ATTI DI CONTROLLO E DI INDIRIZZO

Seduta n. 306 di giovedì 9 ottobre 2014

INDICE


ATTI DI INDIRIZZO:

Mozioni:
  Capua  1-00608  17277
  Pisicchio  1-00609  17282
  Castelli  1-00610  17285

ATTI DI CONTROLLO:

Presidenza del Consiglio dei ministri.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Mucci  5-03770  17286

Interrogazioni a risposta scritta:
  Bianchi Mariastella  4-06349  17287
  Di Battista  4-06358  17288

Ambiente e tutela del territorio e del mare.

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
  Rostan  2-00713  17288

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Frusone  5-03767  17290

Interrogazione a risposta scritta:
  Attaguile  4-06352  17291

Beni e attività culturali e turismo.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Manzi  5-03759  17292

Difesa.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Crimì  5-03760  17292
  De Lorenzis  5-03761  17293

Economia e finanze.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Arlotti  5-03765  17294

Interrogazioni a risposta scritta:
  Di Lello  4-06338  17294
  Sorial  4-06346  17295

Infrastrutture e trasporti.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Bianchi Dorina  5-03762  17297
  Tripiedi  5-03763  17297
  Culotta  5-03766  17298

Interrogazioni a risposta scritta:
  Catalano  4-06332  17299
  D'Incà  4-06336  17301
  De Lorenzis  4-06337  17302

Interno.

Interrogazioni a risposta orale:
  Causin  3-01084  17302
  Carella  3-01085  17303

Interrogazioni a risposta scritta:
  Grande  4-06334  17303
  Meloni Giorgia  4-06335  17304
  Bragantini Matteo  4-06339  17305
  Cirielli  4-06340  17305
  Cirielli  4-06342  17306
  Cirielli  4-06343  17307
  Meloni Giorgia  4-06353  17308

Istruzione, università e ricerca.

Interrogazione a risposta scritta:
  Sammarco  4-06357  17309

Lavoro e politiche sociali.

Interrogazioni a risposta in Commissione:
  Ciprini  5-03757  17311
  Incerti  5-03758  17311
  Ricciatti  5-03764  17312
  Tripiedi  5-03768  17313

Interrogazioni a risposta scritta:
  Placido  4-06341  17314
  Gribaudo  4-06347  17316
  Vignali  4-06348  17317
  Baldassarre  4-06351  17318
  Narduolo  4-06354  17319
  Di Vita  4-06356  17320

Politiche agricole alimentari e forestali.

Interrogazione a risposta scritta:
  Gagnarli  4-06355  17324

Salute.

Interrogazione a risposta in Commissione:
  Mantero  5-03769  17325

Interrogazioni a risposta scritta:
  Lorefice  4-06333  17327
  Brambilla  4-06344  17327
  Parentela  4-06345  17328
  Carfagna  4-06350  17329

Apposizione di firme ad una mozione  17330

Apposizione di firme a risoluzioni  17330

Apposizione di una firma ad una interpellanza  17330

Apposizione di firme ad interrogazioni  17330

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo  17330

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

   La Camera,
   premesso che:
    il 22 marzo 2014, è stata comunicata l'identificazione di Ebolavirus da campioni di sangue analizzati presso il laboratorio di livello di biosicurezza 4 di Lione, Francia, dopo che il 10 marzo 2014 il Ministero della salute della Guinea Conacry è stato allertato da ospedali e servizi sanitari pubblici della regione forestale di Guéckédou e Macenta, Sud-Est del Paese, in relazione ad una misteriosa epidemia caratterizzata da febbre, vomito, diarrea, in alcuni casi emorragie, ed apparente alta letalità e che, il 18 marzo, un team di Medici senza frontiere (MSF), attivo dal 2010 nella regione, raggiunge l'area interessata a supporto dei servizi locali e quattro giorni dopo vengono segnalati all'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) 49 casi e 29 decessi;
    il virus non è stato introdotto in Guinea da altri Paesi, ma si è evoluto in parallelo ad altri EBOV e circolava nella popolazione umana di questa regione già da qualche tempo, come rilevato da un'indagine retrospettiva che ha portato a scoprire che il primo caso di questa epidemia, denominata malattia da virus Ebola (EVD), si sia verificato in Guinea in una bambina di 2 anni, deceduta con sintomi compatibili il 6 Dicembre 2013 nella regione di Guéckédou, seguito dal cluster tra i suoi familiari;
    nei mesi successivi altri casi sono stati segnalati dalla confinante Liberia e in Sierra Leone, raggiungendo le rispettive capitali, in Nigeria e in Senegal. Questa epidemia costituisce il primo focolaio di Ebola in Africa occidentale e rappresenta il venticinquesimo focolaio a livello mondiale da quando la malattia è stata scoperta nel 1976 in Zaire;
    secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) il bilancio complessivo delle vittime di Ebola aggiornato a mercoledì 1 Ottobre è di 3.439 morti su un totale di 7.492 casi in Africa occidentale, mentre in Sierra Leone nella sola giornata di sabato 4 ottobre sono stati registrati 121 morti e 81 nuovi casi, tra cui quello di un dipendente norvegese di MSF;
    il coinvolgimento della popolazione locale risulta particolarmente problematico, a causa della mancanza di fiducia e resistenza alle attività di sorveglianza, di pratiche culturali che perpetuano l'epidemia, della stigmatizzazione dei malati e delle famiglie e della mancata percezione del rischio fino al rifiuto della malattia. Parte delle attività di prevenzione e controllo consiste nella diffusione a livello locale e tramite media di messaggi di sanità pubblica volti a ridurre il rischio di contagio dall'animale all'uomo e da persona a persona e della necessità di cure in ambito sanitario;
    non c’è evidenza che le misure di controllo raccomandate siano insufficienti a scongiurare il contagio se correttamente applicate né di un cambiamento nell'infettività del virus tale da spiegare il contagio sempre più frequente in ambito sanitario. È invece evidente che brecce nell'adozione e nel mantenimento delle misure di prevenzione, accanto all'esposizione a un sempre maggior numero di casi, siano alla base dei contagi degli operatori sanitari;
    il 30 settembre 2014 le autorità sanitarie degli Stati Uniti americane hanno annunciato un caso di EVD identificato a Dallas in un cittadino di nazionalità liberiana che era arrivato il 20 settembre 2014 dalla Liberia via Bruxelles. Il paziente liberiano aveva contratto il virus a Monrovia aiutando la figlia di una coppia di amici a recarsi in ospedale. La giovane donna era stata colpita da Ebola il 15 settembre, soltanto cinque giorni prima della partenza per gli Stati Uniti. Il caso negli USA rappresenta il primo caso diagnosticato fuori dall'Africa occidentale;

    il 6 ottobre 2014 i risultati dei test iniziali hanno registrato il primo caso di Ebola in Spagna, confermando il contagio per un'infermiera che curò il missionario Manuel Garcia Viejo, morto il 25 settembre a Madrid dopo aver contratto la malattia in Sierra Leone;
    l'8 agosto 2014 l'OMS ha dichiarato l'epidemia di ebola un emergenza di sanità pubblica di evento di rilevanza internazionale;
    il 18 settembre 2014, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha riconosciuto lo scoppio Ebola come «una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale» e ha adottato all'unanimità la risoluzione 2177/2014, per la creazione di un'iniziativa a livello ONU per coordinare le attività di tutte le agenzie delle Nazioni Unite per affrontare la crisi;
    Ebola rappresenta la seconda malattia che nella storia ottiene l'attenzione del consiglio di sicurezza. Si tratta di un evento senza precedenti in termini di dimensioni, distribuzione geografica ed interessamento di zone urbane densamente popolate, pur tenendo in considerazione che l'epidemia non ha ancora raggiunto il suo picco ed è ancora in evoluzione;
    il 27 agosto 2014 il Centro europeo per il controllo delle malattie (ECDC) nel risk assessment su Ebola ha affermato che «le persone infettate con EVD possono arrivare in Europa con voli diretti o indiretti provenienti da paesi colpiti, o a bordo di cargo o navi passeggeri. Una possibilità remota è una catena di trasmissione lungo il percorso utilizzato da migranti irregolari che finiscono sulla sponda meridionale del Mediterraneo e tentano di raggiungere l'Europa via mare. Anche se la probabilità di questo evento è molto piccolo, le conseguenze potrebbero essere devastanti nei centri di detenzione ed a bordo delle navi in mare. Casi di EVD possono viaggiare in fase di incubazione della malattia e quindi non presentare sintomi al momento di arrivo, o possono arrivare malati perché hanno sviluppato sintomi durante il viaggio. La MVE può svilupparsi rapidamente, ed i soggetti non sono sempre consapevoli del fatto che sono stati esposti al virus Ebola. I casi in incubazione non mostrano sintomi e non possono essere rilevati attraverso lo screening nei punti di uscita o di entrata. Essi possono essere inconsapevoli dell'esposizione o negare l'esposizione in occasione della presentazione di una struttura sanitaria dell'UE, quindi i medici possono non sospettare EVD»;
    l'impegno dell'OMS e dei diversi partner si è rafforzato, per impedire la diffusione del virus oltre che per assistere le popolazioni colpite, anche per mezzo della distribuzione di cibo e altri generi di prima necessità per ridurre al minimo i movimenti della popolazione nelle zone poste in quarantena;
    il 16 settembre a Ginevra le Nazioni Unite e i suoi partner umanitari hanno presentato un documento che elenca i servizi, le forniture e gli altri requisiti necessari per affrontare l'epidemia di Ebola in Africa occidentale. Il documento stima in 987,8 milioni di dollari la somma complessiva necessaria per coprire le operazioni di assistenza nei tre Paesi più colpiti (Guinea, Liberia e Sierra Leone) nei prossimi sei mesi;
    il 30 agosto 2014 il Consiglio europeo straordinario ha sottolineato l'importanza di supportare con risorse umane e finanziarie, in modo coordinato, i Paesi interessati, le ONG e l'OMS, che ha predisposto ed avviato una Roadmap specifica per una risposta coordinata e globale;
    il 22 e 23 settembre 2014 (al Consiglio informale dei Ministri della salute dell'Unione europea, si è tenuta una sessione sull'epidemia di EVD dove è stata decisa l'applicazione per la prima volta della Decisione 1082 del 2013, dal momento che le malattie trasmissibili ricadono nell'ambito della sua applicazione (articolo 2). È stato ribadito che l'Italia vanta significativi risultati sul piano organizzativo e scientifico, essendo sia uno dei non molti Paesi in grado di gestire in modo idoneo tutte le fasi dell'assistenza a
questi pazienti, dalla diagnosi, al trasporto, al ricovero e alla cura, ma anche il Paese che può vantare lo sviluppo, in laboratori siti proprio alle porte di Roma, di uno dei vaccini che in queste settimane sono sottoposti a sperimentazione clinica;
    in suddetta sede il Consiglio informale dei Ministri della salute dell'Unione europea ha preso atto della severità dell'epidemia in atto in Africa occidentale, così come affermato dall'OMS, e della necessità del ricorso a risorse straordinarie per contenerla e arrestarla;
    il Ministero italiano degli affari esteri attraverso la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo ha definito un programma di interventi di emergenza da circa 1,5 milioni di euro per contrastare l'epidemia, eventualmente incrementabili fino a 4. La Cooperazione italiana ha stanziato un contributo di 240 mila euro all'Oms per l'invio di medici, la fornitura di farmaci e di attrezzature, il rafforzamento dei sistemi di sorveglianza epidemiologica e il coordinamento e supporto logistico delle attività di risposta all'emergenza. Inoltre finanzierà inoltre l'invio di personale medico italiano specializzato, in particolare di professionalità provenienti dall'ospedale Spallanzani di Roma, centro di eccellenza a livello nazionale ed internazionale per la cura delle malattie infettive e, attraverso un apposito fondo, sosterrà le attività delle Ong italiane presenti nella Regione, in particolare in Sierra Leone. Il contributo si aggiunge a quello di 200 mila euro concesso ad aprile all'Oms per la realizzazione di attività in Guinea Conakry;
    nel mese di aprile il Ministero della salute italiano ha emanato la circolare «Malattia da virus Ebola in Africa Occidentale: Misure di sorveglianza ai punti di ingresso internazionali in Italia» e la prima informativa su Ebola in Italia ed il rafforzamento in via cautelativa le misure di sorveglianza nei punti di ingresso internazionali;
    nel mese di luglio 2011 il Ministero ha effettuato un aggiornamento della situazione internazionale sulla mancanza di rischi per l'Italia e in agosto ha emanato una ulteriore circolare, inviata alle regioni e ad alle altre Istituzioni interessate, contenente indicazioni per la segnalazione e gestione di eventuali casi sospetti di malattia da Virus Ebola (MVE), in cui si ribadisce sostanzialmente quanto già previsto dal decreto ministeriale 15 dicembre 1990 «Sistema informativo delle malattie infettive e diffusive» e dalla circolare del 16 ottobre 2006 «Febbri Emorragiche Virali (FEV) – Raccomandazioni e indicazioni per il trasporto»;
    l'Italia opera secondo i protocolli previsti dalle circolari ministeriali ed in linea con le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, nei confronti di una possibile introduzione del virus Ebola nel nostro Paese, che vede impegnati gli Uffici di sanità marittima aerea e di frontiera del Ministero della Salute e tutte le strutture del Servizio Sanitario Nazionale, sotto il coordinamento del Ministero;
    nessun caso sospetto di Ebola è stato segnalato al Ministero della salute, nonostante la sorveglianza accresciuta;
    negli ultimi mesi le strutture del Sistema sanitario nazionale, in collaborazione con gli uffici ministeriali e con l'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive «Lazzaro Spallanzani», hanno gestito alcune segnalazioni di possibili casi di importazione di malattia di Ebola, poi non confermate dalle analisi svolte, applicando i protocolli stabiliti nelle circolari diramate a suo tempo dal Ministero;
    l'Aeronautica Militare – unica componente aerea in grado di eseguire una tale operazione in Europa oltre alla britannica RAF – dispone di velivoli ed attrezzature unici per il trasporto di malati altamente infettivi attraverso una speciale barella di bio-contenimento, denominata ATI (Aircraft Transport Isolator). Le attrezzature sono dislocate presso il Reparto medicina del centro Sperimentale di volo (CSV) di Pratica di mare e il sistema
è stato utilizzato in numerose missioni per trasporto di pazienti infettivi ed altamente infettivi;
    l'Italia dispone della rete degli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF), quali articolazioni periferiche del Ministero della salute, cui sono affidati i compiti di profilassi internazionale e sanità transfrontaliera in capo allo Stato. Tali USMAF garantiscono la continuità della difesa sanitaria del territorio nazionale dal rischio di importazione di malattie infettive attraverso i movimenti internazionali di mezzi di trasporto e persone e dispongono di 12 uffici principali suddivisi a loro volta in 37 unità territoriali, dislocati in corrispondenza dei maggiori porti ed aeroporti nazionali per la messa in atto di misure atte a ridurre o minimizzare il rischio di diffusione di malattie infettive ed altre minacce per la salute, esercitando attività di vigilanza non solo su viaggiatori e mezzi di trasporto ma anche su merci destinate al consumo umano in importazione da Paesi non appartenenti all'Unione europea, quali alimenti di origine non animale, materiali ed oggetti destinati a venire in contatto con alimenti (MOCA) ed altri prodotti di rilevanza sanitaria quali dispositivi medici, cosmetici e farmaci non autorizzati in Italia. Per ridurre il rischio di introduzione di malattie infettive sul territorio nazionale, gli USMAF funzionano anche come centri di profilassi per viaggiatori internazionali, fornendo consulenza specialistica e raccomandazioni sulle misure di prevenzione appropriate in relazione alla meta e durata e scopo del viaggio e somministrando le vaccinazioni internazionali obbligatorie (allo stato la sola, vaccinazione contro la febbre gialla) o raccomandate;
    il Ministero della salute ha segnalato che in Italia si dispone, da tempo, di un protocollo per l'evacuazione ed il trasporto in condizioni di alto isolamento di pazienti infetti/malati, già utilizzato in diverse occasione, e di stanze di ricovero ad alto isolamento, presso l'INMI Spallanzani di Roma e l'ospedale Sacco di Milano (decreto interministeriale esteri, salute, interni, difesa del 23 novembre 2010);
    l'Italia ha contribuito da marzo 2014, immediatamente dopo l'identificazione del focolaio di Ebola, al dispiegamento di un laboratorio mobile di alto biocontenimento (BSL4) finanziato dalla Commissioni’ Europea (DEVCO) in Guinea Conacry e gestito dal consorzio Europeo European Mobile Lab (EMLab);
    l'Italia partecipa a tale consorzio con l'Istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro Spallanzani» che ha avviato il laboratorio sotto l'egida dell'OMS, unitamente all'Istituto di Microbiologia dell'Istituto Federale Bundeswehr di Monaco, all'Istituto di medicina tropicale Bernhard-Nocht di Amburgo ed al Laboratorio P4 – Jean Mérieux di Lione. La gestione del laboratorio è stata successivamente supportata da personale dell'Agenzia di sanità pubblica inglese e di altri istituti europei. Su richiesta dell'OMS lo stesso Istituto ha inviato un clinico esperto in Nigeria per fornire competenze cliniche e supporto tecnico alla gestione delle unità di isolamento speciale per Ebola a Lagos;
    all'inizio di settembre 2014 è partito dall'Istituto Spallanzani di Roma il terzo laboratorio mobile europeo di massima sicurezza, ed ubicato a Foya, in Liberia. In particolare è stata curata in Italia o la preparazione del laboratorio, la spedizione, il montaggio e l'attivazione del laboratorio, garantirà la presenza di propri virologi fin dal primo team;
    l'Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma è stato identificato nel 2003 quale membro italiano del Global Outbreak Alert and Response Network (GOARN) coordinato dall'OMS ed in tale veste ha effettuato numerosi interventi in precedenti epidemie di febbre emorragica. La stessa Istituzione è stata riconosciuta nel 2009 quale Centro collaboratore dall'Organizzazione mondiale della sanità per l'assistenza, la diagnosi, la risposta e la formazione sulle patologie ad elevata pericolosità, coordina
la rete europea dei laboratori di biosicurezza di livello 4 e, grazie alla sua esperienza e professionalità, ha già contribuito in passato sempre su richiesta dell'OMS è tra quelli già in passato ha contribuito con interventi di supporto ai paesi, aspetti diagnostico-clinici nei Paesi africani in cui si sono verificate epidemia di febbre emorragica virale per controllare l'evento sul posto;
    gli Stati Uniti si stanno preparando ad aumentare e migliorare gli screening nei principali aeroporti per cercare di tenere sotto controllo Ebola, come annunciato in data 6 ottobre 2014 dal presidente Obama e da Tom Frieden – il direttore del Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), l'organo di controllo sulla sanità pubblica negli USA. È in corso infatti una consultazione con il Congresso, con gli esperti e con la Casa Bianca per arrivare a una decisione sull'argomento;
    non tutti i Paesi europei hanno lo stesso grado di preparazione nell'affrontare eventuali emergenze sanitarie legate alla possibile diffusione nel nostro Continente dell'epidemia del virus Ebola, né è possibile pensare a strategie di prevenzione e di gestione dell'emergenza che abbiano dimensione esclusivamente nazionale;
    il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea pone in carico al nostro Paese specifici ruoli e responsabilità,

impegna il Governo:

   a rafforzare le capacità diagnostiche con un laboratorio mobile italiano in Sierra Leone, garantendo anche le attrezzature, i reagenti ed il trasferimento tecnologico agli operatori locali;
   a supportare i Paesi attraverso il potenziamento delle capacità di ricerca dei contatti e l'isolamento dei pazienti, il rafforzamento dei sistemi di sanità pubblica;
   a promuovere un livello di assistenza alle persone colpite che sia rispondente agli standard previsti dall'OMS per la gestione delle febbri emorragiche, anche con l'invio di clinici esperti;
   a sostenere iniziative di diagnosi e ricerca sul serbatoio animale in linea con la visione «One World One Health»;
   a intraprendere tutte le azioni necessarie per garantire la corretta adozione di adeguate misure di biosicurezza in considerazione del rischio di importazione di casi, attuando ogni misura necessaria per il monitoraggio e la identificazione precoce dei sospetti, scongiurando e limitando i reali ed evidenti pericoli di ritardata diagnosi e conseguente applicazione delle misure necessarie, come verificatosi in un altro Paese occidentale;
   ad adoperarsi e attivarsi, con determinazione, presso tutte le sedi comunitarie e internazionali, in accordo con gli altri Stati membri che, come l'Italia, sono impegnati nel fronteggiare questa pericolosa epidemia;
   a supportare le attività contro EBV in corso in Italia ed all'estero, concentrandosi su quanto ha già dimostrato capacità organizzative e gestionali;
   a promuovere l'utilizzo e la completa attivazione delle capacità e delle strutture disponibili nel Paese;
   a valutare gli interventi da attuare nelle zone colpite evitando inutili duplicazioni con quanto già attivato da altri Paesi, assicurando il massimo coordinamento con le agenzie internazionali, evitando inutili e costose duplicazioni;
   a mettere in atto ogni misura per garantire ai cittadini italiani l'evacuazione aeromedica in caso di necessità di rimpatrio dai Paesi colpiti;
   a chiedere l'urgente istituzione di un'unità di crisi europea, a guida tecnica e scientifica italiana, che possa fronteggiare immediatamente e in modo coordinato ogni eventuale emergenza sanitaria legata ad Ebola sul territorio europeo, consentendo decisioni rapide, che individuino i Paesi referenti e gli strumenti da
utilizzare per affrontare in modo appropriato ogni possibile elemento di crisi.
(1-00608) «
Capua, Vargiu, Catania, Cimmino, D'Agostino, Galgano, Matarrese, Mazziotti Di Celso, Molea, Monchiero, Oliaro, Quintarelli, Rabino, Sottanelli, Tinagli, Vecchio».

   La Camera,
   premesso che:
    come rilevato a più riprese anche da parte dei più alti vertici istituzionali, tra le incompiutezze dell'unificazione perpetuatesi fino ai nostri giorni è il divario tra Nord e Sud e dunque la condizione del Mezzogiorno che si colloca al centro delle preoccupazioni e responsabilità nazionali. Rispetto a questa questione che tarda a ricevere risposte adeguate, pesa certamente l'esperienza dei tentativi e degli sforzi portati avanti, a più riprese nei decenni dell'Italia repubblicana e rimasti senza risultati risolutivi; ma pesa anche l'oscurarsi della consapevolezza delle potenzialità che il Mezzogiorno offre per un nuovo sviluppo complessivo del paese e che sarebbe fatale per tutti non saper valorizzare;
    purtroppo il Mezzogiorno, a pochi mesi dalla fine del 2014, è ancora il cuore del problema per la soluzione della «questione Italia»;
    nelle anticipazioni del Rapporto 2014 sull'economia del Mezzogiorno, presentato a luglio 2014 alla Camera dei deputati, la Svimez, Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, disegna ancora una volta un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell'arretratezza;
    nel 2013, infatti, il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di dieci anni fa: 16.888 euro nel 2013 contro i 16.511 del 2005. Ciò è da attribuire non tanto ai livelli di produttività dell'area, che nel periodo di crisi 2008-2013 mostrano una sostanziale stazionarietà, quanto ad una preoccupante diminuzione del tasso lordo di occupazione. Negli anni di crisi 2008-2013 i consumi delle famiglie sono crollati quasi del 13 per cento, gli investimenti nell'industria addirittura del 53 per cento, i tassi di iscrizione all'università tornano ai primi anni duemila e per la prima volta il numero di occupati ha sfondato al ribasso la soglia dei 6 milioni, il livello più basso dal 1977. Nel Mezzogiorno si continua a emigrare, non fare figli e impoverirsi: in cinque anni le famiglie assolutamente povere sono aumentate di due volte e mezzo, da 443 mila a 1 milione e 14 mila nuclei;
    in base alle valutazioni Svimez, nel 2013 il Pil è crollato nel Mezzogiorno del 3,5 per cento, approfondendo la flessione dell'anno precedente (-3,2 per cento), con un calo superiore di quasi due punti percentuali rispetto al Centro-Nord (-1,4 per cento). Si tratta del sesto anno consecutivo in cui il Pil del Mezzogiorno registra segno negativo. Il peggior andamento del Pil meridionale è dovuto soprattutto ad una più sfavorevole dinamica della domanda interna, sia per i consumi che per gli investimenti;
    a livello regionale nel 2013 si è registrato un segno negativo per tutte le regioni italiane, a eccezione del Trentino Alto Adige (+1,3 per cento) e della stazionaria Toscana (0 per cento). Anche le regioni del Centro-Nord, sono tornate, segnare cali significativi, come l'Emilia Romagna (-1,5 per cento), il Piemonte (-2,6 per cento), il Veneto (-3,6 per cento), fino alla Valle d'Aosta (-4,4 per cento). Nel Mezzogiorno la forbice resta compresa tra il –1,8 per cento dell'Abruzzo e il –6,1 per cento della Basilicata, fanalino di coda azionale. In posizione intermedia la Campania (-2,1 per cento), la Sicilia (-2,7 per cento), il Molise (-3,2 per cento). Giù anche Sardegna (-4,4 per cento), Calabria (-5,0 per cento) e Puglia (-5,6 per cento). Guardando agli anni della crisi, dal 2008 al 2013, profonde difficoltà restano soprattutto in Basilicata e Molise, che segnano cali cumulati superiori al 16 per cento, accanto alla Puglia (-14,3 per cento), la Sicilia (-14,6 per cento) e la Calabria (-13,3 per cento). Il divario tra la regione più ricca e la più povera è stato nel 2013 pari a 18.453 euro: in altri termini, un valdostano ha prodotto nel 2013 oltre 18 mila euro in più di un calabrese;
    il Rapporto 2014 Svimez, commentando i dati negativi anche del Centro-Nord, ritiene che «sicuramente non è in crisi per colpa del Sud ma rischia di non uscirne finché non si affronta e non si risolve il problema del Mezzogiorno, in quanto una domanda meridionale così depressa ha inevitabili effetti negativi sull'economia delle regioni centrali e settentrionali.»;
    le due aree del Paese sono strettamente connesse, del resto, è ampiamente testimoniato dagli andamenti demografici, il Centro Nord continua ad attrarre significativi flussi di popolazione che si spostano dalle regioni meridionali. I dati del 2013 confermano la grave crisi demografica del Sud, l'anno scorso la popolazione meridionale è calata di circa 20 mila unità a causa della ripresa delle emigrazioni verso il Centro-Nord e verso l'estero, oltre al calo delle nascite che anch'esso risulta essere particolarmente rilevante. Tra il 2001 e il 2013 sono emigrati dal Sud verso il Centro-Nord oltre 1.559.100 meridionali, a fronte di un rientro di 851 mila persone, con un saldo migratorio netto di 708 mila unità. Tali flussi migratori acquistano ancora più importanza se si pensa agli effetti che avranno sulla capacità del Sud di riprendersi e di intraprendere un nuovo percorso di sviluppo e di crescita. Si allontanano dalle regioni di origine i giovani in età riproduttiva e dotati di elevate conoscenze e competenze professionali e intellettuali, quindi le conseguenze negative si rivelano su due fronti: da una parte si pregiudica l'evoluzione demografica dell'area meridionale, dall'altro il Sud viene privato di quelle competenze indispensabili per la crescita economica;
    nel 2013 il Mezzogiorno ha toccato il suo minimo storico per quanto riguarda il numero dei nati: 177 mila, il valore più basso dall'Unità d'Italia. Purtroppo il Sud perde progressivamente popolazione, anno dopo anno. La fecondità femminile si attesta a quota 1,36 figli per donna, cifra lontana dal 2,1 nati per coppia che garantirebbe la stabilità demografica. Il centro Nord, invece, ha visto una crescita a quota 1,46 figli per donna, grazie anche all'apporto riproduttivo elevato delle donne straniere;
    per la Svimez nel 2013 la povertà assoluta è aumentata al Sud rispetto all'anno scorso del 2,8 per cento contro lo 0,5 per cento del Centro-Nord. Anche per questo i consumi delle famiglie meridionali sono ancora scesi, arrivando a ridursi, nel 2013, del 2,4 per cento, a fronte del –2 per cento delle regioni del Centro-Nord. Dal 2008 al 2013 la caduta cumulata ha sfiorato nel Mezzogiorno i 13 punti percentuali (-12,7 per cento), risultando di oltre due volte maggiore di quella registrata nel resto del Paese (5,7 per cento). Particolarmente colpiti i consumi alimentari (-14,6 per cento contro il –10,7 per cento del Centro-Nord), e le spese per vestiario e calzature cadute del 23,7 per cento, quasi il doppio che nel resto del Paese (-13,8 per cento);
    tutti i settori economici del Meridione hanno risentito della crisi toccando il picco nel settore delle costruzioni, che ha ridotto il prodotto del 35,3 per cento contro il 23,8 per cento del Centro-Nord. Nel comparto terziario la perdita è stata l'anno scorso del 2,3 per cento nel Sud, a fronte di una sola leggera flessione (-0,4 per cento) al Centro-Nord. L'agricoltura perde lo 0,2 per cento) al Sud, mentre il Centro-Nord guadagna +0,6 per cento; l'industria crolla del 7,6 per cento al Sud e del 3,2 per cento al Centro-Nord; Dal 2008 al 2013 il settore manifatturiero al Sud ha perso il 27 per cento del proprio prodotto, e ha più che dimezzato gli investimenti (-53 per cento);
    «il Sud è ormai a forte rischio di desertificazione industriale – è scritto nel rapporto Svimez – , con la conseguenza che l'assenza di risorse umane, imprenditoriali
e finanziarie potrebbe impedire all'area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente»;
    il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) ha assunto la sua denominazione in forza del decreto legislativo n. 88 del 31 maggio 2011, che detta disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali. Il Fondo ha la finalità di dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi a finanziamento nazionale rivolti al riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese;
    in tale quadro, le risorse del Fondo sono destinate al finanziamento di progetti infrastrutturali strategici – sia di carattere materiale sia di carattere immateriale – di rilievo nazionale, interregionale e regionale, che si inquadrano nell'ambito di una strategia nazionale che individua i principali interventi di interesse, in termini di miglioramento infrastrutturale, del Sistema Paese, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi, funzionalmente connessi per consistenza progettuale ovvero realizzativa, in relazione a obiettivi e risultati quantificabili e misurabili, anche per quanto attiene al profilo temporale;
    l'articolazione pluriennale del Fondo, coerente con quella dei Fondi europei, è volta a garantire l'unitarietà e la complementarietà dei processi di programmazione e attivazione delle relative risorse, tenendo conto delle programmazioni. L'articolo 1, comma 6 e seguenti, della legge n. 147 del 2013 (legge di Stabilità 2014) ha determinato in 54,810 miliardi di euro la dotazione aggiuntiva del FSC per il periodo di programmazione 2014 – 2020, disponendone l'iscrizione in bilancio per l'80 per cento di tale importo, pari a 43,848 miliardi di euro. La medesima disposizione, nel contempo, ha indicato la nuova chiave di riparto delle risorse tra le aree territoriali del Paese, assegnando al Mezzogiorno l'80 per cento dell'importo complessivo, per un valore iscritto in bilancio conseguentemente pari a 35,078 miliardi di euro, e la restante quota, pari a 8,770 miliardi di euro, al Centro-Nord;
    la norma di legge non dispone, invece, in ordine al riparto tra le amministrazioni centrali e le amministrazioni regionali, né definisce più puntualmente le quote di destinazione del Fondo medesimo tra diversi ambiti tematici, salvo indicare che una quota pari al 5 per cento del Fondo possa essere destinata a interventi di emergenza con finalità di sviluppo (corrispondente a 2,192 miliardi di euro);
    la legge, infine, ha iscritto in bilancio, a fronte del complessivo importo, gli stanziamenti per il primo triennio, determinandoli in 50 milioni per il 2014, 500 milioni per il 2015 e 1.000 milioni per il 2016; per gli anni successivi, la quota annuale sarà determinata dalla tabella E delle singole leggi di stabilità;
    il comma 8 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 ha disposto che entro il 1o marzo 2014 il CIPE avrebbe dovuto effettuare la ripartizione programmatica tra le amministrazioni interessate della quota relativa all'80 per cento delle risorse. Adempimento che non risulta ancora attuato;
    con delibera n. 21 del 2014 è stata disposta, a valere sulla programmazione 2014-2020 una preallocazione pari a 1.143 milioni di euro, destinata alle regioni del Mezzogiorno per compensare le medesime regioni della sottrazione di disponibilità delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per la programmazione 2007-2013, ad esse sottratte in relazione ai ritardi nell'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti. Le assegnazioni di legge di cui sopra e questa assegnazione assorbono la quasi totalità delle dotazioni dei fondi assegnati in bilancio nel triennio;
    i Contratti istituzionali di sviluppo (CIS) sono stati introdotti dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 88 del 31 maggio 2011 quale strumento generale di attuazione
della programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2014-2020 e sono stati utilizzati anticipatamente anche nella programmazione in corso (2007-2013), in forza della delibera del CIPE n. 1 dell'11 gennaio 2011. Destinati a regolare i rapporti tra le amministrazioni centrali (con poteri di coordinamento attribuiti all'Autorità politica delegata per la Coesione Territoriale), le regioni e i grandi concessionari nazionali (FS-RFI ed ANAS), per la realizzazione di grandi infrastrutture di rilievo strategico, essi stabiliscono: tempi e modalità di attuazione, impegni reciproci per garantire il rispetto del cronoprogramma, sanzioni e poteri sostitutivi per le ipotesi di inadempienza;
    la normativa impone che i CIS siano sottoscritti, per la parte pubblica, dalle autorità politiche (Ministri e presidenti di regione), in uno con apposite intese preliminari. Nell'esperienza sin qui fatta, l'Intesa che ha preceduto ciascun CIS è stata sottoscritta dai Ministri per la coesione, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dei beni e delle attività culturali e del turismo; mentre i CIS veri e propri (articolato e allegati tecnici) sono stati firmati da: Ministro della coesione, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, presidenti di regione (di volta in volta interessati) e concessionari nazionali (FS/RFI, per le ferrovie; ANAS, per le strade);
    allo stato, sono stati sottoscritti 4 CIS, previsti dalla delibera CIPE n. 62 del 3 agosto 2011: tre per opere ferroviarie (NA-BA-LE-TA; SA-RC e ME-CT-PA) ed uno per un'infrastruttura stradale (SASSARI-OLBIA). Soltanto per la «Salerno- Reggio Calabria» (ferroviaria) e la «SS Sassari Olbia» (stradale) il fabbisogno finanziario risulta integralmente coperto;
    il 2 agosto 2012 il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro delle infrastrutture e trasporti, le regioni Campania, Basilicata e Puglia, Ferrovie dello Stato e Rete ferroviaria italiana hanno sottoscritto il Contratto istituzionale di sviluppo, che riguarda l'esecuzione di lavori sull'intera tratta ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto, il cui costo è pari a 7.116 milioni di euro per 22 interventi. Le disponibilità ammontano a 3.532 milioni,

impegna il Governo:

   ad affrontare con determinazione tutte le problematiche rilevate nel Mezzogiorno e ad assumere ogni opportuna iniziativa per porre in essere azioni incisive di politica economica per sostenere e rilanciare la crescita e l'occupazione del Sud dell'Italia che appare evidente essere l'unica strada concreta per un vera ripresa che interessi tutta l'Italia;
   a confermare nella prossima legge di stabilità un congruo stanziamento del Fondo di sviluppo e coesione che permetta di completare il finanziamento necessario a realizzare il Contratto istituzionale di sviluppo che riguarda l'intera tratta ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto;
   a sollecitare la rapida adozione da parte del Cipe della ripartizione programmatica tra le amministrazioni interessate delle risorse aggiuntive del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
(1-00609) «
Pisicchio».

   La Camera,
   premesso che:
    a partire da settembre 2014 viene adottato dall'Italia e dagli Stati membri dell'Unione europea il nuovo sistema europeo dei conti nazionali e regionali — Sec 2010 — in sostituzione del Sec 95;
    stando a questo nuovo sistema tutte le attività che producono reddito, indipendentemente dal loro status giuridico, ivi comprese le attività illegali quali traffico di sostanze stupefacenti, sfruttamento della prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol), verranno stimate e quindi inserite nel calcolo del prodotto interno lordo;
    da fonti giornalistiche si evince che non tutti i Paesi membri dell'Unione europea (ad esempio, la Francia) hanno deciso di conteggiare nel prodotto interno lordo i proventi derivanti da attività illegali;
    il regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea, nei principi di base del Sec 2010, indica che: «Le attività illegali sono considerate operazioni quando tutte le unità partecipanti intervengono consensualmente»;
    secondo l'ultimo rapporto mondiale sugli abusi sessuali pubblicato dalla Fondazione Scelles, la maggior parte delle donne che nel mondo si prostituisce si trova alle dipendenze di uno sfruttatore;
    secondo l'Organizzazione mondiale della sanità la tossicodipendenza è una malattia che spinge l'individuo in maniera più o meno coatta ad assumere dosi sempre crescenti di droghe;
    così come anche riportato su fonti giornalistiche, l'inserimento dei proventi criminali nel prodotto interno lordo ha un senso «economico», qualora si intendessero legalizzare e controllare tali attività;
    vi è una sostanziale differenza tra le attività illegali che uno Stato ha il compito di far «emergere dal nero» e le attività illegali che uno Stato ha il compito di debellare;
    nel caso di attività illegali che si vorrebbero far emergere (ad esempio, la vendita di un bene altresì venduto evadendo il fisco), lo Stato ha tutto l'interesse a incrementare l'attività di vigilanza e controllo ed una eventuale «emersione del nero» aumenterebbe il prodotto interno lordo di un ammontare pari se non superiore a quello perso che era stato considerato da Sec 2010 per l'attività illegale in questione;
    nel caso di attività illegali che invece si vorrebbero debellare (ad esempio, il traffico di droga o lo sfruttamento della prostituzione), lo Stato perderebbe l'interesse a controllare e vigilare, in quanto una eventuale eliminazione di tale attività illegale provocherebbe automaticamente una diminuzione del prodotto interno lordo;
    in una logica più ampiamente culturale e educativa, si ravvede il rischio che le attività criminali vengano collocate nell'immaginario collettivo — e maggiormente nelle nuove e future generazioni — come leciti e legittimi elementi di produttività e di ricchezza del Paese nel suo complesso e non esclusivamente il prodotto della criminalità semplice o organizzata, legittimando da un lato l’«impresa criminale» e dall'altro delegittimando gli sforzi e i sacrifici — anche in termini di vite umane — che dal dopoguerra in poi hanno visto impegnate contro le mafie numerose istituzioni, associazioni, singoli individui o intere comunità,

impegna il Governo

ad assumere iniziative, anche in sede di Unione europea, per non inserire elementi distorsivi nel calcolo del prodotto interno lordo che rendano antieconomico il debellarli, nonché a non considerare come attività svolte «consensualmente» attività realizzate in uno stato di sostanziale incapacità di volere, quali la prostituzione e l'assunzione di sostanze stupefacenti.
(1-00610) «
Castelli, Caso, Sorial, D'Incà, Colonnese, Dadone, Fraccaro, Nuti, Villarosa, Della Valle, Barbanti, Currò».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

Interrogazioni a risposta scritta:

   MARIASTELLA BIANCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nel 2012 la Archimede Solar Energy S.r.l. ha presentato la richiesta per installare quattro impianti ad energia solare termodinamica in Sardegna: uno a Giave, uno a Bonorva, uno a Villasor e l'ultimo a Gonnosfadiga;
   la Archimede Solar Energy produce i tubi ricevitori per le centrali solari termodinamiche che utilizzano una tecnologia altamente innovativa, sviluppata attraverso l'Enea sulla base di ricerche svolte dal premio Nobel professor Carlo Rubbia dal 2001. In questo sistema la radiazione solare viene trasformata in calore attraverso il riscaldamento di sali fluidi (sodio e potassio) immessi altissime temperature nell'acqua, generano vapore che muove le turbine producendo energia. Rispetto ai sistemi solari tradizionali i sali fusi consentono un maggior rendimento del ciclo termico;
   l'investimento totale previsto in Sardegna è pari a circa 1 miliardo di euro e consentirà di creare occupazione per più di cinquemila persone: soltanto la centrale di Flumini Mannu situata nel comprensorio di Villasor, ad esempio, occuperebbe nella fase di cantiere circa duemila lavoratori per i tre anni di costruzione e messa in funzione; inoltre nel sito per la gestione operativa e la manutenzione servirebbero altre cento persone impiegate in pianta stabile;
   la tecnologia alla base degli impianti solari termodinamici è una eccellenza italiana. L'Archimede Solar Energy infatti è l'unico produttore al mondo di un tubo ricevitore commercialmente disponibile che utilizza i sali fusi come fluido termo-vettore. Una tecnologia a bassissimo impatto ambientale, basti pensare che i sali fusi vengono usati anche come fertilizzanti. Per lo sviluppo industriale di questa tecnologia, realizzato anche con l'apporto di investimenti internazionali è stato costruito un impianto dimostrativo in Umbria che ha dimostrato la fattibilità e la convenienza di questa soluzione tecnologica, con il contributo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che ha finanziato il progetto insieme alla regione Umbria;
   domanda per la realizzazione degli impianti solari termodinamici in Sardegna è stata presentata in un primo momento alla regione Sardegna che ha obiettato che la competenza ad analizzare il progetto non è regionale ma nazionale poiché la potenza delle centrali è superiore ai 300 megawatt e quindi richiede un procedimento di valutazione di impatto ambientale (Via) di livello nazionale. Tuttavia, secondo la commissione via del ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un simile progetto non rientra tra quelli a combustione tradizionale e dunque la sua valutazione non può essere accostata a quelle soggette al parere della commissione;
   il rimpallo di responsabilità tra regione Sardegna e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha portato a una situazione di stallo e al superamento dei limiti temporali previsti dalla legge per il completamento del procedimento di Valutazione di impatto ambientale fissati in 150 giorni, limite temporale ormai quasi doppiato con un ritardo di oltre 100 giorni. Questo ritardo rispetto a termini di legge rischia di far sfumare un investimento altamente innovativo che ha un valore pari a un miliardo di euro con una significativa creazione di posti di lavoro e consentirebbe al nostro Paese di rimanere all'avanguardia in una tecnologia di punta della nuova energia, cruciale in un mercato a forte espansione futura –:
   se il Presidente del Consiglio sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga necessario superare la fase di stallo che si è venuta a creare anche valutando se sussistano i presupposti per esercitare, a tale fine, il potere sostitutivo da parte del Consiglio dei ministri così come previsto dal decreto legislativo 152 del 2006. (4-06349)

   DI BATTISTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo gli ultimi dati ISTAT, la disoccupazione in Italia ha raggiunto il 12,3 per cento mentre la disoccupazione giovanile il 44,2 per cento e i giovani senza lavoro sono 710.000;
   il carico fiscale nei confronti delle imprese è il più alto d'Europa;
   la drammatica crisi economica dipende a giudizio dell'interrogante dalle scarse risorse che il Governo può mettere in campo oggi a sostegno dei lavoratori, degli ammortizzatori sociali e delle aziende;
   il numero di uomini politici o figure istituzionali che beneficiano di scorte o di mezzi pagati dallo Stato – le cosiddette «auto blu» – è assolutamente fuori misura se oltretutto comparato con gli standard degli altri Paesi europei;
   risulta all'interrogante, per averlo personalmente constatato, che Ministri di precedenti governi, attualmente senza incarichi istituzionali, fruiscano ancora di auto blu con autista –:
   se Ministri di precedenti governi beneficino ancora di servizi di scorta o di auto blu, di quali persone si tratti, quali ne siano le ragioni e se non si intendano eliminare immediatamente scorta e auto blu per tutti coloro che non hanno attualmente incarichi istituzionali. (4-06358)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'interno, il Ministro della salute, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   il Parlamento italiano ha, lo scorso 5 febbraio 2014, provveduto alla conversione in legge del decreto-legge «Terra dei Fuochi (n. 133 del 2013)»;
   il testo definitivo, licenziato dal Parlamento, ha previsto, tra le varie disposizioni in esso articolate a tutela dell'ambiente e nell'ambito delle strategie di contrasto ai roghi tossici, l'istituzione del reato di combustione dei rifiuti, una spinta alle attività di bonifica dei suoli inquinati, il conferimento di poteri speciali al prefetto di Napoli, la creazione, presso il dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, di un gruppo per il monitoraggio, la mappatura dei terreni inquinati, l'uso dell'esercito e lo screening sanitario gratuito per i cittadini residenti in Campania e Puglia;
   il testo, inoltre, ha previsto il coinvolgimento, ai fini delle attività di monitoraggio ambientale e dello stato di salute della cittadinanza residente in Campania ed in Puglia, ed in particolare nei territori a rischio inquinamento e roghi tossici, dell'Istituto superiore delle sanità, nonché l'implementazione dello studio «sentieri»;
   la legge, inoltre, ha accolto anche molte delle richieste fatte da comitati e associazioni ambientaliste in sede di audizione, con particolare riferimento alla previsione di particolari strumenti di accelerazione delle bonifiche, l'utilizzo dell'esercito a scopo di sorveglianza, nonché l'istituzione di un fondo ad hoc (Fondo unico giustizia) alimentato dalla confisca dei beni provenienti dalle attività della criminalità organizzata e dai guadagni legati agli eco-reati per reperire risorse per le bonifiche;
   alta è l'attenzione dell'opinione pubblica circa lo stato di applicazione delle norme contenute nella legge sulla «Terra dei Fuochi», e fortissime sono le aspettative e le speranze delle popolazioni residenti in Campania, ed in particolare, nell'area a nord di Napoli, nel casertano e nell'agro nolano, territori martoriati dalle ecomafie che, negli anni, non hanno mai esitato di fronte alla possibilità di assicurarsi facili e cospicui guadagni attraverso lo sversamento abusivo di rifiuti tossici e di roghi dolosi;
   nonostante i buoni propositi del testo di legge, non accennano a diminuire, nella Terra dei Fuochi, i roghi tossici e gli sversamenti abusivi;
   quanto sopra, ha trovato conferma in una recentissima inchiesta televisiva diffusa dal noto programma Le Iene, in onda sul canale nazionale «Italia Uno»;
   durante la predetta intervista, sono state diffuse immagini eloquenti che hanno dimostrato come i roghi tossici continuino ad essere appiccati, come siano cambiate le modalità di conferimento abusivo di rifiuti e come questi conferimenti siano strettamente collegati anche al ciclo industriale ed alle attività manifatturiere illecite che si svolgono sul territorio, specie nel settore tessile;
   durante l'intervista, inoltre, è stato dimostrato che, nonostante i divieti imposti dalle amministrazioni locali (nel caso di specie, dall'amministrazione commissariale del comune di Giugliano in Campania), privati cittadini, proprietari di terreni contaminati sui quali è stata proibita la coltivazione di piantagioni food, hanno comunque messo a dimora dei veri e propri frutteti, i cui prodotti sono stati, poi, destinati alla filiera agricola;
   è opportuno, per ridare credibilità ai provvedimenti sino ad oggi adottati dal Parlamento italiano, verificare quali norme siano state infrante attraverso queste condotte palesemente illeciti e quali e di chi siano le responsabilità dei soggetti eventualmente preposti al controllo del territorio;
   si sta diffondendo, tra le popolazioni residenti, che pure hanno accolto con favore e speranza il testo di legge sopra descritto, un preoccupante sentimento di sfiducia nei confronti delle istituzioni e questo proprio a causa del forte rallentamento che stanno subendo le modalità di attuazione della legge «Terra dei Fuochi», con particolare riferimento al dispiegamento dell'Esercito, l'avvio delle bonifiche, il contrasto ai roghi tossici, ancora molto diffusi con frequenza praticamente giornaliera;
   è indispensabile, in definitiva, imprimere un'accelerazione dei processi amministrativi previsti dalle norme contenute nel decreto-legge n. 133 del 2013, cosiddetto «Terra dei Fuochi», con particolare riferimento anche allo spiegamento delle Forze armate previsto per il presidio dei siti contaminati, e tanto affinché il fenomeno dei roghi tossici e degli sversamenti abusivi di rifiuti diffuso in Campania incontri un freno significativo;
   problematiche analoghe stanno affliggendo, da ormai diverso tempo, anche ampi territori del Molise, regione anch'essa destinataria, negli anni addietro, di conferimenti illeciti posti in essere da organizzazioni criminali di varia natura –:
   quale sia lo stato di avanzamento di impiego dell'Esercito nella Terra dei Fuochi,
quali risultati abbia portato per il momento il dispiegamento di forze previsto dal decreto-legge di cui in premessa, nonché se il Governo stia valutando l'ipotesi di incrementare il numero delle unità e delle risorse militari destinate al presidio dei territorio in supporto delle forze dell'ordine locali;
   quale sia stata l'incidenza, sino ad oggi, dell'inserimento, all'interno del codice penale, della fattispecie del reato di combustione illecita dei rifiuti;
   quale sia lo stato di avanzamento delle attività di screening sanitario della popolazione e mappatura dei siti inquinati in Campania e quali attività il Governo stia valutando di intraprendere per accelerare tali processi, fondamentali per la buona riuscita dei progetti di recupero del territorio;
   quale sia lo stato di avanzamento dei programmi di bonifica previsti per il recupero dei territori inquinati dalle discariche abusive e dai roghi tossici;
   quali siano le misure che il Governo intende adottare per accelerare, incrementare e migliorare la sinergia tra le varie istituzioni coinvolte nel presidio del territorio, indispensabili per conferire la giusta efficacia al pacchetto normativo contenuto nel decreto-legge, cosiddetto «Terra dei Fuochi» e se intenda assumere iniziative normative per ampliarne la portata anche a tutela di altre regioni meridionali colpite dalle medesime problematiche descritte in premessa per la Campania.
(2-00713) «
Rostan, Iacono, Famiglietti, Ciracì, Manfredi, Valiante, Garavini, Sgambato, Galgano, Venittelli, Ribaudo, Verini, Boccuzzi, Rocchi, Giorgio Piccolo, Peluffo, Chaouki, Marzano, Casellato, Andrea Romano, Scanu, Rigoni, Rubinato, Rabino, Cimmino, Nesi, Sberna, Piepoli, Fitzgerald Nissoli, Antimo Cesaro».

Interrogazione a risposta in Commissione:

   FRUSONE e DAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Società Eni Acqua Campania gestisce l'acquedotto della Campania occidentale. Per far fronte ad una grave emergenza idrica della città di Napoli, nel 1993 stipulò una convenzione con il comune di Cassino, sito nella regione Lazio in provincia di Frosinone;
   suddetto comune dispone di uno dei bacini idrici sotterranei più ricchi d'Europa, ossia le sorgenti del Gari;
   secondo l'accordo iniziale, la società doveva captare, attraverso la costruzione di sei impianti, 2700 litri d'acqua al secondo a fronte di opere compensative commisurate, in quanto a valore economico, alle cifre dell'ammanco ufficiale di acqua;
   nel 2005 la procura di Cassino inizia delle verifiche e attraverso dei sopralluoghi effettuati dalla polizia giudiziaria, sezione carabinieri, scopre che in realtà, la capacità di captazione per ciascuna pompa, poteva arrivare sino a 1500 litri al secondo, novemila litri al secondo complessivi;
   da quanto si apprende da un articolo pubblicato su Il Messaggero del 22 ottobre 2005, «la Procura non ha avuto remore nell'aprire un fascicolo penale per furto aggravato. Secondo stime attendibili, dal 1993 ad oggi, invece dei tremila litri al secondo che la città di Cassino avrebbe dovuto fornire, secondo la convenzione, a Eni Acqua Campania, ne sarebbero stati incanalati in condotta più di settemila. Un gap di quattromila litri al secondo che, nell'arco dei dodici anni trascorsi, avrebbe provocato alla città ed alle casse del Comune un danno incalcolabile»;
   inoltre, da quanto si apprende da un articolo pubblicato su Il Messaggero, il 14 aprile 2013, ci sarebbe anche la beffa, citando testualmente «...quell'acqua, presa gratuitamente, viene rivenduta alla regione Lazio per sette milioni di euro l'anno per rifornire le isole pontine.» Secondo tale articolo, Eni Acqua Campania, consegnerebbe alla compagnia marittima Vetor, attiva oltre che nel trasporto passeggeri anche nel trasporto merci grazie ad alcune navi cisterna, l'acqua da trasportare a Ventotene e Ponza. La Vetor, di proprietà di Torquato Vecchiarelli, presenterebbe poi un conto alla Regione Lazio, di ben 7 milioni di euro –:
   se i fatti elencati in premessa corrispondano al vero e quali siano le iniziative che il Ministro intende assumere;
   se si intenda assumere iniziative normative dirette a riportare nell'ambito delle competenze del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici, in modo tale che venga evitata la concessione a società come Eni Acqua Campania, il cui operato come si evince dalle premesse, sta creando un vero e proprio danno ai suoi cittadini e a quelli dell'intera regione Lazio;
   se non ritenga che tali massicce captazioni possano danneggiare il territorio e le attuali risorse idriche e se non ritenga opportuno, alla luce di tale sfruttamento, acquisire ogni elemento necessario a chiarire l'equilibrio del bilancio idrico anche richiedendo alla competente autorità di bacino una dettagliata relazione con specifico riferimento all'area delle sorgenti del Gari. (5-03767)

Interrogazione a risposta scritta:

   ATTAGUILE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dal blog dell'associazione ambientalista AIDAA emerge che il fungaiolo che ha accusato Daniza di averlo aggredito lasciandole soli alcuni graffi avrebbe mentito e non sarebbe mai stato aggredito dall'orso, ma si sarebbe inventato tutta questa storia al fine di intascare il risarcimento dello Stato che potrebbe arrivare a 100.000 euro e che gli servirebbe per ripianare alcune sue spese. Questa pare essere la verità che emerge ora dopo ora e che già nella giornata di oggi potrebbe essere messa nero su bianco da testimoni diretti e inviata da AIDAA alla procura della repubblica di Trento. Se così fosse si tratterebbe di una vigliaccata senza precedenti che di fatto ha causato la morte di Daniza e che sta mettendo a rischio la vita dei suoi cuccioli. AIDAA nel frattempo ha chiesto alla procura di Trento il sequestro delle cartelle cliniche dell'uomo e una visita fiscale da parte di una commissione medica indipendente. Secondo i dati che l'associazione sta raccogliendo le cose non sarebbero andate come raccontato dal fungaiolo e quello accaduto veramente a ferragosto andrebbe ancora scoperto e riscritto. Sicuramente AIDAA andrà a fondo alla vicenda e gli sviluppi che potrebbero scaturire già nelle prossime ore sono assolutamente clamorosi. «Appena avremo messo nero su bianco le dichiarazioni che ci sono state fornite spontaneamente nei giorni scorsi – ci dice Lorenzo Croce presidente di AIDAA – le forniremo alla procura di Trento. Occorre fare luce e alla base della morte di Daniza anziché una aggressione ci troviamo un tentativo di truffa non avremo legalmente pietà per colui che è responsabile di questa orribile messa in scena» –:
   quali informazioni sono in possesso del Ministro sulla vicenda dell'aggressione avvenuta ai danni del fungaiolo Daniele Maturi da parte dell'orsa Daniza nella provincia di Trento, e della successiva uccisione della stessa orsa, fatto che ha suscitato enorme scalpore internazionale;
   se il Ministero abbia avviato una inchiesta ministeriale sulla cattura e l'uccisione dell'orsa e quali siano i risultati della stessa ed in particolare se risulti se la dose di narcotico somministrata fosse adeguata a garantire la sicurezza dell'animale;
   se sia previsto un risarcimento da parte di pubblica autorità a soggetti aggrediti da fauna protetta;
   se risulti che le polemiche internazionali, susseguite alla morte del plantigrado, riprese puntualmente su tutti i media, abbiano comportato danno di immagine e quindi di presenza turistica nel Trentino Alto Adige e nell'Italia tutta. (4-06352)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:

   MANZI, MAURI, NARDUOLO, RAMPI, SCUVERA e ZARDINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, meglio noto come «destinazione Italia», ha autorizzato lo stanziamento di 500 milioni di euro per la valorizzazione del patrimonio turistico e culturale del nostro Paese in concomitanza con Expo 2015;
   in particolare, il finanziamento riguarda i progetti finalizzati alla promozione dell'accoglienza e dei servizi turistici, nonché di beni culturali e ambientali, presentati entro il 30 giugno 2014, da uno o più comuni in collaborazione tra loro o da unioni di comuni con popolazione tra 5 mila e 150 mila abitanti e quantificabili tra 1 milione e 5 milioni di euro;
   con l'approvazione della legge 29 luglio 2014, n. 106, di conversione del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, il cosiddetto «Decreto cultura e turismo», si è poi stabilito il coinvolgimento diretto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nell'individuazione sia dei criteri per l'utilizzo delle risorse all'uopo stanziate sia delle modalità di attuazione dei relativi interventi;
   in particolare, con l'articolo 7 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, come modificato, si è stabilito che: «Entro il 31 dicembre 2014, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sono disciplinati i criteri per l'utilizzo delle risorse per gli interventi di cui al comma 24 e sono previste le modalità di attuazione dei relativi interventi anche attraverso apposita convenzione con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI)»;
   EXPO 2015 rappresenta un'importante occasione per promuovere borghi, città, comuni medi e piccoli che potranno così concorrere a valorizzare permanentemente il prezioso patrimonio storico-culturale del nostro Paese –:
   a che punto sia lo stato di attuazione della normativa di cui in premessa, sia per quanto concerne il decreto che disciplina l'utilizzo delle risorse stanziate dal decreto-legge «destinazione Italia» sia per quanto concerne la convenzione tra Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ed ANCI, per l'attuazione degli interventi che i comuni singoli o associati dovranno presentare. (5-03759)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   CRIMÌ. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il virus dell'ebola si sta rapidamente espandendo nei territori dell'Africa, ad oggi sono migliaia i contagiati e i morti;
   per evitare la pandemia su scala mondiale ogni stato sta adottando misure di controllo presso gli aeroporti sul personale in rientro dai luoghi colpiti dai virus;
   nonostante le misure di controllo, recentemente in Spagna si è riscontrato il primo caso di contagio da ebola in Europa, altri due casi sospetti sono in osservazione. Quanto accaduto in Spagna sta facendo crescere rapidamente il livello d'allarme in Europa;
   il vaccino contro l'ebola è ancora in fase di sperimentazione; verranno prodotte entro fine anno diecimila dosi del siero italiano che se daranno esito positivo consentiranno una somministrazione sul campo nella primavera 2015;
   da circa tre settimane un centinaio tra militari e personale civile dell'Usaraf, con sede nella caserma Ederle di Vicenza, è in missione di soccorso in Liberia;
   terminato il servizio nel Paese africano, il personale militare rientrerà presso la base americana di Vicenza;
   è altissima la preoccupazione che il virus dell'ebola possa diffondersi anche nel territorio italiano trasportato dai militari di rientro dalla missione nel caso non vengano attuati rigidi controlli e stabiliti protocolli con le autorità sanitarie italiane in grado di garantire con certezza l'assenza del virus nel personale e, nel caso contrario, le procedure da seguire, soprattutto a tutela della popolazione civile –:
   quali misure intendano adottare affinché sia garantito che i militari appartenenti alla caserma SETAF di Vicenza attualmente impiegati in Liberia, al loro rientro, siano sottoposti a puntuali controlli sanitari che non lascino dubbi sulla presenza o meno di contagio, facendo sì che in questi controlli sia coinvolto anche il personale sanitario italiano attraverso protocolli concordati che garantiscano trasparenza e sicurezza. (5-03760)

   DE LORENZIS, MANLIO DI STEFANO, TOFALO, PETRAROLI e CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il capitano di fregata Gregorio De Falco, è colui che ha ordinato di tornare a bordo al comandante della nave Costa Concordia, Francesco Schettino, in occasione del tragico evento all'isola del Giglio in data 13 gennaio 2012;
   il numero di morti in questo drammatico evento è pari a 32 e per accertare responsabilità dell'accaduto è in corso un procedimento giudiziario della magistratura;
   da fonti stampa si apprende che il capitano De Falco è stato rimosso dal settore operativo della capitaneria di Livorno per essere trasferito in altri uffici amministrativi, sempre della direzione marittima di Livorno;
   il capitano di fregata De Falco la notte dell'incidente ha coordinato dalla sala operativa della capitaneria di Livorno, le operazioni di soccorso dei passeggeri della Costa Concordia;
   dalle dichiarazioni rilasciate alla carta stampata dal capitano di fregata De Falco sembrerebbe che ci sia stata una relazione tra il suo allontanamento e il comportamento assunto dal medesimo durante l'emergenza, comportamento riconosciuto da più parti e dall'opinione pubblica come encomiabile;
   il comportamento del capitano De Falco, insieme al contributo degli uomini dei reparti impegnati nei soccorsi, ha portato alla salvezza decine di passeggeri lasciati a bordo dal comandante Schettino –:
   se il Governo sia informato dei fatti espressi in premessa e quali  iniziative intenda adottare per accertare le motivazioni del trasferimento del capitano di fregata Gregorio De Falco;
   se il Governo condivida la possibilità di riportare il capitano di fregata Gregorio De Falco al suo vecchio ruolo al settore operativo della capitaneria di Livorno ovvero la possibilità di una promozione di grado militare. (5-03761)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

   ARLOTTI e DONATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia ha sempre usufruito della possibilità di deroga per l'accisa del metano-auto prevista a livello europeo, deroga che ha permesso lo sviluppo non solo di un settore «autotrazione» importante, ma ha parallelamente sviluppato anche un settore industriale leader a livello mondiale (esportazioni per il 70 per cento del totale prodotto) che copre tutta la filiera tecnica per un fatturato complessivo settoriale di 1,8 miliardi di euro;
   il nostro Paese è l'unica realtà di mercato europeo del metano per autotrazione sia per numero di veicoli (quasi 900 mila veicoli) sia per la quantità di metano venduto (quasi 1.000 milioni di metri cubi), con 20.000 posti di lavoro nel settore e una rete di più di 1.000 distributori di metano sul territorio;
   la recente proposta di modifica della direttiva europea 2003/96/CE sulla tassazione energetica ha come obiettivo quello di armonizzare i livelli di accise dei carburanti applicati dai diversi Paesi europei sulla base di un principio energetico (più è elevato il potere energetico del carburante più elevato è il livello di accisa) e di emissione di CO2;
   a quanto risulta alle associazioni italiane che rappresentano la filiera di distributori e trasportatori di metano e biometano, un documento recente redatto dal Ministero dell'economia e delle finanze prevedrebbe un accordo sulla proposta di modifica della direttiva europea che la Presidenza italiana vorrebbe portare in sede di Consiglio ECOFIN il 14 ottobre 2014;
   le associazioni lamentano che i contenuti della proposta italiana, oltre a non essere stati concordati con i rappresentanti del settore, determinerebbero l'uscita dal mercato dei carburanti del metano per autotrazione non essendovi più quel margine di risparmio che fino ad oggi ha consentito al settore di svilupparsi;
   la filiera italiana del metano per autotrazione ha già più volte sottolineato come l'eccessivo e repentino innalzamento delle accise sul gas naturale unito all'impossibilità dei Paesi membri di applicare una deroga temporale avrebbe gravi ripercussioni sul settore vanificando definitivamente gli sforzi fatti finora e comporterebbe la perdita del ruolo strategico del metano, alternativo al petrolio nel trasporto su gomma e la perdita del ruolo contributivo nella riduzione delle emissioni inquinanti, oltre che dell'anidride carbonica, fondamentale per il rispetto degli obiettivi europei di contenimento previsti dall'accordo «20-20-20» –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per salvaguardare un comparto nazionale di eccellenza che, per mantenere e proseguire la propria espansione a livello mondiale, deve poter contare su un mercato domestico ed europeo non affondato da ingiustificati pesanti aumenti della pressione fiscale. (5-03765)

Interrogazioni a risposta scritta:

   DI LELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale – IV serie speciale – n. 55 del 12 luglio 2013 è stato indetto un pubblico concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di 14 tenenti in servizio permanente effettivo del ruolo tecnico-logistico-amministrativo del Corpo della Guardia di finanza;
   dei posti disponibili cinque prevedevano l'assunzione nel ruolo del comparto sanità;
   alla pubblicazione della graduatoria, avvenuta nel gennaio 2014, risultavano idonei in nove;
   dal momento che il bando prevedeva l'assunzione di cinque unità, i restanti idonei sono rimasti in attesa di ulteriori esigenze da parte dell'amministrazione;
   sulla Gazzetta Ufficiale – IV serie speciale – 75, del 26 settembre 2014 è stato pubblicato il bando di concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di 8 tenenti del «ruolo tecnico-logistico-amministrativo» della Guardia di finanza, per l'anno 2014;
   l'articolo 1, comma 1, lettera b), n. 5, del bando prevede il reclutamento di due figure per l'area medica;
   è necessario ricordare che la forza disponibile, in base alle esigenze riscontrate dal Ministro, va utilizzata in ossequio alla direttiva del 2013 emanata dal Dipartimento della funzione pubblica con apposito provvedimento a proposito dello scorrimento delle graduatorie dei concorsi pubblici, prorogabili sino al 31 dicembre 2015;
   in tal senso si ricorda che, con la circolare n. 5/2013 diffusa dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, si definiscono gli indirizzi applicativi del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito dalla legge n. 125 del 2013 e recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», per cui:
    le amministrazioni che, ferme restando le ragioni esclusivamente temporanee o eccezionali, debbano assumere a tempo determinato, piuttosto che indire procedure concorsuali apposite dovranno attingere alle graduatorie vigenti per concorsi a tempo indeterminato;
    in materia di graduatorie, si prevede che le pubbliche amministrazioni possano indire procedure concorsuali solo laddove non sia possibile ricorrere alle procedure di mobilità tra amministrazioni o laddove non esistano altre graduatorie concorsuali relative a professionalità «equivalenti», ferma restando la possibilità – previo accordo – di utilizzare graduatorie già approvate da altre amministrazioni statali o ad ordinamento autonomo –:
   se il Ministro non ritenga opportuno, ai sensi della circolare del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e al fine di ridurre i costi gravanti sull'amministrazione, assumere iniziative per l'assunzione immediata delle restanti unità dichiarate idonee per l'area medica all'ultima procedura concorsuale relativa all'anno 2013;
   se, a tal fine, non ritenga opportuno procedere alla immediata sospensione delle procedure concorsuali previste per l'anno 2014. (4-06338)

   SORIAL. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati diffusi di recente dal Codacons, i debiti delle famiglie italiane sono aumentati del 16 per cento in due anni, sfiorando i 50 miliardi di euro di mancati pagamenti;
   la situazione è tale che è come se ogni italiano avesse pagamenti arretrati per 833 euro relativi a rate di prestiti, di mutui, di acquisto di beni di largo consumo, leasing, scoperti di conti bancari, ma anche di semplici bollette per le utenze domestiche non saldate;
   sembra che le famiglie italiane oggi si indebitino non solo per spese legate ad investimenti, come l'acquisto di una casa, ma anche per poter affrontare semplici spese correnti: solo per le bollette, secondo il rilevamento Codacons, 19,1 milioni di italiani risultano oggi morosi almeno su una utenza relativa alla fornitura di elettricità, gas, acqua o telefonia;
   il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, ha spiegato che «la causa di tale drammatica situazione è da ricercarsi nel progressivo impoverimento delle famiglie, colpite da una drastica riduzione del potere d'acquisto, dalla crescita della disoccupazione e da una pressione fiscale insostenibile. Di conseguenza, chi ha contratto debiti negli anni passati non riesce oggi a far fronte ai propri obblighi, nonostante si sia progressivamente ridotto il ricorso al credito al consumo, sceso del 6,4 per cento nel periodo gennaio-agosto 2014»;
   la regione che registra i più alti livelli di insolvenza è la Sicilia con 7,4 miliardi di euro, seguita da Lombardia (6,7 miliardi), Campania (5,7 miliardi) e Lazio (4,5 miliardi), a dimostrazione che questo problema coinvolge tutto il Paese, da nord a sud;
   come sottolineato dall'economista Alberto Bagnai, un dato comune alle economie in crisi dell'Eurozona (Portogallo, Irlanda, Spagna, Grecia) è che dall'entrata nell'euro (1999) allo scoppio della crisi (2007) in ognuna di esse era esploso il debito privato, con aumenti fino ai 98 punti di Pil (Irlanda e Spagna). «Quella che ora i mezzi di disinformazione di massa presentano come crisi bancaria causata da una crisi del debito pubblico, nei dati si presenta in modo opposto: la crisi di debito pubblico è causata dal dissesto finanziario del settore privato (come ammettono anche Giavazzi e Alesina), attraverso gli interventi di salvataggio delle banche con soldi pubblici, e attraverso il crollo dei redditi privati e quindi delle entrate fiscali»;
   nel solo periodo fra 1999 e 2007 il debito privato italiano è aumentato del 71,2 per cento, e il trend continua a essere in ascesa, causando una spirale «più debito, meno risparmi», a cui si devono aggiungere meno capacità di spesa e meno domanda; nel 2005 il debito privato italiano ha raggiunto quota 159,99 per cento del Pil, a fronte di un debito pubblico del 97,7 per cento e nel 2010 il debito privato italiano è schizzato al 188,78 per cento del Pil, mentre quello pubblico è arrivato al 109 per cento: famiglie e imprese sempre più indebitate, ma anche sempre più strozzate dal credit crunch e dal fisco;
   la recessione, che si sta trasformando in una stagnazione deflazionaria, e il credit crunch, uniti all'aumento delle uscite, hanno costretto imprese e famiglie a rivedere i singoli capitoli di spesa e a raschiare il fondo del barile, anche utilizzando altri canali per l'erogazione di liquidità, come le società di prestiti al consumo, e, considerato che, soprattutto nel caso dell'Italia, il primo ammortizzatore sociale è la famiglia, è semplice comprendere in che modo sia stata erosa la ricchezza presente: secondo l'analisi di Goldman Sachs, il tasso di risparmio delle famiglie italiane è ai minimi dal 1980 e la situazione continua a peggiorare. Il tasso, cioè la quota di reddito disponibile che gli italiani riescono a mettere da parte, è sceso a quota 10 per cento, mentre era sopra il 20 per cento nel 1980 a causa di un «massivo deterioramento dei risparmi dal 2008 a oggi»;
   su The Atlantic l'economista Richard Vague afferma che tutte le recenti crisi finanziarie hanno avuto origine nel settore privato, «come è molto facile dimostrare. Ma sui media mainstream di questo è vietato parlare», conclusione che deriva un'analisi delle crisi finanziarie diffuse nel mondo, partendo dal 19mo secolo, da lui condotta e riassunta nel suo libro The Next Economic Disaster;
   secondo l'Fmi, Fondo monetario internazionale, il debito privato è molto più pericoloso del debito pubblico: «Le analisi suggeriscono che il debito nel settore privato può nuocere alla crescita più del debito pubblico», anzi: «Un alto livello di indebitamento di famiglie e imprese ha effetti negativi sulla crescita anche se questi settori sono gli unici indebitati in un'economia –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione esposta in premessa e se non considerino urgente attivarsi e con quali modalità, affinché sia posto un freno alla crescita del debito privato, e anzi questo trend venga invertito,
per scongiurare l'eventualità di un aggravarsi della crisi economico-finanziaria in atto nel nostro Paese, che l'aumento di tale debito può causare. (4-06346)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   DORINA BIANCHI e SAMMARCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 5 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, recante misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per l'Expo 2015, introduce una specifica disciplina volta ad impedire che chiunque occupi abusivamente un immobile possa chiedere la residenza e l'allacciamento ai pubblici servizi (gas, luce, acqua e altro); la norma stabilisce la nullità ex lege degli effetti degli atti emessi in violazione della nuova normativa (comma 1);  
   la disposizione originale che letteralmente prevedeva una nullità «ex tunc» è stata integrata da un testo che pone problemi interpretativi. La norma recita: «A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, gli atti aventi ad oggetto l'allacciamento dei servizi di energia elettrica, di gas, di servizi idrici e della telefonia fissa, nelle forme della stipulazione, della volturazione, del rinnovo, sono nulli, e pertanto non possono essere stipulati o comunque adottati, qualora non riportino i dati identificativi del richiedente e il titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione dell'unità immobiliare in favore della quale si richiede l'allacciamento»;
   non appare infatti chiaro il significato del riferimento testuale agli «atti nulli» e (che) pertanto non possono essere stipulati o comunque adottati». Riferirsi ad atti nulli (quindi «ontologicamente» ad atti già stipulati) potrebbe dar luogo a problemi di interpretazione;
   non è possibile giuridicamente applicare soluzioni diverse a fattispecie identiche, appare quindi opportuno chiarire:
    a) se – come sembra – il riferimento agli atti nulli vada inteso in relazione a quelli stipulati in violazione degli obblighi di esibizione documentale dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione (che, quindi, colpisce i contratti ab origine);
    b) se l'articolo 5 introduca un obbligo di sanatoria – mediante l'esibizione dei titoli che attestino la proprietà, la locazione, ecc. – di contratti già in corso alla citata data di entrata in vigore, consentendo, in difetto, all'ente o al proprietario dell'immobile occupato di richiedere la nullità dei medesimi contratti di somministrazione e la conseguente cessazione dell'erogazione –:
   quale sia l'interpretazione del Ministro interrogato su quanto esposto in premessa. (5-03762)

   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, SPESSOTTO, DELL'ORCO, CRISTIAN IANNUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CHIMIENTI, LIUZZI, TURCO, VILLAROSA, VACCA e RIZZETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 agosto 2014, Alessio Corradini, operaio dipendente di Rete ferroviaria italiana spa (Rfi), società del gruppo Fs, è morto folgorato all'età di 34 anni mentre stava effettuando dei lavori su di un carrello-scala alla linea di trazione elettrica ad alta tensione a 3.000V nella stazione di Fabro-Ficulle, in località Fabro (TR). Per motivi ancora in corso di indagine, l'operaio è venuto in contatto con parti elettriche non adeguatamente isolate e messe in sicurezza (a terra). L'ipotesi formulata dalla Polfer è che l'operaio abbia toccato l'estremità di un palo elettrico in cui era ancora presente la corrente;
   in data 17 luglio 2014, tre operai della Rfi, Vincenzo Riccobono di 54 anni, Antonio La Porta di 55 anni e Luigi Gazziano di 57 anni, sono stati travolti e uccisi da un treno composto da una carrozza automotrice lungo un tratto della linea ferroviaria Gela-Licata, in località Butera (CL), mentre svolgevano lavori di manutenzione dei binari. Secondo i primi accertamenti svolti, le vittime non si sarebbero accorte dell'arrivo del mezzo che procedeva a bassa velocità. Probabilmente i tre operai, al momento dell'impatto posizionati dopo una curva, sono stati colti di sorpresa dal sopraggiungere del treno. Non ci sarebbero stati inoltre strumenti per segnalare la presenza degli operai;
   le nuove disposizioni dell'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (ANSF), recepite ed applicate da Rete ferroviaria italiana spa su tutta la rete nazionale, indicano il divieto di effettuare lavori di manutenzione su binari aperti al traffico e con treni in circolazione da parte degli addetti ai lavori;
   i casi sopra citati rappresentano solo i due più recenti e frequenti casi di una lunga serie di incidenti mortali verificatesi in ambito di lavori ferroviari;
   sulla rivista on-line «Ancora in Marcia», giornale di cultura, tecnica e informazione politico-sindacali curato dai lavoratori ferroviari, è pubblicata la triste lista dei morti sul lavoro nell'ambito ferroviario dal 6 aprile 2007 al 5 agosto 2014. Il numero totale dei lavoratori ferroviari morti sul posto di lavoro, approssimato per difetto, è di 47. Di questi, 24 sono i decessi avvenuti per incidenti causati a persone da materiale rotabile in movimento e 10 quelli per folgorazione dovuta alla manutenzione della linea elettrica o di pannelli elettrici sulle linee ferroviarie;
   a norma dell'articolo 3, lettera aa), del decreto legislativo n. 162 del 2007, tra gli eventi classificati come «incidenti gravi», vengono sottintese anche le categorie delle morti per i casi di incidenti causati a persone da materiale rotabile in movimento e folgorazione come sopra indicati;
   in molti dei casi di decesso sopra citati, si rileva una carenza di applicazione delle norme di sicurezza in un ambito lavorativo dove le imponenti masse dei mezzi in movimento, le loro alte velocità e le alte correnti elettriche utilizzate per assicurarne gli spostamenti assumono importanza prioritaria. Nel caso specifico degli impianti ad alta tensione, le regole per la manipolazione e la manutenzione sono necessariamente molto severe, ma accade con frequenza inaccettabile che esse risultino poi insufficienti ed inadeguate alla tutela reale dell'incolumità dei lavoratori. La ripetitività e la prevedibilità delle morti sul lavoro all'interno di Rete ferroviaria italiana spa, in particolare folgorazioni e incidenti a persone causate da materiale rotabile in movimento, pongono un urgentissimo problema sulla qualità e la capacità di gestione di un'impresa così complessa che effettua lavorazioni ad alto rischio –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra citati;
   se il Governo non ritenga opportuno, per quanto nelle sue competenze, assumere iniziative per rivedere in maniera completa il piano di sicurezza dei lavoratori delle ferrovie e applicare dei seri correttivi all'applicazione dello stesso che, allo stato dei fatti sopra evidenziati, si rileva essere più che lacunoso;
   se il Governo non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza per individuare le responsabilità specifiche ed eventuali carenze tecniche ed organizzative aziendali che hanno reso possibile il manifestarsi ed il ripetersi di tali incidenti, allo scopo di prevenirne altri. (5-03763)

   CULOTTA, CARDINALE, RIBAUDO e MOSCATT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il previsto raddoppio ferroviario della Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono, sulla linea Palermo-Messina, è totalmente finanziato, con un investimento di 960 milioni di euro, e l'opera è «cantierabile» dal 2004;
   nel mese di ottobre 2005 viene affidato l'appalto del I lotto, la Fiumetorto-Cefalù Ogliastrillo, dal committente (RFI) al contraente generale (Cefalù 20 S.C.A.R.L.), per 420 milioni di euro;
   la conclusione di tali lavori doveva avvenire, da programma, entro la fine del 2010;
   una prima proroga ha slittato i lavori sul finire del 2012;
   ad oggi per quanto concerne il primo lotto si assiste all'ennesimo stop dell'attività con il fermo dei lavori di una delle 3 imprese impegnate (con dei sub-appalti) nel raddoppio ferroviario;
   per quanto riguarda il secondo lotto, da Cefalù Ogliastrillo a Castelbuono, allo stato attuale i lavori non hanno ancora avuto inizio, nonostante la gara di appalto sia stata aggiudicata il 16 aprile del 2012;
   l'avvio a pieno regime dei cantieri per la velocizzazione in doppio binario della Fiumetorto Cefalù-Castelbuono sarebbe una preziosa boccata di ossigeno per le immediate ricadute occupazionali su tutto il comprensorio oramai quasi in ginocchio dal punto di vista economico –:
   per quali motivi si sia ripresentato un arresto dei lavori e quali iniziative di competenza il Ministro possa porre in essere affinché vengano definitivamente rimossi gli ostacoli che ancora si frappongono alla prosecuzione dei lavori e all'avvio dei citati cantieri. (5-03766)

Interrogazioni a risposta scritta:

   CATALANO e PISICCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la «variante di valico» è il nodo centrale del potenziamento del cosiddetto corridoio appenninico ed è rappresentata dalla tratta La Quercia-Aglio dell'Autostrada A1; essa fa parte del progetto a livello nazionale di potenziamento della tratta autostradale da Firenze a Bologna (125 chilometri) in particolare dell'attraversamento appenninico, previsto dal piano decennale della viabilità di grande comunicazione (approvato dal C.I.P.E. ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 531 del 12 agosto 1982);
   la variante di valico, la più grande infrastruttura stradale attualmente in costruzione in Europa, è un raddoppio autostradale pensato per rendere più fluido il collegamento su gomma tra Nord e Sud della penisola, riducendo i gravi inconvenienti del tracciato attuale, caratterizzato da forti pendenze e spesso di difficile agibilità nei mesi invernali, a causa di neve o condizioni atmosferiche avverse;
   come denunciato dagli, organi di stampa (e, fra i tanti, da Il Fatto Quotidiano, in propri articoli e inchieste del 25 ottobre 2011, 3 novembre 2011, 17 novembre 2011, 20 novembre 2011, 3 dicembre 2011, 1o gennaio 2012, 28 gennaio 2012, 22 febbraio 2012, 28 marzo 2012, 24 maggio 2012, 24 marzo 2013, 23 marzo 2014, 15 aprile 2014, 15 maggio 2014), sono emerse a più riprese, nel corso dei lavori, gravi criticità, relative anche all'assetto idrogeologico delle aree coinvolte, tali da determinare un possibile ulteriore allungamento dei tempi e incremento dei costi per la realizzazione delle opere;
   in particolare, nel 2011, in concomitanza degli scavi del tunnel Val di Sambro, una frana «sopita» ha ricominciato a muoversi, minacciando la vicina località di Ripoli-Santa Maria Maddalena;
   risulta agli interpellanti che i tecnici del Cnr e dell'Ispra, giunti sul luogo su invito del prefetto di Bologna, Angelo Tranfaglia, avrebbero imputato il risveglio della frana (di volume pari a due milioni di metri cubi di terra) ai lavori di cui sopra;
   la procura di Bologna ha aperto un fascicolo, contro ignoti, per disastro colposo, disposto numerose perizie tecniche e, infine, richiesto l'archiviazione (si veda Il Fatto Quotidiano del 22 luglio 2013), per la difficoltà a risalire a specifiche responsabilità individuali in ragione del complesso, ventennale iter di progettazione dei lavori; ciononostante, la consulenza tecnica ha sancito che «nelle diverse fasi progettuali non si è mai valutata la possibile interferenza tra lo scavo delle gallerie ed i movimenti del versante, sia quelli direttamente indotti dalla realizzazione dell'opera (subsidenza), sia quelli da attribuire alla riattivazione dei movimenti franosi già presenti all'inizio dei lavori anche se in fase di quiescenza, sia infine quelli eventualmente di nuova formazione» e che «la zona di Santa Maria Maddalena, al pari della zona precedente, presentava nel ventennio precedente i lavori velocità costanti di circa 2,7 mm/anno, valore stimato sulla base dell'analisi di immagini satellitari. I lavori di costruzione della galleria hanno impresso una generale accelerazione che ha fatto aumentare la velocità di spostamento di più di un ordine di grandezza»;
   nel frattempo, numerose famiglie di Ripoli hanno dovuto sgomberare, volontariamente o sulla base di ordinanze sindacali, le loro case, a causa dell'apertura di crepe e di scivolamenti dovuti allo smottamento del terreno;
   la frana minaccia anche il tracciato esistente dell'A1: in particolare viadotto Rio Piazza dell'autostrada del sole che collega Bologna a Firenze, nel tratto che passa sull'Appennino bolognese, ha iniziato a muoversi, tanto che nella primavera del 2012 la Società Autostrade ha aperto un nuovo cantiere sotto il viadotto per mettere in sicurezza i piloni (si veda Il Fatto Quotidiano del 24 maggio 2012);
   è invece degli ultimi mesi (si veda Il Fatto Quotidiano del 15 aprile 2014) la notizia che anche la galleria Sparvo, realizzata con modalità e macchinari che avrebbero dovuto evitare le complicazioni idrogeologiche che interessano la galleria Val di Sambro, ha subito danni a causa, ancora una volta, di una «frana lenta»: i rivestimenti in calcestruzzo della volta della canna nord sono saltati, per una lunghezza di 350 metri circa, e sono già stati individuati segnali premonitori di un analogo danneggiamento del rivestimento della corrispondente tratta della canna sud;
   risulta agli interpellanti, per quanto trapelato agli organi di stampa (si veda Il Fatto Quotidiano del 23 marzo 2014) che le ditte costruttrici abbiano inviato al Ministro interpellato, e a Mauro Coletta, commissario per la variante di valico e direttore della struttura di vigilanza sulle autostrade, una preoccupata missiva, nella quale ricordano di aver fatto presente fin dall'inizio ad Autostrade le proprie perplessità rispetto al progetto delle gallerie, proprio in virtù del rischio geologico; la società Autostrade, però, non avrebbe accolto tali osservazioni;
   risulta agli interpellanti che i costruttori, ritenendosi danneggiati e sostenendo di aver speso molto più del previsto, avrebbero chiesto ad Autostrade ulteriori 564 milioni di euro a titolo di «indennizzi e maggiori compensi»;
   la procura di Bologna ha recentemente aperto, in relazione alla galleria Sparvo, un fascicolo conoscitivo –:
   se quanto in premessa trovi conferma;
   quali siano, a oggi, i costi di realizzazione stimati per l'opera, e di quanto siano incrementati nel tempo;
   entro quale data la variante di valico sarà operativa;
   quali iniziative siano state intraprese, e a quale punto siano, per proteggere la popolazione delle zone interessate dalle frane;
   quale sia l'orientamento del Governo rispetto ai fatti di cui in premessa, e in particolare rispetto alla controversia contrattuale tra committente ed esecutore dei lavori;

   quali iniziative intenda il Governo assumere per individuare, nel limite dei propri poteri e nel rispetto delle competenze dell'autorità giudiziaria, le eventuali responsabilità tecniche, politiche e amministrative che hanno portato alla presente situazione. (4-06332)

   D'INCÀ, SPESSOTTO, DA VILLA e BRUGNEROTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'intensa opera di cementificazione effettuata nel corso degli anni ha fatto sì che il Veneto risulti la seconda regione d'Italia per urbanizzazione del territorio con una situazione di grave dissesto idrogeologico. La fragilità del territorio veneto emerge con preoccupante continuità ad ogni evento meteorologico rilevante. Sono molte le situazioni ad alto rischio, a cominciare dalle strade e dalla viabilità;
   la viabilità provinciale ex Anas si rivela una delle maggiori criticità, per assenza di interventi strutturali di manutenzione. Esiste una convenzione, siglata nel 2002, tra provincia di Belluno e Veneto strade per la gestione delle strade ex Anas trasferite dallo Stato alle regioni. Insieme alle funzioni sono state trasferite anche le risorse finanziarie, strumentali ed il personale. Al Bellunese è stato assegnato un importo, calcolato sulla base di un fondo nazionale, di 14 milioni 207 mila euro che poi è stato incrementato a 15 milioni 88 mila euro. Il 2010 è stato l'ultimo anno in cui è stato corrisposto l'importo pieno della convenzione. Dal 2011 è stata applicata un clausola di elasticità che consente di parametrare le corresponsioni in relazione ai fondi pubblici disponibili: nel 2011 i trasferimenti sono stati di poco più di 10 milioni, nel 2012 di 7 milioni e 850 mila euro, nel 2013 di 7 milioni e nel 2014 sono risaliti a 9 milioni. Un taglio del 41 per cento rispetto all'importo originario della convenzione. I tagli lineari operati dallo Stato, con ripercussioni sui trasferimenti a Veneto Strade, hanno cominciato ad incidere sul bilancio dell'ente provinciale che, da solo, non riesce più a sostenere la spesa per la manutenzione delle strade ex Anas realizzata in convenzione con Veneto Strade. Dal 2015 si delinea un deficit strutturale di 12 milioni di euro, come affermato dal commissario straordinario Vittorio Capocelli nella sua relazione ai sindaci del territorio del 28 giugno 2014;
   le associazioni bellunesi dell'autotrasporto denunciano le condizioni poco sicure delle infrastrutture viarie bellunesi a causa di manutenzioni scadenti, di strade dissestate, di piante che invadono la carreggiata, di rischi valanghe o smottamenti. Dopo una stagione invernale che ha messo a dura prova l'infrastruttura viaria del Bellunese, soprattutto nella parte alta della provincia, gli interventi di manutenzione e ripristino del manto stradale sono stati pochissimi e la preoccupazione è per il prossimo inverno sempre più vicino. Sono troppi anni che mancano interventi significativi sulle strade in provincia di Belluno, territorio montano dove le condizioni ambientali richiedono attenzioni ben più consistenti che altrove;
   le strade del bellunese sono collegamenti internazionali per il trasporto delle merci dal nord Europa verso il Mediterraneo, come tra est e ovest: passaggi utilizzati anche da vettori stranieri in alternativa a percorsi autostradali;
   le strade del bellunese sono inoltre il biglietto da visita con cui presentarsi ai turisti, visto che il turismo è il fulcro dell'economia provinciale;
   le carenze negli investimenti e i ritardi nel realizzare le opere di manutenzione stradali stanno avendo pesanti ripercussioni anche sui bilanci delle aziende di trasporto, come denunciato dai presidenti della categoria autotrasporti di Confartigianato Belluno, della sezione trasporti di Confindustria Belluno Dolomiti e di quella di Appia-CNA: chi viaggia quotidianamente da Belluno in direzione nord deve fare i conti con buche, affossamenti, cedimenti di parti della carreggiata che rendono il percorso faticoso, deleterio per la funzionalità dei mezzi, quando non si è obbligati a percorsi alternativi, il cui chilometraggio aumenta notevolmente i tempi, con i relativi costi, ma pure il rischio di incidenti –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente delle condizioni in cui versano le strade bellunesi, e se intendano valutare, nell'ambito delle rispettive competenze, le ricadute economiche che l'assenza di manutenzione provoca ai trasporti, nazionali e internazionali, ed al turismo, nonché i rischi per l'incolumità degli utenti;
   se non ritengano opportuno, nell'ambito delle rispettive competenze, ripristinare integralmente i trasferimenti statali assegnati in origine a Veneto Strade, destinati agli interventi sulle strade della provincia di Belluno, pari a 15 milioni 88 mila euro, per consentire la messa in sicurezza del territorio. (4-06336)

   DE LORENZIS, L'ABBATE e PETRAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della programmazione PON 2007-2013, sono previsti interventi di potenziamento dei collegamenti ferroviari del porto di Taranto con la rete nazionale;
   a tal fine, è stata sottoscritta una convenzione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed RFI, che designa Rete ferroviaria italiana (RFI) quale soggetto attuatore dell'intervento;
   RFI è incaricato di redigere la progettazione dei due lotti funzionali «Potenziamento stazione di Cagioni e collegamento al V Sporgente» e «Nuovo scalo ferroviario e suo collegamento alla Piattaforma Logistica ed al I e al V»;
   gli interventi succitati rientrano nell'ambito dell'obiettivo strategico di «miglioramento delle condizioni di mobilità delle persone e cose finalizzato a garantire uno sviluppo competitivo e sostenibile e a rafforzare la coesione economica e sociale»;
   RFI, ad oggi, non può bandire la gara d'appalto perché in attesa degli esiti sulla notifica degli aiuti di Stato;
   infatti, come si legge nella relazione sull'attività promozionale, organizzativa ed operativa del porto, sulla gestione dei servizi di interesse generale e sulla manutenzione delle parti comuni nell'ambito portuale dell'autorità portuale di Taranto: «a seguito dell'incontro del 25 settembre 2013, tenutosi al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è emerso che RFI ha potuto condurre le attività di progettazione interna (preliminare e definitiva) ma non ha potuto bandire la gara per appalto integrato, poiché in attesa degli esiti sulla Notifica degli aiuti di Stato»;
   l'analisi finanziaria per la notifica all'Unione europea è stata trasmessa al Ministero dello sviluppo economico competente all'inoltro;
   RFI sta posticipando il termine lavori al 2016;
   come si legge nella relazione succitata, ad oggi non si hanno notizie al riguardo –:
   se non intenda intervenire ai fini di una rapida soluzione al problema.
(4-06337)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:

   CARELLA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la sicurezza stradale è un tema di grande importanza per la tutela e la sicurezza dei cittadini e dovrebbe essere materia di insegnamento nelle scuole per consentire sin dall'età adolescenziale di essere consapevoli dei rischi legati alla strada;
   detto ciò l'interrogante rileva il proliferare nelle strade extraurbane di pertinenza di province e regioni di strumenti di controllo della velocità, installati dalle amministrazioni locali in maniera che appare all'interrogante assolutamente strumentale, con il solo intento di «fare cassa» e non per contrastare realmente l'eccesso di velocità rispetto ai limiti imposti dal, codice della strada a tutela della sicurezza stradale;
   la sicurezza stradale si fa soprattutto realizzando quelle opere necessarie affinché la strada sia veramente sicura, soprattutto realizzando rotonde su incroci e una segnaletica chiara e ben esposta e non lasciando libero arbitrio alle amministrazioni locali di installare dispositivi di ogni tipo per vessare in maniera ossessiva gli automobilisti;
   si assiste a noleggi faraonici di questi strumenti di controllo (cinquantamila euro l'anno per l'affitto di dispositivi per il controllo della velocità media e come se non bastasse per ogni verbale compilato la società, che il più delle volte è la stessa dell'affitto del sistema percepisce una cifra che va dai 10 ai 15 euro –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere affinché la sicurezza stradale anziché essere un pretesto per vessare i cittadini sia oggetto di investimenti per la realizzazione delle opere necessarie a renderla tale e quali azioni si intendano intraprendere per porre un freno alle autorizzazioni prefettizie per le installazioni di questi dispositivi che come risulta chiaro in strade extraurbane costituiscono solo fonte di introiti per gli enti interessati. (3-01085)

Interrogazioni a risposta scritta:

   GRANDE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 luglio 2014 il Ministero dell'interno ha varato il piano nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di migranti con il quale lo stesso Ministero garantirà la governance attraverso il coordinamento del tavolo nazionale con quelli regionali;
   il sistema di accoglienza si articola in una fase di soccorso seguita da una prima accoglienza presso dei centri regionali o interregionali e, per coloro i quali richiedono asilo o richiedono lo status di rifugiato, in una fase di seconda accoglienza nell'ambito del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati;
   tra le aree identificate come valide per ospitare all'incirca 250 migranti vi è la caserma De Carolis di Civitavecchia, struttura militare dismessa ed attualmente disponibile per i fini sopra citati, così come confermato dal sindaco di Civitavecchia;
   il 20 giugno 2014 il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti ha firmato l'atto con il quale si decretava lo smantellamento del centro trasfusionale dell'ospedale San Paolo di Civitavecchia;
   la preoccupazione della cittadinanza, nota per la grande ospitalità già dimostrata in passato, non può essere ignorata rispetto a varie problematiche sanitarie, ed in particolare al già esistente sovraffollamento dell'ospedale locale;
   in precedenza, un grande numero di persone hanno già soggiornato alla De Carolis e considerando le condizioni di vita nelle quali sono stati lasciati, hanno comprensibilmente più volte avuto necessità delle cure ospedaliere;
   con un porto che accoglie due milioni e duecento mila turisti all'anno, soprattutto in primavera ed estate, quindi durante la stagione croceristica, l'ospedale San Paolo è ulteriormente oberato da un afflusso di croceristi che aggravano una gestione già di per sé complessa a causa della carenza di personale –:
   quali siano le tutele e le garanzie che i Ministri interrogati intendano attuare per quanto di competenza, e se siano a conoscenza, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, di quali iniziative siano state assunte, a fronte di quanto descritto in premessa, con specifico riguardo ai casi di emergenza sanitaria e alla salvaguardia dei livelli essenziali di assistenza. (4-06334)

   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   tra il 20 e il 21 settembre, nell'arco di appena ventiquattro ore, nella zona di Corcolle, a Roma, si sono verificate due aggressioni a mezzi ed autisti del trasporto pubblico locale;
   nella prima aggressione la conducente dell'autobus preso a sassate da un gruppo di immigrati ha riportato delle ferite, mentre nel secondo caso, grazie al tempestivo intervento di alcuni abitanti della zona, la conducente è rimasta miracolosamente illesa, e i danni si sono concentrati sul mezzo;
   il susseguirsi di queste aggressioni, che nell'arco dell'anno scorso hanno raggiunto l'incredibile numero complessivo di ben centottanta, hanno scatenato la rivolta dei residenti, esasperando il clima tra questi ultimi e i migranti ospitati nella zona;
   nel territorio di Corcolle insistono ben 24 dei 48 centri di accoglienza per immigrati attivi nella città di Roma;
   l'ultimo di questi centri, sito in via Novafeltria, è stato aperto nei primi giorni di settembre 2014 tra le proteste degli abitanti della zona, e ha dovuto essere presidiato dalle forze dell'ordine in seguito alle aggressioni subite dagli autobus dell'ATAC;
   il territorio di Corcolle non è in grado di ospitare un ennesimo centro di accoglienza, in primo luogo perché già saturo, e in secondo luogo perché la gestione dell'immigrazione non può essere posta a carico solo di alcune zone della città;
   dopo i fatti citati i residenti di Corcolle avevano ricevuto precise rassicurazioni dagli amministratori locali sull'imminente chiusura del centro di accoglienza per immigrati di via Novafeltria, ma questo non è accaduto; il centro risulta regolarmente aperto e solo pochi immigrati sono stati oggetto di trasferimento ad altra sede –:
   se non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per pervenire con urgenza alla chiusura del centro di accoglienza di cui in premessa, fornendo, al contempo, indicazioni agli enti interessati per un'equilibrata distribuzione nei territori delle strutture destinate all'accoglienza ed alla gestione dei flussi migratori. (4-06335)

   MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 150 del 2013 ha previsto all'articolo 1, comma 4, lettera b), la proroga sino al 31 dicembre 2014 del termine di utilizzo di un fondo relativo all'assunzione del personale operativo permanente per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   tale fondo, istituito nel 2012, ma mai utilizzato, rimarrà conseguentemente nelle disponibilità del Ministero dell'interno solo fino al 31 dicembre 2014, data decorsa la quale, in caso di mancato utilizzo, le risorse stanziate torneranno al Ministero dell’ economia e delle finanze;
   con le risorse allocate presso il fondo si potrebbero assumere circa 490 vigili del fuoco permanenti, ad un costo medio di 35 mila euro, che andrebbero ad aggiungersi ai 200 reclutabili in base alle vigenti disposizioni in materia di turn over;
   sembrerebbe, tuttavia intenzione del Governo lasciar decorrere il termine del 31 dicembre 2014, allo scopo di trasferire al Ministero dell'economia e delle finanze e quindi ad altri capitoli di spesa le risorse attualmente allocate al fondo per l'assunzione del personale operativo permanente dei vigili del fuoco –:
   se il Governo intenda utilizzare o meno le risorse del fondo di cui all'articolo 1, comma 4, lettera b), del decreto-legge n. 150 del 2013 per procedere a nuove assunzioni di vigili permanenti nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco prima del termine decorso il quale le risorse attribuite a tale fondo siano trasferite al Ministero dell'economia e delle finanze in vista di altri utilizzi. (4-06339)

   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le «sentinelle in piedi» è una rete apartitica e aconfessionale nata per la difesa della libertà di espressione e la tutela della famiglia naturale fondata sull'unione tra uomo e donna;
   in particolare, nel nostro Paese le sentinelle in piedi contestano, civilmente e democraticamente, il disegno di legge Scalfarotto, il cui testo, presentato come necessario per fermare atti di violenza e aggressione nei confronti di persone con tendenze omosessuali, risulterebbe a giudizio dell'interrogante in concreto fortemente liberticida in quanto, non specificando cosa si intende per omofobia, lascia al giudice la facoltà di distinguere tra un episodio di discriminazione e una semplice opinione;
   come denunciato da queste persone, con questa legge chiunque faccia riferimento ad un modello di famiglia fondato sull'unione tra un uomo ed una donna, o sia contrario all'adozione di bambini da parte di coppie formate da persone dello stesso sesso, potrebbe essere denunciato e rischiare fino a un anno e sei mesi di carcere;
   negli ultimi mesi numerose sono le piazze italiane dove le sentinelle hanno portato in scena una manifestazione pacifica, ma decisa, incisiva, a sostegno della famiglia, di fronte ai luoghi di potere, in rigoroso silenzio, a due metri di distanza l'uno dall'altro, leggendo un libro in segno della formazione permanente di cui tutti hanno costantemente bisogno;
   su diversi organi di stampa si legge di violenti scontri avvenuti pochi giorni fa fra alcuni contestatori e le sentinelle in piedi, minacciate, accerchiate, aggredite con insulti e violenze e costrette, per paura, a lasciare le piazze scortate dalla polizia;
   si è trattato di un attacco vergognoso, oltretutto pianificato e organizzato, visto che si è svolto con le stesse modalità in tutta Italia, contro persone che inermi hanno cercato di portare a termine la loro pacifica manifestazione;
   l'elenco di questa violenza cieca e oscena è infinito: a Rovereto hanno aggredito addirittura un sacerdote, a Bologna hanno picchiato indiscriminatamente padri e madri di famiglia, mentre a Torino hanno tentato di non far svolgere la veglia con fumogeni e bestemmie ripetute al megafono;
   anche a Napoli la manifestazione del pacifico movimento è stata ostacolata dall'incivile e violento sit-in di protesta, non autorizzato, inscenato da oppositori della sinistra oltranzista, giovani che a suon di «L'omofobia non è libertà di espressione» sono insorti contro i «difensori della famiglia», creando un clima di forte tensione;
   in qualsiasi nazione libera la violenza deliberata e pianificata contro la manifestazione del pensiero, svolta addirittura in forma silenziosa, sarebbe stigmatizzata; nel nostro Paese questo non accade e, anzi, le sentinelle in piedi sono state in alcuni casi, additate come «ultracattoliche» e la stessa stampa e televisione italiane a giudizio dell'interrogante hanno scelto o di ignorare o di sottolineare con compiacimento;
   tali intollerabili episodi di violenza dovrebbero invece far riflettere su un livello di degrado della civiltà che oggi vede una sempre maggiore difficoltà della libertà ad essere praticata sull'intero territorio nazionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per contrastare questi preoccupanti atti di violenza e intolleranza al fine di garantire la libertà di espressione e di manifestazione;
   se l'autorità di pubblica sicurezza abbia fatto tutto il possibile per consentire il libero svolgimento di manifestazioni regolarmente autorizzate, in ossequio al diritto alla libertà di opinione, costituzionalmente tutelato all'articolo 21. (4-06340)

   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   pochi giorni fa la cittadina di Battipaglia è stata teatro di un ennesimo atto di inaudita violenza, che ha scosso l'intera cittadinanza;
   come descrivono le cronache, nella notte tra sabato 4 e domenica 5 ottobre 2014 sulla litoranea, una coppia di fidanzati, appartatasi all'interno della loro auto, è stata massacrata di botte da una banda di malviventi, che li ha picchiati violentemente nel vano tentativo di rubare loro l'automobile;
   nonostante la paura e le ferite riportate durante la colluttazione, la ragazza è riuscita a chiamare il 118, che è giunto in pochi minuti con un'ambulanza sul posto, mentre il fidanzato, probabilmente colpito con un attrezzo metallico, rimane ricoverato in prognosi riservata presso l'ospedale Ruggi d'Aragona di Salerno;
   i carabinieri della locale compagnia stanno lavorando alacremente su quanto accaduto e dalle prime dichiarazioni rese dalla ragazza, sembra che i due aggressori avessero un forte accento dell'est Europa;
   solo qualche tempo fa si era registrato un episodio con dinamiche quasi identiche: due battipagliesi, fermi a bordo della loro macchina, sono stati aggrediti da due uomini armati di coltello, sembrerebbe anch'essi stranieri;
   degrado e immigrazione sono, in particolare, i punti sui quali si concentra l'attenzione dei cittadini battipagliesi, sgomenti per l'aggressione che ha ridotto quasi in fin di vita il giovane;
   in molti guardano con disappunto alla situazione di abbandono che da lungo tempo vive il quartiere Aversana, una situazione che si trascina da lungo tempo e alla quale, denunciano i cittadini, nessuna amministrazione comunale ha finora trovato soluzione;
   fra i problemi principali, i residenti segnalano la mancanza di illuminazione pubblica, praticamente inesistente, come lungo la via dove si è verificata l'aggressione;
   in molti, poi, lamentano la forte presenza in zona di cittadini stranieri, alimentata dalle possibilità di lavoro e incrementatasi negli ultimi mesi con i frequenti sbarchi di immigrati nel porto di Salerno;
   tale situazione di forzata convivenza, unita a povertà e degrado, assenza delle istituzioni e mancanza di sicurezza rischia di sfociare in raid punitivi, come minacciato dagli amici del ragazzo rimasto vittima dell'aggressione;
   la città di Salerno e la sua provincia sta facendo registrare negli ultimi mesi una escalation di violenza e criminalità molto preoccupante, che mette a rischio l'incolumità dei cittadini, riduce il livello di qualità della vita e danneggia oltremodo l'immagine del territorio;
   in più di una circostanza l'interrogante ha evidenziato il notevole incremento della delinquenza in città e nei centri di provincia e le preoccupazioni per gli effetti devastanti che l'ondata continua di sbarchi nel porto di Salerno potrebbe avere sul territorio –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se ritenga opportuno, considerato il costante incremento della criminalità in provincia di Salerno, rafforzare l'organico delle forze dell'ordine per un controllo del territorio più capillare, anche al fine di far fronte al repentino incremento di immigrati registrato negli ultimi mesi. (4-06342)

   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la burocrazia italiana continua a mietere vittime nel mondo del lavoro e, cosa ancora più grave, blocca i nuovi inserimenti nelle forze dell'ordine, messe in ginocchio dagli inaccettabili tagli approvati dagli ultimi Governi;
   una importante occasione poteva essere rappresentata dall'esposizione universale Expo 2015 che richiederà uno sforzo, in termini di impiego di personale di sicurezza, certamente di notevole rilievo;
   al riguardo, peraltro, lo stesso Ministro dell'interno, Angelino Alfano, ha presentato il protocollo «Milano Expo 2015-Mafia Free» annunciando lo sblocco del turn over, che subirà una deroga del 55 per cento;
   tutti gli allievi del comparto sicurezza, Arma dei carabinieri, polizia di Stato, polizia penitenziaria e vigili del fuoco, beneficeranno dello scorrimento delle graduatorie per le nuove assunzioni, così come stabilito dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 al fine di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio connessi a EXPO Milano 2015;
   nulla, invece, è stato disposto con riferimento al Corpo della Guardia di finanza per favorire lo scorrimento delle graduatorie del concorso indetto nell'anno 2012;
   in particolare, la pubblicazione della graduatoria definitiva, nel febbraio 2013, per la Guardia di finanza ha riservato un'amara sorpresa, posto che si potranno arruolare solo 327 ragazzi su 769 allievi;
   concluse le procedure di selezione, infatti, è avvenuta la presa in carico degli idonei vincitori in 2 aliquote, ma, a causa dell'esiguità di risorse finanziarie, l'incorporamento dei vincitori è stato scaglionato in più anni;
   il 23 ottobre 2013 è stata avviata al corso di formazione per allievi finanzieri una prima aliquota di 327 vincitori; mancano da avviare al corso di formazione, quindi, la restante parte di allievi vincitori (310 unità), la seconda aliquota da rendere disponibile per la ferma quadriennale nelle forze armate (113 unità) e gli idonei non vincitori in soprannumero (769 unità);
   tutte le iniziative parlamentari volte all'approvazione di una modifica correttiva al citato decreto-legge n. 90 del 2014 non hanno inaspettatamente ricevuto l'appoggio del Governo;
   lo stesso interrogante aveva presentato l'ordine del giorno 9/02486-AR/167, accolto dal Governo, per estendere l'applicazione delle disposizioni in materia di scorrimento delle graduatorie dei concorsi per specifiche categorie di personale anche al Corpo della guardia di finanza;
   a tale iniziativa non è stata però data concreta attuazione, creando così una inaccettabile disparità di trattamento tra tutti gli allievi del comparto sicurezza che beneficeranno dello scorrimento delle graduatorie per le nuove assunzioni e il Corpo della guardia di finanza, che, invece, da tale scorrimento è rimasto escluso;
   il blocco delle graduatorie, a livello nazionale, comportando un uso inefficiente di denaro pubblico, va nella direzione opposta alla politica dei tagli nella pubblica amministrazione attuata dal Governo, quando, invece, la soluzione più semplice, che permetterebbe un reale risparmio per il cittadino, è data proprio dallo scorrimento di tutte le graduatorie incomprensibilmente bloccate;
   lo sblocco delle graduatorie, inoltre, garantirebbe quell'iniezione di gioventù davvero indispensabile in un settore come quello della difesa;
   il prezzo da pagare per tale inefficienza è peraltro enorme, sia dal punto di vista prettamente economico, considerati i costi sostenuti dai privati in sede di preparazione al relativo concorso pubblico, sia dal punto di vista della sicurezza garantita al cittadino che ormai non può contare su organici sufficientemente corposi;
   sarebbe un esempio di buon senso, oltre che di forte presenza dello Stato, l'immediata assunzione dei tanti giovani in attesa di essere immessi nel ruolo di allievi finanzieri, peraltro senza la necessità di ulteriori costose procedure, con un risparmio di diversi milioni di euro per lo Stato –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali opportune iniziative intenda adottare per procedere allo scorrimento dell'ultima graduatoria in essere dei 750 allievi finanzieri del 2012, con data di pubblicazione della graduatoria nel febbraio 2013, anche al fine di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio connessi allo svolgimento di EXPO Milano 2015, analogamente a quanto disposto per la polizia di Stato;
   per quale motivo il Corpo della Guardia di finanza sia stato escluso dalle previsioni di scorrimento delle graduatorie di cui all'articolo 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, diversamente da quanto disposto per tutti gli altri allievi del comparto sicurezza. (4-06343)

   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 5 ottobre 2014 si sono svolte in tutto il territorio nazionale le veglie delle «sentinelle in piedi» in Italia;
   le «sentinelle in piedi» si autodefiniscono «una resistenza di cittadini che vigila su quanto accade nella società e sulle azioni di chi legifera denunciando ogni occasione in cui si cerca di distruggere l'uomo e la civiltà», e manifestano leggendo un libro durante veglie pacifiche e silenziose in difesa della famiglia naturale e della vita;
   le cento veglie sono state sistematicamente «disturbate» da facinorosi con comportamenti violenti, provocatori e antidemocratici;
   in particolare, a Pisa la veglia è iniziata alle ore 18,00 col discorso del portavoce, subito coperto dalle urla di una cinquantina di contestatori, poco dopo aumentati a circa duecento, che hanno poi iniziato a occupare lo spazio delle sentinelle e a offendere individualmente le persone, mentre alcuni di loro venivano circondati da gruppetti di contestatori e fatti oggetto di gravi ingiurie, alle quali non hanno reagito, fino a quando l'intera area destinata alla veglia è occupata dai contestatori che intonano canti dal contenuto osceno. Alcuni bambini presenti alla veglia piangono spaventati, una donna incinta viene strattonata. Il banner delle sentinelle in piedi viene usato per esporre cartelli blasfemi;
   durante le azioni provocatorie le forze dell'ordine non sono intervenute, e dopo circa un'ora, anche sentito il parere degli agenti della Digos gli organizzatori hanno dovuto decidere di interrompere la veglia, lasciando la piazza scortati dalla polizia;
   gli organizzatori della veglia delle sentinelle in piedi di Pisa avevano consegnato già in data 2 ottobre 2014 al responsabile dell'ordine pubblico della questura di Pisa una richiesta scritta di presenza adeguata delle forze dell'ordine, motivata dai voci insistenti circolanti in città su contestazioni organizzate contro le manifestazioni delle Sentinelle;
   la mattina del 5 ottobre 2014, a poche ore dall'inizio della veglia, è stata notificata via e-mail alla questura di Pisa una minaccia esplicita verso la manifestazione, pervenuta sulla pagina Facebook «Sentinelle in Piedi Pisa»;
   in modo quasi analogo è andata la manifestazione delle sentinelle a Genova, dove un folto numero di persone dei centri sociali e dell'arcigay ha pesantemente e continuamente disturbato il regolare svolgersi della veglia, coprendo con cori ed urla il discorso iniziale del portavoce, ed inserendosi tra le fila delle sentinelle durante la lettura del libro disturbando la lettura, anche con cani, insultando e deridendo i veglianti, mimando scene erotiche e creando capannelli, arrivando addirittura a lanciare un fumogeno, poi spostato dalle forze dell'ordine, contro il bastone di una persona invalida che partecipava alla veglia;
   anche a Torino le sentinelle sono state oggetto di insulti pesantissimi, derisi, invitati a suicidarsi, chiamati fascisti, e gli è stato ingiunto di vergognarsi, con toni di una forte aggressività verbale davvero inaccettabile, tanto che un bambino di 10 anni si è sentito male ed è stato allontanato, mentre anche altri minori erano esposti alle contestazioni verbali;
   episodi analoghi si sono svolti anche a Rovereto, Napoli, Bologna, Trieste, Aosta, Parma e Milano –:
   per quali motivi, anche a fronte di conclamate minacce, non siano state intensificate le tutele delle forze dell'ordine in occasione delle manifestazioni di cui in premessa;
   quali iniziative o provvedimenti siano stati assunti nei confronti degli organizzatori e dei partecipanti delle azioni di cui in premessa, che si configurano come azioni violente premeditate, coordinate e finalizzate non solo ad impedire la libera espressione del pensiero ma anche a colpire fisicamente persone colpevoli solo di manifestare una legittima opinione;
   quali iniziative intenda assumere al fine di garantire in tutte le manifestazioni pacifiche e regolarmente autorizzate una presenza delle forze dell'ordine adeguata a garantire il regolare svolgimento delle stesse e l'incolumità dei partecipanti.
(4-06353)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

   SAMMARCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel novembre 2013 il Ministro interrogato ha proceduto al commissariamento dell'Accademia nazionale di danza (AND) per le gravi irregolarità gestionali e per il clima di tensione nel corpo docente e tra gli studenti, derivante dal progressivo degrado dell'Istituzione; emblematico del conflitto insanabile all'interno dell'istituzione, il fatto che la direttrice commissariata, Margherita Parrilla, in carica sin dal 1996, si sia sentita in diritto di denunziare per diffamazione, nell'estate 2013, i propri docenti e studenti;
   altro effetto discutibile della interminabile gestione Parrilla, (ottenuto attraverso la continua e verificabile rotazione delle cariche delle due istituzioni tra le stesse persone), sembra essere consistito nel tentativo di trasformare la Fondazione accademia di danza (FAND), nata per operare al fianco dell'Accademia, in una sorta di «bad company» nella quale scaricare i debiti e le magagne gestionali dell'Accademia. Questa questione, già evidenziata in diversi atti di sindacato ispettivo, non sarebbe sollevata nel presente atto se non fosse per il fatto che le tensioni tra AND e FAND, invece di essere ricondotte nell'alveo dei normali rapporti interistituzionali, si sono acuite durante la gestione commissariale;
   nel settembre scorso il commissario Carioti ha adombrato la possibilità di chiedere una proroga del commissariamento. Sollecitato ad indire le elezioni degli organi dirigenti (e qui giova osservare che si tratterebbe delle prime elezioni regolari dal 1996, in quanto il precedente gruppo dirigente ha operato in regime di prorogatio infinita), il commissario ha argomentato che il decreto di commissariamento nulla diceva riguardo l'indizione delle elezioni. Argomento surrettizio in quanto il commissario svolge le funzioni anche degli organi chiamati ad indire le elezioni (articolo 5, 6 e 8 dello Statuto);
   correttamente, nei primi giorni di ottobre l'AFAM ha chiesto al commissario di procedere con gli adempimenti elettorali. Posto di fronte a quest'obbligo, il commissario ha avviato il procedimento elettorale, ma al tempo stesso, sembra abbia avviato la stesura del relativo regolamento (che il precedente gruppo dirigente ha omesso di redigere) e pare intenda porre la propria candidatura alla carica di direttore dell'Accademia;
   il commissario Carioti è un musicista che per 15 anni è stato direttore del Conservatorio dell'Aquila, presidente della Conferenza dei direttori dei conservatori di musica italiani, e, lo scorso anno, tra gli aspiranti che si contendevano la direzione del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma; è di tutta evidenza che non si tratta di un tecnico del settore della danza, tecnico del quale l'Accademia, mai come in questo delicato momento, ha necessità assoluta per il suo rilancio professionale e artistico;
   a fronte di questa eventualità si osserva quanto segue:
    a) se l'intento del commissario era anche quello di «ristabilire in Accademia un clima di serenità», in questo ha fallito; si è riscontrata i infatti una continuità e contiguità con la gestione Parrilla. A quest'ultima Carioti pare avrebbe consentito di continuare ad operare in Amministrazione, il precedente direttore sia stato sollevato dall'incarico col decreto di commissariamento nel novembre 2013;

   sotto la gestione Carioti si sono inoltre acuite, come già accennato, le tensioni tra AND e FAND (tensioni in grado di per sé di minare la funzionalità dell'accademia) al punto che la FAND ha ottenuto dalla Corte d'appello di Roma lo sfratto dell'AND dal Villino Munoz nel quale ci sono parte delle aule per i corsi teorici dell'Accademia, perché l'Accademia stessa non ha versato numerosi canoni d'affitto; ciò rende la candidatura di Carioti, secondo l'interrogante, inopportuna;
    b) le gestioni commissariali per legge sono temporanee; non è prassi corrente che il commissario diventi titolare dell'istituzione commissariata appunto perché è opportuno impedire che durante tale gestione il commissario possa operare, in regime di controllo assoluto su atti, fatti e persone, per perpetuare il proprio potere. Il commissario deve sistemare l'ente e poi andare via; se le norme – del resto generiche, perché fatte per tutti i tipi di istituzioni AFAM e quindi via via da integrare – sembrerebbero non vietare la candidatura; la vietano però il buonsenso e soprattutto il principio del buon andamento della pubblica amministrazione;
   c) l'elezione di Carioti porterebbe l'Accademia a essere guidata da un direttore
che, alla luce del suo curriculum non pare preparato circa la complessa realtà coreutica, in contrasto, quindi, con una dimensione di Alta Formazione. Per rilanciare l'insegnamento teorico e pratico della danza e per tornare ad alti livelli di specializzazione, l'Accademia (l'unica Istituzione universitaria del settore), ha bisogno oggi di essere diretta da un coreografo/danzatore, una figura di comprovata professionalità nella danza –:
   quale sia l'orientamento del Ministro su quanto esposto in premessa e quali intendimenti abbia in merito alla futura gestione dell'Accademia nazionale di danza. (4-06357)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

   CIPRINI e GALLINELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda FBM Fornaci Briziarelli Marsciano spa con sede in Marsciano (Perugia) opera nel campo dell'edilizia con circa 400 lavoratori alle proprie dipendenze e conta quattro stabilimenti produttivi situati nei comuni di Marsciano (Perugia), Bevagna (Perugia), Dunarobba e Fiano Romano;
   l'azienda, ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali e dopo una serie di tentativi di accordo e di confronto che hanno visto su fronti contrapposti la direzione aziendale e le organizzazione sindacali, nel settembre 2014 – in base ad un referendum promosso dall'azienda ma contestato dalle organizzazioni sindacali – si sarebbe aperta la procedura di mobilità di numerosi dipendenti della FBM e per altri dipendenti l'azienda avrebbe fatto ricorso ai contratti di solidarietà secondo un accordo raggiunto il 4 ottobre 2013 e frutto dell'esito referendario;
   le organizzazione sindacali hanno duramente criticato il comportamento, il referendum e le scelte unilaterali adottate dalla direzione aziendale nel corso delle vertenze degli stabilimenti di Bevagna, Marsciano e Dunarobba tanto che sulla suddetta vertenza nell'ottobre del 2013 è stata presentata dall'interrogante una interrogazione a risposta scritta (n. 4-02218) con la quale si chiedeva l'intervento del Ministro al fine di favorire la ripresa delle trattative tra l'impresa e i lavoratori nonché una corretta gestione delle relazioni industriali e sindacali al fine di salvaguardare i livelli occupazionali adottando tutti gli strumenti previsti dalla normativa vigente;
   in base al suddetto accordo del 4 ottobre 2013 frutto del contestato referendum promosso dall'azienda, oggi numerosi dipendenti si trovano in mobilità e rimane forte la preoccupazione per la difesa del lavoro e della produzione –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro affinché siano avviate le verifiche del caso in ordine alla procedura di mobilità e ai criteri di scelta adottati in coerenza con le disposizione normative e contrattuali in materia, così da scongiurare eventuali ricorsi giudiziari;
   quali iniziative intenda adottare per favorire il reimpiego e il reinserimento dei lavoratori in stato di mobilità. (5-03757)

   INCERTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, codice delle pari opportunità tra uomo e donna, venivano istituite le consigliere di parità, con qualificazione di pubblici ufficiali nell'esercizio delle proprie funzioni e con il ruolo esclusivo di contrasto e rimozione delle discriminazioni di genere nell'ambito lavorativo, attraverso la ricerca di una conciliazioni tra le parti in via stragiudiziale o anche attraverso l'azione in giudizio, ai sensi degli articoli 36 e 37 del medesimo codice;
   nel corso degli ultimi anni si è registrata una forte riduzione degli stanziamenti per il fondo nazionale destinato all'attività delle consigliere di parità, al punto da determinare una sostanziale blocco della loro attività. Peraltro, i criteri di riparto del fondo hanno comportato una distribuzione che vede l'87 per cento destinato a favore delle 4 regioni a statuto speciale (Val d'Aosta, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna) e la restante quota per tutte le altre regioni, con la conseguenza di poter contare in questi ultimi territori, su fondi che vanno dai 100 ai 1500 euro annui per l'attività di ciascun ufficio. È evidente che in questa situazione, che si potrebbe definire di «lavoro volontario», nessuna azione in giudizio potrà essere esercitata a causa della materiale impossibilità di sopportarne gli oneri finanziari;
   questi finanziamenti quasi «simbolici» – a cui si aggiungono le indennità delle consigliere assolutamente inadeguate – di fatto vanificano il recepimento della direttiva 2006/54 finalizzata ad assicurare che gli Stati membri adottino i mezzi per garantire il principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, nonché la stessa disciplina nazionale, laddove, con gli articoli dal 12 al 20 del suddetto codice delle pari opportunità, si precisano il ruolo e le funzioni delle consigliere di parità;
   per di più, in tali condizioni, le consigliere si trovano nella paradossale circostanza di dover agire in qualità di pubblici ufficiali, a fronte delle richieste di interventi provenienti dai lavoratori, ma fattualmente nella impossibilità di operare, con il rischio di incorrere nell'imputazione di interruzione di un pubblico servizio –:
   quali iniziative intenda assumere per assicurare le condizioni materiali e finanziarie per consentire il regolare svolgimento delle funzioni delle consigliere di parità, in coerenza con quanto sancito dalla normativa nazionale e comunitaria. (5-03758)

   RICCIATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge n. 148 del 1993 (articolo 4, comma 1), successivamente convertito dalla legge n. 236 del 1993, è stata introdotta la possibilità per i lavoratori che hanno perso il lavoro a seguito di un licenziamento individuale, per giustificato motivo oggettivo, nelle aziende con meno di 15 dipendenti, di iscriversi nelle liste di mobilità in deroga a quanto stabilito dalla legge n. 223 del 1991;
   tali liste dette di «piccola mobilità», si differenziano dalle liste di mobilità ordinaria per il solo fatto che le piccole ditte non versano i contributi e quindi i disoccupati non percepiscono alcuna indennità, ma sono equiparate alla lista di mobilità ordinaria quanto alle agevolazioni per le assunzioni;
   il meccanismo si è dimostrato un valido strumento per consentire il reinserimento nel mondo del lavoro per diversi soggetti, che «portando in dote» ai datori di lavoro degli sgravi fiscali sul costo del lavoro sino al 30 per cento; ha rappresentato un valido incentivo alle assunzioni, tanto più in periodo di crisi;
   il sistema della «piccola mobilità» è stato prorogato ininterrottamente fino al 2012 sulla base di stanziamenti definiti di anno in anno;
   a seguito della cosiddetta legge Fornero, la n. 92 del 2012, tale misura non è stata più prorogata, a partire dal 2013, infatti, non vi è stato alcuno stanziamento per garantire gli incentivi per gli iscritti alle liste di «piccola mobilità»;
   tale mancata proroga ha comportato un vuoto normativo al quale ha posto – in un certo senso – rimedio la circolare n. 13/2013 dell'Inps con la quale veniva comunicato che non vi sarebbero stati ulteriori riconoscimenti di alcun beneficio per l'assunzione di lavoratori con i requisiti di accesso nelle liste di «piccola mobilità», mentre rimaneva in vigore «l'iscrizione nelle liste di mobilità dei lavoratori oggetto di licenziamento collettivo e gli incentivi previsti per la loro assunzione dagli articoli 8, commi 2 e 4, e 25, comma 9, della legge n. 223 del 1991, secondo quanto già illustrato con la circolare 137/2012»;
   successivamente, con la circolare 150/2013, l'Inps ha precisato che, per effetto del mancato stanziamento delle risorse, i benefici non potevano essere riconosciuti «per le assunzioni, effettuate nel 2013, di lavoratori licenziati prima del 2013» e «per le proroghe e le trasformazioni a tempo indeterminato, effettuate nel 2013, di rapporti agevolati instaurati prima del 2013»;
   con il decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 264/2013 del 19 aprile 2013, come modificato dal decreto direttoriale 390/2013 del 3 giugno 2013, veniva invece riconosciuto – a fronte dei 20 milioni di euro stanziati – un bonus di 190 euro, quale contributo per le assunzioni, le proroghe e le trasformazioni effettuate nel 2013, riguardanti lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo;
   nonostante la parziale compensazione del suddetto contributo, in realtà il mancato rinnovamento del meccanismo della «piccola mobilità» per le assunzioni in corso, ha vanificato le legittime aspettative delle aziende che, al momento dell'assunzione, contavano su una durata del beneficio per un periodo da 18 a 24 mesi;
   di recente, con il messaggio n. 2889 l'Inps ha informato, inoltre, che a partire dal 15 settembre 2014 veniva dato avvio all'emissione di note di rettifica per il recupero delle agevolazioni precedentemente previste per chi avesse assunto nel 2012 lavoratori provenienti dalle liste di «piccola mobilità» –:
   considerata la posizione incolpevole delle imprese interessate, giacché legittimamente ed in buona fede ponevano affidamento nella proroga della misura in assenza di preventiva comunicazione da parte dello Stato, quali iniziative urgenti intenda adottare per evitare che le aziende beneficiarie del contributo siano costrette a restituirlo, così come prospettato dal citato messaggio n. 2889 dell'Inps;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per rifinanziare il sistema agevolativo della cosiddetta «piccola mobilità». (5-03764)

   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, VILLAROSA, CHIMIENTI, DI BATTISTA, VACCA e BECHIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nella puntata del 21 settembre 2013 della trasmissione «Presa Diretta» di Rai 3, veniva trattato il tema del trasporto pubblico comparando il sistema di alcune tra le città francesi più virtuose a quello di alcune tra le città italiane con palesi e profondi disservizi, tra cui la città di Roma;
   in uno dei servizi trasmessi all'interno della stessa puntata, hanno espresso il loro parere anche gli autisti d'autobus Ilario Ilari e Valentino Tomasone, entrambi sindacalisti USB e dipendenti della Trotta Bus Service, società facente parte del Consorzio Roma Tpl Scarl, secondo gestore del trasporto pubblico locale che opera principalmente per l'esercizio delle linee periferiche e gestore del 20 per cento circa del servizio di trasporto su bus del territorio romano;
   secondo quanto dichiarato dagli stessi due autisti romani, da 990 giorni il Consorzio Roma Tpl Scarl avrebbe dovuto rigenerare l'intero parco macchine, ma ad oggi non ha ancora provveduto a compiere tale adempimento, essendo peraltro diverse vetture funzionanti dall'anno 2000. I due hanno inoltre evidenziato che quotidianamente si verificano guasti ai mezzi e che, nonostante le segnalazioni fatte, le vetture non vengono riparate perché non sono disponibili i pezzi di ricambio. Le loro dichiarazioni sono state supportate dalle numerose immagini trasmesse e dai commenti tutti negativamente critici di colleghi e addetti ai lavori e dei passeggeri che usufruiscono del servizio di trasporto pubblico;
   l'azienda interessata, la Trotta Bus Service, dopo la trasmissione in questione, ha sospeso in via cautelativa i due lavoratori dal servizio, con una condotta di dubbia legittimità nei confronti dei due lavoratori in contrasto con i principi sanciti, in particolare, dagli articoli 3 e 21 della Costituzione che da un lato impongono il divieto di qualsiasi forma di discriminazione e dall'altro tutelano la piena libertà di manifestazione del pensiero, nonché della legislazione vigente che disciplina i rapporti di lavoro e più nello specifico le sanzioni addebitabili a carico dei lavoratori dipendenti. Nelle lettere inviate ai lavoratori si contesta la loro presenza in trasmissione senza alcuna autorizzazione da parte aziendale e l'aver rilasciato al giornalista inviato «dichiarazioni inerenti il parco automezzi aziendale circolante e la relativa manutenzione delle vetture altamente lesive dell'immagine dell'azienda»;
   in data 25 settembre 2014, Consorzio Roma Tpl ha proseguito, in sua difesa, con una lettera inviata all'attenzione del dottor Riccardo Iacona, conduttore della trasmissione Presa Diretta, poi pubblicata nel social network Facebook e reperibile all’hastag «#iostoconilarioevalentino». Nella lettera si afferma, tra le altre cose, che «a fronte di 440 mezzi previsti dal contratto col Comune ne sono stati rinnovati 380» e che «è falso il dato riportato sull'età media del parco circolante (14 anni)» perché l'età media delle vetture in servizio «è di 25 mesi. Un record per l'Italia.»;
   sempre in data 25 settembre 2014, anche il conduttore della trasmissione di Rai 3, Riccardo lacona, ha commentato l'accaduto tramite il profilo di Presa Diretta sul social network «Facebook», facendo notare che «non spetta ai giornalisti di Presa Diretta entrare nel merito del contenzioso aperto da TPL nei confronti di Ilario Ilari e Valentino Tomasone» ma che è giusto ricordare che «Valentino Tomasone ha semplicemente detto la verità sul mezzo che ha descritto e che anche Ilario Ilari non ha detto il falso quando ha ricordato che i mezzi andavano integralmente sostituiti nei tempi stabiliti nel contratto con il comune» e che lo stesso lacona, riferendosi al momento in cui è stato girato il servizio, «di questi autobus nuovi ne ha visti pochi quella mattina alla stazione di Laurentina» e che invece «ne ha visti tanti vecchi e malridotti.»;
   successivamente alla sospensione dei due lavoratori, in segno di protesta e solidarietà, diversi lavoratori del settore del trasporto pubblico di Roma hanno occupato la sede dell'assessorato alla mobilità del comune di Roma –:
   se il Ministro interrogato non intenda intraprendere iniziative di carattere normativo per poter garantire il divieto di qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei lavoratori come sancito dall'articolo 3 della Costituzione, e la possibilità di esprimere la propria opinione liberamente come sancito dall'articolo 21 della Costituzione che riconosce, tutela e garantisce la piena e incomprimibile libertà di espressione e manifestazione del pensiero e il diritto all'informazione di tutti i cittadini, senza dover per questo rischiare la sospensione o il licenziamento dal posto di lavoro;
   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza non intenda adottare iniziative, anche normative, atte a rafforzare i diritti dei lavoratori per evitare la minaccia di ritorsioni nei loro confronti e di licenziamento discriminatorio. (5-03768)

Interrogazioni a risposta scritta:

   PLACIDO e AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Tessival Sud Srl e Benfil Srl, con sede legale in Azzano S. Paolo (BG) e stabilimenti in Airola (BN), è attualmente in liquidazione volontaria a seguito di cessazione di ogni attività per effetto di una gravi crisi industriale nel corso della quale i dipendenti dell'azienda sono stati destinatari di interventi di cassa integrazione guadagni, cassa integrazione guadagni straordinaria e poi di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga, per il periodo che va dal 5 maggio 2008 al 31 dicembre 2013;
   l'articolo 2120, comma 3, c.c., prevede che «in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l'integrazione salariale» il lavoratore matura il TFR, le cui quote debbono essere computate assumendo come base di calcolo «l'equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro»;
   l'articolo 2, comma 2, della legge n. 464 del 1972 prevede a favore delle aziende il rimborso delle quote di TFR maturate durante il periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria e dovute ai lavoratori ininterrottamente sospesi e licenziati nel corso o al termine del periodo integrato, compreso il periodo in rotazione;
   oltre agli interventi di integrazione salariale «ordinari e straordinari» contemplati dalla legge n. 223 del 1991 negli ultimi anni è stato introdotto l'istituto dell'integrazione salariale «in deroga» con l'obiettivo di contenere gli effetti della crisi sul reddito dei lavoratori e, quindi, la stabilità del reddito di una fascia di popolazione attiva il più ampio possibile;
   gli ammortizzatori in deroga anno per anno sono stati rinnovati dalle varie leggi finanziarie e di stabilità susseguitisi nel tempo e, da ultimo, ancora una volta prorogati per il quadriennio 2013-2017 dall'articolo 2 della legge n. 92 del 2012;
   l'INPS, con il messaggio n. 14963 dell'8 giugno 2010, ha affermato che non è previsto il rimborso delle quote di T.F.R. maturate nel periodo di sospensione per intervento della cassa integrazione guadagni «in deroga», alle aziende in cui non vi sia ripresa dell'attività produttiva al termine del periodo di fruizione, in quanto non vi sarebbe norma che lo preveda specificatamente;
   l'interpretazione della disposizione data dall'INPS non appare agli interroganti in conformità con lo scopo e la ratio perseguita dal legislatore con i provvedimenti di estensione degli ammortizzatori sociali, determinando, fra le altre cose, una disparità di trattamento tra i lavoratori e svuotando, parte della funzione che la cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga assolve per il sostentamento del reddito dei lavoratori dipendenti di azienda in stato di crisi;
   l'interpretazione della norma data dall'INPS, peraltro, porta all'assurda conseguenza che le nuove disposizioni legislative per far fronte alla crisi, ovvero quelle riguardanti gli ammortizzatori in deroga, per le aziende risulterebbero addirittura più gravose di quelli precedenti laddove si dovesse poi ritenere che in costanza di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga il TFR resti a carico delle aziende in crisi;
   è necessario un chiarimento in ordine alla parificazione dei diritti dei lavoratori che hanno usufruito e continuano ad usufruire della cassa integrazione in deroga riguardo la percezione delle quote di T.F.R. maturato durante detto periodo, rispetto ai lavoratori che usufruiscono degli ammortizzatori sociali non in deroga –:
   se debba essere applicata – in considerazione della finalità dell'istituto – agli ammortizzatori sociali in deroga debba essere applicata la disposizione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge n. 464 del 1972 che prevede a favore delle aziende il rimborso delle quote di TFR maturate durante il periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria e dovute ai lavoratori ininterrottamente sospesi e licenziati nel corso o al termine del periodo integrato;
   in caso di risposta negativa, se nei periodi di cassa integrazione guadagni
straordinaria in deroga maturi comunque a favore dei lavoratori il diritto al TFR. (4-06341)

   GRIBAUDO, GREGORI e INCERTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Alstom può vantare solide radici nella storia industriale italiana, venendo dall'importante realtà della Fiat ferroviaria poi ceduta alla multinazionale francese: circa 16 anni fa, il gruppo ha infatti riunito numerose società molto rappresentative nei settori dell'ingegneria e dell'elettromeccanica offrendo un contributo significativo al trasporto ferroviario, alla produzione di energia e ai sistemi di trasmissione di energia elettrica del nostro Paese;
   la multinazionale francese Alstom, con stabilimenti distribuiti in tutta Europa, ha in Savigliano, la «città del pendolino», uno dei complessi di eccellenza per quel che concerne la realizzazione di treni e infrastrutture ferroviarie ed è forte il rischio che queste competenze si concentrino ora, nella crisi in Francia;
   a partire dal 2011 la sede saviglianese ha rappresentato un caso di positiva anomalia, in un periodo di piena crisi economica. L'azienda si è trovata in quegli anni congestionata in un carico di lavoro notevole, superiore agli incarichi, il quale le ha permesso di vincere numerose commesse per il biennio 2012/2013;
   secondo fonti delle rappresentanze sindacali unitarie aziendali, in quella fase arrivarono alla dirigenza più di 4000 curriculum, poi selezionati per la successiva assunzione a tempo determinato di 360 dipendenti, oltre ai 1250 lavoratori già occupati nello stabilimento;
   la sede saviglianese ha inoltre positivamente approfittato di questa breve «golden age» per innovare lo stabilimento con uno sguardo al futuro, costruendo nuovi capannoni e rinnovando quelli esistenti, rendendolo in pochi anni uno degli stabilimenti Alstom migliori;
   da qualche tempo a questa parte, però, le commesse in essere stanno arrivando a completamento senza che per ora se ne siano aggiunte di nuove. Una decrescita è stata dettata sia da gare importanti non vinte, sia dal fatto che grazie all'apporto dei dipendenti assunti nel 2012, è stata garantita la consegna anticipata della gran mole di lavoro, svolto in 2 anni anziché nei 4 prevedibili;
   finito il «periodo d'oro», solo per alcuni dei 360 dipendenti rimasti potrebbe esserci qualche speranza, nonostante il momento di crisi globale. Si parla infatti di una decina di assunti tra i 360 del 2012, che si andranno ad aggiungere ai 1250 già occupati. Tuttavia, per il momento, non v’è ancora nulla di certo. Per loro e per tutti gli altri, in mancanza di nuove commesse, sarà quasi certo il ricorso a nuovi licenziamenti;
   è da segnalarsi che la direzione dell'Alstom Ferroviaria di Savigliano ha fatto recentemente ricorso alla cassa integrazione ordinaria per un centinaio di impiegati, in particolare addetti alla progettazione, con una prima tranche da ottobre a dicembre e possibili proroghe. Considerato il tipo di professionalità espresso da questa categoria di lavoratori, a giudizio degli interroganti si mette così una forte ipoteca sulla possibilità di partecipare alle gare per nuove commesse;
   va altresì notato che per la prima volta vengono attivati ammortizzatori sociali per gli impiegati. La «cassa» potrà essere in parte attutita dalle ore accantonate in seguito all'accordo sulla flessibilità dell'aprile 2014. Tuttavia, a ciò si aggiunge il fatto che lo scarico di lavoro derivante dall'assenza di nuove commesse certe determinerà il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato: erano 340 i lavoratori a inizio estate, già scesi a 200 al 1o settembre –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere e se non si ritenga necessario per salvaguardare i posti di lavoro a rischio, in considerazione sia dell'interesse nazionale in questo settore sia della natura multinazionale del gruppo coinvolto, la convocazione di uno specifico tavolo presso i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico con le parti sociali e datoriali, ciò prima che il deficit di strategia o di impegni chiari e condivisi con il Governo possano determinare conseguenze per gli insediamenti nel nostro Paese. (4-06347)

   VIGNALI e BIANCONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 142/2001, all'articolo 1, ha introdotto, nell'ambito delle società cooperative, una importante innovazione, in quanto si è stabilito che il rapporto mutualistico (vale a dire il rapporto di lavoro attraverso il quale il socio persegue il fine istituzionale della cooperativa) può essere di varia natura, ovvero sotto forma di lavoro subordinato, o autonomo, o in qualsiasi altra forma, non escluso il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa non occasionale (ora contratto a progetto);
   al comma 3 dello stesso articolo 1 viene sancito che, dall'instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro, derivano i relativi effetti di natura previdenziale e fiscale e tutti gli altri effetti giuridici previsti dalla legge n. 142 del 2001 e, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte. Pertanto, la disciplina inerente al rapporto di lavoro subordinato, troverà integrale applicazione laddove il rapporto con il socio sia inquadrato nel campo del lavoro subordinato e viceversa per il lavoratore autonomo;
   sotto l'aspetto previdenziale, ulteriore rilevanza assume poi l'articolo 4 della legge 142 del 2001, dove al comma 1 sancisce che ai fini della contribuzione previdenziale e assicurativa si fa riferimento alle normative vigenti previste per le diverse tipologie di rapporti di lavoro adottabili dal regolamento interno della società cooperativa, come previsto all'articolo 6 della medesima legge, dove si stabilisce che le cooperative sono tenute ad approvare un regolamento che deve definire, tra le altre cose, le tipologie dei rapporti che intendono attuare con i soci lavoratori;
   lo stesso regolamento deve essere approvato dall'assemblea dei soci e depositato, entro 30 giorni dalla sua approvazione, alla direzione provinciale del lavoro competente per territorio;
   sul punto l'INPS con lettera 23 maggio 2001 aveva sancito che, fino all'approvazione del regolamento, non sarebbe riconoscibile un inquadramento previdenziale diverso da quello subordinato;
   lo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con circolare n. 10/2004, ha affermato che, in mancanza del predetto regolamento, non sarebbe possibile stipulare con i soci un ulteriore rapporto di lavoro autonomo;
   la commissione «regionale per l'artigianato toscana, con deliberazione n. 88 del 7 luglio 2005, ha preso atto di quanto stabilito dalla legge n. 142 del 2001 e, facendo anche riferimento alla sentenza n. 16.281 del 2004 della sezione lavoro della Corte di Cassazione, ha affermato che ai soci di cooperative artigiane va applicato il regime previdenziale degli artigiani, poiché essi sono tali a tutti gli effetti, né possono ravvisarsi motivi per cui alle società cooperative debba venire applicato un regime previdenziale diverso da quello delle altre imprese iscritte all'albo, quali ad esempio le società a responsabilità limitata, società in nome collettivo e altre;
   in considerazione di quanto sopra esposto, gli uffici preposti della provincia di Arezzo, recependo pienamente la legge n. 142 del 2001, si sono comportati nel modo seguente:
    gli uffici della locale Camera di commercio di Arezzo hanno iscritto le cooperative che ne hanno fatto richiesta al registro imprese alla sezione cooperative di produzione e lavoro a mutualità prevalente e alla sezione artigiani così come i rispettivi soci, comunicando la loro posizione di artigiani all'INPS per la relativa iscrizione alla gestione artigiani;
    gli uffici locali dell'INPS di Arezzo hanno, a loro volta, provveduto all'iscrizione dei suddetti soci artigiani alla rispettiva gestione con assegnazione del numero di matricola;
    gli uffici locali dell'INAIL di Arezzo hanno provveduto ad aprire alla cooperativa la polizza artigiani con assicurati i medesimi soci artigiani della cooperativa;
   dai primi mesi del corrente anno l'INPS, a differenza della, Camera di commercio e dell'INAIL, non iscrive i nuovi soci di cooperative artigiane e commerciali, alle rispettive gestioni;
   si precisa che nessuna comunicazione e motivazione scritta di rifiuto è stata recapitata ad alcuna singola cooperativa e/o ai singoli soci; 
   si sarebbe appresa la decisione dell'INPS solo perché, non pervenendo alla società cooperativa alcun bollettino di pagamento previdenziale INPS artigiano, l'ufficio competente gestione lavoratori autonomi INPS, avrebbe comunicato a quanto risulta agli interroganti verbalmente che esiste una circolare interna che prevede il diniego della iscrizione alla gestione artigiani presso l'INPS dei soci delle cooperative senza, però, dare alcuna motivazione scritta –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione appena evidenziata;
   se siano state avviate dal Ministero azioni di monitoraggio, ovvero si intendano avviarle al fine di verificare l'attuazione delle disposizioni suindicate;
   quali iniziative concrete si intendano avviare per evitare il protrarsi di tali incresciose situazioni. (4-06348)

   BALDASSARRE, SEGONI, ARTINI, BONAFEDE e GAGNARLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda, situata nel comune di Castelfiorentino (FI), denominata Shelbox era, fino al 2012, una delle maggiori aziende al mondo per la produzione di case mobili e prefabbricati. Figurando, nel settore prefabbricati, come uno dei cinque fornitori a livello mondiale dell'ONU. Il sito produttivo si sviluppa su una superficie di 117.000 metri quadrati comprensivi di 14.000 metri quadrati dedicati alla produzione delle case mobili, 4.000 metri quadrati di stoccaggio e magazzino, 10.500 metri quadrati alla produzione di prefabbricati, 1.500 metri quadrati dedicati ad uso ufficio;
   l'azienda dava lavoro direttamente a più di cento persone (con un picco di centocinquanta addetti, essenzialmente nel periodo ottobre-maggio per quanto concerne le case mobili) con un indotto di circa duecento addetti;
   l'azienda ha dichiarato fallimento il 6 marzo 2013;
   il settore case mobili ha risentito in maniera molto marginale della crisi mondiale e neppure la forte concorrenza internazionale ha scalfito i risultati che complessivamente sono stati sempre positivi, dimostrando che gli obiettivi prefissati sono sempre stati raggiunti;
   l'azienda ha dichiarato fallimento nonostante avesse a dicembre 2012, il 10 per cento in più di ordini dell'anno precedente;
   la RSU ha intrapreso un presidio, durato ad oggi circa venti mesi, nel tentativo di porre l'attenzione sulla criticità Shelbox, ottenendo anche la CIGS, che è scaduta il giorno 4 settembre 2014;
   durante il periodo elettorale, è stata presentata un'offerta da parte dell'ingegner Di Lauro e della Newco «Solaris 3», che si era impegnata all'assunzione di centootto lavoratori della Shelbox;
   tale cordata si è ritirata il giorno 4 settembre 2014, senza fornire particolari spiegazioni, dopo un precedente incontro in provincia, definito dalla RSU stessa «incoraggiante e soddisfacente»;
   i lavoratori sono attualmente in stato di mobilità;
   il curatore fallimentare avvierà, nei prossimi mesi, un'asta riguardante parte dell'immobile (buona parte è di proprietà della finanziaria Fineco), i materiali del magazzino, gli attrezzi ed i rimanenti oggetti nell'area di proprietà Shelbox;
   il Governo era certamente a conoscenza, dall'inizio, di tutta la vicenda –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione su descritta;
   se e quali misure i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, abbiano adottato al fine di risolvere tempestivamente la situazione suddetta a partire dalla dichiarazione di fallimento (6 marzo 2013);
   se i Ministri interrogati abbiano pensato ad una procedura di commissariamento, viste le più che ottime, e provate dai dati, possibilità di rilancio dell'azienda e altresì se, una volta venuto a conoscenza dell'offerta «Di Lauro – Solaris 3», ne abbiano verificato la credibilità ed il piano industriale;
   quali iniziative in ambito occupazionale intendano intraprendere i Ministri interrogati, per quanto di propria competenza, nella zona della Valdelsa. (4-06351)

   NARDUOLO, CAMANI, MIOTTO e NACCARATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in seguito alla costruzione del nuovo ospedale nella frazione di Schiavonia del comune di Este in provincia di Padova, sembra che l'Usl 17 abbia ceduto la gestione di tutti i servizi amministrativi ad un'unica società che dovrebbe iniziare ad occuparsene direttamente dal primo novembre 2014;
   tale società subentrante ha ricevuto immediatamente la richiesta da parte delle organizzazioni sindacali di un incontro per accompagnare la transizione dei lavoratori impiegati nelle funzioni interessate dall'appalto in scadenza;
   da quanto emerso sulla stampa sembrerebbe che, non solo tale incontro sia stato negato, ma addirittura la società abbia intrapreso una serie di colloqui con i singoli lavoratori per proporre loro il passaggio dall'attuale contratto a tempo indeterminato a contratti a tempo determinato della durata di sei mesi;
   la vertenza riguarderebbe, per ora, i 54 lavoratori del centro unico prenotazioni di cui 42 della società GPI e 12 impiegati amministrativi della cooperativa «NOI ORA», ma le organizzazioni sindacali hanno avvertito che un analogo trattamento potrebbe essere riservato anche ai lavoratori in forza a società e cooperative per le quali sono in scadenza i diversi appalti;
   secondo i sindacati esiste il rischio che la società subentrante decida di parcellizzare i servizi cedendoli, senza alcun bando pubblico, in modo discrezionale, ad aziende o cooperative private;
   di fronte a questa situazione le organizzazioni sindacali hanno fatto richiesta di un nuovo incontro con i vertici dell'Usl 17 per chiarire i diversi profili della vicenda;
   trattandosi di servizi ai cittadini erogati nell'ambito di una struttura sanitaria appare opportuno verificare che dalla detta transizione non venga pregiudicata la qualità della gestione dei servizi stessi evitando in ogni modo disagi per le comunità interessate;
   nel frattempo la società subentrata avrebbe assicurato che il contratto di sei mesi è stato proposto per avere il tempo di valutare il profilo orario di ogni lavoratore, prima di fissare l'orario di lavoro nel contratto a tempo indeterminato che verrà proposto a tutti i lavoratori al termine dei primi sei mesi;
   naturalmente questa notizia non appare sufficiente a rassicurare il personale interessato dalla transizione che non è in grado di comprendere le condizioni del futuro impiego, a poco più di due settimane dalla scadenza dell'appalto –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza intendano adottare i Ministri interrogati per facilitare, anche attraverso l'intervento degli uffici territoriali del Governo, la convocazione di un tavolo di concertazione tra organizzazioni sindacali, Usl 17 e impresa appaltante per garantire l'occupazione. (4-06354)

   DI VITA, CECCONI, GRILLO, DALL'OSSO, MANTERO, SILVIA GIORDANO e LOREFICE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 104 del febbraio 1992, è una legge-quadro che regola l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone portatrici di handicap. Ai sensi di quanto previsto all'articolo 33 della legge, i dipendenti, siano essi stessi appartenenti alla categoria dei disabili o siano parenti che debbano assistere persone con disabilità, hanno diritto ad avere permessi retribuiti;
   il 22 settembre 2014 numerosi articoli di quotidiani, sia cartacei che online, riportavano la clamorosa notizia della scoperta di un consistente e radicato giro di attestazioni di false invalidità in cambio di soldi presso la ASP di Agrigento, fatti per i quali sono scattate le manette nei confronti di diversi professionisti e dipendenti pubblici;
   i reati contestati, a vario titolo, nell'operazione della polizia contro falsi invalidi, denominata «La carica dei 104», sono corruzione, falso e truffa aggravata. L'inchiesta si è mossa relativamente alla concessione delle agevolazioni previste dalla legge n. 104, che prevede permessi retributivi ai dipendenti con disabilità o che assistono familiari che ne sono affetti. Sono diciannove, compresi dieci medici, le persone destinatarie dell'ordinanza cautelare. Per sei è stata disposta la custodia in carcere, per otto i domiciliari e a cinque indagati è stato imposto l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria;
   complessivamente sono 101 gli indagati che hanno ricevuto la notte del 22 settembre 2014 la visita degli uomini della Digos di Agrigento, che hanno eseguito l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Agrigento Ottavio Mosti su richiesta del procuratore Renato Di Natale, del procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e del sostituto Andrea Maggioni. L'indagine ha portato allo scoperto due presunte organizzazioni separate che facevano capo rispettivamente a Antonio Alaimo, bidello di Favara e a Daniele Rampello, pensionato di 46 anni;
   da quello che si apprende, in questa presunta truffa sono coinvolte molte persone tra cui medici come Gianfranco Pullara, medico legale nonché consulente della procura stessa che lo sta indagando, il sociologo della Asp di Agrigento, Giorgio Patti, ed un politico, Salvatore Monteperto ex assessore provinciale. Insomma, il solito guazzabuglio di personaggi che infatti la procura, nella sua ordinanza di circa settecento pagine, ha definito un «circo dove si esibivano medici e azzeccagarbugli»;
   in sintesi, grazie alla complicità di medici dell'Asp e di personale dell'Inps due diversi gruppi di persone riuscivano a fare ottenere le certificazioni necessarie. Nei filmati della Digos, che ha piazzato le sue microcamere negli uffici dell'Asp di Agrigento, in quelli di Naro o che ha filmato i falsi invalidi si vedono scene davvero grottesche. In quelle immagini ci sarebbero persone anziane che, al momento dei controlli, fingevano di essere paralizzate o costrette sulla sedia a rotelle per poi scendere dall'ambulanza, con i propri piedi. Sempre nei video si vedrebbero medici che prendono mazzette in cambio di certificati, video inequivocabili in cui gli indagati compiono l'atto illecito, secondo la procura. Addirittura in un video un medico compirebbe personalmente l'esame spirometrico per poi intestarlo al paziente bisognoso del certificato falso;
   le prove raccolte sembrano essere schiaccianti. Ovviamente occorrerà attendere gli esiti giudiziari di questa indagine;
   in questo clima generale di corruzione che pervade l'Italia, purtroppo, la notizia non prende certamente di sorpresa;
   sorpreso di tale strutturata macchinazione, protrattasi impunemente per chissà quanto tempo, tuttavia, è risultato il numero uno della ASP di Agrigento, il direttore generale Salvatore Ficarra, che ai microfoni delle tv locali si è complimentato ed ha ringraziato gli organi di giustizia per il lavoro svolto, che ha permesso di sgominare la ribattezzata «carica delle 104». Lo stesso Ficarra ha asserito: «Farò ruotare i componenti, anche in funzione della legge anti corruzione», e inoltre «saranno rivoluzionate le commissioni di invalidità, e proprio per questo, a giorni, uscirà un bando al quale potranno partecipare tutti coloro sono in possesso dei requisiti richiesti». Per quanto riguarda gli indagati, dipendenti della struttura, invece, il direttore ha affermato che saranno avviati procedimenti disciplinari e sospensioni anche se per molti si aspetterà che la giustizia faccia il proprio corso;
   anche in tal caso si è di fronte all'ennesima deplorevole storia italiana nella quale si tenta di truffare lo Stato pensando che i fondi che vengono sottratti alla comunità non siano i propri ma, appunto, esclusivamente dello Stato, ed i truffatori si sentono cittadini solo quando pretendono dallo Stato e non certo quando debbono rispettarne le norme;
   il senso di sorpresa ingenerato dall'accaduto nel direttore dell'ASP agrigentina, stupisce invero non poco l'interrogante. A tal proposito, infatti, preme ricordarsi che l'ANAC (Autorità nazionale anticorruzione), in attuazione della delibera n. 71/2013, all'esito di verifiche specifiche sul livello e sulla qualità dell'assolvimento degli obblighi di pubblicazione relativi ai «Pagamenti», alle «società partecipate», alle «tipologie di procedimento», all’«accesso civico» e ai «servizi erogati» relativamente ad un campione di trenta aziende sanitarie, ebbe già modo di inviare un'allerta all'ASP di Agrigento, essendo risultata quest'ultima tra le poche a non avere ottemperato ai particolari obblighi derivanti dalla normativa anticorruzione (http://www.anticorruzione.it/ ?page–id=12740);
   la procedura di accertamento dell'invalidità civile è stata radicalmente modificata dall'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, titolato «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», che attribuisce all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefici;
   in seguito alla riforma, con specifico riferimento al fenomeno dei cosiddetti «falsi invalidi», l'Istituto previdenziale ha intrapreso un capillare piano di verifiche straordinarie nei confronti dei titolari di invalidità civile volto a contrastare il fenomeno delle indebite riscossioni di prestazioni di invalidità;
   la Corte dei conti nel 2012 ha calcolato che dalla revoca di 39 mila invalidità sono conseguiti allo Stato risparmi per 170 milioni di euro. Per far fronte ai piani straordinari di controllo in questi anni i 500 medici in forza all'ente non sono, tuttavia, risultati sufficienti. L'ente è
pertanto corso ai ripari, impiegando nuove risorse: oltre un migliaio di ausiliari convenzionati che costeranno 110 milioni di euro in quattro anni. Il rapporto costi-benefici, sul piano dei conti, non è dunque così scontato e lineare. Il contenzioso, poi, aggiunge ulteriori margini d'incertezza: l'ultima relazione della Corte dei Conti segnala che nel 2012 l'ente è stato soccombente nel 60 per cento delle controversie sulle invalidità revocate;
   in relazione al tema della falsa certificazione d'invalidità e dei suoi criteri di accertamento, l'interrogante ha presentato nel corso della legislatura corrente alcuni atti di sindacato ispettivo, di cui alcuni ancora in attesa di risposta, nonché una risoluzione in Commissione XII Affari sociali (risoluzione in commissione n. 7-00364, presentata in data 8 maggio 2014) con i quali, in sintesi, si chiedeva al Ministro del lavoro e delle politiche sociali se non ritenesse opportuno avviare iniziative, anche di carattere normativo, più appropriate di quelle attualmente in atto, utili a garantire finalmente una concreta semplificazione dell'attuale iter amministrativo di riconoscimento dell'invalidità civile;
   con sentenza 3851/14 del 9 aprile 2014, il TAR del Lazio si è pronunciato in modo molto chiaro e netto sul tema, addirittura asserendo che: «Le modalità adottate dall'INPS per le verifiche straordinarie sui cosiddetti “falsi invalidi” sono state illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità e i dati forniti dall'Istituto “gonfiati” e forieri solo di costi per l'Amministrazione»;
   tale pronuncia riconosce in ultima analisi che le modalità adottate dall'INPS per le verifiche straordinarie sono state «illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità» e sconfessa ancora un volta anche i dati forniti dall'Istituto in materia;
   con decreto del Presidente della Repubblica del 4 ottobre 2013 l'Italia ha adottato il programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, che si articola in sette linee di intervento, ognuna delle quali individua l'obiettivo prefigurato e il tipo di azione necessaria a conseguirlo;
   per quel che riguarda la linea di intervento 1, l'obiettivo precipuo posto dal programma di azione è rappresentato da una riforma del sistema di valutazione/accertamento della condizione di disabilità che, semplificando il processo, crei condizioni di contrasto alle discriminazioni, promozione delle pari opportunità, dell'inclusione sociale e dell'incremento della qualità della vita delle persone con disabilità, mediante un cambio di prospettiva nell'organizzazione delle politiche basato sul funzionamento globale della persona valutata nel complesso dei suoi diritti e doveri, superando le logiche «al negativo» di percentualizzazione dell'inabilità/invalidità e della capacità lavorativa;
   il decreto in questione, tuttavia, stabilisce che le azioni richiamate nel programma e da attuarsi nell'ambito della legislazione vigente «risultano finanziabili nei limiti degli stanziamenti previsti, mentre gli impegni assunti alla presentazione alle Camere di nuovi provvedimenti legislativi saranno condizionati al rispetto della disciplina ordinaria in tema di programmazione finanziaria. A tali impegni è, quindi, da riconoscere carattere meramente programmatico, in quanto la sede nella quale saranno ponderate le diverse esigenze di settore è la decisione di finanza pubblica (dfp), sulla base della quale viene definito il disegno di legge di stabilità»;
   a tal proposito si rileva, purtroppo, la mancata previsione nell'ultima legge di stabilità per il 2014 di uno stanziamento specifico finalizzato a realizzare la riforma dei criteri di accertamento dell'invalidità civile e della stessa procedura, come previsto invece nella linea di intervento 1 del programma di azione biennale; circostanza, questa, confermata perfino dal Vice Ministro Maria Cecilia Guerra nel corso di un'audizione specifica sul tema in Commissione XII (Affari sociali) del 23 gennaio 2014;

   l'interesse generale non è certo quello di contrastare l'individuazione dei «falsi invalidi», ma di fare in modo che siano rispettati i diritti fondamentali delle vere persone con disabilità e che i controlli siano condotti con le opportune garanzie, in modo efficace e mirato, evitando inutili disagi e vessazioni –:
   se possa indicare con esattezza il numero dei controlli relativi al piano di verifiche straordinarie dell'INPS sui cosiddetti «falsi invalidi» effettuati presso la Asp di Agrigento e, in generale, nelle Asp siciliane;
   quanti di tali controlli abbiano portato alla revoca dei benefici assistenziali, distinguendo altresì quanti di questi, nello specifico, per abuso, e quanti per cessazione dello stato di invalidità;
   se non ritenga il caso di doversi recare personalmente, insieme a una delegazione dell'ANAC, presso l'ASP di Agrigento, per verificare lo stato delle cose, al fine anche di evitare ulteriori scandali dello stesso genere, e limitare ulteriori eventuali danni per l'erario;
   se intenda fornire ogni dettagliato elemento in merito all'accaduto, fornendo una stima dei danni provocati, nonché avanzando delle proposte risolutive al fenomeno;
   se non ritenga doveroso e urgente promuovere una campagna di etica professionale presso le sedi dell'INPS e le ASP, promossa con incentivi per il personale virtuoso e con la previsione di sanzioni per quelli scorretti;
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda intraprendere al fine di garantire la presenza del whistleblowing all'interno delle aziende sanitarie ed ospedaliere;
   se non intenda avviare iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate alla revisione e alla semplificazione dell'intero sistema di accertamento di invalidità civile, stato di handicap e disabilità, ormai obsoleto, farraginoso e inefficiente, secondo quanto previsto nello stesso Programma d'azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità che il Governo si è impegnato a mettere in atto per garantire il rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità, provvedendo, allo stesso tempo, ad una pianificazione mirata fin da subito ad ostacolare e prevenire abusi ed illeciti analoghi a quelli citati in premessa, che renda possibile, in particolare, effettuare accertamenti automatici di tipo informatizzato consentendo in tal modo la condivisione in tempo reale delle informazioni relative al paziente tra i diversi enti coinvolti nella procedura, ovvero il medico, le Asl, l'Inps, e altro;
   se intenda assumere iniziative per provvedere all'accantonamento delle risorse finanziarie necessarie a conseguire l'obiettivo previsto dalla linea di intervento 1 del programma di azione biennale, valutando già il risparmio considerevole che deriverebbe dalla sospensione immediata delle verifiche straordinarie dell'Inps, risultante, in particolare, dalla riduzione del costo del personale esterno impiegato e delle spese derivate dal non trascurabile contenzioso in corso;
   se intenda assumere un'iniziativa normativa per la disciplina della sussistenza di potenziali situazioni di corruzione, incompatibilità o conflitto d'interesse, per i medici componenti delle commissioni mediche e i funzionari amministrativi, prevedendo per tali soggetti specifiche sanzioni, anche di carattere disciplinare e inibitorio, comminabili per il tramite del coinvolgimento diretto dell'ANAC, cui spetterebbe la valutazione della fase procedurale di concessione-diniego del beneficio;
   se, alla luce di quella che agli interroganti appare l'ennesima dimostrazione di fallimento, nonché in ragione degli risultati esigui conseguiti sino ad oggi, non ritenga di dover assumere iniziative per l'immediata sospensione del piano straordinario INPS di verifica sui cosiddetti «falsi invalidi», e agire invece alla radice
del problema provvedendo ad una riforma sistematica. (4-06356)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

   GAGNARLI, SEGONI e ARTINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali n. 0012926 del 27 agosto 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 211 del 10 settembre 2012, al fine di conservare la capacità di rinnovo degli stock ittici commerciali, ridurre lo sforzo di pesca salvaguardando le risorse ittiche e ridurre l'impatto della pesca sugli ecosistemi marini nella zona delle 12 miglia nautiche dalla linea di base, definisce il procedimento ed i limiti per l'adozione delle misure tecniche contenute nei piani di gestione locali, in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 9 del regolamento (CE) n. 2371/2002;
   in Italia i vari Compartimenti di pesca, adeguandosi al decreto ministeriale 27 agosto 2012, hanno talvolta ridotto ulteriormente le misure delle lunghezze delle reti allargandone le maglie, ridotto il numero degli ami da pesca per palàngari e contenuto il numero delle nasse per peschereccio. I regolamenti particolari, per giunta, hanno disciplinato anche altri parametri, come la durata delle calate (dalle 8 alle 10 ore), le direzioni da tenere rispetto alla costa, il periodo di fermo pesca, ed altri aspetti a cui tutte le imbarcazioni si devono attenere;
   il compartimento della Toscana, riguardo alle nasse, si è uniformato a quanto disposto dal decreto ministeriale 27 agosto 2012, allegato I punto 5; pertanto ogni imbarcazione può calare da un minimo di 100 fino ad un massimo di 250 nasse;
   in base ad una richiesta di accesso agli atti presso la capitaneria di porto di Livorno, si è appreso che i pescherecci autorizzati a calare le nasse nel golfo di Follonica sono 3 e sono armati da un'unica società cooperativa, per un totale massimo complessivo di nasse autorizzate pari a 750;
   nel Golfo di Follonica, tuttavia, come denunciato da un gruppo di pescatori in una nota indirizzata al compartimento marittimo di Livorno, alla capitaneria di porto Follonica, alla regione Toscana, all'Arpat ed ai comuni di Scarlino e Follonica, rimasta ancora senza alcuna risposta, i 3 pescherecci dotati di nasse non si attengono a quanto disposto; durante immersioni subacquee nel golfo di Follonica, infatti, vengono rinvenute continuamente grandi quantità di nasse disperse sui fondali, nell'ordine delle migliaia, non giustificabili dalle pratiche di pesca regolarmente autorizzate;
   nella suddetta nota si denuncia l'uso di trappole mobili, che non potrebbero neanche configurarsi come nasse vista la loro struttura rudimentale che imbriglia anche pesci di piccolissima taglia, da parte delle 3 imbarcazioni che attraccano nel porto di Puntone. Questi pescherecci, riporta la nota, calerebbero in mare un numero di trappole estremamente maggiore, circa 6000 nasse in totale, rispetto al numero massimo di 750 nasse prescritto dal decreto ministeriale 27 agosto 2012, non rispetterebbero le normative europee né la disciplina marittima riguardante le modalità di pesca attuali, ad esempio in relazione ai tempi massimi per la calata in mare delle trappole in ogni operazione di pesca(decreto del Presidente della Repubblica n.1639 del 2 ottobre 1968, articolo 6), causando quindi un grave danno ambientale nel golfo di Follonica ed ingenti perdite economiche a quelle famiglie il cui sostentamento è strettamente legato all'attività di pesca nel golfo stesso;
   nella denuncia si conferma, come rilevato nelle immersioni subacquee, che moltissime nasse, visto il basso costo poiché costruite con reti di plastica e ferro zincato, verrebbero abbandonate in caso di strappo del canapetto di tenuta, per cui i fondali del golfo sarebbero tappezzati di queste trappole, nella battimetrica da 5 a 20 metri, che impedirebbero il normale svolgimento di qualunque altra attività di pesca e continuerebbero ad auto-innescarsi fino a totale inglobamento nei fondali detritici;
   un gruppo di pesca sportiva di Follonica e di Scarlino, per giunta, ha raccolte 278 firme ed inoltrato un esposto contro la pesca indiscriminata con le nasse alla capitaneria di porto di Follonica ed agli assessori al mare dei comuni di Follonica e Scarlino. L'esposto, oltre a rendere noto il problema sotto il profilo ambientale, economico e sociale, propone una serie di soluzioni atte a rendere la pesca con le nasse più compatibile con lo sforzo di pesca, con la tradizione locale e con tutti gli altri tipi di pesca professionali, sportivi e dilettantistici praticati nella zona;
   agli interroganti risulta inoltre che il distretto di pesca della Toscana sia in possesso di una bozza del regolamento di gestione della pesca nel golfo di Follonica, in linea con il decreto ministeriale 27 agosto 2012, del quale si attende una rapida approvazione da parte della regione Toscana, con l'auspicio che possa rappresentare lo strumento attuativo in grado di assicurare maggiore tutela di tutti gli operatori, dell'ecosistema marino e degli stock ittici commerciali –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente delle presunte irregolarità riscontrate nel golfo di Follonica in relazione all'uso indiscriminato delle trappole a nasse denunciato dalla nota dei pescatori, a seguito di immersioni subacquee e riportato nell'esposto di un gruppo di pesca sportiva ai competenti assessori dei comuni di Follonica e Scarlino;
   quali iniziative intenda promuovere, per quanto di competenza, per adeguare la normativa in termini di intensificazione dei controlli sull'osservanza delle prescrizioni previste dall'intero impianto normativo, e di irrogazione delle sanzioni nel caso del riscontro di comportamenti illeciti;
   se non intenda promuovere iniziative al fine di evitare che episodi simili possano reiterarsi aggravando il danno ambientale nel golfo di Follonica e provocando ingenti perdite economiche e sociali. (4-06355)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

   MANTERO, GRILLO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, DI VITA, DALL'OSSO e CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   qualche giorno fa, il Ministro interrogato ha proceduto ad ufficializzare l'incarico di due nuovi direttori generali, Renato Botti e Ranieri Guerra, rispettivamente alla programmazione sanitaria e all'area della prevenzione;
   Renato Botti è ex direttore generale della sanità della regione Lombardia, presidente del Gruppo merceologico sanità di Assolombarda, membro della commissione sanità della Confindustria, direttore generale della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor di Milano, membro dei consigli di amministrazione di Molmed Spa e Telbios Spa — società partecipate dalla controllata Science-Park Raf e da primari gruppi industriali e finanziari italiani, che operano nel settore delle biotecnologie e della telemedicina-teleassistenza;
   Renato Botti è stato nominato, da ultimo, nel dicembre 2013, come nuovo sub commissario per il piano di rientro del Lazio, passando così dal privato alla sanità pubblica;
   Ranieri Guerra, medico specializzato in salute pubblica in Italia e nel Regno Unito, ha lavorato in diverse aree del mondo, oltre l'Italia, e, prima di diventare consigliere scientifico dell'ambasciata italiana a Washington, è stato direttore delle relazioni interne presso l'Istituto superiore di sanità italiano, nonché direttore sanitario presso l'Agenzia dell'Onu per i profughi palestinesi (UNRWA);
   i criteri previsti per la nomina alle posizioni più alte del dicastero diretto sembrerebbero essere stati specifici per i due nominati, tanto che il Fattoquotidiano.it e il giornalista Thomas Mackinson due mesi prima della nomina hanno fatto una sorta di prova, ovvero hanno indovinato i prescelti;
   ilfattoquotidiano.it ha esaminato il bando ed evidenziato come i requisiti richiesti si adattavano, in apparenza, solo a due nomi, e ha depositato presso un notaio una scrittura, prevedendone l'esito mentre il concorso era ancora aperto;
   Botti e Guerra, i nomi indicati e depositati dal giornalista, sono stati infatti i neo nominati dal Ministro Lorenzin, coloro che hanno superato la selezione tra quanti avevano i requisiti di professionalità sanitarie per il ruolo; a parere dell'interrogante appare difficile pensare che si tratti di coincidenza;
   nella risposta a quanto affermato dal Fatto Quotidiano, pubblicata su Il Giornale, il Ministro ha respinto le accuse sostenendo che «l'interpello ha avuto evidenza pubblica, tutto è stato pubblicato sul sito»;
   per effettuare la selezione, vi è l'obbligo della selezione pubblica, come prevede la legge (decreto legislativo n. 165 del 2001), ma come riporta la testata del Fatto Quotidiano, i Ministri possono tuttavia individuare i criteri necessari per il ruolo, il che inevitabilmente comporta l'esclusione di probabili concorrenti;
   vi è stata una procedura d'urgenza «a una ricognizione estesa a quelli di seconda fascia — spiega il giornale — 111 in tutto, e anche fuori le mura del Ministero»;
   il giornalista Thomas Mackinson ha scritto commentando: «Certo, a saperlo. Perché nonostante la legge prescriva l'evidenza pubblica, l'avviso è stato inviato via mail solo alle direzioni generali e pubblicato — a fine luglio e con una settimana di tempo per candidarsi — in un ramo del sito del Ministero ben poco evidente: per trovarlo — ed è una consuetudine in fatto di incarichi — bisogna andare nell'area “ministero e ministro”, sezione “amministrazione trasparente” (sic !), cliccare sull'area “personale”, poi il link “dirigenti”, infine il bottone “posti di funzioni disponibili”»;
   i requisiti professionali indicati dal Ministro a base della procedura appaiono agli interroganti fin troppo specifici ed in linea con il curriculum dei due nominati, nonostante la Corte dei Conti abbia più volte ribadito che «il profilo pubblicistico della procedura di interpello per il conferimento di incarichi dirigenziali assegna a tale procedura garanzia di tutela del buon andamento, dell'imparzialità e della trasparenza finalizzate al perseguimento dell'interesse pubblico e all'efficacia dell'azione amministrativa» –:
   come il Ministro interrogato giustifichi i fatti esposti in premessa, e il risultato dell'interpello previsto in anticipo dalla stampa;
   se non ritenga più opportuno valorizzare le risorse interne e a costo zero impiegando i dirigenti che operano da anni e con valutazioni positive, invece, di nominare «soggetti esterni» che provengono da aziende private e da enti di ricerca;
   quali siano i costi a carico della finanza pubblica per la scelta operata, tenuto conto che secondo il Ministro interrogato si tratta di «nomine che non avranno aggravio aggiuntivo per lo Stato», mentre da quanto riportato sull'articolo de ilfattoquotidiano.it tale decisione potrebbe comportare un ulteriore costo per l'amministrazione, ovvero «oltre 260 mila euro l'anno, a differenza di un dirigente interno il quale avrebbe richiesto solo il differenziale stipendiale, da circa 100 mila euro lordi fino a 225 mila euro». (5-03769)

Interrogazioni a risposta scritta:

   LOREFICE, GRILLO, MANTERO, DALL'OSSO, DI VITA, SILVIA GIORDANO e CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro della salute rendeva noto tramite post sui social network il 2 ottobre 2014 che il Ministero di sua competenza aveva erogato 25 milioni di euro per attività di screening, ovvero di prevenzione, non specificando il periodo di erogazione di tale somma, né le metodologie di ripartizione della stessa;
   dall'Osservatorio nazionale screening si apprende, tramite comunicato a firma del direttore Marco Zappa, che «le Regioni italiane hanno rinunciato a una piccola parte di risorse a loro destinate nel Piano nazionale della prevenzione per sostenere l'attività di centri nazionali che a loro volta lavorano come network regionali»;
   l'attività di prevenzione è veramente efficace ed efficiente, ed assolve al suo scopo, se effettuata senza porre eccessiva difficoltà di accesso alla stessa, ad esempio rendendo possibile alla donna e all'uomo di effettuarla nell'ospedale vicino casa e compatibilmente con le proprie attività quotidiane;
   risulta che su 5 milioni di esami effettuati sono pochissimi quelli effettuati al Sud, come emerge dal report dell'Osservatorio nazionale screening 2013, confermando una situazione non agganciata con il resto dell'Italia –:
   a quali enti siano stati trasferiti i 25 milioni di euro, secondo quali parametri sia  erogata la cifra suddetta, e quali siano le motivazioni delle mancate adesioni dei programmi di prevenzione nel sud del Paese. (4-06333)

   BRAMBILLA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   è noto che la produzione di mozzarella di bufala, praticata in molte zone del Paese, vanta una lunga tradizione soprattutto nella provincia di Caserta, tra Aversa, Mondragone, Cancello ed Amone e il litorale Domizio (di competenza del distretto Asl veterinario n. 40) persista il fenomeno dell'uccisione deliberata e anche dell'abbandono dei cuccioli maschi vivi di bufalo che non sono inseriti nella filiera della produzione zootecnica della mozzarella e privi di marchio auricolare;
   la filiera della «mozzarella di bufala», riconosciuta come prodotto DOP, richiede il latte delle bufale le quali devono essere ingravidate regolarmente per poterlo produrre;
   è evidente che, dal punto di vista statistico, il numero delle nascite di cuccioli maschi può essere agevolmente stimato sulla base del numero delle bufale inserite nel registro zootecnico obbligatorio, i cui dati sono pubblici e conosciuti sia dalle Asl territorialmente competenti che dalle autorità di polizia;
   in ragione delle circa 40.000 bufale regolarmente iscritte nell'anagrafe territoriale e conseguentemente munite di marchio auricolare, negli allevamenti dovrebbero essere presenti anche 15.000 bufali maschi all'incirca;
   considerando la natalità registrata e la presenza nettamente prevalente di esemplari femmina negli allevamenti, c’è da chiedersi che fine facciano, ad ogni stagione di riproduzione, circa 15 mila bufali maschi, domanda che lo stesso veterinario Asl e qualunque autorità territoriale sanitaria e di polizia, dovrebbe porsi, verificando quale sia stata la sorte di questi animali e se lo smaltimento delle carcasse sia stato debitamente certificato;
   poiché l'abbattimento a norma di legge e il relativo smaltimento hanno i loro costi, è consuetudine, nella zona, ricorrere a metodi illegali. Ciò è facilmente verificabile, anche per ammissione di molti allevatori che, considerando la nascita dei bufali maschi del tutto inutile ed indesiderata, perché non sfruttati nella filiera di produzione, provvedono senza troppe remore all'eliminazione, anche con metodi crudeli, e allo smaltimento degli stessi. In tal modo non soltanto si compiono i reati di maltrattamento e uccisione di animali, ma l'interramento illegale delle carcasse o l'abbandono in prossimità dei tanti canali di scolo e piccoli fiumi locali, pratiche ampiamente diffuse, mettono in serio pericolo la salute pubblica;
   tali sistemi sono ben noti e diffusi sul territorio e non risulta all'interrogante che sia mai stata svolta un'indagine approfondita né tantomeno vi sia stato un intervento sistematico su questa specifica e grave problematica, mentre controlli «puntuali» effettuati dei Nas e dal Noe hanno consentito di evidenziare, a carico di moltissime aziende di produzione e trasformazione, seri problemi igienico-sanitari: dalla brucellosi presente negli allevamenti (patologia zoonosica e quindi trasmissibile all'uomo) fino alla adulterazione dei prodotti caseari –:
   quali iniziative ordinarie o straordinarie, i Ministri interrogati intendano adottare per garantire che non siano reiterate le condotte di maltrattamento e uccisione di animali, sia azzerato il rischio di inquinamento delle falde acquifere a causa dello smaltimento illegale delle carcasse, sia tutelata l'immagine di un prodotto alimentare, apprezzato all'estero e collegato all'Italia nella mente dei consumatori di tutto il mondo, che non dovrebbe causare, né direttamente né indirettamente, tali sofferenze e danni al territorio. (4-06344)

   PARENTELA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la regione Calabria è stata commissariata per il rientro del debito sanitario;
   il commissario nominato dal Governo è il generale Luciano Pezzi;
   a causa del debito sanitario, è stato imposto il blocco del turn-over per nuove assunzioni nelle azienda ospedaliere calabresi;
   l'azienda ospedaliera «Pugliese Ciaccio» viene istituita a seguito della legge, regionale del 12 novembre 1994 n. 26, in attuazione del decreto del Presidente del Consiglio del ministri 31 agosto 1993 e in riferimento al decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche e integrazioni e rappresenta il principale riferimento per il Servizio Sanitario nazionale nella Città di Catanzaro, capoluogo di regione della Calabria;
   il reparto di nefrologia dell'azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» gestisce 21 turni di degenza, 15 di dialisi settimanali (compresi 3 turni raggiuntivi serali), l'ambulatorio per nefropatie mediche ed ipertensione arteriosa, 70 trapiantati renali e 10 pazienti in dialisi peritoneale oltre a tutte le consulenze. In un anno il numero delle sedute di dialisi è di oltre 12.000;
   in data 27 settembre 2014, il presidente regionale dell'ANED (Associazione nazionale emodializzati dialisi e trapianti) denuncia a mezzo stampa l'emergenza alla nefrologia e dialisi dell'ospedale «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro;
   secondo quanto si apprende l'unità complessa di nefrologia ha un organico medico ridotto del 50 per cento. Sono resenti solo 5 nefrologi su 10 in organico che devono assicurare anche la guardia medica notturna e festiva;
   nella nota stampa del presidente regionale dell'ANED si legge testualmente:«... il volume di prestazioni effettuato dal Pronto Soccorso del Pugliese Ciaccio — 60,000/anno – si riverbera conseguentemente anche sul reparto di nefrologia e dialisi in percentuale rilevante e che le richieste di consulenze nefrologiche interne provenienti dall'area Emergenza urgenza a favore di pazienti provenienti da tutta Calabria, per chiusura dei centri ospedalieri periferici, si traduce nella logica evidenza che la SOC di nefrologia e dialisi dell'azienda “Pugliese Ciaccio” rappresenta il punto di riferimento e di protezione per nefropatici dializzati e trapiantati del territorio regionale. Ogni sorta di problema clinico per questi pazienti prevalentemente acuti sia per interventi di chirurgia vascolare, chirurgia generale, ortopedia, cardiologia, rianimazione ed oncologia vengono affrontati al “Pugliese” con l'aggiunta di 2-3 prestazioni dialitiche giornaliere, compreso festivi» –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere ogni iniziativa di competenza, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro, al fine di sbloccare nuove assunzioni nelle aziende ospedaliere Calabresi per rimediare alle inefficienze causate dall'assenza di personale e adeguare l'organico nefrologico dell'azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio». (4-06345)

   CARFAGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la stampa nazionale e locale ha recentemente riportato la notizia degli arresti domiciliari a carico del titolare, degli infermieri e degli operatori socio-sanitari di «Villa Flora» una residenza sociale assistenziale per anziani e malati psichici a Montaquila, in provincia di Isernia;
   gli arresti, che vedono come capi d'imputazione maltrattamenti, sequestro di persona, lesioni, percosse ed abbandono di persone incapaci, sono stati effettuati dai carabinieri dei NAS di Campobasso, Napoli, Bari, Salerno e Foggia insieme ai colleghi dell'arma territoriale, dopo indagini condotte a seguito della denuncia effettuata dai parenti di un paziente, che avevano riscontrato sul corpo dello stesso segni di lesione;
   le RSA (residenze sociali assistenziali) sono organizzate in moduli o nuclei. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 dicembre 1989 stabilisce che ciascun modulo deve essere composto al massimo da 20 posti letto, ma prevede la possibilità di eventuali deroghe ad opera di norme regionali, purché giustificate. In ogni caso, il costo delle prestazioni fornite dalla RSA pubblica o accreditata è a carico del servizio sanitario nazionale e varia a seconda del livello di assistenza prestato. Tuttavia, può essere previsto, a carico dell'utente, il pagamento di una diaria per il servizio alberghiero il cui importo varia a seconda delle disposizioni normative regionali. Il pagamento della retta dipende dal reddito della persona e del suo nucleo familiare. In caso di condizioni economiche precarie, debitamente accertate, il comune di residenza può intervenire e farsi carico del pagamento totale o parziale della retta;
   sempre per legge, l'area residenziale dell'utente è costituita da camere con bagno incluso, destinate normalmente a 1 o 2 persone e, quando lo richiedono particolari esigenze, fino ad un massimo di 4 persone;
   la RSA in provincia di Isernia, autorizzata per assistenza socio-sanitaria agli anziani, in realtà ospitava anche giovani, dai 25 ai 40 anni, affetti da malattie psichiatriche e neurologiche con una capacità ricettiva accertata – oltre 180 ospiti/pazienti – superiore a quella autorizzata. Gli anziani con un età media di circa 75/80 anni, alcuni dei quali affetti da patologie anche invalidanti come l'Alzheimer e, quindi, non autosufficienti e i malati psichiatrici venivano chiusi a chiave e sedati per tutta la giornata senza possibilità di uscire dalle proprie stanze;
   gli ospiti anziani e i malati psichiatrici vivevano in promiscuità pagando una retta mensile di 1.200,00 euro al titolare della struttura;
   il titolare della struttura, il dottor Francesco Rossi, è anche il sindaco della città di Montaquila –:
   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, anche promuovendo specifiche iniziative in sede di Conferenza Stato-regioni, per permettere un più accurato sistema di controlli sulle attività delle strutture socio-sanitarie, comprese le residenze sociali assistenziali, dedicate agli anziani o comunque ai soggetti fragili di ogni età, al fine di assicurare adeguata tutela e dignità ai cittadini anziani, ai malati e non autosufficienti, anche prevedendo sopralluoghi «a sorpresa», controlli sistemici e a tappeto su tutto il territorio nazionale, e nel lungo periodo misure che mirino alla definizione di norme di qualità per gli istituti di cura e i servizi di assistenza domiciliare.
(4-06350)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Nicoletti e altri n. 1-00603, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Piazzoni, Migliore.

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Braga e altri n. 7-00486, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cenni.

  La risoluzione in Commissione Cenni e altri n. 7-00487, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carra.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Palazzotto e Scotto n. 2-00709, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pannarale.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Realacci n. 4-03167, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Manfredi.

  L'interrogazione a risposta scritta Sbrollini e altri n. 4-06176, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputata Cinzia Maria Fontana.

  L'interrogazione a risposta orale Costantino e altri n. 3-01070, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Chaouki.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Catalano n. 2-00679 del 16 settembre 2014.


Appendice: ATTI MODIFICATI

   La Camera,
premesso che:
il fenomeno dei rifugiati e richiedenti asilo in Europa – a causa dei drammatici conflitti e violenze che stanno investendo l'area mediterranea e, più in generale, il continente africano — sta assumendo dimensioni terribili (secondo il rapporto di Eurostat sul primo quarto del 2014, le persone che, tra gennaio e marzo, hanno chiesto asilo sul territorio dei 28 Paesi dell'Unione europea sono state circa 108.300, quasi 25.000 in più rispetto allo stesso periodo del 2013, con un aumento del 30 per cento; in particolare, l'Italia ha ricevuto 10.700 domande, risalendo così al quarto posto tra i Paesi dell'Unione europea come meta dei richiedenti asilo. Tra i Paesi di provenienza, la Siria continua ad occupare il primo posto (16.770), seguita da Afghanistan (7.895) e Serbia (5.960);
il numero delle vittime e delle violazioni dei diritti umani da parte dei trafficanti, negli anni, è considerevolmente aumentato (in generale dal 2000 al 2013, sono morti più di 23 mila migranti nel tentativo di fuggire dai conflitti e di raggiungere l'Europa via mare o attraversando i confini del vecchio continente via terra – in media più di 1.600 l'anno –);
nonostante lo straordinario impegno del Governo italiano con l'operazione di soccorso denominata «Mare Nostrum» che ha salvato migliaia di vite umane, i drammi e le violazioni dei diritti umani continuano a perpetrarsi;
la gestione dell'accoglienza, identificazione, assistenza da parte di molti Paesi dell'Unione europea presenta numerose criticità data la consistenza del fenomeno e considerate le talvolta difficili condizioni sociali ed economiche dei Paesi riceventi, difficoltà che si riflettono sia sulle popolazioni accoglienti che sui rifugiati e richiedenti asilo;
con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le materie concernenti l'asilo, la protezione sussidiaria e la protezione temporanea hanno acquisito la qualifica di politica comune dell'Unione europea (articolo 78 TFUE); pertanto, la concreta regolamentazione di tali materie risulta un'applicazione del Trattato;
la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che con il Trattato di Lisbona ha acquisito la stessa portata e rilevanza giuridica del Trattato stesso, riconosce e garantisce il diritto di asilo nel rispetto delle norme stabilite dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal Protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del Trattato sull'Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 18); vieta le espulsioni collettive e le espulsioni ed estradizioni verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti (articolo 19);
le richieste di asilo nei Paesi dell'Unione europea sono disciplinate dal regolamento n. 604/2013 Del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 (cosiddetto regolamento Dublino III), che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di Paese terzo o da un apolide;
il regolamento «Dublino III» intende assicurare il pieno rispetto del diritto d'asilo garantito dall'articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché dei diritti riconosciuti ai sensi degli articoli 1, 4, 7, 24 e 47 della Carta medesima (diritto alla dignità umana, proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, rispetto della vita privata e familiare, diritto del bambino e diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale);
l'obiettivo del regolamento «Dublino III» è quello di realizzare un sistema di asilo europeo basato su criteri omogenei di riconoscimento del diritto d'asilo dei richiedenti, sul rispetto dei diritti umani nei Paesi d'accoglienza e sulla solidarietà tra gli Stati membri e di consentire la rapida determinazione ed identificazione dello Stato membro competente al fine di garantire l'effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale, non pregiudicando l'obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale;
nei fatti, l'applicazione del regolamento in questione è di difficile gestione e il principio generale in esso stabilito, secondo cui i Paesi responsabili dell'esame di una domanda di protezione internazionale «anche di coloro che hanno varcato illegalmente le frontiere di uno Stato membro» sono quelli di prima accoglienza, presenta notevoli criticità a causa del numero sempre crescente di migranti;
tra le principali criticità vi è la gestione nazionale, ossia in carico ai singoli Stati, delle richieste d'asilo, che induce in numerosi migranti il rifiuto di farsi identificare e il loro incontrollato movimento tra i Paesi europei;
come rilevato da alcune agenzie di protezione dei rifugiati, tra cui l'UNHCR, alcune disposizioni del regolamento «Dublino III», in particolare quelle relative alle procedure da adottare per la presa in carico dei minori non accompagnati, stanno determinando seri problemi di interpretazione e di implementazione;
come rilevato da un report dell'AIDA 2013, la regolamentazione sta diventando sempre più complicata e complessa e le garanzie a favore dei migranti (nell'espletamento della procedura di richiesta), tra cui il diritto all'assistenza legale, si stanno via via indebolendo;
a più riprese l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, da sempre particolarmente attenta al tema dei rifugiati e dei richiedenti asilo e in generale del rispetto dei diritti umani dei più deboli, ha raccomandato, da ultimo nella risoluzione 2047 (2014), una profonda revisione del suddetto regolamento;
il Consiglio europeo del 26 e 27 giugno 2014, nel definire gli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia per gli anni a venire, ha chiesto alle istituzioni dell'Unione europea e agli Stati membri di dotarsi di una politica efficace in materia di migrazione, asilo e frontiere, guidata dai principi di solidarietà ed equa condivisione delle responsabilità; di recepire ed attuare efficacemente, quale priorità assoluta, il sistema europeo comune di asilo (CEAS), adottando norme comuni di livello elevato e istituendo una maggiore cooperazione per creare condizioni di parità che assicurino ai richiedenti asilo le stesse garanzie di carattere procedurale e la stessa protezione in tutta l'Unione; di rafforzare il ruolo svolto dall'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo (EASO), in particolare promuovendo l'applicazione uniforme dell’ acquis; di intensificare la cooperazione con i Paesi di origine e di transito, anche attraverso l'assistenza volta a rafforzare le loro capacità di gestione della migrazione e delle frontiere; di potenziare ed espandere i programmi di protezione regionale, in particolare nelle vicinanze delle regioni di origine;
in considerazione della presidenza di turno italiana del semestre europeo e in vista del prossimo Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014, è opportuno che il nostro Paese ponga la necessità di mettere al centro della agenda europea la definizione di una politica solida e condivisa, improntata su solidarietà e responsabilità, in materia di immigrazione e diritto d'asilo,

impegna il Governo

a proporre nelle competenti sedi europee la necessità di una revisione del regolamento di «Dublino III», che ponga al centro:
a) il rispetto e la protezione dei diritti umani dei rifugiati e dei richiedenti asilo, al fine di garantire un'ambiente più favorevole a una loro accoglienza, compatibilmente con le possibilità dei Paesi ospitanti, e di provvedere efficacemente a una loro identificazione per evitare che finiscano vittime del traffico clandestino, fornendo loro un'adeguata assistenza;
b) un omogeneo sistema europeo che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, anche al di fuori del territorio dei Paesi membri e in collaborazione con l'UNHCR, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i Paesi di accoglienza in modo sicuro e prevenire ogni abuso del sistema con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona;
c) un sistema europeo di accoglienza che si basi sulla solidarietà tra i Paesi membri e che distribuisca la presenza dei rifugiati per quote definite sulla base degli indici demografici ed economici;
d) un sistema di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, tale da garantire la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni Stato membro, per cui il riconoscimento della protezione internazionale ad un richiedente asilo all'interno di un determinato Stato sia valido nell'intero territorio dell'Unione europea, considerato che tale sistema, che presuppone la responsabilità condivisa di un piano comune europeo di protezione temporanea e di riconoscimento dell'asilo, risulta prodromico all'istituzione del sistema europeo di accoglienza;
e) l'istituzione di un'Agenzia europea per l'asilo e l'immigrazione al di fuori del territorio dell'Unione europea, favorendo l'utilizzazione delle sedi diplomatiche già esistenti in alcuni Paesi africani, quali sedi operative nelle zone di maggior transito dei rifugiati, in grado di gestire le domande di protezione internazionale e di contenere il numero dei flussi migratori indistinti.
(1-00603) «
Nicoletti, Speranza, Berlinghieri, Amendola, Giuseppe Guerini, Quartapelle Procopio, Campana, Beni, Fiano, Monaco, Chaouki, Moscatt, Iacono, Scuvera, Piazzoni, Migliore».

   Le Commissioni VIII e X,
premesso che:
il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, concernente «Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche», si pone l'obiettivo di favorire l'utilizzo della risorsa «rinnovabile» geotermica, in particolare la semplificazione delle procedure in coerenza con gli indirizzi comunitari ed internazionali per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e l'apertura a un regime concorrenziale che assicuri una trasparente e non discriminatoria assegnazione in concessione delle risorse geotermiche; viene inoltre definito che le risorse geotermiche di interesse nazionale sono patrimonio indisponibile dello Stato, mentre quelle di interesse locale sono patrimonio indisponibile regionale e che l'autorità competente per le funzioni amministrative, ai fini del rilascio del permesso di ricerca e delle concessioni di coltivazione, riguardanti le risorse geotermiche d'interesse nazionale, è il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mentre per quelle locali le autorità competenti sono le regioni o gli enti da esse delegati, nel cui territorio sono rinvenute;
il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE», ha previsto che, al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale, sono considerati di interesse nazionale i fluidi geotermici a media ed alta entalpia finalizzati alla sperimentazione – su tutto il territorio nazionale – di impianti pilota con reiniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza e comunque con emissioni nulle e con potenza nominale installata non superiore a 5 MWe per ciascuna centrale. L'autorità competente per il conferimento dei relativi titoli minerari è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l'intesa con la regione interessata;
ai sensi del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, le autorità competenti per le funzioni amministrative, inclusa la valutazione di impatto ambientale, ai fini del rilascio del permesso di ricerca e delle concessioni di coltivazione, comprese le funzioni di vigilanza sull'applicazione delle norme di polizia mineraria, riguardanti le risorse geotermiche d'interesse nazionale e locale sono le regioni o gli enti da esse delegati;
il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, (recante misure urgenti per la crescita del Paese) ha disposto l'inserimento dell'energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche;
il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, recante «Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia», ha disposto che gli impianti geotermici pilota sono di competenza statale (integrando l'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22 e il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);
ai sensi di tale normativa i progetti geotermici pilota sono quindi sottoposti alla Valutazione di impatto ambientale di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
la citata legge ha inoltre disposto per gli stessi impianti l'esclusione dalle previsioni della «direttiva Seveso» (direttiva 96/82/CE) generando ulteriori preoccupazioni rispetto alla loro sicurezza nelle operazioni di esercizio, con particolare riferimento alla prevenzione di incidenti connessi alla presenza di sostanze pericolose utilizzate come vettori del calore specialmente nei cosiddetti cicli binari;
il decreto ministeriale 6 luglio 2012, «Attuazione dell'articolo 24 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi da quella solare fotovoltaica», introduce una incentivazione «base» per gli impianti geotermici ad autorizzazione regionale assoggettati alla doppia fase di ricerca e poi concessione, mentre una incentivazione maggiore viene introdotta per gli impianti pilota sperimentali di potenza fino a 5 megawatt (per una potenza complessiva fino a 50 megawatt) con la conseguenza che tali impianti hanno un iter autorizzativo semplificato ed un incentivo maggiorato;
quanto sopra citato ha comportato numerose richieste di permessi di ricerca in tutta Italia – in particolare nelle regioni Umbria, Lazio, Toscana, Campania, Sicilia e Sardegna – oltre che alla immediata saturazione del plafond di 10 permessi per impianti pilota sperimentali, in particolare nel settore della media entalpia, con temperature della risorsa geotermica compresa tra 90o C e 150o C;
nella sola regione Lazio, sono state inoltrate 38 domande di autorizzazione alla ricerca per lo sfruttamento della risorsa geotermica. Di queste, 20 riguardano siti ricadenti nella provincia di Viterbo molti dei quali prospicienti il lago di Bolsena;
si aggiunge che il Lazio settentrionale, come ben noto, è affetto da problematica da arsenico nelle falde idropotabili, proveniente dai fluidi geotermici del sottosuolo; un elevato numero di trivellazioni intorno al lago di Bolsena potrebbe incrementare la risalita di fluidi ad elevato contenuto di arsenico, mettendo a rischio non solo i pozzi che attingono dalla falda acquifera, ma anche la possibilità di utilizzare l'acqua dello stesso lago – che contiene bassissime percentuali di arsenico – per una eventuale miscelazione con la rete potabile della provincia di Viterbo ad oggi contenente percentuali di arsenico superiori a quelle consentite dalla normativa nazionale ed europea vigente;
le stesse trivellazioni potrebbero incidere anche sui sistemi termali con conseguente riduzione dei volumi delle acque che attualmente sono alimentate dalle sorgenti, con gravissime conseguenze per le economie dei territori interessati, contravvenendo alle disposizioni della legge n. 323 del 2000 che promuove la crescita qualitativa dell'offerta termale nazionale sulla qualificazione dei contesti ambientali e, quindi, sulla stabilità dei parametri chimico-fisici della acque. Tutto ciò arrecherebbe gravi danni al turismo, attività economica molto importante, ad esempio, per la provincia di Viterbo e anche per il comprensorio del lago di Bolsena;
nella regione Lazio un impianto pilota sperimentale è previsto nel comune di Acquapendente e nella regione Umbria ne è previsto un altro nel comune di Castel Giorgio, contermine al precedente, entrambi inseriti nel bacino idrogeologico SIC (sito di interesse comunitario) del lago di Bolsena;
con riferimento agli impianti pilota precedentemente citati situati nei comuni di Castelgiorgio (Terni) e Acquapendente (Viterbo), si sottolinea la elevata fragilità sismotettonica del territorio, dimostrata da importanti terremoti storici (a memoria si ricordano i terremoti a Tuscania nel 1971 e a Castelgiorgio nel 1957) a cui si associa un contesto edilizio fortemente vulnerabile dal punto di vista della resilienza sismica (centri abitati della civiltà del tufo);
i comuni situati in prossimità del lago di Bolsena, ricadenti sia in provincia di Viterbo sia in provincia di Terni hanno, negli ultimi mesi, già dichiarato la loro opposizione alle trivellazioni ed alla utilizzazione di pozzi profondi nel loro territorio finalizzati allo studio ed alla produzione di energia da fonte geotermica, vista anche la esperienza negativa vissuta dal territorio con la centrale geotermoelettrica di Latera pur portata avanti da una società con esperienza nel settore come ENEL S.p.A.;
il Ministero dello sviluppo economico – direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche ha ritenuto, inoltre, necessario valutare in via preventiva le autorizzazioni di operazioni tecnologiche che prevedano perforazioni nel sottosuolo con particolare riferimento alla sismicità indotta e provocata per cui saranno individuate e definite attraverso «linee guida» la cui stesura è stata affidata al gruppo di lavoro costituito in data 2014;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha ritenuto necessario costituire, in ambito ISPRA, un gruppo di lavoro per definire puntualmente lo stato della sismicità indotta e provocata dall'attività antropica nel nostro Paese;
le stesse regioni Lombardia e Emilia-Romagna con atti rispettivamente del 20 marzo 2014 e 23 aprile 2014 hanno deliberato in via cautelativa, una moratoria per tutte le attività concernenti la perforazione del sottosuolo, in attesa della definizione delle suddette «linee guida» del Governo;
l'attività dei suddetti gruppi di lavoro è tuttora in corso pertanto, ad oggi, non esistono ancora le nuove linee guida, né è stata effettuata la revisione del quadro normativo resosi necessario per la geotermia elettrica; quindi non possono essere fornite valutazioni scientifiche certe alle istanze di perforazione del sottosuolo in corso di approvazione;
non esiste inoltre ad oggi una zonazione del territorio nazionale che evidenzi le aree di compatibilità in cui non possano esserci rischi di sismicità indotta o provocata, ma anche di potenziale inquinamento delle falde idropotabili e di inquinamento atmosferico ed acustico a tutela delle aree urbane di pregio o di interesse naturatistico,

impegnano il Governo:

ad avviare le procedure di zonazione del territorio italiano, per le varie tipologie di impianti geotermici, identificando le aree potenzialmente sfruttabili in coerenza anche con le previsioni degli orientamenti europei relativamente all'utilizzo della risorsa geotermica, e in linea con la strategia energetica nazionale;
ad emanare «linee guida» a cura dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che individuino anche i criteri attraverso i quali definire, a livello nazionale, quali dei siti potenzialmente sfruttabili risultino effettivamente suscettibili di sfruttamento, tenendo conto delle implicazioni che l'attività geotermica comporta relativamente al possibile inquinamento delle falde, qualità dell'aria, induzione di sismicità ed altro ancora;
a far sì che, nella valutazione di impatto ambientale (via) per gli impianti pilota geotermici di Castel Giorgio (Umbria) e Montenero (Toscana), si tenga conto in particolare delle implicazioni che l'attività geotermica comporta relativamente al possibile inquinamento delle falde, alla qualità dell'aria, all'induzione di sismicità;
a rilasciare le autorizzazioni per i progetti di impianti geotermici solo nel rispetto delle prescrizioni previste dalle linee guida in corso di definizione;
a valutare la possibilità di riconsiderare la classificazione delle fonti energetiche rinnovabili, con particolare riferimento alla possibilità di non annoverare più tra le stesse, lo sfruttamento delle acque sotterranee riscaldate da gradienti di temperatura ma solo quello del calore ivi presente che è effettivamente rinnovabile.
(7-00486) «Braga, Benamati, Terrosi, Tentori, Marchi, Mariani, Albini, Luciano Agostini, Gnecchi, Manzi, Giuliani, Moretto, Mazzoli, Cenni».

   La XIII Commissione,
premesso che:
il tema prescelto dall'Italia per l'Esposizione universale del 2015, «Nutrire il pianeta, energia per la vita», rappresenta una delle grandi sfide globali di questa epoca: ha focalizzato l'attenzione sugli aspetti generali e culturali dell'accesso al cibo, della sicurezza alimentare, della nutrizione, della sostenibilità dei sistemi alimentari, della riduzione della povertà e dell'uso corretto delle risorse del pianeta;
nell'indicare questa sfida, l'Italia si allinea al lavoro delle organizzazioni internazionali che stanno predisponendo ogni strumento utile per far progredire la comunità globale sui temi della sicurezza alimentare, sulla sconfitta della fame e della denutrizione, sull'aggressione ai temi della diseguale distribuzione del cibo;
pervenire a una strategia globale comune significa molte cose: accrescere le scorte alimentari, riducendo sensibilmente l'impatto ambientale dell'agricoltura in tutto il mondo, ricercare l'equilibrio tra la necessità di produrre cibo sufficiente e il dovere di tutelare il pianeta per le generazioni future;
ripartire dalla terra e dalle sementi significa occuparsi seriamente del modello di sviluppo, parlare di economia in termini nuovi, estendere il concetto di democrazia all'accesso al cibo; significa parlare di ambiente, di clima, di salute, di corretto uso del suolo, interrogarsi sul reddito degli agricoltori e sull'abbandono delle campagne;
la grande forza contenuta nel tema scelto per Expo 2015 sta infatti nell'opportunità di svolgere questa matassa: i semi, la produzione agricola, l'accesso al cibo e alla terra, la remunerazione adeguata degli agricoltori che, con il loro lavoro, non si limitano a seminare, curare la terra e i prodotti, ma presidiano il suolo, evitano frane, alluvioni e, se le loro pratiche sono corrette, contribuiscono al contrasto dei mutamenti climatici e al risparmio idrico; se scelgono pratiche biologiche contribuiscono alla nostra salute e a quella della terra, ed ancora affrontare il tema degli scambi e del commercio internazionale, così come lo sviluppo locale;
«Nutrire il pianeta» significa provare ad accorciare le distanze tra Occidente e Sud del mondo, arginare la corsa alla terra, invertire la rotta di un pianeta impazzito in cui il numero dei bambini obesi sta superando quello dei bambini che non hanno accesso al cibo;
la creazione di un modello di consumo e produzione sostenibili necessita di un intervento globale in cui le azioni dei Governi e delle istituzioni siano tese alla protezione e alla conservazione delle risorse del pianeta, allo sviluppo sostenibile, ad un uso efficiente delle risorse, alla lotta contro la fame e ad affermare il diritto alla sicurezza alimentare per tutti gli abitanti del pianeta;
pesano sulla coscienza dell'Occidente, dell'Europa e del nostro Paese gli sprechi alimentari, si tratta di 1,3 miliardi di tonnellate di cibo commestibile sottratto alla sua funzione vitale, pari ad un terzo della produzione globale di alimenti e quattro volte la quantità necessaria a nutrire i 925 milioni di persone nel mondo a rischio denutrizione (dati FAO);
gli sprechi alimentari gravano, inoltre, sul clima, sulle risorse idriche, sul suolo e sulla biodiversità; la decomposizione dei rifiuti alimentari produce metano, gas ed effetti serra; ogni chilogrammo di cibo prodotto comporta oltre 4,5 chilogrammi di CO2 equivalente;
l'agricoltura industrializzata concorre alla responsabilità del riscaldamento globale, emette più gas serra di tutti i mezzi di trasporto messi insieme a causa del metano prodotto dagli allevamenti intensivi e dalle risaie, del protossido di azoto dei campi fertilizzati e dell'anidride carbonica che deriva dal disboscamento delle foreste pluviali per liberare terreni da coltivare o adibire a pascolo;
l'agricoltura intensiva è la maggiore fonte di consumo e inquinamento dell'acqua, il deflusso di fertilizzanti e letame devasta i fragili equilibri di laghi, fiumi ed ecosistemi costieri; essa accelera anche la perdita della biodiversità, cancellando habitat importanti, accelerando l'estinzione della flora e della fauna selvatica;
la visione attuale dello sviluppo agricolo pone sfide ambientali enormi, rese ancora più pressanti dal crescente bisogno di cibo in tutto il mondo conseguente alla crescita demografica e alla diffusione del benessere soprattutto in Cina e in India, che fa aumentare la domanda di carne, uova e latticini e, di conseguenza, la necessità di coltivare granturco e soia per nutrire un numero sempre maggiore di bovini, polli e maiali;
il dibattito sulla sfida alimentare si è polarizzato su posizioni contrastanti che oppongono l'agricoltura convenzionale e il commercio mondiale ai sistemi alimentari locali e alle piccole fattorie biologiche, non c’è, tuttavia, contraddizione tra una maggiore competitività e modernizzazione del comparto agricolo e la sua capacità di adottare pratiche sostenibili;
è necessario concentrarsi sulle sfide prioritarie per sfamare l'intera umanità evitando di danneggiare il clima e l'ambiente e questo è possibile sviluppando la ricerca e l'innovazione in agricoltura al fine di:
a) rendere più produttivi i terreni utilizzando l'alta tecnologia, i sistemi agricoli di precisione, ma anche i metodi della coltivazione biologica per aumentare drasticamente le rese delle terre meno produttive, soprattutto in Africa, in America Latina e in Europa Orientale;
b) usare le risorse in maniera più efficiente tramite un'applicazione mirata di fertilizzanti e pesticidi, che riducano al minimo il deflusso delle sostanze chimiche nei corsi d'acqua e sostenere la strategia more crop per drop (più raccolto per ciascuna goccia), anche attraverso l'estensione dei terreni coltivati ad agricoltura biologica;
c) modificare la dieta per nutrire nove miliardi di persone; oggi solo il 55 per cento delle calorie dei cibi coltivati nutre direttamente le persone, il resto alimenta il bestiame (circa il 36 per cento) o viene trasformato in biocarburanti e prodotti industriali (circa il nove per cento); si devono trovare modi più efficienti per allevare il bestiame ed è necessario consumare meno carne, passando dall'allevamento intensivo all'allevamento a pascolo e riducendo l'uso di sostanze alimentari per la produzione di biocarburanti nel mondo ci sarebbe molto più cibo;
d) ridurre gli sprechi; si calcola che il 25 per cento delle calorie da cibo e fino al 50 per cento del peso totale del cibo vadano perduti o sprecati prima di essere consumati;
il 19 gennaio 2012, il Parlamento europeo ha approvato in seduta plenaria la risoluzione su come «Evitare lo spreco di alimenti: strategie per migliorare l'efficienza della catena alimentare nell'UE» in cui si definisce lo «spreco alimentare» e si pone l'obiettivo di ridurre del 50 per cento gli sprechi alimentari entro il 2015 e di dedicare il 2014, anno europeo contro lo spreco alimentare, al miglioramento dell'efficienza della catena alimentare degli Stati membri;
anche il Parlamento nazionale è già intervenuto sullo spreco alimentare con atti di indirizzo centrati sulle misure da adottare per combatterlo e ridurlo e per promuovere la necessità di un «patto globale del cibo» tra i partecipanti all'Expo;
tra le macroquestioni che riguardano la sicurezza alimentare spicca la parità di genere e l’empowerment delle donne, quali condizioni fondamentali per sradicare la fame e la malnutrizione nel mondo; le donne svolgono un ruolo essenziale sia come produttrici di cibo attraverso piccole attività agricole, allevamento e pesca, sia come amministratrici delle risorse naturali;
la centralità dei temi legati ai diritti delle donne è stata riconosciuta anche dal Ministero degli affari esteri italiano, che ha promosso il progetto Women for Expo per affrontare a livello globale le politiche di genere e la realizzazione di una «Carta delle donne sulla sicurezza alimentare», nella quale sono impegnate le tre agenzie del polo agroalimentare delle Nazioni unite di Roma;
il 2014 è l'anno internazionale dell'agricoltura familiare, cui è dedicato un capitolo all'interno della politica comune europea (PAC) ed è, quindi, necessario sviluppare politiche appropriate a supporto di specifico settore perché è ormai certo che al suo interno si preserva meglio la biodiversità;
nel contesto dell'agricoltura familiare, che nutre circa il 70 per cento del pianeta, sono numerose le conoscenze che si trasmettono tra genitori e figli, ed è importante che l'Expo divenga il luogo d'elezione per mostrare al mondo le buone pratiche in termini di politiche agricole che mettono l'accento sui modelli sostenibili;
il ruolo delle donne e l'agricoltura familiare sono fondamentali per conseguire un modello di crescita economica equo e inclusivo, in grado di garantire il recupero di aree incolte e la nascita di nuove attività agricole laddove ce n’è più bisogno per consentire alle persone indigenti di produrre e acquistare sul posto almeno gli alimenti essenziali per sfamarsi e per crescere i propri figli;
nei prossimi decenni le regioni europea e mediterranea dovranno far fronte all'impatto di cambiamenti climatici particolarmente negativi, i quali, combinandosi agli effetti dovuti alle pressioni antropiche sulle risorse naturali, faranno dell'Europa meridionale e del Mediterraneo le aree più vulnerabili del continente;
le proiezioni climatiche per il futuro indicano un aumento delle temperature in tutte le regioni europee e un aumento degli eventi estremi (inondazioni costiere e fluviali), che potranno mettere a rischio vite umane e infrastrutture, le disponibilità idriche diminuiranno specialmente nella regione mediterranea, diventando fattore limitante della produzione agricola; i cambiamenti climatici sono destinati ad avere impatti gravi anche sulla biodiversità con il rischio di estinzione di varie specie;
l'area mediterranea risulta essere quella a maggior rischio di crisi sistemica, per effetto della concomitanza di molteplici fattori di stress climatico che impattano negativamente su settori diversi;
per quel che attiene alla produzione agricola in Italia i cambiamenti climatici produrranno una potenziale riduzione della produttività soprattutto per le colture di frumento, ma anche di frutta e verdura, mentre le coltivazioni di ulivo, agrumi, vite e grano duro potrebbero essere possibili nel nord dell'Italia, mentre nel Sud la coltivazione del mais potrebbe peggiorare e risentire ancor più della scarsa disponibilità di acqua irrigua;
anche per questo all'interno del programma della presidenza italiana per il semestre europeo un capitolo importante è dedicato al quadro delle politiche dell'energia e del clima per favorire il rapido sviluppo del «Quadro 2030» dell'Unione europea in materia di clima ed energia, indispensabile al fine di garantire la continuità delle politiche climatiche ed energetiche dell'Unione europea, nonché per assicurare il necessario grado di stabilità e prevedibilità per gli operatori economici;
l'Italia ha iniziato nel 2012 l'elaborazione di una strategia nazionale di adattamento, che è in corso di aggiornamento e che dovrà essere presentata quest'anno, le misure riguardano vari settori e prevedono opere di difesa idraulica del territorio, restauro ecosistemi acquatici, lotta all'erosione, sistemi di difesa delle colture agrarie, piani di allerta, sistemi di previsione e allarme e rafforzamento della protezione civile, strategie di pianificazione urbanistica e territoriale, interventi sugli edifici pubblici, miglioramento della qualità dell'aria urbana;
in tale contesto si delinea la funzione straordinaria dell'agricoltura, il suo compito di presidio e cura della terra, del suolo bene comune, messi pesantemente in discussione da forme di abbandono della terra, e dalla cementificazione di terreno agricolo;
negli ultimi 40 anni, secondo i dati del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sono andati perduti circa 5 milioni di ettari, una cifra spaventosa che va tradotta in superficie non coltivata, in terrazzamenti abbandonati, di cui ci si accorge dopo il disastro o quando nei mercati si fa fatica a trovare prodotti italiani;
è una rotta pericolosissima quella che si è intrapresa, ma l'inversione di tendenza è possibile promuovendo un'agricoltura che riduca l'apporto di input esterni, che immagazzini CO2, che utilizzi fonti rinnovabili, che accresca e favorisca l'agricoltura biologica, che privilegi la biodiversità e la rotazione alla monocoltura industrializzata, che conservi e riproduca le propria ricchezza sementiera, che privilegi colture a basso consumo idrico, che recuperi e conservi la risorsa idrica, che attui politiche di adattamento ai mutamenti climatici e che guardi al futuro modificando le proprie politiche;
da anni, a livello nazionale, europeo e globale si è avviato un intenso dibattito sul tema delle sementi, strettamente legato ai grandi temi della sovranità e della sicurezza alimentare, dei mutamenti climatici, della competitività e della remunerazione degli agricoltori;
negli ultimi dieci anni tale mercato ha subito un grande processo di ristrutturazione e di concentrazione nella mani di pochi soggetti che, provenendo dal settore dei prodotti chimici per l'agricoltura, si sono interessati al business del mercato globale delle sementi quando l'ingegneria genetica è stata applicata alle piante, tanto che oggi quasi il 60 per cento del mercato mondiale delle sementi è nelle mani di quattro multinazionali (Monsanto, Dupont, Sygenta, Bayer), per un volume di affari di circa 15 miliardi di dollari l'anno;
le citate multinazionali hanno brevettato un alto numero di sementi che hanno reso, una grandissima parte dell'agricoltura, del tutto dipendente dall'acquisto di fertilizzanti, erbicidi e sementi riprodotti in grandi quantità, ottenendo sostanzialmente il monopolio del settore;
i brevetti sono fattori fondamentali della concentrazione del mercato nelle mani delle multinazionali che sono riuscite in tal modo a togliere dalle mani dell'attore principale, l'agricoltore, una pratica ancestrale, quella della riproduzione e della conservazione dei propri semi;
la brevettazione delle sementi richiede procedure costose ed ha come conseguenza l'aumento dei prezzi e la costante sparizione dal mercato delle varietà tradizionali, quelle riprodotte e selezionate naturalmente; in tal modo, lo scopo fondamentale del cibo, quello di nutrire gli esseri umani e il pianeta, viene piegato agli interessi economici di poche multinazionali;
il valore della biodiversità è tuttavia ben noto a questi grandi e potenti gruppi, perché tra le pratiche più recenti c’è la bio pirateria, e cioè la ricerca di varietà locali non registrate, la parziale modifica di queste varietà e il tentativo di brevetto su quello che viene spacciato quale prodotto di ricerca;
la FAO ha stimato che in 100 anni si registrerà la perdita del 75 per cento della biodiversità agricola a causa della diffusione globale di poche varietà vegetale. Alla fine del secolo scorso in Italia esistevano oltre 400 varietà di frumento, mentre dal 1996 solo 8 varietà di frumento duro costituivano l'80 per cento del seme messo a coltura. Secondo alcuni studiosi il 50 per cento del grano negli USA è rappresentato da 9 varietà. Il 75 per cento delle patate da 4 varietà, il 50 per cento della soia da 6 varietà, il 74 per cento delle varietà di riso in Indonesia discende da un solo medesimo ceppo;
la distruzione della biodiversità, l'impoverimento dei suoli ove si pratica monocoltura ed agricoltura intensiva, vanno avanti nonostante i risultati assai deludenti nelle rese delle piante geneticamente modificate che non producono più di quelle tradizionali, come dimostrano i dati reperibili nel sito del dipartimento di agricoltura degli Usa che monitora le produzioni di mais e soia dal 1977 al 2007, confermando che l'interesse a continuare sulla strada intrapresa da poche multinazionali non riguarda, come si vuol far credere la lotta alla fame nel mondo, ma la proprietà industriale dei semi e il monopolio che ne deriva;
la manipolazione genetica delle varietà vegetali porta all'appiattimento e all'omologazione disperdendo quella ricchezza e quella diversità che per secoli ha consentito ai contadini di riprodurre i propri semi, di scambiarli, di conservarli, di selezionarne i più adatti al terreno, al clima, alle necessità produttive, alla pioggia o alla siccità, alla pianura o alla montagna;
le normative nazionali e dell'Unione europea non hanno favorito le varietà locali, imponendo un procedimento di registrazione molto complesso, obbligatorio ai fini della commercializzazione, una classificazione precisa e requisiti difficilmente riscontrabili in varietà non commerciali, norme chiaramente orientate a sostenere un modello di agricoltura industriale, poco adatto alla storia e al modello agricolo italiani;
dev'essere accolta, quindi, con favore, la formalizzazione dell'accordo politico raggiunto dai ministri dell'ambiente dell'Unione europea, che lascia liberi gli Stati membri di coltivare o vietare gli ogm sul proprio territorio; spetta ora alla presidenza italiana di turno dell'Unione, perfezionare la procedura;
la lunga battaglia contro l'obbligo di ospitare coltivazioni di OGM sul territorio italiano sembra vinta, con essa vincono le peculiarità territoriali, la scelta sostenuta da imprese ed istituzioni locali di valorizzare le produzioni locali e di accorciare le filiere, di affermare modelli agricoli diversi dall'agricoltura intensiva, basati sul valore competitivo della biodiversità, sulle varietà di semi e di colture che rappresentano un elemento identitario dei nostri territori e della nostra comunità nazionale,

impegna il Governo

ad adoperarsi, nell'ambito del semestre europeo di presidenza italiana e in tutte le sedi internazionali, affinché i frutti degli approfondimenti e delle conoscenze che scaturiranno da EXPO 2015 siano trasposti in un protocollo internazionale, sulla falsariga di quello di Kyoto e, per quanto riguarda il nostro Paese, in un atto di indirizzo secondo le seguenti linee:
a) utilizzare l'evento di Expo 2015 per creare cittadini informati e consapevoli sulla necessità di nutrire il pianeta, mediante messaggi molto semplici: un'alimentazione sufficiente, sicura e nutriente deve essere disponibile per tutti in ogni momento; l'alimentazione dei bambini è una priorità per lo sviluppo, tutti i sistemi alimentari devono essere sostenibili, posto che si può produrre più cibo tutelando al tempo stesso la biodiversità e l'ambiente, si deve investire nei piccoli agricoltori, uomini e donne, e si è tutti responsabili nell'eliminare perdite e sprechi;
b) attivarsi in ogni sede europea per bloccare regolamenti di riforma del sistema sementiero che intendano ledere il diritto dei cittadini europei a sistemi agricoli differenziati, per favorire il libero scambio di semi tra gli agricoltori e la biodiversità, compiendo una scelta netta e definitiva contro l'ingresso di ogm nel nostro Paese;
c) incrementare le risorse per la ricerca scientifica ed applicata in agricoltura, finalizzata all'adattamento delle colture ai cambiamenti climatici per le principali colture euro-mediterranee, e accrescere la produttività agricola nel contesto della tutela della biodiversità;
d) promuovere la semplificazione delle normative europee e nazionali sulle produzioni tipiche locali, incrementando i controlli e la sorveglianza sui prodotti, anche sementieri, e intervenendo anche con sanzioni pesanti a fronte della violazione delle norme;
e) sostenere la realizzazione di modelli di produzione e consumo più sostenibili attraverso una decisa azione di riduzione degli sprechi alimentari basata soprattutto sulla prevenzione e sul riutilizzo degli alimenti edibili per il consumo umano e animale e, solo come opzione successiva, prevedere il loro smaltimento come rifiuto per produzione di energia;
f) favorire, nell'ottica dello «spreco zero», gli accordi della filiera agroalimentare affinché tutti i soggetti coinvolti abbiano una precisa responsabilità nella riduzione degli sprechi, prevedendo misure di informazione e sensibilizzazione degli operatori dell'intera filiera del cibo per incentivare comportamenti responsabili e consapevoli, anche utilizzando la fiscalità ambientale per incentivare i comportamenti corretti e scoraggiare gli abusi;
g) orientare le politiche agricole e le risorse a favore dell'agricoltura contadina familiare, per favorire una produzione alimentare sostenibile volta alla conservazione della biodiversità delle specificità locali, dello sviluppo globale dell'economia, della sicurezza alimentare e della salvaguardia ambientale, migliorando le condizioni sociali ed economiche dei piccoli agricoltori;
h) promuovere forme sostenibili di agricoltura e di produzione alimentare che tengano conto dei cambiamenti climatici in atto e della tutela delle risorse ambientali, attraverso la graduale riconversione degli allevamenti intensivi, il rispetto degli obiettivi di riduzione delle emissioni, la pianificazione e la gestione delle risorse idriche destinate all'agricoltura;
i) promuovere la coltivazione delle terre abbandonate e incolte, favorendo il ricambio generazionale e l'ingresso di giovani generazioni in agricoltura, per contrastare il rischio idrogeologico, valutando la possibilità di istituire una banca dati nazionale delle terre incolte e abbandonate, anche ai fini della piena applicazione della legge 4 agosto 1978, n. 440, recante «Norme per l'utilizzazione delle terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate»;
l) favorire, nell'ottica dell'ampliamento della democrazia economica, l'ingresso delle donne e dei giovani nel settore agricolo, supportando con risorse e servizi lo sviluppo dell'agricoltura famigliare anche ai fini di difendere la fertilità del suolo contro pratiche agricole sbagliate, e sostenendo l'agricoltura biologica;
m) favorire il recupero e la riproduzione di varietà vegetali a rischio di impoverimento o estinzione, supportando gli agricoltori che salvaguardano le varietà locali, custodiscono e riproducono le sementi, tutelando la biodiversità;
n) favorire l'educazione alimentare per promuovere un'alimentazione più sana, monitorando e valutando i comportamenti nutrizionali della popolazione e prevedendo specifiche attività per introdurre una corretta alimentazione a partire dalle scuole elementari;
o) favorire il rapporto tra agricoltura e città per trovare soluzioni innovative alle esigenze sempre più complesse della società interessata a forme nuove di produzione degli alimenti e di riqualificazione urbana.
(7-00487) «Cenni, Oliverio, Venittelli, Terrosi, Romanini, Palma, Tentori, Cova, Scuvera, Carra».

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere – premesso che:
dopo oltre venti giorni di assedio al cantone di Kobane nel Kurdistan occidentale, i miliziani dell'ISIS sono entrati nella città di Kobane, terza città della Siria al confine della Turchia;
la città è oramai allo stremo e a difenderla ci sono solo le forze di Protezione del Popolo curde delle YPG e YPJ si difendono con le poche armi leggere che anno a disposizione;
attualmente l'attacco alla città prosegue da sud, ovest ed est mentre combattimenti corpo a corpo sono inoltre segnalati nelle zone di Mgtel, Botan e sulle colline di Mistenur;
le unità di Protezione del Popolo continuano a resistere agli attacchi nonostante non sia una guerra equilibrata sia in termini di numeri di uomini che di armamenti a disposizione;
secondo quanto dichiarato all'Espresso, in data 7 ottobre 2014, dal Presidente del cantone di Kobane, Enver Muslim: «ora intorno a noi ce ne sono circa ottomila, ma ogni giorno ne arrivano di nuovi da Tilabyad, da Ar-Raqqah. Sono sempre di più. Attaccano prima da lontano con lanciarazzi, carri armati e mortai, poi si scagliano a migliaia. Non finiscono mai. Si vede che dietro di loro c’è una forza. Hanno a disposizione le armi dell'esercito iracheno prese a Mosul e anche quelle dell'esercito siriano. Possiedono cannoni da 133 e 122 millimetri di modello sovietico, tanks T-72 e T-55, missili Fagost 9K111 e Konkurs, tutti i tipi di mitragliatrice. Negli ultimi 21 giorni ne abbiamo uccisi più di 300, tra loro c'erano anche molti marocchini e turchi»;
critica risulta essere la situazione in Turchia nella zona prossima al confine siriano. Nella città di Suruç  ci sono al momento oltre 100 mila profughi scappati da Kobane, costantemente controllati dalla polizia e dall'esercito turco;
Kobane e Suruç sono collegate da un rettilineo di circa 7 chilometri. Oltre a pick-up carichi di persone, la strada è percorsa dai tank militari dell'esercito turco e dalle camionette della polizia che presidiano la zona e non permettono a nessuno di oltrepassare il confine da entrambi i lati;
nei giorni scorsi le forze di sicurezza turche hanno addirittura disperso con cariche e l'uso di gas lacrimogeni i giornalisti, attivisti per i diritti umani e civili che chiedevano di entrare in Siria per poter portare un sollievo umanitario ai resistenti di Kobane e documentare quanto sta accadendo in città;
tuttavia fonti locali, confermate su diversi media internazionali, riferiscono che in realtà la Turchia, mentre chiude la frontiera ai curdi che vogliono entrare a Kobane per lottare o mandare aiuti alla popolazione, in realtà apre la stessa frontiera agli jihadisti dell'ISIS che vogliono andare in Siria per combattere. Addirittura si riferisce di treni che fermano in un posto dove non c’è la stazione e riforniscono di armi i miliziani;
in data 7 ottobre, dopo oltre venti giorni di assedio, ci sono stati i primi raid aerei della coalizione internazionale nella zona. Inoltre i raid condotti sino ad ora, sarebbero totalmente inefficaci nel contrastare le milizie islamiche. Fonti indipendenti riportano la circostanza che quando gli aerei cominciano a bombardare le postazioni, le milizie dell'ISIS si allontano e tornano di nuovo quando gli aerei vanno via;
i bombardamenti sono discontinui e senza una logica. Come riportato sempre da Enver Muslim: «Se gli aerei bombardassero per due giorni di seguito, colpendoli davvero, sarebbero già finiti. Ma non lo fanno. E così non appena gli aerei si allontanano, si rafforzano e ci attaccano di nuovo»;
nel novembre 2013, durante la guerra civile siriana, le enclavi curde di Kobane, Afrin e Cizre hanno costituito la regione autonoma di Rojava nel Kurdistan siriano e si sono date una costituzione ed una organizzazione con delle istituzioni riconosciute dalla popolazione;
Kobane è il primo posto dove è partita la «rivoluzione del Rojava». Nel cantone vivono etnie diverse, non solo curdi, ma anche arabi, turcomanni, assiri, armeni e cristiani, yazidi, musulmani, e la loro convivenza pacifica è il futuro dell'umanità;
è una città simbolo, un modello per il futuro della Siria e per tutta l'area. La capitolazione della città di Kobane significherebbe la fine di quel modello di autonomia democratica e volontà popolare;
nello scongiurare la caduta della «democratica Rojava» e il conseguente massacro di migliaia di civili la comunità internazionale sarebbe responsabile di tutto ciò;
la Turchia, che la settimana scorsa ha approvato una mozione per l'invio di forze terrestri in Siria, sta ancora tergiversando, nonostante il suo presidente, Recep Tayyip Erdogan, in data odierna abbia avvertito che «i bombardamenti aerei a Kobani non sono sufficienti» per fermare i jihadisti;
Ankara però, per ora, si è limitata a fornire supporto logistico alle forze della coalizione internazionale, senza intervenire ribadendo invece che le forze curde, che in questo momento combattono a Kobane, sono dei nemici alla stregua dell'ISIS;
il ruolo della Turchia appare determinante per scongiurare un massacro e un riequilibrio democratico dell'area e la comunità internazionale, compreso il nostro Paese, deve avere un ruolo attivo per indurre il Governo di Ankara a scelte che vadano in questa direzione, compreso l'apertura immediata delle frontiere per ragioni umanitarie;
il Sottosegretario agli esteri, Mario Giro, durante una interrogazione a risposta immediata in Commissione esteri lo scorso 1o ottobre aveva così risposto: «Ankara ha negli ultimi giorni rafforzato i presidi militari lungo i confini, schierando carri armati e artiglieria lungo il confine con la Siria. Proprio in questi giorni è in discussione al Parlamento turco la questione delle autorizzazioni a compiere operazioni transfrontaliere in Siria e Iraq. L'esito di tale dibattito, che è previsto cominci il 2 ottobre, potrà dare indicazioni sul profilo che la Turchia vorrà adottare nei confronti delle crisi ai propri confini. Su questi e correlati temi, di importanza cruciale per la stabilità della regione medio orientale, i Governi di Roma e Ankara mantengono frequenti contatti e un costante approfondito dialogo. È nel quadro di questo dialogo che il Governo intende richiamare – nelle modalità che verranno ritenute opportune – l'attenzione di Ankara sulla questione –:
quali iniziative il Governo italiano stia intraprendendo, anche con gli altri partner internazionali, per scongiurare il massacro di Kobane;
quali iniziative in sede europea, anche alla luce della circostanza che l'Italia è presidente del di turno dell'Unione europea, intenda adottare;
quali siano, alla luce delle dichiarazioni del Sottosegretario riportate in premessa, gli intendimenti rispetto alla politica del Governo di Ankara e se, e che in modo, non intenda richiamare «l'attenzione di Ankara sulla questione»;
quali siano le iniziative di carattere umanitario che il nostro Paese e la coalizione internazionale stiano portando avanti nella zona del Kurdistan occidentale e in particolare nella regione della Rojava;
se non intenda, con urgenza, riconoscere formalmente le istituzioni autonome della Rojava.
(2-00709) «Palazzotto, Scotto, Pannarale».

   REALACCI, MANFREDI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il nuovo elettrodotto in corso di realizzazione denominato Sorgente-Rizziconi, a doppia terna, da 380 Kv, di proprietà di Terna S.p.A, collegherà la Calabria e la Sicilia entro il 2015, sviluppandosi per 105 chilometri per via aerea, interrata e sottomarina;
il nuovo elettrodotto è classificato dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) nel gruppo 2B e costituisce perciò possibile agente cancerogeno umano, con grado di pericolosità elevata per la salute dell'uomo, soprattutto se si tiene conto che le valutazioni di impatto sulla salute considerate per la concessione delle autorizzazioni di impatto ambientale non hanno tenuto conto della sommatoria di induzione elettromagnetica che il nuovo elettrodotto produrrà in alcuni punti del tracciato, dove permangono altri elettrodotti che non verranno eliminati;
come si evince da notizie ripetutamente apparse sulla stampa e social network e trasmesse da enti televisivi locali e nazionali, il tratto siciliano, costituito da una linea aerea lunga 20,5 chilometri che si estende da Villafranca Tirrena a S. Filippo del Mela, ha dato vita a forti proteste da parte di associazioni ambientaliste e comitati spontanei di cittadini che osteggiano il progetto perché ritengono che esso sia pericoloso per la salute pubblica e devastante per l'ambiente (seriamente compromesso dal punto di vista idrogeologico), per il paesaggio (che viene deturpato da una concatenazione di piloni monostelo alti in molti casi oltre sessanta metri, destinati a trasportare 18 cavi dell'alta tensione più un diciannovesimo di segnalazione) e il patrimonio storico-artistico di alcuni borghi antichi con monumenti del ‘400 e del ‘500;
per le sopraddette ragioni il comune di Roccavaldina, sentendosi minacciato dall'opera, ha chiesto e ottenuto nel 2009 una variante, sostenendo che uno dei piloni monostelo passasse troppo vicino al centro abitato;
il nuovo percorso ha determinato lo spostamento dell'unico traliccio-pilone (il n. 24) che interessava il territorio di Venetico Superiore (paesino posto su una collina di fronte a Roccaladina), posizionandolo a ridosso del centro abitato, sebbene nel piano originale dell'opera la sua collocazione fosse prevista a una distanza superiore e dietro una collina che ne avrebbe oscurato la vista; paradossalmente, il nuovo tracciato ha scaricato in questo modo il problema da una cittadina all'altra;
nel paese di Venetico Superiore il pilone monostelo, alto 64 metri, incombe sul paese, passando vicinissimo al centro abitato, che è centro storico, a poca distanza dalle abitazioni, dal campetto giochi dei bambini, dalla piazza del paese, creando serie preoccupazioni per la salute, soprattutto dei bambini, e compromettendo irrimediabilmente il fascino del luogo, caratterizzato da un castello del ‘400 e da diversi monumenti del ‘500, che rendono Venetico Superiore meta di escursioni da tutta l'area per la sua bellezza, per le sue iniziative culturali e per il panorama sulle Isole Eolie che si gode dalle sue piazze;
in questi ultimi anni, per la valorizzazione di Venetico Superiore, la Comunità europea ha finanziato lavori di restauro per diversi milioni di euro –:
se siano a conoscenza della questione e se non intendano intervenire con urgenza per salvaguardare l'integrità dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico di Venetico Superiore e della salute dei suoi cittadini;
se non intendano altresì verificare, per quanto di competenza, la conformità del tracciato e se vogliano valutare positivamente la proposta avanzata in data 10 ottobre 2013 dal Comune di Venetico di concordare con Terna Spa di allontanare il pilone 24 dal centro abitato di Venetico Superiore. (4-03167)

   SBROLLINI, D'INCECCO, GELLI, CARNEVALI, CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
è fondamentale la funzione delle vaccinazioni come strumento essenziale per il contenimento e l'eradicamento di alcune gravi malattie infettive, si segnala tuttavia che negli ultimi anni sono state numerose le sentenze che hanno avuto ad oggetto i presunti danni delle vaccinazioni;
in particolare, per quanto riguarda le vaccinazioni militari;
con la sentenza dei 24 gennaio 2014, il giudice della sezione lavoro del tribunale di Ferrara ha condannato il Ministero della salute a risarcire la famiglia di Francesco Finessi, militare di leva deceduto a 22 anni per un linfoma Non Hodgkin, riconoscendo un nesso di causalità tra le patologie, anche mortali e le modalità di somministrazione dei vaccini;
il 19 giugno scorso il Tar del Friuli ha accolto il ricorso di Andrea Rinaldelli, padre di Francesco Rinaldelli l'alpino di Potenza Picena, scomparso nel 2008 all'età di 26 anni, a causa di un linfoma di Hodgkin, sviluppatosi quando prestava servizio al petrolchimico di Porto Marghera nell'ambito della cosiddetta missione Domino, ovvero presso un sito altamente inquinato, dove, a causa di bonifiche si erano verificate importanti emissioni di diossina. Il giudice ha di fatto cancellato il diniego proveniente dal comitato di verifica dei Ministero della difesa, chiedendo un riesame sulla base delle argomentazioni presentate dai ricorrenti. Queste riguardano, specificatamente, la correlazione tra le somministrazioni dei vaccini senza adeguate anamnesi e senza rispettare i protocolli e la complessa questione dei servizio prestato al petrolchimico;
lo stesso Tar ha infine considerato carente la valutazione dei Ministero della difesa, in quanto risulta, anche da uno studio scientifico condotto per conto dei Ministero della difesa da istituzioni civili (cosiddetto Progetto Signum), l'esigenza di approfondire, nella ricerca delle origini di alcune patologie particolarmente diffuse nel personale militare, anche alcune variabili emerse nel corso dello studio stesso, tra le quali, in particolare, il carico vaccinale, associato a condizioni di impiego operativo caratterizzate da un elevato livello di stress;
negli stessi giorni la corte di appello di Lecce ha condannato il Ministero della salute a risarcire la famiglia di Fabio, militare morto nel 2002 di leucemia;
le valutazioni sul possibile ruolo delle modalità di effettuazione dei vaccini come fattore capace di determinare o codeterminare patologie, in particolare tumorali, risalgono anche ai lavori delle passate tre Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito, da cui ha preso il via l'applicazione reale del principio dei consenso informato;
non viene messa in discussione la funzione storica delle vaccinazioni come strumento essenziale per il contenimento e l'eradicamento di alcune gravi malattie infettive, ma viene esercitata la massima attenzione rispetto ai possibili effetti di somministrazione multiple in tempi ravvicinati, specialmente al personale militare destinato a missioni, sia in Italia che fuori dal territorio nazionale; alla completezza dell'anamnesi vaccinale; all'acquisizione del consenso informato; all'osservanza dei protocolli vaccinali dettati dall'Amministrazione della difesa e validati da quella della salute, così come raccomandato anche nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito, per altro richiamato anche nel protocollo Difesan;
la Commissione sopra citata ha ribadito come criterio orientativo per l'azione delle istituzioni la necessità «di ispirare la legislazione in materia di indennizzi ad un criterio probabilistico, che prescinda dall'accertamento puntuale di un nesso di causalità tra esposizione ad agenti patogeni di varia natura e malattie invalidanti e si concentri sulle circostanze di fatto che consentono di identificare, in determinati contesti ambientali ed operativi, cause possibili o concomitanza di cause possibili riguardo all'insorgere delle patologie, secondo un principio di multifattorialità causale che consente di prescindere da spiegazioni unilaterali, suscettibili di dare luogo a condanne spesso ingiustificate e, ad altrettanto ingiustificate assoluzioni»;
la Commissione stessa ha ritenuto, nell'interesse della stessa amministrazione, di auspicare che «vengano individuate e rimosse inerzie, omissioni, ritardi che possono pregiudicare gravemente la salute, l'equilibrio psicologico e le condizioni materiali di persone che ai sono trovate e si trovano ad affrontare situazioni di per sé drammatiche, che a loro volta non devono essere ulteriormente aggravate da comportamenti suscettibili di alimentare lo stato d'animo di abbandono»;
non possa più accadere che, come ha sottolineato la stessa Commissione d'inchiesta, «l'insistenza sugli indiscutibili vantaggi tratti dalla collettività dal ricorso alla profilassi vaccinale, appaia in qualche modo elusivo, al di là dell'intenzione soggettiva dell'interlocutore, rispetto alle circostanze di fatto che la Commissione ha inteso appurare»;
le surrichiamate sentenze dei tribunali, ampiamente riprese dai media e rilanciate dal web, amplificano la percezione di pericolosità dei vaccini e, certamente, possono minare la credibilità scientifica delle istituzioni e generare un'ingiustificata e pericolosa diffidenza verso le stesse istituzioni preposte alla tutela della salute dei cittadini e dei militari;
gli aspetti istituzionali, mediatici e giudiziari disegnano bene la complessità di una situazione in cui cresce l'allarmismo, la disinformazione e si profilano nuove iniziative giudiziarie che, se pure importanti per affrontare casi concreti, hanno bisogno dei livello politico-istituzionale per risolvere con equilibrio il problema generale di una corretta e consapevole procedura di vaccinazione e di anamnesi vaccinale –:
quali iniziative intenda adottare per rispondere in modo adeguato alla censura espressa dal Tar del Friuli in data 19 giugno 2014, per non avere l'Amministrazione preso adeguatamente in esame le osservazioni dei ricorrenti in ordine alla ritenuta incidenza causale degli intensi e ravvicinati cicli vaccinali;
quali iniziative intenda assumere perché venga data piena attuazione alle norme riguardanti l'obbligo di segnalazione dei casi avversi all'AIFA e affinché l'ispettorato generale della sanità militare adotti una direttiva che stabilisca con precisione termini e modalità di effettuazione dell'anamnesi vaccinale da parte dei personale vaccinatore;
quali misure intenda assumere affinché sia garantita per tutti l'applicazione reale dei principio dei consenso informato ad essere sottoposti o meno a vaccinazioni;
con quali modalità intenda intervenire per assicurare la piena tutela dei diritto alla salute ai militari attualmente in servizio nonché a quelli futuri, e per riconoscere come vittime dei dovere coloro che si sono ammalati o sono deceduti per accertate patologie causate o concausate da modalità di somministrazione dei vaccini durante il servizio militare, riconoscendo agli stessi e alle loro famiglie la corresponsione dei benefici previsti dalla normativa, ai sensi del decreto legislativo n. 81 del 1988 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, vista anche la direttiva SGD-G-022 «Direttiva per l'esercizio dell'attività di vigilanza in materia di sicurezza e salute sul lavoro nell'ambito del Ministero della Difesa» del gennaio 2012;
se non ritenga di doversi attivare affinché il Comitato di verifica per le cause di servizio, nel valutare le pratiche relative alla casistica surrichiamata, preveda una maggiore interlocuzione con le parti ricorrenti, anche sulla scorta di quanto indicato nella relazione conclusiva della Commissione uranio impoverito, e come evidenziato nella sentenza del tribunale del Friuli;
a quali conclusioni siano arrivati i lavori del Gruppo interforze sull'aggiornamento della direttiva tecnica per l'applicazione dei decreto 31 marzo 2003 sulle procedure vaccinali;
quali iniziative intenda attivare affinché vengano riprese ed applicate in pieno le proposte di intervento e di prevenzione indicate nelle Relazione conclusiva della più volte citata Commissione d'inchiesta parlamentare sull'uranio impoverito;
se ritenga opportuno prevedere un intervento normativo, anche temporalmente circoscritto, per estendere i benefici di cui all'articolo 1, comma 564, della legge n. 266 del 2005, alle «gravi patologie che determinano l'impossibilità permanente a svolgere qualsiasi attività lavorativa, ovvero il decesso, del militare», che si sia manifestato, in occasione o entro cinque anni dalla somministrazione di farmaci/vaccini per immunochemioprofilassi previsti dalle disposizioni vigenti. (4-06176)

   COSTANTINO, PALAZZOTTO, SCOTTO, FRATOIANNI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, DURANTI, DANIELE FARINA, FERRARA, SILVIA GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, MATARRELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, ZARATTI, CHAOUKI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
Luca Casciani è un conduttore radiofonico, quotidianamente, sulla radio locale romana Radio Ti Ricordi, RTR99, conduce dalle 10.00 alle 13.30 una trasmissione chiamata «Giorno per Giorno», in cui espone lunghi monologhi;
il giorno 6 ottobre 2014, nel corso della trasmissione televisiva piazzapulita in onda sul canale La7, venivano mandati in onda estratti della sua trasmissione giornaliera;
alcuni degli estratti mandati in onda durante la trasmissione vengono qui di seguito riportati:
«quello che servirebbe è il matto, uno che in macchina ha una mitragliatrice e ne fa secchi 34, se ne sono salvati 6, ecco il problema è quello, che se ne sono salvati 6»;
«quando i selvaggi si appropriano di una cosa tua, tu sei costretto a non chiamarli selvaggi, se no vieni denunciato, se no vieni chiamato razzista. Tu mantieni i selvaggi che distruggono la tua città e la tua civiltà e se provi a ribellarti ti chiamano razzista, se provi ad organizzare delle ronde ti chiamano fascista»;
«qualcuno mi ha detto: “secondo te cosa bisogna fare per vedere gli italiani che si ribellano, che scendono in piazza ?” Ecco bisogna attendere quello che è successo a Corcolle, bisogna attendere che qualcuno muoia»;
«che differenza c’è tra le scimmie, i Tarzan, che attaccavano i villaggi di coloni e queste scimmie che attaccano un autobus dell'ATAC ?»
«se ti permetti di distruggere un mezzo che fa parte della collettività, la stessa collettività che ti mantiene, brutta sanguisuga schifosa, e qualcuno ti ammazza, io dico che ha fatto bene»;
«tu ti permetti di aggredire una persona che sta svolgendo il proprio lavoro. Sono questi i comportamenti che ci portano a pensare che: quanti ne sono morti, 200 nel Canale di Sicilia ? Ah beh, insomma speravo di più»;
nella notte del 17 settembre 2014, in una delle vie di Tor Pignattara, un giovane pakistano di 28 anni senza fissa dimora, è stato pestato a morte da Daniel, ragazzino romano di 17 anni;
nelle giornate del 21 e 22 a Corcolle è andata in scena una vera e propria guerriglia urbana: sassi contro i bus, le aggressioni in pieno giorno, il Cara presidiato dalla polizia, tre nigeriani picchiati da una cinquantina di persone e le provocazioni di «alcune teste rasate» come denunciano le cronache dei giorni scorsi e come documentato anche dalla trasmissione piazzapulita già citata;
sono questi gli l'ultimi e più gravi avvenimenti in ordine temporale di una escalation di violenza che in queste settimane sta infiammando un'area sempre più grande della città di Roma, che va dal Pigneto a Centocelle, passando per le estreme periferie come Corcolle;
secondo gli ultimi dati diffusi dal sindaco di Roma, Ignazio Marino, il 25 settembre 2014, a Roma sono presenti circa 7.400 rifugiati e richiedenti asilo, di questi circa 500 persone sono ospitate nelle strutture di accoglienza ubicate nella borgata di Corcolle;
con l'aggravarsi della crisi, intere periferie romane sono diventate delle polveriere; violente, isolate, senza servizi primari, abbandonate a loro stesse dopo i numerosi tagli dei fondi da parte del Governo e la presenza dei migranti potrebbe aggravare ancora di più la situazione, anche considerato la presenza di farneticanti predicatori che utilizzano le radio locali, come il signor Luca Casciani, che incitano all'odio razziale e hanno idee apertamente razziste e xenofobe;
ad opinione degli interroganti i contenuti riportati nella trasmissione condotta da Luca Casciani sono estremamente gravi, nonché in aperto contrasto con le norme contenute nella legge del 25 giugno 1993, n. 205 in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa;
lo stesso Luca Casciani ha condotto una rubrica sul giornale on-line il Giornale d'Italia, diretto da Francesco Storace, intitolata «Herpes», già segnalata agli organi e alle autorità competenti, nonché al Consiglio dell'ordine dei giornalisti del Lazio per propaganda anti-rom (che ad oggi risulta essere sospesa dallo stesso giornale), in cui l'autore pubblicava, con regolare ciclicità, l'intero repertorio dei luoghi comuni attraverso i quali i rom sono da sempre discriminati, perseguitati e stigmatizzati: da stupratori a borseggiatori, senza mai preoccuparsi di garantire un fondamento a quanto scritto –:
se siano state avviate indagini in merito alle pubbliche dichiarazioni rese dal conduttore Luca Casciani;
quali iniziative si intendano assumere per evitare il diffondersi di violenze e di idee violente nelle periferie urbane contrastando il rischio che la xenofobia possa così trovare terreno di coltura fertile. (3-01070)