprese energivore sulla componente A3 della bolletta – del valore stimato dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico per complessivi 1,4 miliardi di euro/anno, di cui 0,9 miliardi di onere aggiuntivo rispetto all'oggi a carico di famiglie e piccole e medie imprese non beneficiarie – e l'ultimo step della riforma tariffaria, il Governo si è impegnato a valuta e gli effetti di tale sovrapposizione al fine di adottare ogni iniziativa utile volta ad estendere la durata della transizione della riforma tariffaria fino alla emanazione del decreto relativo alla revisione della disciplina del bonus sociale elettrico e gas, inserendo in quest'ultimo degli obiettivi di efficienza energetica;
nei giorni scorsi l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico ha chiesto a Governo e Parlamento un'indicazione sull'eventualità di un rinvio di un anno della riforma;
secondo l'Autorità, l'entrata in vigore dal 1° gennaio 2018 dell'ultimo step della riforma tariffaria, relativo al superamento della progressività sugli oneri di sistema, contemporaneamente alla norma energivori, che produrrà a sua volta maggiori oneri per i piccoli consumatori elettrici, porterebbe aumenti «significativi» della bolletta per 22 milioni di clienti finali;
sempre secondo l'Autorità, al fine di assicurare nella sostanza il rispetto del principio di gradualità, Governo e Parlamento potrebbero pertanto valutare l'opportunità di fornire indirizzi all'Autorità sugli obiettivi da privilegiare;
occorrerebbe garantire che le tariffe di distribuzione siano flessibili, riflettano i costi e consentano meccanismi di partecipazione attiva alla riduzione del costo del servizio, premiando, ad esempio, chi consuma energia solo quando è meno oneroso per la rete (cosiddetti programmi di «demand response»), in linea con quanto previsto all'articolo 16 della proposta di regolamento 2016/0379/UE della Commissione europea. La riforma tariffaria, che applica la componente della distribuzione in misura fissa rispetto alla potenza impegnata, non garantisce la flessibilità richiesta dalla proposta di regolamento europeo e non tiene conto del tempo e delle modalità di consumo di energia, ma solo dell'energia che viene impegnata sulla rete,
impegna il Governo
a valutare l'assunzione di iniziative, per quanto di competenza, volte a un'estensione del percorso di transizione della riforma tariffaria originariamente disegnato, rinviando di un anno il completamento della riforma inerente alle componenti a copertura degli oneri generali di sistema per i clienti domestici.
(7-01400) «Ricciatti, Epifani, Ferrara, Simoni, Giorgio Piccolo, Zappulla, Martelli, Scotto, Murer, Bossa, Albini, Piras, Quaranta, Melilla, Duranti, Nicchi, Sannicandro, Kronbichler, Franco Bordo, Carlo Galli».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta orale:
TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
sul giornale web Picchionews del 7 novembre 2017 è stata riportata una intervista al presidente del Consorzio stabile Arcale Giorgio Gervasi, che spiega la sua versione dei fatti riguardo ai ritardi delle soluzioni abitative di emergenza nelle zone colpite dal sisma 2016;
nell'intervista il presidente ha dichiarato: «I ritardi dipendono dai tempi di urbanizzazione delle aree, dalla scelta delle aree e dalla burocrazia che deve rispettare dei passaggi formali. Le urbanizzazioni, infatti, vengono realizzate con il Codice degli appalti in regime ordinario e non di emergenza. È stata una scelta politica: noi avevamo segnalato fin dall'inizio che avrebbe potuto comportare gravi problemi. E i problemi sono arrivati. Devo precisare che le urbanizzazioni fanno capo alla Regione. Il Comune pensa solo alla scelta delle aree. Da lì in poi fa tutto capo alla Regione. Noi dal momento in cui ci vengono consegnate le aree, abbiamo sessanta giorni per consegnare a nostra volta le Sae. A questo punto, la Regione deve completare la parte finale delle urbanizzazioni di secondo livello prima che i cittadini possano prendere possesso della casetta. Se non ci consegnano le aree, come fanno a dire che la colpa dei ritardi è la nostra?»;
il presidente ha quindi riportato gli esempi di due comuni, San Severino e Visso, dove i ritardi nella consegna delle aree urbanizzate hanno sforato anche i due mesi. Avendo quindi 60 giorni per consegnare le casette, la ditta ha avuto difficoltà nel rispettare sia i tempi previsti che quelli promessi, ossia il Natale –:
se il Governo sia al corrente del problema dei ritardi nelle consegne delle aree urbanizzate e se sia in grado di fornire chiarimenti circa le cause dei ritardi medesimi;
ove emergano responsabilità del Subcommissario della regione Marche, se non si ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per affidare alla direzione di un nuovo subcommissario ministeriale le attività necessarie ad affrontare l’«emergenza ricostruzione».
(3-03375)
Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:
CHIARELLI e MENORELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
in materia di contributo unificato l'articolo 204, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 50 del 2016 ha introdotto il seguente comma 2-bis all'articolo 120 del codice processo amministrativo: «Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti (...) va impugnato nei termini di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante. L'omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l'illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. È altresì inammissibile l'impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli atti procedimentali privi di immediata lesività»;
tale previsione comporta, fra l'altro, un grave incremento delle spese del contributo unificato in materia di appalti di lavori pubblici, con criticità rispetto agli articoli 24 e 113 Costituzione;
sul sopracitato articolo 204 del decreto legislativo n. 50 del 2016 il Consiglio di Stato, nel parere n. 855/2016, ha posto in luce l'esigenza di rimodulare gli effetti della disposizione in parola sul contributo unificato, per non ledere «il valore costituzionale e sovranazionale dell'effettività della difesa», considerato l'onere di immediata impugnazione che grava le parti con ulteriori, nonché molto gravosi costi processuali;
in varie occasioni l'Unione nazionale avvocati amministrativisti ha denunciato come l'abnorme appesantimento dei costi di giustizia in materia di appalti abbia prodotto una verticale discesa del ricorso alla giustizia, con i relativi rischi sotto il profilo dei controlli di legalità sugli appalti pubblici, nonché sul gettito complessivo a favore dell'erario –:
se il Governo intenda fornire i dati relativi al numero di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato depositati dall'introduzione del comma 2-bis dell'articolo 120 del codice del processo amministrativo, in forza del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, al 30 ottobre 2017, nonché quelli relativi ai ricorsi giurisdizionali di primo grado e in appello depositati in un periodo della medesima durata da calcolarsi a ritroso rispetto alla vigenza del citato comma 2-bis dell'articolo 120.
(5-12772)
Interrogazione a risposta in Commissione:
NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il 16 dicembre 2016, a margine dei lavori della Conferenza internazionale «Legalità e sicurezza in America latina: strategie, esperienze condivise, prospettive di collaborazione», il Ministro della giustizia, Andrea Orlando, e la Ministra degli affari esteri della Colombia, Angela Holguin, hanno firmato, alla presenza dei Presidenti della Repubblica dei rispettivi Paesi, tre importanti accordi bilaterali nel settore della giustizia penale; nello specifico tali accordo riguardano assistenza giudiziaria, estradizione e trasferimento delle persone condannate che hanno una rilevanza strategica nella risposta alle nuove sfide del crimine transnazionale;
i contenuti di tali accordi prevedono alcuni meccanismi di semplificazione e fluidificazione dei rapporti tra le autorità centrali e le autorità giudiziarie di Italia e Colombia, che avranno un impatto estremamente positivo sull'efficacia dell'azione di contrasto ai fenomeni del narcotraffico, del riciclaggio, della corruzione e della criminalità organizzata; è previsto anche l'obbligo di cooperazione nell'esecuzione di misure patrimoniali riconducibili alla nozione internazionale di confisca senza condanna, che mettono a disposizione della collaborazione con la Colombia opportunità che neppure le più recenti direttive dell'Unione europea in tema di sequestro e confisca sono ancora in grado di offrire;
agli interroganti risulta che tali accordi non siano ancora stati recepiti dall'ordinamento giuridico italiano e che il processo di ratifica sia attualmente bloccato presso il Ministero di giustizia in quanto il Governo non ha ancora depositato il relativo disegno di legge di ratifica –:
se il Governo non intenda presentare al Parlamento con la massima urgenza il disegno di legge di ratifica dei trattati bilaterali di cui in premessa e per quali ragioni tale adempimento non sia ancora stato messo in atto;
se il Governo sia a conoscenza dell'attuale numero e dell'identità dei soggetti che potrebbero essere trasferiti ed estradati dalla Colombia all'Italia e viceversa, in base alle norme contenute nei trattati bilaterali di cui in premessa.
(5-12754)
Interrogazioni a risposta scritta:
CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
il 2 novembre 2017, il Governo ha convocato ed incontrato i rappresentanti dei sindacati dei lavoratori sull'importante tema della previdenza e della manovra di bilancio per il giusto coinvolgimento delle parti sociali;
il 2 novembre e il 13 novembre 2017, il Governo ha convocato, però, solo i rappresentanti delle Confederazioni Cgil, Cisl e Uil;
non si comprende la scelta della mancata convocazione della Confsal, Confederazione generale dei sindacati autonomi che, con i suoi 1 milione e 400 mila iscritti certificati, costituisce la prima organizzazione sindacale autonoma e rappresenta senz'altro quel valore aggiunto di autonomia dalle logiche politiche che riflette il Paese reale;
la segreteria generale della Confsal ha chiesto, ripetutamente, al Presidente del Consiglio in carica di essere convocata, denunciando contestualmente la scelta che appare di natura politica di limitare il coinvolgimento delle parti sociali alle sole organizzazioni confederali;
la mancata convocazione, a giudizio dell'interrogante e del segretario generale della Confsal vigili del fuoco, Franco Giancarlo, è di natura politica, ovvero imposta da equilibri di parte;
la Confsal si è anche detta disponibile ad un incontro separato rispetto ai sindacati confederali, in quanto vuole rappresentare quel valore aggiunto di cui il «sistema Paese» ha quanto mai bisogno, sia in termini di proposte che di concreta rappresentatività;
essere diversi, equilibrati e, soprattutto, costruttivi rappresenta la base di quel pluralismo sindacale, condiviso dall'interrogante, di cui il Paese necessita e che i lavoratori rivendicano, stanchi del solito sistema di relazioni sindacali ambiguo e discriminatorio;
la Confsal rappresenta il 10 per cento della forza votante del Paese ed ha un dovere di tutela e di rappresentanza verso tutti gli iscritti;
nonostante le note di protesta inviate ai massimi livelli istituzionali, tra cui il Presidente del Consiglio, a causa della mancata convocazione agli incontri tenutisi il 2 e il 13 novembre, la Confsal non è stata convocata nemmeno all'incontro del 21 novembre 2017;
la Confsal, si rammenta, rappresenta 1 milione e 400 mila lavoratori e nel pubblico impiego v'è una precisa norma di legge che determina le modalità della rappresentatività, facendone discendere da ciò precisi obblighi e responsabilità;
1 milione e 400 mila lavoratori non sono pochi ed hanno diritto di essere ascoltati, a partire dal previsto prossimo incontro a Palazzo Chigi –:
quali iniziative intendano adottare al fine di risolvere la problematica esposta in premessa.
(4-18554)
PRODANI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
come riportato dal sito www.forumpa.it «una città può essere definita come “smart” quando gli investimenti in capitale umano e sociale e nelle infrastrutture tradizionali (mobilità e trasporti) e moderne (ICT) alimentano uno sviluppo economico sostenibile ed una elevata qualità della vita, con una gestione saggia delle risorse naturali, attraverso un metodo di governo partecipativo»;
«Le dimensioni principali di una smart city sono: quella economica, legata alla presenza di attività innovative, di ricerca, e caratterizzata, infine, dalla capacità di attirare capitali economici e professionali; quella del capitale umano e sociale. Una città è smart quando sono smart i suoi abitanti in termini di competenze, di capacità relazionale di inclusione e tolleranza; quella della governance, da intendersi nell'adozione di modelli di governo improntati a dare centralità ai beni relazionali e attenzione ai beni comuni. Nella creazione di opportunità per favorire la partecipazione civica nella creazione di valore pubblico»;
secondo www.formiche.net «le Smart City rappresentano un contesto particolarmente favorevole alla sperimentazione di misure in grado di generare crescita con occupazione poiché le tecnologie digitali possono incrociarsi con infrastrutture innovative, nuovi servizi e migliori sistemi di efficientamento energetico. (...)»;
EasyPark, gruppo svedese che, attraverso la «app» omonima, fornisce soluzioni per il parcheggio «smart» in dieci mercati in Europa e Australia, ha elaborato lo Smart City Index 2017. Tale studio, costruito sulla base dei dati raccolti dalle Nazioni Unite e dalla Commissione europea, ha riguardato oltre 500 città nel mondo sulla base di circa 19 parametri fra cui mobilità, sostenibilità ambientale, innovazione e digitalizzazione. L'analisi ha permesso di evidenziare realtà metropolitane che sono all'avanguardia della crescita urbana intelligente, quindi capaci, attraverso servizi, infrastrutture e processi di digitalizzazione, di migliorare la qualità della vita dei propri abitanti;
come riportato dal sito online Key4biz, nell'articolo pubblicato l'8 novembre 2017, la graduatoria stilata da EasyPark ha premiato Copenaghen tra le più «smart» dei mondo. Sul podio vi sono anche Singapore e Stoccolma, seguite da Zurigo e Boston. I punteggi sono stati assegnati in base alle performance di ogni città per ognuno dei 19 indicatori (con voti da 1 a 10).
nell'analisi effettuata da Easypark, ed elaborata anche dal sito www.corrierecomunicazioni.it, le quattro città italiane hanno conquistato le prime posizioni per la pianificazione urbana, in particolare per la costruzione di edifici a basso impatto e per i sistemi energetici da fonti rinnovabili;
tuttavia, il problema dello smaltimento dei rifiuti ha collocato le quattro metropoli presenti nella graduatoria tra la 48esima e la 51esima posizione dell'elenco
«Milano è la smart city più veloce per connessione e si è classificata al 67esimo posto grazie alla rete di wi-fi gratuito che invece penalizza Napoli (90esima). Per quanto concerne la digitalizzazione dei servizi pubblici: Napoli è 69esima e Torino 70esima. Milano e Roma sono tra le peggiori 10»;
«Per quanto riguarda il trasporto pubblico, Milano, Torino e Napoli sono tra la 87esima e la 89esima posizione. Roma è 95esima. Se, anziché prendere l'autobus, i cittadini optassero per la propria auto, le cose andrebbero poco meglio a Roma (84esima) ma molto meglio a Torino, che si guadagna l'ingresso nelle prime 25. Sul car sharing Torino è 19esima, Milano 20esima, Roma 22esima, Napoli 90esima»;
il sito online Repubblica.it, commentando l'indice menzionato, ha sottolineato che «nella capacità di attrarre innovazione, molto fanno agevolazioni e norme nazionali. Ecco perché tutte le italiane sono fuori dalle migliori 50: Milano è 55esima, Roma 83esima e Torino 88esima, Napoli è 94esima: è più indietro di Atene ed è, all'interno della top 100, la peggiore città occidentale» –:
quali iniziative intendano promuovere per incentivare lo sviluppo delle smart city;
quali politiche innovative, su scala urbana, il Governo intenda attuare con l'obiettivo di coinvolgere trasversalmente tutti gli attori del territorio, promuovendo una visione sostenibile, intelligente ed inclusiva delle metropoli italiane.
(4-18555)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta in Commissione:
MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SPADONI, SCAGLIUSI, GRANDE e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
da notizie e immagini presenti sul sito di AssopacePalestina.org si apprende che il Governo di Israele ha avviato, con un piano a lungo termine, demolizioni di case e tende in tutta l'area nord della Valle del Giordano, nei villaggi di Ein EI Hilwe e Al Maleh; si tratta di case dove vivono circa 300 palestinesi, con la conseguente cancellazione delle comunità presenti;
gli abitanti della zona hanno riferito di droni che sorvegliavano dall'alto, mentre i militari dell'esercito di occupazione chiedevano i documenti di identità a tutti i residenti, mentre la minaccia si palesava nel momento in cui sono state depositate a terra, fermate con dei sassi, le notifiche di evacuazione;
Rashid Khudairi della Jordan Valley Solidarity, coordinatore delle attività di chi è sotto la minaccia di demolizione, dichiara: «Da molti anni le forze dell'occupazione hanno sottoposto a vessazioni e attacchi i Palestinesi nel nord della Valle del Giordano, per spingerli a abbandonare la loro antica terra. A queste comunità è stato negato l'accesso all'acqua, all'elettricità, alle strade, alla sanità e all'istruzione. Le loro case sono state demolite ripetutamente e spesso vengono fatte esercitazioni militari vicino alle loro case e sulle loro terre. Ora Israele sta facendo un ulteriore passo in questo progetto di pulizia etnica. La situazione è di grande emergenza e noi chiediamo l'aiuto di tutti gli amici che abbiamo nel mondo»;
nel 1967, data dell'occupazione militare, vi erano circa 300 mila palestinesi nella Valle del Giordano; oggi ve ne sono circa 60 mila. A parere degli interroganti non si può non parlare di pulizia etnica; si tratta di una deportazione silenziosa che avviene di fatto nel silenzio e nella complicità della comunità internazionale e dei media;
anche attivisti israeliani hanno lanciato un appello al mondo affinché cessi l'insediamento delle colonie, l'evacuazione della popolazione palestinese e la demolizione di case e scuole, così come fa anche B'tselem, un'organizzazione israeliana per la difesa dei diritti umani, considerata, guarda caso, dal Governo Nethaniahu un pericolo per Israele –:
se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per esprimere Governo israeliano la manifestazione del più profondo dissenso e contro palese violazione del diritto internazionale e contestualmente sollevare, presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite di cui fa ancora parte l'Italia, la questione dell'occupazione dei territori palestinesi.
(5-12755)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta in Commissione:
DADONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
con l'interrogazione n. 3-00592 presentata nella seduta del 23 dicembre 2013, n. 157, al Senato della Repubblica, è stata avanzata richiesta di chiarimenti sulle modalità di nomina dell'ufficio di direzione lavori, a suo tempo oggetto di avvicendamento, relativo all'appalto del tunnel del Tenda;
la stazione appaltante di tale opera risulta essere l'Anas spa (Azienda nazionale autonoma delle strade), società statale ad intero capitale pubblico;
l'Anas si avvale di uno staff tecnico addetto al controllo dei lavori, che svolge ulteriori mansioni di verifica e supervisione che la legge impone alle stazioni appaltanti;
risultava che fino ad allora lo staff tecnico fosse composto da personale dipendente del compartimento di Torino dell'Anas, avvicendato da personale proveniente dai compartimenti della regione Lombardia, in particolare da quello di Milano;
tale scelta avrebbe comportato sicuramente maggiori oneri per la trasferta dei lavoratori;
con l'interrogazione n. 3-00592 fu chiesto, appunto, al Ministro se fosse a conoscenza dei fatti esposti e in caso negativo se intendeva attivarsi per essere edotto di quali fossero stati i criteri con i quali fu compiuta la scelta di incaricare nuovo personale del compartimento di Milano e come questa scelta fosse giustificabile a fronte di maggiori oneri per le già scarse finanze pubbliche, nonché se non ritenesse di attivarsi presso l'Anas spa per ripristinare la situazione originaria che vedeva impiegato personale del compartimento di Torino, altamente esperto e professionalmente qualificato;
la risposta ottenuta asseriva, ad avviso dell'interrogante presuntuosamente e chiaramente, la bontà delle scelte operate dalla stazione appaltante, nella sostituzione, cioè, del personale del compartimento di Torino con altro, a suo dire, ben più competente, qualificato ed esperto nel settore dei lavori pubblici, proveniente dal compartimento di Milano;
l'insoddisfazione della risposta porta oggi a rinnovare la richiesta, considerato che le ultime incresciose vicende giudiziarie, del mese di maggio 2017, riguardanti l'intero ufficio di direzione lavori, con le contestazioni avanzate dalla procura di Cuneo per reati di frode nelle pubbliche forniture e furto aggravato, hanno portato all'applicazione della misura restrittiva della libertà del direttore dei lavori oltre che all'indagine sull'operato del personale dell'Anas e dell'appaltatore –:
se le procedure adottate a suo tempo per la scelta del personale da adibire all'ufficio di direzione lavori, con conseguente avvicendamento del personale sostituito con quello proveniente da Milano, siano le medesime adottate per la scelta dell'attuale ufficio di direzione lavori, ovvero quali siano le modalità, anche discrezionali, con le quali avviene in Anas la selezione dei curricula per l'individuazione del personale chiamato a ricoprire incarichi di responsabilità legati alla direzione lavori di opere pubbliche;
quali aspetti dei curricula, con riferimento a quelli a suo tempo determinanti per la selezione, abbiano portato l'Anas a scegliere gli attuali dipendenti chiamati a condurre la direzione dei lavori;
viste le affermazioni di cui alla risposta del Governo in ordine alla carenza di valide professionalità nel compartimento di Torino, se l'attuale direttore dei lavori scelto tra le fila dei dipendenti torinesi sia da ritenere adeguatamente qualificato e, in tal caso, se risulti adeguatamente rappresentato l'ufficio di direzione lavori, affinché le opere possano essere ultimate in modo corretto ed in tempo utile.
(5-12774)
Interrogazione a risposta scritta:
MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
le procedure di infrazione riguardanti la qualità dell'aria sono due e coinvolgono diverse regioni del nostro Paese;
quanto alla procedura di infrazione 2015/2043, riguardante la cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell'aria ambiente – superamento dei valori limite di biossido di azoto NO2, le regioni sotto osservazione da parte della Commissione europea sono: Lazio, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte, Toscana, Sicilia. Le maggiori città coinvolte sono: Roma, Genova, Milano, Bergamo, Brescia, Torino, Firenze e Catania;
quanto alla procedura di infrazione 2014/2147, riguardante la cattiva applicazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente – superamento dei valori limite di PM10 in Italia, le regioni sotto osservazione da parte della Commissione europea sono: Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Marche, Molise, Campania, Toscana, Puglia e Sicilia. Le maggiori città coinvolte sono: Milano, Bergamo, Brescia, Torino, Venezia-Treviso, Padova, Vicenza, Firenze, Prato, Pistoia, Zona Valle del Sacco, Roma, Campobasso, area di Napoli e Caserta, area beneventana, Palermo;
l'Agenzia europea per l'ambiente ha diffuso, all'interno del suo rapporto annuale, i dati riferiti alle conseguenze dell'inquinamento atmosferico: più di 400 mila morti premature ogni anno, anche se di recente è stato registrato un lieve miglioramento;
da qualche giorno è stata realizzata e ospitata sul portale dell'Agenzia europea per l'ambiente (http://airindex.eea.europa.eu), una mappa per verificare la qualità dell'aria, peccato che nessun dato italiano sia presente –:
per quale ragione i dati sulla qualità dell'aria riguardanti gli agglomerati urbani italiani non compaiano sul sito dell'Agenzia europea per l'ambiente;
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in relazione ai casi di regioni, come la Sicilia, che non hanno ancora approvato un piano per la qualità dell'aria.
(4-18556)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
CARLONI, COCCIA, D'INCECCO, FAMIGLIETTI, IMPEGNO, MANFREDI, SALVATORE PICCOLO, SGAMBATO, VALERIA VALENTE, VALIANTE e TARTAGLIONE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il Museo nazionale di San Martino, di competenza del polo museale della Campania e diretto dalla dottoressa Rita Pastorelli, ha sede presso l'omonima Certosa del 1300, ubicata in cima alla collina del Vomero, V municipalità del comune di Napoli;
il museo presenta diversi ambienti: una chiesa barocca arricchita da lavori di Cosimo Fanzago, due chiostri, una sezione presepiale, una dedicata alle carrozze, ed una sezione navale, che ospita le lance reali dei Re Vittorio Emanuele II e Umberto I. Tuttavia, forse l'opera più celebre del museo è la cosiddetta «Tavola Strozzi», una veduta di Napoli datata 1472, attribuita a Francesco Rosselli;
il museo è completato da un giardino composto da tre terrazzamenti, l'ultimo dei quali è chiuso al pubblico, in stato di abbandono. Esso è accessibile dal n. 18 dell'adiacente via Caccavello. Qui, l'ingresso al giardino è sbarrato da una cancellata non sempre sorvegliata e, riferiscono gli abitanti della zona, facilmente scavalcabile. Pertanto, data la mancanza di controllo, questo luogo è diventato attrattore di attività poco chiare, in particolare nelle ore notturne, aumentando il senso di degrado e d'insicurezza nei cittadini;
anche gli ambienti interni del museo soffrono di scarsa cura. A quanto consta agli interroganti diverse sale risultano spesso chiuse, le strutture sono poco illuminate e cadenti, il personale appare poco motivato, i pannelli esplicativi delle opere e degli ambienti praticamente inesistenti;
un'identica sensazione di decadenza vi è all'esterno del museo, interessato da lavori di ristrutturazione che procedono molto lentamente, dei quali non si conosce la conclusione;
tali lavori coinvolgono anche la Chiesa delle Donne, che fa parte del complesso museale ma che risulta da lungo tempo inaccessibile, ed il muro di contenimento del museo lungo via Tito Angelini, sede un tempo di diverse attività commerciali, ora sgomberate. Tale sgombero è stato necessario in quanto il muro risulta pericolante, ed è puntellato da barbacani in legno, che impediscono però l'utilizzazione dell'adiacente marciapiede, costringendo i numerosi turisti ad occupare impropriamente la sede stradale. Ciò trasmette un ulteriore forte senso di degrado;
presso il comprensorio di San Martino insiste anche il Castel Sant'Elmo ed il Museo del Novecento napoletano, sempre di competenza del polo museale della Campania, diretti dalla dottoressa Anna Maria Romano. Pur essendo contigui, Certosa e Castello rappresentano due entità museali distinte e non comunicanti, neanche a livello fisico, per accedere alle quali è necessario l'acquisto di due biglietti differenti: non sono infatti previste agevolazioni tariffarie. Ciò comporta, secondo gli interroganti, la «cannibalizzazione» dell'offerta, in quanto i turisti sono portati a scegliere se visitare l'uno o l'altro museo;
va ricordato che il belvedere di San Martino è uno dei principali punti panoramici della città, ed è consigliato dalla totalità delle guide e degli itinerari turistici. Dunque, la situazione di degrado descritta si riflette pesantemente sull'immagine della città ed impatta sulla fruizione del patrimonio storico-artistico;
il comprensorio di San Martino risulta, per caratteristiche orografiche, di difficile accesso. Per tale motivo, era prevista dal comune di Napoli la creazione della quarta fermata della funicolare Montesanto a servizio della zona. I lavori, il cui costo previsto è di circa 5 milioni di euro e di cui esiste una progettazione esecutiva, sono al momento accantonati per imprecisate ragioni –:
se i Ministri interrogati siano al corrente della situazione descritta in premessa;
se ritengano che sussistano i presupposti per promuovere verifiche con riferimento alle criticità sopra evidenziate;
se intenda attivarsi affinché si possano predisporre le misure necessarie volte a completare quanto prima i lavori in essere, ed a promuovere un'integrazione delle strutture museali di San Martino e Sant'Elmo;
se si intenda assicurare la sorveglianza costante dei luoghi al fine di scoraggiare attività illecite, garantendo la sicurezza delle aree chiuse al pubblico e quello dei cittadini.
(5-12760)
DIFESA
Interrogazione a risposta in Commissione:
MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
in data 23 dicembre 2016, dinanzi al dottor Giulio Majo, notaio in Roma, con atto rep. n. 28.093# racc. n. 8.285# si è costituita l'Associazione culturale Unione forestale carabinieri e diritti, in sigla Unforced, regolarmente registrata presso l'Agenzia delle entrate con codice fiscale n. 97916740588 e la cui natura giuridica è assimilata a quella di associazioni non riconosciute e comitati (attività di organizzazioni con fini culturali e ricreativi). L'associazione è aperta a tutti i cittadini che condividano le finalità statutarie e dunque l'iscrizione non è riservata ai soli militari;
con l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 177 del 2016, che ha sancito l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato da parte dell'Arma dei carabinieri, alcuni dei soci fondatori e degli iscritti all'Associazione Unforced sono diventati militari; in virtù del cambiamento di amministrazione, la predetta Associazione, in data 7 febbraio 2017, ha inoltrato al Ministero della difesa la richiesta di autorizzazione a svolgere e a pubblicizzare attività culturale nell'ambito dell'Arma dei carabinieri;
tale richiesta è ben diversa dalla richiesta di preventivo assenso alla costituzione dell'associazione, così come previsto dall'articolo 1475 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in quanto Unforced era già costituita e non è certamente un'associazione fra militari ma un'associazione a cui hanno aderito anche militari;
invece, in data 3 agosto 2017 l'ufficio legislazione del Comando generale dell'Arma dei carabinieri – e non già il gabinetto del Ministro della difesa – comunica al presidente dell'Associazione il preavviso di rigetto della richiesta, ritenendo che Unforced aspiri a svolgere funzioni sindacali, considerando dunque irrilevante la precisazione contenuta nell'atto costitutivo sul divieto assoluto ai soci di porre in essere comportamenti configurabili come sindacali;
Unforced, per il tramite di un legale, confuta puntualmente tutte le presunte criticità elencate nel preavviso di diniego, evidenziando l'assoluta sovrapponibilità dello statuto vigente a quello dell'Associazione Ficiesse, riconosciuta ed autorizzata dal Comando generale della Guardia di finanza a svolgere le proprie finalità statutarie sin dal 2006;
nonostante Unforced abbia dimostrato la perfetta aderenza del proprio statuto a quello di Ficiesse, il Ministro della difesa il 4 settembre 2017 emette un provvedimento di non accoglimento dell'istanza di assenso ex articolo 1475 del decreto legislativo n. 66 del 2010 – come sopra evidenziato mai richiesto – contestando all'Associazione le finalità sindacali;
contestualmente si registra la diramazione dell'avviso del 7 novembre 2017 da parte dell'ufficio legislazione del Comando generale dell'Arma dei carabinieri con cui si partecipa ai militari che l'adesione all'associazione e lo svolgimento dell'attività in suo favore costituiscono illecito disciplinare;
il diritto alla libertà di associazione, previsto dall'articolo 18 della Costituzione, non appare all'interrogante nel caso specifico, pienamente rispettato;
quelle messe in atto dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri nei confronti dell'associazione Unforced appaiono azioni incongrue e lesive di chiunque manifesti legittimamente e nelle forme previste, il proprio pensiero e la propria opinione –:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per una rivalutazione in merito alla richiesta avanzata da Unforced.
(5-12773)
ECONOMIA E FINANZE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
in data 21 marzo 2016, presso la I sezione lavoro del tribunale di Roma, alcuni lavoratori del servizio di call center utilizzati, mediante appalto alla società Xenesys S.r.l., dalla società Gestore dei Servizi Energetici – GSE s.p.a., interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, hanno fatto ricorso nei confronti di tale società;
nell'ambito del personale alle sue dipendenze, il Gse ha nominato dapprima degli «assistenti» aventi il compito di fornire supporto agli operatori del call center e riportare le direttive dei dipendenti GSE e, nel 2013, essendo gli operatori divenuti oltre cento, ha creato l'ulteriore figura del «referente», nominando 7-8 operatori per il cui tramite la GSE dirige ed organizza l'attività degli addetti al centro;
come comprovato da molti documenti, di fatto il Gse, formalmente appaltante del servizio di «contact center», gestisce direttamente gli operatori dello stesso, stabilendo turni e attività da svolgere, autorizzando ferie e permessi, dando ordini puntuali e curando anche la selezione e la formazione del personale;
i lavoratori ricorrenti hanno dedotto che i datori di lavoro formali che si sono succeduti nel corso del tempo hanno costituito meri soggetti interposti;
i lavoratori e le lavoratrici formalmente in rapporto di lavoro con la società Xenesys s.r.l., sono sempre stati assoggettati al potere direttivo, di controllo e disciplinare del GSE s.p.a., senza che esso venisse mai esercitato dai formali datori di lavoro e, dunque, si sarebbe concretizzata una interposizione vietata di manodopera;
i lavoratori e le lavoratrici formalmente in rapporto di lavoro con Xenesys s.r.l., sono state in realtà utilizzate in un rapporto di lavoro subordinato intercorrente con il Gse a far data dalle singole date di assunzione in Xenesys s.r.l., e, pertanto, hanno diritto di percepire le differenze retributive tra quanto spettante in base al c.c.n.l. per il settore elettrico e quanto loro corrisposto da parte dei formali datori di lavoro;
a marzo 2013, i ricorrenti avevano sottoscritto individuali verbali di conciliazione in sede sindacale unitamente al Gse ed alla società Xenesys S.r.l., all'epoca appaltatrice del servizio di contact center;
in particolare, in ciascuno di detti verbali, si legge: «(...) in previsione della rinegoziazione del servizio di contact center in favore del GSE per due anni e, dunque, della stabilizzazione dei rapporti di lavoro del personale addetto a detti servizi, Xenesys S.r.l. si è dichiarata disponibile a formalizzare le intese per il periodo antecedente all'imminente negoziazione del nuovo contratto di appalto; f) le parti medesime intendono definire tramite conciliazione in sede sindacale tutti gli aspetti giuridici afferenti i rapporti di lavoro di cui al precedente punto a), onde prevenire l'insorgere di liti ed eliminare possibili controversie»;
in ciascun verbale, si legge che il lavoratore, «ai sensi e per gli effetti dell'art. 2113 c.c., rinuncia espressamente nei confronti di Xenesys S.r.l. e, per effetto del contratto di appalto citato in premessa, nei confronti del GSE, anche in via di solidarietà, ad ogni diritto e/o pretesa, a qualsivoglia titolo derivanti, connessi, collegati, anche in via indiretta ed incidentale, ai rapporti di lavoro a tempo determinato»;
dai verbali di conciliazione la Xenesys S.r.l. «accetta le rinunce di cui al punto 1) e, nello spirito transattivo di cui al presente atto, si impegna ad assumere il lavoratore a tempo indeterminato alla scadenza del contratto in essere con il lavoratore, continuando a corrispondergli tutto quanto sarà dovuto da ora in poi in ragione del rapporto in essere fino a naturale scadenza per retribuzione (...)»;
la I sezione lavoro del tribunale di Roma ha dichiarato la nullità delle suddette e transazioni, ricordando l'orientamento della Corte di Cassazione secondo cui sussiste «l'illiceità della causa dei negozi diretti alla costituzione di una intermediazione fittizia nelle prestazioni di lavoro, sia a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 1369 del 1960, il cui art. 1 espressamente prevede che i lavoratori impiegati in violazione del relativo divieto sono considerati, ad ogni effetto, alle dipendenze dell'imprenditore che abbia effettivamente utilizzato la loro attività»;
a detta del tribunale di Roma, I sezione lavoro, malgrado l'orientamento sia risalente e non constino precedenti più recenti nei medesimi termini, si ritiene che lo stesso possa essere valevole anche alla luce della disciplina attuale;
secondo il tribunale di Roma, accertata l'illiceità dell'appalto, si deve ritenere instaurato un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato tra i lavoratori e le lavoratrici ricorrenti e il Gse fin dall'assunzione da parte delle diverse società appaltatrici. Tale rapporto non può ritenersi interrotto dalla regolarizzazione del contratto di appalto. Si deve, infatti, piuttosto ritenere che sia il Gse il reale ed effettivo datore di lavoro ed abbia, di fatto, posto in essere il diverso e lecito fenomeno del distacco di lavoratori presso altra impresa, non per questo, quindi, dismettendo la sua qualità di datore di lavoro;
il tribunale di Roma afferma quindi che, nella fattispecie in esame, sino all'inizio del 2013, le società fornitrici non abbiano impiegato la propria organizzazione per rendere il servizio, ma si siano limitate a porre a disposizione la manodopera, perché venisse utilizzata direttamente dal GSE. Ne consegue l'instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra i ricorrenti e il Gse –:
se siano a conoscenza dei gravissimi fatti citati in premessa;
quali iniziative di competenza intendano assumere per evitare che le pubbliche amministrazioni o società sotto il controllo delle pubbliche amministrazioni diano luogo ad appalti illegittimi e per tutelare i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici dei servizi di call center, in conformità della sentenza del tribunale di Roma I sezione lavoro, n. 9349/2017 pubblicata il 16 novembre 2017, ruolo generale n. 11086/2016.
(2-02027) «Fassina, Marcon».
Interrogazione a risposta immediata:
GIANLUCA PINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, LO MONTE, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
recentemente il Governo ha assunto una politica fortemente contraddittoria in tema di concessioni pubbliche: per alcune, ha rinnovato le licenze senza alcun espletamento di gara o attraverso importanti proroghe temporali; per altre, ha invece rispettato diligentemente le regole sulla messa a gara imposte dall'Unione europea;
tale pratica, ovviamente, comporta degli squilibri economici importanti, che, più che rispondere a logiche di mercato e di efficienza della gestione delle risorse statali, sembrano essere assoggettate ad altri interessi non chiaramente intellegibili, dato che rinnovi e proroghe sicuramente determinano benefici per i soggetti concessionari che le ricevono, con un corrispondente onere per lo Stato;
prova ne sono: il rinnovo automatico della gestione del «Gratta e Vinci» alla società Lottomatica-Igt;
al contrario, ha ritenuto di non accogliere le richieste della categoria dei balneari, probabilmente meno strutturati come categoria e non rientranti nei cosiddetti poteri forti, che non sono invece riusciti ad ottenere le suddette proroghe, restando tra quelle concessioni per cui si rispettano i dettami europei;
si ricorda, infatti, che l'Unione europea ha spesso richiamato i Paesi membri, nonché legiferato sulle modalità di attribuzione delle concessioni pubbliche al fine di evitare proroghe e rinnovi automatici;
in particolare, sul rinnovo della concessione del «Gratta e Vinci» a Lottomatica, non si comprende per quale motivo sia stata scelta dal Governo la strada del rinnovo della concessione, con il pagamento di soli 800 milioni di euro (50 nel 2017 e i restanti 750 nel 2018), quando invece avrebbe potuto indire una gara e ottenere condizioni molto più vantaggiose;
si consideri il fatto che, in seguito all'avvio del contingentamento del numero delle slot machine, il mercato del «Gratta e Vinci» crescerà in maniera esponenziale: nel terzo trimestre del 2017, secondo i dati resi noti da Lottomatica, le vendite sono aumentate del 5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2016 –:
quali siano le motivazioni che hanno spinto il Governo a scegliere il rinnovo governativo della concessione a Lottomatica, senza rispettare le regole sulla concorrenza e sull'obbligo di messa a gara previsto dalla normativa europea, applicando quest'ultimo soltanto per il rinnovo delle concessioni demaniali.
(3-03376)
Interrogazione a risposta in Commissione:
RIZZETTO e TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
come è noto il 12 ottobre 2015, Enel ha disdetto unilateralmente il «fringe benefit» concernente il consumo di energia elettrica per gli ex dipendenti e i loro superstiti a partire dal gennaio 2016, sicché, non è più esigibile lo sconto sulla tariffa dell'energia elettrica in bolletta, che è stato sostituito con un importo forfettario erogato «una tantum»;
la predetta agevolazione tariffaria era prevista nel contratto di lavoro dei dipendenti della società dell'energia elettrica e gli interessati sono stati informati via lettera da Enel che essa veniva revocata, richiedendo a tal fine la sottoscrizione di un apposito verbale di conciliazione entro il 31 dicembre 2016;
gli ex dipendenti di Enel hanno contestato tale scelta, poiché lo sconto in bolletta non rappresentava un'agevolazione, ma una quota parte della retribuzione quando Enel era ancora un ente pubblico e, solo dopo la privatizzazione, la società si è impegnata a corrisponderlo sotto forma di agevolazione tariffaria. Inoltre, per molti dipendenti la riduzione di tariffa ha rappresentato uno dei benefit per l'accettazione di risoluzione anticipata del rapporto di lavoro rispetto al raggiungimento del limite di età;
pertanto, a parere degli interroganti, l'Enel approfittando nella propria posizione contrattuale più forte ha privato queste persone di un diritto, che si era consolidato con precisi accordi vigenti e che non poteva essere annullato con atto unilaterale;
si ricorda che lo Stato italiano è il principale azionista della società di energia elettrica, detenendo dal 1° aprile 2016, il 23,50 del capitale sociale tramite il Ministero dell'economia e delle finanze –:
se e quali iniziative abbia assunto il Governo, per quanto di competenza, in merito alla revoca unilaterale della riduzione tariffaria agli ex dipendenti e superstiti disposta da Enel che, come esposto in premessa, appare agli interroganti illegittima.
(5-12753)
Interrogazione a risposta scritta:
VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'11 aprile 2017 la testata Il Fatto Quotidiano diffonde la notizia dell'arresto del direttore dell'Agenzia delle entrate di Genova. A seguito di un blitz durante una cena terminata con il passaggio di una busta contenente 7.500 euro relativi ad una probabile tangente consegnata al direttore Walter Pardini da tre individui rappresentanti di una società logistica protagonista di un contenzioso fiscale per circa 20 milioni di euro. Arresto avvenuto in flagranza di reato, anche grazie al preziosissimo aiuto del cane molecolare che ha fiutato la busta con la grossa ed ingiustificabile somma di denaro in contanti;
dopo l'arresto, in flagranza di reato, l'Agenzia delle entrate ha adottato la sospensione cautelare dal servizio nei riguardi del direttore Pardini in attesa dei futuri provvedimenti dell'autorità giudiziaria e delle relative (eventuali) conseguenze in materia di misure disciplinari, contrattuali e risarcitorie;
da un'attenta osservazione del sito dell'Agenzia delle entrate, nella sezione trasparenza (articolo 14 del decreto legislativo n. 33 del 2013), sembrerebbero mancare alcune informazioni fondamentali:
atto di nomina o di proclamazione, con l'indicazione della durata dell'incarico o del mandato elettivo;
curriculum;
compensi di qualsiasi natura connessi all'assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici;
dati relativi all'assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti;
altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l'indicazione dei compensi spettanti;
dichiarazioni di cui all'articolo 2, della legge 5 luglio 1982, n. 441, nonché le attestazioni e dichiarazioni di cui agli articoli 3 e 4 della medesima legge (dichiarazione dei redditi, variazione situazione patrimoniale);
nonostante il disposto dell'articolo 20, comma 3, del decreto legislativo n. 39 del 2013 in merito alle cause di incompatibilità/inconferibilità degli incarichi il direttore Walter Pardini ricopriva inspiegabilmente ad interim i seguenti incarichi:
direttore provinciale;
dirigente ufficio legale;
dirigente ufficio controlli;
dirigente ufficio territoriale 1;
dirigente ufficio territoriale 2;
agghiacciante, a parere dell'interrogante, è l'analoga situazione ad interim che si presenta praticamente su tutto il territorio nazionale ed altrettanto anomalo appare il corposo elenco di dirigenti dell'Agenzia delle entrate condannati per corruzione: Pietro Micheli, ex dirigente del fisco a capo dell'ufficio controlli dell'Agenzia delle entrate, condannato a Urbino a 4 anni e 10 mesi di reclusione, Vito Maulucci, ex direttore dell'Agenzia delle entrate di Arzignano, condannato a risarcire l'erario con una somma di oltre 660.000 euro, Saverio Campanella e Albertino Rosso, ex funzionari dell'Agenzia delle entrate, condannati per aver percepito mazzette calcolate in percentuale sulle somme «fatte risparmiare» alle aziende di cui si occupavano nel milanese, Pietro Pasquale Leto, insieme ad altri funzionari dell'Agenzia delle entrate di Agrigento, hanno chiesto il rito abbreviato per l'inchiesta «Duty Free» della Guardia di finanza; Elio Borrelli, direttore delle entrate di Pesaro immediatamente sospeso dal servizio non appena raggiunto da ordine di custodia cautelare per le vicende di corruzione relative al Mose di Venezia –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per un attento e puntuale approfondimento delle situazioni evidenziate in premessa, in particolare degli incarichi ad interim che, nei fatti, accentrano troppo potere con pochissimi controlli, in capo a persone singole, con tutte le conseguenze che ne derivano;
se intenda assumere iniziative per esercitare un attento controllo riguardo i dirigenti dell'Agenzia delle entrate e prendere in considerazione l'eventualità di una rotazione continua con trasferimenti anche a lunga distanza su tutto il territorio nazionale nei confronti delle persone che ricoprono un ruolo apicale all'interno dell'Agenzia delle entrate in modo da aumentare le garanzie di parità di trattamento per tutta la popolazione contribuente.
(4-18565)
GIUSTIZIA
Interrogazioni a risposta immediata:
RABINO, FRANCESCO SAVERIO ROMANO e PARISI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
il carcere Giuseppe Montalto di Alba è già stato oggetto di atti di sindacato ispettivo inerenti ai necessari interventi di bonifica e sanificazione dell'istituto in seguito all'accertamento di tre casi di legionellosi;
il 10 febbraio 2016 il Ministro interrogato ha affermato che i dovuti interventi erano stati inseriti dall'amministrazione penitenziaria nel programma triennale 2016-2018;
il 15 luglio 2016 la Sottosegretaria di Stato per la giustizia ha confermato lo stanziamento di 2 milioni di euro e la previsione che ipotizzava la completa riapertura dell'istituto entro la fine del 2017;
nel maggio 2017 alcune celle dell'istituto, quelle rivolte all'accoglienza dei collaboratori di giustizia, sono state riaperte;
la riapertura parziale ha consentito il rientro di parte del personale di polizia penitenziaria precedentemente in missione in diversi istituti del distretto;
il 6 ottobre 2017 gli uffici del Ministero della giustizia hanno comunicato al primo firmatario della presente interrogazione il cronoprogramma per la completa riapertura del carcere;
detto cronoprogramma, inerente al rifacimento degli impianti meccanici, all'adeguamento dei servizi igienici e alle opere connesse, prevedeva il termine per la progettazione entro il mese di ottobre 2017 e la riapertura completa dell'istituto entro il 2018;
il 13 ottobre 2017 il garante comunale dei detenuti di Alba Alessandro Prandi, dopo aver visionato il cronoprogramma, ha affermato che «pare difficile individuare la fine del 2018 come riapertura anche solo parziale degli attuali padiglioni fuori servizio»;
la riapertura completa dell'istituto Montalto è necessaria a ripristinare il corretto funzionamento del sistema carcerario dell'intero distretto ed a consentire il rientro di tutto il personale attualmente in missione –:
se le fasi del cronoprogramma siano state ad oggi rispettate e per quando sia ufficialmente prevista la completa riapertura del carcere di Alba.
(3-03378)
VERINI, MATTIELLO, FERRANTI, BAZOLI, BERRETTA, CAMPANA, DI LELLO, ERMINI, GIULIANI, GIUSEPPE GUERINI, GRECO, IORI, MAGORNO, MORANI, GIUDITTA PINI, ROSSOMANDO, TARTAGLIONE, VAZIO, ZAN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
Totò Riina, l'ultimo vero capo dei capi riconosciuto, è stato titolare di un «regno mafioso» lunghissimo ed estremamente sanguinario, durato dai primi anni ’80, cioè dopo la cosiddetta seconda guerra di mafia, fino alla sua morte, avvenuta il 17 novembre 2017;
con la morte in carcere, prima di Provenzano, poi di Riina, si aprono, necessariamente, interrogativi e scenari che interrogano lo Stato e tutte le forze democratiche del nostro Paese;
va ricordato che, nel frattempo, la lotta alla criminalità organizzata ha condotto all'arresto di pericolosi latitanti capi di camorra e ’ndrangheta e che, sul piano repressivo, lo Stato ha inferto colpi durissimi alle organizzazioni criminali, che pure rimangono una minaccia, ben oltre i territori di provenienza tradizionale; basti, ad esempio, ricordare la presenza, accertata e documentata, delle mafie nelle regioni settentrionali, in particolare in Emilia-Romagna, Toscana, Liguria, Lombardia, Umbria, Piemonte e Veneto, ma anche la situazione del Foggiano, del Garganico e della zona di Cerignola (centinaia di omicidi negli ultimi 20 anni sostanzialmente senza colpevoli e accordi criminali con organizzazioni come Cosa nostra, camorra e ’ndrangheta);
catturare i capi, abbattere le leadership cui fanno capo i cartelli criminali appaiono, dunque, fondamentali, ma non basta, come ricordato anche dal nuovo Procuratore nazionale antimafia, che ha sottolineato come sia, nel nostro Paese ma anche a livello internazionale, necessario individuare «le casseforti, circoscrivere le alleanze delle organizzazioni tra politica ed economia e individuare i complici anche nei ceti professionali» –:
quali siano gli ambiti che il Governo ritiene di dover presidiare con maggiore forza, al fine di evitare che divengano terreno fertile per il radicamento e lo sviluppo della criminalità organizzata, e se non ritenga il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie prerogative, opportuno e necessario verificare l'attualità e l'adeguatezza degli strumenti normativi a disposizione, anche alla luce delle recenti innovazioni, in considerazione del mutare delle forme tradizionali delle medesime organizzazioni, nonché quali iniziative ritenga necessarie al fine di proseguire con decisione nella lotta alle mafie, oltre che sul piano strettamente normativo, anche dal punto di vista delle risorse, dell'organizzazione, dal punto di vista carcerario e da quello più prettamente preventivo.
(3-03379)
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:
GIUSEPPE GUERINI, CARNEVALI, MISIANI, SANGA e VERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 giugno 2015, n. 84 e, successivamente con il decreto ministeriale 23 febbraio 2017 del Ministero della giustizia, gli uffici di esecuzione (Uepe) hanno visto una profonda revisione della loro articolazione territoriale;
il meritorio percorso normativo intrapreso dal Governo, nell'ottica di promuovere forme alternative nell'esecuzione della pena, ha determinato tuttavia un notevole incremento delle attività e del carico di lavoro degli Uepe;
situazione particolarmente gravosa al riguardo risulta essere quella in carico all'Uepe di Bergamo;
l'Ufficio, sin dalla sua apertura, non è stato dotato di personale proprio. Ad oggi nove esperte di servizio sociale vi lavorano in convenzione annuale (in scadenza al 31 dicembre 2012) e rinnovabile fino a dicembre 2018;
dal febbraio 2017 l'Uepe di Bergamo è diventato ufficio locale, con l'attribuzione di ulteriori compiti istituzionali, ma senza acquisire personale aggiuntivo. Il direttore reggente risulta inoltre essere l'unico funzionario di servizio sociale non convenzionato. Da ciò scaturisce impossibilità di delegare il potere di firma, con ulteriore aggravio del carico di lavoro dell'Ufficio;
dati mostrano, infatti, un aumento esponenziale del lavoro. Basti pensare che dai 264 casi in corso nel 2009 (anno di apertura della sede) si è passati a 1.389 casi al 16 novembre 2017. Dai 1.903 casi gestiti nel 2014 si è giunti ai 2.983 gestiti nell'anno in corso, impennata dovuta anche all'introduzione della messa alla prova. Gli imputati che hanno beneficiato della misura sono infatti passati dai 29 del 2014 ai 406 del 2017. Le persone con affido in prova ai servizi sociali sono passati dai 214 del 2010 ai 498 del 2017. Le persone detenute agli arresti domiciliari sono passate dai 208 casi del 2010 ai 347 del 2017. L'attività di osservazione e di indagine per la magistratura ordinaria e di sorveglianza ha visto gestire 536 casi nel 2010, mentre sono ben 1263 quelli gestiti a fine ottobre 2017;
se l'Uepe di Bergamo ha senza alcun dubbio rafforzato una visione inclusiva sul futuro delle persone in esecuzione penale, le poche risorse a disposizione stanno compromettendo il lavoro egregio sino ad oggi svolto –:
se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per procedere a revisione e potenziamento delle dotazioni organiche degli Uepe, con riguardo in particolare alle reali carenze di personale inerenti all'Ufficio di Bergamo, considerando gli effettivi carichi di lavoro delle diverse realtà territoriali.
(5-12767)
MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
come riportato di recente anche da alcune testate giornalistiche (ilgiorno.it), articolo del 24 settembre 2017, «(...) i detenuti (che lavorano presso le strutture carcerarie), dal mese prossimo (ottobre), si ritroveranno un aumento in busta paga di circa l'83 per cento. Per legge. Vale a dire che un detenuto che lavora in carcere arriverà a guadagnare un salario medio di circa 7 euro all'ora. Il che significa mille euro al mese a cui si aggiungono, a seconda dei casi, tredicesima e quattordicesima (...)», mentre agli agenti di polizia penitenziaria – «... hanno il contratto fermo da 10 anni. Gli straordinari tagliati. E l'obbligo di pagarsi pure il posto letto in caserma.» — viene corrisposta la medesima cifra, se non con piccole differenze;
appare del tutto singolare assistere al fatto che ai detenuti che svolgono un'attività lavorativa presso le strutture carcerarie sia corrisposto uno stipendio identico a quello di un agente di polizia penitenziaria. Non solo, nella realtà la somma corrisposta è superiore, poiché il detenuto non paga i costi della detenzione a differenza dell'agente di polizia penitenziaria che si deve far carico anche dei costi di alloggio;
l'articolo in parola rileva, altresì che «l'aspetto ancor più paradossale è che “per garantire una alternanza e la possibilità a tutti i detenuti di lavorare, ogni sei mesi di lavoro chi è impiegato viene ‘lasciato a casa’ e messo in cassa integrazione. Tanto, qui in Italia paga sempre Pantalone”. Non come in Germania: “Lì il detenuto che lavora prende 87 centesimi all'ora e si paga anche la corrente elettrica che usa (...). Noi, invece, non soltanto li ospitiamo gratis in carcere, ma gli garantiamo uno stipendio. Mentre allo Stato, ovvero a ogni italiano che paga le tasse, ogni detenuto costa al giorno circa 160 euro.”» –:
come il Ministro interrogato intenda porre rimedio alla situazione sopra descritta tenuto conto che appare necessario stabilire dei criteri tali da consentire di ridurre il compenso dei detenuti che prestano la propria attività lavorativa presso le strutture carcerarie, avendo riguardo ai costi che gli stessi generano per ogni giorno di detenzione, e porre in essere tutte le iniziative necessarie affinché si proceda al rinnovo del contratto di lavoro della polizia penitenziaria ormai scaduto da quasi 10 anni oltre ad una corretta rimodulazione del provvedimento di «riordino delle carriere».
(5-12768)
SANTELLI e SANDRA SAVINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la legge 19 ottobre 2017, n. 155, recante «delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza», stabilisce che per le procedure di insolvenza dovranno individuarsi i tribunali competenti seguendo specifici criteri;
le procedure di insolvenza relative alle grandi imprese e a quelle in amministrazione straordinaria dovranno essere attribuite alla competenza di tribunali che attualmente sono sede di sezione specializzata in materia di impresa; le procedure di insolvenza relative a consumatori, professionisti e cosiddetti piccoli imprenditori dovranno essere attribuite alla competenza dei tribunali circondariali, mantenendo invariata la competenza attuale per le procedure di sovraindebitamento, mentre le procedure di insolvenza relative alle imprese diverse da quelle indicate nei punti precedenti dovranno essere attribuite dal Governo ad alcuni specifici tribunali, individuati sulla base di una serie di parametri (articolo 2, lettera n));
in questo modo il tribunale di Pordenone rischierebbe di perdere la competenza in materia di fallimenti, o meglio nell'ambito della crisi d'impresa, con pesanti ricadute sul sistema delle imprese e su tutte le categorie professionali che operano nel Friuli Venezia Giulia;
il territorio in questione, ad avviso degli interroganti, sta subendo una perdita notevole di rappresentanza in considerazione del venir meno delle province, così come previsto dalla riforma dello statuto regionale, sancita dalla legge costituzionale 28 luglio 2016, n. 1, a cui si aggiunge la riorganizzazione della giustizia fallimentare prefigurata che contribuirebbe ad accentuare conseguenze inaccettabili a carico dei cittadini –:
se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere affinché sia scongiurata una riorganizzazione della giustizia fallimentare in Friuli Venezia Giulia che comporti un ridimensionamento o addirittura una soppressione del tribunale di Pordenone nel suo complesso.
(5-12769)
NESCI, FERRARESI e SARTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
come chiarito nell'interrogazione a risposta in Commissione n. 5/04974 dell'11 marzo 2015 (già presentata dalla prima firmataria del presente atto come interrogazione a risposta scritta n. 4/05181 del 18 giugno 2014) «i diritti fondamentali e inviolabili previsti nella Costituzione repubblicana sono seriamente in pericolo, sulla base di quanto (...) detto sulla sovranità monetaria, di fatto secondo gli (allora, nda) interroganti sottratta al popolo costituzionalmente sovrano, di quanto poi significato sulle cause reali del debito pubblico, di quanto accennato sulla sostanziale perdita di rappresentatività democratica — visto che i processi decisionali decisivi sono rimessi, per l'Europa, a organismi non elettivi — e infine di quanto articolato in materia di strumenti che si assumono di stabilizzazione delle finanze pubbliche»;
come evidenziato nell'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-08520 del 18 giugno 2014, la «vicenda del crescente debito pubblico» è dovuta «quasi integralmente al sistema privato di emissione della cartamoneta»;
come risulta da un, servizio del Tgr Rai della Calabria il carcere di Vibo Valentia ha 230 condannati per ’ndrangheta e 60 poliziotti in meno del previsto, su oltre 400 detenuti;
tale situazione, come raccontato nel succitato servizio giornalistico della Rai, ha portato il sindacato Sappe a un sit-in di protesta tenutosi il 29 settembre 2017 presso l'inteso penitenziario di Vibo Valentia;
gli interroganti ritengono che la riassunta carenza di personale sia insostenibile e comporti ulteriori aggravi per il personale della polizia penitenziaria in servizio, utilizzato anche, come riportato dal servizio menzionato, per i trasferimenti dei detenuti;
gli interroganti ritengono che il Ministro interrogato debba e possa trovare adeguate soluzioni rispetto alla segnalata carenza di personale, che peraltro si registra, come riferito nel prefato servizio giornalistico, in un penitenziario con oltre la metà dei detenuti condannati per reati di mafia;
gli interroganti ritengono che le conseguenze del suddetto meccanismo di creazione del debito pubblico non possano intaccare i settori della sanità, dell'istruzione, della giustizia e i servizi fondamentali, soprattutto in territori, come la Calabria, in cui è forte l'operatività della criminalità organizzata –:
quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per garantire la copertura dei posti mancanti rispetto alla pianta organica del penitenziario di Vibo Valentia.
(5-12770)
ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, PASTORINO e DANIELE FARINA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
da fonti di stampa si apprende che la Ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, avrebbe firmato due decreti che autorizzano 5.590 assunzioni con ingressi immediati entro il 2017 — con risorse degli anni precedenti — e 2.313 attraverso nuovi concorsi, che seguiranno le regole della riforma della pubblica amministrazione – da svolgere entro il 2019 — per l'inserimento di personale nelle amministrazioni centrali: Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Inps, Agenzia delle entrate e Ministero dell'economia e delle finanze;
dalle informazioni diffuse, quindi, non si prevedono iniziative governative indirizzate ad assumere direttamente o tramite specifici concorsi i cosiddetti «precari della giustizia», circa 2.000 lavoratori, che da 8 anni operano negli uffici giudiziari con un rapporto di tirocinio formativo;
nel 2015, il bacino dei tirocinanti è stato diviso da un decreto che ha fatto molto discutere;
a seguito di quel decreto, 1.000 tirocinanti sono entrati a far parte dell'ufficio per il processo, ormai al secondo anno e in scadenza a dicembre 2017, mentre altri 1.000 lavoratori circa, anche loro formati con i tirocini di completamento e perfezionamento, sono stati esclusi dall'ufficio del processo;
a giudizio degli interroganti ciò è una mancanza inaccettabile, considerata la carenza di personale amministrativo degli uffici giudiziari, ormai diventata cronica con circa 10 mila posti scoperti, una carenza che rischia di portare al blocco l'intero sistema giudiziario;
lo stesso Governo assicurò che non avrebbe «lasciato nessuno a casa», prendendo un preciso impegno nei confronti di tutti questi lavoratori, per i quali è stata erogata una formazione destinata all'inserimento e al reinserimento lavorativo;
gli interroganti ritengono che, attraverso i nuovi reclutamenti di personale e gli sportelli di prossimità, sia possibile la contrattualizzazione dei lavoratori formati in questi anni sui quali l'amministrazione ha investito ingenti risorse economiche e organizzative, conseguendo sul campo notevoli risultati –:
se non ritenga opportuno assumere iniziative per i tirocinanti cosiddetti «precari della giustizia», operanti nell'ufficio per il processo o comunque formati ex articolo 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, volte a prevedere l'assunzione con ingresso diretto, tramite procedure concorsuali a norma di legge (ad esempio, ai sensi della legge n. 56 del 1987, articolo 16), così come previsto dal Ministero della giustizia nell'accordo in tema di revisione dei profili professionali.
(5-12771)
Interrogazioni a risposta scritta:
GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il 19 novembre 2017 il sito online abruzzoweb.it ha pubblicato un articolo dal titolo «Ripristino della pensione Inps a detenuti e condannati per reati “ostativi”»;
nel testo si dà notizia che il giudice del lavoro di Teramo, Daniela Matalucci, ha disposto il ripristino dell'erogazione della pensione che l'Inps, in base alla legge Fornero, «aveva revocato a migliaia di detenuti e condannati (15.000 secondo dati Inps) per reati “ostativi”»;
a rendere noto il fatto è stato l'avvocato Fabio Cassisa, che aveva fatto ricorso chiedendo l'annullamento del provvedimento di revoca della pensione di invalidità civile disposta dall'Inps nei confronti di un suo assistito, L.S., soggetto condannato per gravi reati ostativi (tra cui quello previsto dall'articolo 416-bis del codice penale, cioè associazione di tipo mafioso), attualmente sottoposto a sospensione della pena per gravi motivi di salute;
la revoca della pensione — ha spiegato Cassisa – era stata disposta in base all'articolo 2, commi da 58 a 63 della legge n. 92 del 2012, che prevede detta sanzione a carico dei condannati per alcuni dei reati cosiddetti ostativi fino al termine del periodo di esecuzione della pena inflitta;
con questa sentenza il giudice del lavoro di Teramo ha annullato il provvedimento di revoca emesso dall'Inps, con conseguente ordine di ripristino della prestazione a favore del ricorrente, condannando l'ente previdenziale al versamento degli arretrati dovuti dalla revoca in poi;
il ricorso era fondato su due distinti motivi di doglianza, entrambi di rilievo costituzionale. Con il primo l'avvocato del ricorrente ha dedotto come la normativa in questione non possa ritenersi applicabile nei confronti di soggetti non detenuti (perché in sospensione della pena per motivi di salute – come il proprio assistito –, o anche perché sottoposti a misure alternative alla detenzione), ancorché condannati in via definitiva per i gravi reati previsti dalla normativa in questione. Diversamente, secondo l'avvocato, si incorrerebbe nella violazione dell'articolo 38 della Costituzione che prevede come principio assoluto che ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale;
con riferimento al secondo motivo, si rileva che l'avvocato Cassisa, ritenendo che la misura della revoca delle prestazioni assistenziali costituisca una sanzione amministrativa accessoria alla condanna penale e che, dunque, detta sanzione abbia natura penale, ha eccepito come la stessa non possa trovare applicazione retroattiva, perché detta normativa finirebbe col violare l'articolo 25 della Costituzione (nel caso di specie, il reato era stato commesso dal ricorrente prima dell'entrata in vigore della norma);
la pronuncia assume grande rilevanza giuridica anche in considerazione del fatto che con essa giudice del lavoro, sulla base dei motivi di ricorso, ha dato una lettura costituzionalmente orientata della norma, e nelle motivazioni della sentenza ha individuato i criteri ermeneutici a sostegno della natura penale della sanzione accessoria, assumendo come non possa legittimarsi alcuna applicazione retroattiva della sanzione accessoria della revoca della prestazione assistenziale, pena l'illegittimità costituzionale del disposto normativo –:
se corrisponda al vero il fatto che il Ministero della giustizia, in sede di applicazione dell'articolo 2, commi da 58 a 63 della legge n. 92 del 2012, abbia trasmesso all'Inps l'elenco indistinto di 15.000 soggetti detenuti e non, condannati per gravi reati di cui all'articolo 416-bis e altri reati previsti dalla stessa legge, ai quali revocare le prestazioni assistenziali e pensionistiche erogate dall'Istituto;
se corrisponda al vero che tali prestazioni siano state revocate anche a coloro che erano stati condannati prima dell'entrata in vigore della predetta normativa e a coloro che non erano più detenuti;
quali iniziative intenda assumere il Governo per fornire indicazioni chiare e univoche agli enti gestori delle citate prestazioni previdenziali e assistenziali.
(4-18559)
RAMPELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
i quotidiani del 16 novembre 2017 hanno riportato la notizia che a Torino è stata scoperta una cellula terroristica dell'Isis, i cui componenti non hanno potuto, tuttavia, essere arrestati a causa di alcune questioni procedurali;
le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dai giudici nei confronti di cinque giovani tunisini indagati per terrorismo internazionale non sono, infatti, esecutive, perché gli indagati possono ancora ricorrere in Corte di Cassazione;
la procura di Torino aveva chiesto gli arresti il 17 maggio 2017, ma il respingimento dell'istanza da parte del giudice per le indagini preliminari, il successivo 21 giugno, ha costretto il pubblico ministero a ricorrere al tribunale del riesame del Piemonte, ottenendo, invece, la conferma degli arresti, ma gli indagati possono ricorrere in Cassazione, avverso tale decisione e, fino alla scadenza dei termini, per proporre il ricorso, non possono essere arrestati;
le indagini della procura di Torino erano partite da controlli effettuati su false dichiarazioni di studio all'università della città presentate da stranieri per ottenere permessi di soggiorno, e avevano portato all'individuazione di alcuni sospettati nel frattempo stabilitisi a Pisa per dedicarsi allo spaccio di stupefacenti, e avrebbero coinvolto anche alcuni foreign fighters morti in Siria –:
se sia informato dei fatti esposti in premessa e se intenda assumere iniziative normative al riguardo.
(4-18568)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta immediata:
GAROFALO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
a seguito del grave incidente occorso il 28 ottobre 2016 sulla strada statale n. 36 Milano-Lecco, che ha visto il crollo di un cavalcavia, gli enti proprietari o gestori della rete stradale ed autostradale hanno proceduto, di fatto, alla paralisi del rilascio delle autorizzazioni al transito di veicoli eccezionali (o in condizioni di eccezionalità) in numerosi tratti caratterizzati dalla presenza di ponti o cavalcavia, provocando rilevanti danni di natura economica;
si parla di un comparto, quello dei trasporti eccezionali, nel quale operano settemila addetti, con un parco veicolare di sei/settemila mezzi ed un fatturato di 3 miliardi di euro;
il passaggio di convogli eccezionali viene ormai consentito soltanto previa verifica della staticità e della portata di ponti e cavalcavia, anche a diretto carico dell'utenza, oppure applicando oneri forfettari aggiuntivi di verifica tecnica (come nel caso di alcune concessionarie autostradali), con tempi di rilascio che si sono sensibilmente allungati;
lo stallo conseguente al rilascio delle autorizzazioni finisce inevitabilmente per ripercuotersi sulle imprese, che rischiano la paralisi della propria attività con effetti molto pesanti in termini di penali, laddove non dovessero rispettare i tempi previsti dai contratti stipulati con i clienti;
una direttiva del marzo 2017 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dispone che gli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni alla circolazione di trasporti eccezionali istituiscano il catasto stradale della rete viaria di loro competenza, procedendo, quindi, all'aggiornamento dei dati relativi allo stato tecnico e giuridico della medesima;
la direttiva prevede, inoltre, un'attività istruttorio/conoscitiva che deve essere condotta da personale tecnico appositamente formato ed addestrato, con specifico riferimento anche ai controlli da effettuare sulla documentazione necessaria per ottenere l'autorizzazione e, in particolare, quella di cui all'articolo 14, commi 3, 4 e 7, del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada;
gli operatori del settore riconoscono l'importanza della direttiva, ma ravvisano ancora, nei fatti, un'operatività non celere e priva di termini temporali adeguati –:
se il Governo non ritenga opportuno procedere ad un confronto immediato con tutti gli enti interessati alla materia, in modo da pervenire ad una procedura ancora più chiara e rapida per il rilascio delle autorizzazioni al transito di veicoli eccezionali in numerosi tratti caratterizzati dalla presenza di ponti o cavalcavia.
(3-03384)
CATANIA. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
convergono su Bologna quattro tronchi autostradali: la Bologna-Milano, la Bologna-Firenze, la Bologna-Padova e la Bologna-Ancona, collegati fra loro dal sistema tangenziale di Bologna. Per decongestionare questo nodo della rete viaria italiana sono state proposte diverse soluzioni che non hanno avuto seguito;
a novembre 2015, dopo anni di discussioni, viene definitivamente bocciata la proposta di realizzare una bretella esterna a nord di Bologna, un nuovo tratto autostradale denominato «Passante nord», che allungava il percorso di ben 16 chilometri, con enorme spreco di suolo (oltre 500 ettari), prosciugando le risorse economiche senza completare il reticolo delle opere viarie minori esistenti;
gli enti locali hanno successivamente accettato la soluzione alternativa promossa dal comitato di cittadini per risolvere la criticità del nodo bolognese, mediante l'aggiunta di due corsie per senso di marcia all'asse tangenziale senza uscire dal sedime attuale;
finalmente il problema si avvia a soluzione, viene firmato a Bologna un accordo tra Governo ed enti locali, basato sulla nuova pianificazione territoriale a consumo zero di territorio, che accantona il progetto denominato «Passante nord» e riconosce la proposta del sopra menzionato comitato, inserendo nell'accordo che le risorse restanti rispetto al «Passante nord» vengano destinate al completamento di importanti arterie a nord di Bologna, denominate poi «opere di adduzione al Passante di Bologna»;
mentre il progetto è ora alla valutazione d'impatto ambientale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la discussione è aperta sulle opere «complementari» che Autostrade sembrerebbe considerare di rango minore. Infatti, secondo i comitati dei cittadini, Autostrade non vorrebbe migliorare, allargandolo, il ponte della Trasversale di Pianura (strada provinciale n. 3) sulla A13 denominato Nodo di Funo, che rimarrebbe ad una sola corsia per senso di marcia nel punto più trafficato e congestionato per flussi merci di Interporto e Centergross;
è previsto, inoltre, che una parte del budget sia impiegata per il nuovo tracciato dell'Intermedia di Pianura, pur in presenza di una valida alternativa esistente – solo da adeguare – già illustrata dal sopra citato comitato che da anni si occupa in modo propositivo della pianificazione territoriale locale –:
se il Ministro interrogato intenda valutare, per quanto di sua competenza, questi aspetti importanti per la sistemazione definitiva del nodo bolognese, senza compromettere il principio di consumo di suolo zero unito alla massima funzionalità, anche avviando un dialogo con il sopra menzionato comitato di cittadini per l'alternativa al «Passante nord».
(3-03385)
LATRONICO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
il sistema infrastrutturale lucano presenta molte carenze sul piano viario, della sicurezza e della manutenzione, nonostante gli ingenti finanziamenti stanziati;
tale stato di cose rappresenta un forte disagio non solo per i singoli utenti, ma anche e soprattutto per le aziende di tutti i settori che non trovano competitivo investire sul territorio lucano a causa dell'inadeguatezza infrastrutturale;
la designazione di Matera capitale europea della cultura 2019 ha posto in evidenza tali carenze, che determinano un vero isolamento verso le direttrici più vicine;
fin dal 2016 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha definito un piano di interventi per i collegamenti strategici di Matera, in vista del citato avvenimento internazionale. In particolare, fra le priorità si annoverava il collegamento della strada statale n. 407 Basentana all'autostrada A14, il collegamento mediano Murgia-Pollino, già dichiarato strategico e di interesse nel 2001 e inserito tra gli interventi previsti dalla delibera del Cipe n. 130 del 6 aprile 2006;
in forza di tale riconosciuta priorità, l'Anas ha predisposto un progetto preliminare, corredato dallo studio di impatto ambientale, relativo al collegamento Gioia del Colle-Matera-Ferrandina-Pisticci-Montalbano-Valsinni-Lauria. Dopo tale impennata di interesse la questione è rimasta inspiegabilmente ferma e insoluta;
il 17 gennaio 2017 il comitato di indirizzo e controllo per la gestione del patto per lo sviluppo della regione Basilicata ha illustrato i 70 interventi in infrastrutture programmati dalla regione Basilicata, quelli già avviati ed altri da realizzare nel 2017 nell'ambito del patto per la Basilicata;
fra gli interventi viabilistici si ritrovano, con indicazioni generiche sui finanziamenti reali e sui tempi di realizzazione, i progetti già approvati come la «Matera-Ferrandina-Pisticci» e la «Gioia del Colle-Matera» sul corridoio «Murgia-Pollino»;
ad inizio ottobre 2017 è stato esperito il bando per l'affidamento della progettazione di fattibilità nell'ambito dell'opera che dovrebbe ricalcare il progetto ventennale della Murgia-Pollino;
ne consegue che la fine dei lavori sarà successiva al 2019, continuando, ad avviso dell'interrogante, una politica di annunci e proclami –:
quali siano i tempi effettivamente previsti per il completamento dell'opera e quale sia lo stato di avanzamento dei lavori infrastrutturali collegati a «Matera 2019» e, in generale, alla mobilità della regione Basilicata e per Matera, volti a garantire al territorio quell'accessibilità necessaria per il proprio sviluppo.
(3-03386)
INTERNO
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
I Commissione:
COSTANTINO, FRATOIANNI e MARCON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
durante la campagna elettorale che si è svolta nel municipio di Ostia, la stampa ha più volte riportato che «il primo partito non ex o post ma dichiaratamente fascista», candidato alle elezioni, distribuiva presso la sua sede pacchi alimentari;
le immagini delle persone bisognose e grate del pacco di pasta ricevuto sono state esposte sulla pagina Facebook del candidato dell'estrema destra «come medaglie»;
la distribuzione di generi alimentari da parte di partiti di estrema destra e fascisti avvengono anche in altri municipi o città, ma quest'attività fa sorgere delle domande su dove vengano prese le risorse, oltre a far riflettere sul fatto che con attività di questo tipo, opportunamente sbandierate, si vuole coprire la natura violenta e anti-democratica di questi partiti e movimenti;
sempre ad Ostia, ad esempio, i militanti di estrema destra prendono di mira i ragazzi che si occupano di senza fissa dimora o migranti, hanno mandato in ospedale un ragazzo che si dichiarava anti-fascista, hanno picchiato un attivista dell'associazione Alternativa onlus, senza motivo, nell'indifferenza dei passanti, il candidato sindaco del municipio nel 2011 aveva minacciato di morte degli studenti;
non è certo il mutualismo ad essere messo in questione, ma la «filiera» della trasparenza, poiché non è noto dove e come l'estrema destra prenda le risorse per l'acquisto dei beni che distribuisce;
infatti, anche Sinistra Italiana fornisce aiuto mutualistico a favore di persone in condizioni di bisogno, ma la «filiera» delle risorse è molto trasparente, arrivando dal finanziamento volontario dei suoi parlamentari;
in Italia, il più importante contributo per far emergere la rete economico-politica dell'estrema destra, volutamente occultata, è frutto del lavoro del sito playingthegendercard, il cui lavoro è stato in parte riversato due settimane fa nell'articolo dell'Espresso: «i soldi e le società di CasaPound e Forza Nuova: così si finanziano i partiti neofascisti» –:
se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, attenzionare le attività dell'estrema destra, al fine di garantire la sicurezza dei cittadini e la democraticità delle istituzioni nei territori in cui vi è una forte presenza di organizzazioni di estrema destra, come Forza Nuova e Casa Pound.
(5-12761)
ZANETTI e PARISI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da autorevoli fonti di stampa si apprende come, nella giornata del 14 novembre 2017 circa 200 profughi ospitati nel centro di accoglienza di Cona abbiano lasciato l’hub per mettersi in marcia in direzione Venezia;
lo scopo della protesta sarebbe stato quello di manifestare al prefetto Boffi la volontà di non tornare presso il sito in cui erano stati destinati per effetto delle relative disposizioni di legge, bensì di avere immediatamente accesso a strutture alternative;
è singolare come una protesta organizzata e non improvvisata sia stata tollerata dagli organi dello stato che, invece di ristabilire le regole, hanno consentito di infrangere la direttiva della prefettura che, tra l'altro, detta l'obbligo di rientrare entro le ore 21 all'interno dell’hub per il pernottamento;
la stessa prefettura di Venezia ha dichiarato: «i migranti hanno libertà di movimento durante la giornata ma alle 21 devono rientrare, altrimenti dopo 48 ore di assenza salta il programma di accoglienza. Il non rientro equivale a rinuncia»;
questo grave episodio rischia di aprire precedenti pericolosi, oltre a gesti di emulazione nelle restanti parti di Italia –:
come sia stato possibile assecondare in modo diretto e pubblico le richieste dei migranti di non tornare al centro di accoglienza e quali soggetti responsabili e livelli istituzionali siano stati interessati nel processo che ha portato a questa decisione.
(5-12762)
TONINELLI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO e DIENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la legge elettorale cosiddetta «Rosatellum» ha disposto che «il Governo» si avvalga di una apposita Commissione – «composta dal presidente dell'Istituto nazionale di statistica, che la presiede, e da dieci esperti in materia attinente ai compiti che la commissione è chiamata a svolgere, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato» – ai fini della predisposizione dello schema di decreto legislativo alla determinazione dei nuovi collegi elettorali;
nessuna norma della suddetta legge obbliga «il Governo» alla pubblicità né in ordine alla composizione della Commissione né con riferimento ai suoi lavori ma, ad avviso degli interroganti ciò dovrebbe essere garantito senz'altro per ragioni di opportunità, di responsabilità e di trasparenza verso le Camere ed i cittadini, a fronte della ricaduta del disegno dei collegi sul sistema elettorale e, in particolare, in relazione all'estrema brevità dei tempi ed allo scarso peso che, a giudizio degli interroganti ha il parere delle Camere sul conseguente decreto legislativo del Governo;
non si tratta di curiosità degli interroganti, in quanto sono da considerare anche le prescrizioni della cosiddetta «Commissione di Venezia» che indicano la necessità, al fine sopra indicato, di una Commissione «indipendente, comprendente, preferibilmente, un geografo, un sociologo, una rappresentanza equilibrata dei partiti e, se del caso, dei rappresentanti delle minoranze nazionali» –:
se il Governo intenda rendere noti i componenti della Commissione indicata in premessa che il Governo ha nominato o intende nominare.
(5-12763)
SISTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 13 giugno 2017 il sindaco della città di Gallipoli, Minerva Stefano, veniva arrestato dalle autorità argentine presso l'aeroporto internazionale di Ezeiza (Buenos Aires);
il primo cittadino della città di Gallipoli era posto in stato di arresto, mentre era in procinto di imbarcarsi su un volo diretto da Ezeiza all'Aeroporto di Roma Fiumicino, perché ritenuto responsabile del reato di «tentato contrabbando» di specie protette di animali. All'atto dell'arresto venivano sequestrati al sindaco 3.000 euro in contanti;
la locale autorità giudiziaria dell'Argentina, dopo la convalida del fermo in arresto, disponeva la scarcerazione dietro cauzione del Minerva, emettendo un decreto di divieto d'uscita dal Paese a suo carico;
l'ambasciata italiana a Buenos Aires trasmetteva comunicazione Pec dell'accaduto alla direzione centrale per i servizi antidroga (III servizio) di Roma, in data 9 agosto 2017, con nota prot. nr. 521/BAS/AC V/122/4/2017 da parte dell'Arma dei carabinieri presso l'ambasciata;
la comunicazione veniva acquisita dalla direzione centrale per i servizi antidroga (III servizio) al prot. n. 2017/50139 avente in oggetto: «Arresto del connazionale Stefano Minerva» lo stesso 9 agosto 2017 alle ore 16,28 –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda adottare urgenti iniziative, per quanto di competenza, in relazione alla vicenda descritta, anche valutando la sussistenza dei presupposti per pervenire alla sospensione di Stefano Minerva dalle funzioni di sindaco.
(5-12764)
FIANO, FANUCCI, BINI e PARRINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
da notizie a mezzo stampa si apprende di una preoccupante ascesa nella provincia di Pistoia dei reati di tipo predatorio, connotati spesso da efferatezza e violenza;
la situazione è ancora più preoccupante se si pensa che le risorse di cui si dispone per fronteggiare questa dilagante criminalità diminuiscono, come continuano a diminuire il numero dei poliziotti, il cui organico è ormai appena sufficiente a garantire l'ordinaria amministrazione;
allo stato attuale, la provincia di Pistoia è carente di almeno 40 poliziotti, cifra che sul territorio si traduce in meno pattuglie, meno controlli, meno repressione; il tutto a discapito della sicurezza dei cittadini;
ad oggi ci sono poco più di 300 poliziotti chiamati a garantire la sicurezza in un territorio che va da Abetone a Quarrata;
nel corso degli ultimi anni il numero dei poliziotti trasferiti ad altre sedi e/o andati in pensione è risultato sempre maggiore di quelli successivamente assegnati a Pistoia: basti pensare che solo per quanto riguarda il ruolo degli ispettori della polizia di Stato, negli ultimi 10 anni, a fronte dei 30 ispettori assegnati alla provincia e andati in pensione, ne sono stati ri-assegnati a Pistoia soltanto 2;
particolari problemi sono stati riscontrati nei commissariati della Valdinievole, chiamati a fronteggiare le particolari esigenze di ordine e sicurezza pubblica proprie di quel territorio;
a fronte delle gravi carenze di organico sopra denunciate, va altresì considerato che negli ultimi anni i compiti e le funzioni attribuite alla polizia di Stato sono notevolmente aumentati, e che pertanto la continua riduzione degli organici non sempre riesce ad assicurare gli standard di sicurezza cui la cittadinanza avrebbe diritto –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire un numero adeguato di personale di polizia anche al territorio di Pistoia e della Valdinievole.
(5-12765)
PLANGGER e CERA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nel mese di agosto 2017, nel pieno di un'emergenza criminale in provincia di Foggia, si è potuta apprezzare la velocità delle decisioni del Ministro interrogato, indirizzate a un rafforzamento delle forze dell'ordine che stanno svolgendo un lavoro egregio di presidio contro la criminalità organizzata del foggiano, troppo spesso dimenticata dalle istituzioni che è, invece, fortemente presente nel tessuto economico della Capitanata;
dopo due mesi, come promesso, è tornato a Foggia per fare il punto della situazione;
gli interroganti si domandano se i provvedimenti straordinari adottati possano da soli bastare a contrastare la criminalità;
il Gargano, ad esempio, ha bisogno di un presidio costante delle forze dell'ordine; infatti, si ritiene che sarebbe estremamente utile e necessario istituire un commissariato di pubblica sicurezza a San Giovanni Rotondo;
sarebbe l'unico sul Promontorio, al fine di garantire un maggior controllo del territorio e la sicurezza dei cittadini onesti e lavoratori, ma soprattutto significherebbe un rafforzamento della presenza dello Stato sul territorio non a carattere straordinario generato dall'emergenza, ma costante al fine di un monitoraggio di una zona considerata «difficile»;
si è ben consapevoli delle difficoltà finanziarie che una decisione del genere comporterebbe per le casse dello Stato –:
se e quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato al fine di procedere quanto prima all'istituzione di un commissariato di polizia sul Gargano, indispensabile garanzia di sicurezza per il territorio e per la comunità locale.
(5-12766)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
ZOLEZZI, MANTERO, SIMONE VALENTE, BATTELLI e BARONI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
con l'interrogazione n. 4-03214 era stato chiesto conto, ai Ministri dell'economia e delle finanze e della salute, in merito alla proliferazione in Italia di centri di scommesse privi di autorizzazione di polizia; oltre 6.000 in Italia nel 2014;
fra questi centri si annovera quello in capo alla società L2 srl di via Unione Sovietica a Sestri Levante (GE). Tale centro ha visto negli ultimi anni numerose ispezioni che hanno certificato l'attività scommesse, senza aver avuto mai alcuna autorizzazione adeguata;
tale punto-scommesse è oltretutto collocato a meno di 300 metri da due punti sensibili, in contrasto con la legge regionale n. 17 del 2012. La regione ha dato riscontro a una nota comunale con parere in data 17 ottobre 2016, chiarendo che «la legge regionale 17/2012 è da ritenersi applicabile nei confronti delle sale scommesse». Il PUC di Sestri prevede all'articolo 36.2 delle norme di congruità e congruenza l'esplicito divieto in quell'area di attività di scommessa;
un altro punto scommesse non autorizzato nel territorio comunale è localizzato in via Nazionale;
l'amministrazione comunale sestrese ha finora dimostrato un'apparente inerzia: il comune fu «sconfitto» di fronte al Tar con sentenza n. 176 del 2015 per mero errore formale (non era stata circostanziata quale fosse la regola rilevante del comma 2 dell'articolo 36): le ordinanze del novembre 2014 e luglio 2015 di ripristino dell'uso dei locali non hanno avuto seguito. Il 9 marzo 2017 la dirigente area V del comune di Sestri in una nota in risposta a un accesso agli atti avrebbe scritto, a quanto risulta agli interroganti che era in corso procedimento di chiusura dell'esercizio in questione e che per detto procedimento non era stato ancora emanato provvedimento definitivo. In data 22 aprile 2017 veniva redatto provvedimento di chiusura del centro, ma veniva notificato solo in data 14 giugno. In data odierna il centro risulta agli interroganti ancora operante;
l'operazione «Jackpot» nell'aprile 2016 ha visto il Gip del tribunale di Genova, su richiesta della direzione distrettuale antimafia ligure, emettere un apposito decreto di sequestro per 9 centri dove si praticava gioco d'azzardo, alcuni a Genova fra cui «La Stazione»;
l'inchiesta «Conti di Lavagna» ha portato a certificare la presenza di una locale di ’ndrangheta, nel vicino comune di Lavagna, e allo scioglimento dello stesso comune nel marzo 2017 per infiltrazioni criminali. La locale aveva interessi anche nel campo del gioco d'azzardo;
la successiva operazione «Conti del Tigullio» resa pubblica nell'agosto 2017 ha dimostrato che «dopo l'arresto dei boss i familiari riuscivano a guadagnare ancora ingenti proventi tanto da aprire 9 nuovi conti correnti in cui sono stati depositati 135 mila euro»; l'operazione ha condotto al sequestro di beni mobili, immobili, di una sala videolottery e, a Sestri Levante, al sequestro di appartamenti e di un ristorante, per un valore totale di oltre 3,5 milioni di euro a disposizione dei boss Rodà, Paltrinieri e Casile, ritenuti referenti della ’ndrangheta calabrese nel Tigullio;
la Commissione parlamentare antimafia ha ritenuto sussistente l'infiltrazione criminale in Liguria dopo missioni e audizioni; lo stesso Governatore Toti ha detto: «Inutile negarlo, in Liguria mafie infiltrate»;
da una recente visura camerale risulta che i titolari della società L2 stiano acquisendo le quote sequestrate alle società interessate dall'operazione «Jackpot», fra cui «La Stazione srl», sequestro disposto a seguito d'intervento della direzione distrettuale antimafia;
da recenti articoli di stampa è emerso che una dipendente del settore ambiente del comune di Sestri Levante abbia assunto incarichi esterni, senza la dovuta autorizzazione, relativa alla ristrutturazione di una palazzina nel comune di Lavagna, posta sotto sequestro nell'ambito dell'inchiesta su infiltrazioni mafiose a Lavagna –:
se si intenda promuovere l'invio di una Commissione d'accesso per il comune di Sestri Levante;
se il Governo intenda assumere iniziative per perfezionare la normativa che regola l'attività dei centri trasmissione dati per impedire in ogni caso il gioco d'azzardo in tali luoghi.
(5-12757)
VALERIA VALENTE, DI LELLO, GNECCHI, CASELLATO, ALBANELLA, PARIS, GRIBAUDO e CARLONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 9 novembre 2017, presso la facoltà di giurisprudenza dell'università Federico II, un gruppo di manifestanti, riconducibili a centri sociali e collettivi studenteschi universitari, è intervenuto con il chiaro unico obiettivo di impedire lo svolgimento di un convegno previsto nelle aule su temi dell'attualità politica, con la partecipazione prevista del segretario generale CGIL Susanna Camusso e dell'ex Presidente del Consiglio Massimo D'Alema;
la protesta ha reso impossibile la presenza dei due ospiti, nonché l'inizio dell'assemblea pubblica per ragioni di ordine pubblico, negando così il semplice diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero che la Costituzione tutela nei confronti di tutti, a Napoli non meno che sull'intero territorio della Repubblica;
a Napoli non è la prima volta che la cronaca recente racconta di manifestazioni pubbliche regolarmente autorizzate poi interrotte, impedite o costrette a spostarsi in luoghi blindati. Cambiano le persone contestate, quest'estate è accaduto al presidente della regione, non cambiano le parole d'ordine e i metodi con cui i contestatori negano la possibilità di intervento;
davanti a questi episodi tutte le forze cittadine sindacali, politiche e della società civile hanno condannato gli autori di queste azioni organizzate, così come l'intolleranza che le ispira;
soltanto l'amministrazione comunale tace, a giudizio degli interroganti generando il dubbio di un atteggiamento inaccettabile di accondiscendenza, non tanto verso la violenza dei contestatori quanto rispetto all'idea che a Napoli il diritto di manifestare una posizione politica appartenga esclusivamente ad una parte ristretta di cittadinanza;
l'amministrazione comunale di Napoli, secondo gli interroganti, ha dimostrato di ostacolare deliberatamente la libera manifestazione di pensiero da parte di movimenti politici avversi almeno in tre circostanze: nel marzo 2017 l'incontro pubblico promosso da Matteo Salvini presso la Mostra d'Oltremare, quando il comune tramite i vertici della società non concesse l'autorizzazione ad ospitare l'evento, svoltosi soltanto per l'intervento del prefetto; l'iniziativa itinerante del Family Day, il 29 settembre, con l'autorizzazione alla sosta dell'apposito bus, inizialmente concessa, poi revocata per intervento del sindaco con ragioni ideologiche di merito; infine, il dibattito promosso da un consigliere comunale di Fratelli d'Italia nel palazzo del Consiglio, a cui fu revocata l'autorizzazione dal presidente del consiglio comunale, a causa della presenza di un esponente dell'estrema destra –:
se e quali iniziative il Ministro interrogato ritenga opportuno intraprendere, di concerto con i presidi territoriali dell'amministrazione statale, per prevenire efficacemente episodi di intolleranza politica mediante una gestione dell'ordine pubblico capace di coordinare l'insieme dei soggetti istituzionali competenti in tale ambito nelle loro rispettive responsabilità, anche in considerazione della delicatezza che potrebbe assumere tale problematica in un contesto di campagna elettorale.
(5-12758)
Interrogazioni a risposta scritta:
COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 14 novembre 2017, nel centro di prima accoglienza sito nell'ex base missilistica di Conetta, frazione di Cona (Venezia), si è tenuta l'ennesima protesta, dei richiedenti protezione internazionale ivi ospitati;
in quest'occasione i migranti si sono, essi in marcia in direzione di Venezia, imboccando la strada regionale 516 per raggiungere, in seguito, la strada statale Romea;
la manifestazione, oltre all'effetto comunicativo e mediatico che si proponeva di raggiungere, era volta a portare al prefetto di Venezia le istanze della popolazione del centro;
i migranti sono stati ricevuti dal sindaco di Cona, Alberto Panfilo, e dal vicario del prefetto Sebastiano Cento presso il municipio;
i richiedenti protezione internazionale, nello specifico, lamentano una cattiva condizione del centro di Conetta nel quale sono obbligati a rimanere per non perdere i benefici dell'accoglienza e per non vedere pregiudicata la domanda avanzata;
d'altra parti tempi eccessivamente dilatati dell'esame delle domande di protezione portano ad una permanenza nella base per tempi ben più prolungati di quelli che sarebbero previsti per legge;
il vicario del prefetto ha asserito che «abbiamo abbassato i numeri e migliorato le strutture, ma i tempi delle commissioni non dipendono da noi»;
ciò che appare urgente è in effetti arrivare ad una riduzione dei tempi di esame delle domande, dato che, pur avendo ridimensionato i numeri degli ospiti del centro, la permanenza di più di 1100 richiedenti asilo in situazioni precarie per tempi che arrivano a 2 anni, oltre a contribuire all'esplosione del degrado, potrebbe causare fenomeni di allarme sociale che si ripercuotono sulla popolazione locale con disagi intollerabili come quello registrato nella giornata del 14 novembre;
va ricordato a tal fine che il 2 gennaio 2017 una protesta scaturita nel centro, a seguito della morte di una 25enne ivoriana, Sandrine Bakayoko, si traduceva nel sequestro del personale della cooperativa Ecofficina;
nella sera del 15 novembre 2017 la manifestazione avrebbe registrato anche un fatto tragico, dato che un 34enne della Costa d'Avorio, Salif Traorè, è morto investito da un'auto mentre sulla bicicletta cercava di raggiungere gli altri manifestanti riuniti nel municipio di Codevigo;
dopo questi fatti la prefettura, a seguito della disponibilità di altri centri e del Patriarcato di Venezia, individuava per i partecipanti alla marcia soluzioni alternative che tuttavia, da parte di alcune decine di manifestanti, risultavano non gradite portando ad un ritorno all'ex base di Conetta;
tuttavia, il 20 novembre 2017 altri richiedenti asilo, emulando gli esempi precedenti, si rimettevano in marcia per chiedere il trasferimento –:
siano stati disposti accertamenti sulla condizione dei richiedenti asilo nel centro di prima accoglienza di Cona (Venezia), quali intenda adottare per migliorare la situazione abitativa dello stesso, quale sia il migliorare la situazione di agitazione in atte e quando ritenga che potranno essere disponibili le nuove risorse previste dall'articolo 12 del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, vista l'urgenza ormai cogente di accelerare l'esame delle domande di protezione internazionale.
(4-18560)
RONDINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
notizie di stampa riportano l'istituzione di corsi relativi alla coltivazione di cannabis tenuti dalla Cannabis Business School, la prima scuola tutta italiana dedicata a chi vuole approfittare dei vuoti normativi ed intraprendere questa attività;
la scuola vanta 34 docenti che esprimono il meglio della weed economy italiana e si propone come incubatore di nuove professionalità dedicate alla cannabis. Le lezioni saranno tenute da accademici dell'Università di Napoli e della Sorbona di Parigi, esperti del Marijuana Policy Group del Colorado, consulenti legali e agricoltori che operano già in questo settore;
il piano didattico prevede 40 ore di corso in cui si affronteranno tutti i nodi della cannabis legale: dalle proprietà terapeutiche ai sistemi di coltivazione, fino alla legislazione italiana e il caso della liberalizzazione negli Stati Uniti;
i corsi saranno itineranti: all'inizio del nuovo anno i primi cannabis light camp sono previsti a Torino, Milano, Roma, Bologna e Napoli. Per il momento ci sono già circa 300 persone interessate: avvocati, agricoltori, imprenditori. A breve sarà addirittura possibile iscriversi sul sito della scuola;
per ottenere il diploma in cannabis legale bisognerà affrontare il corso, che costa 700 euro, e superare anche un test finale. Con l'attestato la scuola offre ai propri studenti un programma di inserimento nelle principali aziende italiane del settore della canapa –:
se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza per predisporre tutti i controlli necessari al fine di verificare che la pubblicizzata attività didattica sia consentita dalla normativa che governa la coltivazione e lo spaccio di stupefacenti.
(4-18564)
ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
dal 13 novembre 2017 è iniziata la protesta degli oltre 1.100 richiedenti asilo costretti a vivere nell'ex-caserma di Conetta in provincia di Venezia, adibita a Centro di accoglienza da circa due anni;
martedì 14 novembre 2017 un corteo di 248 persone, stanche delle promesse non mantenute e delle condizioni di abbandono e di miseria del centro, ha iniziato una «marcia per la dignità», partendo dal Centro verso la prefettura di Venezia; la manifestazione dopo poco è stata bloccata dalle forze dell'ordine. I manifestanti si sono accampati nei pressi di Codevigo, trattando con il questore e il prefetto per soluzioni alternative, che pare siano state trovate in varie destinazioni nei territori limitrofi. Una protesta simile si è svolta contemporaneamente anche nell'ex-caserma, dove i circa 900 migranti rimasti si sono barricati nella struttura incontrando anche loro le autorità e chiedendo la chiusura del centro;
si apprende che, in data 20 novembre 2017, è stata programmata una nuova manifestazione dei richiedenti asilo rimasti nell'ex-base militare, intenzionati a dirigersi verso Venezia per chiedere la ricollocazione in altre strutture come successo per i 248 migranti che avevano protestato la settimana scorsa. Notizie di stampa, però, parlano anche di circa 50 di loro che, ricollocati alla caserma «Serena» di Treviso, hanno chiesto di poter rientrare a Conetta, perché le condizioni trovate a Treviso sono addirittura peggiori di quelle lasciate nell'ex-caserma;
dalle dichiarazioni rilasciate all'Ansa dal prefetto di Venezia Boffi, trapela che forse il centro di accoglienza di Cona verrà chiuso definitivamente;
un obiettivo sul quale, a giudizio degli interroganti, è lecito nutrire seri dubbi se si dà credito alle precisazioni del prefetto che parla di lavori svolti nella struttura elefantiaca – di 210 mila metri quadrati, di cui 13 mila coperti – per un milione e 628 mila euro, che negli ultimi mesi ha ricevuto diverse ispezioni senza che venissero evidenziate gravi carenze o irregolarità. Ispezioni che non hanno tenuto conto delle temperature gelide di un inverno alle porte e del fatto che il centro di accoglienza accoglie persone alle quali da due anni sono state promesse sistemazioni più accoglienti e dignitose;
infatti, è stato proprio il freddo e la decisione di chi gestisce il centro di spegnere le «stufette» per questioni di sicurezza della tensostruttura, a far scattare la rivolta dei suoi ospiti;
le condizioni disumane dei migranti all'interno del centro erano salite agli onori della cronaca a gennaio 2017 dopo che la morte di una ragazza ivoriana aveva scatenato le proteste degli altri 1.300 ospiti. Un fatto che costrinse il Ministro dell'interno a disporre un primo immediato trasferimento per un centinaio di migranti da Conetta a strutture in Emilia Romagna, con la promessa di impegnarsi per la sua definitiva chiusura;
ad agosto 2017, in risposta all'interrogazione 5-12045, il viceministro dell'interno confermò le intenzioni del Governo di «archiviare» il ricorso dell'accoglienza nei grandi centri a favore di una strategia di accoglienza diffusa, soprattutto confidando nella partecipazione degli enti territoriali. È stato altresì affermato che, se da parte di questi non ci fosse stata una sufficiente risposta, si sarebbe provveduto a rendere il più confortevole possibile la struttura ospitante. Si constata dai recenti avvenimenti che finora non si è avverata nessuna delle due ipotesi –:
se il Governo intenda comunicare le sue intenzioni riguardo alla definitiva chiusura del Centro di accoglienza di Cona;
se non ritenga opportuno, in seguito alle proteste degli ospiti del centro, inviare ispettori dal Ministero dell'interno per verificare le condizioni di vita dei richiedenti asilo lì ospitati;
se intenda rendere note quali siano le altre strutture utilizzate alternativamente al centro di Cona e se intenda assumere iniziative per verificare l'idoneità e il rispetto di adeguate e dignitose forme di accoglienza delle stesse.
(4-18567)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazione a risposta immediata:
CENTEMERO. – Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:
la legge n. 107 del 2015 ha previsto un piano straordinario di assunzioni del personale docente, per tutti gli ordini e gradi, ad eccezione della scuola dell'infanzia, su posti comuni e di sostegno, vacanti e disponibili e per creare il nuovo organico dell'autonomia per dotare ogni scuola di maggiori risorse professionali per proporre un'offerta formativa più ricca e flessibile ai propri studenti;
all'inizio dell'anno scolastico 2017/2018, la situazione appare confusa e approssimativa;
si registrano cattedre non assegnate, graduatorie vuote con impossibilità di immissioni in ruolo su alcune classi di concorso, ricorso alle supplenze per oltre 80 mila posti;
si rende necessario conoscere, in modo chiaro e trasparente, quale sia lo stato di attuazione della legge n. 107 del 2018 mediante l'assunzione di dati, con particolare attenzione agli anni scolastici 2015/2016, 2016/2017, 2017/2018, in merito a:
a) quanti docenti sono ancora inseriti nelle graduatorie di merito del 2012 e quanti nelle graduatorie ad esaurimento, per regione, per classi di concorso e diversi ordini e gradi di scuola;
b) quante assegnazioni provvisorie e utilizzi e, di conseguenza, quante supplenze sono state assegnate su posti lasciati scoperti, da utilizzi e assegnazioni e mancata presa di servizio per ogni ordine e grado di scuole e per ogni regione;
c) quanti posti di sostegno sono stati attribuiti in supplenza a personale non avente titolo per ogni ordine e grado di scuole e per ogni regione;
d) la ripartizione degli organici, su posti comuni e di sostegno, per ogni ordine e grado di scuole e per ogni regione e i criteri di detta ripartizione –:
quali siano i dati relativi a quanto indicato in premessa.
(3-03377)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
CHIMIENTI, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, MARZANA, VACCA, SIMONE VALENTE, BRESCIA e D'UVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
in base al rapporto dell'Ocse sulla «Strategia per le competenze» pubblicato ad inizio ottobre 2017, solo il 20 per cento degli italiani tra i 25 e i 34 anni è laureato rispetto alla media europea che sfiora, invece, quasi il 38 percento. Si tratta di una differenza troppo elevata che impedirà all'Italia di raggiungere l'obiettivo del 40 per cento nel 2020 così come richiesto dall'Europa;
la causa della disincentivazione al proseguimento negli studi è certamente da ricercare nell'assenza di un adeguato sostegno finanziario che l'Italia riserva ai suoi studenti, nonostante le misure di sostegno in questione trovino il loro fondamento nell'articolo 34 della Costituzione, che, per assicurare a tutti il diritto allo studio, sancisce che «i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi», prevedendo altresì che le borse di studio, gli assegni alle famiglie e le altre provvidenze necessarie per rendere «effettivo questo diritto» siano attribuite per concorso;
l'articolo 3 della Costituzione sancisce che «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
su questo punto la Corte costituzionale ha avuto occasione di esprimersi in modo assai eloquente statuendo che: «la scuola è aperta a tutti e con ciò riconoscendo in via generale l'istruzione come diritto di tutti i cittadini, l'articolo 34 della Costituzione pone un principio nel quale la basilare garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità apprestata dall'articolo 2 della Costituzione trova espressione in riferimento a quella formazione sociale che è la comunità scolastica. L'articolo 2 poi si raccorda e si integra con l'altra norma, pure fondamentale, di cui all'articolo 3 secondo comma, che richiede il superamento delle sperequazioni di situazioni sia economiche che sociali suscettibili di ostacolare il pieno sviluppo della persona e dei cittadini»;
a dispetto di quanto suddetto, le tasse universitarie a carico degli studenti hanno, negli ultimi 10 anni, raggiunto livelli altissimi, un incremento che va da una media del 61 per cento al 90 per cento in alcune città del Sud Italia, così come riportato anche nell'inchiesta dell'Unione degli universitari (Udu) dal titolo «Dieci anni sulle nostre spalle»;
la situazione complessiva del diritto allo studio è aggravata da una contrazione delle risorse stanziate dal Governo, dalla modifica dei parametri per accedere al diritto allo studio e dal nuovo metodo di calcolo dell'Isee. Negli ultimi anni sono state numerosissime le associazioni studentesche universitarie che hanno protestato apertamente contro le politiche del Governo sulle tasse universitarie –:
se la Ministra interrogata non ritenga opportuno assumere iniziative per modificare la normativa in materia di tasse universitarie, rendendole meno onerose per le famiglie, al fine di facilitare l'accesso agli studi e garantire il diritto allo studio, incrementando il numero di borse e così rimediando alle problematiche relative al nuovo Isee.
(5-12756)
CHIMIENTI, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, MARZANA, VACCA, SIMONE VALENTE, BRESCIA e D'UVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
tra le situazioni di emergenza del settore scolastico, quella del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (Ata) risulta essere davvero preoccupante soprattutto per la mancata previsione di adeguate dotazioni organiche e per la corresponsione stipendiale che, in base a quanto riportato dalla «Tabella A» del Contratto collettivo nazionale del lavoro del 4 agosto 2011, risulta il più basso nell'ambito scolastico;
con una media annua di 29.468 euro la busta paga del personale Ata si attesta come la retribuzione più bassa di tutta la pubblica amministrazione e ben distante, come più volte dichiarato anche dalla stessa Ministra interrogata, dai colleghi dell'Unione europea;
è ben noto come il personale Ata, nonostante continui ogni giorno a garantire il funzionamento delle scuole, sia stato da anni completamente ignorato dai vari Governi. Un personale che è subissato da pesanti carichi di lavoro, dovuti alle carenze di organico, ai tagli e alle mancate sostituzioni seguite all'applicazione della legge di stabilità 2015;
la situazione si è aggravata sia in seguito all'approvazione dei decreti attuativi delle deleghe di cui alla legge n. 107 del 2015, che hanno previsto ulteriori incombenze per il personale in questione, sia a seguito della previsione della cancellazione, nel disegno di legge di bilancio 2018, delle 6 mila nuove assunzioni del personale Ata della scuola;
gli istituti scolastici sono al collasso a causa del decennale sottodimensionamento di collaboratori scolastici e con gli assistenti amministrativi ridotti allo sfinimento nelle segreterie a causa dell'aumento esponenziale dei carichi di lavoro;
continuare a negare le assunzioni del personale Ata sconfessa innanzitutto la legge n. 128 dell'8 novembre 2013, promossa dall'allora Ministra Maria Chiara Carrozza, che, all'articolo 15, ha «(...) definito un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo e ATA, per gli anni 2014-2016, tenuto conto dei posti vacanti e disponibili in ciascun anno, delle relative cessazioni del predetto personale (...)»;
appare evidente che i diritti del personale Ata hanno dunque raggiunto livelli minimi di riconoscimento: blocco totale per le nuove assunzioni, contratti a termine ridotti di due mesi (luglio e agosto), blocco delle sostituzioni fino a 7 giorni e blocco del turn-over –:
se la Ministra interrogata non ritenga, nell'ambito delle politiche assunzionali di competenza, di dover assumere iniziative per intraprendere, con più determinazioni il percorso di contrasto alla precarietà nella scuola attraverso la stabilizzazione delle figure di cui in premessa, assicurandone al contempo un trattamento economico e giuridico uniforme a tutti i lavoratori della pubblica amministrazione.
(5-12759)
Interrogazioni a risposta scritta:
GRIMOLDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
in una classe di seconda media della scuola Puecher di via Castellino da Castello di Milano, zona Mac Mahon, in un'aula in cui, su venti alunni, sei hanno origine straniera, l'insegnante di lettere ha scelto di tenere una lezione sul tema dello «Ius soli» a cui è stato invitato a parlare l'avvocato Alessandro Giungi che si occupa di diritto di cittadinanza ed è anche un ex consigliere comunale Pd; al suo fianco era presente il consigliere del Pd del municipio 8 Paolo Romano, che è anche coordinatore dei giovani democratici di Milano;
far parlare in una scuola esponenti di una sola parte politica senza invitare chi, sul tema dello Ius soli, la pensa diversamente è da considerarsi, secondo l'interrogante, un vero e proprio abuso;
affrontare questi argomenti con ragazzini di 12 anni, troppo giovani per capire i diversi risvolti del problema, finisce per produrre, secondo l'interrogante, effetti davvero manipolatori di propaganda politica;
tutti i soggetti coinvolti hanno adottato una linea di difesa negando la realtà dei fatti: la dirigente scolastica respinge le accuse dicendo che gli ospiti hanno parlato dell'argomento in maniera neutra, nello spirito dei dibattiti che organizzano sugli argomenti più disparati; Giungi dice di essere semplicemente andato a scuola a parlare del concetto di cittadinanza, partendo dai greci e dai romani, e illustrando l'attuale situazione normativa, in quanto avvocato che si occupa anche di queste materie; Romano si trovava a scuola per visionare spazi da poco inaugurati, e si è poi intrattenuto durante l'incontro con ragazzi 12enni –:
se il Ministro interrogato intenda assumere adeguate iniziative nei confronti della dirigente della scuola media Puecher dove due noti esponenti locali del Pd hanno tenuto una lezione agli studenti di fatto indottrinandoli sullo Ius soli, un argomento che è solo oggetto di una proposta di legge che il Parlamento non ha ancora votato.
(4-18563)
PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
come riportato da diverse fonti di stampa, con l'espressione «fuga dei cervelli» si indica l'emigrazione, verso Paesi stranieri, di persone di talento o alta specializzazione professionale. Tale termine, riferito al cosiddetto «capitale umano», rievoca quello della «fuga dei capitali», ovvero il disinvestimento economico da ambienti non favorevoli all'impresa. Il fenomeno è visto con preoccupazione, perché rischia di rallentare il progresso culturale, tecnologico ed economico dei Paesi dai quali avviene la fuga, fino a rendere difficile lo stesso ricambio della classe docente;
secondo il rapporto «Le sfide della politica italiana» del Centro studi di Confindustria, «la bassa occupazione giovanile rappresenta il vero problema del sistema economico e sociale italiano e con la “fuga dei cervelli” all'estero il Paese perde in capitale umano circa 14 miliardi all'anno, 1 punto percentuale di Pil abbassando così il potenziale di sviluppo»;
dallo studio si evince che «l'Italia abbia tassi di occupazione molto ridotti soprattutto tra gli under 30. Nel 2016 un sesto dei 15-24enni era occupato (16,6 per cento) contro il 45,7 per cento della Germania e il 31,2 per cento dell'Eurozona. Tra i 25 ed i 29enni il tasso di occupazione italiano sale al 53,7 per cento, ma il divario con gli altri paesi si amplia da 14,6 punti percentuali a 17. La posizione dell'Italia comincia a migliorare nella fascia di età immediatamente successiva (30-34) con un tasso di occupazione al 66,3 per cento, 10 punti sotto la media Eurozona»;
www.key4biz.it ha riportato come «la Commissione europea abbia recentemente sostenuto che il numero dei giovani italiani altamente qualificati emigrati all'estero sia cresciuto rapidamente dal 2010 in poi; la cosiddetta “fuga di cervelli”, a medio e lungo termine, può compromettere le prospettive di crescita economica dell'Italia e anche le sue finanze pubbliche, in quanto causa una perdita netta permanente di capitale umano altamente qualificato, a danno della competitività dell'Italia. Durante gli anni Ottanta sono stati proclamati meno di duemila nuovi dottori di ricerca l'anno e pochi di più nel corso dei Novanta. Nei primi anni Duemila si è registrato un incremento consistente arrivando fino a oltre 10 mila»;
il rapporto dell'Istat sulle «Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente» del 6 dicembre 2016, ha evidenziato come, «nella fascia d'età over 25, si stia assistendo ad una vera e propria diaspora. Sovraistruzione equivale a disoccupazione. I motivi che convincono i nostri laureati a trasferirsi oltre i confini sono essenzialmente: retribuzione mediamente superiore, molte assunzioni con contratti a tempo indeterminato e qualifica più idonea per il lavoro che svolgono. E, con l'avanzare della crisi nel nostro Paese, anche i laureati più brillanti faticano a trovare lavoro. Oltre a minarne le prospettive di crescita, la “fuga dei cervelli” comporta un costo economico notevole all'Italia, tanto per la spesa pubblica sostenuta per l'istruzione di studenti, che poi si trasferiscono all'estero, quanto per il mancato versamento delle imposte che quest'ultimi avrebbero pagato lavorando nel nostro Paese. Moltiplicando il costo complessivo della formazione di ciascun laureato italiano per il numero dei laureati emigrati all'estero, emerge che la cifra in perdita ammonterebbe a oltre un miliardo di euro all'anno»;
da un'analisi elaborata sulla base dei dati forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze, è stato stimato che il ritorno dei talenti italiani abbia «generato una crescita aggiuntiva del PIL stimato in 500 milioni di euro tra il 2012 e il 2015»;
analizzando il fenomeno della «fuga dei cervelli», secondo Key4biz, un esempio potrebbe provenire «dai paesi in via di sviluppo, come l'India e la Cina, che fanno parte del Gruppo G20. Da questi paesi arrivano in Italia molti studenti. In questo contesto, le piccole università, avendo pochi fondi, elaborano dei bandi internazionali per essere sovvenzionate. I bandi prevedono che studenti stranieri partecipino al concorso. Durante il primo anno sono tenuti a seguire un corso di lingua italiana, successivamente tornano nel loro paese d'origine formando, in loco, le nuove generazioni, creando così valore aggiunto per tutti: per loro stessi che hanno acquisito una conoscenza approfondita della materia, per il loro paese d'origine dove esportano le nozioni imparate» –:
quali iniziative intendano assumere per limitare l'emigrazione verso Paesi stranieri delle persone aventi un'alta specializzazione professionale;
come intendano valorizzare, all'interno dell'ambiente accademico e lavorativo, i profili con un livello di istruzione e formazione più elevato;
se ritengano opportuno investire sull'innovazione e sulla formazione, migliorando la qualità degli studi e la loro relazione con l'evoluzione del mondo digitale.
(4-18566)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta immediata:
BERSANI, MELILLA, EPIFANI, MARTELLI, ZAPPULLA, SPERANZA, SCOTTO, LAFORGIA, GIORGIO PICCOLO, RICCIATTI, QUARANTA, PIRAS, SANNICANDRO, KRONBICHLER, DURANTI, ALBINI, STUMPO, FERRARA, ZARATTI, CIMBRO, ZACCAGNINI, D'ATTORRE, ZOGGIA, FONTANELLI, NICCHI, FRANCO BORDO, MOGNATO, FORMISANO, FOLINO, RAGOSTA, ROBERTA AGOSTINI, BOSSA, CAPODICASA, FAVA, FOSSATI, CARLO GALLI, LACQUANITI, LEVA, PIERDOMENICO MARTINO, MURER, MATARRELLI, ROSTAN e SIMONI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
la multinazionale Honeywell ha comunicato la sua scelta di dismettere il sito industriale di Atessa in Abruzzo che occupa 420 lavoratori;
contro questa sciagurata ipotesi i lavoratori sono in sciopero ormai da 2 mesi;
questa conclusione drammatica della vertenza rappresenta un duro colpo non solo per i 420 lavoratori e le loro famiglie, ma per l'economia della provincia di Chieti e della regione Abruzzo, con una caduta brusca dell'occupazione, del reddito e dei consumi;
occorre un intervento del Governo nazionale e della regione Abruzzo per portare la Honeywell ad una valutazione più responsabile della scelta annunciata e lavorare insieme ad una soluzione diversa che salvaguardi la presenza produttiva ed occupazionale di questa multinazionale in Abruzzo –:
quali iniziative intenda assumere con urgenza il Governo affinché venga aperto un tavolo negoziale che individui le giuste soluzioni produttive e occupazionali per il sito industriale di Honeywell di Atessa (Chieti).
(3-03380)
SORIAL, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DALL'OSSO, SPESSOTTO, LIUZZI, NICOLA BIANCHI, CARINELLI, DELL'ORCO, DE LORENZIS, CHIMIENTI, CIPRINI, COMINARDI, LOMBARDI e TRIPIEDI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
il 12 novembre 2017, in un servizio de Le Iene sulle violazioni dei diritti dei lavoratori italiani da parte della compagnia Ryanair, Monica Piccirillo, dirigente Enac (Ente nazionale aviazione civile), faceva intendere che gli strumenti normativi e giuridici per intervenire ci sarebbero ma che Ryanair godrebbe di protezioni politiche ad alto livello;
tali affermazioni sono coerenti con quelle di Vito Riggio, presidente Enac, che in occasione dell'audizione svoltasi al Senato il 5 ottobre 2017, ha ricordato come, pur non essendo direttamente competente in materia di lavoro, da anni Enac chiede al Governo, ripetutamente ma senza alcun effetto, di intervenire contro il vettore irlandese;
la compagnia stipula contratti di lavoro tramite un'agenzia interinale irlandese cosicché il personale, seppur residente e effettivamente impiegato in Italia, viene sottoposto alle norme del diritto irlandese. Per i lavoratori italiani significa una duplice disparità rispetto a quelli assunti con contratto di diritto italiano da altre compagnie: ridotta contribuzione previdenziale e peggiori condizioni di lavoro;
nel giugno 2016 la sentenza di appello di Bologna, Inps contro Ryanair, per il recupero di oltre 9 milioni di euro di contributi non versati a favore del personale assunto tra il 2006 e il 2010 confermò la disparità previdenziale;
in Norvegia la sentenza Cocca contro Ryanair, 16 ottobre 2016, dichiarò Ryanair responsabile di sottoporre la lavoratrice a condizioni di lavoro che violavano la disciplina del Paese in cui risiedeva e lavorava abitualmente;
prima il 27 aprile 2017, l'Avvocato generale della Corte di giustizia europea, poi il 14 settembre la seconda sezione della stessa Corte ribadiscono che «il luogo in cui il lavoratore svolge abitualmente la propria attività» non è equiparabile alla «base di servizio» ma si deve riferire allo «Stato in cui si trovi il luogo da cui il lavoratore effettua le sue missioni di trasporto, dove ritorna dopo le sue missioni, dove riceve le istruzioni e organizza il suo lavoro», introducendo così una nozione di «luogo di lavoro», non ridotta esclusivamente alla «nazionalità degli aeromobili», definendo così il perimetro normativo entro cui le società come Ryanair devono muoversi;
non risulta che il Governo abbia assunto finora misure nei confronti del vettore irlandese a tutela dei lavoratori italiani –:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per porre fine al dumping sociale a danno dei dipendenti italiani e garantire parità di trattamento nel rispetto dei diritti e della disciplina italiana ed europea.
(3-03381)
FASSINA, AIRAUDO, MARCON, FRATOIANNI e CIVATI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
il tribunale di Roma, sezione lavoro, con più provvedimenti, ha ritenuto illegittimo il licenziamento di 153 dipendenti della sede di Roma di Almaviva contact spa con mansioni di operatore di call center cosiddetto «in bound»;
le ordinanze tribunalizie hanno riconosciuto che, in caso di licenziamenti collettivi, non si può addurre, come valida motivazione della scelta dei lavoratori da licenziare, un accordo che contenga criteri contrari a norme o principi costituzionali. Nel caso specifico, il licenziamento del 22 dicembre 2016 aveva riguardato arbitrariamente solo i lavoratori della sede romana e non di altre sedi italiane della stessa società;
è emerso che «l'unica cosa che distingueva la sede romana era il costo del lavoro dei dipendenti» perché, a differenza dei lavoratori di Napoli, quelli di Roma non avevano sottoscritto l'accordo in base al quale sarebbe scattata una riduzione della retribuzione;
quindi, si legge nelle ordinanze, «chi non accetta(va) di vedersi abbattere la retribuzione (a parità di orario e di mansioni) e lo stesso trattamento di fine rapporto, (veniva) licenziato e chi accetta(va) (veniva) invece salvato. Un messaggio davvero inquietante anche per il futuro»;
i 1.063 lavoratori licenziati furono sostituiti immediatamente dopo con 1.068 precari (145 somministrati e 503 collaboratori coordinati e continuativi a Catania; 157 somministrati e 71 collaboratori coordinati e continuativi a Rende; 112 somministrati e 50 collaboratori coordinati e continuativi a Milano);
l'azienda, in attesa di presentare ricorso, ha comunicato di aver disposto la reintegrazione dei 153 lavoratori, ma sostenendo di non avere più un «sito operativo a Roma», ha disposto che entro pochi giorni i lavoratori romani prendano servizio nella sede di Catania;
in realtà a Roma l'azienda dispone ancora almeno di un «sito» nel quale impiega circa 10 dipendenti e 400 lavoratori a progetto;
la scelta del trasferimento a Catania è pertanto ritorsiva e, inoltre, in violazione delle norme sui trasferimenti collettivi, sia in termini di preavviso che di coinvolgimento delle organizzazioni sindacali;
Almaviva è l'operatore che presta i suoi servizi a numerosi soggetti pubblici e il fatto che metta in atto licenziamenti discriminatori e, comunque, in spregio a regole che attuano precisi principi costituzionali, dovrebbe determinare l'esclusione dalle commesse e dai bandi futuri, in attuazione degli articoli 30, comma 3, e 80, comma 1, lettera a), del codice degli appalti –:
quali strumenti sia possibile attivare per ottenere il blocco del trasferimento dei lavoratori e delle lavoratrici a Catania, al fine della coerente attuazione delle pronunce giudiziarie di reintegro.
(3-03382)
RIZZETTO, RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
i lavoratori stagionali sono più di trecentomila soltanto nel settore turistico e, generalmente, non hanno un'occupazione per più di sei mesi l'anno, poiché caratteristica di tale tipologia di attività è la peculiare esigenza di forza lavoro, in particolari periodi dell'anno, per far fronte ai picchi di attività del comparto;
il lavoro stagionale è una risorsa fondamentale per le aziende del nostro Paese, le quali ricavano significativi introiti nella stagione interessata; inoltre, in tale ambito trovano possibilità di inserimento molti giovani che accumulano importanti esperienze lavorative;
è necessario promuovere specifici interventi a salvaguardia di questi lavoratori, soprattutto considerando la mancanza di continuità dell'attività esercitata, ossia l'alternarsi – nel corso dell'anno – di periodi di attività lavorativa a periodi di non lavoro;
in particolare, va modificato il sistema di computo dell'indennità di disoccupazione, cosiddetta «Naspi», poiché tale istituto pregiudica considerevolmente gli stagionali;
con l'introduzione del Jobs Act, dal 2015, infatti, sono state apportate rilevanti modifiche rispetto alla precedente normativa in materia, sulla durata e sui requisiti contributivi, in presenza dei quali si ha diritto all'erogazione dell'indennità;
in pratica l'indennità è stata dimezzata, poiché la nuova normativa prevede che coloro che si trovano in stato di disoccupazione involontaria possono usufruirne qualora abbiano versato nei quattro anni precedenti, rispetto all'inizio del periodo di disoccupazione, tredici settimane di contributi e possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo o equivalenti, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione. La durata dell'indennità è pari alla metà dei mesi lavorati negli ultimi 4 anni, per un massimo di due anni; tuttavia, a differenza della previgente normativa, in tale calcolo non vengono considerati i periodi contributivi per i quali è già stata erogata una prestazione di disoccupazione;
ciò pregiudica notevolmente i lavoratori stagionali, poiché questi lavoratori percepiranno, come assegno di disoccupazione, solo la metà dei mesi lavorati nell'ultimo anno, ossia soli tre mesi in luogo dei sei –:
se e quali iniziative intenda adottare per la modifica della disciplina vigente della «Naspi», in particolare in riferimento al calcolo della durata del sussidio, per garantire ai lavoratori stagionali maggiore tutela e un'adeguata indennità durante il periodo di disoccupazione involontaria.
(3-03383)
Interrogazione a risposta scritta:
PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
con la deliberazione n. 461 del 27 aprile 2017 l'Azienda socio sanitaria territoriale di Mantova si impegnava a prolungare il contratto di concessione dei locali ospedalieri di Viadana (Mantova) per la gestione dell'Unità ospedaliera di riabilitazione generale e geriatrica sino al 30 aprile 2018, con il Consorzio di imprese per servizi alla persona denominato Inrete s.c.p.a. (di Via Danimarca 163 41100 Modena);
all'interno di tale deliberazione era indicata una potenziale facoltà di recedere anticipatamente da tale contratto di concessione da parte dell'A.s.s.t di Mantova nel caso in cui la regione Lombardia avesse approvato entro tale data una modifica delle funzioni e dell'assetto dei locali ospedalieri di Viadana (Mantova);
con la medesima deliberazione, al punto 2 del dispositivo finale si affidava alla struttura qualità e accreditamento l'incarico di istruire il progetto di trasformazione (quindi per destinazioni sanitarie diverse) dei posti letto oggi accreditati per la disciplina di riabilitazione generale e geriatrica;
al punto 4 della stessa deliberazione viene affidata alla struttura avvocatura e alla struttura qualità e accreditamento l'incarico di predisporre la documentazione tecnica da porre a base di procedura ad evidenza pubblica che si rendesse necessaria per l'affidamento del contratto di concessione qualora la regione Lombardia non avesse autorizzato la gestione della struttura in forma diretta;
in data 3 novembre 2017 il quotidiano «La Gazzetta di Mantova», riportando le dichiarazioni del direttore generale dottor Stucchi, riferiva la volontà dello stesso di cambiare la destinazione dei locali ospedalieri viadanesi da riabilitazione generale e geriatrica in P.o.t. (Presidio ospedaliero territoriale) a partire dal 1° gennaio 2018 che, secondo i dettami della regione Lombardia, forniscono servizi sanitari di diagnostica, ambulatori medici, prestazioni domiciliari, ricovero subacuti, degenza di bassa e media intensità con il coinvolgimento dei Medici di medicina generale (MMG);
in data 4 novembre 2017 il quotidiano «La Gazzetta di Mantova», riportando un comunicato della società cooperativa Proges che partecipa al Consorzio «Inrete», dava notizia dell'apertura della fase di consultazione sindacale per il licenziamento collettivo di circa 40 lavoratori secondo i criteri individuati dall'articolo 4 e 24 della legge n. 223 del 1991;
in data 8 novembre 2017 il direttore generale, incontrando i dipendenti di Proges, riferiva che sarebbe stata intenzione della stessa A.s.s.t. di Mantova riassumere solo 4 o 5 dipendenti a partire dal 1° gennaio 2018 (personale infermieristico e o.s.s. un solo fisioterapista) attraverso una società di lavoro interinale;
al momento pare che nessun medico di medicina generale abbia sottoscritto nessun negozio giuridico per i servizi sanitari di futura erogazione a partire dal 1° gennaio 2018 –:
di quali elementi disponga il Governo, per quanto di competenza, circa i fatti descritti in premessa;
se il Governo intenda convocare, per quanto di competenza, un tavolo di concertazione ministeriale al fine di individuare soluzioni per ridurre l'impatto sociale dell'operazione di cui in premessa e salvaguardare i posti di lavoro.
(4-18569)
SALUTE
Interrogazioni a risposta scritta:
COSTANTINO e FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
dai dati dell'Istat (tabella pubblicata anche dagli organi di stampa del 13 novembre 2017) nessuna donna nella provincia di Crotone è riuscita ad effettuare una interruzione volontaria di gravidanza negli ultimi 5 anni di statistiche disponibili;
dei 1298 casi verificati tra il 2011 e il 2015, tutte le donne hanno dovuto emigrare verso strutture sanitarie in un'altra provincia o regione per vedere riconosciuto il diritto che dovrebbe essere garantito dalla legge n. 194 del 1978;
la Calabria, sulla base dei dati del Ministero della salute risalenti al 2014, ha il 76,6 per cento di ginecologi obiettori contro una media nazionale (già molto elevata) del 70,7 per cento;
in valori assoluti, gli obiettori di coscienza in Calabria sono: 82 ginecologi, 92 anestesisti, 201 personale non medico;
in nessuna di queste strutture sanitarie in provincia di Crotone è possibile effettuare una interruzione volontaria di gravidanza: azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio – viale Papa Pio X, 83 88100 Catanzaro; presidio ospedaliero «Giovanni Paolo II» – via senatore Arturo Perugini 88046 Lamezia Terme (Cz); ospedale civile di Soverato – via De Cardona 88068 Soverato (Cz); ospedale G. Jazzolino – piazza Fleming 89900 Vibo Valentia; ospedali riuniti di Reggio Calabria – via Melacrino Giuseppe, 21 89124 Reggio Calabria; presidio ospedaliero Santa Maria degli Ungheresi – via Montegrappa, 1 89024 Polistena (RC); ospedale civile Santa Barbara – via Luigi Sturzo, 1 87054 Rogliano (Cs); ospedale di Castrovillari – via P. Pio da Pietralcina, 87012 Castrovillari (Cs);
il consiglio regionale della Calabria ha approvato la legge n. 139/10A del 18 aprile 2016 per la corretta applicazione della legge n. 194 del 1978 «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza» –:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte a verificare lo stato di applicazione della legge n. 194 del 1978 nella regione Calabria e, in particolare, nella provincia di Crotone e se non ritenga opportuno mettere in campo e le iniziative necessarie per acquisire un quadro completo e aggiornato della situazione.
(4-18558)
BINETTI, BUTTIGLIONE, CERA e DE MITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
le funzioni ed il profilo dell'infermiere pediatrico sono individuate dal decreto ministeriale n. 70 del 1997; il citato decreto definisce l'infermiere pediatrico come il professionista sanitario che, in possesso del titolo abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale (IP.AS.VI), è responsabile dell'assistenza infermieristica pediatrica attraverso la gestione e l'attuazione di interventi di tipo preventivo, curativo, palliativo e riabilitativo nei confronti di neonati e bambini, sani o ammalati, fino al diciottesimo (18) anno di età, nonché nei confronti della famiglia e della comunità relativamente ad interventi di educazione sanitaria e promozione della salute;
il codice del diritto del minore alla salute e ai servizi sanitari, all'articolo 6, comma 3, stabilisce che in caso di ricovero in ospedale e dopo la sua dimissione, al fine di garantire la continuità assistenziale sanitaria, il minore – soprattutto se affetto da malattie croniche o da disabilità – ha diritto ad essere preso in carico da una rete multidisciplinare integrata, tra strutture universitarie o ospedaliere di riferimento e strutture sanitarie e sociali territoriali;
il citato codice prevede che, parallelamente siano istituite delle reti organizzative che integrino strutture sanitarie e figure professionali diverse, definendo percorsi assistenziali condivisi e che siano previsti percorsi di transizione dalla gestione pediatrica a quella dell'adulto per patologie complesse, croniche o disabilitanti, secondo le modalità più appropriate; la maggior parte delle regioni non hanno completato l'implementazione delle reti di transitional care per garantire la continuità assistenziale dal paziente pediatrico al paziente adulto, determinando alcune criticità nel caso delle malattie rare;
le malattie rare (MR) sono un ampio ed eterogeneo gruppo di patologie definite dalla bassa prevalenza nella popolazione, nell'Unione europea la soglia è fissata allo 0,05 per cento, ossia 5 casi su 10.000 persone; l'Organizzazione mondiale della sanità ha stimato che esistono tra 6.000 e 7.000 distinte malattie rare, che colpiscono complessivamente circa il 3 per cento della popolazione, di cui circa 1-2 milioni in Italia; oltre che numerose, l'80 per cento delle malattie rare è dovuto a cause genetiche, i sintomi di alcune di queste possono manifestarsi fin dalla nascita o nell'adolescenza e sono accomunate dalla cronicità ed elevata mortalità;
in base ai dati coordinati dal Registro nazionale malattie rare dell'Istituto superiore di sanità in Italia si stimano 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti e ogni anno sono circa 19.000 i nuovi casi segnalati dalle oltre 200 strutture sanitarie della penisola. Il 2 per cento delle patologie riguarda pazienti in età pediatrica (inferiore ai 14 anni); dalle più recenti evidenze scientifiche si è rilevato che alcune forme leucemiche che insorgono dopo i 18 anni hanno una risposta, clinicamente e scientificamente provata, migliore con l'applicazione in ambito pediatrico dei protocolli terapeutici specifici per i pazienti pediatrici e che le malattie neuromuscolari e/o genetiche, tranne rare eccezioni, non consentono uno sviluppo ponderale fisiologico per cui, in età adulta la maggior parte dei pazienti presenta caratteristiche anatomiche riferibili all'età pediatrica (alcuni di essi infatti non raggiungono i 25 chilogrammi di peso e/o superano di poco i 100 centimetri di altezza);
nel campo delle responsabilità, la legge sulla responsabilità professionale n. 24 del 2017 descrive chiaramente che il campo di intervento sanitario debba essere supportato dalle più recenti evidenze scientifiche che indicano nelle linee guida e nei protocolli pediatrici migliori esiti di salute –:
se e quali iniziative di competenza intenda assumere per intervenire urgentemente sulle criticità esposte in premessa, garantendo agli infermieri pediatrici – in deroga a quanto stabilito dal decreto ministeriale n. 70 del 1997 – di poter continuare ad assistere i pazienti anche dopo il compimento della maggiore età, soprattutto se affetti da malattie rare, croniche o disabilità.
(4-18561)
VILLAROSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
con delibera n. 156 del 28 marzo 2017 «Documento di riordino della rete ospedaliera – approvazione» è stata approvata dalla regione siciliana la riorganizzazione della rete ospedaliera regionale; la delibera è comprensiva del documento metodologico per la riorganizzazione del sistema di rete dell'emergenza-urgenza della stessa regione;
l'assessorato regionale della salute, con decreto dell'8 gennaio 2001, aveva emanato le linee guida che disciplinano l'organizzazione funzionale dei presidi territoriali di emergenza e della rete dell'emergenza-urgenza;
in Sicilia i cosiddetti Ppi (punti di primo intervento) trovano la loro definizione nei Pte (punti territoriali d'emergenza);
già dal mese di aprile 2017 il Movimento 5 Stelle in Sicilia denunciava la pericolosità di tale piano nella riorganizzazione del numero di ambulanze medicalizzate e dei Pte;
ad oggi, parecchi consigli comunali della provincia di Messina hanno approvato mozioni o atti contro la riorganizzazione dei punti territoriali di emergenza e delle varie postazioni del 118 che saranno soppresse o rimodulate a fine 2017;
il decreto ministeriale n. 70 del 2015 prevede e definisce, al paragrafo 9.1.3, le postazioni territoriali: «La definizione del fabbisogno di mezzi di soccorso avanzati sul territorio regionale viene individuata utilizzando un criterio che si basa sulla attribuzione di un mezzo di soccorso avanzato ogni 60.000 abitanti con la copertura di un territorio non superiore a 350 Kmq, applicando un necessario correttivo specifico per la copertura ottimale nelle zone di particolare difficoltà di accesso, per garantire l'adeguata funzionalità dei percorsi clinico assistenziali». Lo stesso decreto prevede inoltre al paragrafo 9.1.5 i punti di primo Intervento (Ppi): «Esclusivamente a seguito della riconversione dell'attività di un ospedale per acuti in un ospedale per la post-acuzie oppure in una struttura territoriale, potrebbe rendersi necessario prevedere, per un periodo di tempo limitato, il mantenimento nella località interessata di un Punto di Primo Intervento, operativo nelle 12 ore diurne e presidiato dal sistema 118 nelle ore notturne. Qualora gli accessi superino le 6.000 unità hanno la responsabilità clinica e organizzativa ricade sul DEA di riferimento, che potrà avvalersi di risorse specialistiche, con adeguata formazione, presenti nella struttura. La funzione dei Punti di Primo Intervento è la trasformazione in postazione medicalizzata del 118 entro un arco temporale predefinito, implementando l'attività territoriale al fine di trasferire al sistema dell'assistenza primaria le patologie a bassa gravità e che non richiedono trattamento ospedaliero secondo protocolli di appropriatezza condivisi tra 118, DEA, hub o spoke di riferimento e Distretto, mantenendo rigorosamente separata la funzione di urgenza da quella dell'assistenza primaria. Nei punti di primo intervento non è prevista l'osservazione breve del paziente. Punti di Primo Intervento con casistica inferiore ai 6.000 passaggi annui sono direttamente affidati al 118 come postazione territoriale»;
il regolamento prevede che possono essere apposti dei correttivi derivanti da fattori come: vie di comunicazione, vincoli orografici e climatologici, tempi di percorrenza per l'arrivo sul luogo e relativa ospedalizzazione del paziente, distribuzione dei presidi ospedalieri con il dipartimento di emergenza e accettazione o pronto soccorso, distribuzione dei punti di primo intervento a seguito di eventuali riconversioni dei pronto soccorso, rete elisoccorso, flussi turistici stagionali;
nella provincia di Messina si trova una rete stradale obsoleta che collega città a paesi nell'entroterra, alcune volte attraverso strade montane, e si registra la presenza delle isole Eolie con densità di popolazione che varia a seconda dei flussi turistici nonché di ospedali di II livello concentrati nella città di Missina e di una rete di elisoccorso carente;
nel nuovo piano redatto dalla regione siciliana, per la provincia di Messina, si trova la presenza di soli 13 mezzi di soccorso avanzato e 11 mezzi di soccorso di base con la chiusura di tutti i Pte, anche di quelli con accessi superiori ai 2000 utenti l'anno, come S. Teresa di Riva, Torregrotta, Brolo, S. Stefano di Camastra e Tortorici, che verranno sostituiti con semplici MSA (mezzi di soccorso avanzato). Tutto ciò comporterà solo un maggiore afflusso negli ospedali sede di pronto soccorso con maggiori oneri a carico dei cittadini;
in una nota dei sindacati di categoria, a seguito di una riunione con l'assessore regionale Gucciardi del 10 ottobre 2017, si legge chiaramente che «l'unico risultato reale è stata la conferma che il documento metodologico resta “congelato” per la parte riguardante il 118 con promessa di una nota integrativa esplicativa in tal senso» –:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda promuovere per garantire la salvaguardia del sistema dei 118/punti territoriali di emergenza, in provincia di Messina, tutelare livelli essenziali di assistenza e assicurare il rispetto dei vincoli del piano di rientro dai deficit sanitari.
(4-18562)
FANTINATI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
agli inizi di novembre 2017, in provincia di Pistoia, grazie all'operazione «Malacarne» dei carabinieri del Nas, è stata individuata una vera e propria associazione a delinquere mirata alla truffa ai danni di enti pubblici: carne avariata veniva somministrata nelle mense scolastiche, negli ospedali e nelle caserme di Toscana, Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna;
a capo del raggiro figurano i titolari della ditta «Alessio Carni» Monsummano Terme, che sfruttavano in modo sistematico i controlli scarsi e superficiali dei destinatari;
le indagini della procura di Pistoia hanno portato all'arresto di cinque persone – i responsabili e il loro commercialista – mentre altre 19 risultano indagate per omesso controllo, tra questi, veterinari della asl e gli addetti che dovevano verificare la qualità della merce per conto dei destinatari;
i reati contestati sono associazione a delinquere mirata alla truffa ai danni di enti pubblici, frode in pubbliche forniture, commercio di sostanze alimentari nocive e falso;
l'azienda pistoiese si era aggiudicata appalti pubblici di forniture alimentari per diversi milioni di euro, assegnati in base al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, abbattendo i costi mediante la somministrazione di alimenti non corrispondenti a quelli previsti;
carne avariata e contaminata da batteri, destinata alle fasce più deboli della popolazione tra cui bambini e degenti di ospedali, era stata acquistata anche dall'Ulss ovest vicentino (auls 8) e dalle Opere Pie di Onigo di Pederobba, struttura che fornisce i pasti quotidiani a centinaia di anziani ospiti della casa di riposo e ai bambini delle scuole dell'infanzia e delle elementari –:
se non s'intendano avviare le iniziative di competenza finalizzate ad un più incisivo controllo dei generi alimentari, per garantire la genuinità, la tracciabilità e la buona conservazione, non solo nei centri di produzione e grande distribuzione ma anche in punti vendita, ristoranti e mense.
(4-18570)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta scritta:
SCOTTO e BOSSA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella notte del 14 novembre 2017 un incendio doloso ha completamente distrutto la fabbrica di Alicarta Italia sita in Scafati, nella provincia di Salerno;
si tratta di una delle aziende leader nel settore cartotecnico, specializzata nella realizzazione di scatole per torte scatole per dolci, scatole per gelato, scatole per praline e paste di mandorle, linea confezioni e scatole per festività;
l'incendio, durato per giorni, ha devastato lo stabilimento e distrutto macchinari, scorte e bancali pronti per la consegna;
secondo le stime fatte negli scorsi giorni i danni superano i 3 milioni di euro;
si parla di una perdita insostenibile per l'azienda, che ad oggi vede il serissimo rischio di una definitiva chiusura;
ciò implica prospettive gravissime anche per i 52 dipendenti dell'azienda, che a breve potrebbero trovarsi definitivamente senza lavoro;
Alicarta Italia è sempre stata un'azienda solida e fortemente legata al territorio, tanto che gran parte dei suoi dipendenti sono giovani della zona tra i 30 ed i 35 anni;
in un periodo come quello che si sta attraversando da alcuni anni, in cui la crisi ha colpito con forza il Mezzogiorno facendo salire i livelli della disoccupazione giovanile a cifre drammatiche, la perdita di realtà produttive sane e virtuose come Alicarta Italia rischia di rappresentare un colpo insopportabile per un'economia già in ginocchio –:
se il Governo non ritenga urgente e doveroso intervenire al fine di garantire la cassa integrazione ai dipendenti di Alicarta Italia in questa fase critica;
se il Governo non intenda assumere iniziative per individuare fondi disponibili al fine di permettere ad Alicarta Italia di sopravvivere, ripartire e mantenere i livelli occupazionali attuali.
(4-18557)
Apposizione di firme ad una mozione
e modifica dell'ordine dei firmatari.
Mozione Lenzi e altri n. 1-01751, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Marazziti e Binetti e, contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Lenzi, Marazziti, Amato, D'Incecco, Miotto, Argentin, Beni, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Burtone, Capone, Carnevali, Casati, Gelli, Grassi, Mariano, Patriarca, Piazzoni, Piccione, Giuditta Pini, Sbrollini, Binetti».
Apposizione di una firma
ad una mozione.
La mozione Colonnese e altri n. 1-01683, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 agosto 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Di Vita.
Apposizione di una firma
ad una risoluzione.
La risoluzione in Commissione Zanin e altri n. 7-01082, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Schullian.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n. 5-12735, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Maria;
l'interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n. 5-12740, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Maria.
Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Nesci n. 4-18015 del 4 ottobre 2017;
interrogazione a risposta in Commissione Fanucci n. 5-12563 del 25 ottobre 2017;
interpellanza Garofalo n. 2-02018 del 17 novembre 2017.
Trasformazione di documenti
del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta scritta Zolezzi e altri n. 4-18289 del 25 ottobre 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-12757;
interrogazione a risposta scritta Nuti n. 4-18454 del 10 novembre 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-12754.
ERRATA CORRIGE
Interrogazione a risposta in Commissione Nicchi n. 5-12702 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 886 del 15 novembre 2017. Alla pagina 51485, prima colonna, alla riga quarantaseiesima, deve leggersi: «7.993 di cui ad oggi ancora 355 permangono», e non come stampato.
La Camera,
premesso che:
secondo i dati forniti dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l'introduzione delle vaccinazioni ha portato al dimezzamento dei decessi imputabili alle più note malattie prevenibili da vaccino, consentendo di evitare ogni anno tra i 2 ed i 3 milioni di decessi. Eppure le malattie prevenibili da vaccino sono ancora oggi responsabili di milioni di decessi nel mondo e oltre 19 milioni di bambini, uno ogni 5, non hanno ricevuto le vaccinazioni contro difterite, tetano e pertosse, lasciandoci ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi, nazionali e locali, fissati dal primo piano decennale di implementazione delle vaccinazioni, la Global Immunization Vision and Strategy (GIVS) 2006-2015. Proprio per tale ragione, i 194 Stati membri dell'Assemblea mondiale della sanità hanno adottato, nel 2012, il piano mondiale per le vaccinazioni 2011-2020 che, tra i suoi ambiziosi obiettivi, si prefigge di raggiungere entro il 2020: una copertura vaccinale del 90 per cento a livello nazionale e dell'80 per cento nelle singole aree locali per tutte le vaccinazioni ricomprese nei piani nazionali; la riduzione di oltre i 2/3 della mortalità infantile; l'eradicazione del morbillo e della rosolia in almeno cinque regioni dell'Oms; l'eradicazione mondiale della poliomielite; la diffusione di nuovi vaccini ancora sottoutilizzati in tutti i Paesi a medio e basso reddito. In questo contesto è stato sviluppato il piano d'azione europeo per le vaccinazioni 2015-2020, che mira a fornire agli Stati membri una guida per la realizzazione dell'obiettivo di una regione europea libera dalle malattie prevenibili da vaccinazione;
il piano d'azione europeo per le vaccinazioni 2015-2020 (European Vaccine Action Plan 2015-2020, EVAP) rappresenta la contestualizzazione del piano globale (Global Vaccine Action Plan 2011-2020, GVAP) nella regione Europea dell'Oms. Esso è stato approvato dalla 65a Assemblea mondiale della sanità con la risoluzione WHA65.17, come struttura operativa per l'implementazione della visione, espressa dal «Decalogo delle vaccinazioni», di un mondo in cui ogni individuo, indipendentemente da dove sia nato, dove viva e chi sia, possa godere di una vita libera dalle malattie prevenibili da vaccinazione, grazie alla disponibilità dei vaccini, che deve essere garantita dalle autorità sanitarie, e da una politica coerente con gli obiettivi di Health 2020 e di altre strategie e politiche regionali fondamentali. L'Evap è stato sviluppato attraverso un processo consultivo che ha coinvolto gli Stati membri e il Gruppo tecnico consultivo europeo sulle vaccinazioni (European Technical Advisory Group of Experts on Immunization, ETAGE) e mira a fornire agli Stati membri una guida per la realizzazione dell'obiettivo di una regione libera dalle malattie prevenibili da vaccinazione;
l'Evap si basa su sei obiettivi (sostenere lo stato polio-free, eliminare morbillo e rosolia, controllare l'infezione da HBV, soddisfare gli obiettivi di copertura vaccinale europei a tutti i livelli amministrativi e gestionali, prendere decisioni basate sulle evidenze in merito all'introduzione di nuovi vaccini, realizzare la sostenibilità economica dei programmi nazionali di immunizzazione) e disegna un percorso per il loro raggiungimento, che include, quali componenti tecniche e operative, obiettivi precisi e aree prioritarie d'intervento con relative azioni, supportate da un processo di valutazione e monitoraggio costante;
negli anni la copertura vaccinale è andata calando in particolare in alcune zone del Paese, per cause diverse in parte riferibili alla maggior influenza delle informazioni anti vaccino veicolate in internet, in parte a una generale disaffezione collegata all'errato convincimento che ormai quelle malattie non fossero più un vero rischio. Secondo i dati forniti dal Ministero della salute sulle coperture vaccinali 2016 relativamente ai bambini di 24 mesi, 36 mesi, 5-6 anni e per la prima volta i dati sugli adolescenti di 16 e di 18 anni, in tutta Italia si sono fatti molteplici sforzi per rendere la vaccinazione più accessibile e per riconquistare la fiducia della popolazione e, alcuni risultati positivi si intravedono nella copertura a 24 mesi dell'anno 2016 (relativa ai bambini nati nell'anno 2014) nei confronti del morbillo; tuttavia, per altri vaccini i dati sono deludenti e la loro valutazione ha condotto alla decisione di modificare completamente l'approccio alle strategie di offerta vaccinale e a considerare il calo delle coperture una vera e propria emergenza da fronteggiare. Nel 2016 le coperture vaccinali a 24 mesi per anti-difterica, anti-polio, anti-tetanica, anti-epatite B sono ancora ben al di sotto del valore del 95 per cento, con un valore medio nazionale (93,3 per cento) di poco inferiore a quello del 2015 (93,4 per cento) ma con un trend in diminuzione in alcune regioni. Sebbene esistano importanti differenze tra le regioni, solo 6 riescono a superare la soglia del 95 per cento per la vaccinazione anti-polio, mentre 8 sono addirittura sotto il 93 per cento. In calo sono anche le coperture medie per pneumococco (88,4 per cento nel 2016 vs 88,7 per cento nel 2015), mentre, probabilmente per il grande clamore mediatico suscitato dall'aumento dei casi di malattia invasiva da meningococco C in Toscana, le coperture nei confronti del meningococco C sono cresciute di 4 punti percentuali passando da 76,6 per cento nel 2015 a 80,7 per cento nel 2016. Inoltre, sebbene i dati di copertura vaccinale nei confronti di morbillo e rosolia mostrino un trend in aumento, passando dall'85,3 per cento del 2015 all'87,3 per cento nel 2016, l'obiettivo di eliminare il morbillo dalla regione europea dell'Oms è fissato per il 2020 e la copertura ideale – di almeno il 95 per cento – appare difficile e lontano. L'epidemia di morbillo partita nei primi mesi del 2017, che secondo i dati riportati nel bollettino settimanale di «Ipicentro» il portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica, risultano essere nel periodo che va dal 1o gennaio 2017 al 5 novembre 2017 pari a 4.794 casi di cui 4 decessi. Inoltre, nonostante tutte le regioni abbiano segnalato casi, ben l'89 per cento proviene da sette: Piemonte, Lazio, Lombardia, Toscana, Abruzzo, Veneto e Sicilia. L'88 per cento dei casi era non vaccinato e il 6 per cento ha ricevuto solo una dose di vaccino. L'età mediana dei casi è pari a 27 anni. La maggior parte dei casi (74 per cento) è stata segnalata in persone di età maggiore o uguale a 15 anni. Infine, l'incidenza maggiore si è verificata nei bambini sotto l'anno di età e 312 sono stati i casi segnalati tra operatori sanitari;
inoltre, come riporta il sito web istituzionale del Ministero della salute inevitabilmente, la riduzione delle coperture vaccinali, se non arrestata, comporta un accumulo di suscettibili elementi favorenti la trasmissione della malattia da un caso all'altro e il verificarsi di focolai epidemici. Per malattie non presenti in Italia, ma potenzialmente reintroducibili, come la polio e la difterite, l'accumulo di suscettibili aumenta il rischio di casi sporadici sul territorio italiano, in presenza di importazioni di malati o portatori;
nonostante queste azioni e sebbene le vaccinazioni siano universalmente riconosciute come uno degli strumenti più importanti della sanità pubblica, da alcuni anni si registra un'allarmante riduzione delle coperture vaccinali, principalmente a causa di campagne di disinformazione che mettono a rischio non solo la salute dei soggetti non vaccinati, ma anche la protezione della popolazione nel suo complesso, con il rischio di epidemie importanti anche da parte di microrganismi erroneamente considerati scomparsi. Anche per questo la letteratura scientifica sta studiando sempre di più il fenomeno della « vaccine hesitancy», termine di difficile traduzione in italiano che sta ad indicare un ritardo nell'adesione o un rifiuto della vaccinazione, nonostante la disponibilità di adeguati servizi vaccinali. Questo fenomeno è di difficile comprensione non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per tutte le persone, spesso anziani o cittadini che vengono da Paesi meno fortunati, che conservano la memoria storica dei danni, soprattutto in termini di mortalità infantile, delle gravi epidemie che imperversavano prima della scoperta di vaccini e antibiotici. Spetta alle istituzioni e agli operatori del servizio sanitario nazionale per primi ristabilire questa memoria e difenderla dalle campagne denigratorie che, diffondendo notizie scorrette e falsi miti, mettono a rischio la salute dei cittadini italiani. Il percorso è già avviato. Il Comitato nazionale per la bioetica (Presidenza del Consiglio del ministri) ha invitato il Governo, le regioni e le istituzioni competenti a moltiplicare gli sforzi perché le vaccinazioni, sia obbligatorie, sia raccomandate, raggiungano una copertura appropriata (95 per cento);
anche i professionisti sanitari, attraverso un documento firmato da tutti gli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, sono scesi in campo per denunciare i rischi derivanti dalla disinformazione e a salvaguardia di tutto ciò che il codice deontologico indica come dovere etico del medico nei confronti della popolazione. Sicuramente c’è ancora tanto da fare per rispondere con competenza e autorevolezza ai dubbi dei cittadini. È necessario promuovere con decisione efficaci campagne di comunicazione, informazione ed educazione, finalizzate a illustrare l'importanza delle vaccinazioni a livello individuale e collettivo e a richiamare i cittadini a scelte consapevoli e corrette nel proprio stesso interesse;
il nuovo piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019 (Pnpv), approvato in Conferenza Stato-regioni il 19 gennaio 2017 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il mese successivo (Gazzetta Ufficiale Serie generale, n. 41 del 18 febbraio 2017), e il relativo calendario vaccinale, hanno lo scopo primario di armonizzare «le strategie vaccinali in atto nel Paese, al fine di garantire alla popolazione, indipendentemente dal luogo di residenza, dal reddito e dal livello socio-culturale, i pieni benefici derivanti dalla vaccinazione, intesa sia come strumento di protezione individuale che di prevenzione collettiva, attraverso l'equità nell'accesso a vaccini di elevata qualità, anche sotto il profilo della sicurezza, e disponibili nel tempo (prevenendo, il più possibile, situazioni di carenza), e a servizi di immunizzazione di livello eccellente»;
inoltre, poiché tutti i vaccini contenuti nel calendario del Pnpv 2017-2019 sono stati inseriti nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) di definizione dei nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea), i cittadini, che rientrano tra le categorie target per la vaccinazione, hanno il diritto a usufruirne gratuitamente, secondo la calendarizzazione prevista (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 marzo 2017);
il Pnpv, oltre a presentare il nuovo calendario nazionale delle vaccinazioni attivamente e gratuitamente offerte alla popolazione per fascia d'età, contiene capitoli dedicati agli interventi vaccinali destinati a particolari categorie a rischio (per patologia, per esposizione professionale, per eventi occasionali) e individua alcune aree prioritarie di azione (allineate con i documenti prodotti a riguardo dall'Oms; «Decade dei Vaccini 2011-2020» ed Evap), una serie di obiettivi specifici e i relativi indicatori di monitoraggio;
in particolare, gli obiettivi individuati dal piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019 sono:
1. mantenere lo stato polio free (la regione europea dell'Oms ha raggiunto lo status polio free nel 2002);
2. raggiungere lo stato morbillo free e rosolia free (perseguendo gli obiettivi del piano nazionale di eliminazione del morbillo e della rosolia congenita e rafforzando le azioni per l'eliminazione);
3. garantire l'offerta attiva e gratuita delle vaccinazioni nelle fasce d'età indicate e nei gruppi di popolazione considerati a rischio;
4. aumentare l'adesione consapevole alle vaccinazioni nella popolazione generale, anche attraverso la conduzione di campagne di vaccinazione per il consolidamento della copertura vaccinale;
5. contrastare le disuguaglianze, promuovendo interventi vaccinali nei gruppi di popolazioni marginalizzati o particolarmente vulnerabili;
6. completare l'informatizzazione delle anagrafi vaccinali, a livello regionale e nazionale, interoperabili tra di loro e con altre basi di dati (malattie infettive, eventi avversi, residente/assistiti);
7. migliorare la sorveglianza delle malattie prevenibili con vaccinazione;
8. promuovere, nella popolazione generale e nei professionisti sanitari, una cultura delle vaccinazioni coerente con i principi guida del Pnpv, descritti all'interno del documento come «10 punti per il futuro delle vaccinazioni in Italia» (sicurezza, efficacia, efficienza, organizzazione, etica, formazione, informazione, investimento, valutazione, futuro);
9. sostenere, a tutti i livelli, il senso di responsabilità, degli operatori sanitari, dipendenti e convenzionati con il servizio sanitario nazionale (ssn), e la piena adesione alle finalità di tutela della salute collettiva, che si realizzano attraverso i programmi vaccinali, prevedendo adeguati interventi sanzionatori qualora sia identificato un comportamento di inadempienza;
10. attivare un percorso di revisione e standardizzazione dei criteri per l'individuazione del nesso di causalità ai fini del riconoscimento dell'indennizzo, ai sensi della legge n. 210 del 1992, per i danneggiati da vaccinazione, coinvolgendo le altre istituzioni competenti (Ministero della difesa);
11. favorire, attraverso una collaborazione tra le istituzioni nazionali e le società scientifiche, la ricerca e l'informazione scientifica indipendente sui vaccini;
il piano non fa riferimento alle caratteristiche specifiche di ciascun vaccino in considerazione dell'evoluzione scientifica e tecnologica del settore; viceversa raccomanda il raggiungimento della massima protezione possibile in relazione al profilo epidemiologico prevalente e alla diffusione dei ceppi;
il nuovo piano vaccinale, inoltre, oltre alle vaccinazioni per le quali, da anni, sono previsti programmi nazionali di immunizzazione (difterite, tetano, polio, epatite B, Haemophiles influenzae b, pertosse, pneumococco, morbillo, parotite, rosolia, meningococco C nei nuovi nati, HPV nelle ragazze 11enni e influenza nei soggetti di età ≥ 65 anni), introduce nel calendario vaccinale e di conseguenza nei livelli essenziali di assistenza anche le vaccinazioni anti-meningococco B, anti-rotavirus e anti-varicella nei nuovi nati; anti-HPVnei maschi 11enni; il vaccino anti-meningococco tetravalente Acwy135 e il richiamo anti-polio con IPV negli adolescenti; la vaccinazione antipneumococco (PCV13 coniugato +PPV23 polisaccardico) e quella contro l'Herpes Zoster nei 65enni;
allo scopo di facilitare le amministrazioni regionali nel processo per la piena implementazione del Pnpv, nell'adozione degli opportuni interventi di tipo logistico-organizzativo necessari a garantire un'offerta efficace ed efficiente sul territorio, il 9 marzo 2017 è stata emanata la circolare «Aspetti operativi per la piena e uniforme implementazione del nuovo Pnpv 2017-2019 e del relativo Calendario Vaccinale». La circolare riporta la tempistica di introduzione dell'offerta attiva delle nuove vaccinazioni e i relativi obiettivi di copertura vaccinale per anno nonché indicazioni dal punto di vista organizzativo su: governance delle attività vaccinali dei dipartimenti di prevenzione delle Asl; monitoraggio dell'implementazione del piano e dell'impatto delle strategie vaccinali; procedure di approvvigionamento dei vaccini; opportunità di rafforzare la collaborazione con medici di medicina generale e pediatri di libera scelta per migliorare le coperture; esso inoltre ribadisce, alla luce dell'attuale normativa, gli obblighi in tema di vaccinazione, per genitori, medici, scuole e Asl;
alla luce anche del nuovo piano vaccinale il 28 luglio 2017 la Camera ha approvato in via definitiva il decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante «disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale» pubblicato poi nella Gazzetta Ufficiale del 5 agosto. Allargando il numero delle vaccinazioni obbligatorie si è voluto rispondere ad una fase di emergenza sanitaria per quanto riguarda in particolare il morbillo e sostenere la diffusione della consapevolezza che si tratta di vaccinazioni necessarie;
tale decreto prevede per i minori di età compresa tra 0 e 16 anni e per i minori stranieri non accompagnati l'obbligatorietà e la gratuità delle seguenti vaccinazioni: anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella. L'obbligatorietà per le ultime quattro (anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella) è soggetta a revisione ogni tre anni in base ai dati epidemiologici e delle coperture vaccinali raggiunte. Le vaccinazioni obbligatorie sono gratuite e devono tutte essere somministrate ai nati dal 2017. Per i nati dal 2001 al 2016 devono essere somministrate le vaccinazioni contenute nel calendario vaccinale nazionale vigente nell'anno di nascita. A queste 10 vaccinazioni se ne aggiungono quattro fortemente raccomandate che il decreto prevede ad offerta attiva e gratuita, ma senza obbligo, da parte di regioni e province autonome: anti-meningococcica B, anti-meningococcica C, anti-pneumococcica, anti-rotavirus. La mancata somministrazione dei vaccini obbligatori preclude l'iscrizione agli asili nido e alle scuole materne. Per il mancato rispetto dell'obbligo da parte di bambini e ragazzi più grandi, invece, è prevista una multa da 100 a 500 euro. Prima però si deve essere contattati dalla propria Asl di competenza per avviare un percorso di recupero delle vaccinazioni. Sono esonerati dall'obbligo i bambini e i ragazzi già immunizzati a seguito di malattia naturale, e i bambini che presentano specifiche condizioni cliniche che rappresentano una controindicazione permanente c/o temporanea alle vaccinazioni. Disposizioni transitorie semplificano l'iscrizione all'anno scolastico 2017-2018 permettendo nell'immediato un'autocertificazione sulle vaccinazioni effettuate o la presentazione della prenotazione presso il Centro vaccinale e successivamente la consegna della documentazione. Sarà possibile anche prenotare gratuitamente le vaccinazioni in farmacia tramite Cup;
l'applicazione concreta della legge ha comportato difficoltà organizzative e di comunicazione tra sistema scolastico e sistema sanitario. Con riferimento agli adempimenti documentali ai fini dell'iscrizione alle scuole, ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia nonché ai centri di formazione professionale regionale, bisogna perseguire l'obiettivo di ridurre al minimo gli oneri burocratici a carico delle famiglie, favorendo una efficace circolazione di dati tra le scuole e le aziende sanitarie locali territorialmente competenti. Con un emendamento al decreto-legge in materia fiscale, già approvato dal Senato, è stato disposto che, nelle regioni che siano in possesso di anagrafi vaccinali, la semplificazione amministrativa prevista dall'articolo 3-bis del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, sia applicabile già a decorrere dal corrente anno scolastico/calendario annuale. In particolare, le istituzioni scolastiche, educative e formative non dovranno necessariamente acquisire ed esaminare la documentazione riguardante tutti i minori di sedici anni iscritti presso le stesse, ma potranno trasmettere all'azienda sanitaria locale territorialmente competente unicamente l'elenco degli iscritti (elenco generalmente predisposto dalle stesse istituzioni anche per l'esercizio di altre funzioni), per acquisire, successivamente, soltanto la documentazione comprovante la situazione vaccinale relativa ai minori segnalati dalle Asl perché non in regola con gli obblighi vaccinali, in quanto, pur non essendo vaccinati né rientranti nelle condizioni di esonero, omissione o differimento previste dall'articolo 1, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 73 del 2017, non abbiano presentato alla Asl richiesta di somministrazione delle vaccinazioni non ancora effettuate. Un'apposita nota tecnica congiuntamente adottata dal Ministero della salute e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, definirà specificamente le modalità operative cui attenersi;
con specifico riferimento all'Italia, l'Antitrust ha analizzato le dinamiche di offerta e domanda dei vaccini qualificati come essenziali nel periodo 2010-2015, quando i costi per l'acquisto di questi prodotti da parte del servizio sanitario nazionale sono stati mediamente di 300 milioni di euro all'anno. Rispetto a tali dinamiche, l'Agcm ha preso atto positivamente del processo attualmente in corso di riaggregazione della domanda pubblica intorno a un numero limitato di centrali di acquisto, considerandolo idoneo a bilanciare la concentrazione dell'offerta (countervailing buyer power) anche se, a giudizio dell'Autorità, è necessaria però una maggiore trasparenza informativa, a partire dalla più agevole disponibilità dei dati di aggiudicazione delle gare di appalto, in funzione della loro elaborazione per valutazioni di benchmark, oltre a buone pratiche amministrative;
nel caso del personale militare, è stata ipotizzata la somministrazione di vaccinazioni con modalità, tempi e verifiche del tutto errati e senza il rispetto delle norme di buona prassi,
impegna il Governo:
1) ad attivarsi per l'attuazione degli impegni presi a livello internazionale dando priorità a recuperare la flessione delle vaccinazioni contro la poliomielite nella prima infanzia e delle vaccinazioni contro morbillo e rosolia nell'infanzia, ma anche promuovendo campagne di recupero dei non vaccinati tra gli adolescenti ed i giovani adulti, e a sostenere la vaccinazione tra gli operatori dei settori scuola e sanità per interrompere la trasmissione di queste infezioni nel nostro Paese;
2) ad implementare la campagna vaccinale antinfluenzale agendo simultaneamente su più coorti di pazienti di modo da arrivare nel più breve tempo possibile ad una copertura capace di garantire standard ottimali su tutto il territorio nazionale;
3) a rafforzare il sistema vaccinale in autorevolezza, trasparenza, indipendenza, omogeneità, capacità di ascolto e flessibilità adottando, di conseguenza, iniziative per: omogeneizzare le procedure; sostenere la ricerca indipendente; informatizzare, come previsto nel piano nazionale, il sistema informativo e di sorveglianza delle vaccinazioni prevedendo una registrazione in continuo delle vaccinazioni, per prodotto e per vaccinato, al fine di verificare la proporzione di vaccinati a diverse età (così da avere anche informazioni sugli adolescenti e gli adulti vaccinati), nonché verificare la qualità delle azioni di recupero dei non vaccinati ad età che vanno oltre le età target; valutare l'effetto di diversi calendari vaccinali in uso in diverse aree del Paese;
4) a migliorare le modalità di informazione e comunicazione alla popolazione, anche rafforzando la presenza sui social media e l'interlocuzione attiva della sanità pubblica con i genitori o i cittadini interessati, oltre che informare attraverso campagne nazionali sulle conseguenze delle malattie contro le quali ci si vaccina e che, erroneamente, vengono considerate non più presenti o non pericolose;
5) ad informare adeguatamente e ad aiutare le famiglie che devono vaccinare i figli così come previsto dal decreto-legge n. 73 del 2017, riducendo gli adempimenti burocratici e prevedendo che siano le amministrazioni pubbliche coinvolte a trasmettere la documentazione comprovante l'avvenuta vaccinazione; ad assumere iniziative per prevedere linee guida, anche alla luce della riforma della pubblica amministrazione nonché del decreto-legge n. 73 del 2017, volte alla condivisione e allo scambio dei dati dei bambini vaccinati tra le asl e le istituzioni scolastiche coinvolte, in particolar modo tra le asl e i servizi per la prima infanzia;
6) ad assumere iniziative volte a reperire maggiori risorse finanziarie necessarie a potenziare i centri vaccinali, implementandone le necessarie dotazioni organiche, anche alla luce dei nuovi obblighi vaccinali previsti dal decreto-legge n. 73 del 2017;
7) ad assumere iniziative volte a prevedere che le risorse derivanti dalle sanzioni di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 73 del 2017 rimangano nella disponibilità del servizio sanitario nazionale, affinché siano destinate a campagne informative nazionali sull'importanza dei vaccini;
8) ad assumere iniziative per definire, anche con il coinvolgimento delle facoltà di medicina, appositi protocolli tra regione e università, per il sostegno alla formazione in ambito vaccinale, e procedere annualmente alla formazione e all'aggiornamento di tutti gli operatori, che operino in un rapporto sia di dipendenza sia di convenzione con il servizio sanitario nazionale;
9) a rafforzare le misure utili a tutelare la salute dei soggetti deboli le cui condizioni di salute impediscono l'accesso alle vaccinazioni, predisponendo misure informative circa i rischi di contagio in relazione all'accesso di soggetti non vaccinati a luoghi frequentati, quali ad esempio gli ospedali;
10) a garantire l'attuazione dell'Accordo Stato-regioni del 20 dicembre 2012 recante «Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l'assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e delle province autonome», con particolare riferimento all'iscrizione obbligatoria al servizio sanitario nazionale dei minori stranieri, anche in assenza del permesso di soggiorno, e al conseguente diritto di accesso al pediatra di libera scelta cui si demanda la promozione della pratica vaccinale;
11) ad adottare iniziative per rafforzare gli uffici addetti all'erogazione degli indennizzi in base alla legge n. 210 del 1992 in modo da procedere in tempi rapidi alla chiusura del contenzioso, nonché modificare le procedure di valutazione delle richieste presentate in base alla medesima legge n. 210 del 1992 in merito agli indennizzi dei soggetti danneggiati da vaccinazione obbligatoria, eventualmente integrandole con ulteriori criteri di valutazione e tipologia di danni indennizzabili, in analogia alla legislazione di numerosi altri Paesi;
12) a rendere sempre più trasparenti le modalità di acquisto dei vaccini nonché a valutare l'opportunità, come segnalato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che le autorità mediche competenti adottino posizioni chiare, trasparenti e indipendenti in merito ai profili di equivalenza medica tra prodotti vaccinali nonché, per consentire un riequilibrio dei rapporti commerciali tra offerta e domanda, ad assumere iniziative per l'inclusione dei vaccini in classi di rimborso che assoggettino i prezzi a una contrattazione preventiva con l'Aifa;
13) ad assumere iniziative per fornire un'interpretazione autentica dell'articolo 5-quater del decreto-legge n. 73 del 2017 là dove si esplicita che «Le disposizioni di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, si applicano a tutti i soggetti che, a causa delle vaccinazioni indicate nell'articolo 1, abbiano riportato lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell'integrità psico-fisica» affinché l'ambito di applicazione della legge n. 210 del 1992 non sia limitato ai soli 9 vaccini previsti nel decreto medesimo ma sia esteso in conformità alla sentenza della Corte costituzionale n. 07 del 2012 a tutte le persone vaccinate in adempimento del piano nazionale vaccinale vigente;
14) a promuovere progetti di vaccino-vigilanza attiva al fine di ottenere una completa raccolta di sospetti eventi avversi, incoraggiando e facilitando le segnalazioni da parte degli operatori sanitari, in situazioni specifiche (per esempio per nuovi vaccini e per periodi limitati di tempo), al fine di identificare potenziali eventi avversi non noti o rari, oppure possibili cambiamenti nella frequenza di quelli noti, l'individuazione di fattori di rischio per particolari eventi avversi, la valutazione del nesso di causalità, la quantificazione dei rischi, l'adozione di misure di minimizzazione dell'eventuale rischio e un'adeguata comunicazione tra operatori sanitari e cittadini;
15) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per potenziare qualitativamente i Centri regionali di farmacovigilanza (CRFV), sostenendo le regioni con minore esperienza, quale parte integrante del sistema nazionale di farmacovigilanza, attribuendo ai centri il compito di sostenere e coordinare le attività regionali in materia di farmacovigilanza e assicurando il loro buon funzionamento, in stretta collaborazione con i centri vaccinali e il sistema nazionale di vaccina vigilanza;
16) a monitorare che le aziende produttrici di vaccini realizzino gli studi Post-authorization safety (PASS), così come stabilito dalle linee guida sulle buone pratiche di farmacovigilanza, su base volontaria o per imposizione dell'autorità regolatoria, che hanno l'obiettivo di identificare, caratterizzare o quantificare un rischio di sicurezza, confermare il profilo di sicurezza o valutare l'efficacia delle misure di minimizzazione del rischio (risk management measures);
17) a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a prevedere la possibilità di rivalersi sulle case farmaceutiche produttrici per i danni da vaccinazione ad esse imputabili in tutti i casi in cui siano riconosciuti indennizzi e risarcimenti;
18) a valutare l'opportunità di rivedere le modalità e le procedure di vaccinazione per i militari affinché anche, in questo caso, si possa procedere conseguentemente al parere scientifico espresso dall'Istituto superiore di sanità.
(1-01751) «Lenzi, Marazziti, Amato, D'Incecco, Miotto, Argentin, Beni, Paola Boldrini, Paola Bragantini, Burtone, Capone, Carnevali, Casati, Gelli, Grassi, Mariano, Patriarca, Piazzoni, Piccione, Giuditta Pini, Sbrollini, Binetti».
La Camera,
premesso che:
il 28 luglio 2017 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale;
l'esame parlamentare del decreto-legge è stato accompagnato da un dibattito molto acceso nell'opinione pubblica, contraddistinto da un erroneo pregiudizio di fondo ossia che il decreto tracciasse una linea di demarcazione tra chi è contrario o meno ai vaccini, compromettendo in tal modo un sereno e aperto dibattito che ha finito per dividere il Paese ed allarmare i genitori e le famiglie;
il decreto-legge si caratterizza invece come un mero atto di politica sanitaria con rilevanti conseguenze per le famiglie, le strutture sanitarie e le istituzioni scolastiche del Paese, atto che appare segnare un'inversione di tendenza nell'ambito delle ormai consolidate politiche sanitarie del Paese che in oltre 70 anni di studi, dibattiti e ricerche hanno bandito l'idea di una sanità verticalizzata dove il medico era al centro del processo e il cittadino era inteso solo come «paziente» da curare e hanno ridimensionato l'idea che la prevenzione sia la mera assenza di malattia e non già un benessere psico-fisico, consapevole e partecipato;
la salute, oggi, è un processo promosso, partecipato, informato e democratico, proprio grazie all'evolversi della scienza e anche grazie alla crescita culturale dei popoli. La promozione della salute è un concetto centrale che oggi contraddistingue ogni politica sanitaria che voglia definirsi civile ed evoluta ed è in questo diverso paradigma che la prevenzione vaccinale avrebbe dovuto sussumere un approccio basato sulla raccomandazione e non già sull'obbligatorietà, in armonia proprio con il trend, ormai consolidato, delle diverse politiche vaccinali che nel mondo e soprattutto in Europa – come evidenzia anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'indagine sui vaccini del 2016 – hanno implementato «politiche vaccinali basate su di un approccio incentrato sulla combinazione tra offerta pubblica di vaccini ritenuti essenziali per la salute pubblica e un convincimento informato dei soggetti decisori rispetto ai trattamenti vaccinali»;
la tendenza alla raccomandazione dei vaccini, più che alla loro obbligatorietà, è stabilita a livello globale e il quadro di vaccinazione europeo relativo ai programmi vaccinali nazionali, infatti, comprende sia vaccinazioni obbligatorie sia raccomandate: dei 30 Paesi (i 28 dell'Unione europea più Islanda e Norvegia), 15 hanno almeno una vaccinazione obbligatoria all'interno del proprio programma vaccinale, mentre gli altri 15 non hanno alcuna vaccinazione obbligatoria. Pertanto, se da un lato l'obbligatorietà delle vaccinazioni sono considerate una strategia per migliorare l'adesione ai programmi di immunizzazione, dall'altro appare chiaro che molti dei programmi europei risultano efficaci anche se non prevedono alcun obbligo;
i Paesi che non hanno adottato obblighi per alcun vaccino, sono: Austria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Islanda, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito. Il Belgio adotta l'obbligatorietà solo per un vaccino, la Francia per tre vaccini, Grecia, Italia e Malta per quattro vaccini (tutti riservano l'approccio raccomandato per i rimanenti vaccini); i Paesi che, ad oggi, adottano un programma vaccinale nazionale con un numero di vaccini obbligatori, maggiore di quattro, sono: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia;
l'articolo 32 della Costituzione rappresenta non solo la massima tutela del diritto alla salute ma anche la massima espressione di libertà e consapevolezza che si realizza attraverso il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico ed espresso, nel caso di minori, dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dai tutori;
il consenso informato si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell'articolo 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli articoli 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che «la libertà personale è inviolabile» e che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge»;
il consenso informato trova il suo fondamento negli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione quale sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative e dei rischi connessi; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all'articolo 32, secondo comma, della Costituzione;
la Corte costituzionale si è pronunciata diffusamente sui limiti e le condizioni di compatibilità dei trattamenti sanitari obbligatori con il precetto costituzionale del diritto alla salute dell'articolo 32, ribadendo sempre il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo – anche nel suo contenuto negativo di non assoggettabilità a trattamenti sanitari non richiesti o accettati – con il coesistente e reciproco diritto di ciascun individuo (sentenza n. 218 del 1994) e con la salute della collettività (sentenza n. 307 del 1990); è proprio il bilanciamento dei due diritti sottesi che ha portato la Corte costituzionale, con la sentenza n. 258 del 1994, a ritenere che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l'articolo 32 della Costituzione solo se siano rispettate talune condizioni, tra le quali «la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili»;
la Corte costituzionale nella medesima sentenza aggiunge che «proprio per la necessità di realizzare un corretto bilanciamento tra la tutela della salute del singolo e la concorrente tutela della salute collettiva, entrambe costituzionalmente garantite, si renderebbe necessario porre in essere una complessa e articolata normativa di carattere tecnico – a livello primario attesa la riserva relativa di legge, ed eventualmente a livello secondario integrativo – che, alla luce delle conoscenze scientifiche acquisite, individuasse con la maggiore precisione possibile le complicanze potenzialmente derivabili dalla vaccinazione, e determinasse se e quali strumenti diagnostici idonei a prevederne la concreta verificabilità fossero praticabili su un piano di effettiva fattibilità»;
la necessità e urgenza alla base del ricorso al decreto-legge è stato giustificato dal Governo con il calo delle coperture vaccinali e la recrudescenza ritenuta anomala e straordinaria del morbillo (oltre 3 mila casi). Questa motivazione in realtà è apparsa debole o contraddittoria poiché, proprio in riferimento al morbillo, come evincibile dal sito del Ministero della salute e dell'Istituto superiore di sanità, nell'anno 2016, c’è stato un aumento della copertura vaccinale di ben due punti percentuali passando dall'85,2 per cento all'87,3 per cento (mentre la relazione al decreto-legge parla di inesorabile trend decrescente anche per l'anno 2016) e il calo rispetto al 2013 è, in realtà, di un solo punto percentuale passando dall'88,3 per cento al 87,3 per cento. Senza dubbio c’è un picco epidemico che, come spiega il medesimo Ministero della salute sul suo sito istituzionale, è caratteristico di tale malattia e si presenta ogni due/tre anni. Nel 2008 con una copertura vaccinale al 90,1 per cento i casi di morbillo furono 5.312. Nel 2011 con una copertura vaccinale al 90 per cento i casi di morbillo sono stati 4.671. Nel 2015, con una copertura vaccinale dell'85,2 per cento, i casi di morbillo sono stati 254;
in riferimento alla diffusione del morbillo, il tasso di mortalità si colloca intorno allo 0,2 per cento, valore questo che, tuttavia, si eleva fino al 10-20 per cento nel caso di soggetti affetti da malnutrizione. Ciò posto, considerata la rilevante incidenza della povertà assoluta e relativa sul totale delle famiglie italiane, accentuata dal prolungato periodo di crisi economica, si evidenzia pertanto la necessità di affrontare il tema della prevenzione e della promozione vaccinale ragionando sul più vasto contesto degli aspetti socio-sanitari, all'uopo implementando le risorse finanziarie destinate al miglioramento generale delle condizioni igienico-sanitarie della popolazione ed intervenendo con autorevolezza sui relativi centri di costo, come dimostra la positiva esperienza condotta nella regione Veneto;
ogni vaccino è una prestazione sanitaria a sé, contraddistinta da una peculiare correlazione costo-beneficio, rischio che non appare compatibile con un indistinto regime di obbligatorietà. I vaccini non sono prodotti identici e non sono un'unica e indistinta prestazione sanitaria ma sono distinte prestazioni sanitarie, ciascuna correlata ad una specifica malattia;
in caso di emergenze sanitarie il nostro ordinamento già prevede l'intervento in casi di urgenza e, non a caso, anche il provvedimento all'esame fa salva l'adozione di interventi di urgenza ai sensi dell'articolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, che prevede che «in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali»;
il decreto legislativo, richiamato nel decreto-legge, attua il riparto delle competenze tra Stato, regioni ed enti locali, come contemplato dagli articoli 5, 117, 118 e 128 della Costituzione ed in relazione alle emergenze sanitarie o di igiene pubblica, correlate inevitabilmente al territorio, attribuisce alle autorità territoriali il potere necessario per intervenire in situazioni di necessità ed urgenza;
l'intervento indifferenziato da parte dello Stato, motivato da necessità e urgenza, senza che siano tenute in considerazione le differenze territoriali con riferimento alla copertura vaccinale o in riferimento ad eventuali epidemie, peraltro opportunamente rilevate, anche a livello territoriale, dal medesimo Ministero della salute e dall'Istituto superiore di sanità, oltre che configurarsi come lesivo delle competenze dei diversi livelli di autonomia rischia concretamente di compromettere l'attività di prevenzione sanitaria che le regioni, nell'ambito della loro autonomia, hanno posto in essere fino ad oggi;
il decreto-legge consente al Ministero della salute di avvalersi di un contingente fino a 20 unità di personale di altri dicasteri in posizione di comando, al fine di definire le procedure intese al ristoro dei soggetti danneggiati da trasfusioni con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie. Ai fini della copertura degli oneri finanziari derivanti dall'impiego del contingente anzidetto, quantificati in 359.000 euro per l'anno 2017 e 1.076.000 euro per l'anno 2018, viene ridotta in misura corrispondente l'autorizzazione di spesa per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie;
il decreto-legge ridefinisce l'ambito di applicazione della legge sugli indennizzi (legge n. 210 del 1992) prevedendo che sia applicabile a tutti i soggetti che, a causa delle vaccinazioni indicate nell'articolo 1 del medesimo decreto, abbiano riportato lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, escludendo in tal modo dagli indennizzi le ulteriori vaccinazioni raccomandate che non sono incluse all'articolo 1 del provvedimento all'esame, come ad esempio l'Hpv per le femmine e per i maschi, l’Herpes Zoster o l'epatite A, ma che sono inserite nel piano nazionale vaccini e fortemente raccomandate;
l'esclusione di alcuni vaccini raccomandati dall'ambito di applicazione della legge n. 210 del 1992 si pone in aperto contrasto con i diversi enunciati della Corte costituzionale che hanno dichiarato incostituzionale la legge 25 febbraio 1992, n. 210, nella parte i cui gli indennizzi non sono riferibili anche ai vaccini raccomandati;
solo per quattro vaccini obbligatori (morbillo, parotite, rosolia e varicella) è prevista la possibilità di revisione triennale del regime dell'obbligatorietà, a seconda dello stato epidemiologico e delle reazioni avverse, mentre per gli altri sei vaccini l'obbligatorietà sarà sine die; ed inoltre, i quattro vaccini per i quali le regioni devono assicurare un'offerta attiva e gratuita non sono soggetti ad alcuna possibilità di revisione triennale e saranno tali fino a quando non intervenga il legislatore con un altro provvedimento di rango primario;
durante l'esame parlamentare del decreto-legge è stata introdotta la possibilità di usufruire dei vaccini monovalenti, quanto meno per i soggetti già immunizzati per talune malattie, ma questa miglioria richiesta dalle opposizioni è stata però riformulata dal Governo in maniera assolutamente insufficiente e inefficace: in primis si fa riferimento ai soli soggetti immunizzati ma non anche, ad esempio, a soggetti che per svariate ragioni e condizioni cliniche hanno controindicazioni specifiche per un solo antigene fornito nel vaccino combinato o polivalente; inoltre con la dicitura «di norma e comunque nei limiti delle disponibilità del Servizio sanitario nazionale» chiaramente non è assicurata la disponibilità del vaccino monovalente (creando disparità e disuguaglianza tra minori che a scuola potranno anche, essere cambiati di classe perché, loro malgrado, lo Stato non garantisce loro il vaccino monovalente);
nella relazione tecnica al decreto-legge, infatti, la Ragioneria generale dello Stato riporta «che tale disposizione non riveste carattere precettivo, bensì introduce una mera indicazione tendenziale e, pertanto, derogabile. Essa non radica un diritto assoluto in capo al soggetto cui è indirizzato l'obbligo vaccinale ma si limita a prevedere che sia preferibile la somministrazione del soggetto già immunizzato»;
peraltro, al di là della natura chiaramente non precettiva della disposizione concernente i vaccini monovalenti, è chiaro che i tempi per effettuare le gare e le procedure centralizzate d'acquisto sono molto più lunghi dell'obbligatorietà immediata dei vaccini ed il decreto-legge non tiene in debito conto il fatto che diverse regioni hanno già effettuato gare per un diverso fabbisogno di vaccini, non contemplando il prodotto monovalente;
nel testo della seconda relazione intermedia della Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti di deposito di munizioni, in relazione all'esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno e da somministrazione di vaccini, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico ed a eventuali interazioni, cosiddetta «Commissione uranio», da pagina 18 si affronta il tema dei possibili danni da vaccini negli adulti che svolgono professioni militari, con una serie di segnalazioni di casi importanti e, nelle conclusioni del capitolo, si legge: «È, infine, assolutamente necessario rimarcare che gli esiti del progetto Signum, nonché le risultanze dello studio effettuato dal professor Nobile sui militari della Brigata Folgore, portano ad affermare un significativo incremento della frequenza di alterazioni ossidative del dna e di cellule micronucleate, a fronte di soggetti sottoposti a vaccinazioni in numero superiore a cinque o con vaccini viventi attenuati o con prevalente attività outdoor. Tale limite numerico, come sottolineato anche dal generale Tomao, deve diventare prescrittivo nella somministrazione dei vaccini e adottato nelle linee guida come specifica prescrizione. Anche in questo caso se ne chiede l'inserimento nella futura revisione»;
dai lavori della «Commissione uranio» e dalla documentazione raccolta è emersa inoltre «la necessità di svolgere esami pre-vaccinali prima della somministrazione dei vaccini, sia al fine della valutazione d'immunità già acquisite, sia al fine dell'accertamento di stati di immunodepressione che sconsiglino di somministrare il vaccino in quello specifico momento; ulteriore problema è poi quello dei tempi di somministrazione del vaccino, indicati dalle case produttrici nelle stesse schede tecniche a corredo del farmaco, posto che il vaccino richiede un tempo di attesa per generare l'immunizzazione, in dipendenza anche delle condizioni fisiche del vaccinando»;
in conclusione la «Commissione uranio» ritiene che «l'utilizzo di farmaci vaccinali forniti in soluzione monovalente e monodose (ovvero un vaccino per singola malattia, fornito in una singola dose), ridurrebbe notevolmente l'esposizione al rischio dovuto alla profilassi vaccinale, in quanto il militare – in età adulta – potrebbe risultare già immunizzato ad alcuni antigeni contenuti nei vaccini multipli assunti nell'infanzia o immunizzato naturalmente per aver contratto la relativa patologia»;
nel prevedere l'esonero dell'obbligo nel caso di avvenuta immunizzazione il decreto-legge n. 73 contempla la possibilità di effettuare l'analisi sierologica volta a provare l'avvenuta immunizzazione ma non chiarisce se debba essere effettuata a spese dell'interessato o se sia garantita dal Servizio sanitario nazionale; a parere dei firmatari del presente atto la risposta fornita a riguardo dal Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, non è apparsa convincente laddove, pur confermando che gli oneri saranno a carico delle famiglie, ha riferito che tale onere corrisponde ad un importo che varia da cinque ad undici euro, contrariamente a quando invece risulta da sommarie informazioni acquisite a riguardo secondo le quali il costo si aggira tra i quaranta e i cinquanta euro per malattia, al quale potrebbero aggiungersi anche gli oneri connessi alla prestazione dello specialista infettivologo che dovrà prescrivere tali analisi e che, in base ai nuovi criteri di appropriatezza prescrittiva inseriti nei livelli essenziali di assistenza, non potrà essere il medico di medicina generale;
quantunque le sanzioni siano state sensibilmente ridotte passando, nel massimo, da 7500 a 500 euro rimane il divieto di accesso o la decadenza dell'iscrizione ai servizi per l'infanzia per i bambini di 0-6 anni, in contrasto peraltro con la cosiddetta «buona scuola» tanto voluta dal Governo precedente e sostenuta dall'attuale e che aveva l'auspicio di eliminare il distinguo tra la formazione fino a sei anni e i gradi successivi d'istruzione;
il decreto-legge n. 73 del 2017 pone in carico ai genitori l'onere di comprovare presso le istituzioni scolastiche l'avvenuto assolvimento dell'obbligo vaccinale presentando idonea documentazione, relativa all'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie (o all'esonero, omissione o differimento delle stesse). È chiaro che la presentazione della documentazione, oltre ad oberare le scuole già prive di personale, si pone in contrasto con le leggi introdotte dalla cosiddetta «riforma Bassanini» che hanno imposto alle amministrazioni di non onerare i cittadini di eccessive burocrazie. Oggi, infatti, il cittadino può autocertificare qualsiasi stato, fatto e qualità personale e la pubblica amministrazione non può pretendere alcuna documentazione comprovante che sia in possesso di altra pubblica amministrazione;
il decreto-legge contempla un trasferimento di informazioni e dati sanitari di minori e famiglie alle scuole senza che sia stato previsto un preliminare atto di natura regolamentare che disciplinasse il trattamento e la tutela di dati sensibili e sanitari e senza che sia stato previsto un parere del Garante della privacy, con grave nocumento dei più elementari diritti dei cittadini, com’è appunto il diritto alla riservatezza di dati idonei a rivelare lo stato di salute;
il Servizio bilancio del Senato della Repubblica ha espresso diffuse perplessità sulle coperture economiche del provvedimento, perplessità che non appaiono risolte con le modifiche intervenute durante l'esame parlamentare; pertanto si rinnovano le perplessità sulle coperture economiche del decreto-legge come peraltro già espresse in occasione dell'approvazione dei livelli essenziali di assistenza, tenuto conto che le stime e le risorse allora approvate erano riferite ad un approccio basato sulla raccomandazione e ad una graduale attuazione, da parte delle regioni, del nuovo piano nazionale vaccinale, con una copertura vaccinale progressiva nel triennio considerato che ovviamente, con il decreto-legge in questione, stante l'immediata obbligatorietà, non è più applicabile;
da più parti è stata espressa l'esigenza di recuperare il rapporto di fiducia con i genitori e le famiglie, anche approfondendo le motivazioni che hanno indotto alcuni genitori a non sottoporre i bambini ai richiami dopo la somministrazione della prima dose di vaccino; al riguardo infatti si è fatto presente che spesso i genitori sono lasciati soli a fronteggiare la manifestazione, anche blanda, delle reazioni avverse e il centro vaccinale sia per carenza di personale, sia per non adeguata attività formativa, non è in grado di implementare un servizio pre e post-vaccinale che attraverso il counselling, l'informazione e la rassicurazione sia in grado di assicurare le famiglie sia prima che dopo la somministrazione della prima dose; per superare tali ostacoli sarebbero necessari interventi mirati alla formazione degli operatori e all'adeguamento delle strutture, interventi che richiedono adeguate risorse finanziarie;
sarebbe stato più opportuno affrontare il problema della copertura vaccinale ai primi segnali del calo delle adesioni, per giungere a una soluzione condivisa, senza la necessità di porre obblighi e sanzioni; invece il decreto, proprio riguardo alle iniziative di comunicazione e informazione sulle vaccinazioni, è praticamente inattuabile nell'ambito delle vigenti disponibilità di bilancio, laddove non prevede risorse aggiuntive;
in riferimento alla necessità di affidarsi senza riserve alle istituzioni sanitarie, come da più parti detto, si ricorda a titolo esemplificativo il caso del farmaco Tamiflu che ha consentito alla società Gilead enormi profitti in relazione alle supposte pandemie delle influenze suina e aviaria. A riguardo, fonti autorevoli, a partire dal British Medical Journal, hanno dimostrato la scarsa trasparenza degli studi clinici e gli scarsi effetti del farmaco che pure fu acquistato in grandi quantità dall'Italia. In questo quadro, appaiono ai firmatari del presente atto totalmente insufficienti, se non inesistenti, gli interventi del Governo sulla necessità di garantire la massima trasparenza rispetto a tutte le sponsorizzazioni erogate da tali industrie nei confronti delle organizzazioni e dei professionisti della sanità nonché rispetto all’iter prodromico all'immissione in commercio di un farmaco ossia la fase della valutazione e della conduzione di una sperimentazione clinica;
le audizioni del Senato della Repubblica, e tanto meno l'esame alla Camera dei deputati, non hanno permesso di chiarire peraltro tutte le implicazioni che il provvedimento all'esame ha sul mercato e sulla concorrenza, tenuto conto che anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato nell'indagine conoscitiva relativa ai vaccini per uso mano, pubblicata nel 2016, ha rilevato numerose criticità proprio in riferimento al sistema concorrenziale dei prodotti vaccinali, soprattutto quando questi hanno «una sorta di garanzia d'acquisto da parte del Servizio sanitario nazionale»;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato infatti, neanche immaginando il decreto-legge, ma in riferimento all'inserimento dei vaccini nei livelli essenziali di assistenza, ha evidenziato che «rispetto all'esercizio della selezione dei prodotti ai fini dell'inclusione nei piani nazionali di prevenzione e più ancora in generale in strumenti di garanzia di somministrazione, quali in Italia i livelli essenziali di assistenza, è il caso infine di considerare pure come vadano garantite nella maniera più rigorosa, da un lato, l'indipendenza di giudizio dei soggetti decisori, dall'altro la rappresentanza degli enti che si troveranno a dover sostenere in concreto gli effetti economici delle scelte così effettuate»;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato raccomanda che «le istituzioni competenti – quali, in primo luogo, il Ministero della salute (...) provvedano a chiarire l'evoluzione della profilassi in tal senso avvenuta nei confronti dei soggetti a cui l'offerta vaccinale viene destinata, al fine di determinare una miglior consapevolezza da parte dei consumatori finali dei prodotti vaccinali e sostenere le loro facoltà di scelta» e raccomanda altresì che «le decisioni di inclusione di un prodotto vaccinale in un programma pubblico di prevenzione e/o la sua qualifica in termini di essenzialità avvengano sempre con le massime garanzie di scientificità, trasparenza e indipendenza, facendo altresì ricorso in maniera espressa e verificabile agli strumenti ormai già ampiamente disponibili di analisi tecnico-economica, in particolare per i profili di costo-efficacia dei diversi prodotti vaccinali, alla luce delle indicazioni e migliori pratiche esistenti a livello internazionale» poiché «rispetto all'offerta, l'inclusione e il successivo mantenimento di un vaccino nell'elenco di quelli essenziali ai sensi del Piano nazionale prevenzione vaccinale/livelli essenziali di assistenza comportano un notevole vantaggio competitivo, in molti casi corrispondente a una sorta di garanzia d'acquisto da parte del Servizio sanitario nazionale tenuto conto dei condizionamenti della domanda e dell'impatto economico-commerciale che ne conseguono»;
diversi studi e ricerche evidenziano che, nel 2014, il fatturato mondiale della vendita dei vaccini ammontava a 23 miliardi di euro e prospettano che nel 2020 detto fatturato dovrebbe attestarsi a 35 miliardi di euro e che l'80 per cento di tale fatturato è prodotto dalle società Merck & Co. Inc, Sanofi Pasteur, GlaxoSmithKline Plc e Pfizer Inc.; il settore, dunque, è contraddistinto da un regime di oligopolio, in cui appaiono essere assenti efficaci regole di trasparenza ed indipendenza;
nel nostro Paese la negoziazione del prezzo dei farmaci, che il decreto-legge richiama come misura obbligatoria per l'acquisto dei vaccini previsti nel decreto medesimo, è governata da clausole di riservatezza che impediscono ai cittadini di conoscere il costo effettivo della singola dose di vaccino, con l'inevitabile e susseguente riduzione della concorrenza su tali prodotti; sulla base dei pochi dati disponibili emerge peraltro che la stessa dose di vaccino in Italia risulta avere un prezzo superiore rispetto ad altri Paesi, come ad esempio la Germania e la Francia. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha inoltre segnalato che non esistono farmaci equivalenti in ambito vaccinale, a differenza di quanto previsto per i farmaci generici;
è necessario, se non addirittura doveroso, che la negoziazione dei vaccini obbligatori non debba essere coperta da vincolo di confidenzialità e riservatezza e che il fascicolo di prezzo e rimborso dei vaccini sia pubblico;
i dati relativi agli studi clinici condotti per i vaccini obbligatori non dovrebbero essere considerate informazioni commerciali di carattere riservato se l'autorizzazione all'immissione in commercio è già stata concessa, se la procedura per la concessione dell'autorizzazione all'immissione in commercio si è già conclusa oppure se una domanda di autorizzazione all'immissione in commercio è stata ritirata, né sono considerate di carattere riservato le principali caratteristiche della sperimentazione clinica, la conclusione sulla prima parte della relazione di valutazione per l'autorizzazione di una sperimentazione clinica, la decisione riguardante l'autorizzazione a una sperimentazione clinica, la modifica sostanziale di quest'ultima e i relativi risultati, ivi incluse le ragioni dell'interruzione temporanea e della conclusione anticipata nonché i dati relativi agli eventi e reazioni avverse;
anche durante l'esame parlamentare del decreto-legge non sono stati sufficientemente esplicitati e chiariti quali siano gli obblighi assunti e le strategie concordate a livello europeo e internazionale e gli obiettivi comuni fissati nell'area geografica europea cui il provvedimento in questione tanto nel preambolo quanto nell'articolato;
appare necessario chiarire se ci sia qualche correlazione con obbligazioni di tipo finanziario e in particolare con l'Alleanza globale per le vaccinazioni, progetto che l'Italia sostiene dal 2006, finanziando i suoi principali strumenti finanziari (Advanced Market Commitments, International Finance Facility for Immunisation e Alleanza globale per le vaccinazioni Matching Fund);
il 27 gennaio del 2015, durante «Reach Every Child», la conferenza dei donatori dell'Alleanza globale per le vaccinazioni per il periodo 2016-2020, ospitata dal governo tedesco a Berlino, il nostro Paese si è impegnato a versare contributi diretti pari a 120 milioni di dollari, in aggiunta a quanto già impegnato su un periodo ventennale;
l'Alleanza globale per le vaccinazioni è una fondazione giuridica privata e nasce come forma di partenariato globale fra pubblico e privato che ha lo scopo di migliorare l'accesso all'immunizzazione per la popolazione dei Paesi in via di sviluppo, intervenendo a sostegno dei Paesi che non hanno accesso alle cure o alla risorse necessarie. Riunisce Governi di Paesi in via di sviluppo e di Paesi donatori, l'Organizzazione mondiale della sanità, il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, la Banca mondiale, l'industria dei vaccini, varie organizzazioni della società civile, la fondazione Bill & Melinda Gates e altri filantropi; nello specifico, l'Alleanza globale per le vaccinazioni promuove dodici vaccini: il vaccino pentavalente (difterite, tetano, pertosse, epatite B e Haemophilus influenzae tipo B) e i vaccini contro lo pneumococco, il rotavirus, la polio, il morbillo, la rosolia e il papilloma virus;
l'obbligatorietà dei vaccini introdotta con il decreto-legge in esame potrebbe peraltro paradossalmente ridurre il tasso di compliance nelle vaccinazioni da parte delle famiglie italiane, circostanza questa che potrebbe destare reali preoccupazioni, in riferimento a talune patologie;
come evidenziato dagli studi condotti da autorevoli enti internazionali, come l’European Center for Disease Prevention and Control, è proprio una corretta informazione, basata su elementi di carattere scientifico, lo strumento più consono ad assicurare elevati tassi di adesione spontanea ai piani vaccinali;
il decreto-legge sulla prevenzione vaccinale presenta numerose criticità tecniche o incongruenze che richiedono un'urgente soluzione;
durante il dibattito alla Camera dei deputati è stata posta la fiducia al provvedimento ed ogni intervento migliorativo, pur ritenuto necessario dal medesimo Governo, è stato respinto ed è stata prospettata la possibilità di rinviare a future circolari applicative la risoluzione dei dubbi interpretativi di molte sue disposizioni;
è fondato il timore che tutte le incongruenze e i dubbi possano determinare un rilevante contenzioso, anche a livello di giustizia amministrativa, oltreché un diffuso disorientamento nelle famiglie e nelle istituzioni scolastiche e sanitarie,
impegna il Governo:
1) ad emanare con urgenza una circolare che consenta ai genitori che debbano effettuare le analisi sierologiche, contemplate dal decreto-legge n. 73 del 2017 e volte a comprovare l'avvenuta immunizzazione, di rivolgersi gratuitamente al Servizio sanitario nazionale;
2) a introdurre, in occasione del nuovo aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, tutti gli esami sierologici o diagnostici che consentano, alla luce delle conoscenze scientifiche acquisite, d'individuare con la maggiore precisione possibile le complicanze potenzialmente derivabili dalla vaccinazione, implementando, se necessario, un gruppo di ricerca deputato a determinare se e quali strumenti diagnosi possano essere idonei a prevedere la concreta verificabilità degli eventi avversi alle vaccinazioni;
3) ad adottare un provvedimento anche di natura regolamentare che disciplini la possibilità di esprimere il dissenso informato e motivato alla somministrazione della profilassi vaccinale, che il genitore o il tutore intendano firmare al fine di interrompere la profilassi;
4) a monitorare gli effetti applicativi del decreto-legge n. 73 del 2017, come convertito in legge, prevedendo una relazione semestrale da pubblicare sul sito internet del Ministero della salute, anche al fine di adottare iniziative normative necessarie ad escludere l'obbligatorietà delle vaccinazioni e al fine di recuperare la piena tutela e protezione del principio di autodeterminazione della persona e della libertà del singolo nel rispetto dei princìpi costituzionali del nostro ordinamento giuridico, prevedendo altresì che, in caso di eradicazione delle malattie oggetto di vaccinazione di cui al decreto-legge n. 73 del 2017 o di efficaci copertura vaccinali, possa essere sospeso l'obbligo vaccinale, anche con il potere di ordinanza contemplato nel nostro ordinamento giuridico;
5) a ridurre gli oneri burocratici delle famiglie, prevedendo che siano le amministrazioni pubbliche interessate dal decreto-legge n. 73 del 2017 a trasmettere la documentazione comprovante l'avvenuta vaccinazione;
6) a rivedere, anche attraverso nuove iniziative legislative, il divieto di accesso dei bambini ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia, in caso di mancata presentazione della documentazione comprovante le avvenute vaccinazioni, al fine di poter comunque garantire a tutti l'ingresso ai servizi socio educativi e alle materne, e quindi il loro diritto alla socializzazione e all'apprendimento;
7) ad assumere iniziative per reperire risorse aggiuntive – anche in fase di approvazione della prossima legge di bilancio – e di adottare misure necessarie all'ampliamento dell'organico amministrativo delle scuole e all'implementazione di procedure informatizzate, affinché le scuole possano sostenere gli oneri burocratici e amministrativi susseguenti all'entrata in vigore del decreto-legge n. 73 del 2017, come modificato a seguito della conversione in legge;
8) ad assumere iniziative per prevedere maggiori risorse al Servizio sanitario nazionale al fine di garantire la piena disponibilità sul territorio nazionale di vaccini monovalenti, affinché il soggetto immunizzato sia posto nella condizione di poter adempiere all'obbligo vaccinale, escludendo qualsiasi possibilità di effettuare la vaccinazione in soggetti già immunizzati e prevedendo altresì che la produzione monovalente dei vaccini obbligatori sia affidata allo stabilimento chimico farmaceutico nazionale;
9) ad implementare ricerche e studi concernenti i potenziali effetti collaterali e complicanze da vaccini multivalenti, tenendo conto di quanto rilevato dalla «Commissione uranio», nella relazione intermedia citata in premessa;
10) ad emanare linee guida specifiche affinché i centri vaccinali forniscano ai genitori, tutori o affidatari informazioni puntuali sulle modalità di effettuazione e la via di somministrazione dei vaccini, sul grado di efficacia e sugli eventi avversi, sulle probabilità del loro verificarsi e sul loro trattamento nonché sulle possibili conseguenze sanitarie derivanti dalla mancata vaccinazione, sulle condizioni cliniche che costituiscono una controindicazione alla vaccinazione nonché precise indicazioni, per sanitari e genitori, sulle procedure da attivare per la comunicazione di segnalazioni avverse;
11) ad assumere iniziative per prevedere che le risorse derivanti dalla comminazione delle sanzioni rimangano nella disponibilità delle regioni, siano rese pubbliche nel loro ammontare e siano destinate ai consultori familiari affinché siano in grado di attivare un'informazione capillare ed esaustiva alle famiglie e affinché siano in grado di attivare un farmacovigilanza attiva attraverso un calendario di visite periodiche, anche post-vaccinali;
12) a rafforzare gli standard organizzativi e strutturali dei centri e servizi preposti alle vaccinazioni, implementandone gli organici e forme di collaborazione attiva con la rete dei pediatri di famiglia;
13) ad assumere iniziative normative per prevedere che il Ministero della salute, in relazione gli indennizzi e i risarcimenti conseguenti ai danni procurati dai vaccini di cui al decreto-legge n. 73 del 2017, debba rivalersi sulla casa farmaceutica di produzione;
14) ad assumere iniziative di carattere normativo, affinché le risorse necessarie ad assicurare al Ministero della salute un contingente fino a venti unità di personale dedicate alla definizione delle procedure intese al ristoro dei soggetti danneggiati da trasfusioni con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti o da vaccinazioni obbligatorie, non siano sottratte dall'autorizzazione di spesa per le transazioni da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie;
15) a fornire con sollecitudine, un'interpretazione autentica della disposizione, contenuta nel decreto-legge n. 73 del 2017, che circoscrive l'ambito di applicazione della legge n. 210 del 1992 ai soli vaccini indicati nel decreto medesimo, chiarendo che la legge sugli indennizzi (legge n. 210 del 1992), in conformità alla sentenza della Corte costituzionale n. 107 del 2012, si applica invece a tutte le persone vaccinate in adempimento del Piano nazionale vaccinale vigente, ove sono incluse altre vaccinazioni fortemente raccomandate, come ad esempio l'Hpv per femmine e maschi o lo Zolster;
16) a prevedere efficaci iniziative, anche legislative, che favoriscano la ricerca pubblica e indipendente in ambito farmacologico e garantiscano l'assenza di conflitti di interesse, anche potenziali, tra i soggetti coinvolti nella sperimentazione clinica dei vaccini e le aziende farmaceutiche, soprattutto quando quest'ultima riguardi prodotti farmaceutici, come per l'appunto i vaccini, che godono di una sorta di «garanzia d'acquisto dal parte del Servizio sanitario nazionale» poiché inseriti nei livelli essenziali di assistenza o poiché resi obbligatori con legge dello Stato;
17) ad attivarsi, anche con circolari esplicative, affinché la negoziazione dei vaccini obbligatori non sia coperta da vincolo di confidenzialità e riservatezza e il fascicolo di prezzo e rimborso dei vaccini sia pubblico nonché a rendere pubblici i dati relativi agli studi clinici condotti per i vaccini indicati nel decreto-legge n. 73 del 2017, in conformità al regolamento dell'Unione europea n. 536 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014;
18) ad attivarsi, per quanto di competenza, affinché le persone incaricate e coinvolte nella sperimentazione clinica non abbiano conflitti di interesse, siano indipendenti dal finanziatore e siano esenti da qualsiasi indebito condizionamento e che non abbiano interessi finanziari in grado di inficiare l'imparzialità della ricerca, prevedendo quindi che tutti i soggetti coinvolti nella ricerca rendano pubblici, ogni anno, gli interessi finanziari e il curriculum vitae dal quale sia desumibile ogni carica o incarico, anche gratuito, presso enti o aziende, pubblici e privati;
19) ad assumere le iniziative di competenza per tutelare l'indipendenza dei ricercatori assicurando loro la massima autonomia nella pubblicazione e diffusione dei dati, senza alcuna influenza dei finanziatori o dei vincoli di proprietà di soggetti terzi che possano deciderne la diffusione o meno in funzione dei propri interessi commerciali;
20) ad attivarsi affinché le riviste scientifiche siano realmente trasparenti anche attraverso l'introduzione di appositi divieti volti a non considerare validi, nei concorsi pubblici, punteggi che siano correlati a pubblicazioni scientifiche non supportate da una comprovata indipendenza sia delle ricerche condotte sia delle riviste scientifiche i cui membri dei comitati o responsabili editoriali non abbiano fornito congrua informativa sull'assenza di conflitti d'interesse;
21) ad assicurare, per quanto di competenza, il preliminare intervento del Garante della privacy sull'imponente trattamento di dati sensibili e sanitari previsto nel decreto-legge n. 73 del 2017, assicurando che sia garantita la massima tutela del diritto alla riservatezza di quei dati che siano idonei a rivelare lo stato di salute dei cittadini;
22) ad attivarsi affinché sia resa pubblica, anche attraverso una relazione alle Camere da parte dei ministri competenti, l'esposizione finanziaria dell'Italia in relazione all'Alleanza globale per le vaccinazioni, indicando esattamente se e quali debiti l'Italia abbia contratto, chiarendo se e in quale misura eventuali obbligazioni finanziarie dell'Alleanza globale per le vaccinazioni siano correlate al decreto-legge n. 73 del 2017, indicando con chiarezza se il decreto-legge citato assolva o meno ad impegni di tifo finanziario assunti dall'Italia con questa Fondazione avente natura giuridica privata.
(1-01683) «Colonnese, Nesci, Grillo, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Baroni, Cecconi, Dall'Osso, Di Vita».
La XIII Commissione,
premesso che:
la vite, a livello mondiale, è coltivata su oltre 7,5 milioni di ettari, di cui 3,4 nell'Unione europea; le varietà di vite catalogate sono oltre 17.000 delle quali circa 50 per cento utilizzate in vigneti professionali; le varietà di vite coltivate in Europa (di seguito viti europee) della specie V. vinifera subsp. sativa, derivano da un processo di addomesticamento di una specie selvatica, la V. vinifera subsp. sylvestris;
l'esigenza di contrastare – dalla fine dell'800 – malattie quali l'oidio e la peronospora ha reso necessari per le viti europee trattamenti a base di zolfo e derivati del rame e, a partire dalla metà del secolo scorso, l'impiego di composti chimici di sintesi;
nel contempo – per rendere le viti europee, particolarmente vulnerabili a tali fitopatologie, più resistenti sono stati realizzati incroci tra viti europee e viti americane che hanno portato alla creazione dei cosiddetti «ibridi di prima generazione» che si sono rapidamente diffusi soprattutto in Francia;
poiché la diffusione di tali ibridi di prima generazione minacciava la sopravvivenza del patrimonio viticolo europeo, con produzione di vini di mediocre qualità ad elevato contenuto in alcool metilico – dannoso per la salute – i principali Paesi produttori (come Francia e Italia) hanno assunto iniziative per la messa al bando dei vini prodotti con tali ibridi;
lo sviluppo della ricerca genetica volta ad individuare varietà di viti resistenti ai principali patogeni, per ridurre l'impiego di fitofarmaci, medianti incroci e selezioni, ha portato ad ottenere organismi resistenti ma del tutto simili alle varietà di «vinifera» note;
negli ultimi 20 anni il tema della sostenibilità ambientale, della tutela della salute dei consumatori, degli operatori vitivinicoli e dei residenti nei distretti viticoli è diventato prioritario nel comparto vitivinicolo;
in Europa, il comparto vitivinicolo assorbe il 65 per cento dei fungicidi utilizzati per la difesa di tutte le colture agricole pur interessando una superficie pari solamente al 3,5 per cento (fonte Eurostat 2007);
le normative europee in tema di utilizzo di fitofarmaci sono sempre più stringenti, e hanno l'obiettivo di raggiungere, entro il 2025, la riduzione del 50 per cento delle quantità impiegate per il contenimento della principali patologie della vite, includendo anche i presidi fitosanitari ammessi in viticoltura biologica come il rame (Regolamento CE n. 473/2002);
le malattie della vite che richiedono il maggior numero di interventi sono la peronospora e l'oidio presenti in Europa rispettivamente dal 1878 e 1845; la ricerca pubblica e privata cerca da tempo di dare risposte concrete al problema, anche attraverso la diffusione della viticoltura biologica, nell'intento di tutelare la salute, l'ambiente, la qualità e lo sviluppo della produzione vitivinicola;
la ricerca pubblica italiana, dopo quasi 20 anni di attività in questo campo, è riuscita a creare nuove varietà resistenti a peronospora e oidio, caratterizzate da buone caratteristiche agronomiche e soprattutto enologiche, che le differenziano nettamente da quelle ottenute in altri Paesi (Germania, Rep. Ceca, Svizzera, Serbia, Ungheria), conseguendo così un vantaggio competitivo rispetto ad altri Paesi specializzati nella viticoltura come la Francia;
si tratta di un risultato di eccezionale valore scientifico, con un impatto rilevante sulla filiera, sull'ambiente, sulla salute dei consumatori e dei coltivatori; nei vigneti con varietà resistenti di nuova generazione è possibile infatti una riduzione dell'80 per cento dei trattamenti necessari per il controllo della peronospora e dell'oidio; il numero medio degli interventi – da 13-15 per anno – si riduce in tal modo a 1 o 2 per anno, come documentato anche dall'Institut Coopératif du Vin (ICV) in Francia;
le nuove varietà resistenti alle malattie realizzate in Italia sono state ottenute attraverso un programma di incroci che ha utilizzato come parentali di pregio le migliori varietà commerciali e come parentali resistenti selezioni ottenute dopo numerose generazioni di reincrocio su «vinifera» di ibridi interspecifici prodotti all'inizio del secolo scorso; i ricercatori italiani hanno così ottenuto varietà che non si differenziano dalle varietà di «vinifera» note, se non per la conservazione lungo le generazioni di re-incrocio dei geni di resistenza alle malattie, tanto che le stesse si possono considerare a tutti gli effetti varietà di Vitis Vinifera e non ibridi, avendo oltre il 90 per cento del genoma delle «vinifere»; inoltre dal punto di vista ampelografico, agronomico e soprattutto enologico non esistono elementi concreti per non considerarle a tutti gli effetti come Vitis Vinifera, in quanto i parametri con cui si individuano nel vino gli ibridi di specie selvatiche, quali alcol metilico, fureanolo (sentore di fragola), metil-antralinato (sentore foxy) sono assenti o nettamente inferiori ai limiti fissati dalla normativa italiana che, tra l'altro, è più restrittiva di quella europea;
in base alla normativa sui vigneti (regolamento n. 1308/2013 del 17 dicembre del 2013, accordo Stato/regioni del 25 luglio 2002, decreto legislativo dell'8 aprile 2010 n. 61, articolo 8, comma 6, le varietà di nuova generazione create in Italia non sono state classificate come Vitis Vinifera, ma iscritte al catalogo nazionale che ne prevede l'impiego limitatamente alla produzione di vini da tavola ed indicazione geografica protetta; si pregiudica così l'inserimento nelle denominazioni di origine controllata anche solo come vitigni complementari (che possono essere presenti nei DOC fino al 15 per cento in base al regolamento europeo n. 753 del 2002);
inoltre, si limita in tal modo la coltivazione di tali varietà per la creazione di fasce tampone limitrofe ad insediamenti abitativi, corsi d'acqua, fiumi, ed aree vulnerabili dal punto di vista ambientale, dove le varietà resistenti potrebbero generare incremento di valore aggiunto senza alcun pregiudizio al contesto territoriale circostante;
le 10 varietà resistenti attualmente costituite e iscritte in Italia, senza il riconoscimento utile a produrre DOC e Denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), sono vincolate ad una limitata e non economicamente interessante diffusione nel nostro Paese, con un potenziale danno erariale per minori royalties dovute all'ente pubblico costitutore, valutato a regime in almeno 1,5-2 milioni di euro per anno (fonte: Sartori/VCR);
le varietà resistenti di ultima generazione coltivate in Europa sono già iscritte in alcuni Paesi dell'Unione europea, quali Germania, Austria, Repubblica Ceca, Ungheria, come Vitis Vinifera; le nuove varietà resistenti prodotte dalla ricerca italiana verrebbero perciò paradossalmente autorizzate alla coltivazione come «vinifera» in quei Paesi, e potrebbero entrare nella denominazione di origine (DOC, DOCG) e quindi nei vini commercializzati come tali in tutta Europa, Italia compresa, mentre in Italia, non essendo classificate come Vitis Vinifera, tali varietà sono escluse dalla denominazione di origine (DOC, DOCG) e vincolate ad un limitato utilizzo, con grave ed evidente pregiudizio economico;
nei citati Paesi dell'Unione europea si considera l'appartenenza di una nuova varietà alla Vitis Vinifera esclusivamente sulla base della somiglianza dei caratteri ampelografici alla specie Vitis Vinifera; i diversi criteri applicati in Italia impediscono alla produzione nazionale di competere ad armi pari con quelle di altri Paesi, nonostante le produzioni frutto della ricerca nazionale rispettino i più rigorosi parametri qualitativi dal punto di vista enologico, in particolare per la minor percentuale di alcol metilico, metil antralinato, furaneolo;
i minori costi conseguenti all'utilizzo di varietà resistenti si valutano mediamente in circa 1.100 euro/ha/anno nel Nord Italia, 800 euro ha/anno nell'Italia centrale e 665 euro/ha/anno nel Sud Italia e nelle isole; autorevoli studi di mercato dimostrano inoltre che il consumatore è disposto a pagare un differenziale di prezzo per i vini derivati da vigneti altamente ecosostenibili, la cui coltivazione è dunque profittevole anche nelle aree più difficili e svantaggiate dal punto di vista climatico, oggi a rischio di abbandono; l'impiego di tali varietà è quindi molto vantaggiosa per la viticoltura italiana nel suo complesso, sia in termini di competitività, sia in termini di capacità produttiva,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative volte a modificare le normative sui vigneti: regolamento n. 1308/2013 del 17 dicembre 2013, accordo Stato-regioni del 25 luglio 2002, decreto legislativo dell'8 aprile 2010, n. 61, articolo 8, comma 6;
a classificare le varietà di nuova generazione come Vitis Vinifera quando rispettino le condizioni di seguito riportate:
a) qualora abbiano nel loro pedigree specie diverse da Vitis Vinifera, devono essere almeno 3 generazioni lontane dall'ultima ibridazione con una specie selvatica pura;
b) il loro contenuto in alcol metilico deve essere <0.20 ml/100ml di alcol totale per i vini bianchi e <0.25 ml/100ml per i vini rossi (stabiliti dal decreto-legge n. 82 del 20 febbraio 2006, articolo 11);
c) il loro contenuto di antranilato di metile, responsabile del cosiddetto «aroma foxy», deve essere sotto la soglia di percezione di 100 ppb (UIV laboratorio chimico-sensoriale);
d) il loro contenuto in furaneolo, responsabile del cosiddetto «sentore di fragola», deve essere sotto la soglia di percezione di 20 ppb (UIV Laboratorio chimico-sensoriale).
(7-01082) «Zanin, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Capozzolo, Carra, Cova, Cuomo, Dal Moro, Falcone, Fiorio, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Sani, Taricco, Terrosi, Venittelli, Schullian».
FABBRI, DE MARIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 18 dicembre 2017 è prevista l'inaugurazione di un nuovo casello autostradale a Borgonuovo di Sasso Marconi (Bologna), opera non prevista nei progetti originari della variante di valico, che si è resa necessaria alla luce dei disagi creati dallo spostamento del casello autostradale dal centro del comune di Sasso Marconi, punto strategico per il traffico da e per le valli del Reno verso la valle del Setta, ed in particolare per i ritardi nel completamento del nodo stradale di Casalecchio di Reno;
il casello è previsto ad alta «automazione», e sembra che sarà servito del solo Telepass, senza possibilità di pagamento in contanti;
il sistema Telepass, seppur diffuso, non è comunque uno strumento a disposizione di tutti i cittadini, soprattutto di quelli che usano in modo occasionale l'autostrada (6 milioni i possessori su circa 44 milioni di autoveicoli), mentre è fondamentale intercettare sul casello autostradale di Borgonuovo il maggior numero possibile di veicoli in transito sulla ex strada statale 64 per bypassare il congestionato nodo di Casalecchio, nei momenti di maggior traffico pendolare;
il servizio Telepass ha infatti un costo mensile che può convenire a chi utilizza le arterie autostradali con una certa frequenza, mentre potrebbe non esserlo per chi utilizza l'autostrada in maniera sporadica;
la regione Emilia-Romagna è tra le regioni italiane, insieme a Piemonte, Lombardia e Veneto a soffrire maggiormente del fenomeno delle polveri sottili, dovuti a vari fattori: caratteristiche geografiche, alta densità abitativa, alta presenza industriale, alta infrastrutturazione stradale ed autostradale, intenso traffico giornaliero per motivi di lavoro;
in queste valli il serpentone autostradale contribuisce pesantemente all'innalzamento dei limiti delle emissioni di polveri sottili;
a parere dell'interrogante, deve essere promossa ogni azione anche indiretta e a lungo respiro strategico, che possa contribuire a snellire o fluidificare il traffico, ad evitare soste prolungate in coda con motore accesso, a evitare di percorrere chilometri in più e a tornare indietro per raggiungere il casello più vicino, ma fuori mano, e ad evitare i blocchi del traffico in queste località, conseguenti allo sforamento delle emissioni di polveri sottili –:
se non ritenga opportuno specificare se con l'accezione «ad alta automazione» debba intendersi un casello ad esclusivo uso Telepass o se sia previsto anche l'uso di bancomat e carta di credito in uscita nonché l'emissione di biglietto in ingresso; ove ricorra la prima ipotesi, se non si ritenga di prevedere le opzioni di cui sopra, considerato che verrebbe comunque garantita la massima automazione del casello, che ciò non creerebbe problemi di implementazione delle opere di sicurezza richieste per la gestione del contante e si amplierebbe la platea dei potenziali utenti;
quale sia lo stato della procedura per il completamento della fase autorizzatoria e l'avvio dei lavori del nodo stradale di Casalecchio di Reno, teso a collegare la nuova Porrettana attualmente ferma in località Borgonuovo di Sasso Marconi con l'accesso all'asse tangenziale in comune di Casalecchio di Reno.
(5-12735)
FABBRI, DE MARIA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge n. 210 del 2015 cosiddetto «Milleproroghe», come convertito dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21, all'articolo 1, commi da 7-bis a 7-quinquies, prevede la riapertura dei termini per la presentazione delle domande di riconoscimento delle qualifiche di partigiano, caduto nella lotta di liberazione e patriota per i caduti e di riconoscimento delle decorazioni al valor militare per i comuni e le province, ai sensi del decreto luogotenenziale n. 518 del 1945. Il nuovo termine viene indicato nel 25 aprile 2016;
dette proposte di riconoscimento e la relativa documentazione vanno inviate, secondo quanto disposto dal comma 7-ter, alla Commissione unica nazionale di primo grado per la concessione delle qualifiche dei partigiani e delle decorazioni al valor militare, istituita presso il Ministero della difesa dall'articolo 4 della legge 28 marzo 1968, n. 341, che aveva a sua volta riaperto i termini di presentazione delle candidature;
nel corso dell'esame del cosiddetto «milleproroghe» era stato approvato l'ordine del giorno n. 9/3513-A/4 che impegnava il Governo pro tempore ad adottare un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'attuazione delle disposizioni sopra richiamate, che prevedesse:
modalità, tempi e soggetti legittimati a presentare istanza/proposta di riconoscimento delle onorificenze al valore militare e, ove ritenuto necessario, anche istanza/proposta di riconoscimento della qualifica di partigiano, considerando in particolare la peculiare posizione delle province;
che la definizione delle proposte al valor militare per i caduti, i comuni e le province, preveda l'acquisizione del parere espresso da un comitato etico, da costituirsi presso il Ministero della difesa, composto da un presidente e tre rappresentanti delle Forze armate, prescelti dal Ministro della difesa, e da sei altri componenti designati dalle tre associazioni partigiane: Anpi, Fivl e Fiap;
la gratuità per la partecipazione all'anzidetto comitato;
il recupero delle attribuzioni di commissione di secondo grado in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
il 30 giugno 2016 è stato emanato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante «Modalità di concessione di ricompense al valor militare per i caduti, i comuni e le province e per la concessione delle qualifiche partigiane e delle decorazioni al valor militare» che all'articolo 1 prevede che: «1. Le istanze di concessione di ricompense al valor militare per i caduti, i comuni e le province e per la concessione delle qualifiche partigiane e delle decorazioni al valor militare presentate al Ministero della difesa entro il termine del 25 aprile 2016, fissato dall'articolo 7-bis del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2016, n. 21, sono trasmesse alla Direzione generale per il personale militare del Ministero della difesa entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto, corredate dell'eventuale documentazione. 2. Le eventuali istanze presentate ad amministrazioni diverse dal competente Ministero della difesa sono trasmesse, entro il medesimo termine di cui al comma 1, alla Direzione generale per il personale militare del Ministero della difesa, unitamente alla documentazione già prodotta dall'istante e dall'amministrazione ricevente»;
ad oltre un anno di distanza dall'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato i comuni e gli enti che hanno fatto regolare domanda non hanno ancora avuto riscontro circa la procedura –:
entro quale data saranno conclusi gli adempimenti di competenza del Ministero della difesa per il riconoscimento delle istanze succitate.
(5-12740)
NICCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
secondo i dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca le scuole statali funzionanti sono complessivamente 7.993 di cui ad oggi ancora 355 permangono cosiddette sottodimensionate, ai sensi del comma 70 dell'articolo 4 della legge n. 183 del 2011;
dal 2012/2013 alle scuole sottodimensionate, variabili nel numero negli anni, ma comunque dotate di autonomia e personalità giuridica non è stato più assegnato in via esclusiva il posto di direttore dei servizi generali ed amministrativi e pertanto in questi ultimi cinque anni scolastici il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha conferito incarichi di reggenza a personale già di ruolo e titolare di altra scuola;
per gli anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014 le reggenze sono state pagate con incredibile ritardo, ben oltre un biennio, a seguito della sottoscrizione il 10 novembre 2014 di specifico Contratto collettivo nazionale di lavoro che ha stabilito il compenso in 214,00 euro lordi mensili;
lo stesso Contratto collettivo nazionale di lavoro, al comma 4 dell'articolo 2, prevede esplicitamente un'ulteriore sessione negoziale per estenderne gli effetti ai successivi anni scolastici;
dall'epoca sono trascorsi tre anni, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha continuato a conferire incarichi di reggenza, notificati regolarmente al Ministero dell'economia e delle finanze e alle ragionerie territoriali dello Stato, per gli anni scolastici 2014/2015, 2015/2016, 2016/2017 e per quello in corso 2017/2018, ma i lavoratori che hanno svolto e stanno svolgendo le delicate funzioni apicali proprie del profilo professionale per garantire il regolare funzionamento amministrativo contabile di due scuole, ancora una volta e con ancora più incredibile ritardo, non hanno ricevuto alcun compenso;
risulta che le organizzazioni sindacali della scuola hanno più volte sollecitato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – l'ultima richiesta di incontro urgente è del 7 febbraio 2017 – provvedere all'emanazione dell'atto di un indirizzo per consentire il pagamento del compenso spettante per il lavoro svolto «dal momento che il MEF ha dato conferma circa la disponibilità dei risparmi di spesa esistenti previsti dalla legge» –:
quale sia l'entità complessiva dei risparmi di cui all'articolo 19, comma 5-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011 per gli anni di reggenza da retribuire e quale sia quella destinata alla specifica copertura per i direttori dei servizi generali ed amministrativi incaricati;
in che tempi si intenda provvedere ad assicurare il rispetto dei diritti disattesi dei direttori dei servizi generali ed amministrativi che di fatto stanno lavorando gratuitamente da oltre tre anni;
se la Ministra interrogata non intenda dare specifiche indicazioni agli uffici periferici che conferiscono gli affidamenti ai direttori dei servizi generali ed amministrativi affinché sia sempre espressamente indicato nel provvedimento di incarico sia il compenso spettante per il lavoro da svolgere che i tempi di erogazione dello stesso.
(5-12702)