PAGINA: 0001 PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (Vedi RS)
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PAGINA: 0001 PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI
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PAGINA: 0001 La seduta comincia alle 9,35.
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PAGINA: 0001 Missioni. (Vedi RS)
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PAGINA: 0001 Missioni.
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PAGINA: 0001 PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica che i deputati in missione sono centodiciassette.
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PAGINA: 0001 PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baretta, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Capelli, Casero, Castiglione, Centemero, Cicchitto, Cirielli, Cominelli, Costa, D'Alia, Damiano, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Formisano, Franceschini, Garofani, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Lorenzo Guerini, Guerra, La Russa, Lauricella, Lorenzin, Losacco, Lupi, Manciulli, Marazziti, Merlo, Meta, Migliore, Palma, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Rughetti, Sanga, @pagina=0002@Sani, Scanu, Schullian, Scotto, Tabacci, Tidei, Valeria Valente, Velo, Vignali e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente centodiciassette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
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PAGINA: 0002 La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 9,45.
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PAGINA: 0002 Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2362 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione (Approvato dal Senato) (A.C. 3892). (Vedi RS)
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PAGINA: 0003 Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2362 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione (Approvato dal Senato) (A.C. 3892).
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PAGINA: 0002 (Dichiarazioni di voto finale) (Vedi RS)
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PAGINA: 0003 (Dichiarazioni di voto finale – A.C. 3892)
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PAGINA: 0002 Intervengono per dichiarazione di voto finale i deputati LELLO DI GIOIA (Misto-M.PPA-Mod) (Vedi RS), ORESTE PASTORELLI (Misto-PSI-PLI) (Vedi RS), ANDREA MAESTRI (Misto-AL-P) (Vedi RS), ROCCO PALESE (Misto-CR) (Vedi RS), GIORGIA MELONI (FdI-AN) (Vedi RS), BRUNO TABACCI (DeS-CD) (Vedi RS), FILIPPO BUSIN (LNA) (Vedi RS), ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO (SCpI) (Vedi RS), PAOLO TANCREDI (AP) (Vedi RS), GIOVANNI PAGLIA (SI-SEL) (Vedi RS), SANDRA SAVINO (FI-PdL) (Vedi RS), ALESSIO MATTIA VILLAROSA (M5S) (Vedi RS) e GIOVANNI SANGA (PD) (Vedi RS).
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PAGINA: 0003 LELLO DI GIOIA. Grazie, signora Presidente. Questo decreto-legge contiene elementi importanti, come per esempio la questione dell'insolvenza nei riguardi delle banche, ma soprattutto la questione della truffa degli obbligazionisti da parte di banche in default.
Questo provvedimento al Senato è stato sicuramente migliorato, per esempio, al di là della restituzione dell'80 per cento a coloro i quali sono stati truffati dalle banche, vi è la possibilità di poter ricevere questo 80 per cento per coloro i @pagina=0004@quali hanno o una disponibilità di 100 mila euro per ciò che riguarda la proprietà immobiliare, o 35 mila euro come reddito disponibile. È naturale che è stato ancora migliorato, per il semplice motivo che, d'accordo con la Commissione europea, basta uno di questi elementi affinché la platea, che è stata allargata con il 2014, possa ricevere appunto l'80 per cento della truffa che hanno subito. Ma vi è anche, come dicevo in precedenza, la possibilità, per coloro i quali sono insolventi nei riguardi delle banche, di poter non avere la cosiddetta restituzione da parte della proprietà immobiliare, dopo non aver pagato tre rate, ma la possibilità che, dopo nove mesi, si possa definire un percorso che è quello di stabilire chi è il cosiddetto perito di parte, con ulteriori due mesi, e... PAGINA: 0004 ORESTE PASTORELLI. Grazie signora Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame contiene misure tra loro diverse, ma tutte legate da un unico filo conduttore: creare le condizioni per la ripresa economica del Paese. Del resto, non può esserci ripresa senza un convinto sostegno alle imprese, un'accelerazione dei tempi @pagina=0005@per il recupero dei crediti, un'adeguata tutela dei piccoli investitori in banche in liquidazione. Particolarmente importante è proprio quest'ultima misura, poiché è essenziale in questo momento sostenere quei piccoli risparmiatori gravemente danneggiati dai recenti fallimenti di alcuni soggetti bancari.
Tali misure appaiono oltremodo condivisibili, visto che i relativi costi graveranno interamente all'interno del sistema bancario italiano, attraverso il Fondo di solidarietà istituito con legge di stabilità 2016. In base a questa disciplina, dunque, gli investitori con un reddito complessivo inferiore a 35 mila euro, che abbiano acquistato strumenti finanziari di banche in liquidazione, potranno chiedere al Fondo l'erogazione di un indennizzo forfettario pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti suddetti.
Emerge, quindi, chiaramente il fine di tutelare quegli investitori appartenenti alle classi medie di lavoratori, che hanno investito nel sistema bancario i risparmi di una vita. Per questi motivi, esprimo il voto favorevole della componente socialista al disegno di legge di conversione. PAGINA: 0005 ANDREA MAESTRI. Grazie, Presidente. Con l'obiettivo dichiarato di alleggerire le banche dal fardello ormai insostenibile dei crediti deteriorati, questo provvedimento carica oneri e rischi sulla parte più debole della filiera del credito: famiglie e piccole e medie imprese. Con un abuso ai limiti della legalità costituzionale della decretazione d'urgenza, si interviene pesantemente e strutturalmente su alcuni capisaldi dell'ordinamento: si legalizza il patto commissorio e si apre un'autostrada senza pedaggio all'usura reale, vietata dal codice penale; si introduce il pegno non possessorio, consentendo alle banche di obbligare gli imprenditori ad impegnare finanche l'intero patrimonio aziendale, i macchinari, la produzione e, persino, i marchi e i brevetti, depauperando l'impresa irreversibilmente; si favorisce un unico ceto creditorio – quello bancario –, in ipotesi di crisi d'impresa, a scapito degli altri creditori, in particolare, lavoratori dipendenti e fornitori.
Attraverso questo tipo di legislazione rubata al Parlamento e attraverso la sua famigerata riforma costituzionale, il Governo @pagina=0006@Renzi ossequia e realizza in tutto e per tutto i desiderata contenuti nel rapporto di JP Morgan del 28 maggio 2013. Noi siamo quelli che la banca d'affari americana definisce i sistemi politici dei Paesi della periferia meridionale, asseritamente malati di parlamentarismo e socialismo costituzionale. E, allora, bisogna fare in fretta: eliminare le garanzie e le procedure che fanno perdere tempo; privatizzare funzioni statali, come la liberazione degli immobili pignorati quando questi siano l'abitazione principale del debitore, ma anche di minori, anziani o persone non autosufficienti; privilegiare le banche, anche a costo di sacrificare gli spazi, già esangui e rattrappiti, di dialettica parlamentare e di democrazia.
Abbiamo presentato emendamenti a tutela delle imprese e dei risparmiatori truffati, cercando di correggere gli aspetti più pericolosi e sbagliati di questo provvedimento; poi, è arrivata la Ministra per i pessimi rapporti con il Parlamento ed ha chiuso la porta in faccia a qualunque ragionevole proposta emendativa e migliorativa con la posizione dell'ennesima fiducia. Possibile non può, dunque, che confermare la propria motivata contrarietà e denunciare pubblicamente i pericoli annidati in questo provvedimento e i gravi strappi istituzionali di un metodo che riduce il Parlamento a mero organo di ratifica e cassa di risonanza mediatica di un sempre più imbarazzante soliloquio.
Ci indigniamo, ma non ci rassegniamo: continueremo anche fuori di qui la battaglia in difesa dei cittadini più deboli, delle imprese in difficoltà nell'accesso al credito e delle istituzioni maltrattate e umiliate da chi ha dimenticato di averle solo in prestito dalle generazioni future per un tempo limitato e al servizio dell'interesse collettivo(Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa Libera-Possibile). PAGINA: 0006 ROCCO PALESE. Grazie, signora Presidente. La componente dei Conservatori e Riformisti voterà contro questo provvedimento, così come ha votato contro la fiducia. Questo Governo, signora Presidente, anche in assenza della definitiva approvazione della riforma costituzionale, di fatto, però, sta attuando il monocameralismo, perché l'enorme numero di @pagina=0007@fiducie – cinquantanove – non consente, in maniera alterna tra Camera e Senato, di apportare alcuna modifica ai decreti. Quindi, è un «no» secco e convinto per il metodo seguito dal Governo, perché questa Camera non ha potuto modificare neanche una virgola di questo decreto.
Votiamo contro, perché il decreto prevede che su 130 mila risparmiatori che sono stati truffati, solo 6 mila, forse – e ribadisco forse –, verranno risarciti, perché, secondo me, non vi è certezza su questi rimborsi, se non nella misura dell'80 per cento della somma truffata. PAGINA: 0009 GIORGIA MELONI. La ringrazio, Presidente. Il Governo ha scelto di porre la fiducia su questo provvedimento, un decreto che contiene iniziative a favore del sistema bancario: lo ha fatto, curiosamente, mentre l'Italia giocava una partita importante di questi Europei, perché si tenta sempre di non far notare alcuni elementi importanti del lavoro di questo Governo. Molti si sono scandalizzati per la posizione dell'ennesima questione di fiducia su un provvedimento del Governo: la sessantesima in due anni, hanno citato il numero alcuni colleghi. Io, invece, voglio dire, a nome del gruppo di Fratelli d'Italia, Presidente, che penso che il Governo abbia fatto bene. Penso che il Governo abbia fatto più che bene a porre la questione di fiducia su questo provvedimento: lo considero un atto di linearità e di coerenza. Infatti, quando il Governo pone la questione di fiducia su un provvedimento, dice implicitamente: questo provvedimento mi rappresenta più di ogni altro; in assenza dell'approvazione di queste norme, io non sono nella condizione di andare avanti. Cosa che è la verità e l'essenza di questo Governo. Un Governo nato, cresciuto e che esiste unicamente per fare marchette al sistema bancario, dalla mattina alla sera. Accade dall'inizio dei provvedimenti di questo Governo, accade dall'inizio della sua stessa esistenza, giacché sono esattamente quei poteri forti che hanno piazzato a Palazzo Chigi il burattino Matteo Renzi e la sua squadra ed è quello che vediamo anche all'interno di questo provvedimento.
Noi, invece, che siamo un movimento di popolo – diciamo così –, cioè, che abbiamo la presunzione di rappresentare i diritti e i bisogni del popolo italiano, questo provvedimento non lo possiamo votare e, quindi, annuncio il voto convinto, contrario di Fratelli d'Italia contro questo ennesimo provvedimento di marchette nei confronti del sistema bancario. Lo voteranno, invece, purtroppo, i colleghi della maggioranza, lo voteranno, forse, schiacciando il tastino verde, anche quei colleghi che si definiscono di sinistra, che hanno cominciato a fare politica pensando di essere schierati con la povera gente, con le persone normali, con i più deboli e che, invece, si ritrovano a votare queste schifezze. Purtroppo, lo faranno perché lo hanno già fatto: lo hanno già fatto, quando hanno approvato, per esempio, il provvedimento cosiddetto salva @pagina=0010@banche, cioè un decreto studiato per far pagare una truffa perpetrata ai danni di onesti risparmiatori a quei risparmiatori, per scudare e mettere al riparo chi li aveva truffati e per far complessivamente guadagnare il sistema bancario.
Lo hanno fatto quando hanno votato provvedimenti come il prestito vitalizio ipotecario, quella curiosa normuccia voluta da questo Governo, in forza della quale la banca, a fronte di un micro prestito, ti si frega la casa. Lo hanno già fatto quando hanno approvato il patto marciano per le case acquistate con il mutuo che consente, sostanzialmente, alla banca di prendersi casa tua, se non riesci a pagare anche poche rate di mutuo, senza passare da un giudice. Questo provvedimento ricalca esattamente quelle norme; questo provvedimento introduce il cosiddetto patto marciano anche per i beni strumentali delle aziende; questo provvedimento, in buona sostanza, consente alla banca, dopo tre rate che non vengono pagate, anche non consecutive, dopo nove mesi, di prendere il possesso del bene che è stato finanziato all'azienda; questo provvedimento introduce, ancora peggio, il pegno mobiliare non possessorio, cioè una normuccia con la quale l'azienda è costretta a dare formalmente in pegno alla banca i propri beni e, ovviamente, questo significa anche che la banca potrà farci quello che vuole e potrà prenderseli quando vuole. In pratica, pian piano, nel nostro ordinamento noi stiamo smontando tutto il vantaggio che c'era a favore del debitore, per spostare tutto il vantaggio a favore, sempre ed esclusivamente, del sistema bancario e delle banche.
Allora, prima domanda: qualcuno mi può spiegare come funziona il sistema del credito, in Italia, signori ? Perché, a casa mia, l'attività imprenditoriale della banca è data dal rischio, cioè la ragione per la quale la banca mi presta i soldi e se li riprende con un tasso di interesse da usura, che viaggia tra il 18 e il 24 per cento, è che, in teoria, la banca rischia di non riprendere quei soldi e, quindi, quando li riprende li deve prendere con un vantaggio e con un interesse, ma se la banca non rischia mai, perché tutte le volte che rischia gli va in favore il Governo, qualcuno mi dice perché quando la banca i soldi me li presta e io glieli ridò, glieli devo ridare con un tasso di interesse che viaggia intorno al 20 per cento ? Perché, così, siamo buoni tutti, si dice a Roma, voglio aprire una banca @pagina=0011@anche io, mi conviene sempre. Allora dicono che il motivo per il quale serve aiutare le banche a recuperare questi crediti è che le banche hanno in pancia 200 miliardi di sofferenze, perché le famiglie e le imprese di questa nazione non onorano i loro debiti e questa è una bugia, è una vergogna, è una ignominia per chi la pronuncia, signori ! Andatevi a leggere i dati di Bankitalia. Sa, Presidente, che cosa dicono i dati di Bankitalia ? Che il 70 per cento delle sofferenze bancarie, cioè 140 miliardi di sofferenze su 200 miliardi complessivi, sono in mano al 3 per cento dei debitori; il 70 per cento delle sofferenze è in mano al 3 per cento dei debitori, cioè i soliti noti, amici degli amici, tuffatori, speculatori, ai quali le banche, consapevolmente, hanno continuato a prestare i soldi, sapendo che, in alcuni casi, quelle aziende sarebbero finite in qualche paradiso fiscale, perché erano amici degli amici, ma tanto il Governo sarebbe arrivato a dare una mano, mentre il 30 per cento complessivo delle sofferenze bancarie, cioè 60 miliardi su 200, è in mano al 30 per cento della popolazione, chiedo scusa, al 97 per cento dei debitori e, quindi, alle famiglie e alle imprese di questa nazione. Le famiglie e le imprese di questa nazione hanno prodotto sofferenze per qualcosa che era perfettamente affrontabile dal sistema bancario; quello che non era affrontabile dal sistema bancario e per cui il Governo va a dare una mano è l'incapacità di gestire le banche da parte del sistema bancario o la non volontà di gestirlo secondo delle regole e dei canoni giusti, per cui quello che servirebbe fare, se noi avessimo un Governo che non fosse «le banche» e «delle banche», non sarebbe quello di continuare a massacrare le famiglie e le imprese, sarebbe quello di sanzionare gli amministratori truffaldini delle banche, per impedire che continuino a erogare dei crediti a personalità che sanno che non potranno onorare quei debiti, sapendo benissimo che tanto arriverà il Governo a dare una mano. È il caso del risarcimento dei risparmiatori di Banca Etruria, di Banca Marche e così via, cioè di quelli, diciamo così, che sono diventati famosi quando è stato varato il famoso decreto Salva banche, perché, anche lì, signori, non è che non è stato dimostrato che chi ha governato quelle banche, di fatto, ha truffato dei risparmiatori onesti. PAGINA: 0013 BRUNO TABACCI. Signora Presidente, rappresentanti del Governo, il sistema bancario italiano sta vivendo una nuova stagione di passione, stretto tra pesanti scivoloni in borsa dei titoli di quasi tutti gli istituti di credito, scandali finanziari e crisi di fiducia dei risparmiatori. Per chi, come me, ahimè, ha vissuto da vicino la precedente crisi di sistema, quella dei primi anni Duemila, dei risparmiatori traditi, degli scandali Cirio, Parmalat e dei bond argentini, delle battaglie sull'introduzione del mandato a termine per il governatore di Bankitalia e delle OPA intrecciate che dietro il velo di una presunta difesa dell'italianità puntavano a rendere ancora più autoreferenziale un sistema di potere che intendeva porsi al di sopra della politica e dei cittadini, le differenze tra la situazione di oggi e quella di allora appaiono, però, in tutta la loro evidenza. E credo, anzi, che i tentativi un po’ maldestri di assimilare le due stagioni debbano essere respinti, perché rischiano di risultare fuorvianti e di impedirci di mettere a fuoco le reali questioni di cui dobbiamo occuparci. Quello di allora era, appunto, un sistema di potere sostanzialmente intoccabile – i banchieri di allora, del tempo, apparivano in tutta la loro forza esibita – che faceva perno sulla figura di un regista dai poteri, di fatto, illimitati, come il governatore della Banca d'Italia, e che si sentiva talmente forte da ritenere di poter sfidare il processo di globalizzazione, con la conseguente, necessaria creazione di grandi gruppi bancari di rilievo internazionale, di quei player, cioè, che già allora, appariva evidente, sarebbero dovuti emergere per poter affrontare le nuove sfide di mercati sempre più interconnessi e condizionati dalla finanza derivata. Oggi, la situazione è molto diversa e sbagliano coloro che tentano di interpretarla, magari con l'intento di speculare qualche consenso, facendo leva sull'impopolarità delle banche, è come sparare sulla Croce Rossa; oggi, considerare il sistema bancario nel punto più basso della @pagina=0014@credibilità e però speculare su questo vuol dire utilizzare gli stessi parametri; il sistema bancario di oggi è un sistema assai meno spavaldo di quello di allora, otto anni di crisi economica si sono fatti e si fanno sentire, errori, episodi di cattiva gestione, autentiche truffe ai danni dei cittadini, certo, non sono mancati, ma il rischio di credito, a cui sono andati incontro le nostre banche, non è dipeso, nella stragrande maggioranza dei casi, da una cattiva gestione, ma da un'oggettiva situazione economica nazionale ed internazionale senza precedenti, se non quelli della crisi del 1929 oppure della conclusione dalla seconda guerra mondiale.
In molti, in quest'Aula, nella presente legislatura come nella precedente, si sono scagliati contro il sistema bancario, accusandolo di non sostenere le famiglie e le imprese nelle fasi più acute della crisi, e adesso mi chiedo: dove saremmo oggi finiti se le nostre banche non avessero tenuto una linea di prudenza negli affidamenti, considerato che la massa dei crediti insoluti ha raggiunto circa il 40 per cento dei prestiti concessi ? Su questo punto nessuno può fare prediche, perché ho ancora qui, nelle orecchie, la retorica sul modello superiore del nordest, e guardo quindi alla misera fine della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca con un qualche senso critico. Che ne sarebbe dei risparmi degli italiani, se non ci fosse stata quella prudenza, oggi che i mercati internazionali sono di nuovo scossi dall'incertezza sul futuro dell'Europa e dalla scelta autolesionista dalla Gran Bretagna ? Così, come per fortuna, forse ancora una volta per giusta prudenza, il sistema bancario italiano non ha nemmeno ceduto di fronte alla tentazione di investire quote rilevanti delle proprie risorse in strumenti finanziari complessi e ad alto rischio come quella finanza derivata su cui si sono gettati invece gli istituti di credito tedeschi, esposti quasi per il 30 per cento dei loro bilanci, o quelli francesi, esposti per il 20 per cento, a fronte dell'8,1 per cento di investimenti in derivati delle banche italiane.
Se i numeri dell'Italia fossero analoghi a quelli della Germania, su questo punto, temo che oggi il nostro già fragile impianto creditizio non avrebbe retto gli assalti dei mercati borsistici. Ciononostante le fragilità ci sono, e il decreto di cui ci stiamo occupando inizia a farsene carico, dando risposte ai @pagina=0015@risparmiatori colpiti dalla mala gestione di alcuni istituti, e non tutti. Non facciamo retorica sui 6 mila o sui 130 mila, perché i numeri sono quelli, non è che tutti sono uguali di fronte alle scelte che sono state compiute per i loro risparmi, è palese che è così. Qualcuno avrebbe il posto di lavoro, qualcun altro ha ceduto alle lusinghe che forse aveva sollecitato. Ho visto il meccanismo dei prestiti finanziari dati a condizione che acquisissero azioni, però non pagavano neanche gli interessi, ci pensava la banca a pagare gli interessi di questi sottoscrittori. Questi sarebbero quelli da risarcire ? Insomma, credo che non si possa far passare l'idea che i debiti bancari non si pagano, questo è un punto essenziale. Non si può far passare questa idea, perché non si tratta degli effetti del microcredito.
Ho sentito la collega Meloni che prima ha ricordato che il 70 per cento delle sofferenze è in mano al 3 per cento dei debitori, allora vuol dire che questo provvedimento è assolutamente essenziale, è necessario, è doveroso. Poi si potrà anche immaginare di pensare a come sostenere le posizioni che sono insostenibili, ma avendo chiaro qual è il concetto della difesa. I cattivi maestri argentini hanno molti epigoni anche in Italia. Qualcuno ha detto che il debito del comune di Roma si può anche non pagare: secondo voi questo è un modo per educarci ad essere rispettosi delle condizioni nelle quali si deve operare, sia che si tratti di pubbliche istituzioni sia che si tratti di privati cittadini ? Sappiamo già che questi interventi non saranno sufficienti ed altri dovranno essere approntati di concerto con le istituzioni europee, quel che è sicuro, però, signora Presidente, è che non abbiamo certo necessità di innescare un nuovo caso Lehman, perché quando è partita in America questa vicenda forse non si è avuto consapevolezza di quello che sarebbe potuto accadere sulla crisi mondiale.
Non abbiamo bisogno di innescare un'operazione di questa natura, su questo il Governo italiano ha già iniziato ad attivarsi, e crediamo che quella sia l'unica strada da perseguire. La lettura critica che anche ieri il Governatore dalla Banca centrale europea, Mario Draghi (e per fortuna che c’è Mario Draghi), ha dato della situazione economica attuale mondiale del vecchio continente a mio avviso dovrebbe essere fatta propria e rilanciata dall'Italia e dalla politica italiana. PAGINA: 0017 FILIPPO BUSIN. Presidente, siamo di fronte all'ennesimo intervento tampone del Governo Renzi, che si inserisce in una triste serie di provvedimenti che hanno come obiettivo il sistema creditizio e nel quale il Governo Renzi obiettivamente ha dato il peggio di sé, almeno a guardare i risultati. Si comincia con il decreto sulle banche popolari, i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti, con l'intervento del Fondo Atlante in extremis per salvarle, passando per il «salva banche», il recepimento della BRRD, con il famoso bail-in, fino all'attuale decreto. Quello che non è stato colto dal Governo, a nostro parere, sono le cause profonde di questa crisi e quanto questa crisi sia profonda, seria e drammatica. Quindi reagisce in modo inadeguato, con provvedimenti nella migliore delle ipotesi inutili e nella peggiore delle ipotesi assolutamente dannosi. Si individua il problema degli NPL, quei famosi 360 miliardi di crediti non performanti che sono in capo alle banche e al sistema bancario italiano ma non si comprende che questi sono il riflesso di un'abnorme crescita del debito privato avvenuta dopo l'introduzione dell'euro, quando alle banche italiane, ma soprattutto alle banche tedesche e francesi, conveniva spingere in modo assolutamente ingiustificato, a prescindere da qualsiasi calcolo sulla solvibilità e sul rischio, perché in Italia, in Grecia, in Portogallo, si riscuoteva un tasso di interesse più elevato con un rischio di valuta nullo, perché era espresso appunto in euro.
Adesso arriva però il conto da pagare, con un'economia in crisi deflattiva che sta dolorosamente tornando a ragionare in lire ma con un debito ancora espresso in marchi tedeschi, perché alla fine questo è l'euro, con la lira bloccata quota 990. Arriviamo quindi alla causa profonda e vera di questo processo di impoverimento che sembra non avere fine e che sembra non avere nessuna prospettiva di svolta, che è stato l'azzardo fatale dell'euro, che non è appunto una moneta comune ma un sistema di valute a cambio fissato.
Qui la storia, ad essere umili e un po’ attenti, si ripete in modo speculare nella storia recente dell'Argentina citata prima, con il Ministro Cavallo che ha fatto l'azzardo statale di bloccare il cambio del peso argentino con il dollaro americano, e abbiamo visto cosa ha comportato: il default del Paese. Si tratta di un azzardo fatale che aveva seguito anche il Brasile @pagina=0018@ma per fortuna se n’è accorto in tempo e ne è uscito, ma ha anche un precedente nella storia italiana, cioè la storia del ventennio fascista, quando Mussolini fissò, stanco delle svalutazioni e dell'inflazione, il cambio della lira a quota 90 con la sterlina inglese. Gli effetti di quella scelta drammatica furono paralleli e analoghi a quelli che viviamo in questi giorni: aumento della disoccupazione, crisi del settore edilizio, che fu drammatica allora come adesso, deflazione dei salari che ora è indotta dal mercato e allora fu imposta d'imperio dalla dittatura fascista. Quindi, arriviamo al parallelismo dell'epilogo di questa scelta, di questo azzardo fatale, che è l'istituzione del Fondo Atlante, con Penati al posto di Beneduce, con il Fondo Atlante, appunto, al posto dell'IRI e con le popolari venete al posto delle banche di interesse nazionale di allora.
Quindi, ci sono dei fattori esogeni molto importanti che hanno condotto a questa crisi, ma anche delle responsabilità gravi riconducibili al Governo Renzi. Innanzitutto, il modo: è stato inconsapevole e non ha valutato gli effetti che ci sarebbero stati (sembra che in questo Paese manchino delle persone preparate che sappiano capire la portata di quello che ci viene imposto da Bruxelles o da Francoforte); poi, i parametri della BCE, che sono stati usati per valutare la solidità patrimoniale delle banche, sembrano fatti apposta per penalizzare l'Italia, il nostro sistema economico e produttivo, che penalizza, appunto, le banche strettamente legate al territorio e che fanno credito all'economia reale, alle piccole e medie imprese – la loro fonte essenziale di reddito – e che trascurano, invece, in modo colpevole la pericolosità e, appunto, il potenziale effetto deflagrante che hanno gli strumenti derivati, di cui sono invece piene le banche francesi e tedesche. Di questi non viene tenuto conto.
Ma c’è anche il recepimento della normativa, quella famosa sul bail-in, che è stata recepita appunto anche questa in modo superficiale, in modo inconsapevole e senza valutarne le conseguenze, salvo poi pentirsene mesi dopo quando era troppo tardi, avendo capito gli effetti di questo recepimento a scoppio ritardato con le dichiarazioni del governatore Visco e con un tentativo almeno di marcia indietro da parte del Governo. Il recepimento del bail-in ha provocato, senza che ne @pagina=0019@sia stata data notizia attraverso i media nazionali, una vera e propria corsa agli sportelli, che non si è manifestata nei termini di una coda davanti agli sportelli, come è avvenuto con la BlackRock in Inghilterra, ma che comunque ha visto evaporare in pochissimi mesi, appunto dal recepimento del bail-in, circa 9 miliardi, tanto per fare un esempio concreto, dai depositi della Banca Popolare di Vicenza, mettendola in crisi seria di liquidità. A dicembre quella banca non aveva i soldi per pagare gli stipendi, ma anche il Monte Paschi di Siena nello stesso periodo ha visto sparire 5 miliardi di depositi.
Poi, arriviamo all'attuale decreto, l'attuale decreto in cui le due componenti portanti della nostra economia, cioè i risparmiatori e le piccole e medie imprese, vengono, da una parte, maltrattate e umiliate e, dall'altra parte, messe ancora più seriamente in crisi. Con il fallimento delle quattro banche, CariChieti, CariFerrara, Banca Marche e Banca Popolare dell'Etruria, è stato violato un diritto, che è quello dei risparmiatori ad avere salvaguardati i loro risparmi, oltretutto diritto previsto anche dall'articolo 47 della Costituzione, e questo diritto andava esattamente ripristinato. Così si comporta uno Stato che voglia dirsi «di diritto». E, invece, si compone un'umiliante corsa agli ostacoli, quasi fosse un assicuratore che gioca al ribasso, con misure di compensazione assolutamente irrazionali e non giustificate – l'80 per cento e non si capisce il motivo – con dei calcoli cervellotici che dovrebbero scontare, da questo 80 per cento, ulteriormente la differenza di tasse rispetto al BTP di pari durata, con ricatti veri e propri che ti dicono: «O prendi questo poco adesso oppure l'incerto arbitrato presso l'ANAC», che non si sa ancora che contorni abbia e come sia definito. PAGINA: 0020 ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il dibattito di questi giorni è stato concentrato soprattutto – ed è abbastanza strano – sulla parte di questo decreto che riguarda le procedure esecutive, probabilmente perché la parte sui rimborsi, a parte alcune polemiche che abbiamo sentito, era più difficile da contestare. La contestazione fondamentalmente è stata quella che le banche sono aiutate perché si introducono degli @pagina=0021@strumenti per accelerare la riscossione del credito. Allora, ripartiamo da un sistema normale; in un sistema normale che cosa succede ? Succede che le banche vanno sul mercato, chiedono ai risparmiatori e ai correntisti i soldi, li prestano e poi qualche impresa, che li ha ricevuti, non li restituisce, la banca agisce, recupera quei soldi e li ripresta. Questo è il meccanismo normale in qualsiasi sistema, da abbiccì dell'economia.
Noi abbiamo sentito per giorni l'elogio della lentezza, cioè che sarebbe positivo il fatto che in questo Paese per recuperare un credito ci vogliono tre volte mediamente i tempi necessari per recuperare lo stesso tipo di crediti negli altri Paesi. Il problema è che questo tipo di meccanismo ha fatto sì che le nostre banche abbiano 360 miliardi di crediti in sofferenza, siano stracariche di posizioni deteriorate, abbiano un fardello pesantissimo sui conti, debbano fare gli accantonamenti, non prestano i soldi e preferiscono investire nei titoli di Stato e tenersi i soldi e gli interessi ricevuti su quelli piuttosto che prestarli alle aziende, con il risultato che anche le aziende buone non trovano i soldi e vanno in crisi anche quelle. Qui ci si sta dicendo che questo sistema va benissimo, che non si deve intervenire per accelerare le procedure esecutive perché si aiutano le banche.
Ora intendiamoci: qui è diventata, in quest'Aula, una sorta di mantra il fatto di ripetere che si aiutano le banche, che non si devono aiutare le banche, che le banche non devono riscuotere i crediti, che bisogna tutelare cittadini e imprese contro le banche, dimenticando qualche dettaglio, cioè che le banche prestano i soldi e dovrebbero prestare i soldi anche alle altre imprese, che nelle banche ci sono i risparmiatori – con 200 miliardi di obbligazioni in mano ai risparmiatori –, che ci sono gli azionisti e, soprattutto, che un sistema economico non funziona senza le banche. È indubbio – e ce lo ha detto la Banca d'Italia – che le nostre banche hanno lavorato male, che sono stati prestati male i soldi, che sono stati spesso prestati senza istruttoria, che in alcuni casi sono stati prestati anche a degli amici, ma la soluzione contro questo – e questa è l'unica cosa sulla quale sono d'accordo con quello che ha detto l'onorevole Meloni poco fa – è che bisogna agire sulle responsabilità, sulle azioni di responsabilità, sulla @pagina=0022@Commissione d'inchiesta che Scelta Civica ha chiesto più volte sugli eventi che si sono verificati. Su questo sicuramente si deve lavorare, ma da qui a dire che la soluzione per il sistema è quella di evitare di introdurre nel nostro Paese dei meccanismi per rendere la riscossione dei crediti comparabile a quella degli altri Paesi ce ne corre, perché oggi il problema delle imprese – e io di mestiere ho fatto questo, ho assistito le imprese nei rapporti con le banche –, il più grosso problema per un'impresa nell'accedere al credito è che i nostri crediti sono considerati poco sicuri perché ci vogliono anni ad incassarli, che non ci sono meccanismi, come il pegno non possessorio, che ci sono in tutti i Paesi più evoluti, che noi siamo gli unici a non avere.
Il risultato è che tutto un mercato del credito, che è quello dei fondi, che è quello del credito alternativo alle banche, in Italia non ci mette piede, sostanzialmente; e non ci mette piede perché c’è un sistema dove, per recuperare i soldi, ci vuole tre volte il tempo di quello che ci vuole negli altri Paesi europei di media. Questa cosa viene sistematicamente ignorata, ed è altrettanto assurdo che a ignorarla siano gli stessi che poi dicono che i risparmiatori danneggiati perché le banche coperte di crediti non performing non hanno incassato, sono andate in crisi e sono fallite vanno risarciti integralmente. A questo punto, diamo i soldi direttamente al debitore moroso, così abbiamo risolto il problema.
Finanziamo la morosità, perché in questo modo il sistema diventa più normale, almeno: le banche incassano i loro soldi, i risparmiatori non li perdono e diamo i soldi alle imprese, così le nazionalizziamo tutte e abbiamo risolto il problema con i soldi dei contribuenti. È un problema di conoscenza del sistema. Ci sono stati interventi in questi giorni che semplicemente denotano una totale ignoranza sul funzionamento del sistema creditizio. Ci sono affermazioni che sono chiaramente strumentali: prima l'onorevole Meloni parlava dei dati di Banca d'Italia. Tali dati, in realtà, sono della CGIA Mestre, che ha elaborato i dati di Banca d'Italia e ha detto un'altra cosa, ha detto che il 70 per cento dei crediti in sofferenza sono dai 500 mila euro in più, che è abbastanza normale, perché sono imprese che sono andate in crisi e hanno lentamente accumulato debito.@pagina=0023@
Ma si deve ricordare sempre che, ogni volta in cui un debitore non ripaga una banca, quell'importo andrà a riduzione dei soldi disponibili per le imprese buone, e un mercato funziona riscuotendo ed escutendo i crediti nei confronti dei debitori morosi, prendendo quei soldi e dandoli a chi merita di riceverli perché è efficiente, perché li spende bene, perché li sa gestire. Noi, invece, stiamo facendo passare qui dentro, come diceva l'onorevole Tabacci prima, il concetto che va bene non pagare i debiti, va bene rinviare, va bene riempire le banche di crediti in sofferenza; va benissimo, tanto poi arriva lo Stato a risarcire il povero risparmiatore.
Questo tipo di meccanismo non funziona. Noi di Scelta civica siamo contrarissimi per il semplice fatto che significa, fatto tutto il giro, usare i soldi dello Stato per ripagare i debiti morosi e in sofferenza. Noi pensiamo che lo Stato debba intervenire quando ci sono crisi sistemiche del sistema bancario, che ci possano essere interventi come quello che è stato fatto su Atlante con la garanzia che siano giusti e sensati, ma non certo che il sistema per tutelare le nostre banche e il nostro credito...ripeto, quando si parla di banche, si parla dei risparmiatori. Voi continuate a dire «tutelate le banche». Ogni volta in cui io garantisco l'incasso di un credito, sto proteggendo chi ha prestato dei soldi a quella banca, che è lo stesso risparmiatore che vi ritorna in bocca quando iniziate a parlare di risarcimenti.
Credo che questa sia la cosa che viene costantemente dimenticata, ovviamente in via strumentale e intenzionale. Si finge di dimenticare che dentro le banche ci sono i risparmiatori; lo si dimentica quando si parla di risanamento delle banche, per poi ricordarsene immediatamente dopo, una volta che la banca la si è fatta fallire, perché non le si consente di incassare i crediti. Però, una volta che io ho distrutto il sistema bancario italiano, poi deve arrivare lo Stato e metterci i soldi, perché altrimenti i poveri risparmiatori ci hanno rimesso.
Ripeto, ogni volta che si tutela il ritardo e la morosità, si fa un danno ai risparmiatori. Questa è una cosa che sarebbe evidente, logica, naturale per tutti da ammettere, ma che nei dibattiti qui dentro viene sistematicamente dimenticata. E, allora, iniziate a dire, magari, che bisogna prendersela con i banchieri che hanno gestito male le banche, e questo è giusto. PAGINA: 0024 PAOLO TANCREDI. Grazie, Presidente. È vero, condivido molte cose di quelle dette dall'onorevole che mi ha preceduto, ma è chiaro che, affrontando un dibattito sul sistema bancario, non si può eludere la polemica dovuta alle crisi importanti che ci sono state di molte banche in questi giorni, in questi mesi; crisi che hanno messo in ginocchio istituti importanti, che hanno inciso molto sul territorio di loro competenza. Su questi @pagina=0025@territori si stanno verificando delle ripercussioni a livello territoriale, sociale ed economico che non possiamo trascurare.
Però si fa troppa demagogia, sul sistema bancario si dice di tutto e di più. Lo ha detto Mazziotti Di Celso poco fa: si criticano le banche perché non danno prestiti all'economia, dopodiché, quando danno troppi prestiti all'economia, le si criticano perché falliscono. Si critica il sistema bancario, perché, al netto di una demagogia e di una strumentalizzazione, è bene dire che, però, il testo che ci accingiamo a votare nulla dice sull'accertamento delle responsabilità; e su questo accertamento delle responsabilità, Presidente, noi non deflettiamo in alcun modo. Anche se abbiamo un parere favorevole su questo decreto, che ci sembra equilibrato e giusto, sull'accertamento delle responsabilità, sia per quanto riguarda i dirigenti delle banche che sono state portate alla crisi sia per quanto riguarda gli organi di vigilanza che hanno vigilato e dovevano vigilare sull'andamento di queste banche, che spesso, Presidente, abbiamo verificato che hanno cambiato i loro report nel giro di pochi mesi, a volte di poche settimane, ebbene noi crediamo che si debba accertare la responsabilità di questi percorsi in tutte le sedi.
E, quando dico in tutte le sedi, dico anche nella sede parlamentare, e noi siamo a richiedere qui una Commissione d'inchiesta parlamentare (Applausi del deputato Lupi), che avevamo richiesto, Presidente, anche nel dibattito sulla legge di stabilità, quando ci fu l'emendamento del Governo sulle quattro banche in crisi. Noi sappiamo che il sistema bancario, e anche le istituzioni bancarie, anche Banca d'Italia, temono una Commissione d'inchiesta parlamentare; la temono perché pensano che il dibattito parlamentare, che inevitabilmente verrebbe fuori all'opinione pubblica, potrebbe condizionare i mercati, condizionare gli investitori e causare ulteriori danni. Noi conosciamo questo rischio, noi pensiamo che la Commissione parlamentare debba essere, secondo noi, invece, molto equilibrata.
Dobbiamo fare uno sforzo perché all'interno di questo Parlamento si vadano ad accertare le responsabilità senza una caccia alle streghe, senza la demagogia, ma il sistema bancario deve capire che, purtroppo, in questo momento, il livello di @pagina=0026@credibilità e il livello anche di incertezza che c’è tra le famiglie, tra le imprese, tra gli investitori, merita una risposta in termini di trasparenza che anche il Parlamento deve essere in grado di dare.
Da questo punto di vista, quindi, non deflettiamo un attimo sul percorso delle responsabilità, però non si può strumentalizzare: in questo testo non esiste nulla che riguarda l'accertamento delle responsabilità, né tanto meno esistono norme che abbiano portata assolutoria per chi si è macchiato di responsabilità nel corso della gestione di istituti bancari che poi sono arrivati alla situazione in cui sono. In questo, credo, non abbiamo da imparare lezioni da nessuno e parteciperemo attivamente all'attività di ricerca.
Voglio, invece, arrivare al merito, perché noi riteniamo che questo decreto sia equilibrato, giusto e che, tra l'altro, fossero anche urgenti le norme che noi abbiamo introdotto. Riteniamo, infatti, che ci fosse l'esigenza di queste due questioni che fondamentalmente il decreto va ad affrontare: la prima è quella del rafforzamento delle garanzie nel rapporto fra creditore e debitore. Presidente, questa è una debolezza del sistema del credito italiano: se oggi il Fondo interbancario, cosiddetto Fondo Atlante, deve intervenire per un miliardo e 600 milioni, per esempio per il salvataggio delle Popolari venete, questo succede perché quella valutazione di un miliardo e 600 milioni discende, Presidente, da una cattiva valutazione e da una scarsa valutazione del nostro sistema di garanzie reali. Oggi il sistema di garanzie reali italiano non ha nessun valore e questo, vede, incide anche sull'imprenditore nel momento in cui va a chiedere il prestito, perché, se l'imprenditore non ha la possibilità di valorizzare le sue garanzie, i suoi asset, nel momento in cui va a chiedere finanza, è logico che è estremamente penalizzato. E poi, come ha detto prima di me il collega Tabacci, noi non possiamo battezzare un sistema che, praticamente, certifichi la non restituzione dei debiti, perché questo, altrimenti, ingesserebbe il sistema bancario che ancora più di oggi non concederebbe credito, se non sapesse di avere una ragionevole certezza di recuperare, poi, il suo credito tramite anche l'escussione delle garanzie.@pagina=0027@
E da qui, il pegno non possessorio: istituto che c’è in tutti i Paesi d'Europa e che noi abbiamo molto attenuato. L'esame al Senato, voglio ricordarlo, ha portato, tra l'altro, a nove mesi, dopo il mancato pagamento della terza rata mensile, la possibilità di accedere a questi strumenti velocizzati di escussione delle garanzie. Io credo che questo sistema vada a rafforzare il sistema delle garanzie della sistema del credito italiano e porti beneficio anche alle imprese e a chi, oggi, ha necessità di investire, ha necessità di finanza, ha necessità di entrare nel mondo bancario e trovare delle risposte alle esigenze di sviluppo delle proprie imprese.
La seconda parte, Presidente: anche qui abbiamo fatto molta demagogia, qualcuno anche nella giornata odierna ha detto cose inesatte e lo devo dire, qualcuno ha detto ’poi interviene lo Stato’. No, non è così ! Non c’è l'intervento dello Stato nella questione dei rimborsi, i rimborsi vengono dal Fondo di garanzia interbancaria, che, tra l'altro, il Senato ha provveduto ad aumentare, nel senso che c'era il tetto dei 100 milioni di euro che viene aumentato. Ma anche qui, Presidente, prima di affrontare discorsi di merito, dobbiamo mettere sul tavolo alcuni concetti: noi non possiamo agevolare l'azzardo morale. PAGINA: 0029 GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Ogni debito, tutti i debiti sono una catena. Noi dobbiamo immaginare che da un lato di questa catena ci siano le banche e dall'altra ci siano le famiglie e le imprese di questo Paese. Quindi dobbiamo sempre ricordare che quando diciamo che sul lato delle banche ci sono sofferenze, intese come crediti, che non vengono ripagate, dall'altro lato ci sono sempre, invariabilmente, sofferenze sociali.
Da una parte c’è un buco nel bilancio della banca, che certo è un problema, perché si tratta della stabilità finanziaria del sistema e, quindi, del Paese, ma dall'altra c’è una famiglia che è in procinto di perdere la casa in cui vive, o un'impresa costretta probabilmente a chiudere i battenti, con tutto ciò che questo significa. Questa è la realtà che noi abbiamo alle spalle, questo è ciò che abbiamo attraversato negli ultimi anni, questa è l'eredità di una crisi che il sistema politico italiano non ha saputo affrontare correttamente.
Davanti ad una situazione del genere, presa questa consapevolezza, cosa dovrebbe fare lo Stato ? Io credo che dovrebbe preoccuparsi, soprattutto, di chi rischia di perdere la casa in cui vive e dovrebbe preoccuparsi delle imprese che rischiano di fallire; dovrebbe soprattutto affrontare il tema del rapporto fra sistema del credito e sistema produttivo, cercando di tutelare il sistema produttivo e le famiglie di questo Paese e lì investire le proprie risorse. Di chi, invece, si preoccupa il Governo italiano con questo ennesimo provvedimento sulle banche ? Si preoccupa, appunto, esclusivamente della salute degli istituti di credito e cerca di risolvere il problema delle sofferenze, permettendo di espropriare più facilmente case e beni strumentali delle imprese e di venderle più rapidamente. Cioè, il tentativo è quello di dire: dal momento che si sono creati o si rischiano di creare buchi e voragini nei bilanci delle banche, le banche abbiano la possibilità di rifarsi con grande @pagina=0030@rapidità su famiglie e imprese. Noi riteniamo che sia esattamente il contrario di ciò che andava fatto. Lo ripeto: esattamente il contrario di ciò che andava fatto.
Come agisce, quindi ? Agisce inserendo il pegno mobiliare non possessorio. Cos’è il pegno mobiliare non possessorio ? Significa che da domani, quando un'impresa andrà in banca a chiedere un fido, a chiedere uno scoperto di conto, a chiedere un castelletto, a chiedere un mutuo, la banca gli richiederà di firmare una clausola accessoria, una clausola che prima non c'era, con cui l'impresa si impegna su un contratto scritto evidentemente dall'istituto di credito, con clausole che scriverà l'istituto di credito, visti i rapporti di forza fra banca ed impresa in un momento di credit crunch. Ebbene, dirà che qualora le cose non andassero, non si dovrà più andare in un tribunale, ma semplicemente la banca potrà prendere i beni strumentali di quell'impresa: potrà prendere il magazzino, potrà prendere i beni non venduti, potrà prendere persino i marchi e persino i brevetti.
Ora, voi immaginate le famose start-up di questo Paese: nel momento in cui nascono, già firmano il fatto che, al primo momento di tensione finanziaria, se avranno prodotto qualcosa di valido – marchi o brevetti che siano –, la banca va, bussa e se li porta via, al valore che ha lei determinato. E per di più, anche qualora quell'impresa dovesse fallire, dato che il pegno non possessorio interviene prima del fallimento, non ci saranno più le risorse per i lavoratori e per i fornitori, che oggi erano tutelate prima dei crediti delle banche: prima arriverà la banca e, se resta qualcosa, imprese e lavoratori. Gli stipendi e il TFR dei lavoratori dopo gli interessi del sistema bancario: questa è una rivoluzione in negativo di anni di civiltà giuridica nel nostro Paese. Questo è l'articolo 1.
Articolo 2: «Patto marciano». Tu, impresa, vai in banca e ti viene proposto questo, anche sui debiti che tu già hai: di mettere a pegno aggiuntivo il capannone o, se non ha il capannone, la seconda casa di un parente o, magari, la casa in cui vive tuo figlio, che risulta essere una seconda casa. E ti viene detto che se per nove mesi rimani scoperto sul fido, per esempio – perché si può fare anche sui fidi non solo sui @pagina=0031@mutui –, la banca può venire e prendersi quella casa, subito, di fatto, senza passare, anche qui, da un tribunale, senza passare da un fallimento.
Voi immaginate che l'uno provvedimento – il patto non possessorio – e l'altro – il «patto marciano» – possono essere inseriti anche su crediti già in sofferenza e, poi, ceduti. Cosa significa questo ? Significa che quelle clausole possono essere inserite ad imprese già in difficoltà, un minuto dopo vendute a «fondi avvoltoio», magari stranieri, di quelli che si occupano solo ed esclusivamente di recuperare questi crediti, che, un minuto dopo averli presi per pochi soldi nelle loro mani, verranno a bussare e a dire: adesso io ho il diritto di prendermi capannone, macchinari, magazzino. Questo è ciò che si sta approvando con questo provvedimento. Questo e non altro, e lo si fa con la faccia tosta di dire che questo serve a dare più possibilità alle imprese di ottenere credito. Questo decreto non dà più possibilità alle imprese di ottenere credito: rischia di mettere a repentaglio un pezzo di tenuta produttiva del Paese. Un pezzo di quel sistema imprenditoriale che ha resistito: ha resistito ad anni ed anni di crisi, ma accumulando, certo, tensione con le banche, accumulando problemi nei pagamenti, accumulando ritardi. Ora, che forse potrebbe esserci uno straccio di ripresa, anziché essere accompagnato a coglierla, è messo ulteriormente nelle mani di istituti di credito che, per far fronte alle loro difficoltà di bilancio, andranno a farsi restituire tutto, fino all'ultimo centesimo.
Articolo 4: Modifica delle procedure giudiziarie. Hai delle difficoltà a pagare il mutuo della casa ? Bisogna accelerare la possibilità che tu, più rapidamente, venga messo fuori da quella casa, perché la casa deve essere restituita per essere venduta alla banca. Alla banca ! Perché queste procedure vengono accelerate solo per chi ha problemi con le banche, non anche per gli affittuari. Cioè, tu sei un anziano che affitta la seconda casa, su cui paga una IMU salatissima e hai fatica ad incassare le rate d'affitto ? Tutto come prima: sette anni, eccetera. Se tu sei una banca e devi incassare rate di mutuo, allora, per te, banca, c’è l'accelerazione. PAGINA: 0033 SANDRA SAVINO. Grazie, Presidente. Signora Presidente, onorevoli colleghi, oggi, intendiamo rivolgerci direttamente ai cittadini italiani ed in particolare a tutti quei risparmiatori truffati dalle banche fallite. Quelle banche a cui il Governo è stato particolarmente vicino, ma, sicuramente, non dalla parte dei risparmiatori.
Le banche sono state al centro dell'attività dell'ultimo anno e mezzo dell'Esecutivo guidato da Renzi, oggetto di interventi necessari ed urgenti, perlomeno sulla carta, dato l'utilizzo smodato che è stato fatto dello strumento del decreto-legge. La straordinaria operosità in tema bancario si spiega innanzitutto con i tanti, troppi errori del Governo, che, sicuramente, non ha un'idea ben definita né una specifica visione rispetto a questo tema e, diciamolo pure, con malafede. Ma la fede che non possiamo non leggere, tra i diversi retroscena che hanno caratterizzato questo particolare attivismo: abbiamo visto scorrere una serie di provvedimenti che hanno riformato il sistema bancario, mettendo in campo riforme strutturali attraverso lo strumento del decreto-legge, in contesti, però, assolutamente privi dei requisiti di necessità ed urgenza, sebbene, dalla lettura della cronaca delle ultime settimane, abbiamo capito che, forse, l'urgenza riguardava qualcuno, dato che la fuga di notizie sul decreto sulle banche popolari, ad esempio, è finita addirittura sotto la lente di ingrandimento della procura di Roma. Per non parlare delle note e rilevanti anomalie riscontrate da Consob in merito a sospetti movimenti di mercato precedenti l'annuncio del medesimo decreto.@pagina=0034@
In realtà, anche questo provvedimento contiene misure che non sono affatto urgenti; si fa davvero fatica a trovare gli articoli che evidenzino questa necessità, ad esclusione delle disposizioni che riguardano, appunto, i rimborsi ai risparmiatori truffati dalle banche poste in risoluzione, a seguito del decreto «salva banche». Tuttavia, quello che è ancora più grave è che tali norme non sono risolutive per i risparmiatori danneggiati. Abbiamo detto che il provvedimento che abbiamo davanti è frutto degli errori che il Governo ha accumulato nel passato; sono errori di un Esecutivo che non ha saputo, innanzitutto, gestire il recepimento della direttiva sul bail in. Nell'introdurre i delicati cambiamenti a livello europeo sul tema delle crisi bancarie non si è prestata, infatti, sufficiente attenzione alla fase di transizione; è evidente come, in quel caso, il nostro Governo, in Europa, avrebbe dovuto sostenere con forza che un'applicazione immediata e, soprattutto, retroattiva dei meccanismi del bail in avrebbe potuto comportare rischi per la stabilità finanziaria. Sarebbe stato, quindi, preferibile un passaggio graduale e meno traumatico, tale da permettere ai risparmiatori di acquisire piena consapevolezza del nuovo regime e di orientare le loro scelte di investimento in base al mutato scenario.
A questo vizio originario si è sommato il modus operandi con cui il Governo ha approvato il decreto «salva banche», cancellando, con un colpo di spugna, i risparmi di una vita di tanti piccoli risparmiatori delle banche poste in liquidazione, Banca Marche, Banca Etruria, Carife, CariChieti. Con quel decreto, poi confluito nella legge di stabilità, di fronte ad un quadro a dir poco drammatico, il Governo è intervenuto, ancora una volta, senza cogliere effettivamente le dimensioni e le cause profonde della crisi, con un approccio superficiale ed estemporaneo, con misure che cercavano di salvare il settore bancario, ma che mal si intersecavano con il nostro sistema, con il risultato di salvare le banche mandando in rovina i risparmiatori.
Oggi, con questo provvedimento, il Governo cerca di porre rimedio a questo ennesimo abbaglio, ma l'errore o, come dicevamo, la malafede è sempre dietro l'angolo. Il Governo, infatti, decide di mettere in campo una misura di rimborso forfettaria che non soddisfa appieno i risparmiatori truffati, @pagina=0035@ma che li rimborsa solo all'80 per cento e solo se questi rispondono a determinati requisiti di reddito. Davanti a questa evidente discriminazione sorgono diversi interrogativi; se lo Stato riconosce che vi è stata una truffa non si capisce, infatti, perché alcuni debbano essere rimborsati mentre altri no, cos’è stata ? Una truffa a metà, una truffa valida a fasce di reddito ? Non si annuncia il dovere del rimborso per poi mettere uno sbarramento discriminatorio per chi non possiede i requisiti previsti; questo è completamente illogico e, soprattutto, discriminante. Ma il provvedimento crea più di una semplice discriminazione, le misure introdotte a favore dei risparmiatori non solo non ristoreranno completamente i soggetti danneggiati dalle quattro banche coinvolte, ma allo stesso tempo escludono i risparmiatori truffati da altri istituti bancari che, ad oggi, si trovano in situazioni analoghe. La platea dei cittadini truffati dalle proprie banche è in realtà molto più vasta, quindi, a maggior ragione, possiamo parlare di truffati di serie «a» e truffati di serie «b», a cui il Governo riserva trattamenti diversi.
In realtà, quello che manca più di ogni altra cosa è un provvedimento che vada a recuperare le risorse sottratte fraudolentemente alle banche da chi le gestiva. Voglio, infatti, ricordare che, in realtà, in Italia, le banche non sono arrivate allo stato di amministrazione straordinaria a causa dei crediti deteriorati, ma, nella maggior parte dei casi, per operazioni finanziarie fraudolente. Il deterioramento dei crediti è stato solo una conseguenza della pessima gestione riconducibile a gruppi manageriali di scarsa qualità professionale, etica e morale. È il caso del Monte dei Paschi di Siena, della Carige, della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, quattro banche che erano grandi e, in alcuni casi, prestigiose; nel loro piccolo anche Banca Popolare dell'Etruria, Carife, Cassa di Risparmio di Chieti e Banca delle Marche hanno dimostrato nel migliore dei casi di possedere un management inadeguato che le ha mal gestite. Ma, soprattutto, ciò che ancora manca è un quadro di fiducia, di maggiori certezze normative, regolamentari e di controllo che faccia crescere il volume di risorse per le banche destinate all'economia reale.
Con questo provvedimento il Governo ha pensato di risolvere il problema della crisi delle imprese facilitando le @pagina=0036@procedure per il recupero dei crediti, senza porre la giusta attenzione a quello che è il tassello fondamentale per una ricetta vincente in termini di crescita, ovvero il tema dell'accesso al credito e di come effettivamente le banche riescano a immettere liquidità nel sistema, garantendo benefici per l'intera comunità. PAGINA: 0037 ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Presidente, secondo la teoria dei sei gradi di separazione, per collegare due individui sconosciuti bastano sei passaggi, in media, Presidente, non più di sei piccoli passi, bastano sei amici e si arriva ovunque. Presidente, per collegare un banchiere a un politico basta un passo, non più di uno. Guarda caso, c’è sempre almeno un politico o un ex politico tra i 15 più pagati nelle amministrazioni delle banche italiane più grosse e guarda caso, Presidente, guarda caso, tra gli stipendi e i bonus superano tutti il milione di euro, guarda caso. Ma che gliene frega a loro: o vanno bene o vanno male, prendono sempre quegli stipendi e bonus. Presidente, se li ricorda i 4 milioni di euro di buonuscita dati all'ex amministratore delegato Sorato ? L'ex amministratore di quale banca ? Banca Popolare di Vicenza le dice qualcosa ? Banca Popolare di Vicenza, quella banca che in poco meno di un anno ha trasformato i risparmi di chi @pagina=0038@aveva 30.000 euro, Presidente, in 50 euro; chi aveva 30.000 euro si è trovato in mano 50 euro, in un niente e senza nessun evento eccezionale. Ma come le spiegate alla gente queste cose ? Quanti amici ci sono tra una banca e un quotidiano nazionale ? Sempre uno, non più di uno, caro Presidente, anzi, cari cittadini, cari miei amministratori delegati, non quelli delle banche e dei board bancari, i cittadini sono i miei amministratori delegati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Presidente, ma tra Boschi ed Etruria, quanti passi ci sono ? E non quelli che faceva il papà per andare al lavoro tutte le mattine. Tra Etruria e le società o i membri del consiglio di amministrazione, quelli che hanno ottenuto i 100 milioni di euro di prestiti facili e che non hanno mai ripagato, lì quanti passi ci sono, Presidente ? Tra la Banca Popolare di Vicenza, Alfio Marchini, Zonin e i fondi maltesi e lussemburghesi nei quali la banca ha investito e perso 100 milioni di euro, lì, Presidente, quanti passi ci sono ? Questo è il frutto delle sofferenze bancarie, queste sono le colpe che voi volete scaricare sulle piccole imprese che nulla centrano con questo scandalo e volete farlo permettendo alla Banca di diventare sia giudice che ufficiale giudiziario, la banca farà il giudice, farà l'ufficiale giudiziario, arrivando direttamente nell'impresa con il suo nuovo bel contrattino di pegno non possessorio o di patto marciano che gli garantisce la precedenza su tutti, si impadronirà dell'unico macchinario o dell'unico immobile che permette a quell'impresa di lavorare, che permette a dieci persone di mantenere le proprie famiglie, se ne impossesserà senza che nessun giudice valuti quell'atto, valuti quella situazione. Qualcuno, però, ieri si è preoccupato, ieri, qualcuno in quest'Aula si è preoccupato, infatti, ho visto l'ordine del giorno di qualcuno che si è preoccupato, si è preoccupato di chiedere al Governo, di impegnare il Governo a far sì che la banca possa pure andare all'interno di quell'impresa a verificare se il bene viene trattato bene. Presidente, di questo vi state impegnando. Poi, cosa farà questa banca ? Poi trasferirà questo suo bell'immobile alla sua nuova agenzia immobiliare, perché, sì, dall'anno scorso le banche possono fare anche le agenzie immobiliari e questo grazie a voi. E il trasferimento come avverrà ? Avverrà senza costi, senza atti notarili e senza tasse sugli atti notarili, questo sempre grazie a voi, e poi visto @pagina=0039@che le case ormai non se le può permettere nessuno coi soldi propri, ci vorrà un mutuo e chi glielo darà questo mutuo ? Ci penserà la banca e, addirittura, dall'anno scorso, visto che le assicurazioni possono fare le banche e le banche possono fare le assicurazioni.
Vogliamo un'assicurazione per questo immobile ? Gli facciamo pure un'assicurazione, con la banca, Presidente ! Come lo facciamo questo mutuo ? Con un click, perché, nonostante i mutui in questo Paese si facciano con un click, quanti gradi di separazione ci sono tra queste banche d'affari e i risparmiatori ? Quanti gradi di separazione ci sono ? Parliamo di due rette parallele: banche e risparmiatori, piccoli risparmiatori, non si incontrano mai. Guardando le rilevazioni dei tassi medi di Banca d'Italia, mi rendo conto perché i cittadini non capiscono le banche, perché, Presidente, se vado in banca a dare 10 mila euro la banca mi dà lo 0 per cento di interesse; se invece chiedo io i soldi alla banca lei mi chiede il 18 per cento di interesse, perché dalle rilevazioni leggo che vengono applicate ai clienti percentuali come il 10,59 per cento sui prestiti personali, il 13,82 per cento sulle carte di credito revolving (e si arriva al tasso usura del 21 per cento !), l'11,5 per cento sui fidi, sull'apertura di conto corrente, e qui il tasso soglia arriva fino al 18 per cento ! Quindi, alla banca diamo 10 mila euro e ci dà lo 0 per cento, se invece siamo noi a chiederli a loro dobbiamo pagare il 21 per cento, questo è il Paese che avete creato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Forse perché della banca ci si può fidare e di me non ci si può fidare, sarà per questo, perché se le banche falliscono probabilmente andiamo dentro e ci troviamo qualcosa. Ma perché non guardiamo i bilanci delle banche ? Guardando i bilanci delle banche ci renderemmo conto che l'8 per cento è rappresentato dalla raccolta e il 100 per cento invece sono i prestiti, gli impieghi. Cosa significa questo ? Spieghiamo questo trucchetto, che prima del 1992 non era possibile, perché prima del 1992, caro Mazziotti Di Celso, sì che si raccoglievano i soldi e si prestavano, non si creavano dal nulla come si fa oggi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Un tempo le banche facevano 8 milioni di raccolta e al massimo prestavano 8 milioni; oggi le banche raccolgono 8 milioni e @pagina=0040@fanno prestiti per 100 milioni, questo raccontano i bilanci delle banche, questi sono gli obblighi che BCE e Banca d'Italia danno, che quindi autorizzano, a cui va bene questo tipo di costume. Noi abbiamo imprenditori che sono veramente degli eroi, che continuano a reggere la crisi e che voi volete mettere in ginocchio.
Non posso credere che abbiate veramente capito cosa c’è dietro questo decreto, perché altrimenti non l'approvereste, colleghi. Alla favoletta delle piccole imprese e delle famiglie che non pagano i prestiti e che per questo il mercato sarebbe in crisi non ci crede più nessuno. Non ci crede più nessuno, siete gli unici a credere a queste favolette. Chi ha autorizzato determinate scommesse ? Chi ha autorizzato stipendi così alti per le banche fallimentari ? Chi ha fatto finta di non vedere le sofferenze che aumentavano ? Chi ha chiuso un occhio quando venivano piazzate obbligazioni a risparmiatori che non avrebbero potuto acquistarle ? Ricordiamolo a tutti che il 70 per cento di queste sofferenze sono per prestiti superiori a 500 mila euro, quindi non famiglie e non piccole imprese; non pigliamo in giro i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
Così come non regge il blocco dell'Europa sul salvataggio delle quattro banche, non regge il Fondo interbancario che può intervenire su Tercas, su Cassa di Risparmio di Cesena però non può intervenire su CariFerrara o su Banca Popolare dell'Etruria; non reggono i bilanci che sono capaci di nascondere 200 miliardi di sofferenze. Non regge questa favola ! Non siete più credibili e questo porta il nostro Paese sotto una fascia di debolezza troppo grave. La notte della Brexit, la notte del 24 giugno, e per altri due giorni, la nostra Borsa ha perso decine di miliardi delle nostre banche italiane, dei nostri azionisti che hanno investito nelle banche italiane, le banche di cui voi vi siete impossessati e che state distruggendo.
E siete stati così poco capaci di difendere il nostro Paese da questi attacchi che non avete neanche previsto che all'interno della Consob si creasse una direzione che verifichi se vengono commessi reati su queste operazioni, sulle operazioni di vendita allo scoperto ! Queste sono le operazioni con le quali vengono attaccati finanziariamente i Paesi, e voi siete qui in Aula per un decreto che permetterà alla banca di fare @pagina=0041@l'ufficiale giudiziario e pignorare i beni delle piccole e medie imprese, che invece vi permettono di essere qui e vi pagano lo stipendio, ci pagano lo stipendio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Non so come non fate a vergognarvi, non so come fate a non dimettervi ora, perché o smentite queste cose o vi dovreste dimettere in massa oggi stesso. PAGINA: 0042 GIOVANNI SANGA. Presidente, questo decreto è fondamentale, non per gli interessi dei banchieri, come si sta dicendo qui, ma è fondamentale per i risparmiatori e per le imprese, e lo è perché, insieme ad altri provvedimenti approvati in quest'Aula, fa parte della strategia del Governo per mettere in sicurezza e garantire il funzionamento dal sistema bancario. Capisco che lo sport preferito in questi ultimi tempi sia quello di prendersela con le banche, e se è vero che gravi episodi hanno dato una mano a chi vuol far credere che esse siano il male assoluto è anche vero che bisogna sgombrare una volta per tutte il campo dagli equivoci, che sono stati alimentati su questo argomento o per leggerezza o per mala fede.
Le banche, Presidente, sono aziende, che in un'economia di mercato hanno una funzione vitale: da un lato tutelare i soldi dei risparmiatori e dall'altro concedere prestiti. Senza questi due pilastri, al momento non esiste un sistema economico di libero mercato capace di sopravvivere. Tutte le misure che abbiamo messo in campo fin qui sono state pensate per consentire agli istituti bancari di espletare queste due funzioni nel migliore dei modi, quindi per tutelare i risparmiatori e le @pagina=0043@imprese, altro che favori ai banchieri ! Parlare oggi della crisi dal sistema bancario non può prescindere dal ricordare i fatti sconvolgenti avvenuti dal 2008. Le difficoltà che stiamo vivendo sono l'eredità avvelenata della crisi che ha messo in ginocchio imperi finanziari, fatto fallire colossi come Lehman Brothers e messo a rischio l'intero sistema economico mondiale. Le nostre banche sono state poco coinvolte in operazioni azzardate, ma l'effetto del contagio sull'economia reale è stato molto pesante. La recessione ha fatto saltare aziende, provocato fallimenti, lasciato in pancia alle banche crediti deteriorati che a inizio 2016 ammontavano a circa 360 miliardi, accumulati di anno in anno, con un affetto a valanga che ha portato le sofferenze lorde da 43 miliardi del 2008 agli oltre 200 miliardi attuali.
Allora, di fronte a questa complicata vicenda, Presidente, c’è chi si limita alle urla, c’è chi si limita al «dagli al banchiere» e chi, invece, ha avuto il coraggio di prendere di petto le questioni fondamentali del sistema bancario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Con le prime si prende magari qualche voto in più alimentando la rabbia, ma non si fanno gli interessi dei cittadini e si lasciano i problemi irrisolti, noi invece quei problemi li stiamo affrontando con riforme di cui negli ultimi decenni ci si è solo limitati a parlarne.
La riforma delle banche popolari è senz'altro una di queste: ha migliorato profondamente la governance e insieme la trasparenza; ha favorito l'accesso al mercato dei capitali, il rafforzamento del patrimonio e la spinta alle aggregazioni, ha insomma reso più efficiente e solido l'intero comparto. La riforma delle banche di credito cooperativo ha consolidato il settore attraverso il superamento del suo tallone d'Achille: la piccola dimensione unita all'eccessiva frammentazione.
Pur rispettando l'autonomia e la specificità delle BCC, sono state create le condizioni per un gruppo più forte e un sistema efficace di garanzie solidali, in grado di rispondere alle sfide dimensionali dell'attuale mercato. E poi il Fondo Atlante, per circa 4,5 miliardi di euro; ha già dato prova della delicata e fondamentale funzione di salvataggio degli istituti bancari in difficoltà, tutelando gli interessi dei risparmiatori, sostenendo gli aumenti di capitale richiesti dall'autorità di vigilanza e @pagina=0044@investendo, fino al 30 per cento del patrimonio, in crediti non performanti. E il decreto in discussione, Presidente, rientra in questo contesto. Le misure previste sono un nuovo fondamentale tassello di questa strategia; anzitutto, vi è l'intervento a sostegno dei risparmiatori colpiti dalla risoluzione delle quattro banche. Si tratta di quei risparmiatori che hanno acquistato obbligazioni subordinate, come sappiamo. Il decreto va oltre la norma prevista nella legge di stabilità, dove era stato inserito un tetto di 100 milioni. Grazie all'impegno del Governo italiano in sede europea, la platea è stata allargata, cancellando il tetto inizialmente previsto e assicurando un rimborso automatico e forfettario; vengono rimborsati quei risparmiatori con un reddito non superiore a 35 mila euro oppure un patrimonio mobiliare inferiore a 100 mila euro e il rimborso è pari all'80 per cento di quanto investito. Anche gli altri risparmiatori potranno accedere al rimborso, magari anche del 100 per cento a seguito di un arbitrato con l'Autorità nazionale anticorruzione. Il criterio scelto, Presidente, è quello dell'equità sociale: si sono tutelate, anzitutto, le fasce più deboli e chi è stato raggirato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Il decreto prevede poi delle misure che mirano a consolidare e ad accelerare la ripresa in corso. In questo senso il provvedimento contiene strumenti necessari a rimuovere alcuni degli ostacoli lasciati sul campo della crisi, contro cui le imprese devono combattere ogni giorno.
Abbiamo ascoltato molte critiche all'introduzione dell'istituto del pegno non possessorio, prassi peraltro diffusa nei Paesi europei più avanzati. Esso innova l'impianto tradizionale del pegno come garanzia reale, determinando almeno due effetti positivi rispetto al passato: da oggi l'imprenditore, che ha la necessità di ottenere un finanziamento, potrà offrire in garanzia i macchinari o altri beni strumentali ma, al contrario di quanto accadeva fino ad ora, quel bene resterà in suo possesso; resterà, cioè, all'interno dell'azienda, che potrà continuare a utilizzarlo per la propria attività. Chiedere un prestito non significa più rischiare il blocco dell'attività d'impresa. E i vantaggi non finiscono qui, Presidente. In questo modo l'imprenditore non solo continua a lavorare, ma evita di mettere in garanzia beni propri come, per esempio, la casa, @pagina=0045@scongiurando il pericolo di far finire la propria famiglia per strada (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Le aziende, Presidente, vengono anche spinte in questo modo su un cammino virtuoso, che può portare al superamento dalla commistione patologica tra patrimonio dell'impresa e patrimonio personale dell'imprenditore, che costituisce uno dei punti di notevole debolezza del nostro sistema produttivo.
Anche le polemiche sul patto marciano sono state costruite ad arte. Nel gridare ai rischi di questo tipo di meccanismo le opposizioni si sono accuratamente dimenticate di ricordare che il patto marciano consiste in un accordo raggiunto tra due parti, secondo modalità che mettono al riparo la parte più debole dai possibili squilibri legati al diverso potere contrattuale. La procedura di inadempimento non scatta, come si è voluto far credere, nei confronti di tutti gli imprenditori, ma solo di coloro che hanno scelto di ricorrere a questa tipologia di contratto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E per completare, Presidente, il quadro terroristico si è poi detto che il tempo necessario a far scattare l'inadempimento è di nove mesi, omettendo di aggiungere che l'imprenditore ha altri due mesi per far fronte ai suoi obblighi. Dunque, i mesi sono 11 ma diventano 14 nel caso in cui l'imprenditore abbia restituito parte del debito.
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PAGINA: 0003 La seduta, sospesa alle 11,25, è ripresa alle 11,30.
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PAGINA: 0003 Sul grave attentato verificatosi ieri ad Istanbul. (Vedi RS)
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PAGINA: 0048 Sul grave attentato verificatosi ieri ad Istanbul (ore 11,35).
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PAGINA: 0003 PRESIDENTE (Vedi RS) (Si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea ed i membri del Governo). Esprime, anche a nome dell'Assemblea, un sentimento di cordoglio per le vittime del grave attentato verificatosi nella giornata di ieri ad Istanbul.
Invita l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio).
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PAGINA: 0048 PRESIDENTE. Colleghe e colleghi, vorrei un attimo di attenzione (La Presidente si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Care colleghe, cari colleghi, come sapete, ieri Istanbul è stata colpita da eventi terroristici che hanno provocato molte vittime. Al momento, il bilancio è di almeno 36 morti e di circa 150 feriti. Esprimo la mia più ferma condanna ed indignazione per l'uso della violenza terrorista, nella convinzione che nessuna ideologia o credo religioso possa giustificare questi barbari attentati, che colpiscono persone inermi, così come colpiscono la pace e la democrazia. Ora più che mai tutta la comunità internazionale deve unire le forze per contrastare il terrorismo, impegnandosi in una battaglia comune contro la barbarie fondamentalista.
Ora più che mai l'Unione europea deve giocare un ruolo autorevole e credibile per la pace, la stabilità, il rispetto dei diritti fondamentali e la prosperità del Mediterraneo meridionale e del Medio Oriente, anche sviluppando sinergie effettive nelle attività di intelligence, di indagine e di repressione del terrorismo. In questo contesto, un ruolo importante può essere svolto anche dall'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo, di cui il nostro Parlamento ha appena assunto la presidenza, che si incontrerà sui temi relativi alle migrazioni, alla sicurezza, alla prevenzione e contrasto al terrorismo, alla crescita e all'occupazione, al turismo sostenibile e all'energia.
Ricordo che il Parlamento turco è membro dell'Ufficio di Presidenza della medesima Assemblea. A tutto il popolo turco desidero esprimere la vicinanza mia personale e dell'intera Camera dei deputati, che mi appresto a comunicare al Presidente della grande Assemblea nazionale turca, Ismahil Karaman. Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea e i membri del Governo osservano un minuto di silenzio). Vi ringrazio. Ora darò la parola agli iscritti a parlare sulla commemorazione della strage di Istanbul.@pagina=0049@
Ha chiesto di parlare la deputata Quartapelle Procopio. Ne ha facoltà.
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PAGINA: 0003 Intervengono per associarsi i deputati LIA QUARTAPELLE PROCOPIO (PD) (Vedi RS), MANLIO DI STEFANO (M5S) (Vedi RS), RENATO BRUNETTA (FI-PdL) (Vedi RS), ERASMO PALAZZOTTO (SEL) (Vedi RS), FABRIZIO CICCHITTO (AP) (Vedi RS), GIOVANNI MONCHIERO (SCpI) (Vedi RS), GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS), MILENA SANTERINI (DeS-CD) (Vedi RS), EDMONDO CIRIELLI (FdI-AN) (Vedi RS), DANIELE CAPEZZONE (Misto-CR) (Vedi RS).
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PAGINA: 0049 LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie, Presidente. L'attentato di Istanbul ci riempie di dolore ed esprimiamo tutta la nostra vicinanza ai cittadini turchi, alle loro istituzioni, alle vittime e ai loro cari. È un attentato che avviene in un Paese a larghissima maggioranza musulmana, durante il mese di Ramadan, e ci ricorda, con questo, che il terrorismo di cosiddetta matrice islamista colpisce in primo luogo quei cittadini e quei Paesi a maggioranza musulmana, e che non si ferma né durante le solennità religiose né davanti ai fedeli di quella religione che indegnamente dice di rappresentare. È un attentato che avviene il giorno dopo l'importante riapertura delle relazioni tra Turchia e Israele e dopo un inizio di distensione tra Ankara e Mosca.
Ancora una volta, il terrorismo prova a farsi più minaccioso quando si comincia a parlare la lingua della cooperazione. L'attentato a Istanbul ci riporta con la memoria alle dinamiche di quello di Bruxelles e non dobbiamo lasciare che solo i terroristi uniscano i popoli e le persone con la morte, ma nella nostra risposta e nella nostra vicinanza al popolo turco, alla Turchia e alle vittime dobbiamo dimostrare ancora più unità, perché è solo uniti che si sconfigge il terrorismo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). PAGINA: 0049 MANLIO DI STEFANO. Grazie, Presidente. Il MoVimento 5 Stelle si stringe attorno al popolo turco e al cordoglio per le vittime e per i feriti, e speriamo che quanti più di questi riescano ad uscirne nel migliore dei modi. Io credo che oggi l'Europa, l'Italia in primis, debba porre delle domande. Una su tutte: perché questa continuità di azione terroristica, qual è la stabilità in questo momento nel Paese della Turchia stessa, cosa è cambiato a livello politico dall'accordo con l'UE sui migranti alle frizioni che ci sono state con alcuni Paesi circostanti la Turchia, e qual è, quindi, oggi la stabilità che il Paese ha. Credo che una cosa fondamentale possa essere oltre, al cordoglio, quella di fare delle proposte concrete: una su @pagina=0050@tutte è quella di allargare gli orizzonti della cooperazione, specialmente in campo di Intelligence, specialmente con quei Paesi che si sono, anche a livello territoriale, offerti di farlo. L'Europa, evidentemente, non basta più nel suo contrasto al terrorismo, serve un'alleanza internazionale con Paesi dell'Est, penso sia alla Lega Araba, che alla Russia stessa, che si è offerta più volte di collaborare in campo di Intelligence. Il MoVimento 5 Stelle crede che questa sia una giusta risposta possibile, perché non è possibile pensare che la Turchia, con la situazione che ha, di instabilità, possa cavarsela da sola e l'Europa si è già dimostrata insufficiente. Quindi, noi rimarchiamo il nostro cordoglio per il popolo turco, ma passiamo dalle parole ai fatti, collaborando seriamente in termini di Intelligence. C’è una proposta nostra, in questo Parlamento: discutiamola e facciamo in modo che il nostro Paese spinga in tal senso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). PAGINA: 0050 RENATO BRUNETTA. Grazie, signora Presidente. È un attentato non solo contro la Turchia, ma contro la Turchia nel suo essere europea. Serve una risposta politica. Al di là della solidarietà doverosa, bisogna assolutamente rompere l'isolamento della Turchia, offrendo la strada ad Erdogan per riallacciare rapporti di più forte collaborazione con l'Occidente.
Erdogan ha impresso un corso politico alla Turchia che è carico di contraddizioni, apre all'accordo con l'Unione europea sui profughi, poi minaccia i Paesi che riconoscono il genocidio degli armeni, stringe forti accordi intra-sunniti con i palestinesi di Hamas e proprio ieri firma un Patto di pacificazione con Israele, critica Mosca per il suo aiuto ad Assad in Damasco e ora chiede scusa per il jet russo abbattuto scientemente al confine con la Siria.
L'Italia ha un ruolo importante: in questo momento si tratta di creare le condizioni di amicizia, di democrazia, di diritti umani e di sicurezza tali da poter coinvolgere la Turchia pienamente nell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente). PAGINA: 0051 ERASMO PALAZZOTTO. Grazie, signora Presidente. Istanbul ferita è la porta d'Oriente che crolla, quella porta che l'Europa aveva socchiuso dimenticando di difendere, porta che andava difesa tenendola aperta, perché Istanbul è un pezzo d'Europa e una parte di noi, di quell'Europa mediterranea e mediorientale di cui, nostro malgrado, siamo parte. Basta fare un giro per il Gran Bazar di Istanbul per riscoprirsi in uno qualsiasi dei grandi mercati delle nostre città del sud.
Ma il cordoglio, signora Presidente, oggi non può essere un'arma senza memoria e noi, in un momento così drammatico e stringendoci un po’ attorno al popolo turco che soffre di questo ennesimo attentato, abbiamo il dovere di ricordare che ci sono grandi responsabilità da parte del Governo turco rispetto alla condizione in cui oggi si trova la Turchia. Mi verrebbe da dire: chi semina vento, raccoglie tempesta, e le ambiguità che il Presidente Erdogan e il suo Governo hanno manifestato nei confronti del terrorismo di matrice islamica dell'Isis, per molto tempo, in questi anni, fomentandolo e sostenendolo, oggi si ritorcono contro il popolo turco e la nazione intera. PAGINA: 0052 FABRIZIO CICCHITTO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, nell'esprimere la più totale solidarietà nei confronti del popolo e anche del Governo turco, non possiamo certamente fare a meno di fare una riflessione critica e anche autocritica. Probabilmente, l'Europa alcuni anni fa perse una occasione, quando la tendenza della Turchia era nettamente vedere un approdo ad una aggregazione europea che, invece, fu rinviata per la resistenza di alcune grandi nazioni del centro Europa. E quella occasione persa poi ha determinato un'involuzione, all'interno della Turchia, di tipo autoritario, che certamente sta pesando negativamente.
Noi ci auguriamo che gli ultimi atti, fatti dalla Turchia recentemente, per esempio l'accordo con Israele, segnino un mutamento da questo punto di vista. Non c’è dubbio che occorre una grande solidarietà internazionale, dagli Stati Uniti, all'Europa, alla Russia, per battere davvero sul piano militare ISIS, perché è evidente che c’è un rapporto fra la possibilità di Daesh o ISIS di fare del terrorismo e il mantenimento o meno dei suoi insediamenti territoriali. Se si liquidano questi insediamenti territoriali, si perde, si viene a chiudere il punto di riferimento per cui questo terrorismo si sviluppa in questi modi così forti, oggi in Turchia, ieri in Francia e l'altro ieri in Belgio (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)). PAGINA: 0053 GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Poche parole, intanto, per dire che ho molto apprezzato le sue e anche il richiamo a una istituzione internazionale, come il Parlamento dei Paesi del Mediterraneo, può essere una occasione di incontro in un momento in cui è certamente più utile costruire occasioni di incontro, che non occasioni di scontro.
Oltre al doveroso dolore per le vittime numerosissime di questo ultimo attentato, un'altra considerazione banale: credo che sia difficile pensare a politiche di contrasto al terrorismo, a politiche attive di contrasto al terrorismo, perché qualsiasi politica può sempre essere interpretata in un senso opposto, può sempre essere vissuta con una sopraffazione, mentre invece magari si muove in una logica che, chi l'ha messa in atto, considera una logica d'aiuto.
In un contesto come questo, l'unica possibilità che ha il mondo occidentale, ed è indubitabile che la Turchia, in questo momento, sia stata vittima di questo attentato in quanto percepita come parte del mondo occidentale, anche se non è certamente assimilabile a noi, né per storia, né per cultura, ecco, credo che, al di là di queste divisioni sulla nostra storia e sulla nostra cultura, sia indispensabile potenziare tutte le attività di Intelligence, perché soltanto un'azione passiva può fornire qualche forma di resistenza alla minaccia terroristica che avremo ancora con noi per molti anni a venire. PAGINA: 0053 GIANLUCA PINI. Grazie, Presidente. È chiaro che il migliore alleato del terrorismo islamico è il modo con cui l'Occidente cerca di nascondere la natura barbara di questi atti violenti, che, contrariamente a quello che ha fatto rilevare la collega Quartapelle, colpiscono, sì, un territorio dove la religione islamica è la religione di Stato, di fatto, anzi forse sta andando un pochettino oltre a quello che era il pensiero di Ataturk di un secolo fa. Ma colpisce, comunque, non un piccolo aeroporto per i voli domestici, colpisce l'aeroporto internazionale, gli arrivi internazionali. Quindi è chiaro che le modalità di attacco sono rivolte verso l'Occidente o comunque verso quella parte della Turchia che guarda con interesse al mondo occidentale e magari una Turchia moderna che non è @pagina=0054@sicuramente quella di Erdogan. Quindi, richiamando e rivolgendo le nostre più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime, l'augurio di pronta guarigione a ormai gli oltre cento feriti di questo attacco infame nei confronti della libertà non solo dalla Turchia ma in qualche modo anche dell'Occidente, non possiamo non rilevare, Presidente, come nel suo discorso – mi perdoni – abbastanza ipocrita e molto vuoto con richiami a organismi internazionali assolutamente inutili, non si è avuto il coraggio di chiamare con il loro nome questi assassini: terroristi sì, ma terroristi islamici e questo ci dispiace. Allo stesso modo alla Turchia diciamo che il nemico della sicurezza non sono i curdi ma è l'ISIS. È vero che al momento – per lo meno se non è arrivata in questi minuti – non risulta una rivendicazione chiara ma è assolutamente chiaro che le modalità operative richiamano il daesh, non richiamano i curdi che sono invece per noi Occidente e dovrebbero essere anche per la Turchia e per Erdogan il primo vero alleato nel contrasto all'avanzata del daesh, chiaramente dopo i russi che hanno capito bene e prima di tutti la pericolosità del daesh. Quindi esprimo nuovamente condoglianze alle famiglie delle vittime, un augurio di un pronto ristabilimento a tutti i feriti ma non abbassiamo la guardia perché la sfida è veramente importante e soprattutto non abbassiamola fin dal primo momento cioè quello di dire chiaramente come stanno le cose e chiamare le cose con il loro nome: sono terroristi islamici, non solo semplicemente terroristi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). PAGINA: 0054 MILENA SANTERINI. Grazie, signora Presidente, colleghi, nello stringerci intorno alle famiglie delle vittime e a tutto il popolo turco, non possiamo non pensare a quanto il terrorismo omicida colpisca i punti di passaggio e di snodo, il simbolo della grande libertà di movimento a cui siamo abituati. Anche negli attentati a Bruxelles si è colpito l'aeroporto e la metropolitana e la Turchia è uno snodo tra il Medioriente e l'Europa, un ponte che si vuole far saltare. Ankara, la capitale, è stata colpita quest'anno da due attacchi: @pagina=0055@il 13 marzo, 37 morti; il 17 febbraio, 29 vittime, rivendicazione di estremisti curdi; ma più di cento persone persero la vita il 10 ottobre nell'attentato contro un corteo filocurdo; altri attentati nella stessa Istanbul. Colpire la città sul Bosforo vuol dire fare della storica convivenza fra Oriente e Occidente che quella città simboleggia un bersaglio, rendere insicura la vita degli occidentali ma anche colpire la caratteristica pluralità di genti. La Turchia è sia un punto di passaggio per i profughi che scappano dalle guerre e dal terrorismo sia campo di battaglia soprattutto nelle zone intorno a Kobanê. La lotta al terrorismo non può che partire da un lavoro di pacificazione di tutta l'area e una maggiore attenzione a quanto sta succedendo in Siria, una maggiore attenzione da parte di tutti, soprattutto dell'Unione europea, e spero che in questo senso il seggio ottenuto per un anno dall'Italia al Consiglio di sicurezza dell'ONU possa incidere. Se i terroristi vogliono una Turchia chiusa nella paura bisogna aiutare la Turchia a riprendere una via di pacificazione e un ritorno al suo ruolo di interscambio tra Oriente e Occidente (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico). PAGINA: 0055 EDMONDO CIRIELLI. Signora Presidente, colleghi, innanzitutto il gruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale intende esprimere la più viva solidarietà e soprattutto vicinanza alle vittime, ai feriti e a quelle famiglie che sono state colpite: europei, turchi, arabi in questa vergognosa esperienza che il terrorismo internazionale ancora una volta ci consegna. Chiaramente esprimiamo grande solidarietà anche al popolo turco ma un fermo richiamo al Governo della Turchia che per anni ha avuto un comportamento spregiudicato facendo affari con l'ISIS, tollerando questa pericolosa organizzazione terroristica per finalità che nulla hanno a che vedere con la libertà, con la democrazia e con la pace nel mondo. PAGINA: 0056 DANIELE CAPEZZONE. Grazie, signora Presidente. Purtroppo non basta il lutto, non basta il cordoglio e non basta l'abitudine che nel nostro Occidente abbiamo preso come dopo Parigi, come dopo Bruxelles alla teoria dei je suis. Credo, signora Presidente, che dobbiamo guardare le cose per quello che sono, anche quando sono terribili come in questo caso: da quindici anni il nostro Occidente non capisce che siamo dentro una guerra, che siamo dentro la stessa guerra: le due torri e poi Madrid e poi Londra, poi Copenaghen, poi due volte Parigi e poi Bruxelles e poi i turisti in Tunisia e poi l'aereo in Egitto e adesso Istanbul. Non è solo terrorismo, non è solo terrorismo fondamentalista, è terrorismo fondamentalista islamista. Naturalmente va da sé che non tutti gli islamici sono terroristi – chi lo sostiene è un folle – ma noi dobbiamo guardare in faccia la realtà e riconoscere che gran parte dei terroristi sono purtroppo fondamentalisti islamici e islamisti. Signora Presidente, bisogna guardare in faccia questa realtà e percorrere le tre strade difficili che sono davanti a noi e che stiamo scansando: la prima è quella della sconfitta militare di ISIS in Siria e in Libia, nei teatri dove usa il vuoto per imporsi; la seconda è mettere qui in discussione un multiculturalismo fallimentare che ha lasciato pezzi di territorio nelle mani di comunità che hanno imposto un'altra legge diversa dalle nostre leggi e dai principi occidentali; la terza – chiudo – @pagina=0057@ricordare che Atene seppe confrontarsi con Sparta certo perché aveva l’agorà e aveva la democrazia ma sapeva anche usare il linguaggio della forza. Ce lo ha spiegato Churchill un secolo fa, confrontandosi con il nazismo: non puoi pensare di sconfiggere i nazisti con i mezzi ordinari. Certo siamo forti della nostra civiltà, siamo forti della nostra democrazia ma dobbiamo anche usare il linguaggio della forza e del coraggio e se qualcuno pensa oggi di sconfiggere il terrorismo fondamentalista con gli strumenti ordinari, con gli interrogatori, con i verbali e con le procedure giuridiche ordinarie, temo che ci stiamo preparando ad altri lutti, ad altro cordoglio e ad altri je suis.
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PAGINA: 0004 PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (Vedi RS)
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PAGINA: 0057 PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 12)
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PAGINA: 0004 Seguito della discussione delle mozioni Vacca ed altri n. 1-01268, Centemero e Occhiuto n. 1-01283, Borghesi ed altri n. 1-01289, Brignone ed altri n. 1-01293, Marzano ed altri n. 1-01295, Pannarale ed altri n. 1-01298, Rampelli ed altri n. 1-01301 e Ghizzoni, Pisicchio, Vezzali, Santerini, Buttiglione ed altri n. 1-01312 concernenti iniziative volte a favorire l'accesso agli studi universitari, con particolare riferimento ad un'equa ripartizione delle risorse sul territorio nazionale. (Vedi RS)
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PAGINA: 0057 Seguito della discussione delle mozioni Vacca ed altri n. 1-01268, Centemero e Occhiuto n. 1-01283, Borghesi ed altri n. 1-01289, Brignone ed altri n. 1-01293, Marzano ed altri n. 1-01295, Pannarale ed altri n. 1-01298, Rampelli ed altri n. 1-01301 e Ghizzoni, Pisicchio, Vezzali, Santerini, Buttiglione ed altri n. 1-01312 concernenti iniziative volte a favorire l'accesso agli studi universitari, con particolare riferimento ad un'equa ripartizione delle risorse sul territorio nazionale.
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PAGINA: 0004 PRESIDENTE (Vedi RS). Avverte che è stata presentata la risoluzione Palese n. 6–00256 (Vedi All. A).
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PAGINA: 0057 PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Vacca ed altri n. 1–01268 (Vedi All. A), Centemero e Occhiuto n. 1–01283 (Vedi All. A), Borghesi ed altri n. 1–01289 (Vedi All. A), Brignone ed altri n. 1–01293 (Vedi All. A), Marzano ed altri n. 1–01295 (Vedi All. A), Pannarale ed altri n. 1–01298 (Vedi All. A), Rampelli ed altri n. 1–01301 (Vedi All. A) e Ghizzoni, Pisicchio, Vezzali, Santerini, Buttiglione ed altri n. 1–01312 (Vedi All. A) concernenti iniziative volte a favorire l'accesso agli studi universitari, con particolare riferimento ad un'equa ripartizione delle risorse sul territorio nazionale (Vedi l'allegato A – Mozioni e risoluzione).@pagina=0058@
Ricordo che nella seduta del 23 maggio 2016 ha avuto luogo la discussione sulle linee generali delle mozioni Pisicchio e Palese n. 1–01192 (Nuova formulazione), Vacca ed altri n. 1–01268 (Vedi All. A), Centemero e Occhiuto n. 1–01283 (Vedi All. A) ed è intervenuto il rappresentante del Governo.
Avverto che, dopo la discussione sulle linee generali, sono state presentate le mozioni Borghesi ed altri n. 1–01289 (Vedi All. A), Brignone ed altri n. 1–01293 (Vedi All. A), Ghizzoni ed altri n. 1–01294, Marzano ed altri n. 1–01295 (Vedi All. A), Pannarale ed altri n. 1–01298 (Vedi All. A), Buttiglione ed altri n. 1–01299, Rampelli ed altri n. 1–01301 (Vedi All. A), Ghizzoni, Pisicchio, Vezzali, Santerini, Buttiglione ed altri n. 1–01312 (Vedi All. A) che sono già state iscritte all'ordine del giorno. Contestualmente alla presentazione di quest'ultima mozione sono state ritirate le mozioni Pisicchio e Palese n. 1–01192, Ghizzoni ed altri n. 1–01294 e Buttiglione ed altri n. 1–01299.
Avverto, infine, che è stata presentata la risoluzione Palese n. 6–00256 (Vedi All. A). Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni e risoluzione).
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PAGINA: 0004 GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca (Vedi RS). Esprime il parere del Governo sulle mozioni presentate, nonché sulla risoluzione Palese n. 6–00256 (Vedi All. A).
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PAGINA: 0058 GABRIELE TOCCAFONDI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Grazie, Presidente. Innanzitutto, vorrei ribadire che rispetto alle premesse i pareri sono favorevoli. Sui dispositivi finali, per quanto riguarda la mozione a prima firma dell'onorevole Vacca n. 1–01268 (Vedi All. A), sul primo impegno, il parere è favorevole con la seguente proposta di riformulazione: «a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dell'autonomia delle università statali, iniziative normative sul controllo della contribuzione studentesca alle università statali, stabilendo un'area di reddito entro cui lo studente sia esente dal pagamento della contribuzione – fascia no tax – per tutti gli studenti con ISEE al di sotto di una determinata soglia, garantendo al tempo stesso un adeguato ristoro delle minori entrate delle università». Sul secondo punto, il parere è favorevole; sul terzo punto il parere è @pagina=0059@favorevole con la seguente riformulazione: dopo le parole: «ad assumere», aggiungere: «compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica» e poi resta invariato. Al quarto punto, favorevole; al quinto punto il parere è contrario.
Per quanto riguarda la mozione a prima firma onorevole Centemero n. 1–01283 (Vedi All. A), sul primo punto del dispositivo finale il parere è favorevole; sul secondo punto il parere è favorevole con riformulazione; dopo le parole: «ad assumere», aggiungere: «compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e gli impegni in altri settori».
Per quanto riguarda la mozione a prima firma onorevole Borghesi n. 1–01289 (Vedi All. A), sull'unico punto del dispositivo il parere è favorevole con una riformulazione; dopo le parole: «ad assumere», aggiungere: «compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e gli impegni in altri settori».
Sulla mozione a prima firma onorevole Brignone n. 1–01293 (Vedi All. A), sul primo punto il parere è favorevole con riformulazione, dopo le parole «ad assumere», aggiungere: «compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica». Sul secondo punto il parere è favorevole sempre con identica riformulazione, dopo le parole: «ad assumere», «compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e gli impegni in altri settore».
Sulla mozione a prima firma onorevole Marzano n. 1–01295 (Vedi All. A), sul primo punto il parere è favorevole, sul secondo punto sempre favorevole.
Sulla mozione a prima firma onorevole Pannarale n. 1–01298 (Vedi All. A), vi è una richiesta, su tutti i punti, dalla a) alla j), di aggiungere, in fondo ad ogni dispositivo finale, le parole: «compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e gli impegni in altri settori». Questo in tutti i punti, tranne nel punto g) su cui il parere è favorevole con una riformulazione che leggo: «a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dell'autonomia delle università statali, iniziative normative sul controllo della contribuzione studentesca, stabilendo un'area di reddito entro cui lo studente sia esente dal pagamento della contribuzione – fascia no tax – per tutti gli studenti con ISEE al di sotto di una determinata soglia, garantendo al tempo stesso un adeguato ristoro delle minori entrate delle università.@pagina=0060@
Sulla mozione a prima firma onorevole Rampelli n. 1–01301 (Vedi All. A), sul primo punto il parere è favorevole con riformulazione; dopo le parole: »ad assumere«, aggiungere: »compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica e gli impegni in altri settori«. Sul secondo punto il parere è favorevole. Sul terzo punto il parere è favorevole con riformulazione; dopo le parole: »ad assumere«, aggiungere: »compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica”.
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PAGINA: 0004 (Dichiarazioni di voto) (Vedi RS)
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PAGINA: 0061 (Dichiarazioni di voto)
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PAGINA: 0004 Intervengono per dichiarazione di voto i deputati PINO PISICCHIO (Misto) (Vedi RS), ORESTE PASTORELLI (Misto-PSI-PLI) (Vedi RS), GIORGIO LAINATI (Misto-ALA-MAIE) (Vedi RS), ROCCO PALESE (Misto-CR) (Vedi RS), GIOVANNA PETRENGA (FdI-AN) (Vedi RS), MILENA SANTERINI (DeS-CD) (Vedi RS), STEFANO BORGHESI (LNA) (Vedi RS), BRUNO MOLEA (SCpI) (Vedi RS), PAOLA BINETTI (AP) (Vedi RS), ANNALISA PANNARALE (SI-SEL) (Vedi RS), ANTONIO PALMIERI (FI-PdL) (Vedi RS), GIANLUCA VACCA (M5S) (Vedi RS) e MANUELA GHIZZONI (PD) (Vedi RS).
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PAGINA: 0061 PINO PISICCHIO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, i dati del declino @pagina=0062@dell'università italiana sono stati ampiamente offerti all'attenzione di quest'Assemblea dalle mozioni di tutti i colleghi che hanno, quest'oggi, proposto alla nostra attenzione una serie di riflessioni. Sono mozioni che raccolgono anche le inquietanti statistiche pubblicate dal gruppo di lavoro del professor Viesti nel libro «Università in declino», uscito ad aprile, ma per chi intendesse approfondire sono disponibili anche il diciottesimo rapporto di AlmaLaurea e le sintesi di ISTAT e di SVIMEZ, tutti convergenti nel lanciare l'allarme rosso per un Paese che sta negando a se stesso ogni possibilità di futuro, uccidendo i suoi centri di alta formazione. Se l'Italia, nella fascia d'età tra i 25 e 34 anni, occupa l'ultimo posto tra i Paesi OCSE con il 24 per cento di laureati, a fronte della media europea che sfiora il 40, fascia che nel Meridione si attesta intorno al 17 per cento, con abissi del 14 per cento in Puglia e in Sicilia, evidentemente occorre trovare immediati ripari che segnino in modo non formale un'inversione di tendenza forte, con un intervento massivo da parte anche della mano pubblica. Di fronte ad un disastro di queste proporzioni che fa registrare confronti largamente perdenti con l'università italiana di vent'anni fa, quando le immatricolazioni erano il 20 per cento in più, ogni rimozione, ogni rinuncia a squarciare il silenzio è atto colpevole da parte di una classe politica che ha, invece, il dovere di assumere responsabilità precise di fronte ai suoi giovani e di fronte al Paese. Per questo ho presentato la mia mozione che ha originato il dibattito odierno, per questo ho accolto di rinunciare ad una parte delle mie richieste per concorrere a costruire un documento condiviso con l'onorevole Ghizzoni e con gli altri che l'hanno sottoscritto che possa rappresentare la richiesta di tutto il Parlamento al Governo. Oggi, siamo, onorevole Presidente, come quell'uomo disperato nel celebre dipinto del grande Munch, il nostro urlo è lanciato per rompere il silenzio sull'università italiana, sull'università meridionale, sulle giovani generazioni, perché nessuno possa dire: non sapevo. PAGINA: 0062 ORESTE PASTORELLI. Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, i capaci e meritevoli, @pagina=0063@anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, così recita l'articolo 34 della Costituzione, ma tra tagli ai fondi statali, soglie per accedere alle borse di studio che si alzano di anno in anno e aumento costante delle tasse il sistema del diritto allo studio si è progressivamente impoverito.
Questo sistema si basa su finanziamenti statali, tasse regionali pagate dagli studenti e contributi del territorio; il calo negli anni degli stanziamenti statali, con l'eccezione di quest'anno, ha fatto sì che siano le regioni a dover assicurare la copertura delle borse di studio, con il risultato che uno studente riceve la borsa a seconda che si trovi in una regione piuttosto che in un'altra, creando l'anomala categoria degli studenti idonei ma non beneficiari. Senza un aumento delle risorse investite nella istruzione universitaria, nella ricerca e in una maggiore diversificazione e ampliamento dell'offerta didattica, anche in direzione tecnico professionale, appare difficile conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020, e si rischia di rimanere lontani dagli altri Paesi europei che investono molto più di noi.
Investire nei giovani, nell'istruzione e nella ricerca deve diventare una priorità, perché sono l'unica via per rilanciare occupazione e sviluppo. Per questi motivi esprimo il voto favorevole della componente socialista alla mozione a prima firma della deputata Michela Marzano e a tutte le altre mozioni sulle quali il Governo ha espresso parere favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)). PAGINA: 0063 GIORGIO LAINATI. Signora Presidente, gentili colleghi, le questioni poste oggi dalle mozioni non possono prescindere da due dati costituzionali di fondamentale importanza. Le norme in materia di diritto allo studio universitario trovano infatti il loro fondamento nella Costituzione, che all'articolo 3 affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori @pagina=0064@all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese; e che all'articolo 34 prevede, tra l'altro, che i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, e stabilisce che la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze che devono essere attribuite per concorso.
Da questi due principi dobbiamo partire, se vogliamo che il nostro Paese esca rapidamente dal preoccupante stato di salute che colpisce le nostre università. L'Italia, nel 2014, è stato lo Stato membro dell'Unione europea con la minore percentuale di giovani laureati. Sono dati allarmanti, che necessitano di un'inversione di tendenza attraverso analisi più approfondite sull'argomento ma anche tramite un complessivo ripensamento dell'indirizzo di Governo che riguardi l'istruzione superiore, che in questo caso specifico significa produzione culturale del Paese, formazione delle classi dirigenti e in particolare di quel capitale umano di qualità, che è il fattore produttivo decisivo nell'economia di una nazione, specialmente in un Paese così diverso al suo interno come l'Italia.
Non possiamo inoltre nasconderci dietro al fatto che ci sono disparità tra le varie università italiane anche all'interno delle stesse regioni. È per questo che chiediamo al Governo e al Ministro Giannini di farsi carico di un'azione politica che consenta al sistema universitario di tornare a competere all'interno del contesto europeo. Dunque, onorevoli colleghi, signora Presidente, conoscenze, ricerca e sviluppo appaiono quindi tasselli fondamentali di un quadro generale volto a rispondere alle carenze strutturali che il nostro sistema ha mostrato. PAGINA: 0065 ROCCO PALESE. Signora Presidente, le mozioni e la risoluzione che sono state presentate dimostrano due aspetti di carattere generale; il primo riguarda sostanzialmente tutto il sistema universitario italiano. I dati dell'OCSE e dell'Unione europea sono terribili: abbiamo una percentuale di laureati molto bassa. Non solo, abbiamo anche un'altra distorsione: c’è una larga maggioranza che addirittura non conclude il percorso formativo universitario. Detto questo, non c’è dubbio che si tratti anche di un problema di risorse di carattere generale rispetto al Fondo ordinario nazionale, che è stato ridotto negli ultimi anni. Questo ha comportato di fatto una caduta dell'attività formativa.
L'altro elemento di carattere generale è che a seguito di una serie di provvedimenti che riguardano soprattutto i criteri e le innovazioni che sono state apportate anche da questo Governo, in riferimento soprattutto all'attuazione del nuovo ISEE, ci sono delle disparità enormi. La risoluzione da noi presentata si propone soprattutto questo aspetto, cioè cercare di modificare i criteri. Non chiediamo che continui un assistenzialismo e che l'università e la ricerca siano una zona franca, una nicchia fuori controllo rispetto a tutto il resto della pubblica amministrazione, però non è possibile che ci siano dei criteri così distorsivi all'interno del riparto tali da penalizzare in maniera quasi mortale le università del sud rispetto ad altre università.@pagina=0066@
Certo siamo favorevoli ai cosiddetti costi standard, nessuno nega i costi standard, ma un conto è avere le centrali di acquisto per servizi e beni durevoli e un altro è il funzionamento stesso delle università, per le quali sicuramente vi debbono essere gli stessi prezzi, gli stessi costi – molto meglio se si fa per «legge Consip» in tutti i sensi –, diverso il problema quando i costi standard vengono applicati in maniera totalmente distorsiva, che poi determinano di fatto una vera e propria penalizzazione delle università del sud. Vanno invece supportate, attraverso una politica e un programma serio di investimento, perché l'aspetto formativo di un Paese è un investimento. Per questo motivo riteniamo che il Governo debba fare attenzione; faremo attenzione e daremo il nostro assenso alle mozioni che pongono esattamente questi due problemi. In riferimento poi all'aspetto della dotazione finanziaria, questo Governo non ha per nulla affrontato, signora Presidente, i due problemi cardini: uno atavico, vecchio, e l'altro che sta per essere affrontato. Quello atavico è in riferimento ai fondi strutturali del Fondo sociale europeo per l'istruzione. Ogni regione ha un suo mondo, e anche questo aspetto, è stato, oltre al problema dell'ISEE, soprattutto per le borse di studio, un altro criterio che ha procurato delle distorsioni, perché aumentare la dotazione finanziaria nazionale per le borse di studio quanto più forte, quanto più è alto il cofinanziamento delle università è chiaro che significa privilegiare le regioni più ricche, che hanno un gettito fiscale superiore rispetto alle altre. L'altro elemento è che i fondi comunitari potrebbero essere utilizzati molto meglio con la regia e gli indirizzi del Governo; non con la gestione del Governo, ma con la regia e gli indirizzi al Governo. In questo senso si prospetta una grande opportunità.
Il nostro Paese purtroppo non ha avuto una media di crescita del prodotto interno lordo negli ultimi tre anni in linea con quella che è la zona euro e, ahimè, addirittura Draghi annuncia che ci sarà un ulteriore peggioramento – almeno dello 0,3-0,5 – nei prossimi tre anni. Quindi, noi dovremo avere una dotazione finanziaria, come fondi strutturali e come Paese, di 1,4 miliardi di euro. Dunque, il Governo faccia in modo che queste risorse vengano utilizzate soprattutto in riferimento a quella che è l'alta formazione @pagina=0067@all'interno delle università, cercando di compensare tutte le misure di trasferimento di risorse vessatorie che questi criteri purtroppo hanno comportato nei confronti delle università del sud. PAGINA: 0067 GIOVANNA PETRENGA. Grazie, Presidente. Io vorrei precisare una cosa: apprezzo la buona volontà del Governo di accettare le nostre richieste nella mozione, ma chiedo, se è possibile, di espungere la parola: «compatibilmente» altrimenti noi, come gruppo Fratelli d'Italia, ci vediamo costretti a rifiutare questa riformulazione e ne spiego anche il motivo. La parola «compatibilmente» lascia il tempo che trova. Questo è un argomento molto importante: si parla di giovani e di istruzione. Il diritto allo studio è un diritto sancito dalla nostra Costituzione – l'articolo 3 della Costituzione lo sancisce – e quindi noi dobbiamo essere, sottosegretario, favorevoli e celeri nell'intervenire su questo argomento che si ripresenta ogni anno. Sono tanti i cambiamenti che si sono avuti nel corso degli anni e l'ultimo è quello della revisione del calcolo dell'ISEE, che ha penalizzato non pochi studenti. Quindi, ad essere penalizzato rimane sempre il sud, dove si registra un esodo e una mobilità di studenti che dalle regioni di residenza si spostano in altre regioni e registriamo un malessere all'interno degli atenei che, pur avendo dei validi professori e pur lavorando non poco proprio per portare studenti presso le loro sedi, tuttavia le iscrizione diminuiscono sempre di più.
Allora, se noi riusciamo ad essere tempestivi nel porre in essere tutte quelle richieste che noi abbiamo fatto nella mozione e, soprattutto, a dare un aiuto alle famiglie, che possono poi detrarre completamente – prendo un punto a caso – le spese scolastiche dei propri figli, allora noi siamo favorevoli e voteremo positivamente su questa mozione. Ma con la parola «compatibilmente» sinceramente non la possiamo accettare. PAGINA: 0067 MILENA SANTERINI. Grazie, Presidente. È da tempo che le università italiane percorrono strade sempre più intrecciate @pagina=0068@alla competitività internazionale ed è in questo contesto che sono nate le mozioni che oggi stiamo discutendo e approvando che hanno per oggetto soprattutto l'aspetto dell'equità e delle differenze tra gli atenei. Purtroppo, si è parlato, non inappropriatamente, di allarme a proposito delle università, perché l'Italia è ancora lo Stato membro dell'Unione europea che ha la minore percentuale di giovani laureati e anche un calo preoccupante, anche se contenuto quest'anno, degli immatricolati.
Ma, come sappiamo, il problema è sempre rappresentato, in particolare, dalle intense e forti differenze tra le varie Italie e, quindi, tra il calo del sud, del centro e del Nord (ovviamente, c’è un calo più contenuto nelle regioni del centro-nord). Quindi, se in tutto il Paese c’è una questione universitaria, se esiste una questione universitaria, di fatto i problemi più grandi rimangono nel Mezzogiorno, anche a causa del flusso migratorio dal sud verso le università del centro-nord, fenomeno certamente non negativo in sé ma che non deve approfondire il divario sociale ed economico. PAGINA: 0070 STEFANO BORGHESI. Grazie, Presidente. Stiamo parlando di un tema assolutamente delicato e fondamentale, ossia quello dell'accesso agli studi universitari. È un tema che è direttamente collegato al futuro dei nostri giovani e, quindi, al futuro di questo Paese. Vorrei ricordare che la Costituzione sancisce che la Repubblica ha il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale. Questo è il principio cardine da cui nasce il diritto allo studio, mentre nell'articolo 34 della Costituzione si prevede che «i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». Quindi, partiamo da questi dettami costituzionali che dovrebbero essere rispettati ma che, purtroppo, nei fatti vengono assolutamente disattesi. Infatti, nella situazione attuale vediamo che il finanziamento per il diritto allo studio universitario a livello nazionale copre poco più del 70 per cento delle richieste effettive, con una continua tendenza al ribasso e con diverse disparità tra le diverse università. In Italia – è già stato ricordato prima – solo il 34 per cento dei giovani, contro una media del resto dell'Unione europea del 50 per cento, consegue la laurea e questo è assolutamente un dato allarmante. Secondo quanto emerge dai dati raccolti dal Censis, le università italiane stanno perdendo sempre più immatricolati: 78 mila in meno negli ultimi dieci anni. Un trend che continua ad allontanare l'Italia dalla possibilità di raggiungere il 40 per cento dei laureati entro il 2020, come stabilito a livello europeo. Le cause di tale calo di immatricolazioni sono molteplici: il restringimento dei canali di accesso all'università, il numero programmato dei corsi di laurea, programmi di studio troppo antiquati e carenza di adeguati finanziamenti. È una situazione assolutamente allarmante e allarmante è non soltanto l'emorragia dei giovani studenti universitari, ma anche la fuga di coloro che hanno già conseguito una laurea, a riprova che, sempre @pagina=0071@più spesso, chi possiede qualità e titoli sceglie di massimizzarli puntando dove maggiori sono le opportunità economiche e l'impiego.
Il trasferimento degli studenti italiani post laureati, peraltro, rappresenta una perdita non soltanto in termini di risorse umane, ma anche in termini economici, il cui costo è stimato in 23 miliardi di euro. Quindi, partendo da un dettato costituzionale, abbiamo visto quella che è la situazione reale del Paese, che su questo tema è assolutamente drammatica. Quindi, avevamo invitato il Governo affinché si impegnasse ad assumere iniziative per prevedere un impegno sempre maggiore di risorse, attraverso il costante aumento dell'investimento di quote di prodotto interno lordo nel comparto universitario, per portarlo al livello degli altri Paesi europei, al fine di migliorare la situazione attuale, che accresce il divario tra i ceti sociali ed economici, in netto contrasto, appunto, con il dettato costituzionale.
Alla luce delle considerazioni fatte dal Governo e delle riformulazioni proposte, riteniamo che la riformulazione non sia accettabile, in quanto il tema è assolutamente delicato, e non vorremmo che la riformulazione servisse solo a dare un ok di facciata, al quale poi non venisse dato seguito con delle misure concrete che, appunto, migliorino un accesso agli studi universitari che, purtroppo, in questo Paese, è assolutamente più basso e decisamente più basso di tutta la media dell'Unione europea (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). PAGINA: 0071 BRUNO MOLEA. Grazie, signora Presidente. Ragionare di investimenti sulla cultura, la formazione e la conoscenza è un modo per scommettere sui giovani e per assicurare al Paese crescita e competitività. Il mondo del lavoro è in evoluzione e propone modelli sempre più autonomi rispetto al passato, con figure di manager, professionisti, esperti e tecnici capaci di interagire in un ambiente globalizzato e basato su modelli di comunicazione fatti di piattaforme veloci e online. In un siffatto mercato, può fare la differenza soltanto la formazione continua, la conoscenza delle lingue e delle tecnologie che @pagina=0072@consentono di rimanere al passo con i tempi e raccogliere le sfide. L'Europa ha scommesso sulla strategia della conoscenza e spera di arrivare al 2020 con una platea di laureati pari al 40 per cento della popolazione.
Un obiettivo che per noi è ancora molto lontano, visto che in Italia riesce a conseguire il titolo soltanto il 25,3 per cento degli iscritti ed è ancora molto alto il tasso di abbandono. A differenza di altri Paesi europei, in cui l'università è gratuita, da noi l'iscrizione ha il triste primato di essere cara, con un costo annuo che sfiora i 2 mila euro. E, se a questo si aggiunge il fatto che il numero di beneficiari di borse per il diritto allo studio in Italia è circa la metà rispetto alla Spagna, quasi un terzo rispetto alla Germania e più o meno un quarto di quello francese, si capisce come mai negli ultimi dieci anni si siano registrate significative flessioni nel numero delle iscrizioni. Nel 2015 quasi 45 mila studenti idonei, che per merito e fasce di reddito avrebbero avuto diritto a beneficiare di interventi a sostegno del reddito, ne sono rimasti privi per mancanza di fondi, e a pagare il prezzo più alto sono stati gli iscritti nelle regioni meridionali, più povere rispetto a quelle del nord.
Piuttosto che fotografare un sistema che va ripensato e modernizzato, dobbiamo guardare avanti, immaginare il ciclo di studi universitari come un'opportunità per i giovani e per il sistema Italia, che ha bisogno di mettere in campo professionalità; deve puntare sulle sue eccellenze e realizzare programmi ambiziosi. Il primo sforzo da fare è quello di consentire ai nostri ricercatori di avere spazi adeguati e investimenti congrui affinché possano essere convinti a restare. PAGINA: 0074 PAOLA BINETTI. Presidente, membri del Governo, colleghi, stiamo parlando del diritto allo studio come uno di quei diritti individuali che forse meriterebbero maggiore attenzione nella percezione di tutti noi, perché è uno di quei diritti che fanno da prerequisito importante per quella che poi è quella conquista di autonomia personale e di dignità, per quella possibilità di intervenire nella costruzione del bene comune del proprio Paese anche in misura adeguata e proporzionata alle proprie capacità, allo sviluppo dei propri talenti, e quindi anche alla promozione davvero del benessere sociale inteso a 360 gradi. Eppure, stiamo parlando di un diritto che è comunque tutelato dall'articolo 3 e dall'articolo 34 della Costituzione, dall'uno nella misura in cui chiede proprio di rimuovere gli ostacoli che creano differenze e discriminazioni tra i giovani, anche per motivi di luoghi dove si è nati, per motivi di reddito economico, ma, dall'altra parte, stiamo parlando anche di un diritto che, in qualche modo, viene tutelato anche come diritto proprio alla conoscenza e alla partecipazione alla costruzione di una società della conoscenza.
I numeri, però, ci dicono che questi diritti restano tali ancora troppo poco come diritti sulla carta. Lo hanno ripetuto molti dei colleghi, ma noi abbiamo che circa il 50 per cento, meno del 50 per cento, concretamente il 42 per cento degli studenti si iscrive all'università, e quest'anno abbiamo avuto una flessione abbastanza concreta e misurabile; e soprattutto, poi, di quelli che si iscrivono all'università, solo il 50 per cento riesce a laurearsi. È chiaro che questi due ostacoli pesano come macigni nell'ambito della capacità, da parte nostra, di considerare garantito davvero il diritto allo studio.
Ci si chiede perché soltanto il 40 per cento degli studenti si iscriva all'università, e potrebbe risultare una risposta reale, ma riduttiva, quella di ipotizzare una difficoltà soltanto sul piano di tipo economico, mentre, invece, noi dobbiamo immaginare @pagina=0075@che, probabilmente, accanto a questa difficoltà, possono essere presi in considerazioni altri parametri. Uno che potrebbe essere interessante analizzare è quello che riguarda quali sono le opportunità concrete che un giovane laureato ha oggi di inserirsi positivamente del mondo del lavoro. Ci sono molti studi che dimostrano come il possesso della laurea non solo non è garanzia di accesso al lavoro, ma molto spesso non è nemmeno a garanzia di una, come dire, possibilità di progresso all'interno del lavoro che tenga conto delle sue capacità. Molti dei laureati non solo sono inoccupati, ma sono anche sottoccupati, perché il contesto professionale non è in grado di assumere la qualità e lo spessore delle competenze raggiunte e, in qualche modo, di dare atto a questi ragazzi degli studi fatti e, quindi, anche, per quello che vale questa logica di contagio, della possibilità di trasmettere ai propri coetanei che studiare è bello, che studiare vale la pena.
Ci sono anche altri fattori che sono particolarmente interessanti da tenere presenti, tra cui il fatto che, negli abbandoni all'interno di un percorso universitario iniziato, gioca notoriamente una scarsa capacità di orientamento alla scelta della facoltà. Noi sappiamo che la legge n. 328, che tutela in qualche modo e che ha un interesse particolare nei confronti degli studenti, ha previsto un sistema tutoriale che interviene all'ingresso degli studenti, per garantire agli studenti una conoscenza di sé e una consapevolezza di quelli che sono non solo i propri interessi e le proprie motivazioni, ma anche le proprie capacità, che permetta di considerare la scelta universitaria come una scelta che davvero potrà essere percorsa con successo.
Ci sono molti errori iniziali, anche perché la campagna informativa che le università fanno, spesso tende più a tradursi in un'operazione di marketing, cioè la vendita di corsi di laurea per i quali oggi non c’è mercato di lavoro. Ancora ieri vedevamo dai giornali che i corsi di laurea in cui vi sono maggiori garanzie di trovare lavoro sono, da un lato, il corso di laurea in ingegneria, dall'altro, il corso di laurea in economia, ma noi sappiamo anche che ci sono corsi di laurea nel mondo scientifico che potrebbero permettere a questi ragazzi di trovare concrete prospettive di lavoro, mentre invece abbondano corsi di laurea per i quali, poi, non esiste mercato @pagina=0076@di lavoro. La disinformazione, da questo punto di vista, diventa in qualche modo responsabilità e, se vogliamo, persino colpa, da parte degli addetti ai lavori, perché mettono questi ragazzi in condizioni di buttar via non solo del tempo, ma spesso delle motivazioni e spesso anche una modalità di porsi davanti alla società.
Esiste poi un altro modo in cui noi tradiamo il diritto allo studio di questi ragazzi ed è durante il percorso universitario, nell'avere professori che non sono dedicati all'attività di didattica e di formazione. Possiamo avere professori anche geniali, brillantissimi, che fanno dell'attività di ricerca il punto, come dire, di vertice del loro lavoro professionale, ma che non si interessano dei ragazzi. Molto spesso, il rapporto con i ragazzi è visto quasi come una perdita di tempo, perché tutto sommato ciò che io sto facendo in università ha altri obiettivi, come dire, ha altri punti di riferimento, concretamente interessi che sono del docente ma che non sono interessi dello studente. Dove c’è un sistema tutoriale efficace, dove lo studente trova la possibilità di una relazione personale, concreta, con un docente, che lo aiuta ad orientarsi davanti alle sue difficoltà, che lo aiuta a prenderne coscienza, che lo aiuta in qualche modo a identificare le modalità per poterle risolvere, questi ragazzi riescono a concludere gli studi e riescono anche a concluderli con successo.
Cito uno per tutti gli esempi più importanti e più interessanti che abbiamo, che è quello della facoltà di medicina: il 98 per cento degli studenti che si iscrivono ad una facoltà di medicina, di fatto si laureano, che siano gli stessi corsi di laurea in medicina, o che siano i corsi di laurea delle professioni sanitarie. Questo è in gran parte dovuto al modello didattico che in queste facoltà è in uso da oltre vent'anni, che è quello di prendersi cura degli studenti uno a uno. L'aforisma che gira nell'ambito di queste facoltà è: prenditi cura dello studente, se vorrai che domani lo studente si prenda cura del suo paziente. Voglio dire che formare durante il percorso l'orientamento lungo il processo è garanzia di un diritto. Lo studente che, oggi come oggi, si iscrive all'università, davanti al paradosso che diminuiscono le borse di studio e aumento le tasse che deve pagare, non trova nemmeno ciò a cui ha più diritto, che è: qualità di formazione, qualità di una relazione @pagina=0077@di accompagnamento. Questo è un altro dei modi in cui noi, in qualche modo, defraudiamo gli studenti di un loro diritto. PAGINA: 0079 ANNALISA PANNARALE. Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, sottosegretario, il diritto allo studio è una di quelle questioni su cui, in qualunque contesto e in qualunque iniziativa o confronto pubblico, siamo soliti registrare i fiumi di dichiarazioni unanimi. Chiunque, a qualunque settore dell'emiciclo parlamentare appartenga, quando si parla di diritto allo studio, in genere è coralmente concorde nell'affermare che si tratta di un diritto fondamentale da cui dipende la crescita e la prospettiva del Paese, o ancora che il disinvestimento costante dei Governi nell'università pubblica e nell'accesso effettivo alla formazione secondaria è causa di profonde disparità territoriali e di una condizione progressiva di marginalità economica del nostro Paese.
Verità, queste ultime, su cui a parole siamo tutti d'accordo, ma quando bisogna individuare politiche reali e radicali, e soprattutto risorse certe, la distanza si apre e si allarga, e lo dimostrano, sottosegretario, le sue riformulazioni, ma ci arriverò fra poco. L'accesso alla formazione uguale ed effettiva per tutte e tutti dovrebbe essere al centro di tutti i processi sociali ed economici di un Paese. La situazione reale è, tuttavia, molto, molto diversa. In Italia il diritto allo studio non è una priorità indifferibile per Costituzione, è un diritto opzionale, accessorio, esigibile sulla base delle compatibilità finanziarie. In Italia, cioè, quello allo studio non è un diritto.
La normativa vigente, infatti, stabilisce che la concessione delle borse di studio è assicurata a tutti gli studenti aventi i requisiti nei limiti delle risorse disponibili, nonostante la nostra Costituzione preveda che lo Stato deve garantire su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni che riguardano diritti civili e sociali, comprese le provvidenze legate al diritto allo studio. E poiché di norma in norma il diritto allo studio si è via via configurato come competenza legislativa residuale delle regioni, sottoposte in questi anni a tagli ingentissimi, il risultato è che decine di migliaia di @pagina=0080@studenti idonei a conseguire una borsa di studio non percepiscono quella borsa perché non ci sono i fondi.
La figura dell'idoneo non beneficiario è un'insensata stortura tutta italiana. In questo Paese sono circa 40.000 gli studenti cui viene negato un diritto fondamentale pur avendo tutti i requisiti. Tre i canali di finanziamento come sappiamo: lo Stato che interviene solo con un fondo integrativo il quale segue una logica premiale e che oggi viene ripartito destinando maggiori risorse alle regioni che già investono di più in diritto allo studio, borse, posti alloggio e penalizzando invece le altre o, meglio, penalizzando di fatto gli studenti di quelle regioni che non impegnano fondi nel diritto allo studio. Se è vero che questo dovrebbe indurre ragionevolmente le regioni inadempienti ad impegnare maggiori risorse, è altrettanto vero che la combinazione tra il disinteresse di certe regioni e i criteri premiali del finanziamento statale si traduce in un pericoloso allargamento delle già profonde disuguaglianze territoriali.
Secondo canale di finanziamento sono le regioni che, lo abbiamo detto ora, intervengono in maniera inadeguata o eccessivamente differenziata da regione a regione con conseguenti gravi squilibri territoriali. Resta a questo punto l'ultimo canale, gli ultimi finanziatori: gli studenti. A sostenere l'onere maggiore sono proprio gli studenti attraverso una parte delle loro tasse universitarie, destinata al diritto allo studio. Questo pesa ormai per oltre il 42 per cento sulle spalle degli studenti stessi. L'Italia, sottosegretario, che è puntualmente agli ultimi posti in Europa per numero di laureati e risorse investite nella formazione, svetta addirittura al terzo posto – guarda un po’ – per il costo delle tasse universitarie, una condizione direi perfettamente coerente – lo dimostrano i dati – con la realtà di un Paese che investe molto di più in armamenti che in formazione. Eppure quella del diritto allo studio è una questione enorme, cruciale tanto da non poter riguardare esclusivamente le università e gli studenti. È un terreno vitale per ognuno perché ha a che fare con il miglioramento sostanziale delle condizioni di vita e con la rimozione delle disparità. Un Paese che investe in diritto allo studio è un Paese più giusto, un Paese più attento alla lotta contro tutte le disuguaglianze e non è un caso che in termini sociali chi patisce di più la situazione attuale di inconsistenza del diritto @pagina=0081@allo studio siano le famiglie più povere che sempre più spesso, davanti al fortissimo aumento delle tasse universitarie e all'assenza di misure di supporto sociale, rinunciano a mandare i propri figli all'università. Stiamo perdendo tante capacità, tanti talenti. Negli ultimi dieci anni nell'università italiana si è ridotto drammaticamente il numero dei laureati e degli studenti: questi ultimi si sono ridotti di oltre 66.000 unità con una flessione di oltre il 20 per cento. La maggior parte di questi studenti perduti sono quelli delle aree più povere del Paese, quelli del meridione, quelli a cui nel corso degli anni sono state sottratte importanti risorse. Ben il 75 per cento degli studenti meridionali, pur essendo idonei, non ricevono le agevolazioni per la prosecuzione dei loro studi ed è stretta la correlazione tra il numero dei laureati e crescita economica. La forte riduzione del numero dei laureati meridionali produce ripercussioni drammaticamente negative sulla situazione economica, sociale e culturale del sud. Se poi proiettiamo su scala europea le percentuali di studenti che ricevono una borsa di studio sul totale della popolazione studentesca di ogni Paese, la situazione del diritto allo studio in Italia appare ancor più drammatica e imbarazzante: l'Italia risulta il fanalino di coda in Europa per il numero di studenti che percepiscono una borsa di studio, una percentuale addirittura inferiore al 10 per cento; mentre Paesi come la Germania e la Francia viaggiano rispettivamente al 21 al 27 per cento con numero assoluto di studenti molto più alto e investimenti molto più elevati, fino ad arrivare a percentuali, che ovviamente sono assolutamente sorprendenti per i nostri standard, di Paesi del nord come Svezia e Danimarca dove la percentuale di studenti che ricevono la borsa di studio è rispettivamente del 77 e dell'80 per cento. In tutti i Paesi dell'Unione europea, tranne Italia e Grecia, esistono forme di reddito diretto per i soggetti in formazione. Si tratta di uno strumento che supera il modello assistenzialistico, che va oltre il mero sostegno a chi non può permettersi gli studi, che si pone l'obiettivo di rendere lo studente libero e responsabile delle proprie scelte, uno strumento di autonomia e di autodeterminazione che riesce a slegare i soggetti in formazione dalla famiglia e dalla condizione sociale di provenienza ed è in questa direzione che si muove o, meglio, si muoveva la nostra mozione verso l'urgenza @pagina=0082@di stanziare risorse adeguate per rendere il diritto allo studio effettivo su tutto il territorio nazionale ma anche verso la necessità di ripensare un sistema di welfare studentesco nazionale che abbatta le attuali disuguaglianze sociali e le tante disomogeneità territoriali. Avremmo bisogno di una più equa ripartizione della contribuzione studentesca, della previsione della no tax area per quei soggetti con ISEE bassi, della copertura totale dei fondi destinati alle borse di studio perché non ci sia più il fenomeno dei vincitori senza borsa. PAGINA: 0084 ANTONIO PALMIERI. Grazie, Presidente. Anch'io comincio da dove ha finito l'onorevole Pannarale nel senso che annuncio che anche il mio gruppo non intende accettare la riformulazione proposta dal Governo e dal pur ottimo sottosegretario Toccafondi che è qui in realtà come portavoce del Ministro dell'economia e delle finanze. Non possiamo accettarla per i motivi che già altri colleghi sia di Sinistra Italiana sia della Lega Nord sia di Fratelli d'Italia hanno già detto cioè che questa formulazione di fatto annega e ammazza ogni possibilità che il tentativo, che tutte le mozioni fanno di risolvere una questione di evidente ingiustizia, vada a buon fine.
Per questo motivo, senza farla troppo lunga, per quanto ci riguarda chiedo il voto per parti separate cioè di votare separatamente la premessa della nostra mozione rispetto all'impegno che non è stato riformulato dal Governo mentre, come ho detto poco fa, confermo che noi non accetteremo la riformulazione sull'altro nostro impegno proposto, fermo restando che il nostro auspicio è proprio che si rimetta mano a questa situazione, che queste sperequazioni che esistono tra regioni, tendenzialmente tra nord e sud, in termini di idonei alle borse di studio che non le ricevono, una volta data la borsa di studio, venga finalmente risolta e superata. Infatti il nostro auspicio è sempre stato quello che i soldi per l'istruzione universitaria siano spesi bene e la riforma Gelmini andava in questa direzione cioè, da un lato, realizzava il forte intento di tagliare i troppi sprechi allora esistenti nelle nostre università, dall'altro lato però voleva anzi che fosse fatta giustizia e fosse premiato il merito e quindi, all'interno di questa cornice, noi continuiamo a muoverci nella consapevolezza, come tutti hanno già detto, che l'istruzione universitaria sia uno dei motori fondamentali per il presente e per il futuro di questo Paese. Quindi, confermando che non accettiamo la riformulazione dell'impegno da noi presentato, confermo il nostro voto favorevole su tutte le altre mozioni (Applausi dei @pagina=0085@deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente). PAGINA: 0085 GIANLUCA VACCA. Grazie, Presidente. Finalmente, tra un ulteriore provvedimento a favore delle banche, magari, e un provvedimento a favore dei petrolieri, riusciamo a parlare anche, nei ritagli di tempo, di istruzione e di università, un argomento che dovrebbe essere, invece, centrale per questo Parlamento, perché, appunto, stiamo parlando del futuro del nostro Paese, non soltanto dei nostri ragazzi, ma di tutto il sistema Paese. Infatti, stiamo parlando, come è stato detto, di un diritto, quello allo studio, sancito, appunto, dalla nostra Costituzione. Ricordiamo che l'articolo 34 recita testualmente: «L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita»; «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi»; e «La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso». Quindi, si tratta di un diritto stabilito dalla nostra Costituzione e che è stato introdotto, semplicemente, per un motivo. La ragione per cui i nostri Padri costituenti hanno pensato bene di introdurre il diritto allo studio negli anni in cui si è dibattuto sulla nostra Costituzione è semplice: l'Italia aveva la necessità di aumentare il proprio livello di alfabetizzazione, aveva un gap enorme con gli altri Paesi vicini dell'Europa, in materia, appunto, di istruzione, in materia di alfabetizzazione, in materia di livello culturale della propria popolazione. Sappiamo benissimo la situazione nella quale si trovava l'Italia negli anni dell'immediato secondo dopoguerra e, quindi, sappiamo benissimo quale fosse, secondo i Padri costituenti che, evidentemente, sono stati fortemente lungimiranti, l'importanza di prevedere nella nostra Costituzione un diritto che cercasse di diminuire questo gap, questa distanza che ci separava dal resto degli altri Paesi a noi vicini, ovvero degli altri Paesi europei che erano in condizioni decisamente diverse rispetto alla nostra.
Ebbene, a distanza di tutti questi decenni, la situazione potremmo dire che non è cambiata di molto, anzi, il diritto @pagina=0086@introdotto dalla nostra Costituzione è, di fatto, ancora oggi, in parte, inatteso, perché ? Perché la distanza che ci separa, appunto, dagli altri Paesi a noi vicini, dagli altri Paesi dell'Unione europea, Paesi bene o male a noi simili, è sostanzialmente rimasta invariata. Il quadro, quindi, non è cambiato, il quadro, ovviamente al netto dei cambiamenti storici che ci sono stati in questi decenni, è, di fatto, lo stesso, nel confronto con gli altri Paesi. È un quadro impietoso, i dati sono tragici, come in parte è stato già detto. Partiamo dal dato principale: l'Italia continua a essere il Paese – lo sappiamo bene tutti – che spende di meno per quanto riguarda il comparto di istruzione. Siamo a un punto percentuale in meno di PIL rispetto agli altri Paesi, alla media degli altri Paesi, il 4 per cento rispetto al 5 per cento di media. Se analizziamo, poi, il dato sull'istruzione post-secondaria, ovvero l'istruzione terziaria, cioè l'istruzione universitaria, il dato è ancora più impietoso, perché noi abbiamo, addirittura, uno 0,3 per cento di spesa in rapporto al PIL contro una media dello 0,8 per cento. Cioè noi spendiamo per l'istruzione post-secondaria meno della metà della media degli altri Paesi dell'Unione europea. Cosa è successo in questi ultimi ? Beh, le dinamiche di questi ultimi anni, anche qui, sono tragiche e dipingono un quadro altamente drammatico: da una parte, abbiamo assistito a una diminuzione, negli ultimi dieci anni, di circa il 20 per cento degli studenti universitari, meno 20 per cento in dieci anni, dall'altra, parallelamente e contestualmente, abbiamo assistito a un amento della tassazione universitaria, sempre negli ultimi dieci anni, di circa il 50 per cento. Quindi, più tasse universitarie, aumento della contribuzione universitaria, diminuzione degli studenti universitari. Contestualmente, abbiamo avuto una diminuzione degli stanziamenti pubblici per le università, quindi, con una contrazione del fondo di finanziamento ordinario, così detto FFO. PAGINA: 0089 MANUELA GHIZZONI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, sono decine di migliaia i giovani diplomati che ogni anno nel nostro Paese decidono o sono costretti dalle contingenze a non proseguire gli studi universitari o la loro formazione. Questa è una pessima notizia ed è un errore strategico per il nostro Paese, che spreca così i loro talenti e rinuncia ad investire sulla loro intelligenza e sulla loro preparazione. È un problema non da poco, perché sappiamo che sarà il talento e non il capitale a fare la differenza per la crescita del nostro Paese, perché di fronte alla ristrutturazione planetaria delle gerarchie economiche e a una profonda trasformazione demografica, le società mature come appunto Italia potranno reagire solo se si baseranno sulla conoscenza per dare vita ad una società solidale, sostenibile e intelligente.
Non siamo oggi attrezzati ad affrontare questa sfida, lo hanno detto molti colleghi prima di me: abbiamo la maggiore dispersione scolastica in Europa, la minore percentuale di ragazzi che accedono all'università, il minor numero di laureati nella fascia di età 25-34 anni, rispetto a tutti i Paesi dell'OCSE. Le matricole, poi, sono sempre più ragazzi che escono dal liceo e sempre meno studenti che si diplomano negli istituti professionali e negli istituti tecnici, questo significa che non garantiamo più pari opportunità, mobilità sociale e uguaglianza sostanziale. Eppure avere più formazione e più laureati converrebbe a tutti, al Paese e alle persone. I dati smentiscono infatti chiaramente il luogo comune che la laurea è solo un pezzo di carta, perché il laureato vive più a lungo, guadagna di più e ha reagito meglio alla crisi.
Sono tutti dati che noi abbiamo inserito chiaramente nelle nostre premesse, e mi dispiace che il collega che è intervenuto prima di me evidentemente sia stato colpito da una sindrome di lettura selettiva e non abbia voluto vedere quello che chiaramente abbiamo scritto nella nostra premessa di mozione unitaria. Se poi – e anche questo abbiamo scritto nelle @pagina=0090@premesse – scomponiamo i dati su scala regionale, abbiamo un problema nel problema, cioè che al sud si registrano i minori tassi di accesso all'università, si registrano i tassi più alti di abbandono precoce o di ritardo negli studi, il minor numero di laureati e la più alta percentuale di mobilità, in particolare verso le università del nord. Questa è una sperequazione che noi non possiamo ignorare, se non vogliamo assistere inermi alla perdita di un intero pezzo di Paese in termini di giovani talenti inespressi e di opportunità perdute.
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PAGINA: 0005 PRESIDENTE (Vedi RS). Avverte le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse.
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PAGINA: 0092 PRESIDENTE. Colleghi, per favore ! È davvero insopportabile, lo dico anche ai rappresentanti del Governo, perché stiamo qui per lavorare, tutti, non solo alcuni. Prego, onorevole.
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PAGINA: 0006 La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 15.
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PAGINA: 0006 PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (Vedi RS)
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PAGINA: 0104 PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI
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PAGINA: 0006 Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata. (Vedi RS)
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PAGINA: 0104 Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
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PAGINA: 0006 GABRIELLA GIAMMANCO (FI-PdL) (Vedi RS). Illustra la sua interrogazione n. 3–02345 (Vedi All. A) sulle iniziative di competenza, anche in via di autotutela, volte all'annullamento dell'aggiudicazione di una gara bandita dal Consorzio canavesano ambiente (Cca) e dal commissario straordinario di Azienda servizi ambientali (Asa) nel dicembre 2012.
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PAGINA: 0104 GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie Presidente. Signor Ministro, nel 2012 il consorzio canavesano ambiente ed il commissario straordinario di Azienda servizi ambientali hanno bandito una gara d'appalto per l'acquisto del ramo rifiuti del precedente gestore e per l'esecuzione del servizio stesso.
Ad aggiudicarsi il bando è stata la Teknoservice, seguita dall'ATI, composta da San Germano, Derichebourg/Ederambiente; tuttavia sono emerse gravi ed insanabili anomalie nelle @pagina=0105@fideiussioni presentate da Teknoservice e queste criticità evidenti sono state riconosciute anche dall'Autorità nazionale anticorruzione nella delibera n. 373 di marzo scorso.
Perciò, signor Ministro, le chiedo se il Mise, come dovrebbe, abbia intenzione di far rispettare la legge, ripristinando la legittimità amministrativa della gara in questione ed attivando tutte le iniziative di competenza per l'annullamento in autotutela dell'aggiudicazione del bando a TeknoService e per la conseguente aggiudicazione dell'appalto alla seconda società in graduatoria.
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PAGINA: 0006 MARIA ELENA BOSCHI, Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento (Vedi RS). Risponde all'interrogazione.
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PAGINA: 0105 MARIA ELENA BOSCHI, Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Grazie Presidente, rispondo ovviamente in vece del Ministro Calenda e sulla base degli elementi forniti dal Ministero dello sviluppo economico: il consorzio ASA è in amministrazione straordinaria dal 28 aprile 2010.
Al momento dell'ammissione alla procedura si presentava come un'impresa multiutility operante sul territorio di 53 comuni. In particolare, la controllata al 100 per cento, Asa servizi S.r.l., anch'essa in amministrazione straordinaria, era affidataria dal Consorzio canavesano ambiente delle attività legate al settore dei rifiuti, come ricordato anche dall'onorevole interrogante.
Con provvedimento del Ministero dello sviluppo economico, in data 25 giugno 2013 il Commissario straordinario, il professor Stefano Ambrosini, è stato autorizzato ad aggiudicare in favore della Teknoservice Srl il ramo d'azienda servizi di igiene urbana.
All'esito della procedura espletata, il Commissario ha proposto di accettare l'offerta presentata dalla Teknoservice, a condizione che la stessa fornisse garanzie relativamente al pagamento dilazionato. In difetto, era richiesta l'autorizzazione ad accettare l'offerta del secondo classificato, ovvero l'ATI tra la società tedesca e la Ederambiente (oggi Helix Ambiente).
Nella relativa istanza, il Commissario Ambrosini ha riferito al Ministero che in un primo momento la gara era stata @pagina=0106@provvisoriamente aggiudicata all'ATI, con esclusione della TeknoService.
Con decisione del 18 aprile 2013, il TAR Piemonte aveva tuttavia riammesso quest'ultima alla gara.
Successivamente, il Commissario ha reso noto che, in data 14 dicembre 2013, la TeknoService aveva consegnato fideiussioni emesse dalla Fidi Roma e che, accertato successivamente che la Fidi Roma non era autorizzata al rilascio a terzi di garanzie, ne aveva chiesto ed ottenuto la sostituzione con fideiussione della FIGC LTD, ritenuta valida ed efficace.
Con istanza del 4 aprile 2016, l'Helix Ambiente ha chiesto a tutti gli enti coinvolti di procedere all'annullamento in autotutela dell'aggiudicazione, ritenendo la procedura svolta illegittima, in quanto le fideiussioni della Fidi Roma, fornite al momento della stipula, dovevano ritenersi non valide.
In precedenza, la stessa società aveva investito della vicenda l'ANAC, la quale ha concluso l'istruttoria il 30 marzo 2016, ritenendo fondate le censure della Helix.
Tali anomalie hanno determinato, ad avviso dell'ANAC, l'illegittimità dell'aggiudicazione.
In data 29 aprile 2016, il Commissario straordinario ha riscontrato la richiesta dell'ANAC, fornendo i necessari elementi informativi e concludendo, anche con il supporto del proprio legale, per l'inattuabilità della richiesta di annullamento.
La decisione del Ministero dello sviluppo economico in ordine alla richiesta di annullamento in autotutela, avanzata dopo quasi tre anni dall'aggiudicazione, deve essere vagliata esclusivamente sulla base dei presupposti e dei criteri previsti dalla legge, ai fini dell'esercizio del relativo potere.
A riguardo si evidenzia che nessuna delle censure formulate attiene al provvedimento di autorizzazione rilasciato nel giugno del 2013.
Ai sensi di legge – articolo 21-nonies della legge n. 241 del 1990 – i poteri di autoannullamento discrezionale da parte della piazza sono esercitati, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei @pagina=0107@provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati.
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PAGINA: 0006 Replica la deputata GABRIELLA GIAMMANCO (FI-PdL) (Vedi RS).
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PAGINA: 0108 GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie signor Ministro, ma non sono completamente soddisfatta di questa sua risposta, perché di fatto il Mise se ne sta lavando le mani.
Non sono soddisfatta non solo per la questione specifica, ma anche per ciò che da essa emerge, perché le prime anomalie nella gara d'appalto risalgono al 2013, eppure da allora il Mise nulla ha fatto in osservanza di ciò che prescrive la legge e nonostante una delibera dell'Anac rilevi chiaramente che Teknoservice non avesse per nulla le carte in regola per aggiudicarsi l'appalto.
La tanto decantata Autorità nazionale anticorruzione, poi, non è stata di nessuna utilità concreta in questa vicenda, a conferma che le imprese che vi si rivolgono non ottengono alcun reale beneficio dalla sua istituzione.
Il ruolo dell'Anac si limita a considerazioni ovvie sulla diffusione della corruzione, a proclami e protocolli di intesa, senza un'autentica ambizione di contrasto al fenomeno.
Se è questa la mission dell'Autorità tanto voluta dal Premier Renzi, francamente ne potevamo fare anche a meno.
Nel caso in questione, è evidente che la presentazione da parte di TeknoService di fideiussioni definitive non valide debba ritenersi criticità insanabile e pertanto ogni evento consequenziale è nullo, senza alcun effetto.
Sarebbe senz'altro possibile quindi per il Mise intervenire in autotutela all'annullamento di un atto che, come rilevato dall'Anac, non è da considerarsi annullabile, ma nullo, lo ripeto.
Inoltre, la stessa Autorità ha aperto il fascicolo ben prima del termine imposto dalla legge Madia per intervenire.
Il fatto che il Ministro dello sviluppo economico sia rimasto immobile dinnanzi ad una controversia le cui anomalie sono note all'Anac già da molto tempo è una sconfitta per tutti.@pagina=0109@
Il primo ad essere sconfitto è il Governo, che invece di lottare contro la corruzione ha messo in piedi l'ennesimo ente inutile, ma a perdere tutti i giorni sono soprattutto gli imprenditori che lavorano in modo onesto e che troppo spesso vengono penalizzati da chi fa del disprezzo delle regole un vero e proprio business, perché purtroppo, grazie a questo Governo, ha la possibilità di agire indisturbato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
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PAGINA: 0006 ADRIANA GALGANO (SCpI) (Vedi RS). Illustra la sua interrogazione n. 3–02346 (Vedi All. A) sugli elementi ed iniziative in merito alla circolare dell'Inps n. 94 del 2015 in materia di assicurazione sociale per l'impiego (NASpI) con riferimento al requisito delle trenta giornate di lavoro effettivo.
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PAGINA: 0109 ADRIANA GALGANO. Grazie Presidente e buongiorno Ministro Poletti. Come è stato ricordato nel titolo, la nostra interrogazione riguarda i giovani lavoratori dell'Ast che hanno meno di quarant'anni e che hanno accettato la procedura di mobilità.
Naturalmente riguarda loro, ma riguarda tutti gli altri in Italia nella stessa condizione.
Il requisito che è stato ricordato ha creato una discriminazione, in quanto, non potendolo avere, i lavoratori, questi lavoratori in mobilità, sono gli unici, dei lavoratori in difficoltà, a non poter usufruire della NASpI.
Allora noi la interroghiamo per sapere se questa diciamo «dimenticanza», per non aver citato i lavoratori in mobilità, è una dimenticanza e come pensate di sanarla oppure è una vera e propria di discriminazione e quindi le chiediamo una volta di più come pensate di sanarla.
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PAGINA: 0007 GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. (Vedi RS) Risponde all'interrogazione.
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PAGINA: 0110 GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Grazie Presidente e grazie onorevole, l'interrogazione prende le mosse dal caso dei lavoratori, anzi degli ex lavoratori della Thyssenkrupp Ast di Terni, i quali, terminato il periodo di mobilità, chiedevano di poter accedere alla NASpI, ma si sarebbero visti rifiutare questa richiesta per la mancanza del requisito previsto dalla legge, cioè 30 giornate di lavoro effettivo all'anno nell'anno precedente il periodo di disoccupazione.
Al riguardo, occorre precisare che la NASpI e l'indennità di mobilità costituiscono entrambe forme di sostegno al reddito, alternative tra di loro, volte a fornire una tutela ai lavoratori subordinati che abbiano perso involontariamente la propria occupazione.
Come chiarito con una circolare INPS n. 142 del 2015, successiva a quella citata dagli interroganti, il lavoratore subordinato che perde involontariamente il posto di lavoro accede all'una o all'altra forma di tutela, a seconda della tipologia di licenziamento.
In particolare, l'indennità di mobilità spetta ai lavoratori subordinati che, in presenza di tutti i requisiti di legge, abbiano subito un licenziamento collettivo, mentre la NASpI è prevista per i lavoratori dipendenti che abbiano perso il lavoro a seguito di licenziamento individuale. Pertanto, nel caso di specie, i lavoratori dipendenti della Thyssenkrupp, siti di Terni, a seguito dei licenziamenti collettivi disposti dall'azienda, hanno percepito l'indennità di mobilità. Dunque, il mancato accesso alla NASpI da parte dei lavoratori della Thyssenkrupp dipende dalla circostanza che gli stessi hanno già beneficiato dell'indennità di mobilità e non dalla mancanza del requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono il licenziamento. Da ultimo voglio precisare che non si può parlare di discriminazione tra lavoratori che beneficiano del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria e lavoratori che beneficiano delle indennità di mobilità, in quanto il rapporto di lavoro dei primi, i lavoratori in cassa integrazione, è sospeso, mentre il rapporto di lavoro dei secondi, i percettori di indennità di mobilità, è un rapporto risolto. Nel caso dei lavoratori della Thyssenkrupp di Terni non risulta che la società abbia fatto domanda di accesso alla @pagina=0111@cassa integrazione e, pertanto, i suoi lavoratori non hanno potuto godere dell'indennità di cassa integrazione straordinaria, ma solo dell'indennità di mobilità.
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PAGINA: 0007 Replica la deputata ADRIANA GALGANO (SCpI) (Vedi RS).
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PAGINA: 0111 ADRIANA GALGANO. Io la ringrazio per la risposta, Ministro, però, osservo questo: il requisito per cui le persone in mobilità non possono ricevere la NASpI è stato successivo alla loro presa di decisione e finché non c’è stato quell'inserimento del requisito, noi ci troviamo di fronte a persone che hanno preso delle decisioni, hanno fatto dei progetti di vita, in un momento in cui trovare lavoro è molto difficile, sulla base di determinate prospettive che quella previsione successiva ha tolto. Quindi, io ritengo, invece, che una discriminazione ci sia, perché penso che la mobilità riguarda persone che, alla fine, sono costrette ad andare via, perché qualcuno da un'azienda se ne deve andare, altrimenti fallirebbe la procedura di mobilità, e io penso che tutti coloro che sono costretti a fuoriuscire da un'azienda e che lo fanno sacrificandosi perché l'azienda continui a stare in piedi abbiano diritto ad un periodo di tutela uguale, cioè non possiamo creare questa disparità di trattamento, perché, altrimenti, è chiaro che ci sono dei lavoratori che in un momento di difficoltà hanno più prospettive degli altri e ciò dipende da quello che sceglie l'azienda. In termini di etica e di opportunità e regole uguali per tutti, non ci siamo proprio.
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PAGINA: 0007 ROBERTO CAPELLI (DeS-CD) (Vedi RS). Illustra la sua interrogazione n. 3–02347 (Vedi All. A) sui chiarimenti in merito alla predisposizione dell'accordo tra Stato e regione per la rideterminazione della presenza militare in Sardegna, con particolare riferimento all'impegno a destinare i 250 uomini della brigata Sassari, o di altro corpo militare, alla nuova caserma di Pratosardo a Nuoro
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PAGINA: 0112 ROBERTO CAPELLI. Signor Presidente, signora Ministra, il tema, il merito dell'interrogazione è già stato illustrato dal Presidente nella presentazione di questa interrogazione,. La premessa – mi rifaccio alla premessa – ci riporta nell'ambito e nell'alveo della presenza militare in Sardegna, con particolare riferimento alle servitù militari che, ricordo, hanno una presenza abbastanza consistente in Sardegna, nonché ai tre poligoni più grandi d'Europa.
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PAGINA: 0007 ROBERTA PINOTTI, Ministra della difesa. (Vedi RS) Risponde all'interrogazione.
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PAGINA: 0113 ROBERTA PINOTTI, Ministra della difesa. Grazie, Presidente, grazie, onorevole; come lei ha ricordato si sta lavorando con la regione Sardegna. In realtà, noi, già nel giugno 2014, avevamo attivato, come Ministero, una conferenza sulle servitù militari. In relazione a questa conferenza si erano poi sottoscritti due protocolli d'intesa, uno con la regione Puglia e l'altro con la regione Friuli Venezia Giulia, per, appunto, armonizzare e per parlare delle compensazioni necessarie. Con la regione Sardegna, invece, non si è riusciti, in quel momento, ad arrivare ad un accordo condiviso e si è attivato un tavolo di concertazione che ha dato come primo frutto, nel gennaio del 2015, un accordo per fare un tavolo tecnico. Questo tavolo tecnico sta lavorando, è un tavolo istituzionale, e l'obiettivo è proprio quello che ricordava lei di giungere a definire l'effettiva realtà militare nell'isola, ossia le misure di riequilibrio e di armonizzazione. Lei ha citato, anche – non lo ha fatto nella premessa ma ho letto la sua interrogazione – la proposta di implementazione del programma SIAT che noi riteniamo importante, perché è un programma che, a parte essere altamente tecnologico, e questo può portare nuove competenze alla regione, soprattutto, ha come obiettivo quello di ridurre l'attività a fuoco per aumentare l'attività di simulazione. Ovviamente è una proposta, dovremo ragionare con la regione, ma noi pensiamo che possa essere una proposta interessante.@pagina=0114@
Per arrivare alla conclusione di questo lavoro che si sta facendo, per poter sottoscrivere anche con la regione Sardegna un protocollo d'intesa stiamo lavorando anche con la Presidenza del Consiglio, perché si sta ragionando su un accordo più complessivo Governo-regione Sardegna. Come lei ha detto, la presenza dei militari in Sardegna è una presenza importante che ha anche delle ricadute economiche – questo non lo ha detto in premessa, ma lo ha detto nell'interrogazione – e comprendo pienamente, anche, quindi, il senso del suo quesito che è riferito alla caserma costruita a Pratosardo, a Nuoro, una caserma che, come ha ricordato, è stata costruita in questi diciotto anni con soldi pubblici, quindi è un elemento importante, e che va resa operativa. Capisco anche il suo interesse che è rispetto alla presenza militare, ma, credo, anche, rispetto alle ricadute economiche che una presenza può avere in quel territorio. Allora, io le confermo che le Forze armate e non altri utilizzeranno la caserma; non posso ancora specificare chi la occuperà, perché sta lavorando lo Stato maggiore dell'esercito che sta facendo un approfondimento, ma sono per dirle che in tempi brevi sarà occupata e sarà occupata da personale delle Forze armate.
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PAGINA: 0007 Replica il deputato ROBERTO CAPELLI (DeS-CD) (Vedi RS).
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PAGINA: 0114 ROBERTO CAPELLI. Ministra, non utilizzerò tutti e due i minuti a mia disposizione, dichiarandomi pienamente soddisfatto della sua risposta e auspicando che i tempi da lei annunciati tra le righe siano rispettati anche dalla regione sarda, per quanto ho capito dalla sua comunicazione, che si attivi e si renda disponibile, quanto prima, per una nuova regolamentazione, nei termini e nei modi dovuti che lei ha illustrato, della presenza militare in Sardegna. Auspico anche che questa sua risposta serva a dare serenità e tranquillità, a non prestare il fianco a notizie devianti su utilizzi diversi di quella caserma. Quindi, confido molto sui termini della sua risposta e la ringrazio.
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PAGINA: 0008 ANDREA CAUSIN (AP) (Vedi RS). Illustra la sua interrogazione n. 3–02348 (Vedi All. A) sulle iniziative in sede europea volte a favorire il processo di attuazione di una politica di difesa comune.
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PAGINA: 0115 ANDREA CAUSIN. Grazie, Presidente; signor Ministro, il referendum del 23 giugno sulla Brexit ha imposto all'Unione europea una forte e urgente riflessione sul proprio futuro. La sicurezza è certamente una delle questioni che maggiormente sta a cuore a noi cittadini europei e la politica di difesa comune prevista dal Trattato di Maastricht del 1992, purtroppo, non è mai andata oltre alla cooperazione pur positiva delle missioni NATO o delle missioni ONU, dove sono stati impegnati i Paesi europei e non è mai stata, nemmeno, assunta nessuna iniziativa nella direzione di creare una forza o un esercito permanente. Chiediamo perciò, visto anche il ruolo importante dell'Italia nel futuro dell'Unione europea, di sapere se il Governo intende adottare in sede europea qualche iniziativa che vada nella direzione di una politica e di una difesa comune.
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PAGINA: 0008 ROBERTA PINOTTI, Ministra della difesa. (Vedi RS) Risponde all'interrogazione.
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PAGINA: 0115 ROBERTA PINOTTI, Ministra della difesa. Grazie, Presidente, e grazie anche all'onorevole Causin per questa domanda così importante. Gli esiti del referendum britannico avranno ricadute anche nel campo della difesa ovviamente, e andranno valutate con cura. Posso dire che certamente l'Europa senza l'Inghilterra è più povera nella difesa, ma lo shock può nel medio termine risultare un'opportunità, se l'Europa saprà avere un cambio di marcia e finalmente rilanciare il processo di integrazione.
Nel settore della sicurezza e della difesa si possono fare passi avanti concreti e da tanto attesi. Per fare dei passi concreti bisogna cominciare individuando gli strumenti di cui dobbiamo dotarci. Per affrontare crisi, oltre all'impegno politico, @pagina=0116@diplomatico ed umanitario, devono esserci in Europa, oltre che capacità civili, anche capacità militari autonome. L'Italia ha molto sostenuto la missione Sophia EUNAVFOR MED, perché era un esempio concreto di come l'Europa della difesa si può muovere su un problema nascente intorno ai propri confini, in questo caso nel Mediterraneo. Ovviamente questo non preclude, anzi può potenziare, le collaborazioni con altre organizzazioni internazionali, per esempio con la NATO – lei ha citato anche l'ONU –, ma è importante che l'Europa abbia anche un profilo autonomo. Quindi, che cosa si può fare concretamente ? Si può perseguire un più efficace coordinamento politico-militare, si può avere strumenti di pianificazione comune, si può avere un efficace sistema di condivisione delle informazioni. Dobbiamo usare in toto il potenziale offerto dal Trattato dell'Unione: c’è l'articolo 44, quello che prevede le cooperazioni rafforzate, che finora non abbiamo esplorato in tutte le potenzialità che può dare, anche per creare delle complementarietà fra le Forze armate dell'Europa. Tutto ciò può trovare spazio nella strategia globale dell'Unione europea, che è di prossima emanazione e che definirà i livelli di responsabilità dell'Europa nello scenario mondiale. A seguito di questa strategia si promuoverà – noi lo stiamo sostenendo con forza – un Libro bianco della difesa comune, con obiettivi e indirizzi per la difesa europea. Questo è lo strumento dove mettere i passi in avanti, con un piano di azione per la difesa europea che incentivi le collaborazioni comuni, la sicurezza degli approvvigionamenti e la ricerca tecnologica duale. Nel nostro, quello nazionale, Libro bianco della difesa questi obiettivi erano già perfettamente delineati e quindi ci muoveremo su questa direttrice, perché riteniamo che sia fondamentale, anche nel campo della difesa, forse soprattutto nel campo della politica estera e della difesa e della sicurezza, che oggi l'Europa faccia dei passi avanti concreti e percepibili dai cittadini.
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PAGINA: 0008 Replica il deputato ANDREA CAUSIN (AP) (Vedi RS).
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PAGINA: 0116 ANDREA CAUSIN. Presidente, ringrazio la signora Ministro perché ha tracciato in modo efficace una direzione di marcia, che prevede anche un ruolo primario per l'Italia nell'assumere @pagina=0117@un'iniziativa che vada nella direzione della creazione di una forza di difesa e una politica di difesa comune europea, che è un'esigenza, perché la complessità della situazione della sicurezza esterna, cioè di confini, e anche la complessità della sicurezza interna, cioè il rischio che corriamo nelle nostre città perché ci sono dei focolai di fondamentalismo che sono collocati fisicamente e geograficamente in giro per il mondo, la percezione di questo elemento di sicurezza richiede una nuova cultura, anche di investimento sui temi della sicurezza.
In Europa si spende poco e si spende male in sicurezza – la NATO ha richiamato più volte a questo tema –: si spende meno del 2 per cento del PIL a fronte di un'insicurezza crescente dovuta a fenomeni politici, sociali ed economici esterni. Ed è sempre più chiaro che la politica degli Stati Uniti rispetto all'Europa sarà una politica defilata, di un Paese che ha grandi difficoltà, grandi complessità in questo momento e che non è più disposto a spendere molto per la sicurezza degli altri. Io credo che l'Italia, come ha giustamente detto il Ministro Pinotti, debba essere in prima fila per assumere questa iniziativa. Noi possiamo farlo, anche perché la nostra esperienza è riconosciuta, il nostro contributo nelle missioni internazionali è un contributo di eccellenza.
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PAGINA: 0008 RICCARDO NUTI (M5S) (Vedi RS). Illustra l'interrogazione Brescia n. 3–02349 (Vedi All. A) sulle iniziative per una razionalizzazione della gestione degli sbarchi dei migranti, anche con riferimento all'utilizzo del porto commerciale di Augusta.
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PAGINA: 0118 RICCARDO NUTI. Ci avete mentito sull'utilizzo del porto di Augusta per i centri di primo soccorso, impropriamente chiamati da voi hotspot: rispondendo ad un altro question time in Aula, proprio lei, Ministro Alfano, ci aveva assicurato che ad Augusta non ci sarebbe stato alcun hotspot. Anche se non ne avete istituito uno ufficialmente, di fatto il porto commerciale di Augusta funge da hotspot. Il 24 giugno, infatti, sono giunti sulle coste siciliane 2.100 migranti, di cui 1.135 solo nel porto di Augusta. Questo sta mettendo a repentaglio le attività del porto commerciale e in grave difficoltà l'intera città, che non è assolutamente attrezzata ad accogliere le migliaia di migranti, soprattutto i minori, che ogni giorno sbarcano sulle nostre coste. Proprio sui minori il sindaco è in notevole difficoltà, perché non ha più possibilità di assisterli dignitosamente. Pertanto, le chiediamo nuovamente quali misure intende disporre per garantire una gestione razionale di arrivi via mare, la presa in carico e la tutela dei migranti salvati e per interrompere l'utilizzo come sede di sbarco del porto commerciale di Augusta, come aveva precedentemente annunciato.
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PAGINA: 0008 ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. (Vedi RS) Risponde all'interrogazione.
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PAGINA: 0119 ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Presidente, onorevole Nuti, sono due cose distinte e separate l'utilizzo del porto di Augusta e la creazione dell’hotspot. Se lei le mescola e dice che io avevo detto di no a tutte e due, prendiamo i verbali, lo stenografico del mio precedente question time e si accorgerà che non è così. Quindi, ribadisco: noi non faremo, come non abbiamo fatto, un hotspot al porto di Augusta. Non lo abbiamo fatto, non è nelle nostre intenzioni e non lo faremo. Punto ! Altro tema è la legge del mare, che implica il salvataggio dei migranti presso il porto più sicuro. Allora non è che c’è solo Agusta, vedrà che tutti i porti della Sicilia del sud. Siccome non si può capovolgere la Sicilia e li facciamo arrivare direttamente a Termini Imerese – la Sicilia del sud è quella lì, non la puoi girare – i migranti arrivano nei porti della Sicilia del sud. Questo significa che ci fa piacere ? No. Senz'altro dobbiamo sostenere le amministrazioni che sorreggono il nostro sforzo. Mi riferisco a tutte quelle amministrazioni che hanno avuto il carico di avere lo sbarco dei migranti. Aggiungo anche che mi rendo conto soprattutto della fatica di coloro i quali hanno da gestire un gran numero di minori non accompagnati che è veramente elevato.
Proprio su questo ieri ho avuto una lunga conversazione con il presidente dell'ANCI Sicilia, con il presidente dell'associazione nazionale comuni italiani sezione Sicilia, cioè con il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, per affrontare il tema dei minori non accompagnati in uno spirito di collaborazione e di cooperazione, non escludendo neanche, dal mio punto di vista per dare maggiore efficienza al sistema sul tema specifico dei minori non accompagnati, l'ipotesi di un intervento normativo.
La questione dei minori non accompagnati sapete che è una questione risalente nel tempo, che ha visto anche una frammentazione di competenze tra il Ministero del welfare e il Ministero dell'interno, e proprio con recenti provvedimenti normativi abbiamo provveduto a unificare le competenze, dando maggiori responsabilità al Ministero dell'interno. Vi sono tante amministrazioni comunali che ci danno una grande mano d'aiuto, sicuramente quella di Augusta così come quella @pagina=0120@di Palermo, ma non solo Augusta e Palermo, potrei citare tanti altri comuni della Sicilia che meritano di essere sostenuti di più e di avere una mano d'aiuto.
Chiederò probabilmente al Governo e al Parlamento di valutare un intervento proprio per risolvere questo problema, nel senso generale del tema dell'emigrazione e degli sbarchi. Quello che voglio ribadire, perché faceva parte del pezzo scritto della sua interrogazione, è che quest'anno, al giorno 29 giugno, siamo sostanzialmente allineati ai numeri dell'anno scorso. Nel nostro sistema di accoglienza ce ne sono 125 mila; faccio presente che in Germania, nel solo 2015, ne sono arrivati 1.200.000. Noi eravamo l'emergenza, due anni fa, oggi abbiamo prodotto dei connotati di efficienza, per quanto riguarda le commissioni d'asilo, i loro tempi, il loro arretrato e per quanto riguarda le impronte digitali, e oggi non siamo l'emergenza d'Europa.
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PAGINA: 0008 Replica il deputato GIUSEPPE BRESCIA (M5S) (Vedi RS).
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PAGINA: 0120 GIUSEPPE BRESCIA. Grazie, Presidente. Ministro Alfano, ma lei chi crede di prendere in giro ? Ma come si permette di venire qui e parlare di Augusta come un porto qualsiasi della Sicilia ? Io qui ho una tabella che dimostra che Augusta è il porto più utilizzato e, mi viene da dire, guarda caso l'unico porto siciliano governato da un sindaco del MoVimento 5 Stelle. Guarda caso, è l'unica città dove non ci sono strutture adeguate per accogliere né i migranti, in generale, ma soprattutto dove non ci sono strutture adeguate per accogliere i minori. Quindi, voi siete degli irresponsabili a fare questo, perché mettete a rischio il sindaco di Augusta di reati penali gravi, come l'abbandono di minori. Non vi dovreste permettere di fare una cosa del genere solo per degli sporchi giochi politici o anche per i vostri affari, perché voi continuate ad essere volutamente incapaci. Sapete benissimo – e l'ha detto – che gli sbarchi non sono più una vicenda emergenziale e vanno affrontati come qualcosa di strutturale, però ci facciamo trovare sempre impreparati. Li facciamo arrivare in un porto che non è attrezzato a riceverli; è un porto commerciale, eppure è il porto dove ne arrivano di più in assoluto. Sarà un caso ? Secondo noi non lo è più e non si può più pensare che sia un caso.@pagina=0121@
Inoltre, c’è da dire che su questa questione degli hot spot vi state dimostrando, per l'ennesima volta, di essere dei servi dell'Europa. State eseguendo gli ordini e vi fate tenere come dei cani al guinzaglio di quest'Europa, soltanto che questo guinzaglio si sta trasformando in un cappio al collo dei sindaci, appunto, e del sindaco di Augusta in primis. Io le dico soltanto una cosa, in conclusione: tenga presente che qui si parla di persone, di vite umane, sia dei migranti sia dei cittadini italiani, siciliani, che da sempre ormai sono costretti a sopportare queste vessazioni. Quindi, per quel poco tempo che le rimane da Ministro, perché tra un po’ sarà finita la giostra per voi, ricopra quel ruolo dignitosamente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
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PAGINA: 0008 GUIDO GUIDESI (LNA) (Vedi RS). Illustra la sua interrogazione n. 3–02350 (Vedi All. A) sulle iniziative per la piena trasparenza dei finanziamenti diretti alle moschee e ai centri culturali islamici.
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PAGINA: 0121 GUIDO GUIDESI. Grazie, Presidente. Ministro, da uno studio del suo Ministero del 2015 è certificato che esistono 700 luoghi di culto islamici in Italia. Tra questi vi sono centri islamici, moschee, sale di preghiera, eccetera. Arrivano in Italia 18 milioni di euro all'anno che giungono da Paesi come Qatar, Arabia Saudita e Turchia, con l'obiettivo di finanziare ed estendere l'Islam nel nostro Paese. Ogni anno una fondazione del Qatar finanzia iniziative come queste per 6 milioni di euro; 4 milioni arrivano dalle associazioni e dalle Onlus turche e 8 milioni da quelle dell'Arabia Saudita. La stessa fondazione qatariota pare abbia donato all'Ucoii 25 milioni di euro per costruire 33 moschee in Italia. Ma stiamo parlando della stessa fondazione che pare abbia nel 1997 finanziato Al-Qaeda e Bin Laden.
Siamo, per cui, a chiedervi se è vostra intenzione comporre una legge ed una norma, che oggi non c’è ...
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PAGINA: 0008 ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. (Vedi RS) Risponde all'interrogazione.
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PAGINA: 0122 ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Presidente, il tema della raccolta dei mezzi finanziari a sostegno di possibili attività terroristiche, spesso mimetizzate da finalità di proselitismo religioso o da scopi apparentemente caritatevoli, è ben noto agli organismi di intelligence finanziaria del nostro Paese. Vorrei precisare che in Italia il fenomeno è attentamente seguito dall'apposito comitato di sicurezza finanziaria costituito nel 2001, all'indomani dell'attentato alle Torri Gemelle. Come è noto, è un organo collegiale di alto profilo, che siede presso il Ministero dell'economia e delle finanze, e come scopo primario ha quello della prevenzione del riciclaggio e della tutela, a questo fine, del nostro sistema di intermediazione finanziaria. È presieduto dal direttore generale del Tesoro.
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PAGINA: 0008 Replica il deputato GUIDO GUIDESI (LNA) (Vedi RS).
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PAGINA: 0124 GUIDO GUIDESI. Grazie, Presidente. Ministro, non c’è alcuna intenzione di fare una normativa nello specifico solo ed esclusivamente per la religione islamica. Si può farla tranquillamente per tutti. Certo è che questo problema ce l'abbiamo solo con quella religione e certo è che la preoccupazione è elevatissima quando si scopre che una fondazione qatariota che finanzia – e poi le faccio un paio di esempi – centri culturali islamici, anche su territori di dimensioni molto minori, finanzia la proliferazione di questi centri e di questi luoghi di culto per circa 31 milioni di euro, con un piano da 25 milioni di euro per 33 nuove moschee in Italia, ed è la stessa fondazione che pare abbia finanziato al-Qaeda. Dunque, è ovvio che questa preoccupazione c’è ed è una preoccupazione notevole.
In Italia le comunità musulmane sono insediate per più della metà al nord: il 39 per cento nel nord-ovest e il 27 per cento al nord-est. La percentuale più alta è in Lombardia, dove ci sono 80 associazioni islamiche. Non sono solo i dati a dirci dove sono insediate queste associazioni, ma sono altresì anche le indagini e gli arresti che sono stati fatti. La preoccupazione è evidente; dove ci sono luoghi di aggregazione, che stanno proliferando, ci possono anche essere coperture, come è stato in Belgio e in Francia, di papabili terroristi. Allora, se non c’è questo rischio, o qualcuno si assume questa responsabilità e lo dice o se invece c’è questo rischio dal nostro punto di vista serve una normativa che tracci i finanziamenti in entrata e in uscita e da e per centri islamici all'interno dell'Italia. In Austria c’è una normativa e l'hanno fatta.
A tal fine, altresì Ministro, io credo che in un momento come questo ci debba essere anche la responsabilità non solo vostra, del vostro Governo e del vostro Ministero, ma anche di @pagina=0125@alcune amministrazioni comunali, che addirittura fanno bandi per l'insediamento di centri culturali islamici; faccio l'esempio della città di Crema, che ha fatto un bando appositamente per un'associazione – appositamente per un'associazione ! – islamica residente a Crema...
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PAGINA: 0009 GIUSEPPE GUERINI (PD) (Vedi RS). Illustra l'interrogazione Beni n. 3–02351 (Vedi All. A) sulle misure a favore dei braccianti stranieri che lavorano nelle campagne di Rosarno.
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PAGINA: 0125 GIUSEPPE GUERINI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, come noto, l'8 giugno scorso, esattamente tre settimane fa, nella tendopoli che si trova tra San Ferdinando e Rosarno si è verificato l'omicidio di un bracciante straniero a seguito di una lite scoppiata tra alcuni cittadini non comunitari. Secondo quanto si è appreso, la vittima avrebbe aggredito con un coltello un bracciante per futili motivi e successivamente avrebbe cercato di rapinare un altro uomo. Durante l'intervento delle forze dell'ordine, la vittima si sarebbe scagliata con un coltello contro i militari, uno dei quali, dopo essere stato ferito, avrebbe sparato, colpendo il bracciante a morte.
Ovviamente, è stato immediato l'avvio delle indagini, che sono tuttora in corso, da parte della magistratura, per accertare se il milite abbia o meno agito per legittima difesa, ma non è questo l'oggetto di questa interrogazione. Quello che, in realtà, si intende cercare di capire è quali iniziative si intendano assumere per procedere alla chiusura definitiva della tendopoli tra San Ferdinando e Rosarno, al fine di garantire soluzioni abitative dignitose per i braccianti stranieri che lavorano nelle campagne, e come si intenda dare maggiore efficacia alla repressione del fenomeno della tratta di esseri @pagina=0126@umani, del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori stranieri, attuando politiche tese a favorirne l'integrazione.
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PAGINA: 0009 ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. (Vedi RS) Risponde all'interrogazione.
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PAGINA: 0126 ANGELINO ALFANO, Ministro dell'interno. Sì, grazie. La morte del giovane maliano ha riproposto, con evidenza drammatica, la condizione dei braccianti stranieri nella piana di Gioia Tauro, per la quale è evidente come si impongano iniziative urgenti, come esattamente sollecitano gli onorevoli interroganti. Proprio questa mattina ho incontrato il neosindaco di Rosarno per provare a studiare, anche insieme a lui, una strategia complessiva che riguardi i profili vari di tutta questa delicatissima vicenda, perché, per superare la situazione alloggiativa, per esempio, una situazione alloggiativa che si registra da tempo nel territorio reggino, sono già ora in corso iniziative che porteranno al più presto alla realizzazione di un nuovo insediamento consono alle esigenze di carattere igienico-sanitarie.
Si tratta di una prima risposta, che ha l'obiettivo di scongiurare un prolungamento indefinito dello stato di degrado abitativo e che vede attivamente coinvolta la prefettura di Reggio Calabria, firmataria, peraltro, lo scorso 19 febbraio, di un protocollo di intesa a cui hanno aderito sia le istituzioni pubbliche che enti del privato sociale. L'iniziativa ha coinvolto la regione, la provincia, i comuni di San Ferdinando e Rosarno, la Croce rossa, la Caritas diocesana e le associazioni Emergency e Medici per i diritti umani.
In forza di questo accordo, partiranno a breve i lavori per l'allestimento di un campo con nuove attrezzature e servizi adeguati, e in questo ambito si interverrà sulla sistemazione degli impianti fognari, sulla raccolta e lo smaltimento dei rifiuti e si provvederà anche alla demolizione dei manufatti abusivi che insistono su quell'area. In sostanza, si tenderà a migliorare immediatamente le condizioni di vivibilità della comunità dei migranti, in vista di una soluzione definitiva affidata, invece, a progetti di integrazione e di inclusione sociale di competenza della regione. Oggi con il sindaco abbiamo parlato anche di interventi sulla sicurezza di quella città e di quella comunità.@pagina=0127@
A questa prima fase di risanamento il Ministero dell'interno contribuisce con un significativo sostegno finanziario pari a 450 mila euro, mentre la regione metterà a disposizione fino a 300 mila euro. Quanto alle iniziative di prevenzione e di contrasto del fenomeno del caporalato, aggiungo che sono 22 le operazioni specifiche condotte nel territorio reggino dal 1o gennaio di quest'anno, che hanno consentito verifiche sulle condizioni di regolarità di 818 lavoratori e su 124 aziende operanti in vari settori. Sottolineo che questa azione di controllo ha portato ad intercettare anche alcuni casi di riduzione in schiavitù, deferiti alla procura distrettuale competente.
Su un piano più generale, ricordo che l'attenzione e l'impegno del Governo sui temi del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori sono testimoniati da un protocollo di intesa che ho sottoscritto lo scorso 27 maggio con i Ministri del lavoro e delle politiche agricole e forestali, nonché con gli esponenti di vertice delle cinque regioni, Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Basilicata, maggiormente colpite dal fenomeno, coinvolgendo le organizzazioni sindacali e il mondo dell'associazionismo. Tutti gli organismi firmatari – e concludo – hanno messo le loro risorse e il loro know-how al servizio di una strategia complessiva volta a realizzare l'integrazione dei lavoratori stranieri stagionali e la repressione di ogni forma di illegalità nell'intermediazione della manodopera.
A livello locale, sarà cruciale la regia delle prefetture, chiamate ad un'azione di coordinamento attraverso l'attivazione di tavoli permanenti finalizzati all'individuazione di progetti da realizzare in base alle esigenze delle singole realtà territoriali.
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PAGINA: 0009 Replica il deputato PAOLO BENI (PD) (Vedi RS).
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PAGINA: 0128 PAOLO BENI. Signor Ministro, la ringrazio e mi dichiaro anche soddisfatto degli impegni che lei ci ha annunciato, dei progetti di cui ci ha riferito. Voglio aggiungere un appello: facciamo presto, facciamo presto a metter mano alle condizioni di precarietà abitativa e igienico-sanitaria delle condizioni di vita degli stagionali extracomunitari presenti nella piana di Gioia Tauro. Facciamo presto anche a intensificare il contrasto e la repressione dello sfruttamento di queste persone, che sono costrette a lavorare per paghe da miseria e spesso senza alcuna tutela o garanzia. Vede, questa situazione – lei lo sa bene – va avanti da troppo tempo. La rivolta del 2010, in qualche modo, portò alla luce, accese i riflettori sulle condizioni dei braccianti di Rosarno, ma poi il problema è stato presto dimenticato, è rimasto irrisolto.
Penso che noi non possiamo permettere che in un Paese civile come il nostro ci siano persone costrette a vivere in condizioni tali da vedersi negati i diritti più elementari e la stessa dignità umana, così come non possiamo accettare che un pezzo importante della nostra economia si regga sullo sfruttamento del lavoro nero o, addirittura, sul ricatto del caporalato. Tutto questo, lei capisce bene, Ministro, è non soltanto un vulnus ai nostri valori costituzionali, ma è anche una minaccia alla convivenza delle nostre comunità, come dimostrano le tensioni che ciclicamente riesplodono. Quindi, bene che si siano fatti questi progetti, bene che si sia deciso di agire in un'ottica di sistema con il protocollo siglato lo scorso 19 febbraio, che vede coinvolti tutti gli enti, dal Governo nazionale ai comuni, alla regione e anche alle associazioni.
Lei sa bene che il nostro Paese – e concludo – sta facendo sforzi encomiabili sul terreno dell'accoglienza dei migranti. Bene, a questi sforzi va aggiunto l'impegno per una buona integrazione nelle nostre comunità sociali, per il contributo importante che queste persone possono portare allo sviluppo economico e sociale del Paese. È evidente, io credo, che @pagina=0129@garantire diritti, sicurezza, condizioni di vita dignitose a queste persone non faccia altro che aumentare il livello della sicurezza, della qualità di vita...
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PAGINA: 0009 ANIELLO FORMISANO (Misto-M.PPA-Mod) (Vedi RS). Illustra la sua interrogazione n. 3–02352 (Vedi All. A) sugli orientamenti del Governo in ordine ad un ampliamento delle scriminanti in merito alla legittima difesa per coloro che subiscono un reato nel proprio domicilio.
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PAGINA: 0129 ANIELLO FORMISANO. Grazie, Presidente, Ministro, la necessità di presentare questa interrogazione serve per ottenere il punto di vista del Governo su una questione che sta diventando paradossale. I casi di cronaca li conosciamo tutti quanti; qui arriviamo all'assurdo che, se qualcuno entra in casa nostra, dobbiamo stare attenti a non chiuderlo dentro, perché altrimenti possiamo incorrere nel reato di sequestro di persona. C’è una discussione in atto e nessuno vuol violentare né la Camera dei deputati né il Senato della Repubblica, ma altresì vorremmo far presente che dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur, nel senso che, ogni tanto, poi, bisogna pur decidere.
E credo che su queste questioni gli italiani stiano aiutando la classe politica a decidere. Non più tardi di qualche settimana fa, al Senato, sono state consegnate oltre un milione e 200 mila firme di cittadini della Repubblica italiana che chiedono un maggiore inasprimento della pena e chiedono che, comunque, nel domicilio vi sia una scriminante tale che consenta a chi è in casa di potersi legittimamente difendere.
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PAGINA: 0009 ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. (Vedi RS) Risponde all'interrogazione.
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PAGINA: 0130 ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. Onorevole Formisano, sa bene che su questo tema e su quello della tutela dell'inviolabilità del domicilio il Governo ha già presentato un emendamento all'interno del disegno di legge penale per l'inasprimento delle pene per quanto riguarda le rapine e i furti all'interno di appartamenti, tra l'altro già approvato da questo ramo del Parlamento. Sa bene infatti che il tema della tutela dell'inviolabilità del domicilio e della sicurezza delle persone che vi dimorano coinvolge valori di rango primario che l'ordinamento assicura attraverso disposizioni volte a garantire il contemperamento dei diversi beni e interessi coinvolti. Com’è noto il legislatore è già intervenuto rivisitando l'originario impianto normativo: è stato da un lato aggravato il trattamento sanzionatorio delle condotte predatorie consumate nei luoghi di privata dimora in considerazione dell'elevato valore dei beni tutelati e, dall'altro lato, si sono riformulati i presupposti di applicazione della causa di giustificazione della legittima difesa in caso di reazione armata avversa a un'aggressione portata proprio nei luoghi in cui si esplica lo ius excludendi. È stata così introdotta la presunzione ex lege dell'inevitabilità della reazione e di adeguatezza della difesa del bene della vita e della incolumità personale a fronte di un'offesa dal carattere particolarmente pervasivo. L'opera nomofilattica della Cassazione ha già offerto soluzioni interpretative adeguate sui limiti di applicazione della legittima difesa i cui presupposti sono rimessi al prudente apprezzamento dell'autorità giudiziaria che valuta di volta in volta le circostanze del caso concreto. Il Governo quindi non può che seguire con particolare attenzione tutte le iniziative normative finalizzate alla ridefinizione dei contorni della legittima difesa con riguardo sia agli effetti derivanti dall'errata valutazione dei presupposti di fatto che hanno determinato la reazione sia alle conseguenze dell'eccesso colposo in ordine al superamento dei @pagina=0131@limiti di giustificazione della difesa. Si tratta di una materia che chiama in causa sensibilità diverse che dovranno trovare nel dibattito parlamentare un'adeguata composizione per la declinazione di soluzioni soddisfacenti ed aderenti ai princìpi costituzionali e sovranazionali. In conclusione vorrei in questo dibattito che tenessimo una stella polare. È nostra responsabilità – io credo la responsabilità di chi legifera – non mandare messaggi sbagliati alla società in ordine ad un tema tanto delicato poiché dobbiamo evitare il rischio, già noto in molte società, che si incentivi una maggiore circolazione delle armi tra i cittadini. Lo dico perché là dove questo è avvenuto non ha portato a una maggiore sicurezza ma a un aumento esponenziale delle morti da arma da fuoco come ricordava proprio ieri il Presidente dell'Associazione nazionale dei magistrati. Ritengo, quindi, che cercare un diverso punto di equilibrio può essere possibile ma con l'avvertenza che richiamavo in conclusione.
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PAGINA: 0009 Replica il deputato ANIELLO FORMISANO (Misto-M.PPA-Mod) (Vedi RS).
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PAGINA: 0131 ANIELLO FORMISANO. Grazie, Presidente. Ministro, noi ci riteniamo parzialmente soddisfatti da quanto lei ci ha illustrato non perché abbiamo in animo di incentivare ciò a cui faceva riferimento lei nella parte finale della sua risposta. Lungi da noi l'idea di ingenerare convincimenti sbagliati nella parte dei cittadini o dalla parte dei cittadini in una sorta di autodifesa: così non va bene. Tuttavia non va bene neanche che si demandi alla magistratura unicamente ed esclusivamente il limite entro il quale poter legiferare. Noi abdichiamo ad un ruolo che è nostro e noi dobbiamo legiferare senza legittimare aspettative che non potrebbero esserci e sulle quali noi moderati – guardi un po’ chi gliela la fa questa questione, i moderati di centrosinistra che sono un gruppo che sostiene questa maggioranza e che sostiene questo Governo – però quando ci arrabbiamo, i moderati arrabbiati poi diventano pericolosi. Allora non è giusto che si demandi alla magistratura di stabilire i limiti ed i confini entro cui legiferare. Noi dobbiamo legiferare sapendo che ci aiutano a legiferare i cittadini che ci sono dietro e che noi rappresentiamo qui in queste Aule. Ovviamente parlo da parlamentare: mi rendo @pagina=0132@conto che la sua responsabilità è una responsabilità di Governo però anche lei, prima di sedere nei banchi del Governo, è stato parlamentare e sa bene quanto è importante tener conto di quello che i cittadini trasmettono ai propri rappresentanti e ovviamente lei sa bene, come so bene anch'io, che noi molte volte dobbiamo moderare le istanze dei cittadini ma non possiamo però dire che la nuova legislazione dipende unicamente ed esclusivamente da quello che la magistratura con i suoi provvedimenti ha già stabilito. Non funziona così il rapporto tra gli organi dello Stato: noi siamo Assemblee legislative e il Governo ha una funzione importante nell'orientare le scelte delle Assemblee legislative.
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PAGINA: 0009 ANNALISA PANNARALE (SI-SEL) (Vedi RS). Illustra l'interrogazione Scotto n. 3–02353 (Vedi All. A) sugli orientamenti del Governo in merito alla questione della cosiddetta stepchild adoption.
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PAGINA: 0133 ANNALISA PANNARALE. Grazie, Presidente. Ministro Orlando, pochi giorni fa una storica sentenza della Corte di Cassazione si è espressa a favore dell'adozione dei bambini all'interno di coppie dello stesso sesso. Questa sentenza importantissima ha sancito un principio fondamentale: l'interesse del minore è preminente, superiore e viene prima di tutto. Come sappiamo, a differenza della magistratura, la politica invece ha mostrato tutta la sua debolezza stralciando dalla legge in materia di unioni civili ogni possibilità di adozione per i figli di coppie dello stesso sesso. Ai bambini e alle bambine deve essere garantita sempre la massima protezione. Per questo le chiediamo, Ministro, cosa intenda fare perché Governo e maggioranza promuovano l'approvazione rapida di una legge in materia di adozione nelle coppie dello stesso sesso, portando il nostro ordinamento italiano a conformarsi ai principi delle convenzioni internazionali in materia di diritti dei bambini, garantendo cioè che essi possano essere adottati dall'altro genitore dello stesso o di sesso diverso con adozione piena anche sotto il profilo del riconoscimento della parentela con i fratelli e con i nonni.
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PAGINA: 0009 ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. (Vedi RS) Risponde all'interrogazione.
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PAGINA: 0134 ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. Il tema che gli interpellanti sollecitano riguarda la delicata questione delle cosiddette stepchild adoption. Com’è noto l'articolo 44 della legge n. 184 del 1983 che disciplina l'adozione in casi particolari, tra cui l'adozione del figlio del coniuge, non pone alcun divieto in base all'orientamento sessuale dell'adottante. Detta modalità adottiva soccorre anche nelle ipotesi in cui non vi è stata dichiarazione dello stato di adottabilità. In questo contesto normativo si scrive la tematica sollecitata, rivelatasi di estrema delicatezza e la cui trattazione richiede anche in sede parlamentare una profonda e condivisa riflessione. È la legge stessa che rimanda l'interpretazione sui fatti e sul caso concreto, trattandosi di situazioni che hanno per loro natura una peculiarità e una specificità che, ove tipizzata, rischierebbe di irrigidire l'istituto stesso dell'adozione. Tale istituto per sua natura richiede, invece, una complessa valutazione delle circostanze concrete. È proprio l'assenza di una più puntuale regolamentazione normativa che consente ai magistrati di recepire i cambiamenti sociali e le istanze che, di volta in volta, vengono presentate a tutela anzitutto dei soggetti più vulnerabili. L'attività giurisdizionale ha peraltro assicurato e continuerà ad assicurare l'apprezzamento di volta in volta della sussistenza dei presupposti per l'adozione in casi particolari. Tale attività del resto ha già prodotto risultati condivisi in talune delle situazioni che gli interroganti propongono di disciplinare ulteriormente. Ciò premesso, la pronuncia della Corte di Cassazione richiamata dagli interroganti conferma in realtà che, anche nel campo della stepchild adoption, il giudice chiamato ad apprezzare il caso concreto ha assicurato stabilità alla relazione nell'interesse della continuità affettiva, così tutelando il superiore interesse del minore attraverso l'applicazione della normativa vigente. Pertanto l'avvertita necessità di un approfondimento su questo aspetto, come confermato dalla pronuncia richiamata, non implica alcun arretramento sulla tutela dei diritti e degli interessi degli aspiranti all'adozione dei minori ma, al contrario, rassicura che l'assetto normativo vigente è già in grado di garantire tutela nelle situazioni rappresentate.
In merito all'ulteriore questione sollevata dagli interroganti non appare necessario allo stato neppure un intervento @pagina=0135@normativo che consenta l'acquisizione del vincolo di parentela all'adottato in caso di stepchild adoption, atteso che l'articolo 74 del codice civile, a seguito di recenti modifiche, ne prevede la sussistenza in tutti i casi di adozione, senza escludere in alcun modo l'ipotesi dell'adozione in casi particolari. Se mi è consentita un'ulteriore sottolineatura ho già evidenziato nei giorni scorsi come sia sorprendente che in questo caso si chiami in causa una supplenza della giurisdizione rispetto all'attività del legislatore perché in questo caso è stato il legislatore a decidere di non intervenire su questo tema, lasciando quindi il margine di apprezzamento del magistrato che, a mio avviso, è comunque insopprimibile in una situazione come questa e molto più ampio di quello che è previsto in altre situazioni.
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PAGINA: 0009 Replica la deputata ANNALISA PANNARALE (SI-SEL) (Vedi RS).
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PAGINA: 0135 ANNALISA PANNARALE. Grazie, Presidente. Ministro, in realtà noi sappiamo bene che l'Italia rispetto all'Europa è indietro su moltissimi terreni fondamentali. Ne abbiamo discusso di uno di questi qualche ora fa in quest'Aula, il diritto allo studio; e poi il reddito di esistenza, la fecondazione assistita, i matrimoni omosessuali, l'adozione dei bimbi per le coppie omosessuali. La magistratura – lei lo ha ricordato molto bene, Ministro – arriva in questo Paese dove non arriva la politica, cioè dove la politica, come ha detto lei, non è in grado di interpretare e di dare risposte ai cambiamenti sociali e alle istanze.
Voglio ricordare che stiamo parlando di bambini e di bambine che sono nati e cresciuti, che crescono all'interno di famiglie che sono assolutamente salde, unite da tempo, capaci di allevare questi minori con senso di responsabilità e profondo amore. C’è una realtà enorme che già esiste in questo Paese, che è fatta di legami, di quotidianità, di fatica, di responsabilità, e che va avanti a prescindere da interpretazioni differenti, a prescindere dalle leggi che non ci sono, dai pregiudizi o dalla disinformazione che tanta parte della politica, anche in seno alla discussione sul disegno di legge in materia di diritti civili, ha mostrato.
Ora, in questo Paese una ragazzina o un ragazzino che ha una seconda mamma o un secondo papà, e che sta bene, che @pagina=0136@è sereno, che cresce in maniera assolutamente tranquilla, in realtà rischia di avere meno diritti del ragazzino che si trova in una famiglia etero. Ci sono tanti tribunali che hanno deciso con sentenze favorevoli a questo tipo di adozione, ma noi abbiamo bisogno di una legge che possa rimuovere in maniera definitiva una discriminazione evidente, perché le coppie omosessuali devono comunque necessariamente rivolgersi al vaglio dei giudici, ed è questo che già determina una discriminazione.
E allora, Ministro, noi le chiediamo ancora una volta di dare un contributo importante perché possa essere rivista in questo Paese tutta la materia sulle adozioni, perché si possa appunto mettere al primo posto l'interesse del minore e i legami affettivi e perché sia consentita quell'adozione piena; in un Paese nel quale – glielo voglio ricordare – fino a poco tempo fa i figli naturali, cioè quelli nati al di fuori del matrimonio, non avevano né zii né nonni: per natura appunto, perché al di fuori del matrimonio non potevano essere loro riconosciuti.
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PAGINA: 0009 EDMONDO CIRIELLI (FdI-AN) (Vedi RS). Illustra la sua interrogazione n. 3–02354 (Vedi All. A) sulle iniziative in relazione alla situazione nelle carceri italiane.
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PAGINA: 0136 EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, signor Ministro, le carceri italiane continuano ad essere un luogo di inciviltà, continuano ad essere sovraffollate e continuano a non essere tenute in linea con quello che ci dice l'Unione europea. Non lo dice l'opposizione, non lo diciamo noi: lo dice Antigone, lo dicono alcuni sindacati, tra cui il SAP, e lo dice il rapporto @pagina=0137@Space del Consiglio d'Europa; ciò nonostante il fatto che il Governo, il PD ma il Governo Renzi in maniera particolare, abbia messo in atto una serie di provvedimenti non strutturali, ma semplicemente «perdonisti», i cosiddetti «svuota carcere», le depenalizzazioni. Sta di fatto che nulla si fa per la funzione rieducativa, non diminuisce neanche la recidiva che pure era il fondamento delle vostre politiche carcerarie: cerchiamo di capire che cosa il Governo intende fare per garantire le carceri come luogo di civiltà, e non scardinare il sistema di sicurezza dell'Italia.
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PAGINA: 0009 ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. (Vedi RS) Risponde all'interrogazione.
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PAGINA: 0137 ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Cirielli per l'interpellanza, che mi consente di illustrare le scelte che il Governo ha assunto, rispetto al carcere e più in generale sul tema dell'esecuzione penale: tema che si è imposto, come è stato ricordato, con drammatica urgenza all'indomani della sentenza CEDU Torreggiani, a seguito della quale il Governo ha intrapreso una significativa strategia di interventi volta a rifondare profondamente il sistema dell'esecuzione penale. In particolare, con regolamento di organizzazione del Ministero si è inteso assegnare al nuovo Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità le competenze in materia di esecuzione penale esterna, consentendo così l'applicazione degli strumenti trattamentali già sperimentati in ambito minorile.
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PAGINA: 0009 Replica il deputato EDMONDO CIRIELLI (FdI-AN) (Vedi RS).
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PAGINA: 0010 La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,25.
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PAGINA: 0010 Missioni. (Vedi RS)
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PAGINA: 0141 Missioni.
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PAGINA: 0010 PRESIDENTE (Vedi RS). Comunica che i deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta sono centotredici.
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PAGINA: 0141 PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Baretta, Boccia, Michele Bordo, Matteo Bragantini, Bueno, Capelli, Catania, Cirielli, Damiano, Dellai, Di Gioia, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Garofani, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Losacco, Lupi, Manciulli, Merlo, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Ravetto, Rosato, Rughetti, Sanga, Sani, Schullian, Tabacci, Valeria Valente, Venittelli e Vignali sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente centotredici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
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PAGINA: 0010 Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2228 – Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2015-2016 (Approvato dal Senato) (A.C. 3821). (Vedi RS)
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PAGINA: 0141 Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2228 – Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2015-2016 (Approvato dal Senato) (A.C. 3821) (ore 16,27).
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PAGINA: 0010 (Esame dell'articolo 1) (Vedi RS)
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PAGINA: 0142 (Esame degli articoli – A.C. 3821)
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PAGINA: 0010 PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza (Vedi RS). Esprime il parere sulle proposte emendative riferite all'articolo 1.
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PAGINA: 0142 PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza. Grazie Presidente. I pareri relativi agli emendamenti all'articolo 1 sono tutti contrari.
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PAGINA: 0010 GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza (Vedi RS). Esprime il parere di minoranza sulle proposte emendative riferite all'articolo 1.
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PAGINA: 0142 GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Grazie Presidente. Parere favorevole sugli emendamenti Gianluca Pini 1.6, L'Abbate 1.5, Gianluca Pini 1.8, Fabrizio Di Stefano 1.3, Ciracì 1.30, Gallinella 1.4 e Gianluca Pini 1.12.
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PAGINA: 0010 BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale (Vedi RS). Concorda con il relatore di maggioranza.
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PAGINA: 0142 BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Presidente, parere conforme al relatore.
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PAGINA: 0010 Interviene sull'emendamento Gianluca Pini 1.6 il deputato GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS).
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PAGINA: 0143 GIANLUCA PINI. Grazie Presidente. Chiaramente intervengo a nome del mio gruppo e non come relatore di minoranza.
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PAGINA: 0011 Intervengono sull'emendamento L'Abbate 1.5 (parte ammissibile) i deputati GIUSEPPE L'ABBATE (M5S) (Vedi RS), FILIPPO GALLINELLA (M5S) (Vedi RS), FLORIAN KRONBICHLER (SI-SEL) (Vedi RS) e ROCCO PALESE (Misto-CR) (Vedi RS).
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PAGINA: 0144 GIUSEPPE L'ABBATE. Grazie, Presidente. Non bastava l'aumento delle importazioni dell'olio tunisino per distruggere i nostri olivicoltori italiani, il PD non è contento, il Governo non è contento, in Europa non sono contenti. Vogliono eliminare la data di scadenza dell'olio. Si tratta di una norma fatta per la grande distribuzione, una norma fatta per gli industriali, ma che non tutela i nostri agricoltori, che non tutela le nostre produzioni. Non è possibile eliminare la data di scadenza dell'olio, che era già diciotto mesi, di per sé già lunga, perché dipende da come l'olio viene conservato. Sanno tutti che la conservazione dell'olio è fondamentale per conservare @pagina=0145@le proprietà organolettiche e le proprietà nutritive. Ma come è possibile andare ad eliminare questa data di scadenza ? È qualcosa di veramente vergognoso e il Ministro Martina non ha nulla da dire in proposito a ciò. E poi ci stupiamo se arrivano i voti contrari a questa Unione europea da parte della Gran Bretagna (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ci stupiamo che l'euroscetticismo aumenti sempre di più in Europa. È un'Europa che non tutela i cittadini, ma tutela una piccola parte di lobby all'interno del continente.
Allora, noi abbiamo presentato questo emendamento, ma il Governo ha già dato parere contrario. Lo vada a spiegare, poi, agli olivicoltori italiani perché vota contro la tutela del nostro prodotto di punta, di quel prodotto straordinario al centro della dieta mediterranea, quel prodotto che andrebbe quasi venduto in farmacia per le proprietà benefiche che ha sull'organismo e che, invece, adesso andiamo a svendere totalmente. Andiamo a metterlo nelle mani degli industriali, perché questo è quello che accadrà. Basterà importare dell'olio, tenerlo più di un anno fermo da qualche parte, poi metterlo in commercio. Chi tutelerà il consumatore ? Allora i piccoli produttori, gli agricoltori e i consumatori non vengono mai tutelati da questa Unione europea. E ci stupiamo poi se i cittadini non sono sempre più contro l'Unione europea ? Il PD che cosa fa ? Il Governo che cosa fa ? Supino, accetta tutto ciò.
Allora, noi non siamo d'accordo. Noi vogliamo ridare dignità ai nostri agricoltori, che, invece, si vedono scippare le olive e l'olio ad un prezzo bassissimo. Vogliamo ridare dignità a quello che è il nostro prodotto. Siamo un Paese che, tra l'altro, è in ritardo abissale anche rispetto alla messa in atto di un piano olivicolo. PAGINA: 0146 FILIPPO GALLINELLA. Grazie, Presidente. Mi rivolgo a lei e mi rivolgo all'Aula: l'olio non è come il vino, che, se invecchia, qualche volta migliora. L'olio è un prodotto che si deteriora. Gli esperti dicono che dopo diciotto mesi, se conservato bene, comincia a degradarsi. Da poco c’è stata una sentenza del TAR che ha ribadito la questione dei diciotto mesi. Noi, oltre questo, vorremo inserire anche la data di imbottigliamento, perché, come è stato precedentemente detto, chi fa l'importatore importa l'olio, lo tiene lì e poi non mette neanche la data di imbottigliamento. Quindi, noi potremmo bere olio oramai vecchio. Forse questa norma è fatta proprio per liberarsi delle scorte. Noi a questa vostra scelta diciamo «no» e per questo vi chiediamo di votare questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). PAGINA: 0146 FLORIAN KRONBICHLER. Intervengo solo per dar ragione ai colleghi 5 Stelle. Direi che è una coincidenza bizzarra il fatto che apriamo questa legge europea proprio sull'etichettatura con una burla come l'etichettatura dell'olio d'oliva. L'avevo detto già in discussione generale: sarebbe stata una bella prova del nostro senso dell'essenziale e di prontezza di riflessi dedicare la discussione e il voto su questa legge europea alla riflessione su quanto sta accadendo in questi giorni alla nostra cara Europa e sulle ragioni perché si è ridotta a questo Stato. PAGINA: 0154 ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Per sottoscrivere questo emendamento, ma anche per così significare l'incredulità per il parere sfavorevole da parte del Governo. Qui si tratta non di ricordare tutto quanto ci ha ricordato poco fa in tema di tutela da parte del rappresentante, collega del Partito Democratico, signor Presidente, ma qui si tratta del fatto che occorre, alla luce di quanto accade negli ultimi tempi dal punto di vista commerciale e non solo commerciale una maggiore tutela della produzione italiana, non solo dal punto di vista economico-commerciale, ma soprattutto per il problema della sicurezza alimentare, sul problema della contraffazione, quindi la tutela della qualità e anche della salute pubblica. Per questo motivo noi speriamo o ci auguriamo che il Governo cambi parere rispetto a questo e la maggioranza approvi questo emendamento.
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PAGINA: 0011 Intervengono sull'emendamento Fabrizio Di Stefano 1.3 i deputati FABRIZIO DI STEFANO (FI-PdL) (Vedi RS) e GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS).
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PAGINA: 0162 GIANLUCA PINI. Grazie, Presidente. La lettera c) del comma 1 dell'articolo 1, di cui noi chiediamo una modifica nei termini della quantificazione delle sanzioni amministrative per la violazione di quel minimo di obblighi previsti dalla normativa su una corretta informazione, di fatto rimette alla responsabilità dei produttori l'individuazione effettiva del termine minimo di conservazione e questo voglio dire ci può stare perché dipende tale termine anche dalla qualità effettiva dell'olio che si va a produrre, del tipo di spremitura e quant'altro. La disposizione, come sappiamo, prevede che la dicitura vada preceduta dall'indicazione della campagna di raccolta tuttavia solo quando il 100 per cento degli oli provenga da tale raccolta, così come la previsione dell'indicazione della campagna di raccolta – guarda caso, anche qui casca di nuovo il problema – non si applica agli oli di oliva vergini prodotti ovvero commercializzati in altro Stato membro dell'Unione europea o in Turchia, altro produttore che pare introdurre in libera pratica nel territorio comunitario ben più di 35.000 tonnellate di olio all'anno. Questa è un'altra penalizzazione a tutti gli effetti. Ci sono purtroppo spazi per comportamenti, per dir così, illeciti nelle miscelazioni che possono in qualche modo essere anche richiamate dicendo che è il produttore iniziale che aveva messo un certo tipo di data di conservazione che, nel momento in cui arriva in Italia, può essere modificata. È vero che si prevede una sanzione amministrativa ma il fatto che essa, se parliamo di importazioni che non vengono fatte a pallet o a qualche cartone, vengono fatte a container o addirittura a navi a migliaia di tonnellate, sia limitata a poche migliaia di euro è veramente una previsione ridicola cioè, oltre il danno, la beffa. Per questo chiediamo di adeguarla alle sanzioni che sono previste in altri casi per la violazione del termine minimo di conservazione qualora questo termine sia lasciato alla responsabilità dei produttori o degli importatori o di chi è chiamato a commercializzare @pagina=0163@e quindi indica nell'etichetta del prodotto la propria ragione sociale quale responsabile dell'introduzione sul mercato del prodotto alimentare.
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PAGINA: 0011 Intervengono sull'emendamento Gallinella 1.4 i deputati FILIPPO GALLINELLA (M5S) (Vedi RS), LUCA SANI (PD) (Vedi RS), GIUSEPPE L'ABBATE (M5S) (Vedi RS), GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS), ROCCO PALESE (Misto-CR) (Vedi RS), ROCCO BUTTIGLIONE (AP) (Vedi RS), ADRIANO ZACCAGNINI (SI-SEL) (Vedi RS), MAURIZIO BIANCONI (Misto-CR) (Vedi RS), LUDOVICO VICO (PD) (Vedi RS), FRANCESCO PAOLO SISTO (FI-PdL) (Vedi RS), PAOLO PARENTELA (M5S) (Vedi RS), COLOMBA MONGIELLO (PD) (Vedi RS).
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PAGINA: 0164 FILIPPO GALLINELLA. Grazie, Presidente. Spiegherò dunque perché voteremo contro l'articolo 1. Prima questione: lasciate libero arbitrio al produttore, all'imbottigliatore, di mettere la data di scadenza che vuole, senza alcun controllo. C'erano degli emendamenti che andavano ad indicare il metodo di conservazione più adeguato: avete detto no. Avete detto no alla data di imbottigliamento; avete detto no all'ultimo emendamento che aumentava le sanzioni per chi non rispetta le regole; per questo noi votiamo convintamente contro, anche contro il Governo che non vuole tutelare uno dei prodotti di eccellenza italiani. Mi dispiace dirlo: fate gli interessi di qualcun altro e non del popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! PAGINA: 0165 GIANLUCA PINI. Grazie, Presidente. Anche noi chiaramente voteremo contro ma colgo l'occasione per rispondere al presidente Buttiglione. Adesso arrivare a giustificare l'importazione di una quantità più o meno impattante sulla qualità dell'olio italiano – non soltanto sulla qualità ma sulla qualità dei prodotti che vengono commercializzati sul territorio italiano – come aiuto a un Paese nel contrasto all'ISIS penso che sia veramente un esercizio di arrampicata sugli specchi che mai si era visto in questo Parlamento, anche se ne abbiamo visti veramente tanti. Devo dire però che, nonostante la sua lunghissima esperienza in materia di politiche comunitarie, il presidente Buttiglione ha preso una cantonata micidiale, perché ha richiamato il fatto che questa norma, l'articolo 1, non fa altro che applicare quello che viene chiesto a tutti gli Stati membri da parte della Commissione europea in materia di corretta informazione sulle etichettature dei prodotti alimentari, nello specifico dell'olio. Questa è una balla clamorosa perché, anzi, con questo articolo stiamo disapplicando tutta una serie di norme, non solo di direttive ma, come ricordavo prima, anche due regolamenti che impongono tutta una serie di diciture che, invece, noi espressamente con quest'articolo diciamo che non sono necessarie. Quindi qui si aprirà un caos enorme perché un regolamento comunitario, che è quindi immediatamente applicabile ed è sovraordinato a una legge dell'ordinamento italiano, dice una cosa e una legge italiana invece dice esattamente il contrario. Quindi ci troveremo con i produttori e i commercianti italiani che non sapranno esattamente quale norma applicare con il solito giochino facile che chi dovrà controllare, i NAS o quant'altro, potranno indiscriminatamente applicare o il regolamento o la legge italiana, creando enormi danni, enorme confusione nel mercato, enormi danni ai produttori e a chi è deputato al commercio tanto all'ingrosso quanto al dettaglio dell'olio italiano, con quale effetto ? Che tutto quello che è olio importato non avrà questo tipo di problema, tutto quello che è olio italiano invece non si saprà quale normativa deve rispettare: l'articolo in esame o il regolamento n. 1169 del 2011 ? Lascio al Governo, se è così cortese, di darci la risposta. PAGINA: 0170 ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor Presidente. Il gruppo di Area Popolare voterà a favore di questo articolo, devo dire non senza qualche dubbio, perché l'intervento del collega Pini mi ha messo improvvisamente un dubbio terribile: non staremo venendo meno ai regolamenti comunitari ? Non ci staremo ponendo in opposizione a un ordinamento giuridico sovraordinato ? Per la verità, mi hanno tranquillizzato, prima l'intervento del collega grillino, che ci ha spiegato che invece è l'Unione europea che ci impone una cosa, mentre il collega Pini ci dice che noi stiamo facendo una cosa in contrasto con l'ordinamento dell'Unione europea. Già questo era bastato a tranquillizzarmi un po’. Poi dopo ho letto anche il testo. Allora, io vedo che da un lato c’è la previsione dell'indicazione della campagna di raccolta, cioè la campagna di raccolta va indicata. Non si applica agli oli di oliva vergini prodotti ovvero commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea, o in Turchia o eccetera eccetera, il che mi sembra lapalissiano: c’è una normativa europea di validità generale e noi abbiamo il diritto di imporre obblighi ulteriori ai produttori italiani, non possiamo imporre obblighi ulteriori ai produttori di altri Paesi europei o di Paesi il cui olio entri in Europa conformemente alla normativa europea. Va migliorata la normativa europea ? Va migliorata la normativa europea. Dobbiamo fare una battaglia in Europa per migliorare questa normativa e per dare maggiori garanzie ai consumatori non solo italiani, ma europei ? Dobbiamo farlo.
Però, amici, siccome qualche volta quello che si dice in quest'Aula si ascolta anche negli altri Paesi, non facciamolo con dei toni che danno l'impressione che stiamo cercando la possibilità di impedire l'ingresso nel mercato italiano a produttori di altri Paesi perché questo toglie grande forza a una battaglia, che io condivido se è una battaglia per la salute, se è una battaglia per la qualità, se è una battaglia per il miglioramento delle qualità organolettiche. E, invece, non condivido se è un modo sciovinistico di dire «chiudiamo il nostro mercato». Infatti, se noi chiudiamo il nostro mercato, anche gli altri chiuderanno il loro mercato a noi e l'Italia non è un Paese agricolo, che vive dei prodotti del suo territorio, ma @pagina=0171@è una grande nazione commerciale che vive del commercio e abbiamo bisogno di mercati aperti per far valere la qualità dei nostri prodotti e del nostro lavoro nel mondo.
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PAGINA: 0012 Interviene sull'emendamento Gianluca Pini 1.12 il deputato GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS).
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PAGINA: 0012 Intervengono per dichiarazione di voto sull'articolo 1 i deputati FILIPPO GALLINELLA (M5S) (Vedi RS), GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS), FRANCESCO CARIELLO (M5S) (Vedi RS), ADRIANO ZACCAGNINI (SI-SEL) (Vedi RS), GUGLIELMO PICCHI (LNA) (Vedi RS), FRANCESCO PAOLO SISTO (FI-PdL) (Vedi RS), NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO (PD) (Vedi RS), ROCCO BUTTIGLIONE (AP) (Vedi RS), NICOLA CIRACÌ (Misto-CR) (Vedi RS), PIETRO LAFFRANCO (FI-PdL) (Vedi RS), PAOLO TANCREDI (AP) (Vedi RS).
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PAGINA: 0012 (Esame dell'articolo 2) (Vedi RS)
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PAGINA: 0174 (Esame dell'articolo 2 – A.C. 3821)
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PAGINA: 0012 PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza (Vedi RS). Esprime il parere sulla proposta emendativa riferite all'articolo 2.
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PAGINA: 0175 PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza. Presidente, come avrà intuito il parere è contrario sull'emendamento Gianluca Pini 2.1.
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PAGINA: 0012 GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza (Vedi RS). Esprime il parere di minoranza sulla proposta emendativa riferite all'articolo 2.
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PAGINA: 0175 GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Parere favorevole sull'emendamento Gianluca Pini 2.1.
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PAGINA: 0012 BENEDETTO DELLA VEDOVA (Vedi RS), Sottosegretario di Stato per affari esteri e la cooperazione internazionale. Concorda con il relatore di maggioranza.
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PAGINA: 0175 BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Parere conforme al relatore per la maggioranza.
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PAGINA: 0013 Intervengono sul mantenimento dell'articolo 2 i deputati GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS), MASSIMILIANO BERNINI (M5S) (Vedi RS), ADRIANO ZACCAGNINI (SI-SEL) (Vedi RS) e ROCCO BUTTIGLIONE (AP) (Vedi RS).
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PAGINA: 0175 GIANLUCA PINI. Presidente, cercherò di spiegare perché è necessario sopprimere questo articolo al netto di quelli che sono i vari casi EU Pilot che sembrano avere la precedenza sul buonsenso. Ringrazio il collega Tancredi per averlo ammesso candidamente: non facciamo modifiche perché dobbiamo fare la figura dei primi della classe. Quando andavo a scuola, ricordo che i primi della classe poi sistematicamente, alla prova dei fatti, fuori dalla scuola erano i peggiori somari, perché imparavano tutto a memoria, ma non capivano assolutamente nulla di quello che andavano a leggere o andavano a scrivere. L'articolo 2 è un altro caso. Infatti, l'articolo reca disposizioni in materia di etichettatura del miele. La Commissione ci contesta, come ci contesta in altri casi, soprattutto quando si cerca di tutelare il made in Italy, l'etichettatura, la norma italiana che prevede che per le confezioni importate da altri Stati membri o, comunque, da Stati terzi vi sia l'indicazione @pagina=0176@dell'origine. Io voglio sapere se il miele è stato prodotto vicino a una centrale nucleare in Romania, piuttosto che sulle Alpi italiane. Penso di averne tutto il diritto. Invece, la Commissione ci contesta. Non so quale strana multinazionale abbia comprato, magari, la più grande produzione di miele in qualche parte dell'Europa, però evidentemente, come ben sappiamo ormai anche per altri casi, prevalgono di più gli interessi delle grandi lobby del commercio, soprattutto se vengono dal nord Europa, piuttosto che la tutela dei consumatori.
Se il Governo è d'accordo con questo, vada pure avanti nell'indicazione del parere contrario. Chi, invece, è d'accordo sul fatto che deve prevalere assolutamente la corretta informazione dei consumatori, soprattutto sul campo alimentare, allora venga dietro a noi sul fatto che questo articolo deve essere assolutamente soppresso, deve essere cancellato.
C’è un caso EU Pilot ? Chi se ne frega, detto molto onestamente. Un Governo che ha un minimo di credibilità sul piano internazionale o all'interno del consesso europeo riesce anche a negoziare i casi EU Pilot. Però, sembra non essere nell'interesse di questo Governo negoziare alcunché quando è a difesa degli interessi italiani, quando, invece, è a difesa di poche lobby continua assolutamente a dire «sì» alle indicazioni della Merkel o di Hollande o di altri Stati membri, dimenticando assolutamente, in maniera sfacciata, le tutele dei nostri produttori, piccoli o grandi che siano. Che si tratti di miele, che si tratta di olio, che si tratti di acciaio, che si tratti comunque di qualsiasi tipo di produzione italiana, ormai leit motiv è «chi se ne frega, noi dobbiamo dimostrare in Europa di essere bravi e avere il minor numero di procedure o di casi EU Pilot aperti», perché così magari andiamo a prendere qualche strapuntino, tipo un commissario assolutamente inutile, come quello che abbiamo, la cosiddetta «lady PESC», anziché, magari, avere un commissario che si occupi della tutela delle produzioni specifiche, del commercio o di quant'altro, comunque, necessario alla tutela della produttività, delle produzioni specifiche dei nostri territori. Invece, abbiamo un qualcosa che non porta nessun tipo di beneficio, se non prestigio a qualche persona. Ma poi, alla prova dei fatti, vediamo che non facciamo altro che subire delle decisioni di @pagina=0177@altri. Ripeto, sono due modi diversi di vedere e di intendere il rapporto con l'Europa e il risultato di qualche giorno fa in Inghilterra dovrebbe insegnare che, ogni tanto, bisogna alzare la testa, partendo anche dalle piccole cose. Però, vedo che qui si continua, invece, a chinarla nei confronti degli interessi di altri Paesi. PAGINA: 0177 MASSIMILIANO BERNINI. Grazie, Presidente. Noi voteremo favorevolmente all'emendamento della Lega e voteremo contrariamente, invece, all'articolo 2, per alcune ragioni che già ha espresso il collega Pini, ma anche perché, a nostro avviso, questo articolo 2 è poco chiaro. Io cercherò, nel breve tempo a mia disposizione, di spiegare questi elementi di confusione di quest'articolo 2.
L'articolo 2 va a modificare un decreto legislativo del maggio 2004, il n. 179, che recepiva la direttiva 2001/110/CE, concernente la produzione e la commercializzazione del miele. Lo scopo era quello di sanare il caso EU Pilot per quanto riguarda l'etichettatura del miele. PAGINA: 0179 ADRIANO ZACCAGNINI. Grazie, Presidente. La questione è quella di una norma italiana, una buona norma, in vigore, estensiva, che va a tutelare i nostri mieli e che recepisce una direttiva. Italia e Grecia si trovano nella stessa condizione: sono le nazioni che l'hanno recepita in maniera estensiva, a tutela dalla propria apicoltura e della qualità del prodotto a favore della trasparenza per i consumatori.
Il problema in questo caso si impone, però, perché l'Europa ci chiede una deregolamentazione per aprire il mercato. Per uniformarci all'Unione europea, abbiamo bisogno di aprire il mercato, dando meno indicazioni e dando la possibilità ai produttori che vogliono mettere il miele sul mercato italiano di non scrivere chiaramente l'origine. E questo è un vulnus aperto, perché è uno dei tanti. Si leggono anche in questi giorni, un po’ disprezzando varie questioni che sembrano marginali in Europa – dalle cozze alle vongole, qui si sta parlando di miele, prima di olio -ma in realtà è proprio su queste che l'Europa, in qualche maniera, si fonda e sulle quali si può vedere l'indirizzo che ci consiglia e a volte ci impone. Noi in questo caso, probabilmente, dovremmo aprire un confronto più forte: non solo mantenere la nostra norma, ma determinare una condizione del nostro mercato interno per cui chi vuole venire a vendere miele lo deve fare in una determinata maniera. Se non facciamo questo, noi ovviamente saremo sempre vittime del tatticismo politicista di cercare @pagina=0180@delle mediazioni che, alla lunga, vanno a depauperare il nostro settore primario.
In momenti come questo, forse, dovremmo alzare la testa e chiedere, ad esempio, il ruolo del Commissario europeo all'agricoltura, di Hogan, che si dovrà dimettere probabilmente, sarebbe probabilmente un ruolo che si confà al nostro Paese, e dove potremmo aprire delle partite interessanti nel nostro interesse, ma nell'interesse, in realtà, di tutta l'Europa, perché creando una normativa, insieme alla Grecia, più avanzata, è chiaro che facciamo avanzare tutta l'Unione europea. È chiaro che ci contrapponiamo a determinati lobby, a determinati interessi, ma bisogna scegliere e bisogna scegliere che Europa vogliamo, se vogliamo un'Europa che faccia gli interessi dei nostri produttori, degli agricoltori, dei cittadini, dei consumatori, o se vogliamo un'Europa che faccia il TTIP. Quindi, dovremmo comunque cercare di andare a proporci come Commissari europei per l'agricoltura, ma certamente non proponendo esponenti ad esempio quali il presidente De Castro che è favorevole al TTIP, senza se e senza ma, e che ci vorrebbe portare in una dimensione di un libero mercato, insieme agli Stati Uniti, che veramente danneggerebbe sia il tessuto sociale, sia l'occupazione, sia gli standard qualitativi, ma anche la democrazia stessa con il meccanismo degli ISDS, quindi delle controversie nei tribunali privati.
Ci troviamo di fronte ad una situazione dove appunto dobbiamo scegliere, un bivio. Io non credo che possiamo sempre giustificarci, come fa un po’ l'onorevole Buttiglione, nei confronti delle normative che approviamo, dicendo che non possiamo imporre agli altri le regole del nostro mercato. Di certo possiamo condizionare l'ingresso di determinati prodotti con delle normative precise. Per questo voteremo a favore dell'emendamento. PAGINA: 0180 ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor Presidente. L'Unione europea si fonda su quattro principi, o, se volete, su di uno: la libertà di movimento; libertà di movimento delle merci, libertà di movimento delle persone, libertà di movimento dei servizi e libertà di movimento dei capitali. Libertà di movimento @pagina=0181@significa che io devo essere libero di vendere in qualunque parte dell'Unione il prodotto che io produco a casa mia e per poterlo fare dobbiamo definire delle misure comuni di tutela della salute, degli obblighi di etichettatura e così via. Se permettessimo ad ogni Paese di avere delle normative diverse in tale ambito, noi creeremmo degli ostacoli burocratici che frammenterebbero il mercato unico. Non ci sarebbero le barriere doganali, però il produttore che deve andare in un altro Paese sarebbe costretto a fare un'imballatura speciale per questo Paese, delle etichettature speciali per questo Paese, fare dei controlli speciali per quel Paese; il risultato: non avremo più il mercato unico.
Allora la questione vera, non nascondiamoci dietro un dito, è: noi lo vogliamo il mercato unico o non lo vogliamo ? Se lo vogliamo, dobbiamo accettare una regola europea generale: possiamo imporre ai nostri produttori obblighi ulteriori e se questi obblighi ulteriori sono veramente a tutela della qualità della salute, l'etichetta italiana, quando andrà all'estero, e darà questa informazione al consumatore estero, sarà più pregiata e verrà più comprata; questo si può fare, questo va bene.
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PAGINA: 0013 (Esame dell'articolo 3) (Vedi RS)
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PAGINA: 0183 (Esame dell'articolo 3- A.C. 3821)
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PAGINA: 0013 Interviene per dichiarazione di voto sull'articolo 3 il deputato GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS).
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PAGINA: 0183 GIANLUCA PINI. Grazie Presidente. Colgo l'occasione della dichiarazione di voto sull'articolo 3 sul quale non ci sono emendamenti, e sul quale noi ci asterremo, perché è un solo un passaggio tecnico-formale di rettifica di una direttiva, nulla di impattante, è solo una questione lessicale, per rispondere, per suo tramite, nuovamente al presidente Buttiglione e per ringraziarlo del suo intervento, perché di fatto ha difeso il nostro emendamento e quello che stavamo cercando di dire cioè che ci deve essere un valore aggiunto in termini di indicazione di origine di un prodotto, soprattutto se si tratta di un prodotto alimentare. Forse non se ne rende conto, ma il mercato unico esiste, ed esiste nonostante ci siano dei Paesi, tipo la Germania, tipo la Francia, tipo l'Olanda, che, con un peso specifico diverso in campo europeo, soprattutto all'interno delle Commissioni, delle direzioni generali che contano, e con i Commissari che contano, hanno ottenuto delle deroghe rispetto a quelle direttive che dovrebbero uniformare determinate modalità di indicazione nella commercializzazione dei prodotti tipici a loro tutela o addirittura ponendo anche dei dazi interni su determinati prodotti qualora arrivino da alcuni Stati membri.
Quindi, la favoletta del fatto che deve esserci una regola uguale per tutti, purtroppo per quanto bella non vale e non vale perché ci è stata imposta dagli stessi Paesi che a noi però vogliono togliere le indicazioni specifiche, perché sanno bene che la qualità di determinati prodotti, soprattutto quelli alimentari, originati da questo Paese metterebbero a serio rischio le loro produzioni chiamiamole così «farlocche», se non addirittura contraffatte, parliamo ad esempio del parmesan. Quindi, presidente Buttiglione, a me dispiace che lei abbia perso, in qualche modo, la visione di come si è evoluto in questi anni il cosiddetto mercato unico, perché di fatto il peso che hanno determinati Stati membri all'interno della Commissione @pagina=0184@ci ha schiacciato, ci ha relegato in un angolo e tutto quello che si poteva fare in termini di negoziazione è andato a loro vantaggio e a nostro sfavore. Questo è un dato di fatto assolutamente incontrovertibile da quelle che sono le norme comuni e le direttive comunitarie applicate in maniera difforme dagli stessi Paesi, che però ci impongono questi casi EU Pilot per fregarci.
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PAGINA: 0013 (Esame dell'articolo 4) (Vedi RS)
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PAGINA: 0184 (Esame dell'articolo 4 – A.C. 3821)
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PAGINA: 0013 PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza (Vedi RS). Esprime il parere sulla proposta emendativa riferite all'articolo 4.
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PAGINA: 0184 PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza Presidente, i pareri sugli emendamenti all'articolo 4 sono tutti contrari.@pagina=0185@
PRESIDENTE. Onorevole, c’è un solo emendamento. Diciamo che il parere è fortemente contrario, ma è uno.
PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza. Non ho sbagliato.
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PAGINA: 0013 GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza (Vedi RS). Esprime il parere di minoranza sulla proposta emendativa riferite all'articolo 4.
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PAGINA: 0185 GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Plurale maiestatis. Allora, il parere sull'emendamento 4.1 sottoscritto da me, Guidesi, Bossi e altri è favorevole.
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PAGINA: 0013 BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per affari esteri e la cooperazione internazionale (Vedi RS). Concorda con il relatore di maggioranza.
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PAGINA: 0185 BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore per la maggioranza.
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PAGINA: 0014 (Esame dell'articolo 5) (Vedi RS)
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PAGINA: 0186 (Esame dell'articolo 5 – A.C. 3821)
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PAGINA: 0014 PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza (Vedi RS). Esprime il parere sulla proposta emendativa riferite all'articolo 5.
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PAGINA: 0186 PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza Presidente, parere contrario.
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PAGINA: 0014 GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza (Vedi RS). Esprime il parere di minoranza sulla proposta emendativa riferite all'articolo 5.
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PAGINA: 0186 GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Favorevole.
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PAGINA: 0014 BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per affari esteri e la cooperazione internazionale (Vedi RS). Concorda con il relatore di maggioranza.
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PAGINA: 0186 BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore per la maggioranza.
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PAGINA: 0014 Interviene sull'emendamento Gianluca Pini 5.1 il deputato GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS).
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PAGINA: 0187 GIANLUCA PINI. Presidente, visto che il tema dell'anticorruzione è un tema sempre molto importante e presente all'interno del dibattito politico, l'emendamento molto semplicemente non ha altro scopo che quello di evitare che vengano inserite nell'ordinamento norme fuori dal Codice e dispone di fatto che l'applicazione delle disposizioni che modificano l'obbligo della sede legale delle società SOA, entri in vigore nel momento in cui le linee-guida verranno definitivamente approvate dall'Autorità nazionale anticorruzione.
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PAGINA: 0015 (Esame dell'articolo 6) (Vedi RS)
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PAGINA: 0189 (Esame dell'articolo 6 – A.C. 3821)
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PAGINA: 0015 PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza (Vedi RS). Esprime il parere sulle proposte emendative riferite all'articolo 6.
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PAGINA: 0189 PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza. Presidente, parere contrario su tutti gli emendamenti all'articolo 6.
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PAGINA: 0015 GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza (Vedi RS). Esprime il parere di minoranza sulle proposte emendative riferite all'articolo 6.
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PAGINA: 0189 GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Esprimo parere contrario sugli emendamenti Battelli 6.3 e 6.2 e Pesco 6.1. Esprimo parere favorevole sugli emendamenti Gianluca Pini 6.30, 6.31 e 6.4.
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PAGINA: 0015 BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. (Vedi RS) Concorda con il relatore di maggioranza.
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PAGINA: 0189 BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore per la maggioranza.
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PAGINA: 0015 (Esame dell'articolo 7) (Vedi RS)
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PAGINA: 0192 (Esame dell'articolo 7 – A.C. 3821)
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PAGINA: 0015 (Esame dell'articolo 8) (Vedi RS)
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PAGINA: 0193 (Esame dell'articolo 8 – A.C. 3821)
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PAGINA: 0015 (Esame dell'articolo 9) (Vedi RS)
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PAGINA: 0194 (Esame dell'articolo 9 – A.C. 3821)
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PAGINA: 0016 (Esame dell'articolo 10) (Vedi RS)
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PAGINA: 0194 (Esame dell'articolo 10 – A.C. 3821)
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PAGINA: 0016 PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza (Vedi RS). Esprime il parere sulle proposte emendative riferite all'articolo 10.
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PAGINA: 0194 PAOLO TANCREDI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, i pareri sono tutti contrari.
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PAGINA: 0016 GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza (Vedi RS). Esprime il parere di minoranza sulle proposte emendative riferite all'articolo 10.
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PAGINA: 0195 GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, esprimo parere favorevole sugli emendamenti Gianluca Pini 10.1, 10.2, 10.3, 10.4 e 10.5.
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PAGINA: 0016 BENEDETTO DELLA VEDOVA (Vedi RS), Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Concorda con il relatore di maggioranza.
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PAGINA: 0195 BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore per la maggioranza.
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PAGINA: 0016 Interviene sull'emendamento Gianluca Pini 10.1 il deputato GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS).
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PAGINA: 0195 GIANLUCA PINI. Signor Presidente, l'emendamento è soppressivo dell'intera modifica della attuale disciplina, la disciplina vigente in materia di permesso di soggiorno per minori, perché se, come indicato nel relazione, il principio derivante dalla normativa comunitaria di una persona, un documento, viene ricondotto a motivi di sicurezza, per una personale e diretta identificazione dei soggetti scollegare i minori dall'ambito familiare ossia dal permesso del genitore o affidatario comporta a nostro avviso ulteriori conseguenze forse non attentamente valutate, anche con riguardo all'elevatissimo numero di minori che giungono nel nostro Paese, accompagnati o no, e la possibilità di seguire il genitore o l'affidatario qualora vengano espulsi. A nostro avviso la norma è stata scritta con un po’ troppa leggerezza perché si sente giustamente da più parti una legittima preoccupazione soprattutto sulla sparizione di molti, anzi direi ormai di decine di migliaia di minori, che arrivano più o meno legalmente, anzi, direi in prevalenza illegalmente, sul nostro territorio. Poi però si affronta il tema, ripeto, con una leggerezza e con una scarsa propensione a considerare in primis anche il termine della sicurezza del minore che non ci trova assolutamente d'accordo. Per questo noi chiediamo che l'intero articolo venga soppresso.
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PAGINA: 0016 Intervengono sull'emendamento Gianluca Pini 10.2 i deputati GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS), NICOLA MOLTENI (LNA) (Vedi RS), FLORIAN KRONBICHLER (SI-SEL) (Vedi RS).
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PAGINA: 0196 GIANLUCA PINI. Signor Presidente, la sua esperienza dovrebbe portarla ad avere... PAGINA: 0197 NICOLA MOLTENI. Presidente, intervengo sull'articolo 10 e, in modo particolare, sugli emendamenti di assoluto buonsenso presentati dal collega Pini proprio perché vorrei invitare l'Aula e il Governo a compiere una valutazione e una riflessione complessiva rispetto a una schizofrenia europea, di produzione normativa europea rispetto, da un lato, alla normativa italiana in materia di immigrazione e di permessi di soggiorno e, dall'altro lato, rispetto al contesto complessivo in cui tanto il nostro Paese quanto l'Unione europea si viene a trovare. Credo che sia necessario stare particolarmente attenti ad approntare alcune modifiche sul tema del diritto d'asilo, da un lato, e sul tema del permesso di soggiorno, dall'altro lato, anche perché noi abbiamo in questi giorni alcune innovazioni creative da parte della Suprema Corte di Cassazione che riconosce, ad esempio, la protezione umanitaria anche a chi non scappa dalla guerra, quindi anche a chi si trova e vive una situazione di migrante economico. Quindi – concludo, Presidente – proprio per la complessità del tema e per l'evoluzione normativa italiana, giurisprudenziale ed europea del tema credo che servirebbe maggiore attenzione e maggiore valutazione rispetto agli effetti e all'impatto che produzioni come queste rischiano di creare sul sistema sociale e sul welfare sociale del nostro Paese. PAGINA: 0197 FLORIAN KRONBICHLER. Avevo fatto finta...ecco siamo su questa falsariga...
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PAGINA: 0016 Interviene sull'emendamento Gianluca Pini 10.3 il deputato GIANLUCA PINI (LNA) (Vedi RS).
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PAGINA: 0198 GIANLUCA PINI. Proviamo per la terza volta a spiegare che non è una questione di razzismo o di cattive intenzioni da parte di questi barbari della Lega che, quando sono chiamati a trattare i temi dell'immigrazione, scatenano i più bassi pregiudizi. Così come prima cercavamo di introdurre un principio di buon senso per evitare che ci fosse una separazione @pagina=0199@tra un minore con età inferiore ai 14 anni e i genitori o comunque le persone affidatarie, alla stessa maniera qui cerchiamo, introducendo un limite temporale definito che c’è già nella norma ma non viene definito in termini perentori, qual è il periodo di assenza tale per cui non si perde il concetto di convivenza e, quindi, non si perde di fatto l'inserimento in tutto un sistema legato al permesso di soggiorno.
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PAGINA: 0016 Intervengono per dichiarazione di voto sull'articolo 10 i deputati NICOLA MOLTENI (LNA) (Vedi RS), SANDRA ZAMPA (PD) (Vedi RS).
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PAGINA: 0202 NICOLA MOLTENI. Presidente, faccio la dichiarazione di voto in nome e per conto del gruppo dalla Lega, annunciando il voto contrario a questo articolo, ripercorrendo ovviamente gli emendamenti che sono stati presentati e illustrati dal collega Pini che non sono di natura razzistica, anzi tutt'altro. Vogliono essere emendamenti che pongono l'attenzione tentando di svolgere all'interno di quest'Aula una riflessione non solo sul fenomeno particolare dei minori, che rappresenta sicuramente un aspetto importante che merita attenzione e tutela, ma il problema legato ai minori stranieri deve essere visto e analizzato all'interno di un giudizio di valutazione molto più ampia, relativo alla complessità del fenomeno legato all'immigrazione. Un fenomeno evidentemente globale, e che come tutti i fenomeni globali, merita delle risposte di natura globale: risposte che evidentemente chi è deputato a dare non dà, l'Europa sta dimostrando una politica assolutamente fallimentare nella gestione di questo fenomeno. È evidente che, mancando questi due presupposti, gli Stati nazionali esercitano la produzione normativa utile e necessaria a gestire e a non subire questo fenomeno; capiamo bene però che una produzione normativa europea, calata all'interno di una produzione normativa nazionale, anche attraverso alcune sentenze interpretative come abbiamo visto e come ho citato prima, rischia di creare una produzione normativa sul fenomeno dell'immigrazione estremamente caotica e schizofrenica,... PAGINA: 0202 SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, intervengo su questo articolo con molto piacere, per sottolineare che finalmente siamo di fronte ad un articolo che dà corso in modo concreto @pagina=0203@e coerente ai princìpi proclamati dalla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia; ed è finalmente un intervento organico, perché riconosce che la legislazione che riguarda i minori, tutti i minori, senza distinzione di razza, senza alcuna distinzione di censo, dev'essere ispirata ad un unico principio: il loro superiore interesse. Per questa ragione, un minore non può essere definito in alcun modo una presenza illegale; per questa ragione per esempio è stato sospeso il Trattato di Dublino per quanto li riguarda: i minori hanno diritto di muoversi nell'intero territorio europeo, hanno diritto di essere accolti, hanno diritto di avere un percorso di istruzione, di cura, di assistenza, di accoglienza, in qualunque Paese – sottoscrittore dei princìpi, ribadisco, della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia – essi arrivino. Quindi ci troviamo di fronte finalmente ad un articolo che assume con coerenza quei valori e quei princìpi proclamati in un Trattato internazionale: finalmente, perché l'unico problema che ha è che arriva con un po’ di ritardo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
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